A differenza della vicina Virginia, la cui flora aveva destato l'interesse di botanici e appassionati fin dall'inizio del Seicento, perché iniziassero le ricerche naturalistiche in Maryland si dovette attendere la fine del secolo e la trasformazione in colonia reale. Evento decisivo fu la nomina a governatore di Francis Nicholson, patrono delle arti e delle scienze e deciso sostenitore della chiesa anglicana. Il vescovo Compton ne approfittò per inviare nella colonia il giovane pastore gallese Hugh Jones, nella speranza che, come Banister in Virginia, riuscisse a unire con successo l'attività pastorale alle raccolte botaniche. Ma, al contrario di Banister, Jones non sapeva nulla di piante e, nonostante la buona volontà e l'insegnamento a distanza di Petiver, ebbe molta difficoltà a conciliare i due compiti. A supportarlo nel 1698 giunsero da Londra ben due naturalisti: William Vernon, designato dalla Royal Society, e David Krieg, amico e agente di Petiver. Anche se il loro soggiorno nella colonia fu breve, segnò il vero inizio dell'esplorazione della flora del Maryland, con la raccolta di diverse centinaia di specie, in parte pubblicate da Ray nel terzo volume di Historia Plantarum. Sia Krieg sia Vernon sono celebrati da generi validi della famiglia Asteraceae: Krieg dal piccolo Krigia e Vernon dal grande Vernonia e, indirettamente, da Vernoniopsis e Vernonanthura. ![]() Un pastore e apprendista botanico La tragica morte di John Banister fu un duro colpo per il vescovo Compton e per i botanofili londinesi che si riunivano nel Temple Coffee House Botanical Club; con essa si interrompeva il flusso di nuove piante americane garantito dalle raccolte del solerte pastore. Due anni dopo, nel 1694, la nomina a governatore del Maryland di Francis Nicholson, che durante il suo mandato in Virginia aveva favorito l'attività di Banister e più in generale l'esplorazione delle risorse naturali, riaccendeva le speranze. Si cercò un ecclesiastico che, come il defunto, potesse unire all'attività pastorale le raccolte naturalistiche. Su segnalazione di Edward Lhwyd, curatore dell'Ashmolean Museum di Oxford, un candidato non ideale ma passabile fu individuato nel gallese Hugh Jones (ca. 1671-1701), assistente di Lhwyd nella raccolta di fossili. Di piante non sapeva nulla e aveva seguito i corsi di teologia per non più di un anno, eppure il vescovo Compton, ritenendo imminente la partenza della flotta del tabacco diretta in Virginia, si affrettò ad ordinarlo pastore. Invece, a causa della guerra con la Francia, la partenza fu rinviata di mesi, permettendo al neo-reverendo di frequentare il Club e ricevere almeno un'infarinatura di zoologia e di botanica. Doody, Petiver e James Ayrey (un mercante e collezionista il cui negozio era vicino a quello di Petiver) lo accompagnarono a cercare fossili nella cava di calce di Charlton presso Greenwich e ad erborizzare nel Kent. Doody gli procurò un termometro e forse un densimetro, Petiver gli impartì istruzioni su come raccogliere e conservare ogni sorta di "collezione filosofica" e gli diede una copia della sue centurie e forse altri libri, nonché materiali come la carta necessaria per essiccare gli esemplari e bottiglie per conservare gli animali sotto spirito. Jones giunse in Maryland solo nel giugno 1696. La situazione, da ogni punto di vista, era più complessa rispetto alla Virginia. Il Maryland, la cui economia si basava principalmente sulla coltivazione del tabacco, era molto meno florido della colonia gemella; la popolazione era costituita principalmente da servi bianchi a contratto, in gran parte maschi, frequentemente falcidiati da malattie ed epidemie; l'importazione di schiavi neri era appena agli inizi ma in crescita. Le piantagioni erano per lo più piccoli appezzamenti circondati da foreste e gli spostamenti rimanevano difficili. Fino al 1689 la colonia era stata amministrato da un governatore-proprietario cattolico della famiglia Calvert, che aveva favorito una certa tolleranza religiosa; oltre a cattolici, c'erano quaccheri, non conformisti, e anche anglicani, ma senza una chiesa organizzata. Questa fu stabilita solo nel 1691, quando il Maryland divenne un colonia reale; così, quando Jones arrivò ad Annapolis, la capitale, per presentarsi al governatore Nicholson, scoprì che i suoi doveri ecclesiastici sarebbero stati tutt'altro che una sinecura. Gli fu affidata la grande Christ Church Parish, ancora scarsamente abitata ma geograficamente vasta, con due sedi che lo costringevano a faticosi spostamenti. I doveri ecclesiastici assorbirono gran parte del suo tempo, lasciandone ben poco alle "collezioni filosofiche", già di per sé problematiche per un novellino immerso in un ambiente pressoché sconosciuto e in gran parte selvaggio. I suoi sponsor londinesi furono delusi: decisamente, Jones non era un nuovo Banister: nell'autunno e nell'inverno del suo primo anno in Maryland inviò pochi esemplari, imperfettamente conservati, per lo più già noti e non accompagnati dalle dettagliate note naturalistiche e dai disegni a cui li aveva abitati il compianto pastore-naturalista. Petiver cercò di ovviare con una specie di corso per corrispondenza, inviando a Jones liste di esemplari, doppioni della sua collezione, istruzioni pratiche e libri di botanica tra cui, oltre ai suoi Musei petiveriani, Historia plantarum di Ray e Paradisus batavus di Hermann. Oltre a doni come formaggi e generi di prima necessità, nei suoi pacchi c'erano anche medicinali, visto che un pastore in quella colonia ancora in via di formazione doveva occuparsi della cura non solo delle anime, ma anche dei corpi. Due nuovi invii di Jones raggiunsero l'Inghilterra alla fine del 1697 e nel 1698, per lo più in cattive condizioni a causa del lungo viaggio; finalmente nell'autunno del 1698 Petiver ricevette una collezione ben preparata e ben conservata, anche se lamentò che si trattasse essenzialmente di fiori, senza frutti e semi, "dai quali si ricavano le caratteristiche più essenziali o la denominazione". Preoccupato di perdere la priorità rispetto al rivale Plukenet, che in Almagestum botanicum (1696) aveva già pubblicato diverse specie virginiane raccolte da Banister, sollecitò Jones a intensificare le raccolte; gli chiese anche di inviargli il maggior numero possibile di esemplari della medesima pianta, in modo che egli potesse restituirgli i doppioni con le sue osservazioni. Qualche invio giunse ancora, ma a quel punto alle difficoltà che già conosciamo si era aggiunto il declino fisico: il giovane ecclesiastico gallese si ammalò di tisi e ne morì all'inizio del 1701. ![]() Due raccoglitori sono meglio di uno Già prima di questo infausto esito, Petiver e i suoi amici-rivali del Botanical Club e della Royal Society avevano deciso di affiancare al troppo indaffarato e troppo inesperto Jones un naturalista più preparato, ma soprattutto impegnato a tempo pieno. Nella seduta del 10 novembre 1697 della Royal Society, William Byrd II (figlio di William Byrd I, il piantatore virginiano che era stato amico, ospite ed esecutore testamentario di Banister) riferì che il governatore Nicholson intendeva offrire 25 sterline annue a un naturalista per "fare osservazioni e descrizioni di tutti i prodotti naturali di queste parti, e scriverne la storia" e chiedeva alla Royal Society di individuare la persona adatta. La scelta cadde su William Vernon (ca. 1667-ca. 1715), membro del St Peter's College di Cambridge, noto soprattutto come raccoglitore e studioso di muschi e già lodato da Ray per la profonda conoscenza della flora britannica. Ottenuti due o tre anni di congedo dall'Università, Vernon accettò l'incarico e si preparò a partire al più presto per l'America, dove contava di rimanere almeno due anni. La sua missione era sponsorizzata dalla Royal Society, quindi indirettamente dal Temple Coffee House Botanical Club; ma come sappiamo i suoi membri (in particolare Hans Sloane e James Petiver) erano divisi da una forte rivalità. Fu così che Petiver decise di giocare una seconda carta, inviando in Maryland un altro naturalista a lui legato: il medico tedesco David Krieg (1667-1713). Nato in Sassonia, quest'ultimo, dopo aver studiato all'Università di Lipsia, si era trasferito a Riga, diventando uno dei corrispondenti di Petiver, che lo aveva ospitato a casa sua quando nel 1696 egli si era spostato a Londra; inoltre lo aveva introdotto al Botanical Club e gli aveva fornito lettere di presentazione per Jacob Bobart, il prefetto dell'orto di Oxford, e per John Ray, che viveva nel suo rifugio di Black Nottley. Sicuramente nel novembre 1697, poco prima della partenza di entrambi per il Maryland, incontrò anche Vernon, ma i due viaggiarono separatamente e anche più tardi non raccolsero insieme, divisi da una presumibile rivalità; l'inglese arrivò in colonia nel marzo 1698, il tedesco (accompagnato dal "cacciatore di farfalle" di Petiver, un ragazzo chiamato Isaac) vi giunse due settimane dopo. Si era pagato il viaggio servendo come chirurgo di bordo, mentre il giovane Isaac forse viaggiò come ragazzo di cabina. Krieg dovette mettersi immediatamente all'opera, mentre Vernon, che dipendeva dal governatore e era tenuto a concordare le sue mosse con lui, dovette iniziare le raccolte solo a maggio. Non conosciamo nei particolari gli itinerari di nessuno dei due. Certamente visitarono Annapolis e i suoi dintorni ed esplorarono la costa orientale della baia di Chesapeake. L'unica lettera superstite di Krieg, scritta a maggio, ne attesta la presenza nel basso corso del Choptank River, mentre da una lettera inviata a luglio da Vernon a Sloane sappiamo che egli al momento si trovava ad Annapolis ed aveva già deciso di tornare in Inghilterra alla fine dell'estate. Non conosciamo le ragioni di questo rientro anticipato: alcuni hanno parlato di dissapori con il governatore Nicholson, altri al contrario ritengono che Vernon abbia preferito rinunciare piuttosto che rimanere in quella difficile colonia dopo la partenza del suo protettore; Nicholson infatti si accingeva a lasciare il Maryland per assumere nuovamente il governo della Virginia. Dunque, dopo circa cinque mesi di raccolte, lasciata l'America forse a settembre o a ottobre, tra novembre e dicembre sia Vernon sia Krieg erano nuovamente a Londra. Vernon presentò alcuni esemplari in una delle sedute del venerdì del Temple Coffee House Botany Club e gli sponsor si spartirono il bottino: Petiver fece la parte del leone, ricevendo da Krieg piante, insetti e conchiglie e molti esemplari anche da Vernon; altri li ottenne Sloane, altri ancora il vescovo Compton (che però lamentò che ci fossero pochi semi) e l'arcivescovo di Canterbury Tenison. Attraverso Sloane e Petiver, diverse centinaia di nuove specie furono inviate per l'identificazione a Ray, che incontrò molte difficoltà sia per l'incompletezza degli esemplari sia per la mancanza di note di accompagnamento; in ogni caso, nel terzo volume di Historia plantarum (uscito nel 1704) poté elencare 450 specie originarie del Maryland e determinarne 225. Tra il 1698 e il 1702 diverse specie furono inoltre pubblicate sulle Transactions della Royal Society da Petiver. Né Ray né Petiver (né Plukenet, che a sua volta pubblicò alcune specie del Maryland in Almatheum Botanicum, uscito nel 1705) indicano il nome dei raccoglitori, quindi non sappiamo che cosa fu raccolto rispettivamente da Jones, Vernon e Krieg. Nonostante il cambiamento di programma e le difficoltà incontrate da Ray, le raccolte dei due "inviati speciali" dovettero soddisfare a sufficienza le aspettative della Royal Society: nella seduta dell'11 gennaio 1699 fu deliberata sia l'ammissione di Krieg sia lo stanziamento di 20 sterline per inviare Vernon a caccia di piante nelle Canarie. Quasi immediatamente, egli si recò a Deale per imbarcarsi, ma mancò la partenza della flotta. Quando scoprì che non erano previste altre partenze prima di novembre, decise di rimanere a fare raccolte nel Kent e nei dintorni di Canterbury fino all'autunno. Ma ormai aveva perso la voglia di viaggiare. La missione alle Canarie sfumò, Vernon continuò per qualche anno a raccogliere in Inghilterra, specializzandosi in briofite e nel 1702 ritornò a Cambridge. Poco alla volta anche i suoi contatti con l'ambiente dei botanici e dei botanofili vennero meno, tanto che non sappiamo praticamente nulla dei suoi ultimi anni, neppure dove e quando morì. Il destino di Krieg dopo l'avventura americana fu amaro. Rimase a Londra ancora qualche mese, occupato a riordinare le sue raccolte e forse a fare disegni per Petiver; a maggio si imbarcò per Riga, dove era di ritorno il 14 giugno 1699. Per due anni esercitò la medicina nella città baltica, che offriva ben poche opportunità a un naturalista, come lamenta nelle lettere all'amico Petiver. Nel 1701 fu assunto come medico personale da Louis de Guiscard-Magny, ambasciatore della Francia in Svezia; lo raggiunse a Stoccolma e lo accompagnò a Parigi, dove ebbe modo di frequentare il Jardin des Plantes e conoscere Plumier e Vaillant. Quando scoprì che l'ambasciatore lo voleva al suo fianco come medico militare nella campagna prevista per l'anno successivo, decise di tornare a Riga. Lo faceva con riluttanza; avrebbe preferito un clima più caldo, magari un viaggio nelle Antille al servizio dell'amico Petiver. Lasciata Parigi nella primavera del 1702, dopo una breve visita a Strasburgo, dove viveva un fratello chirurgo, e alla famiglia a Schwarzeburg, nel gennaio 1703 era di ritorno a Riga. Anche se erano anni difficili per la città baltica a causa della Grande guerra del Nord tra Russia e Svezia, continuò a fare raccolte naturalistiche, nella speranza di scrivere una storia naturale della Livonia; si mantenne in contatto con gli amici inglesi, inviando loro curiosità, insetti e minerali, e ricevendo in cambio libri e strumenti. Il suo sogno era lasciare quella città provinciale dove nessuno condivideva i suoi interessi e tornare in America, o per lo meno a Londra. Ma rimase appunto un sogno. Nel 1710 Riga fu posta sotto assedio dai Russi; in città scoppiò una pestilenza che, insieme alla fame, fece 22.000 vittime. Una di loro era Krieg. ![]() Asteraceae grandi e piccole Nessun botanico ha pensato di rendere omaggio a Jones, mentre sia Krieg sia Vernon sono onorati da almeno un genere di Asteraceae. Krigia e Vernonia, ben diversi per grandezza e distribuzione, si devono al botanico tedesco Johann Christian Daniel von Schreber, che li pubblicò nel 1791 nella sua riedizione del linneano Genera Plantarum, purtroppo senza alcuna dedica esplicita. Krigia è un piccolo genere di 7 specie, distribuite tra il Canada sud-orientale, gli Stati Uniti centrali e orientali e il Messico nord-orientale. Sono erbacee perenni o annuali, con una radice fibrosa o a fittone da cui emergono gambi eretti e solitamente non ramificate, con foglie lanceolate, dentate o lobate a rosetta e capolini per lo più solitari, gialli o arancione, molto simile a quelli dei generi Hieracium e Pilosella. Vernonia è invece un grande genere cosmopolita cui sono attribuite quasi 350 specie, ma inteso in senso lato è giunto a comprenderne anche 1000; va inoltre considerato che le specie in aree in contatto tendono ad ibridarsi con facilità. Gli studi hanno identificato due centri di biodiversità: uno in America, l'altro in Africa e nell'Asia sud-orientale. Possono essere erbacee annuali o perenni, spesso di grandi dimensioni, arbusti da piccoli a grandi, rampicanti o piccoli alberi, con foglie alternate semplici, da lanceolate a strettamente lineari. I capolini, raccolti in cime o corimbi terminali o ascellari, sono composti da un involucro a coppa o cilindrico formato da 5-6 serie di brattee embricate che proteggono il ricettacolo sul quale si inseriscono i flosculi tubolosi, usualmente bisessuali e fertili. La corolla tubolare e lobata può essere viola, blu o anche bianco-crema. I frutti sono acheni dotati di pappo. Diverse specie nordamericane sono coltivate nei giardini. Tra di esse V. arkansana (spesso commercializzata come V. crinita), originaria degli Stati Uniti centrali, un'alta perenne che tra agosto e settembre produce grandi capolini viola dall'aspetto un po' scompigliato; la rusticissima V. fasciculata, nativa di una fascia che va dal Manitoba in Canada agli Stati Uniti centro-settentrionali, che produce alti steli non ramificati che culminano in un denso corimbo di fiori magenta; V. lettermannii, originaria dell'Arkansas e dell'Oklahoma, con foglie filiformi e centinaia di piccoli fiori viola scuro; simile è V. noveboracensis, che tende ad espandersi con stoloni sotterranei, con fiori viola, ma anche lilla e bianchi. Diverse specie africane, come V. colorata, sono utilizzate come verdura da foglia; dato che crescono rapidamente e si rigenerano dopo i tagli, producendo una grande massa di foraggio che resiste molto bene alla siccità, sono note, oltre che con diversi nomi locali, con il nome inglese ironweed, erba di ferro, dovuto ai fusti rigidi e talvolta color ruggine, ma anche alla veloce crescita e alla robustezza. La specie più importante di questo gruppo, la più consumata nonché ingrediente dello Ndolé, il piatto nazionale del Cameroon, V. amygdalina, è stata trasferita al genere Gymnanthemum come G. amygdalinum; è anche una importante pianta medicinale. Secondo Plants of the World on line (ma l'accordo non è universale) va ricondotta a questa specie come sinonimo anche Vernonia condensata, poi Vernonanthura condensata, in precedenza ritenuta un endemismo brasiliano, mentre si tratta appunto di una specie africana, introdotta all'epoca della tratta degli schiavi. Dai semi di V. galamensis viene invece ricavato un olio con un alto contenuto di acido vernolico, utilizzato nell'industria delle vernici e come plastificante. Oltre ad essere il patrono dell'importantissimo genere Vernonia, William Vernon è celebrato indirettamente anche da due dei tanti generi che ne sono stati separati, Vernoniopsis e Vernonanthura. Il primo ("simile a Vernonia") è un genere endemico del Madagascar, con una o due specie di arbusti o piccoli alberi con corimbi terminali di numerosi capolini con lungo ricettacolo e corolla biancastra. Il secondo (da Vernonia + anthura, da anthera e oura "coda", in riferimento alle antere con base frequentemente caudata) è un grande genere separato nel 1995 da Vernonia, da cui differisce per la distribuzione più meridionale (dal Messico all'Argentina, passando per le Antille), le infiorescenze piramidali o tirsoidi anziché corimbose, l'habitus tipicamente arbustivo con steli legnosi fin dalla base anziché erbacei, e appunto le antere con code prominenti alla base. Il genere comprende una sessantina di specie; la più nota era probabilmente Vernonanthura condensata che, come abbiamo visto è stata trasferita a Gymnanthemum ed è per lo più ritenuta sinonimo di G. amygdalinum. Anche in questo genere troviamo piante interessanti per i nostri giardini, come V. nudiflora (in precedenza Vernonia angustifolia), un arbusto originario del Brasile e dell'Argentina, con foglie lineari e bei fiori viola. V. polyanthes ci ricorda invece quanto è pericoloso introdurre specie aliene in ambienti fragili: nativa del Brasile, all'inizio degli anni '90 del Novecento è stata introdotta in Mozambico come pianta nettarifera per le api; da qui si è diffusa nel vicino Zimbabwe e in diversi ambienti è rapidamente diventata una specie dominante ai danni della vegetazione nativa.
