Nel 2022, in occasione dei 400 anni dalla nascita, la città natale e il Land Brandeburgo hanno dedicato un convegno internazionale e una serie di pubblicazioni a Christian Mentzel, medico personale del Grande Elettore Federico Guglielmo. Personaggio poliedrico, come medico ebbe un ruolo centrale nella creazione delle strutture sanitarie dello stato prussiano, come botanico fu autore di una flora locale di Danzica e di uno dei primi dizionari universali dei nomi delle piante, come chimico si occupò della pietra fosforica bolognese, come bibliotecario curò la redazione di alcune magnifiche opere illustrate; negli ultimi anni della sua vita fu in relazione con vari studiosi che vivevano o avevano vissuto in Asia e divenne uno dei padri fondatori dello studio della lingua e della civiltà cinesi. Plumier gli dedicò il genere Mentzelia, poi ufficializzato da Linneo. Una flora locale e un grande viaggio d'istruzione Il quattrocentesimo compleanno del medico, botanico e sinologo Christian Mentzel (1622-1701) è stato celebrato a Fürstenwalde, la sua città natale, con un simposio internazionale - culmine di una serie di iniziative in ricordo del poliedrico personaggio. La città sorge sul fiume Sprea, quasi a metà strada tra Berlino e Francoforte sull'Oder, e nel Seicento, grazie alla sua posizione sul fiume, era un importante nodo commerciale, rinomato anche come centro scolastico. Mentzel, che era figlio del sindaco, ricevette la prima eduicazione in casa poi nel 1630 fu ammesso al Ginnasio di Joachimsthal, una scuola d'élite da poco fondata e finanziata dall'elettore di Brandeburgo. Nel frattempo però era scoppiata la guerra dei Trent'anni; nel 1636 studenti e professori furono costretti a mettersi in salvo da un'incursione svedese durante la quale la scuola andò distrutta. Christian dovette interrompere gli studi e nel 1639 perse anche il padre, morto di peste. Si trasferì allora a Berlino per studiare al Köllnisches Gymnasium; studiò quindi medicina prima a Francoforte sull'Oder poi a Königsberg. Nel 1647 accompagnò l'ambasciatore del Brandeburgo a Varsavia e a Cracovia e nel 1648 fu assunto come lettore di anatomia e botanica presso il ginnasio accademico di Danzica. Si trovò così a collaborare ai progetti di riforma scolastica di Johann Raue (Ravius), ammiratore e seguace di Comenio, che davano maggiore spazio a uno studio non libresco della natura. Così le sue lezioni di botanica non si svolgevano solo in aula, ma anche nei prati, nei campi e nei boschi. Proprio come supporto didattico per i suoi studenti Mentzel scrisse il suo primo libro, Centuria plantarum circa nobile Gedanum ad elenchum plantarum gedanensis dom. Nicolai Oelhafii. L'esilissimo libretto (poco più di 20 pagine) elenca in ordine alfabetico 100 piante reperibili nell'area di Danzica; secondo quanto scrive l'autore, è il frutto di cinque mesi di escursioni: "Condussi per campi e foreste la più nobile adolescenza e quanto da ogni lato si offriva fiorente, lo sottoponevo ai loro occhi fedeli". Uno di quei nobili adolescenti era Jakob Breyne che proprio grazie a Mentzel si appassionò alle scienze naturali, Mentzel per lo più si rifà al precedente della prima flora di Danzica, anzi dell'intera area compresa tra Prussia e Polonia, Elenchus plantarum circa nobile Borussorum Dantiscum sua sponte nascentium (1643), del medico (e suo predecessore come insegnante di anatomia e botanica al ginnasio accademico) Nikolaus Oelhafen, estraendone solo le piante che ha effettivamente incontrato e presentandole in modo più sintetico, adatto a un "quaderno di campo" per adolescenti; elimina tra l'altro le indicazioni sugli usi medici. Ogni voce, brevissima, inizia con il nome latino per lo più ripreso dal Pinax di Caspar Bauhin, seguito