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Dopo la tulipomania, che nel Seicento bruciò tanti capitali, nel Settecento infuriò la giacintomania. Tra le sue vittime, sir James Justice, un legale scozzese che dilapidò tutta la sua fortuna per coltivare piante rare, tra cui appunto i preziosi giacinti doppi che acquistava a caro prezzo in Olanda. Grande sperimentatore di tecniche di coltivazione, fu probabilmente il primo a far fruttificare gli ananas in Scozia, creando per loro una serra riscaldata all'avanguardia. Un successo che gli guadagnò la quasi immediata ammissione alla Royal Society. Nell'arco di pochi anni, alle prese con debiti sempre più enormi, fu costretto a vendere la tenuta di Crichton dove aveva creato il più raffinato giardino di Scozia. Seguirono processi, un divorzio, l'ignominia del carcere per debiti, l'espulsione dalla Royal Society per morosità. Alla sua morte, alla vedova e al figlio bambino rimase un capitale di 60 sterline, ovvero il prezzo a cui veniva venduto al momento della sua apparizione il giacinto 'Gloria florum suprema'. A ricordare Justice rimangono il notevole The Scots Gardiners Director, ma soprattutto il genere Justicia, oggi il più vasto della famiglia Acanthaceae. ![]() Giacinti e giacintomania Il 22 ottobre 1730 la Royal Society ammise un nuovo membro, presentato dal presidente in persona sir Hans Sloane, dal capo giardiniere di Chelsea Philip Miller e da John Martyn, che due anni dopo sarebbe stato nominato professore di botanica a Cambridge. Il nuovo socio era un legale scozzese, sir James Justice (1698-1763), alto funzionario della corte di Edimburgo (Principal Clerk to the Court of Sessions), ma soprattutto appassionato giardiniere. Ad attirare l'attenzione di sponsor tanto prestigiosi erano stati i suoi esperimenti orticoli. Sfidando il rigido clima scozzese, nella sua tenuta di Crichton, a circa 20 km a sud di Edimburgo, egli si era fatto costruire una serra riscaldata all'avanguardia (tra l'altro, una delle poche all'epoca ad avere anche il tetto vetrato) dove era riuscito a fare fruttificare gli ananas. Vi coltivava anche banani, guaiave, piante del cacao e del caffè; era riuscito a far fruttificare anche queste ultime, che avevano dato semi fertili da cui erano nate pianticelle. Fu il momento di massima gloria di Justice, che per tutta la vita (anche quando, come vedremo, non ne aveva più diritto) fece sempre orgogliosamente seguire al suo nome la sigla FRS, Fellow of Royal Society. All'epoca aveva poco più di trent'anni e aveva cominciato i suoi esperimenti orticoli forse intorno al 1727. Apparteneva a una facoltosa famiglia di mercanti e legali scozzesi, la cui parabola - tanto per rimanere nei cliché - ricorda quella dei Buddenbrook. All'inizio, ovviamente, c'è un fondatore, in questo caso il mercante James Justice (morto nel 1711) che fu bailie (magistrato municipale) e prevosto di Edimburgo e acquistò la proprietà di Crichton. Il rappresentante della seconda generazione, anche lui James, entrò a fare parte della nobiltà di toga, aggiungendo un titolo baronale alla tenuta e divenendo Principal Clerk to the Court of Sessions, incarico che mantenne fino al 1727, quando vendette la carica e la riacquistò per il figlio; la terza generazione è appunto quella di James il botanico. Infine la dinastia si chiude con il quarto James, l'unico figlio sopravvissuto, militare noto come "Captain Justice", eccentrico quanto il padre (anche se la sua passione andava più alle fanciulle che ai fiori). La passione del padre James III per l'orticultura era nata in Olanda, dove era stato inviato a laurearsi in giurisprudenza, secondo una consuetudine abituale nella Scozia del tempo. Mentre non provava alcun interesse per la carriera legale, si innamorò dell'orticoltura e del vivaismo olandesi. Per impadronirsi delle tecniche di coltivazione più aggiornate, oltre a frequentare assiduamente i vivai di Haarlem, in un lungo grand tour orticolo dovette visitare anche la Francia ( dove si interessò soprattutto della coltivazione a spalliera di peschi e altri alberi da frutto) e l'Italia. Non conosciamo le date di questo viaggio, che probabilmente si protrasse per diversi anni. Al suo rientro in Scozia, Justice era un raffinato gentiluomo per padroneggiava l'inglese senza "scotismi", il latino, l'olandese e il francese, conosceva bene la letteratura botanica del tempo e le nuove tecniche orticole messe a punto nel continente. Era ansioso di sperimentarle per "migliorare" la tenuta di Crichton. Come il padre era infatti membro della Honourable Society of Improvers in the Knowledge of Agriculture in Scotland, che si proponeva di migliorare l'orticoltura scozzese introducendo tecniche che aumentassero le rese. Certamente piantò alberi e introdusse migliorie nella gestione della tenuta, ma soprattutto si concentrò sulla coltivazione delle esotiche, facendo costruire per loro una serra all'epoca quasi avveniristica. Il suo interesse principale dovette però transitare ben presto alle piante da fiore, in particolare le bulbose. Nel 1730 infatti lo troviamo a Bruxelles, per studiare le tecniche di coltivazione di François Beaulinx, specialista nella produzione di tulipani Bizard da seme. Altri contatti nelle Fiandre e in Olanda erano Jan van Leuwen di Rotterdam, famoso per i suoi Iris persica azzurri, e soprattutto i vivai van Zompel e Voorhelm di Haarlem. Questi ultimi furono all'origine della giacintomania che infuriò in Olanda nella prima metà del Settecento. I giacinti Hyacinthus orientalis all'epoca erano abbastanza diversi da quelli che coltiviamo oggi. Quelli a fiore singolo avevano pannocchie piuttosto rade, con fiori piccoli, ancora simili alle forme selvatiche; occasionalmente nascevano piante a fiore doppio, che inizialmente non suscitarono alcun interesse, anzi i vivaisti si affrettavano a scartarle perché sterili. Nel 1684 il vivaista di Haarlem Peter Voorhelm cadde ammalato, lasciando il vivaio per qualche tempo abbandonato a se stesso; quando poté occuparsi della cernita dei giacinti, ne trovò uno doppio particolarmente bello; scoprì anche che ai suoi clienti piaceva ed erano disposti a pagarlo di più degli altri. Continuò a coltivarlo e a sviluppare nuove varietà. La prima ad aver successo e a scatenare la giacintomania fu 'Koning for Groot Brittanien' (così chiamata in onore di Guglielmo d'Orange, re d'Inghilterra come Guglielmo III), con fiori bianchi e cuore rosa intenso, una robusta varietà ancora segnalata da Loudon all'inizio dell'Ottocento. Al suo apparire, nel 1702, un singolo bulbo costava l'equivalente di 100 sterline. I prezzi erano così alti perché i giacinti doppi erano rari, ci volevano cinque anni per portarli a fioritura, e con il loro insieme di colori eccitavano il gusto del bizzarro, proprio come i tulipani variegati all'origine della tulipomania. La giacintomania raggiunse il suo apice negli anni '20-'30 del 1700, ovvero esattamente nel periodo in cui Justice frequentò l'Olanda prima come studente poi come acquirente di bulbi. I Voorhelm continuavano ad essere il vivaio leader di questa produzione, ma ora erano affiancati da molti altri produttori che ogni anno immettevano sul mercato centinaia di varietà. Tuttavia, avevano imparato la lezione dal crollo della bolla dei tulipani, e nei loro cataloghi offrivano un'ampia gamma di giacinti dai prezzi diversificati, riuscendo a mantenere alti quelli delle novità più pregiate. Così due produzioni dei Voorhelm (molto ammirate da Justice) 'Gloria Mundi', azzurro chiaro con cuore blu scuro, e 'Gloria Florum suprema', bianco neve con cuore scarlatto, al loro apparire furono venduti rispettivamente a 500 e 600 fiorini a bulbo, cioè 50 e 60 sterline. I prezzi raggiunsero il picco tra il 1733 e il 1736, per poi crollare quasi all'improvviso: il mercato ormai era saturo, le varietà veramente di valore erano introvabili, e per vendere i vivaisti furono costretti a tagliare i prezzi. Nei cataloghi del 1738 vediamo 'Staaten General' passare da 210 a 20 fiorini e 'Gekroont Salomon’s Jewel' da 80 a 3. ![]() Rovinarsi per le piante In Olanda Justice si era innamorato dei giacinti e non se li fece mancare nel giardino di Crichton, in stile francese, considerato il più bello e raffinato della Scozia. Quanto avesse pagato i suoi giacinti e le innumerevoli altre bulbose che li affiancavano non sappiamo. Ma certo fu vittima, se non della sola giacintomania, della sua irresistibile passione per il giardinaggio. Non badava a spese per far venire bulbi dall'Olanda e per acquistare piante e semi tanto a Londra quanto in Scozia. I guai arrivarono presto; i debiti erano tanti che, per salvare il salvabile, il padre James II predispose un atto di successione a favore del nipote anziché del figlio e si risolse a vendere la tenuta. Nel 1738, poco più di un anno dopo la sua morte, la vendita fu infine conclusa dal nostro James III, con un ricavo di 7000 sterline. Egli tentò anche di impugnare l'atto paterno, ma vi rinunciò, vedendo che era insufficiente a tacitare i creditori. Pagati almeno una parte dei debiti, investì quanto gli rimaneva in una tenuta di minore estensione chiamata Ugston nella parrocchia di Channelkirk (Berwikshire) che da quel momento fu ribattezzata Justicehall. Anche qui piantò alberi e coltivò bulbose, tanto che uno studioso di storia locale ha raccolto la voce che facesse addirittura arrivare la terra dall'Olanda per offrire agli amati bulbi la terra natìa; la notizia è improbabile (come vedremo, tra i più importanti esperimenti di Justice vi era la produzione di terricci su misura per le varie coltivazioni), ma ci dice molto sulla fama di eccentricità del personaggio. A rovinare del tutto la sua reputazione, ai debiti si aggiunse lo scandalo: iniziò una relazione con una giovane domestica e la moglie chiese il divorzio. Ne seguì un'intricata vicenda processuale in cui Justice arrivò ad accusare un ex amico di aver tentato di assassinarlo. Erano condotte che la puritana società scozzese non era disposta a tollerare; così, nell'ottobre 1744 Justice se ne andò in volontario esilio nell'Inghilterra settentrionale, con il risultato di contrarre altri debiti. Tornato in Scozia nel novembre 1746, prese in affitto una casa con giardino ad Edimburgo; era sempre più perseguitato dai creditori (in una lettera li chiama "diavoli") e nel 1748 subì anche una breve incarcerazione per debiti, da cui fu liberato grazie alla malleveria di lord Milton, alto magistrato e suo lontano cugino; con il suo aiuto, cercò inutilmente di liberarsi dell'odiato lavoro in tribunale. Nel 1750 si sposò con la ragazza dello scandalo, che però presto si ammalò e dopo appena due anni lo lasciò vedovo. Seguì un terzo matrimonio, e nel 1755, ormai quasi sessantenne, gli nacque l'unico figlio superstite (il maggiore era morto nel 1750). Nel 1757, non avendo pagato da anni la quota associativa, subì lo smacco di essere espulso dalla Royal Society. Nel 1758 si trasferì nella sua ultima casa, nel distretto di Leigh, dove sarebbe morto nel 1763. Anche qui c'era un giardino, che riempì di fiori, tra cui una spettacolare collezione di auricola; erano piante di grande valore, su cui contava per garantire un gruzzoletto alla moglie e al figlioletto dopo la sua morte. Invece quando la vedova le mise in vendita, ne ricavò solo 20 sterline, un terzo dell'eredità che le rimaneva. ![]() Una guida per i giardinieri scozzesi Nel 1754, a suo dire cedendo alle pressioni di amici ed estimatori, Justice si risolse a mettere per iscritto quanto aveva appreso dalle sue esperienze trentennali in ogni campo dell'orticoltura, trasfondendole in una guida all'orto famigliare e al giardino, The Scots Gardiners Director. Anche se l'identità dell'autore era un segreto di Pulcinella, inizialmente la pubblicò anonima (era pur sempre un rispettabile funzionario); il nome compare nell'edizione del 1759, intitolata The British Gardener's New Director; nell'edizione riveduta del 1764 (uscita postuma) tutte le remore sono cadute: sir James arriva a reclamizzare e porre in vendita alcune delle sue produzioni. Il libro è interessante da diversi punti di vista. Era una delle prime pubblicazioni del genere in Scozia (grazie ad essa, Justice è stato definito il padre dell'orticultura scozzese) ed ebbe un notevole successo, venendo ristampato anche in Irlanda. Era anzi la prima ad essere concepito appositamente per il clima e i terreni della Scozia, tanto diversi da quelli della più temperata e fertile Inghilterra. Soprattutto, non aveva nulla di libresco e si basava su esperienze di prima mano, esposte dall'autore in modo dettagliato e potremmo dire generoso. Così, le pagine di The Scots Gardiners Director sono per noi una specie di macchina del tempo per conoscere le pratiche orticole del Settecento, i successi e i fallimenti di sir James e il mondo del vivaismo olandese (egli vi riportò interi cataloghi delle loro produzioni, in particolare quelle dell'amico Joris Voorhelm, autore a sua volta di uno dei primi trattati sui giacinti). Il volume è diviso i due parti. La prima è dedicata all'orto famigliare; è un orto-frutteto, un walled garden recintato da muri che lo proteggono dal rigido clima settentrionale. Justice fornisce dettagliate istruzioni sull'esposizione ideale, sulla scelta dei fruttiferi più adatti, sulla coltivazione a spalliera e la potatura; spiega come allestire lettorini caldi (incluso uno per i funghi) e muri riscaldati dotati di intercapedini dove far passare aria calda per far maturare l'uva e altri frutti che non riuscirebbero a farlo nel clima scozzese. Non dimentico del suo primo successo, non trascura la coltivazione degli ananas e offre ai lettori due progetti di serre calde. La prima parte si conclude con la rassegna delle orticole e delle erbe aromatiche. La seconda parte (è una novità non trascurabile) è interamente dedicata alla coltivazione dei fiori; si intitola etimologicamente Anthologia, selezione di fiori, e occupa un po' di più della metà del volume. Mentre le piante da aiuola, ad eccezione di poche specie, sono trattate spesso sommariamente, a fare la parte del leone sono le bulbose, che Justice espone seguendo il ritmo delle stagioni, iniziando con l'aconito d'inverno, ovvero Eranthis hyemalis, e i bucaneve, per terminare con i colchici autunnali. E così, con dovizia di indicazioni sulle varietà, la coltivazione, la semina, la preparazione dei terreni, ecco sfilare le epatiche, a proposito delle quali Justice confessa un insuccesso: ripetendo le semine per molti anni, è riuscito a ottenere diversi colori e forme semidoppie, ma mai le varietà doppie disponibili in Olanda; gli economici crochi che l'amico Voorhelm (ne propone 12 varietà) vende a 1 fiorino per 100 bulbi; gli aristocratici iris persiani, che si acquistano a Rotterdam ed è impossibile riprodurre da seme, ma possono essere forzati in vaso per ornarne la casa all'inizio della primavera; i narcisi, di cui ci sono innumerevoli varietà e tipi, da piantare in massa 100 alla volta; i ciclamini rustici; il colchico di Spagna, ovvero Bulbocodium vernum; il dente di cane Erythronium dens-canis. Su Fritillaria meleagris si dilunga per illustrare le tecniche di semina che gli hanno permesso di ottenere sette varietà del tutto nuove entrate a far parte del catalogo Voorhelm; segue la corona imperiale F. imperialis, gloria dei vivai olandesi che la chiamano William Rex e ne offrono almeno quindici varietà. Tra le rarità dei loro cataloghi c'è anche quello che chiamano Lilium persicum, in cui riconosciamo F. persica. A questo punto entrano in scena i giacinti "una delle principali bellezze della primavera". Justice - dichiara subito che sono la sua pianta preferita - dedica loro moltissime pagine, con dettagliate istruzioni su come trattare i bulbi giunti dall'Olanda, su come allestire una root-room per conservarli e moltiplicare i bulbi, sulle semine e sul terriccio ideale, che egli prepara secondo una ricetta di sua elaborazione che comprende sabbia, letame maturo e compost di foglie. Ne aveva già parlato nel suo primo scritto noto, Directions for propagating Hyacinths, pubblicato nel 1743 nelle Transactions della Hourable Society of Improvers. Per i giacinti Justice ha speso capitali, ma anche ottenuto grandi successi; mentre i suoi conterranei, sono costretti a sostituire continuamente i bulbi, lui grazie al suo terriccio e alle perfette tecniche di coltivazione riesce a mantenere i fiori grandi come il primo anno; non parliamo poi delle semine, che gli hanno permesso di ottenere novità di pregio. Nel 1764 Voorhelm gliene dedicherà una commemorativa, 'Mijnherr Justice', un bianco singolo con tocchi di rosa. Justice spiega anche come forzare i bulbi in caraffe di vetro, una tecnica messa a punto pochi anni prima in Svezia e introdotta nel Regno unito dal corrispondente Philip Miller. Per pagine e pagine, egli si profonde quindi nella descrizione di dozzine di varietà; quelle a fiore singolo (10 bianchi, 10 rosa, 16 blu scuro e 20 azzurro chiaro) ammette di averle coltivate tutte; ovviamente va pazzo (e sappiamo fino a che punto) per quelle a fiore doppio, ma forse neppure lui avrà sperimentato tutte le 86 varietà offerte nel 1752 da Voorhlem e van Zompel, che però descrive puntigliosamente, certo in più di un caso per conoscenza diretta. Tra di esse le costosissime 'Gloria mundi' e 'Gloria florum suprema. Ma a suo parere "i più belli dei doppi per il loro colore ammirevole" sono i rossi, di cui menziona 9 varietà. Dopo i giacinti, tocca ai tulipani. Forse sono stati una passione giovanile, e non li trascura, ma è chiaro che il suo cuore va ai giacinti, tanto che non hai mai provato a riprodurli per seme. A paragone, dedica più spazio ai ranuncoli, di cui invece ha praticato la semina su larga scala, ottenendo parecchie pregevoli varietà. Lasciate le bulbose, come si è detto la trattazione si fa più scarna, con qualche eccezione, come le primule orecchie d'orso (Primula auricola); negli ultimi anni della sua vita, quando non disponeva più dei larghi spazi delle tenute di campagna, ma solo di un piccolo giardino urbano, hanno sostituito nel suo cuore i giacinti e per ospitarle degnamente ha persino inventato un apposito scaffale con ripiani doppi. Un'altra eccezione è l'astro della Cina Callistephus chinensis; si trattava in effetti di una new entry nei giardini europei. I primi semi erano approdati dalla Cina al Jardin des plantes di Parigi intorno al 1730 (se ne attribuisce erroneamente l'invio a padre Incarville, che però all'epoca viveva in Canada); qui se li era procurati Philip Miller che aveva incominciato subito a seminarli e a sperimentare la creazione di diverse varietà, ottenendo dopo molti anni le prime doppie. Probabilmente Justice ottenne i semi da lui e ne sperimentò la semina ripetuta, separando i semi delle piante più promettenti, fino a riuscire a produrre addirittura una forma doppia bicolore, che secondo la sua biografa Priscilla Minay rivaleggia con le migliori varietà moderne. ![]() Un grande genere pantropicale Anche se ci è rimasta solo una delle lettere di Justice a Miller, scritta poco dopo l'amissione alla Royal Society, è probabile che i due abbiano corrisposto per molti anni; erano uniti dalle origini scozzesi e da un approccio molto simile all'orticoltura, fatto di prove ed esperimenti ripetuti con tenacia e caparbietà. Forse un conoscente comune era un terzo scozzese, il chirurgo William Houstoun; in un passo di The Scots Gardiners Director Justice mostra di conoscere le sue ricerche su Mirabilis jalapa, mentre Houstoun lo stimava abbastanza da dedicargli uno dei suoi generi di piante americane. Fatto proprio e validato da Linneo, Justicia è oggi il più vasto genere della famiglia Acanthaceae. Distribuito nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo, comprende al momento attuale oltre 900 specie di erbacee perenni, arbusti e suffrutici di morfologia piuttosto variabile; tra i tratti comuni, foglie con nervature molto evidenti e fiori tubolari caratterizzati da una corolla bilabiata con labbro superiore bilobato e labbro inferiore trilobato. Nella sua storia tassonomica, i confini di questo genere si sono più volte modificati. Nella prima metà del Novecento, prevaleva la linea di riconoscere come separati una serie di generi più piccoli, i più noti dei quali per giardinieri e appassionati sono Jacobinia e Beloperone. Nel 1988, uno studio di W. A. Graham ha inaugurato la linea opposta, con un vastissimo genere Justicia diviso in 16 sezioni e 7 sottosezioni, in cui sono confluiti molti generi minori. La soluzione continua a prevalere ed è stata confermata da studi recenti, ma è anche contestata sulla base di evidenze molecolari che dimostrano che Justicia nel senso di Graham è largamente parafiletico, ovvero artificiale. In attesa di cambiamenti che non mancheranno, godiamoci la bellezza di queste piante, apprezzate in natura da farfalle, api e colibrì e da tutti noi nei giardini o nelle serre (purtroppo, con l'eccezione parziale di J. americana, non sono rustiche). E' probabile che molti giardinieri e appassionati conoscano le due specie più note e coltivate sotto i vecchi nomi. La prima è Justicia carnea, in precedenza Jacobinia carnea, un arbusto di origine brasiliana (uno dei centri di diversità del genere) apprezzato per le spettacolari spighe di fiori tubolari rosa. La seconda è Justicia brandegeeana, in passato Beloperone guttata, nota nei paesi anglofoni con il curioso nomignolo shrimp plant, ovvero pianta gamberetto. A suggerirlo sono la forma e il colore delle brattee che sottendono i fiori sovrapposti come i segmenti della corazza di questo crostaceo. Comunque la si voglia chiamare, è un arbusto piacevole e dalle fioriture singolari, che dove il clima lo consente si protraggono per mesi. Tra le altre specie di questo numerosissimo genere, vale la pena di ricordare J. aurea, simile a J. carnea, ma con infiorescenze gialle; J. floribunda, un piccolo arbusto con fiori tubolari penduli bicolori gialli e scarlatti che qualcuno chiama molto impropriamente "fuchsia brasiliana"; la messicana J. spicigera, propria delle foreste aride, con brillanti infiorescenze aranciate, nota anche per le sue proprietà medicinali come depurativo e stimolante. Approfondimenti su queste e altre specie nella scheda. Per Robert Brown, la partecipazione alla spedizione Flinders segnò l'inizio di una lunga e operosa carriera scientifica. Dopo il viaggio e le raccolte, venne il momento dello studio e delle pubblicazioni, la più ceelebre delle quali è Prodromus Florae Novae Hollandiae et Insulae Van-Diemen che ne fa il padre della botanica australiana. Successivamente bibliotecario e curatore delle collezioni della Linnean Society, ultimo bibliotecario di Banks, curatore delle collezioni banksiane del British Museum, capo del Dipartimento di botanica dello stesso, presidente della Linnean Society, fu una figura di spicco della botanica britannica, anche se il suo carattere schivo e la meticolosa lentezza del suo lavoro tesero a isolarlo dalle nuove generazioni. Di grande importanza i suoi contributi alla tassonomia e gli studi sul polline, il nucleo cellulare, la differenza tra gimnosperme e angiosperme. Mentre studiava il polline al microscopi, le sue osservazioni sconfinarono nella fisica, con la scoperta di quello che più tardi verrà chiamato "moto browniano". A ricordarlo, oltre a diverse località, australiane o meno, e moltissimi eponimi, i generi australiani Brunonia e Brunoniella. ![]() L'ultimo viaggio: Tasmania Quando Robert Brown accettò la proposta di Banks di unirsi alla spedizione Flinders, anche se il suo nome era già piuttosto noto nei circoli botanici britannici, soprattutto come esperto di crittogame (varie felci e muschi da lui raccolti furono pubblicati in Fasciculi plantarum cryptogamaticarum Britanniae da Dickson, con il suo permesso, ma senza citarlo), come aiuto chirurgo di un reggimento di stanza in Irlanda non aveva molte prospettive. La spedizione in Australia fu la grande occasione che attendeva. In tre anni e mezzo, con l'aiuto del giardiniere Good e del pittore Ferdinand Bauer, raccolse più di 3400 esemplari botanici (cui vanno aggiunti animali e minerali), anche se una parte considerevole di queste raccolte andò perduta durante il naufragio del Purpoise, Già prima di quella sventura, lui e Bauer avevano deciso di accettare l'invito del governatore King di continuare ad esplorare la flora della colonia. Per qualche mese, alternò l'esplorazione dei dintorni di Port Jackson con la sistemazione delle proprie raccolte, descrivendo molte piante, momentaneamente classificate secondo il sistema linneano, nel manoscritto intitolato Descriptorium plantarum Novae Hollandiae que in fasciculis parvis Continentur, finché il 28 novembre 1803 si imbarcò sulla Lady Nelson, inviata a Port Phillipp per trasferire in Tasmania i coloni di quell'insediamento che si era rivelato poco propizio. Non appena la nave raggiunse lo stretto di Bass, incontrò un tempo così ostile che fu costretta a rifugiarsi nelle isole del Kent Group, dove rimase bloccata per quasi un mese. Brown approfittò della sosta forzata per esplorare la flora della Deal Island, soprattutto le piante marine. Verso la fine del mese, sopraggiunse la Francis, diretta a Port Dalrymple sulla costa settentrionale della Tasmania. A bordo c'era un gruppo di esploratori incaricati di verificare se la zona era adatta a ospitare la nuova colonia. Poiché la nave era stata alquanto danneggiata dalla tempesta, fu deciso che sarebbe rientrata a Port Jackson per riparazioni, mentre la Lady Nelson l'avrebbe sostituita nella missione, dirigendosi a sua volta a Port Dalrymple, dove gettò l'ancora il giorno di Capodanno 1804. Sino al 18 gennaio, quando salpò per Port Phillipp, vennero esplorate la baia e il corso del fiume Tamar; Brown partecipò a varie spedizioni, ma la stagione già avanzata limitò le sue raccolte. Gli esploratori si trovarono alle prese con un incendio e ci furono anche diversi incontri non molto amichevoli con gruppi di indigeni. Quando infine la Lady Nelson arrivò a Port Phillipp, il governatore Collins aveva già deciso che il nuovo insediamento sarebbe sorto alla foce del fiume Derwent (si tratta dell'odierna Hobart). Così il 30 gennaio la nave ripartì per trasportarvi il primo contingente di coloni. A bordo c'era anche Robert Brown, che nei successivi sei mesi avrebbe esplorato il monte Wellington (che all'epoca era chiamato Table Mountain per la sua somiglianza con la montagna che domina Città del Capo), il fiume che ora porta il suo nome Brown River, la bassa valle del Derwent e l'estuario dell'Huon. Di ritorno a Port Jackson nell'agosto 1804, riprese a visitarne i dintorni, a volte insieme al botanico ufficiale della colonia George Caley, spingendosi a nord fino al fiume Hunter. Il 23 maggio 1805 si imbarcò alla volta dell'Inghilterra sul rabberciato Investigator insieme a Ferdinand Bauer, rientrato dalle isole Norfolk. Portava con se un erbario di 1200 piante, semi, minerali e collezioni zoologiche. ![]() Prime pubblicazioni: uno scandalo e un disastro finanziario Ad ottobre i due amici erano di ritorno in Inghilterra. Per entrambi era giunto il momento di passare per uno dagli schizzi agli acquarelli, per l'altro dalla raccolta allo studio. Il progetto comune era la pubblicazione di una Flora complessiva dell'Australia, con i testi di Brown e le illustrazioni di Bauer. Il botanico poté dedicarsi quasi a tempo pieno al progetto grazie alla Linnean Society, che lo assunse come impiegato e bibliotecario. Era ancora ben lontano dalla meta quando, nel 1808, Dryander (il segretario e bibliotecario di Banks) gli chiese di scrivere una monografia sulle Proteaceae, in modo che egli potesse utilizzare le sue denominazioni nella nuova edizione di Hortus Kewensis che stava allestendo con il capo giardiniere Aiton. Brown accettò, studiando in modo molto accurato non solo le Proteaceae che aveva raccolto personalmente in Australia e in Sud Africa, ma anche le piante vive della collezione del mercante George Hibbert, gli erbari di Banks, Smith, Lambert e altri; poté anche esaminare brevemente le raccolte di Labillardière. Il saggio fu pronto all'inizio del 1809 e Brown lo lesse nel corso di quattro sedute della Linnean Society, tra gennaio e marzo. La pubblicazione però tardò fino al marzo 1810, quando apparve sia nella rivista della società con il titolo On the Proteaceae of Jussieu sia come volume a sé con il titolo On the natural order of plants called Proteaceae. Com'è chiaro da questi titoli, Brown non segue più la classificazione linneana (che già lo aveva lasciato insoddisfatto in Australia, ma che aveva provvisoriamente conservato per comodità) ma quella "naturale" di Antoine Laurent de Jussieu. Egli propone una nuova classificazione della famiglia, servendosi per la prima volta anche dell'analisi del polline; ne discute la distribuzione geografica; stabilisce due sottofamiglie, basandosi sulla contrapposizione tra frutti deiscenti e indeiscenti; descrive 404 specie e 38 generi, 18 dei quali nuovi. Il saggio segnò il riconoscimento scientifico di Brown, ma fu anche seguito da aspre polemiche. Poco dopo le conferenze alla Linnean Society, quindi molti mesi prima della pubblicazione a stampa del saggio di Brown, uscì On the cultivation of the plants belonging to the natural order of Proteeae che, dopo una breve parte iniziale realmente dedicata alla coltivazione di queste piante firmata da Joseph Knigth, il giardiniere di Hibbert, presentava un'ampia revisione tassonomica della famiglia. Non era firmata ma l'autore fu facilmente identificato in Richard Salisbury che già in Paradisus londinensis (1806) aveva trattato diverse Proteaceae. Egli aveva assistito alle conferenze di Brown e, secondo la ricostruzione corrente, aveva memorizzato il nomi dei suoi nuovi generi; ora ne anticipava la pubblicazione, "rubandoli" al vero autore. Accusato di plagio, fu di fatto ostracizzato dalla botanica britannica. Brown stesso fu profondamente scioccato e scrisse di Salisbury in questi termini: "Non so che cosa pensare di lui tranne che sia un briccone e un pazzo". Nel 1810 Brown finalmente terminò quella che riteneva la prima parte della sua flora australiana; la pubblicò a proprie spese, senza illustrazioni, come Prodromus Florae Novae Hollandiae et Insulae Van Diemen, vol. 1; la numerazione del testo iniziava a p. 145, perché egli prevedeva una prefazione da aggiungere in ristampa. Le vendite furono così scarse che il botanico ritirò il volume dal commercio e rinunciò a scrivere sia la prefazione sia i volumi successivi. Solo vent'anni dopo sarebbe uscito un supplemento, dedicato alle Proteaceae scoperte nel frattempo. Anche il volume con le illustrazioni di Bauer (1813) fu un fiasco totale. Nonostante il disastro finanziario, il libro di Brown è una pietra miliare della botanica che segna il vero inizio dello studio sistematico della flora australiana, con la pubblicazione di 2040 specie, oltre metà delle quali nuove, e importanti contributi anche metodologici alla sistematica; vengono stabilite nuove famiglie (all'epoca si chiamavano ordini), molte delle quali tuttora accettate, e definiti in modo più preciso i criteri di classificazione delle famiglie stesse, all'epoca ancora piuttosto fluidi, ![]() Brown diventa il Giove della botanica Il 1810 segnò per Brown anche un'importante svolta professionale. In seguito alla morte di Dryander, Banks lo assunse come segretario e bibliotecario, con uno stipendio annuo di 200 sterline e l'uso di un alloggio privato a Soho Square. Occuparsi di quella immensa biblioteca e di quel grandioso erbario, garantendone l'accesso ai numerosi visitatori, era tutt'altro che una sinecura. Per Brown, significò anche allargare i suoi interessi a nuove piante e nuove aree geografiche. Ad esempio, nel 1814 in appendice di A voyage to Abyssinia di Henry Salt pubblicò una lista di 146 piante abissine e nel 1818 l'erbario raccolto da Christian Smith in Congo. Nel 1820, alla morte di Banks, Brown ne ereditò la biblioteca e l'erbario con la clausola che, alla sua stessa morte, fossero trasferiti al British Museum. Nel 1827 egli anticipò la volontà del suo benefattore facendone dono al Museo, garantendosene però il controllo come Curatore delle collezioni banksiane; nel 1837, quando il dipartimento di Storia naturale venne diviso in tre sezioni, egli fu nominato primo curatore del dipartimento di botanica, incarico che mantenne fino alla morte. La sua posizione al British Museum ne faceva una delle figure più importanti della botanica britannica e gli permetteva di continuare a fare ciò che più amava: studiare meticolosamente le piante e le loro strutture microscopiche. Non a caso per ben due volte rifiutò una cattedra universitaria: non solo quella di Edimburgo, che implicava l'insegnamento della medicina, ma anche quella di botanica di Glasgow, per la quale caldeggiò la candidatura di William Jackson Hooker. Brown era un grande osservatore, uno sperimentatore metodico e rigoroso, uno scienziato aperto all'innovazione. Queste qualità emergono pienamente dalle sue scoperte degli anni '20 e '30. Nel 1827, in un saggio dedicato al nuovo genere Kingia, fu il primo a riconoscere le differenze fondamentali tra gimnosperme e angiosperme (anche se lui non le chiamava ancora così): mentre le ultime hanno semi racchiusi in un ovario (solitamente il frutto), le prime non hanno né fiori né frutti e i semi si presentano "nudi" e disposti sulle scaglie di un cono o pigna. E' sempre del 1827 la scoperta più celebre al di fuori della botanica. Mentre studiava al microscopio granuli di polline di Clarkia pulchella in sospensione acquosa, egli notò che essi erano in continuo movimento e che tale movimento avveniva in direzioni casuali. Dapprima pensò che i granuli fossero vivi, ma poi ripeté l'esperimento con moltissimi materiali diversi, organici e inorganici, verificando che il movimento avveniva sempre nello stesso modo. Egli non propose una spiegazione del fenomeno, tranne osservare che doveva essere un riflesso della struttura molecolare della materia. La spiegazione di quello che è noto come "moto browniano" arriverà molti anni dopo: nel 1905 da parte di Albert Einstein. Nel 1831, mentre studiava i meccanismi di impollinazione di piante delle famiglie Orchidaceae e Asclepiadeaceae, Brown notò nella cellule delle orchidee la presenza di un struttura che poi osservò anche in altre piante e la denominò "nucleo" della cellula. Il nucleo era già stato osservato in precedenza, forse fin dal Seicento dal microscopista olandese Leeuwnhoek; lo aveva notato e disegnato anche Franz Bauer a partire dal 1802, ma Brown fu il primo a dargli il nome. Sia lui sia Bauer però pensavano che fosse presente solo nelle monocotiledoni. Brown era altamente apprezzato dai suoi contemporanei; Humboldt lo definì "botanicorum facile princeps" e von Martius "Jupiter Botanicus", certo in riferimento anche al suo ruolo di padre padrone del dipartimento di botanica del British Museum. Come figura anche istituzionale, fu membro di molte società scientifiche come la Reale accademia svedese delle Scienza, la Reale accademia olandese delle Scienze e delle Arti, l'Accademia americana delle Arti e delle Scienze. Aveva un particolare legame con la Linnean Society: nel 1822 si era dimesso da impiegato, era stato immediatamente accolto come membro, poi entrò a far parte del Consiglio e nel 1828 fu nominato vicepresidente, presidente dal 1849 al 1853, quindi nuovamente vicepresidente fino alla morte. Brown era innegabilmente un grande scienziato, che qualcuno considera addirittura il maggiore botanico del suo tempo; ma la sua meticolosità e la sua dedizione al lavoro ebbero anche un risvolto negativo. Non amava delegare, con il risultato che molti esemplari raccolti da botanici e viaggiatori delle generazioni successive finivano di attendere il loro turno nei depositi del British Museum, in attesa che potesse occuparsene. Era il caso in particolare delle piante australiane, che egli tendeva a considerare la sua riserva di caccia. Il risultato fu che molte delle sue stesse raccolte rimasero inedite e che la prima opera importante sulla flora australiana dopo il Prodromus, Flora australiensis di George Bentham, iniziò ad uscire solo dopo la sua morte. Quale fosse l'atteggiamento dei naturalisti più giovani verso questo mostro sacro (anche fisicamente: era alto, imponente, severo, di poche parole e di spirito tagliente) ce lo racconta un aneddoto che ha per protagonista Charles Darwin. Nel corso del famoso viaggio attorno al mondo a bordo del Beagle, aveva visitato anche l'Australia e sapeva che il vecchio botanico era ansioso di aver da lui qualche esemplare stuzzicante. Ma lui, convinto che sarebbero finiti a prendere polvere nei magazzini del British, non aveva nessuna intenzione di accontentarlo. Così, quando alla fine lo incontrò, lo distrasse regalandogli un po' di legno fossile (i fossili erano una passione comune). In una lettera commentò: "Credo che il mio legno silicizzato abbia disselciato il cuore di Mr. Brown". ![]() Omaggi floreali e no Robert Brown morì ottantacinquenne nel 1858 nell'alloggio di Soho Square dove abitava dal 1810. A ricordarlo vi è stata posta una targa, ma i luoghi a lui legati sono molti altri: nell'Australia meridionale il monte Brown che scalò durante la spedizione Flinders e oggi ospita un parco nazionale a lui dedicato e in Tasmania il fiume Brown; non mancano località che mai visitò, come il Capo Brown in Groenlandia, così denominato in suo onore da William Scoresby, o il monte Brown in Canada, omaggio di David Douglas, Le piante con eponimo brownii o brownianus si contano a centinaia; ci sono poi due generi, ovviamente australiani. A dedicargli il primo fu James Edward Smith che lo chiamò Brunonia; scopriamo perché grazie alle frasi iniziali del suo An Account of a new Genus of New Holland Plants named Brunonia, letto durante la seduta del 6 febbraio 1810 della Linnean Society, di cui Smith era fondatore e presidente: "Per la conoscenza della pianta che mi accingo a presentare, sono obbligato a Mr. Brown, bibliotecario della Società, che la scoprì nel corso delle sue ricerche botaniche in Nuova Olanda. Una parte assai interessante della sua ricca messe in quel paese occupa un'ampia porzione di questo volume delle nostre Transactions. Con una simile prova del suo genio e della sua abilità davanti ai nostri occhi, qualsiasi testimonianza in tal senso da parte mia sarebbe superflua, ma sono ansioso di cogliere l'opportunità, che egli ha accettato dietro mia ardente sollecitazione, di rendere giustizia ai suoi meriti dedicandogli questo genere nuovo e molto particolare. Poiché esiste già un genere Brownea in memoria dello studioso della storia naturale della Giamaica [Patrick Browne], per evitare ogni ambiguità e mantenere la massima somiglianza possibile con il suo nome, sono obbligato a ricorrere all'espediente, non eccezionale e autorizzato da precedenti, di chiamare il mio genere Brunonia". L'espediente usato da Smith consiste nell'usare l'equivalente latino di Brown, Bruno (gen, Brunonis). Qualche mese più tardi, Brown usò i nomi di Smith nel Prodromus; poiché la conferenza di Smith venne pubblicata solo nel 1811, la priorità di pubblicazione del genere spetta a lui stesso, e non a Smith. In tal modo involontariamente Brown ha violato un tabù della terminologia botanica, dedicando un genere a se stesso. Brunonia R.Br. (oppure Brunonia Smith ex R.Br.) è un genere curioso al di là di questo aneddoto. Smith lo aveva scelto perché costituiva un vero enigma tassonomico. Sembrava infatti in relazione con molte famiglie naturali, ma era difficile attribuirla con certezza all'una piuttosto che all'altra. L'incertezza non si è sciolta con il passare del tempo. In passato è stato attribuito a una famiglia propria, Brunoniaceae, ma a partire dal 2003 è stato trasferito nelle Goodeniaceae, dalle quali per altro differisce perché è l'unico con fiori a simmetria radiale, ovario supero e semi privi di endosperma. Oggi gli è attribuita un'unica specie, B. australis, un'erbacea annuale o perenne con