dal nome tedesco e dai sinonimi in altri autori, dall'epoca di fioritura e dalla localizzazione (generica in latino, specifica in tedesco, ad esempio in littoris maris bei Zoppot). Nel 1650, forse poco dopo aver pubblicato il libro, Mentzel lasciò Danzica per un lungo viaggio di istruzione; imbarcatosi ad Amburgo, visitò l'Olanda, dove fu ad Amsterdam e Leida e forse strinse alcuni dei legami che gli sarebbero stati utili nella sua futura carriera; quindi continuò il suo viaggiò in nave, toccando le coste della Francia, del Portogallo e della Spagna. Proseguì nel Mediterraneo, toccando successivamente Maiorca, la Corsica, la Sardegna, le Isole Eolie, la Sicilia, Malta, Creta e Corfù, dalla quale raggiunse Venezia. Visitò Pisa, Firenze, Roma, Napoli, dove scalò il Vesuvio, quindi riprese gli studi di medicina a Bologna e a Padova, dove nel 1654 ottenne il dottorato in filosofia e medicina. Sulla via del ritorno, visitò ancora Verona, Vicenza, Trento, Innsbruck, Vienna, Augusta e Norimberga, dove incontrò il futuro presidente dell'Academia Naturae Curiosorum, Johann Georg Volkamer. Quindi si stabilì come medico prima a Fürstenwalde, poi a Berlino. Qui attirò l'attenzione del grande elettore Federico Guglielmo che lo nominò aiutante medico di corte e medico di campo. In questa veste partecipò alla campagna contro gli svedesi in Holstein; quindi accompagnò a Cleves e Königsberg l'elettore che nel 1660 lo promosse a proprio medico personale e membro del consiglio di corte. Bibliotecario e... editor Era un compito faticoso che spesso imponeva a Mentzel lunghi viaggi lontano da Berlino per accompagnare l'elettore nelle campagne militari e nelle visite diplomatiche o per assistere lui o i suoi famigliari in caso di malattia, come nel 1667, quando andò nei Paesi Bassi per recuperare la principessa Luise ammalata di tisi e riportarla in patria o nel 1674 quando non poté salvare dalla morte il giovanissimo principe Carl Emil, ammalatosi di febbri perniciose durante una campagna in Alsazia. Dal 1661 fu anche impegnato, con altri medici di corte tra cui Elsholtz, nella riforma del settore sanitario che sarebbe sfociata nell'editto medico del 1685. Per molti anni a causa di questi impegni pressanti e dei continui spostamenti non poté scrivere né soddisfare la sua passione per la botanica, anche se sappiamo che continuò ad osservare la flora e a probabilmente tenne un diario di campo dei propri ritrovamenti. L'elettore gli aveva affidato anche la sua biblioteca e intorno al 1660 gli chiese di occuparsi di una collezione di immagini di animali, piante e persone del Brasile olandese che gli era stata donata da Johan Maurits di Nassau Siegen in cambio della nomina a governatore di Mark e Cleves. Si trattava di due libri rilegati con immagini ad acquarello, noti come Libri principis, e di alcune centinaia di fogli sciolti, dipinti sia ad acquarello sia ad olio, questi ultimi presumibilmente opera di Albert Eckhout, oltre a diversi disegni e schizzi. Su richiesta dell'elettore, Mentzel riorganizzò gli oli in quattro volumi in folio con animali e piante; ciascuno è aperto da un frontespizio, con il titolo manoscritto Theatrum Rerum Naturalium Brasiliae e un sottotitolo specifico, racchiusi in una cornice miniata formata da animali; Mentzel figura come autore. Come dimostrano i numerosi fogli bianchi intercalati ai dipinti, egli progettò una rassegna completa della fauna e della flora del Brasile olandese (o Nuova Olanda); infatti anche i fogli bianchi sono numerati, hanno un titolo vernacolare brasiliano e spesso un rimando alle due principali opere scaturite dalla breve occupazione olandese del Nord est brasiliano: Historia Naturalis Brasiliae di Willem Piso e Georg Marcgraf e De Indiae utriusque