foglie riunite in una rosetta basale, da cui emergono esili scapi che portano alla sommità una densa infiorescenza a capolino di numerosi piccoli fiori blu cielo o più raramente malva. Piuttosto diffusa, è presente in tutto il paese; predilige suoli sabbiosi o rocciosi e ambienti aridi e aperti, ma non ne è esclusiva. Si trova infatti anche in boscaglie e foreste aperte. Le infiorescenze ricordano quelle delle Scabiosa o della Knautia, da cui il nome comune blue pincushion. Un secondo omaggio è arrivato in tempi molto più recenti. Nel 1964 l'olandese Bremekamp decise di creare un nuovo genere per accogliere le specie australiane del genere soppresso Aporuellia (famiglia Acanthaceae). Poiché tre di queste specie erano state raccolte e descritte per la prima volte da Robert Brown (che le aveva assegnate al genere Ruellia) lo chiamò Brunoniella in suo onore. Comprende sei specie, cinque endemiche dell'Australia e una della Nuova Caledonia. Sono perenni tuberose, prostrate o erette, quasi tutte nane, con rami spesso scanalati longitudinalmente o appiattiti, foglie in coppie opposte ai nodi e fiori con corolla imbutiforme solitari o raccolti in spighe lasche. L'ambiente tipico è il sottobosco delle boscaglie e delle foreste umide dell'Australia settentrionale o nord-orientale. Anche se esistono anche altri colori, anche per questo genere il colore dominante dei fiori è l'azzurro, Sir Joseph Banks, grande patron della spedizione Flinders, ebbe cura di raccomandare al capitano di offrire ai "gentiluomini scienziati" molte opportunità di scendere a terra per esplorare le risorse naturali. Come botanico e direttore in pectore dei Kew Gardens, contava anche di arricchire i giardini reali di nuove specie; così, accanto al già affermato pittore botanico Ferdinand Bauer e al promettente botanico Robert Brown, a bordo dell'Investigator c'era anche l'eccellente giardiniere Peter Good, che aveva già dimostrato di sapersi prendere cura delle piante vive in lunghi viaggi oceanici. I tre formarono una formidabile squadra di raccoglitori, con all'attivo circa 2000 esemplari. Purtroppo Good fu una delle vittime della dissenteria che imperversò a bordo dopo lo scalo a Timor e molte delle sue raccolte andarono perdute in seguito al naufragio del Purpoise; tuttavia era riuscito a fare arrivare a Kew tanti semi da permettere a Aiton di elencare più di cento "australiane" nel catalogo dei giardini reali; belle e rare, spinsero Salisbury a rendere un commosso omaggio a Good con la dedica del genere Goodia. ![]() Una piccola squadra di scienziati Rispetto al dispiegamento di ben ventidue tra scienziati ed artisti della spedizione Baudin, lo staff scientifico dell'Investigator appariva modesto: in tutto sei uomini, ovvero l'astronomo John Crosley, il naturalista Robert Brown, il mineralogista John Allen, il giardiniere Peter Good e i pittori Ferdinand Bauer e William Westall. Se consideriamo che Crosley, Brown, Bauer e Westall erano accompagnati da un servitore ciascuno, l'équipe sale a dieci persone in tutto, che però presto si ridussero a otto. Infatti l'astronomo soffrì talmente il mal di mare che a Città del Capo fu lasciato a terra. Assistente all'Osservatorio di Greenwich, assegnato all'Ufficio della longitudine, aveva partecipato come osservatore alla spedizione Vancouver; in Sudafrica fece alcune osservazioni sulle coordinate, quindi, ritornato a Londra, divenne assistente dell'astronomo reale a Greenwich e si segnalò come eminente matematico, divenendo anche presidente della Spitalfields Mathematical Society. Tutti gli altri erano legati in un modo o nell'altro a Banks, che li aveva scelti personalmente. Da tempo il gentiluomo, che come primo investigatore della flora australiana e ideatore del progetto di trasformare il Nuovo Galles del Sud in una colonia penale, se ne considerava il patrono, pensava a una spedizione all'interno del paese. Contava di affidarla a Mungo Park, che alla fine del 1797 era rientrato dall'Africa coronato di gloria per aver scoperto la sorgente del Niger. Due fatti lo costrinsero a ripensarci: il governatore Hunter gli scrisse per sconsigliare una spedizione terrestre, per la quale la giovane colonia non aveva né gli uomini né le strutture; inoltre Park si scontrò con l'ammiragliato circa la sua paga e decise di sposarsi; poco dopo, come abbiamo visto qui, Flinders suggerì il progetto alternativo della circumnavigazione della Terra australis e Banks lo fece proprio con entusiasmo. Insistette però che a bordo dell'Investigator ci fosse uno staff scientifico e che durante la navigazione fossero previste soste sufficienti per esplorare le risorse naturali. A stargli particolarmente a cuore era ovviamente la flora, e non a caso come naturalista scelse un promettente botanico, il medico scozzese Robert Brown (1773-1858); dopo essersi laureato ad Edimburgo, Brown si era arruolato nell'esercito e da cinque anni serviva come medico militare in Irlanda. Meticoloso e interessato a tutte le scienze, era però affascinato soprattutto dalla botanica, in particolare delle crittogame. Aveva iniziato a corrispondere con eminenti botanici tra cui William Withring, James Edward Smith, James Dickson e José Correia da Serra. Nel 1798, quando Park rinunciò, fu proprio quest'ultimo a suggerire Brown come sostituto "In questo cambio, a guadagnarci sarà la scienza; Mr. Brown è un naturalista di professione; inoltre è scozzese, adatto a perseguire uno scopo con costanza e mente fredda". Brown (che nel frattempo era anche entrato a far parte della Linnean Society) era dunque il candidato ideale come naturalista della spedizione Flinders. Nel dicembre 1800 Banks gli scrisse per proporgli il posto; il dottore accettò e venne a Londra, dove trascorse i mesi che precedettero la partenza a leggere tutti i libri sull'argomento, a studiare le piante australiane di Banks e a scegliere con Dryander (il segretario di Banks) i doppioni da riunire in un erbario da portare con sé a bordo dell'Investigator. Anche Bauer, oltre ad essere uno dei più raffinati pittori botanici del suo tempo, poteva essere considerato un naturalista a tutti gli effetti: austriaco, era stato introdotto alla tassonomia linneana e all'uso del microscopio da von Jacquin, quindi tra il 1786 e il 1787 aveva accompagnato in Grecia il professore di Oxford John Sibthorp; il risultato fu la spettacolare Flora Graeca. A confronto, il pittore paesaggista William Westall (1781-1850) era una seconda, anzi una terza scelta. Inizialmente Banks aveva offerto il posto all'affermato paesaggista Ibbeston; al suo rifiuto, si era rivolto William Daniell, che aveva già molto viaggiato ed era specializzato in soggetti marini; questi dapprima aveva accettato, poi si era tirato indietro e forse su suo suggerimento fu rimpiazzato dal giovanissimo Westall, appena diciannovenne al momento della partenza. Allen era invece arrivato all'ultimo momento; Banks non aveva pensato a un mineralogista, finché a sottolineare la necessità di raccogliere campioni di rocce e minerali fu Flinders; sir Joseph allora scrisse a suo zio, William Milnes, che amministrava la sua tenuta di Overton, il quale scelse un giovane minatore, eccezionalmente istruito, appunto John Allen, forse all'epoca venticinquenne. Pagato meno dei suoi compagni e non considerato uno scienziato a tutti gli effetti, era un po' il parente povero del gruppo, tanto più che i minerali non interessavano per nulla a Banks e poco a Brown, nominato capo dell'intera équipe, che in una lettera a sir Joseph ebbe a scrivere sprezzantemente "sinceramente, è di ben poca utilità". Pensava tutto il contrario dell'ultimo membro della squadra, il giardiniere Peter Good (non ne conosciamo né la data di nascita né l'età), voluto da Banks con l'obiettivo dichiarato di arricchire i giardini reali di specie nuove e rare. Good era uno dei caposquadra di Kew ed era stato suggerito a Banks dal giardiniere capo William Aiton per la sua esperienza in viaggi oceanici: aveva infatti portato con successo a Calcutta una selezione di piante coltivate a Kew e nel viaggio di ritorno ne aveva riportato piante indiane preparate dal botanico Christopher Smith. Good e Allen condividevano la stessa cabina e secondo il loro contratto, a differenza degli altri, avrebbero dovuto mangiare con i sottoufficiali tecnici; ma, dato che sull'Investigator non ce n'erano, condividevano anche loro la tavola del comandante con i "gentiluomini scienziati". ![]() Formidabili raccolte L'Investigator salpò da Spithead il 18 luglio 1801. A bordo c'erano anche casse di semi e una serra portatile con piante in vaso da consegnare a Port Jackson. Lungo la rotta per città del Capo l'unico scalo fu quello di Madera: il 2 agosto Flinders, Brown e Bauer scesero a terra sull'isola di Bugio nelle Ilhas Desertas, dove Brown osservò la natura porosa delle rocce e la luminescenza delle meduse; quindi il giorno dopo l'Investigator gettò l'ancora nel porto di Funchal, dove si sarebbe trattenuta fino al 7 agosto. Brown, Bauer, Allen e Good ne approfittarono per esplorare le vicinanze della capitale, erborizzare e scalare la maggiore montagna dell'isola, il Pico Ruivo. Brown era deluso di non aver trovato piante diverse da quelle raccolte da Banks durante lo scalo a Madera del primo viaggio di Cook, ma redasse scrupolosamente una lista della flora locale. Durante il viaggio, che proseguì tranquillo fino a Città del Capo, raggiunta il 16 ottobre, Brown si tenne occupato studiando i libri della biblioteca di bordo sulla Nuova Olanda e insegnando a Good il francese, in previsione di un incontro con gli uomini di Baudin. Fin dal 17 ottobre, Brown, Allen e Good scesero a terra; stupefatti dalla bellezza e varietà della flora del Capo, raccolsero insetti, minerali e una grande quantità di piante. Brown passò diverso tempo nella sua cabina a classificarle, mentre Good continuava le raccolte. I naturalisti trovarono anche modo di esplorare le montagne più vicine alla città, Table Mountain e Devil's Mountain, nonostante la scalata fosse resa difficile dal fango e dalla nebbia. La preparazione e la classificazione delle numerose piante raccolte da lui stesso e da Good fu la principale occupazione di Brown durante la traversata dell'Oceano Indiano. C'erano anche due nuove specie di Proteaceae, Serruria fascicularis e S. foeniculacea. Lasciata False Bay il 4 novembre, l'Investigator avvistò la costa della Nuova Olanda all'altezza del Capo Leeuwin il 6 dicembre. Flinders iniziò immediatamente la ricognizione idrografica, concentrando la sua attenzione sul King George Sound, dove la nave rimase all'ancora presso la Seal Island dall'8 dicembre al 5 gennaio 1802. La lunga sosta e la stagione non troppo avanzata permisero a Brown e Good di raccogliere il più cospicuo bottino dell'intera spedizione: circa 500 esemplari di piante, 175 di semi, mentre Bauer poté completare una cinquantina di disegni. Tra gli altri, Brown scoprì otto nove specie di Banksia. Botanico e giardiniere lavoravano in piena armonia; quando il primo si tratteneva a bordo per classificare gli esemplari, il secondo continuava le ricerche e andava a caccia di semi, dimostrando un ammirevole senso del dovere; anche Bauer (e talvolta Allen e Westall) contribuiva alle raccolte. Il 6 gennaio il viaggio riprese in direzione est; le frequenti soste per esplorare baie, isole e isolotti offrirono altre opportunità di raccolta ai naturalisti. La prima si presentò il 10 gennaio, quando essi poterono scendere a terra nei pressi dell'attuale Cape le Grand, dove trovarono una nuova specie di Cycadacea (Macrozamia riedlei), la raccolta dei cui semi diede parecchio filo da torcere a Good. L'11 gennaio l'Investigator gettò l'ancora a Lucky Bay, dove rimase per quattro giorni. Brown, Bauer e Good ne approfittarono per penetrare nell'interno fino a scalare il Frenchman Peak, una cupola granitica posta a circa 6 km dalla baia, che ospita anche una grotta, e ne ritornarono con circa 150 esemplari di piante diverse, tra cui Verticordia brownii. Il resto del mese di gennaio fu trascorso ad esplorare le isole dell'Arcipelago della Recherche, con ancoraggi a Middle e Goose Island. Ora la stagione era più avanzata, le temperature diurne potevano superare i 35° e spesso soffiavano forti venti; la vegetazione era inaridita e le raccolte botaniche si fecero molto più sporadiche. Il 17 gennaio entrarono nella Grande Baia australiana, caratterizzata da alte falesie, dove fu impossibile trovare un ancoraggio fino a Fowlers Bay (19 gennaio); Brown scese a terra, ma poté osservare ben poche piante, soprattutto specie alofile come Zotera muelleri. Mentre il caldo si faceva sempre più torrido, toccando 52°, l'Investigator continuò l'esplorazione attraverso le isole Nuyts, con ancoraggi in diverse isole che fruttarono a Brown poche nuove specie. Poté invece rifarsi durante gli scali a Memory Cove (22-24 febbraio 1802) e Port Lincoln (26 febbraio-6 marzo) dove lui e Good raccolsero 35 e 85 specie (incluso il nuovo genere Ixodia). Tra il 10 e l'11 marzo, mentre l'Investigator era ancorato all'estremità settentrionale dello Spencer Gulf, l'intero gruppo degli artisti e degli scienziati scalò una montagna situata a una ventina di km all'interno, prontamente battezzata da Flinders Mount Brown. Fu un'impresa faticosa e pericolosa: rimasti senza viveri e acqua, dovettero trascorrere la notte sulla montagna. I due pittori però poterono dipingere splendide vedute. Secondo il racconto di Good, dal punto di vista botanico la gita fu un po' deludente: non solo trovarono una varietà di vegetali inferiore alle aspettative, ma molte delle piante raccolte giunsero a bordo ormai appassite. Si trattava comunque di una sessantina di specie, cui se ne aggiunsero altrettante al successivo ancoraggio dell'isola dei Canguri (21-22 marzo e 1-7 aprile). Qui Brown poté anche tornare al suo primo amore, raccogliendo diversi interessanti licheni. Dopo il fatidico incontro con il capitano Baudin, la navigazione proseguì lungo la costa del Victoria con un breve ancoraggio all'isola King e uno più lungo a Port Phillip. Insieme al capitano e a Westall, Brown scalò la collinetta che domina la baia nota come Arthur's Seat; al termine della piacevole escursione, oltre a uno splendido panorama, godettero anche un picnic a base di ostriche fresche. In questo distretto, Brown e Good aggiunsero alle collezione un altro centinaio di specie. La prima fase dell'esplorazione era conclusa e il 2 maggio l'Investigator lasciava Port Phillip per Port Jackson. La lunga sosta necessaria per raddobbare la nave fu utilizzata da pittori e naturalisti per completare i disegni e organizzare le raccolte; Good fu anche impegnato nella preparazione dei semi da inviare a Londra. Non mancò però il tempo per qualche escursione nei dintorni e a Parramatta, ad alcune delle quali partecipò anche il francese Leschenault de La Tour, divenuto buon amico di Brown, Il 22 luglio 1802 l'Investigator salpava per la seconda, meno fortunata, parte della spedizione. Le raccolte di Brown e del suo team lungo la costa orientale e settentrionale sono state studiate meno in dettaglio rispetto a quelle della costa meridionale; grazie al diario dello stesso Brown e al suo General remarks on the botany of Terra Australis sappiamo che in entrambe le aree vennero raccolte circa 500 specie, moltissime delle quali nuove per la scienza, trattandosi di regioni scarsamente o per nulla esplorate in precedenza. Per la costa nord-orientale al di sopra del 21° grado sud, Brown cita come luoghi di raccolta Port Curtis, Keppel Bay, Port Bowen, Stronge-tide Passage e soprattutto Broad Sound, dove egli raccolse la pianta che dedicò al capitano Flinders, Flindersia australis. Ricorda anche gli scali in due delle isole Northumberland e in una delle isole Cumberland. Anche la costa settentrionale, almeno prima che il deprecabile stato dello scafo dell'Investigator costringesse Flinders a ripiegare su Timor e poi a rientrare in tutta fretta a Port Jackson, offrì ai naturalisti diverse opportunità di raccolta sia lungo la costa (tra le zone citate, Melville Bay e Caledon Bay) sia in varie isole, una delle quali venne battezzata Good's Island in onore dell'ottimo giardiniere. In effetti, anche se le raccolte sono in genere ascritte a Brown, sappiamo che si trattò di un'impresa collettiva cui molto contribuì Peter Good, ma probabilmente anche Bauer, egli stesso un appassionato raccoglitore. Oltre alle piante, che occupavano il centro d'interesse di Briwn, vennero raccolti anche insetti, uccelli e altri animali, e sicuramente Allen si occupò delle rocce, anche se non sappiamo nulla delle sue raccolte (andate perdute nel naufragio del Purpoise). ![]() Un omaggio meritato Come agli sfortunati membri della spedizione Baudin, la sosta a Timor fu fatale a diversi uomini di Flinders. Tra di essi proprio Good, che poco dopo la partenza dall'isola si ammalò di dissenteria; non si riprese e morì nella baia di Sydney il 12 giugno 1803 pochi giorni dopo il rientro dell'Investigator. Brown lo rimpianse molto e gli dedicò Banksia goodii. Gran parte delle sue raccolte di piante vive, che egli aveva amorosamente curato finché aveva potuto, sistemate nella serra mobile dell'Investigator, furono caricate sulla Purpoise e andarono perdute nel naufragio della nave, insieme a una cassa di semi. Con i semi inviati in precedenza, Good aveva però fatto in tempo ad arricchire i giardini di Kew (e quindi indirettamente d'Inghilterra) di molte specie australiane, soprattutto provenienti dalla costa meridionale. Nella seconda edizione di Hortus kewnesis, Aiton elenca ben 103 piante da lui introdotte nei giardini reali. Molte prosperavano ancora nella Australian House ai tempi di Hooker. Si salvò invece l'erbario, che Brown aveva incorporato nel proprio. Infatti, mentre Westall e Allen si imbarcarono con Flinders sulla sfortunata Purpoise, Brown e Bauer decisero di rimanere in Australia, un po' perché convinti che il capitano sarebbe tornato presto, un po' per rintegrare le collezioni perdute, ma soprattutto perché ritenevano che ci fosse ancora molto da scoprire. Non si sbagliavano: nei due anni che seguirono, aggiunsero alle loro raccolte altre 2000 specie e centinaia di disegni. Ne riparleremo in un altro post. E' ora di conoscere il genere che, presumibilmente su suggerimento di Brown, Salisbury dedicò all'attivissimo giardiniere con queste parole: "Secondo la mia opinione, nessuno ha maggior diritto che la sua memoria sia perpetuata da una pianta che porta il suo nome di un industrioso giardiniere botanico, specialmente quando la sua vita è caduta in sacrificio per le sue fatiche in lontani climi. Non so nulla di Peter Good tranne che, avendo raccolto semi per sua maestà nel Nuovo Galles del Sud, dove morì, Kew gli deve un ricchissimo lascito delle migliori e più rare piante di quel paese, ciascuna delle quali porta l'etichetta con il suo nome". Goodia è un piccolo genere della famiglia Fabaceae che comprende sei specie di arbusti endemici dell'Australia, da medi a grandi. Sono caratterizzati da foglie composte trifogliate, spesso di colore glauco; un'altra caratteristica distintiva è la presenza di stipole effimere o persistenti alla base del picciolo. I fiori papilionacei, con il vessillo più o meno circolare e le due ali più strette, sono gialli con marcature rosse, verdi o porpora. La specie più diffusa è Goodia lotifolia, un alto e folto arbusto eretto che in fioritura può ricordare le ginestre; endemico dell'Australia sud-orientale, è largamente presente in Tasmania e lungo la costa del Victoria e del Nuovo Galles del Sud meridionale. Recentemente un secondo genere si è aggiunto a celebrare indirettamente l'ottimo giardiniere: Paragoodia ("simile a Goodia"), separato nel 2011 da Muelleranthus; è un genere monotipico, rappresentato unicamente da P. crenulata, un'erbacea prostrata con foglie composte trifogliate e fiori con marcature che possono ricordare quelli di Goodia; endemica dell'Australia occidentale, è nota in un unico sito a sud del Mt Holland. Nella storia australiana, Allan Cunningham è noto soprattutto come esploratore, per aver aperto nuove vie di comunicazione e scoperto diversi valichi, tra cui quello che porta il suo nome (Cunningam's Gap); tuttavia, anche dopo essere stato coinvolto dal governatore Brisbane nell'esplorazione del territorio della colonia, egli continuò a sentirsi in primo luogo un botanico che, come scrisse a Kew, aveva trovato il modo di "mescolare l'esplorazione con la ricerca botanica tollerabilmente bene". Finite le spedizioni marittime guidate del capitano King, tra il 1822 e il 1829 Cunningham perlustrò gran parte del Nuovo Galles del sud, per poi essere incaricato di trovare vie di collegamento con il Queensland, e prese parte a più di venti spedizioni, almeno una delle quali diretta e organizzata da lui stesso. Un viaggio lo portò anche in Nuova Zelanda. Senza però mai smettere di raccogliere piante: secondo l'amico e primo biografo Robert Heward, durante i suoi quindici anni australiani furono oltre 3000 specie. Moltissime sono quelle che lo ricordano nel nome specifico, Alania cunninghamii anche in quello generico. Senza dimenticare il genere Cunninghamia, che divide con il quasi omonimo James Cunighame. ![]() Tra fatiche e speranza Il 25 aprile 1822, con il rientro a Sydney della Bathurst, si concludeva la prima fase delle avventure australiane di Allan Cunnigham, quella marittima (l'ho raccontata in questo post). L'infaticabile botanico del re rivolgeva ora la sua attenzione all'interno del paese. Dopo aver dedicato qualche mese a preparare i materiali da spedire a Kew (fase a cui dedicava ogni attenzione e che sempre lo preoccupava sommamente, per il lunghissimo viaggio che attendeva i suoi campioni e le fragili piante vive), già a settembre era di partenza: superate le Blue Mountains, per tutto il mese fu impegnato ad erborizzare nell'area compresa tra Bathurst e il fiume Cudgegong, spingendosi anche a oriente di quest'ultimo. I risultati di questa spedizione attirarono l'attenzione del nuovo governatore del Nuovo Galles del Sud, sir Thomas Brisbane, che lo incaricò di cercare una via di collegamento tra Bathurst e le Liverpool Plains scoperte da Oxley nel 1818. Cunningham, che da tempo coltivava la passione per l'esplorazione, accettò di buon grado e scrisse a Kew: "'Ho scoperto di poter mescolare l'esplorazione con la ricerca botanica tollerabilmente bene". L'appoggio logistico offerto dal governatore tornava per altro comodo, visto il magro salario e gli scarsi finanziamenti londinesi. Nel marzo 1823 Cunningham, accompagnato da cinque servitori e altrettanti robusti cavalli da soma, partì da Bathurst dirigendosi verso nord in direzione del Lawson's Goulburn River, poi a est fino alle sorgenti del fiume Hunter. Da qui risalì la Liverpool Range alla ricerca di un valico; dal Mount Macarthur (oggi Mount Moan) vide a est un punto in cui catena di abbassava e decise di muovere in questa direzione, ma il cammino si fece sempre più difficile, finché risultò bloccato da ogni parte da ripidi burroni. Non restava che tornare indietro fino al Mount Macarthur, per cercare un passaggio in direzione nord-ovest. L'infruttuosa deviazione era costata tre settimane e tre giorni. Dopo altri sei giorni di cammino lungo la catena, il 2 giugno Cunningham decise di salire nuovamente su una cima: guardandosi intorno, a non più di tre miglia scorse una notevole depressione, al di là della quale si intravvedevano pianure aperte. Cunningham aveva scoperto il Pandora's Pass: gli diede questo nome pensando, da una parte, alle privazioni e alle difficoltà del viaggio, dall'altra alla piccola speranza che aveva trovato alla fine, che gli facevano pensare al mito di Pandora che, quando apre il suo vaso, sparge nel mondo ogni male, ma in fondo le rimane la speranza. Raggiunto il valico il 9 giugno, ritornò infine a Bathrust il 27 giugno, dopo undici settimane di arduo cammino. Relazionò poi i due viaggi da Bathurst in A Specimen of the Indigenous Botany […] between Port Jackson and Bathurst, e in Journal of a Route from Bathurst to Liverpool Plains (1825); significativamente, il focus del primo sono le piante, del secondo l'esplorazione. Dopo questa epica spedizione, fu la volta di una serie escursioni più brevi, per lo più in distretti già esplorati, in cui la botanica tornava in primo piano: a novembre raccolse esemplari nelle Blue Mountains lungo la Bells Line; nel gennaio 1824 tornò a Bathrust a raccogliere semi maturi. Poco dopo il suo ritorno a Parramatta, attraccò a Port Jackson il battello francese Coquille, che stava circumnavigando il globo al comando di Louis Isidore Duperrey. Con grande gioia, Cunningham fece conoscenza con il naturalista ufficiale della spedizione René Primevère Lesson e il primo ufficiale e botanico Jules Dumont d'Urville e in marzo li accompagnò a erborizzare nelle contee di Camden e Argyle; visitarono i laghi George e Bathurst, le sorgenti del Murrumbidge, Brisbane Downs, la Marley Plain e Shoalhaven. Era una zona facile da percorrere e almeno in parte già battuta, che non offriva grandi novità botaniche, tranne intorno alle cave calcaree di Shoalhaven, ma fu senz'altro un splendido biglietto d'ingresso per i due naturalisti francesi, Rientrato con loro a Parramatta all'inizio di maggio, Cunningham trascorse i mesi di luglio e agosto a erborizzare a Illawarra, uno dei suoi luoghi preferiti, riportandone piante vive che piantò in piccole scatole o vasi, perché recuperassero prima di essere spedite in Inghilterra. Tra l'altro scoprì la terribile Dendrocnide excelsa (lui la chiamò Urtica gigas), un albero dalle foglie urticanti che provocano un dolore che può durare mesi, tanto inteso da resistere alla morfina. Si affrettò poi a rientrare a Parramatta, in modo da imbarcarsi sulla Amish diretta a Moreton Bay; questa spedizione, di nuovo guidata da Oxley, aveva lo scopo di esplorare il fiume Brisbane. Insieme a Oxley, Cunnigham risalì in battello il fiume finché fu navigabile; lungo le sue rive poté scoprire molte piante interessanti, tra cui Araucaria cunninghamii, e anche diverse specie di orchidee. A ottobre era di nuovo a Parramatta; per concludere l'anno, tornò nuovamente a Bathurst a fare incetta di semi. Ne riportò novità come Banksia cunninghamii, Grevillea anethifolia, Eucalyptus mannifera. Dal Nuovo Galles al Queensland Nell'inverno del 1825 (da aprile a giugno) fu la volta di una nuova spedizione verso nord, che nel prima tratto ripercorse la strada che egli stesso aveva aperto due anni prima. Passando da Richmond, Cunningham raggiunse la valle dell'Hunter, quindi superò il Pandora's Pass procedendo verso nord attraverso le Liverpool Plains, dove trovò un notevole ostacolo nella pioggia continua e nel terreno piatto e paludoso; proseguì alla ricerca di una strada più elevata, finché fu costretto a tornare indietro, trovando la piana completamente allagata. Rientrò a Parramatta il 17 giugno, avendo percorso un circuito di 700 miglia. Gli ultimi mesi dell'anno furono trascorsi ad esplorare le aree della Wellington valley e di Mudgee, alla ricerca di semi ed esemplari da inviare a Kew; il bottino più interessante furono diverse orchidee terrestri. Ma la sua salute cominciava a risentire di tante fatiche e tanti viaggi, e dovette fermarsi fino a febbraio, per poi accontentarsi di escursioni botaniche relativamente brevi lungo il Cox's River e ancora a Illawarra. Nell'agosto 1826 poté realizzare un sogno che accarezzava da molto tempo: imbarcatosi su una baleniera, raggiunse la Nuova Zelanda dove fu accolto calorosamente dai missionari della Baia delle isole. Si trattenne nell'isola del Nord per quattro mesi, visitando l'area compresa tra la Baia delle isole e Hokianga, la zona di Wangoroa e la baia di Plenty. Infine, il 29 dicembre si imbarcò sul piccolo vascello dei missionari diretto a Sydney, dove sbarcò il 20 gennaio 1827 dopo un viaggio reso lungo e penoso dai venti avversi. Risultato della breve visita fu Florae Insularum Novae Zelandiae Precursor (1837-39), considerato la prima sinossi della flora neozelandese. Lo attendeva la più impegnativa delle sue spedizioni. Essendogli giunta notizia che il governatore sir Ralph Darling desiderava si esplorassero le potenzialità economiche dell'area compresa tra la Grande Catena divisoria e Moreton Bay (l'odierna Brisbane), si offrì come capo della spedizione, per la quale propose un dettagliato itinerario. Ad accompagnarlo sarebbero stati sei uomini, parecchi cani e undici cavalli da soma con le provviste per quattordici settimane; i cavalli vennero inviati via terra fino all'alto corso del fiume Hunter, mentre Cunnigham raggiungeva in nave Newcastle; da qui risalì il fiume con le provviste fino a Dulwich, dove il gruppo si riunì. Proseguirono quindi insieme fino a Segenhoe, all'epoca la fattoria più estrema e punto di partenza della spedizione vera e propria. Gli esploratori ne partirono il 30 aprile e si diressero a nord, varcando la Liverpool Range all'altezza di Dartbrook Creek; spesso la strada era così ripida che bisognava alleggerire i cavalli, trasportando i bagagli a braccia. Quindi si diressero verso nord in direzione del fiume Peel, passando attraverso una boscaglia aperta di Eucalyptus sideroxylon. Il 21 maggio raggiunsero un vasto fiume che Cunningham chiamò Gwydir; proseguirono attraverso aride boscaglie interrotte da crinali e gole, fino a fiume Macintyre che era quasi asciutto per la siccità. Preoccupato dalla mancanza di pascolo per i cavalli e per le provviste, già consumate a metà, Cunningham decise di non proseguire verso nord come aveva progettato, ma di spostarsi più a est. Fu così che il gruppo si imbatté in un fiume largo e profondo che il botanico battezzò Dumaresq, in onore del segretario del governatore Henry Dumaresq. Dopo averlo attraversato, proseguirono per altri sei giorni; il 6 giugno Cunnigham salì sul monte Damaresq: di fronte a lui una vasta pianura feritile di ricchi pascoli. Era le terra promessa che era venuto a cercare: non a caso la battezzò Darling Downs in onore del governatore che aveva voluto quella spedizione. A una distanza di forse dieci km, vide anche un valico che prometteva di offrire un comodo passaggio verso Moreton Bay. Debilitato dall'epatite di cui soffriva periodicamente fin dai tempi dei viaggi della Mermaid, non lo esplorò personalmente, ma vi inviò due uomini che confermarono la sua supposizione. Cunningham lo chiamò Spicers Gap in onore di Peter B. Spicer, sovrintendente dei forzati. Attraverso un altro passo, che poi sarebbe stato chiamato Cunningham's Gap, il gruppo scese nei Darling Downs, seguendo per qualche giorno il corso del fiume che lo irrigava (Cunningham lo battezzò Condamine River, in onore di Thomas de la Condamine, ex aiuto di campo del governatore); quindi si accamparono in una valle ad est del fiume (Logan Valley, in onore del comandante dell'insediamento di Moreton Bay) per far recuperare uomini e cavalli. Era infatti ora di tornare indietro, cosa che fecero seguendo una via più occidentale rispetto a quella dell'andata, rientrando a Segenhoe dopo un viaggio di tredici settimane. Cunningham poté presto verificare di persona la praticabilità della via di collegamento che aveva intravvisto. Nel 1828 andò ad erborizzare a Moreton Bay con il botanico della colonia Charles Fraser; a luglio partivano in spedizione con il comandante Logan, un soldato, cinque forzati e molte provviste. Dirigendosi verso sud, raggiunsero il Logan River, scoperto dal capitano due anni prima, e il monte Barney, che Logan già aveva tentato inutilmente di scalare. Questa volta ci riuscì. Dopo aver esplorato per qualche giorno l'area intorno all'attuale Boonah, Fraser e Logan tornarono a Brisbane; Cunningham invece si addentò nelle montagne e varcò il passo che aveva scoperto nel 1827. La strada che egli percorse è oggi diventata un'autostrada, e ovviamente porta il suo nome: Cunningham Highway. Cunningham tornò a Moreton Bay ancora nel 1829, per esplorare l'alto corso del Brisbane River. Anche nel 1828 e nel 1829 non mancarono i consueti viaggi botanici a Bathurst e Illawarra. Tra maggio e settembre egli visitò anche l'isola Norfolk. Trattenuto nell'isola oltre il previsto dal cattivo tempo, poté fare un inventario molto ampio della sua flora (nel suo diario elenca 104 specie che ritiene native e 38 che considera introdotte). Visitò anche la vicina isola Phillip, dove fu derubato di gran parte dell'equipaggiamento e delle provviste da alcuni forzati. Fin nel 1828 aveva chiesto di poter tornare in Inghilterra (ricordo che l'aveva lasciata nell'ormai lontano 1814); il permesso gli fu finalmente accordato nel novembre 1830. Dopo un'ultima visita a Illawarra e alla Cox Walley e i saluti agli amici (erano tanti che richiesero non meno di una settimana), partì da Sydney il 25 febbraio e arrivò in Inghilterra a luglio. Qui si stabilì non lontano da Kew, dedicandosi alla sistemazione del suo erbario e alla stesura di vari articoli. Nel 1832 fu ammesso alla Linnean Society. Lo stesso anno morì Charles Fraser, e gli fu offerto di succedergli come botanico della colonia, ma egli rifiutò a favore del fratello minore Richard. Anche quest'ultimo era un ottimo botanico, entrato appena quindicenne a Kew. In Australia non mancò di partecipare a diverse spedizioni e visitò anche la Nuova Zelanda (dove tra l'altro scoprì l'orchidea che porta il suo nome Dendrobium cunninghamii), ma infine fu vittima di un tragico incidente. Nell'aprile 1835 si unì alla spedizione Mitchell, inviata ad esplorare il corso del fiume Darling. Nei pressi del Bogan River, si allontanò dal gruppo per erborizzare e non fece mai più ritorno. Più tardi si scoprì che, perdutosi e probabilmente in preda al delirio, si era unito ad alcuni indigeni che più tardi, terrorizzati dal suo strano comportamento notturno, lo avevano ucciso. Quando la notizia della morte di Richard giunse in Inghilterra, il posto di botanico della colonia fu nuovamente offerto a Allan Cunningham, che questa volta accettò e ritornò a Sidney nel febbraio 1837. Tra i suoi compiti, c'era anche la direzione del Giardino del governatore; Fraser aveva cominciato a trasformarlo in orto botanico (il futuro Sydney Royal Botanic Garden), ma era ancora soprattutto un parco pubblico e un orto per la coltivazione di verdure per la mensa del governatore; dopo qualche mese, Cunningham diede le dimissioni, proclamando che non "avrebbe più tollerato di essere un mero coltivatore di cavoli e rape". Nell'aprile 1838 si imbarcò sulla corvetta francese L'Héroine alla volta della Nuova Zelanda; trovò tempo pessimo e ritornò Sidney in ottobre gravemente malato. Nonostante la sua salute continuasse a peggiorare, progettava di accompagnare il capitano John Wickam della Beagle in una nuova ricognizione della costa nord-occidentale. Ormai stava così male che la nave partì senza di lui; il suo successore e amico James Anderson lo fece trasportare in un piccolo cottage situato nell'Orto botanico, dove Cunningham si spense il 27 giugno 1839. Nel 1844 in sua memoria venne eretto un obelisco commemorativo, alla cui base nel 1901 vennero traslate le sue ceneri. Si trova al centro di un piccolo stagno affiancato da boschetto di una delle tante piante da lui scoperte, la palma Archontophoenix cumminghamiana. Gli è intitolata anche la rivista scientifica dell'Orto botanico di Sydney "Cunninghamia". ![]() Una piccola pianta per un grande raccoglitore Insieme a Robert Brown, Allan Cunningham è considerato il più importante esploratore della flora australiana della prima metà dell'Ottocento; ne esplorò le coste settentrionali, gran parte del Nuovo Galles del Sud, il Queensland meridionale, la Tasmania, nonché le isole Norfolk e Phillips e alcune aree della nuova Zelanda. Secondo il suo amico e primo biografo Robert Heward, le specie da lui raccolte ammontano a 3000. I suoi invii di semi, bulbi, piante vive a Kew furono così importanti che una serra, prima destinata alle piante africane, venne invece riservata alle sue australiane. Moltissime delle specie da lui raccolte erano ignote alla scienza, e non poche gli sono state dedicate. Ricordiamo almeno Casuarina cunninghamiana, Archotophoenix cunninghamiana, Araucaria cunninghamii, Crotalaria cunninghamii, Actinodium cunninghamii, Adenanthos cunninghamii, Alsophila cunninghamii, Angianthus cunninghamii, Banksia cunninghamii, Cassinia cunninghamii, Clematis cunninghamii, Eucalyptus cunninghamii, Nothofagus cunninghamii, Solanum cunninghamii. A una scelta di queste magnifiche piante è dedicata la gallery a fine post. Anche se i continui viaggi e la brevità del soggiorno in Inghilterra gli permisero di pubblicare solo una minima parte delle sue raccolte, gli si devono 139 denominazioni valide: 6 generi (Ackama, Alseuosmia, Corokia, Fieldia, Rabdothamnus, Hoheria), 133 specie (la più nota delle quali è probabilmente Grevillea rosmarinifolia) e una varietà. Si basano invece su raccolte di Cunningham più di 300 denominazioni di altri autori, tra cui 6 generi. A Cunningham sono stati dedicati due generi: Cunninghamia R.Br., che condivide con il quasi omonimo James Cuninghame (ne ho parlato in questo post) e Alania Endl., un genere monospecifico della famiglia Boryaceae, la cui unica rappresentante ha la ventura di ricordare il nostro protagonista sia nel nome generico sia nell'epiteto: è infatti Alania cunninghamii, un'erbacea rizomatosa del Nuovo Galles del Sud. Come ci ricorda Endlicher, Cunnigham la raccolse all'inizio del suo soggiorno australiano, nel 1818, "in campi aridi nei pressi delle Blue Mountains". E' una perenne cespitosa con foglie lineari, infiorescenze ascellari di piccoli fiori bianchi a stella con perianzio formato da sei tepali liberi, sei stami inseriti alla base con filamenti lunghi quanto i tepali. E' endemica delle Blue Mountains settentrionali; eliofila, tende a formare tappeti espandendosi con i rizomi. Qualche informazione in più nella scheda. Napoleone è appena stato sconfitto e relegato all'Elba, quando sir Joseph Banks e il suo capo giardiniere William Townsend Aiton approfittano della pace ritrovata per inviare a caccia di piante i primi due "raccoglitori dei re" James Bowie e Allan Cunningham. Dopo una breve puntata in Brasile, il primo dovrà andare a raccogliere in Sud Africa, il secondo in Australia. La ripresa della guerra prolunga il soggiorno brasiliano e solo nel 1816 i due si dividono per raggiungere le destinazioni finali. In questo primo post seguiamo le avventure sudafricane di James Bowie, ricchissime di scoperte, finché il malcapitato botanico scopre sulla propria pelle che cosa succede quando, morto un re, se ne fa un altro. Da botanico del re cerca allora di rimettersi sul mercato come cacciatore di piante indipendente, ma l'impresa gli riuscirà solo per breve tempo. A ricordarlo la curiosissima Bowiea volubilis, oggi assai ricercata da appassionati e collezionisti. ![]() Australia, Sudafrica via Brasile Il 3 maggio 1814 lo sconfitto Napoleone sbarca all'Elba da una nave da guerra britannica. Per l'Europa è arrivato il momento della pace? Ne è convinto il capo giardiniere di Kew William Townsend Aiton che il 29 maggio ricorda a sir Joseph Banks che prima di ammalarsi re Giorgio III aveva espresso la volontà di inviare dei raccoglitori per incrementare le collezioni dei giardini reali e gli suggerisce di discuterne con il principe reggente. Il 7 giugno Banks risponde che la pace con la Francia ha riaperto la possibilità, e aggiunge che l'imperatore d'Austria ne sta già approfittando per spedire in giro i raccoglitori di Schönbrunn, l'unico vero rivale di Kew. Se il Reggente acconsentirà, ha già individuato tre possibili mete: il