re naturali et medica di Piso. Chiaramente, Mentzel aveva intenzioni di completare l'opera con ulteriori immagini, in gran parte copiate da queste opere. ma ciò non si realizzò mai, vuoi per i troppi impegni, vuoi per il costo insostenibile, vuoi per insormontabili problemi tecnici. Le immagini sono organizzate secondo un ordine che si vuole "naturale". Nel primo volume troviamo i pesci perché furono i primi ad apparire; nel secondo gli uccelli perché "proprio come i pesci tagliano l'acqua con le pinne, gli uccelli tagliano l'aria con le ali [...] e le somiglianze e le relazioni tra loro indicano chiaramente che Dio onnipotente li ha creati lo stesso giorno"; nel terzo gli indiani e altri abitanti del Brasile olandese perché "l'uomo è il padrone di tutta la creazione e deve essere il primo", seguiti da scimmie, gatti, conigli, volpi, per concludere con insetti e anfibi, la cui natura è considerata intermedia tra animali e piante. Queste ultime occupano il quarto volume, ma Mentzel non diede loro un particolare ordine, anzi sottolineò che ordinarle e classificarle era impossibile. I fogli di piante sono 106, intercalati con 206 fogli bianchi, ma titolati con nomi vernacolari brasiliani e con rimandi alle opere di Piso e Marcgraf; gli studiosi hanno identificato 162 piante vascolari e il fungo Copelandia cyanescens, cui se ne aggiungono altre 196 per i fogli intercalati. Nella maggior parte dei casi, si tratta di piante native del Brasile, ma ci sono anche una trentina di specie introdotte. Le date dei frontespizi dei quattro volumi ci dicono che Mentzel lavorò al Theatrum Rerum Naturalium Brasiliae tra il 1660 e il 1664, poi abbandonò il progetto e i volumi vennero riposti così come si trovavano nella biblioteca dell'elettore. Del resto era iniziato un nuovo ciclo di guerre, conclusosi solo nel 1679 con la pace di Saint Germain. Ora Mentezel non doveva più trascorrere lunghi periodi lontano da Berlino e poteva tornare a studiare e a scrivere. Nel 1675, mentre la seconda moglie dell,'elettore era in travaglio, approfittò dell'attesa per scrivere un saggio sulla cosiddetta pietra di Bologna, ovvero una pietra fosforescente di barite che nel Seicento attirò l'attenzione di molti studiosi, tra cui Fortunio Liceti, che era stato suo professore a Padova. Con questo saggio Mentzel iniziò una regolare collaborazione con l'accademia Leopoldina, cui fu ammesso quello stesso anno. Un lessico botanico e molte opere "cinesi" Tornò anche a occuparsi di piante, con un'opera singolare che fonde l'interesse per la botanica con quella per le lingue: un dizionario universale dei nomi delle piante. Proprio come la piccola flora di Danzica che aveva scritto da giovane, anche quest'opera della vecchiaia nacque da un intento didattico. Mentzel aveva tre figli maschi, ma, come scrisse - metà rassegnato metà sconsolato - all'amico Volkamer, nessuno dei tre aveva voglia di studiare. Infine però Johann Christian si convinse a seguire le orme paterne e a studiare medicina. Per avviarlo alla botanica, che continuava a considerare una competenza di base indispensabile per ogni medico, il padre gli assegnò il compito di leggere tutti i testi di botanica che gli capitassero sotto mano e compilare una lista alfabetica di tutti in nomi delle piante via via citate, in tutte le lingue. Da esercizio scolastico, l'idea si trasformò in un progetto editoriale cui padre e figlio lavorarono insieme a quattro mani; nel 1682 fu pubblicato sotto il titolo Pinax Botanōnymos Polyglōttos Katholikos o Index Nominum Plantarum Universalis. Come ci informa il chilometrico frontespizio, contiene i nomi delle piante in dozzine di lingue e dialetti, a iniziare dal latino e dal greco, per proseguire con le principali lingue