Capo, Buenos Aires e il Nuovo Galles del sud. Da parte sua, Aiton ha già in mente le persone adatte: due giovani giardinieri molto preparati che ha istruito lui stesso: James Bowie e Allan Cunningham. Alla fine le mete scelte sono due: il Sudafrica e l'Australia, con tappa intermedia in Brasile. Ci vuole ancora qualche mese per ottenere l'autorizzazione sia del Reggente, sia del governo portoghese. Terminati i preparativi, il 29 ottobre 1814 i "raccoglitori del re per Kew" Bowie e Cunningham si imbarcano sulla HMS Duncan alla volta di Rio de Janeiro, dove sbarcano il 29 dicembre. Dovrebbero fermarsi pochi mesi, ma la ripresa della guerra in Europa in seguito alla fuga di Napoleone dalla Elba cambia tutto: le comunicazioni intercontinentali sono di nuovo difficili e Banks usa tutto il suo prestigio per convincere i portoghesi a concedere ai suoi raccoglitori il permesso di addentrarsi nell' interno del paese, fino ad allora chiuso agli stranieri. Nei dintorni di Rio Bowie e Cunningham hanno trovato una ricca messe di piante e hanno già cominciato a inviare in patria esemplari d'erbario, semi e occasionalmente piante vive, che i francesi lasciano passare benevoli sempre grazie al prestigio internazionale di Banks. Nel aprile 1815 partono per Sao Paulo, che raggiungono dopo un mese di difficile viaggio a dorso di mulo. Si trattengono in questa regione che sono i primi europei ad esplorare per circa quattro mesi, per poi rientrare a Rio ad agosto. Dedicano l'autunno e l'anno successivo di nuovo ai dintorni di Rio, con escursioni a breve raggio nelle località più promettenti, in particolare alla Serra dos Orgãos, famosa per la sua ricchezza di biodiversità vegetale e animale. Se nelle zone più aride hanno raccolto soprattutto cactacee (sono loro a "scoprire" Rhipsalis grandiflora, Hatiora salicornioides e lo splendido Rhodocactus grandifolius), ora è la volta di bromeliacee e orchidee. Quelle che inviano a Kew sono soprattutto "piante da stufa", ovvero da serra calda. I loro apporti più noti sono la glossinia Sinningia speciosa e Jacaranda mimosifolia. Nel giugno 1816 arriva l'ordine di Banks di lasciare il Brasile e di imbarcarsi per le mete finali con la "primissima opportunità", ma, soprattutto per insistenza di Bowie che vuole completare l'esplorazione della Serra dos Orgãos, si trattengono ancora qualche mese. Infine, il 28 settembre 1816 entrambi si imbarcano per le rispettive destinazioni: Cunningham sulla Surry alla volta di Port Jackson (ovvero l'attuale Sideney) - dove lo raggiungeremo in un prossimo post -, Bowie sulla Mulgrave Castle per il Capo, dove sbarca il 1 novembre. ![]() Quattro grandi spedizioni e un triste declino James Bowie (ca. 1789–1869), londinese, era figlio di un mercante di seta di Oxford Street. Intorno al 1810, a circa vent'anni, era stato assunto come giardiniere ai Kew Gardens, dove dunque prima di imbarcarsi per il Brasile aveva lavorato per quattro anni, venendo formato dalla stesso Aiton non solo in orticoltura, ma nelle migliori tecniche di raccolta e conservazione gli esemplari. Era un naturalista entusiasta e scrupoloso, ma, forse agli occhi di Banks, fino troppo intraprendente (e indipendente). Anche se aveva lasciato il Brasile con qualche rimpianto, il Sud Africa appariva ai suoi occhi ancora più promettente: "Nessun luogo è così produttivo del Capo di Buona Speranza [...]. Le piante di questo paese sono belle all'estremo e adatte alla conservazione". Banks la pensava nello stesso modo e non a caso aveva spedito qui il suo primissimo raccoglitore, Francis Masson, nell'orami lontano 1772; senza contare che le sudafricane, a differenza delle brasiliane, non erano "piante da stufa", ma specie rustiche o semirustiche, quindi più adatte alla coltivazione in giardino. Erano passati vent'anni da quanto Masson aveva lasciato definitivamente il Sudafrica, ed era ora di riallacciare quel filo interrotto dalla guerra, in una situazione politica per altro molto più favorevole, visto che nel 1797 gli inglesi avevano occupato la colonia del Capo e nel 1806 l'avevano annessa formalmente. Per circa un anno, Bowie erborizzò nei dintorni di città del Capo, finché nel marzo 1818 intraprese la prima spedizione nell'interno. Muovendosi a poca distanza della costa lungo quella che oggi è nota come Garden Route, esplorò la provincia del Capo occidentale, caratterizzata da clima mediterraneo con estati calde e asciutte e inverni miti e umidi, toccando successivamente Caledon, Gourits River, Great Brak River, George, Kaaimans River, Swart River, Goukamma e raggiungendo la costa a Knysna. Qui fece la conoscenza con George Rex, un ex funzionario britannico interessato alle scienze naturali che possedeva una fattoria detta Melkhoutkraal, che sarebbe diventata la sua base operativa nelle spedizioni successive. Quindi rientrò a Cape Town il 14 gennaio 1819. Si stabilì così una specie di routine: Bowie trascorreva i mesi estivi (ricordiamo che ci troviamo nell'emisfero sud, con stagioni invertite) caldi e asciutti, il periodo di stasi delle fioriture, a Città del Capo per preparare e spedire a Londra le raccolte di esemplari, semi, bulbi; all'inizio dell'autunno, ripartiva rientrando all'inizio dell'estate successiva. E' la falsariga della seconda spedizione (9 aprile 1819-22 gennaio 1820), durante la quale, dopo una sosta a Melkhoutkraal, si spinse fino a Plettenberg Bay, rientrando poi a Cape Town insieme a George Rex. Per la spedizione del 1820, ritornò a Knysna, dove fu ospite di Rex da marzo a settembre, quindi si mosse verso est fino ad Avontour, quindi a Uniondake nella Lang Kloof che separa la provincia del Capo occidentale da quella del Capo orientale; cambia anche il clima e ovviamente la vegetazione: dalla regione con piogge invernali, si passa a quella con piogge estive e inverni secchi e soleggiati, ma anche freddi di notte. Il viaggio proseguì per Uitenhage, Algoa Bay (l'attuale Port Elizabeth), Kowie, Grahamstown, quindi di nuovo Algoa Bay dalla quale Bowie rientrò a Cape Town il 29 gennaio 1821. La quarta e ultima spedizione fu la più lunga, occupando circa un anno e mezzo. Il suo punto di partenza fu quello di arrivo della spedizione precedente, Algoa Bay. Partitone nel giugno 1821, Bowie si diresse verso nord, toccando Graaff-Reinet e Eerste Poort, le località più settentrionali dei suoi viaggi. Rientrato a Algoa Bay, ne ripartì all'inizio del 1822. A febbraio a Uitenhage incontrò il botanico tedesco G.L.E. Krebs che aiutò a impacchettare bulbi e succulente. Una puntata ad est lo portò fino al Kowie River, l'estremo punto orientale delle sue spedizioni. Nel viaggio di ritorno toccò Avontuur, Van Stadens e Knysna, dove trascorse di nuovo tre mesi a casa di Rex, prima di rientrare a Cape Town il 4 dicembre 1822. Lo attendeva un'amara sorpresa. Nel 1820 erano morti sia Banks sia Giorgio III; per il nuovo sovrano Giorgio IV (il principe reggente che abbiamo incontrato all'inizio di questa storia), pochissimo interessato a piante e giardini, Kew cessava di essere una priorità; i fondi destinati ai Kew Gardens vennero dimezzati e fu deciso di richiamare uno dei due "raccoglitori del re", ovvero il nostro Bowie. Il motivo? "La mancanza di applicazione". Eppure egli era un raccoglitore formidabile, e le sue raccolte erano eccellenti per qualità e imponenti per quantità. I motivi veri erano altri: in primo luogo aveva dimostrato di essere troppo indipendente, di voler fare di testa sua, scegliendo in autonomia mete ed itinerari; in secondo luogo aveva preso due abitudini deprecabili agli occhi dei burocrati britannici: per arrotondare il magro salario vendeva sottobanco ai ricchi borghesi di Cape Town vistosi esemplari di piante molto richieste, come le Cycadaceae, le Strelitziae e i Crinum; per mantenere segreti i luoghi di raccolta, nelle note inviate a Kew li indicava in modo approssimativo o anche errato. Bowie dovette rassegnarsi a lasciare il Sudafrica. Non fu licenziato, ma assegnato all'erbario di Kew. Dopo otto anni di viaggi avventurosi e appassionanti, si sentiva stretto nei panni di botanico da scrivania. Sfogava la sua frustrazione nei bar e nei pub, raccontando ai compagni di bevute le sue mirabolanti avventure in Brasile e Sudafrica, magari stupendoli con un enorme serpente impagliato o altre bestie. Il suo unico sogno era tornare in Sudafrica, ma come raccoglitore indipendente. Ce ne informa nei particolari un breve articolo pubblicato all'inizio del 1827 sull'Edinburgh Journal of Science. L'autore (si tratta di William Jackson Hooker) esprime il suo rammarico per un provvedimento che ha rattristato "chiunque abbia a cuore la botanica", attesta l'eccellente qualità delle raccolte di Bowie, che ha potuto esaminare di persona a Kew; quindi scrive: "È ora suo [di Bowie] proposito tornare al Capo, ed esplorare di nuovo l'interno a proprio rischio, in cambio di un compenso per le sue grandi spese, nell'intento di mettere ciò che potrà raccogliere a disposizione dei naturalisti di questo paese". Segue un dettagliato prezzario: esemplari d'erbario, 2 sterline e 10 scellini il centinaio; semi, 5 sterline per cento dozzine; bulbi, come Ixia e simili, 10 scellini il centinaio; per quelli grandi, da 1 a 2 scellini e 6 centesimi l'uno; piante vive, 2 scellini e 6 centesimi l'una (per le piccole succulente, vale l'offerta tre per uno); Strelitziae, Zamiae e piante di dimensioni simili, 5 scellini l'una. Per le specie nuove si applica una maggiorazione. Grazie a questa inserzione e all'interessamento di amici come lo stesso Hooker, nell'aprile 1827 Bowie riuscì a ripartire per il Sudafrica e per qualche anno riprese le sue raccolte come cacciatore di piante free lance, inizialmente con qualche successo. Era anche un membro attivo della comunità scientifica della Colonia: fu tra i soci fondatori della South African Institution, la primissima società scientifica del Sudafrica, di fronte alla quale nella seduta del 31 agosto 1829 sostenne la necessità di creare un orto botanico a Cape Town dove le piante, in attesa di essere spedite in Europa, potessero essere acclimatate e studiate. Nel corso di tre sedute successive, presentò anche tre interventi intitolati "Sketches of the botany of South Africa", uno dei quali fu pubblicato da W. Bridekirk e rappresenta la prima guida della flora del Capo mai pubblicata. Considerato una specie di autorità, la cui conoscenza della flora del Capo era ritenuta senza pari, veniva anche consultato da ricchi proprietari di giardini, come il barone C.F.H. von Ludwig, che, quando la sua impresa fallì verso la metà degli anni '30, lo assunse come sovrintendente del proprio giardino. Sempre inquieto, lavorò alle sue dipendenze fino al 1841, quando riprese a viaggiare nell'interno a caccia di nuove piante; non ne aveva più né l'età né la fibra, anche perché "le sue abitudini erano tali da interferire con i suoi progetti" (dietro questa reticente formula vittoriana del Journal of botany si cela l'alcolismo). Si ridusse in estrema miseria, finché per carità Ralph H. Alderne lo assunse come giardiniere del suo giardino di Clarment. Bowie morì a Wynberg all'età di circa 80 anni. ![]() Una pianta più curiosa che bella? Hooker non era il solo ad apprezzare il lavoro di Bowie. Tra coloro che più si erano giovati dei suoi invii di succulente, c'era Adrian Haworth che nel 1824 denominò in suo onore Bowiea africana una delle piante da lui raccolte nell'ultima spedizione. La denominazione non è valida e oggi si chiama Aloe bowiea, conservando l'omaggio nell'epiteto. Un altro estimatore di Bowie era W. H. Harvey che, essendo stato ridotto Bowiea Haw. a sinonimo di Aloe, decise di recuperare il nome con una motivazione assai elogiativa che è anche un omaggio postumo a un uomo tanto bistrattato dalla sorte: "in molti anni di paziente lavoro nell'interno del Sudafrica ha arricchito i giardini europei con una varietà di succulente molto più ampia di qualsiasi altro viaggiatore in precedenza". Sono inoltre circa una ventina le specie, tanto brasiliane quanto sudafricane, che si fregiano degli epiteti bowiei e bowieanus; tra di esse Oxalis bowiei, Eriospermum bowieanum, Aspalathus bowieana. Bowiea Harv. ex Hook.f. (famiglia Asparagaceae) è un genere monotipico, rappresentato unicamente dalla sudafricana B. volubilis. Hooker figlio, che la pubblicò dopo la morte di Harvey, non la apprezzava più di tanto, ma ne era incuriosito; infatti scrive: "Per quanto possegga poca bellezza, è certamente una delle piante più curiose mai introdotte in Europa". E' proprio questa stranezza a farla oggi apprezzare dai collezionisti di bulbose e succulente. Affine a Drimia o Albuca, possiede un grande bulbo di colore verde chiaro che generalmente affiora dal terreno, rimanendo in gran parte scoperto, da cui nella stagione vegetativa emerge un fusto volubile molto ramificato che può raggiungere anche i tre metri. Le foglie che sono prodotte soprattutto vicino al bulbo in genere cadono poco dopo la nascita, mentre la funzione clorofilliana è svolta dal fusto e dai rami. Oltre che in Sudafrica, è presente in altri paesi adiacenti dell'Africa sud-orientale, dove cresce soprattutto in aree semiaride con piogge estive; in dormienza in inverno, con le prime piogge produce un fusto che cresce molto rapidamente. In primavera sbocciano anche i fiori, poco appariscenti e verdastri, seguiti a fine estate da capsule brunastre. Nel tardo autunno la pianta secca totalmente e entra in riposo. Di crescita lentissima (il bulbo può raggiungere il 15 cm di diametro, ma per farlo gli occorrono 25 anni) richiede coltivatori pazienti. In Sudafrica è diventata rara per l'eccessiva raccolta come pianta medicinale utilizzata per curare varie affezioni; le sono attribuite anche proprietà magiche come rendere i guerrieri coraggiosi, proteggere i viandanti, assicurare l'amore. Eppure è una pianta velenosissima tanto per gli uomini quanto per gli animali. Altre informazioni nella scheda. Negli anni decisivi in cui il Chelsea Physic Garden, grazie alla generosità di Hans Sloane e alla sapienza orticola dell'inarrestabile capo giardiniere Philip Miller, si trasforma da hortus medicus, ancora per lo più riservato alle piante medicinali, in un grande orto botanico di acclimatazione delle esotiche, a guidarlo come dimostratore e praefectus è il farmacista Isaac Rand, cui si devono una gestione accorta, i primi cataloghi, l'apertura agli artisti che vengono a ritrarre dal vivo le piante delle sue aiuole. Lo ricorda il genere Randia (Rubiaceae), omaggio di Houstoun validato da Linneo. ![]() Una gestione accorta ed efficente Nel 1718, alla morte di James Petiver, prese il suo posto come dimostratore del giardino dei farmacisti di Chelsea il suo collega Isaac Rand (1674–1743) che già da qualche anno lo affiancava nelle attività didattiche. Rand era figlio d'arte e godeva di ottima reputazione come botanico. Il padre James Rand faceva parte della commissione che nel 1674 aveva deciso di proteggere il giardino con un muro di cinta; il figlio ne rilevò l'attività e intorno al 1700 gestiva una farmacia sull'Haymarket. Doveva essersi appassionato di botanica durante l'apprendistato, ed è citato da diversi botanici della generazione precedente per il suo occhio di lince, capace di scovare piante fino ad allora mai notate anche in zone molto battute. In Almagesti botanici mantissa (1700) Plukenet lo ricorda per aver scoperto nei Tothill Fields a Westminster la pianta che oggi si chiama Rumex palustris e lo definisce "farmacista londinese diligentissimo indagatore delle piante e botanico di belle speranze". A Doody invece segnalò un'altra specie di Rumex, R. maritimus, che cresceva nei luoghi umidi vicino a Burlington House. Adam Buddle gli attribuisce la scoperta di Mentha dumetorum (sin. M. pubescens) lungo le rive di certi stagni presso Marybone e Petiver quella di Oxybasis glauca (sin. Chenopodium glaucum) che battezzò in suo onore "blito quercino di Rand". Di Buddle e dei colleghi Doody e Petiver doveva essere compagno di scorribande botaniche, che evidentemente avevano per teatro la stessa Londra e le immediate vicinanze, quelle dove insieme allo stesso Petiver guidava gli herborizing degli apprendisti farmacisti. Nella società dei farmacisti divenne presto un elemento di primo piano; nel 1707 lo troviamo tra i membri della commissione incaricata di valutare il mantenimento del giardino, per fare sopravvivere il quale fece una donazione e affittò persino una parte del terreno. Assistente e successore di Petiver, si trovò poi alla guida del giardino in un momento decisivo della sua storia. Come ho raccontato in questo post, nel 1722 sir Hans Sloane prese il Physic Garden sotto le sue ali protettrici, cedendo in perpetuo alla Worshipful Society il terreno del giardino in cambio di un affitto simbolico e della fornitura di 50 esemplari d'erbario alla Royal Society. Lo stesso anno, su suggerimento dello stesso Sloane, fu assunto anche Philip Miller. Fu Rand a gestire il delicato cambio di gestione, e di vocazione, del giardino, che, da orto dei semplici dove si coltivava anche qualche esotica, in seguito all'obbligo di fornire ogni anno cinquanta esemplari di specie esotiche preferibilmente inedite veniva trasformato in giardino botanico di acclimatazione che guardava sempre più ai modelli di Leida e Parigi. Nel 1725 Rand divenne il primo direttore ufficiale del Chelsea Physic Garden e dal 1733 portò il pomposo titolo Horti Praefectus et Praelector Botanicus Chelseiani, in cui si uniscono le funzioni amministrativa e didattica: come già Petiver prima di lui, suo compito era infatti, oltre a guidare gli herborizing, tenere almeno due lezioni in horto al mese nella stagione estiva. Fu incaricato di stendere un progetto di miglioramento del giardino; approvato dalla Società dei farmacisti, ottenne il sostegno finanziario di Sloane, che convinse sia il Collegio dei medici sia la Royal Society a versare un contributo; ne seguirono grandi trasformazioni, con la costruzione di un’aranciera, che ospitava anche una biblioteca e una sala per le riunioni, di alloggi per il prefetto e il capo giardiniere, di una serra fredda e di due serre riscaldate con un sistema di riscaldamento dal basso. La prima pietra di questi nuovi edifici fu posta ovviamente da Sloane nel 1732. Tra i compiti di Rand c'era anche aumentare e documentare le collezioni. Teneva i contatti con altri orti botanici, in particolare con quello di Leida, con il quale intensificò il programma di scambi. Era lui a occuparsi della preparazione degli esemplari da consegnare alla Royal Society, il primo gruppo di cinquanta dei quali, debitamente etichettato, fu presentato nel marzo del 1723. Gli si deve il primo catalogo, 57 anni dopo la fondazione del giardino; pensato per la formazione degli apprendisti, elenca 518 specie officinali, specificando quali parti vanno utilizzate. Meno legato alla originaria vocazione di hortus medicus è il secondo catalogo, pubblicato nel 1739, in cui vengono elencate circa mille piante raggruppate in 749 generi Rand capì anche quanto potesse essere utile documentare le piante affiancando all'ormai tradizionale erbario immagini di buona qualità. Quando il medico Alexander Blackwell finì in carcere per debiti, incoraggiò la moglie Elizabeth a stabilirsi vicino al giardino e a frequentarlo liberamente, per ritrarre le piante esotiche dal vivo (il risultato fu A Curious Herbal che permise alla coppia di uscire dalla loro situazione disperata). Un altro artista protetto da Rand fu il tedesco Dyonisius Ehret che si legò anche più a Chelsea quando sposò la cognata di Philip Miller. Non ultimo merito di Rand fu riuscire a tenere a bada l'irrefrenabile capo giardiniere. Dopo la sua morte (1743) e quella dell'immediato successore Joseph Miller (prefetto dal 1743 al 1746), la Società dei farmacisti rinunciò a nominare un prefetto, affidando la gestione