europee, ma anche con idiomi più esotici dei quattri continenti: ebraico, caldeo, arabo, siriano, turco, tataro, malabarico, bramino e cinese per l'Asia, egizio, etiopico, mauritano, malgascio ecc. per l'Africa, brasiliano, virginico e messicano per le Americhe. In appendice, Mentzel volle aggiungere una breve selezione di piante rare (Pugillus rariorum plantarum), tanto appartenenti alle collezioni dall'ex allievo Jacob Breyne quanto incontrate nei suoi viaggi, illustrate da tavole calcografiche di buona qualità; aggiunse infine un indice delle piante del manoscritto brasiliano. L'opera era la prima nel suo genere e conobbe un certo successo, venendo ristampata nel 1696. Dal 1685 con la promulgazione dell'editto medico, come medico personale dell'elettore Mentzel entrò a fare parte di diritto del Collegium medicum. Più o meno nello stesso periodo l'elettore gli affidò la cura della sua biblioteca di libri cinesi. In quegli anni, in Europa l'interesse per la Cina, che incominciava ad essere conosciuta soprattutto grazie ai missionari gesuiti, era vivissimo. Molto vi aveva contribuito la recente pubblicazione di China illustrata di padre Athanasius Kircher (1667) che, con l'incoraggiamento dell'elettore, aveva spinto l'orientalista prussiano Andreas Müller a intraprendere lo studio del cinese e la stesura di una serie di opere, tra cui una Clavis sinica che avrebbe dovuto facilitare l'apprendimento degli ideogrammi e della lingua cinese. Federico Guglielmo incaricò Müller di catalogare i manoscritti orientali della biblioteca elettorale ma fu deluso dalla mancata consegna della Clavis sinica che aveva finanzaito e l'orientalista prometteva da diversi anni; nel 1685, quando Müller lasciò Berlino, l'elettore passò l'incarico a Mentzel. Quest'ultimo all'epoca era già sulla sessantina e non aveva alcuna conoscenza del cinese, ma ne affrontò lo studio con energia e entusiasmo. Inoltre, attraverso l'Accademia curiosorum leopoldina, era già in contatto con alcuni membri della Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) da cui poté per ottenere informazioni di prima mano, manoscritti e altri materiali, che andarono ad arricchure la biblioteca elettorale. I suoi corrispondenti più importanti furono Georg Eberhardt Rumpf (Rumphius) e Andreas Cleyer. Con il primo, naturalista al servizio della VOC nella remota Ambon nelle Molucche e come lui membro della Leopoldina, cominciò a corrispondere nel 1682 e scambiò numerose lettere, che poi pubblicò in forma di brevi articoli o notizie tra il 1682 e il 1698 nella Miscellanea curiosa sive Ephemerides dell'Accademia. Ancora più fruttuosa la corrispondenza con l'intraprendente Cleyer. Anche lui era membro dell'Accademia curiosorum ed era in contatto con l'orto botanico di Amsterdam. Durante in suoi due mandati come mercante-capo della factory di Dejima (1683-84 e 1685-86) riuscì ad acquistare uno splendido manoscritto con disegni di uccelli e piante e altri li fece eseguire da un pittore europeo; inviò i materiali a Mentzel che riunì le circa 1300 illustrazioni, precedute da un dedica all'elettore Federico III (era succeduto al padre nel 1688) e da una breve introduzione, in una Flora japonica in due tomi rilegati. Mai pubblicati, entrarono a far parte della collezione di illustrazioni naturalistiche della Biblioteca di stato di Berlino nota come Libri picturati con la sigla A41. L'edizione digitale della magnifica opera è consultabile qui. Egli stesso interessato alla farmacopea e alla medicina cinesi, oltre a contribuire di persona alla rivista dell'Accademia curiosorum con numerose osservazioni su questi argomenti, Cleyer fece pervenire a Mentzel testi medici cinesi per la biblioteca elettorale e altri materiali, che furono da lui uniti agli