a un comitato che ben poco poteva di fronte all'esuberanza del testardo Miller. Rand si ricordò dell'amato giardino anche nel testamento, lasciandogli in eredità la sua biblioteca botanica, 22 volumi di erbario e un lascito di 50 sterline annue destinato al rinnovamento dell'erbario del dimostratore con esemplari freschi. ![]() Gardenie spinose Rand era amico di Mark Catesby e fu tra i sottoscrittori di Natural History of Carolina; doveva godere almeno della stima di William Houstoun visto che - sebbene ancora vivo - risulta tra i dedicatari di uno dei 14 nuovi generi creati dal chirurgo scozzese in Plantae Houstonianae. Randia (Rubiacaeae) fu poi validato da Linneo; in precedenza un vasto genere pantropicale, è stato ristretto fondamentalmente all'America tropicale e subtropicale, dagli Stati Uniti meridionali all'Argentina, con un centinaio di specie di arbusti, liane e piccoli alberi. Continuano a farne parte anche tre specie australiane (le altre sono state state trasferite al genere Atractocarpus) che però appaiono abbastanza diverse da quelle americane. Per lo più dioiche, con fiori dei due sessi su piante diverse, sono arbusti o piccoli alberi sempreverdi o caducifogli, spesso armati di spine, con foglie opposte o raggruppate in verticilli agli apici dei rami. I fiori, uniti in cime o grappoli all'ascella delle foglie o solitari all'apice di brevi rametti, hanno calice troncato, dentato o lobato, tubo corollino cilindrico con cinque lobi, che in boccio si presenta ritorto. I frutti sono bacche succulente che contengono molti semi. Il centro di diversità è probabilmente il Messico, con una quarantina di specie. Ma qualcuna si spinge anche negli Stati Uniti meridionali, come R. aculeata, una delle più diffuse, con un areale che dalla Florida raggiunge la Colombia, passando per il Messico e le Antille. E' un piccolo albero, sempreverde o deciduo in base alla piovosità, con rami quasi orizzontali, molto spinosi, foglie verde brillante quasi ovali, bei fiori bianchi a stella con cinque lobi seguiti da bacche tondeggianti biancastre a maturazione (da cui il nome white indigoberry), molto apprezzate dagli uccelli, la cui polpa in passato veniva usata per produrre un colorante blu. Tra le australiane, merita una segnalazione R. moorei, un arbusto o alberello originario dell'estremità nordorientale del Nuovo Galles del Sud e delle aree adiacenti del Queensland. Anch'essa è spinosa, a volte anche lungo il tronco, ha foglie largamente ovoidali con apice acuto. Porta fiori bianchi molto profumati, raggruppati in gruppi di tre all'apice dei rami o lungo i rami stessi che le hanno guadagnato il nome di spiny gardenia, "gardenia spinosa". Le bacche, dapprima giallo aranciato, diventano nere a maturazione. Rara, è minacciata dalla progressiva distruzione del suo ambiente naturale, il sottobosco della foresta pluviale su suolo basaltico. La sua appartenenza al genere Randia è per altro discussa e ne è stato proposto lo spostamento in Xeromphis. Altre informazioni nella scheda. Si ritiene generalmente che il primo occidentale a creare una raccolta sistematica di piante cinesi sia stato il chirurgo e mercante James Cuninghame, che negli anni a cavallo tra Seicento e Settecento operò dapprima ad Amoy quindi a Chusan, raccogliendo circa 600 specie, diverse delle quali furono prontamente pubblicate da James Petiver e Leonard Plukenet. La penetrazione del commercio inglese in estremo oriente era ancora agli inizi, e presto gli inglesi abbandonarono questi avamposti dove gli scarsi guadagni non erano tali da compensare la rapacità dei funzionari cinesi. Dopo la relativamente fortunata parentesi cinese, per Cuninghame iniziarono i guai: inviato a Pulo Condore in Cocincina, fu tra i pochi sopravvissuti a un massacro e dovette subire due anni di penosa prigionia; né più solida era la situazione dell'emporio della compagnia a Banjarmasin nel Borneo, diretto per poche settimane da Cuninghame prima che fosse distrutto e gli inglesi espulsi del paese. Allo sfortunato chirurgo-mercante non rimase che ritornare in patria; ma non vi arrivò mai, probabilmente perendo in mare. Robert Brown volle ricordarlo dedicandogli una delle sue scoperte cinesi: lo splendido "abete cinese", ovvero Cunninghamia lanceolata. Che deve però dividere con un quasi omonimo, il "raccoglitore del re" Allan Cunningham. ![]() Una sequela di disastri Richard S. Morel l'ha soprannominato "il botanico più sfortunato dell'Asia"; in effetti, anche se sventure di ogni genere erano il corollario abituale delle vite dei cacciatori di piante dei tempi eroici, è difficile trovare una sequela di catastrofi che eguagli quelle che costellarono i viaggi di James Cuninghame (o Cunningham, ca. 1665–1709). Molto poco sappiamo della sua giovinezza. Cuninghame era scozzese e doveva essere nato intorno al 1665, visto che nel 1686, quando si immatricolò alla facoltà di medicina di Leida, risulta ventunenne. Presumibilmente non si laureò: infatti era chirurgo e non medico, ma non sappiamo né dove né come completò gli studi. Nella seconda metà del 1696 era di ritorno da un viaggio nelle Indie orientali, nel corso del quale doveva aver già raccolto qualche curiosità naturale. Fu così che entrò in contatto con Hans Sloane, all'epoca segretario della Royal Society, e strinse amicizia con James Petiver. Avendo saputo che si preparava a ripartire per la Cina, quest'ultimo gli consegnò una lista di piante desiderabili e gli raccomandò di cercare di procurarsi disegni o pitture di piante cinesi, nonché di raccogliere per lui ogni tipo di curiosità. Cuninghame lasciò l'Inghilterra alla fine del 1697, presumibilmente a bordo della Tuscan, che non apparteneva né alla Compagnia delle Indie né alla rivale New Company, ma a qualche mercante indipendente, i cosiddetti interlopers "intrusi" (si è fatto il nome di Henry Gough). Insieme a un'altra nave di cui non conosciamo il nome, nel gennaio 1698 la Tuscan fece scalo nell'isola di La Palma nelle Canarie, dove Cuninghame fece le sue prime raccolte (circa 150 esemplari, un decimo della flora dell'isola) e si produsse un grave incidente. Una parte dei marinai si ammutinò e disertò; per cercare di catturarli, il capitano inglese usò le maniere forti, finendo per scontrarsi con le autorità spagnole, con il risultato che la nave fu posta sotto sequestro e la ciurma messa agli arresti. Solo dopo qualche giorno, vennero rilasciati e la Tuscan poté riprendere il mare. A metà febbraio passarono l'equatore, quindi doppiarono il Capo di Buona Speranza, proseguendo senza fare scali fino a Batavia, dove gettarono l'ancora a giugno. Cuninghame ne approfittò per raccogliere altre 121 piante. A luglio erano ad Amoy (oggi Xiamen), uno dei pochi porti cinesi aperti agli occidentali. Il soggiorno nell'isola di Amoy si protrasse per sei mesi. Cuninghame (che era qui in veste di mercante, non di chirurgo) trovò il tempo per osservare e descrivere nel suo diario le tecniche di fabbricazione della carta, dell'ottone, del colorante rosso estratto dai semi di Gardenia jasminoides, l'estrazione del salnitro, i nidi commestibili di uccelli e l'ambra grigia. Ovviamente continuò le raccolte, mettendo insieme esemplari d'erbario di 176 specie e semi di 84. Inoltre raccolse una quarantina di "Miscellanea", incluso un esemplare del leggendario "agnello di Tartaria" o barometz segnalando che si trattava della radice di una felce (oggi identificata come Cibotium barometz). Infine commissionò a un artista locale circa 800 acquarelli della flora di Amoy. Di ritorno in Inghilterra verso la metà del 1699, egli poté presentare questo bottino ai suoi amici e ne fu premiato con l'ammissione alla Royal Society. Dopo meno di sei mesi, era di nuovo in partenza, questa volta come chirurgo di bordo della Eaton, una nave della Compagnia delle Indie inviata nell'isola di Chusan (oggi Zhoushan) nella speranza di crearvi una stazione commerciale. Durante il viaggio, la nave dovette fare scalo sia all'isola dell'Ascension, sia al Capo, visto che nell'erbario di Cuninghame si trovano esemplari provenienti da entrambe le località. Anche a Chusan egli continuò alacremente la sua attività di raccolta, estesa anche alle vicine Crocodile Islands; inviò inoltre alla Royal Society alcune lettere poi pubblicate sulle Philosophical Transactions, su argomenti come la coltivazione del tè o certi coralli e altre curiosità sottomarine. Nel 1702 la Compagnia delle Indie decise di abbandonare l'emporio di Chusan, che si era mostrato poco redditizio a causa dei forti dazi; Cuninghame, che doveva essersi ben comportato, fu promosso capo in seconda e inviato nell'isola di Pulo Condore (oggi Côn Sơn) nel Vietnam meridionale per aprirvi un insediamento. Venne costruito un forte e per proteggerlo furono ingaggiati mercenari Makassar. Nel marzo 1705 questi ultimi si ammutinarono, incendiarono la stazione e uccisero sedici uomini che cercavano di spegnere le fiamme. Gli inglesi chiesero l'aiuto delle autorità locali, ma queste, dopo aver catturato e giustiziato i Makassar, si rivolsero contro i britannici, completando il massacro. Solo Cuninghame e pochi altri sopravvissero. Allo sfortunato naturalista, ferito, fu imposta la gogna (kang) e fu trascinato di fronte alle autorità per una sorta di processo. Tre i capi d'accusa: aver stabilito l'insediamento di Pulo Condore contro la volontà del re di Cocincina; non aver presentato a quest'ultimo un tributo adeguato; essere in comunicazione segreta con la Cambogia, con cui la Cocincina era in guerra. Ogni difesa fu inutile; per due anni egli venne tenuto prigioniero con appena il necessario per sopravvivere. Rilasciato nell'aprile 1707, poté raggiungere Batavia. Forse per ricompensarlo di tante sofferenze, la Compagnia lo inviò a Banjarmasin in Borneo come capo di quella stazione commerciale. Tre settimane dopo il suo arrivo, anche quest'ultima venne attaccata e distrutta, sebbene con perdite umane minori rispetto a Pulo Condore, e la Compagnia delle Indie venne espulsa dal Borneo. A Cuninghame non restava che rientrare in Inghilterra. Nel gennaio 1709 scrisse l'ultima lettera a Petiver e Sloane, annunciando il suo rientro. Tuttavia non giunse mai a casa: probabilmente morì durante il viaggio di ritorno. Invece i manoscritti e le raccolte arrivarono sani e salvi a Londra. ![]() Una collezione di grande importanza storica A parte qualche esemplare occasionale, era la prima volta che un naturalista di valore faceva raccolte sistematiche in Cina. Nel complesso, gli esemplari inviati da Cuninghame ai suoi corrispondenti londinesi (in primo luogo Petiver e Sloane, ma anche il rivale Plukenet) ammontano a circa 600; vista la loro novità, Petiver e Plukenet fecero a gara per pubblicarli quanto prima. Tra le circa 1000 specie descritte da James Petiver nelle centurie dei Musei Petiveriani (1696-1703) figurano una cinquantina di esemplari raccolti da Cunninghame; accanto alle piante troviamo serpenti, conchiglie, farfalle e altri insetti. Nel 1703, nelle Philosophical Transactions lo stesso Petiver pubblicò un resoconto su una settantina di piante raccolte di Cunninghame a Chusan; infine in Gazophylacii naturae (1702–09), ne descrisse un'altra ventina, insieme a conchiglie raccolte all'Ascension e Pulo Condore, falene, coleotteri e un millepiedi delle Indie Orientali. Ancora più ampio è l'utilizzo dei materiali di Cunninghame da parte di Plukenet. In Amaltheum botanicum vengono descritte circa 400 piante risalenti alle sue raccolte di Chusan, circa metà delle quali sono anche raffigurate nel terzo volume di Phytographia. Infine, nel terzo volume di Historia Plantarum, John Ray descrisse 22 specie raccolte da Cunninghame ad Amoy. Tra le specie più notevoli, tra gli alberi troviamo in primo luogo quella destinata ad immortalare il nome di Cunninghame, Cunninghamia lanceolata, e Cryptomeria japonica; tra gli arbusti, Camellia japonica, Loropetalum chinense, Chimomanthus praecox, Hibiscus tiliaceus e Abelmoschus manihot, nonché il nespolo giapponese Eriobotrya japonica (recentemente riclassificata come Rhaphiolepis bibas). Grazie ai semi inviati a Petiver, ma anche a Uvedale, qualche specie dovette essere introdotta in coltivazione; potrebbe essere il caso di due specie di crisantemi osservati a Chusan. Gli erbari e la collezione di acquarelli, che Petiver definiva "herbarium nostrum sinicum pictum", dovettero passare a Petiver, e dopo la morte di questi, essere inglobati nelle collezioni prima di Sloane, poi del British Museum. Sotto il titolo Drawings of Chinese Flowers, Plants, and Fruits, in colours, by a native artist, at Emuy, i dipinti sono oggi custoditi alla British Library; recentemente digitalizzati, sono consultabili a questo indirizzo. ![]() Un genere per due Nel 1791 si ricordò di questo sfortunato pioniere dello studio della flora cinese J. C. D. von Schreber, dedicandogli Cunninghamia (Rubiaceae). Trattandosi di un nome illegittimo e superfluo, non viene preso in considerazione, al contrario del secondo genere Cunninghiamia (Cupressaceae) creato nel 1826 da Robert Brown. In una pubblicazione più tarda, quest'ultimo ne spiega chiaramente la motivazione: "Il genere deve essere denominato Cunninghamia, per commemorare i meriti del sig. James Cunningham, un eccellente osservatore ai suoi tempi, da cui questa pianta fu scoperta"; ma aggiunge: "e in onore del sig. Allan Cunningham, l'assai meritevole botanico che accompagnò il sig. Oxley nella sua prima spedizione nell'interno del Nuovo Galles del Sud, e il capitano King in tutti i suoi viaggi di ricognizione della costa della Nuova Olanda". Insomma, Brown prese due piccioni con una fava e dedicò Cunninghamia a due differenti botanici quasi omonimi. Sul secondo, assai importante per la storia dell'esplorazione della flora australiana, sarà necessario tornare in altri post. Per ora, soffermiamoci sull'interessantissimo genere Cunninghamia. Con due specie, C. lanceolata, originaria della Cina meridionale, e C. konishii, forse endemica di Taiwan, ma presente anche in Indocina - ma per molti si tratta di una varietà della precedente, C. lanceolata var. konishii-, è considerato il genere più primitivo tra le Cupressaceae, tanto che alcuni botanici l'hanno assegnato a una famiglia propria (Cunninghamiaceae). Sono alberi di notevoli dimensioni (anche più di 50 metri), di portamento conico e piramidale, con rami tendenzialmente orizzontali ma pendenti alle estremità. Gli aghi, piatti, coriacei, verde scuro o glauco, si dispongono a spirale lungo i rami; la pagina inferiore (e talvolta anche quella superiore) è caratterizzata da due bande di stomi bianche o verde chiaro. Monoiche, hanno fiori maschili cilindrici raccolti in amenti all'estremità dei rami; quelli femminili sono strobili giallo-verdastro lunghi circa un cm. I frutti sono coni verdastri, da ovali a globosi, ricoperti da scaglie disposte a spirale. In Cina C. lanceolata è molto apprezzata per il legname, leggero, durevole, profumato e non attaccato dai parassiti. La sua coltivazione è anzi in costante crescita, andando a costituire circa un terzo delle piantagioni di alberi da legname e un quarto della produzione di legname della Cina. Introdotto in occidente a inizio Ottocento da William Kerr, in Europa rimane una pianta per intenditori, presente in pochi parchi e arboreti. Altre informazioni nella scheda. In anni decisivi per la storia della botanica inglese, tra fine Seicento e inizio Settecento, il farmacista James Petiver riesce a conquistare prestigio nella società colta grazie alla sua formidabile collezione di esemplari d'erbario, conchiglie, insetti, fossili e così via, seconda solo a quella del ben più ricco Hans Sloane. Raggiunge l'intento tessendo una straordinaria rete di contatti, con almeno un centinaio di corrispondenti tra Europa, Americhe, Asia meridionale e orientale, Africa occidentale e Sudafrica: studiosi e appassionati come lui, ma soprattutto persone comuni, giardinieri, capitani di marina, medici, chirurghi e sacerdoti che vivono nelle colonie e contribuiscono chi con un esemplare, chi con molti, pur di essere citati nelle sue Centurie e di partecipare al progresso delle scienze. Un modello di cui farà tesoro lo stesso Linneo, che lo ricordò con il monotipico genere Petiveria. ![]() Come nacque una grande collezione Nel 1706, con la morte del curatore Samuel Doody, tra i farmacisti londinesi riprese l'eterno dibattito: aveva senso continuare a mantenere il costoso Physic Garden di Chelsea, o era meglio liberarsi di quell'impianto mangia-soldi? Per valutare la situazione finanziaria, venne formato un comitato che fu anche incaricato di prendere contatto con il proprietario del terreno, sir Charles Cheyne, per verificarne l'eventuale acquisto. Cheyne chiese una cifra irraggiungibile: 400 sterline. Nonostante ciò, il comitato si pronunciò a favore del mantenimento del giardino e per far fronte ai debiti indisse una sottoscrizione straordinaria, alla quale, per dare l'esempio, i suoi membri aderirono per primi. Il seguito tra gli altrui soci fu modesto, ma il giardino sopravvisse. Gran parte del merito va ascritto al membro più autorevole del comitato stesso, il farmacista James Petiver (1663-1718), che succedette a Doody come curatore del giardino, ma anche come "dimostratore di botanica". I suoi compiti principali erano due: da una parte, impartire lezioni di botanica pratica ("dimostrazioni") ai giovani apprendisti, da tenersi almeno due volte al mese nel Physic Garden nei mesi estivi; dall'altra, organizzare la Grande erborizzazione annuale, con la partecipazione di maestri ed apprendisti. Abbiamo già incontrato Petiver come amico di Doody e attivo membro del Temple Coffee House Botanical Club; è ora di conoscerlo meglio. Figlio di un merciaio di Rugby, poco dopo la morte di quest'ultimo dovette interrompere gli studi e sempre ne ebbe rammarico, soprattutto per non aver potuto acquisire una sufficiente padronanza del latino, all'epoca la lingua ufficiale delle scienza. Nel giugno 1677, quattordicenne, iniziò il suo apprendistato sotto Charles Feltham, il farmacista del St Bartholomew's Hospital di Londra. Intorno al 1680 conobbe Whatts e cominciò a frequentare il giardino di Chelsea, stringendo amicizia con Doody; a quanto risulta dal suo erbario, almeno dal 1683 prese regolarmente parte agli herborizing organizzati dalla Società dei farmacisti. Nel 1685, terminati i previsti otto anni di apprendistato, ottenne la licenza e tra il 1686 e il 1687 aprì una propria farmacia all'insegna della Croce bianca in Aldersgate Street (nei pressi dell'attuale Barbican Centre), che avrebbe gestito fino alla fine dei suoi giorni. A questo punto doveva già essersi fatto un nome come esperto botanico, visto che nel 1688, insieme all'amico Doody, viene ringraziato da John Ray per l'aiuto prestato per il secondo volume di Historia Plantarum. Probabilmente attraverso Doody, conobbe Sloane, rientrato dalla Giamaica nel 1689 con un'enorme collezione di naturalia, e incominciò a frequentare il Temple Coffee House Botanical Club, di cui diventò la personalità più nota dopo lo stesso Sloane. Forse incoraggiato dall'esempio di questi, decise di creare una propria collezione, che sarebbe stato anche il migliore biglietto da visita per garantire a lui, semplice farmacista "illetterato", l'accesso alla società colta londinese. Non aveva le enormi disponibilità finanziare di Sloane, ma poteva trarre profitto da un altro vantaggio: come farmacista e fornitore di farmaci di alcuni ospedali londinesi, nella sua bottega già affluivano spezie e piante medicinali da molte parti del mondo; era dunque in contatto con membri della Compagnia delle Indie e mercanti che praticavano il commercio internazionale. Come risulta dalle sue lettere, almeno dal 1690 Petiver incominciò a tessere quella formidabile rete di contatti che gli avrebbe permesso di essere