acquarelli e agli schizzi del dono brasiliano del principe di Nassau Siegen nel volume manoscritto noto come Miscellanea Cleyeri (Liber picturatus A38) e probabilmente custoditi nella sua casa. Confluito nella Biblioteca elettorale di Berlino, insieme ai Libri principis e al Theatrum rerum naturalium Braziliae, fa parte dei Libri picturati scomparsi durante la Seconda Guerra mondiale e ritrovati presso la Biblioteca Jagellonska di Cracovia. Ho già racconta questa storia in questo post. Già nel 1685 Mentzel fu in grado di pubblicare un piccolo lessico latino-cinese (Sylloge minutiarum lexici Latino-Sinico-Characteristici), in cui gli ideogrammi cinesi sono accompagnati dalla traslitterazione fonetica in caratteri latini. Entrato poi in contatto con il missionario gesuita belga Philippe Couplet, l'anno successivo pubblicò una cronologia della storia cinese (Kurtze chinesische Chronologia oder Zeit-Register), basata sulla Tabula chronologica dello stesso Couplet e su Sinicæ historiæ decas prima del gesuita italiano Martino Martini. Su consiglio di Couplet, riprese poi il progetto di Müller di una chiave per l'apprendimento del cinese (Müller da parte sua vi aveva rinunciato e prima di morire fece bruciare i propri manoscritti), basandosi per la grammatica su un manoscritto di Martini, per la pronuncia sul Vocabulario de letra China del domenicano spagnolo Francisco Díaz e per l'impostazione generale sul lessico cinese Zihui che organizzava gli ideogrammi in 214 radici. Tuttavia, non andò oltre prefazione (Clavis Sinica, ad Chinensium scripturam et pronunciotionem Mandarinicam) pubblicata nel 1698. Infatti Mentzel si era già imbarcato in un progetto ancora ambizioso: un dizionario cinese-latino (Chinensium Lexici characteristici inscripti 字彙 Cú-guéi) di cui redasse nove volumi, rimasti però inediti. Per l'intensità e la ricchezza di risultati, l'attività di Metzel come sinologo è tanto più stupefacente se pensiamo che negli ultimi anni della sua vita egli era gravemente malato. Nel 1686 fu colpito da un'emiparesi che gli lasciò un tremore costante degli arti; non poteva più scrivere e poté continuare a studiare e lavorare solo grazie al figlio, che poi gli succedette come medico di corte. Morì a Berlino nel 1701. Mentzelia, fiori notturni dalle Americhe Come botanico, ad assicurare una certa fama postuma a Mentzel fu soprattutto il suo Index Nominum Plantarum Universalis; in Nova plantarum americanarum genera Plumier lo onorò con la dedica del genere Mentzelia proprio ricordando quest'opera; quanto a Linneo, che riprese il genere fin da Hortus cliffortianus, in Bibliotheca botanica elenca il medico dell'elettore sia tra gli autori di flore locali (riferendosi ovviamente alla sua centuria sulla flora di Danzica) sia tra i lessicografi, e utilizzò ampiamente il dizionario di Mentzel come opera di riferimento. Menzelia L. (famiglia Loasaceae) è un genere di un cdntinaio di specie originarie delle Americhe, con centro di diffusione nell'America nord-occidentale; sono soprattutto erbacee annuali, biennali e perenni di breve vita, con qualche arbusto. La grande maggioranza vive in ambienti aridi o subdesertici, spesso disturbati o poveri. La caratteristica più costante sono le foglie munite di peli uncinati che per la loro capacità di attaccarsi a ogni cosa sono stati paragonati al velcro; presumibilmente hanno funzione difensiva, ma è stato anche ipotizzato che i numerosi insetti che vi vengono intrappolati, cadendo poi ai piedi della pianta, contribuiscano ad arricchire il suolo povero di nutrienti. Per la grande variabilità di forme tanto del genere quanto delle specie e per le affinitàmtra queste ultime, è considerato un genere tassonomicamente difficile. Tanto la forma delle