il più importante collezionista del suo tempo dopo il ricchissimo Sloane. Uno dei suoi primi corrispondenti documentati è il chirurgo Samuel Browne, che lavorava per la Compagnia delle Indie orientali a Fort St George in Bengala (oggi Chennai). Non solo Browne raccolse per lui molte piante, che gli inviò in Inghilterra accompagnate da note con i nomi locali, ma a sua volta lo mise in contatto con altre persone: il reverendo George Lewis, collezionista di conchiglie, e soprattutto il missionario gesuita Georg Joseph Kamel, pioniere dello studio della flora delle Filippine. A sua volta Petiver fece da tramite tra Kamel e Ray, che pubblicò l’opera del missionario moravo in appendice al terzo volume di Historia Plantarum. Si tratta solo del nucleo iniziale di una vastissima rete di corrispondenti e contributori, che giunse a comprendere oltre cento persone: alcuni erano noti scienziati, come Boerhaave o Tournefort, oppure collezionisti e proprietari di grandi giardini come i fratelli Sherard, la duchessa di Beaufort o il vescovo Compton, ma la stragrande maggioranza era costituita da persone comuni: chirurghi, medici, capitani di nave, mercanti, sacerdoti, giardinieri che contribuirono chi con un esemplare, chi con dozzine e dozzine di piante, insetti e altri animali, conchiglie, fossili, spediti da vari paesi europei, dalla Cina, dall’India, dal Sud Africa, dal Sud e dal Nord America. È stato sottolineato che almeno un terzo di queste persone era legato in un modo o nell’altro al commercio triangolare, o in altri termini alla tratta degli schiavi. Oltre a Browne, i contributori più importanti furono Hendrik Oldenland, il curatore dell’orto botanico della VOC a Table Bay, e James Cunninghame, un chirurgo scozzese che lavorava per la Compagnia delle Indie nelle basi di Zhoushan e Amoy (oggi Xiamen) in Cina e fu il primo europeo a raccogliere un significativo erbario di piante cinesi. Per i suoi contributori, Petiver giunse a stilare prima liste di "desiderata", poi vere e proprie istruzioni stampate sulle modalità di raccolta, conservazione e spedizione, che costituiscono un modello e un'anticipazione delle indicazioni di Linneo ai suoi apostoli. Col tempo, la sua bottega di Aldersgate Street si trasformò in una specie di centro di interscambio, dove da tutto il mondo giungevano pacchi di esemplari, libri, lettere con richieste di consulenza ma anche di materiali. Per Petiver, infatti, il collezionismo di naturalia era anche un'attività lucrativa: se tratteneva per sé gli esemplari che considerava più prestigiosi o interessanti, altri li vendeva a caro prezzo ad altri collezionisti. ![]() Collezionista e dimostratore Con la sola eccezione di un viaggio nei Paesi Bassi di cui parleremo più avanti, Petiver limitò le sue attività di raccolta diretta a qualche escursione in Inghilterra; oltre che nei dintorni di Londra, sono documentati viaggi nelle Midlands, in Essex, a Bath, a Bristol, nell'Essex e nel Suffolk. Il grosso delle sue collezioni arrivava però dai suoi corrispondenti che lo misero in contatto, letteralmente, con tutti i continenti (eccetto l'ancora inesplorata Oceania), permettendogli di accumulare una collezione che, oltre a centinaia e centinaia di altri esemplari, comprendeva almeno 5000 piante essiccate. A partire dal 1695, cominciò a pubblicare gli esemplari più curiosi, rari o significativi in una serie di cataloghi, dapprima senza immagini, poi illustrati, organizzati come "centurie", ovvero in serie di cento esemplari. Il primo è Musei Petiveriani centuria prima (1695), che descrive cento tra insetti, conchiglie, fossili e piante provenienti da Europa, America settentrionale, Africa occidentale, Asia meridionale e orientale; tra il 1698 e il 1703 seguirono altre cinque centurie, per un totale di seicento naturalia. Petiver pubblicò inoltre dozzine di brevi articoli nella rivista The Monthly Miscellany e molti contributi nelle Transactions della Royal Society, di cui divenne membro nel 1695 (nella stessa seduta dell'amico Samuel Doody). I suoi lavori più rilevanti sono la relazione sulle piante indiane ricevute da Browne An account of some Indian plants (1698) e due scritti di entomologia: Gazophylacium naturae et artis (1702–6), un catalogo illustrato degli insetti britannici, e Papilionum Brittaniae Icones, la prima rassegna completa dei lepidotteri inglesi che lo ha fatto salutare come «padre delle farfalle britanniche», che non di rado ha battezzato con il nome comune che portano ancora oggi. Petiver era anche un abile uomo d’affari e mise la sua competenza manageriale al servizio sia della Royal society, sia del Chelsea Physic Garden, anche se, di fronte ai suoi mille impegni professionali (oltre che del St Bartholomew, divenne anche farmacista della Charterhouse school and hospital), il suo incarico di dimostratore passava un po’ in secondo piano, tanto che presto dovette essere affiancato da Isaac Rand; il suo maggior merito fu sistematizzare e estendere le escursioni botaniche. Mentre in precedenza se ne teneva solo una all’anno, con Petiver e Rand il loro numero crebbe fino a sei, una al mese per tutta la bella stagione, a partire da aprile. Accompagnati dal dimostratore, gli apprendisti raggiungevano località come Hampstead Head, Putney e Greenwich per escursioni di una ventina di miglia; durante il pranzo, che di solito si teneva in qualche osteria, le piante venivano esaminate e identificate e ne venivano descritte le particolarità e le virtù medicinali. L’ultima escursione, detta General Herborizing, poteva durare due giorni, coprire una sessantina di miglia, era riservata ai maestri e ai loro ospiti, spesso membri eminenti dei Collegi dei medici e dei chirurghi, ed era anche un’importante occasione sociale. Anche il Chelsea Physic Garden poté beneficiare della rete di Petiver per un sensibile arricchimento delle collezioni. In particolare, nel 1711, per incarico di Hans Sloane, Petiver si recò in Olanda per trattare l’acquisto delle collezioni di Paul Hermann, messe all’asta dalla vedova; fu l’occasione per conoscere di persona Boerhaave e per rinnovare la collaborazione e gli scambi tra i due orti botanici. Tra il 1711 e il 1714, Petiver pubblicò sulle Philosophical Transactions una serie di articoli molto interessanti per chi studia la storia delle introduzioni delle piante esotiche, perché vi recensì le piante rare recentemente introdotte dal Nord America, dalla Cina e dalla Provincia del Capo e coltivate con successo nei giardini del vescovo di Londra a Fulham, in quello della duchessa di Beaufort e soprattutto a Chelsea. A partire dal 1716, la sua salute cominciò a declinare. Alla sua morte, nel 1718, le sue collezioni furono acquistate da Sloane, che ebbe a lamentare il grande disordine in cui erano tenute; ora sono in parte conservate nel Natural History Museum di Londra. ![]() Un'erbacea... odorosa Anche Petiver fa parte del nutrito gruppo di naturalisti omaggiati da Plumier e Linneo con la dedica di un genere botanico. Il francese fece in tempo a vedere il primo catalogo della sua collezione, e lo loda per la ricchezza dei materiali e il buon ordine in cui sono disposti (il che contrasta con le lamentele di Sloane, ma anche con ciò che riferiscono alcuni viaggiatori che ebbero l'occasione di vederle di persona). Linneo attinse ampiamente alle pubblicazioni di Petiver sia per le piante esotiche, da lui documentate per la prima volta, sia per gli insetti, e apprezzava il fatto che in alcuni dei suoi contributi sulle Transactions il farmacista avesse abbozzato una classificazione naturale. Il genere Petiveria L. (appartenente a una famiglia propria, Petiveriaceae) comprende una sola specie, P. alliacea: caratterizzata come dice il nome da un forte odore di aglio, è una grande erbacea perenne cespugliosa, con foglie intere obovate e infiorescenze a spiga di piccoli fiori biancastri, cui nei paesi d’origine (gran parte dell’America subtropicale e tropicale, dalle Florida al Perù) sono attribuite innumerevoli proprietà terapeutiche; per l’odore, è però utilizzato anche come repellente. Qualche informazione in più nella scheda. Il secondo orto botanico inglese nasce un po' per caso nel 1673 per volontà della Corporazione dei farmacisti londinesi. Siamo ancora lontani dalle future glorie: gli inizi sono confusi e contrastati, con la Corporazione sempre indecisa se continuare o meno quell'impresa rivelatasi troppo dispendiosa. Per qualche anno, a dirigere il giardino è il farmacista Samuel Doody, amico e compagno di scorribande botaniche di Buddle e Petiver, specialista di crittogame, stimato anche da John Ray. La dedica del genere di felci Doodia appare dunque quanto mai appropriata. ![]() Un inizio travagliato Il secondo orto botanico inglese nacque un po' per caso, oltre mezzo secolo dopo il primo, quello di Oxford. A prendere l'iniziativa fu la Corporazione londinese dei farmacisti (Worshipful Society of Apothecaries), nell'ambito di un lungo braccio di ferro legale con il Collegio dei medici. Gli statuti reali concedevano alla Worshipful society ampia autonomia e la facoltà di addestrare ed esaminare i propri membri, che erano ammessi alla professione dopo un tirocinio in bottega di otto anni, durante il quale imparavano a riconoscere i semplici, a preparare i medicamenti e a somministrarli correttamente. Non erano però autorizzati a prescriverli, compito riservato ai soli medici autorizzati. Tuttavia, la rapida crescita della popolazione londinese e le ricorrenti epidemie resero insufficiente il numero di questi ultimi, e la società dei farmacisti ricorse alla legge per veder riconosciuto ai propri membri il diritto legale di praticare la medicina di base: dopo anni, la battaglia fu infine vinta nel 1704, quando la Camera dei Lord si pronunciò a favore dei farmacisti contro l’ordine dei medici; il diritto della Corporazione londinese dei farmacisti di impartire un'istruzione medica primaria e di concedere licenze professionali a chirurghi, ostetriche e ginecologi sarebbe perdurato fino al 1999. Per accreditarsi agli occhi dei tribunali e dei Lord, la Corporazione doveva dimostrare la competenza professionale dei propri membri, in particolare la perfetta conoscenza delle erbe officinali, da cui si traeva la maggior parte dei medicamenti. Essa possedeva un hortus medicus a Westminster, di cui sappiamo ben poco, ma il principale strumento didattico sembra fossero le herborizing, escursioni nelle campagne dei dintorni in cui gli apprendisti erano guidati dai maestri a raccogliere e riconoscere le erbe. Da resoconti dell'epoca, sappiamo che si collocavano a metà tra l'occasione didattica e l'allegra scampagnata, e si concludevano immancabilmente in un'osteria. Poiché le strade erano scomode o poco sicure, apprendisti e maestri raggiungevano le località prescelte con una barca affittata allo scopo; tuttavia nel 1673 la società decise l’acquisto di un’imbarcazione, da usare anche per le feste solenni, come la parata annuale organizzata dal sindaco di Londra; in tali occasioni, veniva pavesata a festa, con nastri, pennoni, bandiere, lo stemma dei farmacisti e sculture di unicorni e rinoceronti. Si poneva il problema di trovare un posto per ricoverare la "barca sociale", che, diversamente dall’hortus di Westminster, avesse accesso diretto dal fiume. A tal fine, la Società dei farmacisti affittò da Charles Cheyne, proprietario del Chelsea Manor, un terreno di quattro acri situato nel villaggio di Chelsea, poco distante dal Tamigi, e vi fece costruire tre rimesse, una per la propria barca, le altre due da affittare ad altre corporazioni. Non era lontano neppure dall’affollato mercato di Chelsea, per cui l’anno successivo fu deciso di proteggerlo con un muro di cinta. Solo a questo punto, la Società decise di approfittare del suolo fertile e della posizione riparata per spostare qui le piante fino ad allora coltivate a Westminster e creare un Physic garden (ovvero hortus medicus), destinato sia alla produzione di erbe medicinali da vendere o da elaborare nel proprio laboratorio, sia all’addestramento degli apprendisti. Per gestire il trasferimento e creare il nuovo giardino, fu assunto il giardiniere Spencer Piggott, che però si rivelò disonesto, tanto che dopo un anno o due il contratto non gli venne rinnovato. Il 1678 gli succedette il più affidabile Richard Pratt che procedette ai trapianti, piantò diverse piante da frutto e preparò le aiuole didattiche, divise in pulvilli sul modello di Leida. Dal 1680 la gestione generale fu affidata al farmacista John Watts, un abile uomo d'affari e un intenditore di piante esotiche, che coltivava in uno splendido giardino privato a Enfield. Con l'assistenza di due giardinieri, il suo compito principale era arricchire il giardino di piante autoctone ed esotiche; per ospitare queste ultime, egli fece subito allestire una serra riscaldata, presumibilmente la prima del paese. Nel 1682 le collezioni erano già abbastanza ricche da meritare una visita di Paul Hermann, che invitò Watts a Leida. Nacque così il primo programma di scambi a noi noto tra orti botanici. Nel 1683 Watts andò a Leida in compagnia di George London, il giardiniere del vescovo Compton, e ne ritornò con moltissime piante, tra cui i famosi quattro cedri del Libano che divennero il simbolo del giardino. Inoltre Watts, che era un mercante specializzato nel commercio internazionale, con interessi anche in Cina, organizzò almeno una spedizione botanica, inviando in Virginia il cacciatore di piante James Harlow. Tuttavia, sul piano finanziario, anche la sua gestione si rivelò un disastro: i giardinieri divennero ben sei, la serra consumava impressionanti quantità di legname e di soldi, Watts si fece anche raddoppiare lo stipendio da 50 a 100 sterline annue e usò liberamente il terreno per coltivazioni in proprio, con eterne questioni su quali piante fossero sue e quali della società. Per di più, spremuto lo spremibile, prese ad assentarsi sempre di più, finché nel 1692 il contratto non gli fu rinnovato. ![]() Il secondo curatore del Physic garden Pur tra tante difficoltà, il giardino aveva cominciato ad assolvere il suo compito di formare una generazione di giovani farmacisti, alcuni dei quali divennero anche appassionati botanici. Tra di loro troviamo due amici e quasi coetanei, Samuel Doody (1656-1706) e James Petiver (1663 – 1718), entrambi venuti a Londra dalla provincia per diventare apprendisti farmacisti. Le gite fuori porta stimolarono la loro passione per le erborizzazioni in compagnia, che condividevano con altri amici, come Hans Sloane, che, prima di andare a studiare medicina e botanica in Francia, aveva frequentato insieme a loro le aiuole di Chelsea e le allegre herborizing. Intorno al 1685, quasi contemporaneamente, i due si abilitarono alla professione e aprirono le loro farmacie, Doody nello Strand e Petiver a Islington. A quel punto dovevano già essere membri attivi di quel circolo londinese di studiosi di botanica e scienze naturali che a partire dal 1689 prese a riunirsi nel cosiddetto Temple Coffee House Botanical Club. Oltre a Sloane, che ne era l'animatore, un punto di riferimento era John Ray, anche se quest'ultimo era tornato a vivere nel villaggio natale di Black Notley e veniva solo occasionalmente a Londra. Insieme al curatore dell'orto botanico di Oxford Jacob Bobart il giovane, a Sloane e al suo amico Tancred Robinson, i due farmacisti collaborarono con le loro raccolte e le loro note a Synopsis Methodica Stirpium Britannicarum di John Ray, la cui prima edizione uscì nel 1690. È stato anzi supposto che tra di loro si fosse stabilita una certa divisione dei compiti, nell'intento comune di riconoscere e recensire il maggior numero possibile di piante della flora britannica. Doody si specializzò in un campo ancora poco battuto, quello delle crittogame, in particolare muschi e licheni. Su questo argomento corrispondeva con il reverendo Adam Buddle, che talvolta veniva a Londra per erborizzare con lui e Petiver, o per confrontare le raccolte, discutendone davanti a un bicchiere di vino o un boccale di birra al Greyhound Tavern di Fleet Street o in altre taverne londinesi. Un altro corrispondente di Doody era Edward Lhwyd, il custode dell'Ashmolean Museum, che invece si era concentrato nello studio dei fossili. Grazie a questi contatti e alla collaborazione con Ray, il farmacista aveva ormai una solida reputazione di botanico che sicuramente pesò quando, nel 1692, fu chiamato a sostituire Watts come curatore del Chelsea Physic Garden. Era in qualche modo un tentativo di salvare il giardino, che molti membri della società avrebbero preferito dismettere. Doody, come il predecessore, ricevette un salario di 100 sterline, al quale tuttavia rinunciò a partire dal 1696 quando prese in affitto una parte dell'appezzamento. Il suo primo compito fu catalogare le piante per sbrogliare la matassa di quali spettassero alla Society e quali a Watts. Quindi anch'egli si diede da fare per incrementare le collezioni, organizzando una spedizione alle Canarie nel 1694. Si impegnò molto nelle herborizing, durante le quali faceva sfoggio del suo sapere botanico. Sia lui sia Petiver entrarono a far parte del comitato che seguiva la disputa legale con il Collegio dei medici e nel 1695 furono ammessi nella medesima seduta alla Royal Society, di cui da poco l'amico Sloane era diventato uno dei segretari. L'unico contributo di Doody alle Transactions della Società fu una comunicazione su un caso di idropisia (1697). Anche sulla sua gestione del Physic Garden non sappiamo molto altro; in ogni caso fu breve, perché egli morì nel 1706. A presiedere la cerimonia funebre fu Adam Buddle. I suoi libri, l'erbario e qualche manoscritto confluirono nelle collezioni di Sloane. Il pezzo di maggior interesse è una copia della seconda edizione della Synopsis methodica di Ray, interfogliata con note di pugno di Doody che riguardano soprattutto funghi, muschi e licheni e furono utilizzate da Dillenius per la terza edizione. ![]() Felci ruvide Fu il ruolo pionieristico di Doody in questo campo a suscitare l'interesse di Robert Brown che nel 1810 gli dedicò il genere Doodia con questa breve motivazione: "L'ho dedicato alla memoria del farmacista londinese Samuel Doody, quasi il primo in Inghilterra ad esplorare le crittogame". Doodia è un piccolo genere di felci della famiglia Blechnaceae, con 15-20 specie distribuite tra l'Asia sud-orientale, l'Australia e la Nuova Zelanda, di status tassonomico discusso. Secondo il gruppo di lavoro diretto da M. J. M. Christenhusz (2011) è annidato in Blechnum, nel quale va fatto confluire. Secondo il Pteridophyte Phylogeny Group (PPG, 2016) va mantenuto come genere autonomo, uno dei diversi un cui va smembrato il polifiletico Blechnum. Sono piante terrestri, in genere sempreverdi, con fronde unipinnate, foglie lanceolate e ruvide al tatto (da cui il nome comune inglese rasp fern, "felce rasposa"); i sori sono disposti in file ai lati della nervatura centrale delle pinnae e le loro tracce sono ben visibili sulla superficie superiore. In genere al momento dell'apertura le fronde sono da rosate a rossastre, per poi diventare verde scuro. E' questa la maggiore attrattiva di queste felci, di cui in giardino si coltivano soprattutto due specie australiane, tendenzialmente tappezzanti e di facile coltivazione, ma purtroppo non del tutto rustiche, D. aspera e D. media. Alcune specie di ridotte dimensioni, come l'australiana e neozelandese D. caudata, sono anche adatte alla coltivazione in un giardino alpino. Qualche approfondimento nella scheda. |
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E' in uscita La ragione delle piante, che costituisce l'ideale continuazione di Orti della meraviglie. L'avventura delle piante continua! CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
March 2023
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