foglie, in genere caratterizzate da margini ondulati, dentati o serrati, quanto la struttura dei fiori sono alquanto varie. I fiori, singoli o riuniti in infiorescenze termiali, possono avere da 5 a 10 petali, talvolta intervallati da brattee, stretti in alcune specie, ampi in altre, mucronati in altre ancora; le corolle sono biache, bianco crema, gialle, a volte rosse alla gola. Molto decorativi gli stami, molto numerosi. I fiori si aprono nel tardo pomeriggio o di sera per essere impollinati da falene e altri insetti notturni. Tra i caratteri distintivi più importanti, anche la superficie dei semi. Ad esempio, quelli di M. affinis, un'annuale distribuita tra California meridionale, Arizona, Nevada e a Baja California, hanno forma prismatica, quello di M. congesta sono angolati con lati concavi ricoperti di minute protuberanze, quelli di M. involucrata sono minuscoli, ruvidi e bianco-cenere. Il genere è particolarmente rappresentato negli Stati Uniti; porta il suo nome la rivista "Mentzelia", organo della Northern Nevada Native Plant Society. Alcune specie, in particolare la californiana M. lindley, sono talvolta coltivate come annuali da giardino. Una scelta di specie nella scheda.
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Con la sua pretesa di rinominare gli esseri viventi secondo il nuovo sistema binominale, Linneo si attirò l'accusa di sfrontatezza e arroganza. Tuttavia, mano a mano che crescevano le adesioni e i seguaci, essere immortalati dal nome di una pianta, ricevendo da Linneo in persona la dedica di un genere, divenne l'aspirazione principale di botanici e "curiosi", come venivano chiamato i dilettanti che sempre più numerosi si innamoravano della botanica grazie alla semplicità del sistema linneano. Ma anche su questo punto le critiche non mancarono: il principe dei naturalisti venne accusato di elargire nomi ad amici e studenti con eccessiva parzialità, sicché si fece assai prudente. Anzi talvolta riluttante, come nel caso del dottor Alexander Garden, medico scozzese trapiantato in South Carolina, che riuscì da aggiudicarsi il prestigioso genere Gardenia solo in seguito a una vera e propria manovra di accerchiamento di un altro linneano, John Ellis. Come una pianta cinese fu scambiata per un gelsomino sudafricano e ebbe il nome di un medico americano I cinesi la chiamavano zhi-zi e la coltivavano da secoli. Con viaggi complicati, che comprendono una tappa nella colonia del Capo in Sud Africa, nel 1754 la varietà a fiori doppi arrivò in Inghilterra e nel 1758 fiorì per la prima volta nella serra del botanico Richard Warner (ca. 1711-1775). Con le lussureggianti foglie verde scuro e i candidi fiori stradoppi dal pervasivo profumo, divenne l'idolo del momento e attorno alla sua classificazione e denominazione scoppiò una disputa botanica. Philip Miller, il cocciuto capo giardiniere del Chelsea Physic Garden, pensò si trattasse di un gelsomino, e la battezzò Jasminum capense, ovvero "gelsomino del Capo di Buona Speranza". John Ellis, mercante e naturalista più che dilettante, non ne era convinto: pensava appartenesse a un genere sconosciuto, e ne inviò un esemplare essiccato a Linneo che confermò il suo parere. Intanto l'abilissimo vivaista James Gordon era riuscito ad averne quattro talee e le aveva moltiplicate con tanto successo che nel giro di pochi anni riuscì a guadagnare 500 sterline, rivendendo le cento piante che ne aveva ricavato. Nel suo vivaio di Miles End la ritrasse il più famoso artista botanico dell'epoca, Georg Dionysius Ehret, etichettandola provvisoriamente con il nome proposto da Miller. Ricevuta la conferma da Linneo, Ellis gli riscrisse proponendogli di battezzare il nuovo genere Warneria in onore del primo proprietario. Questa proposta imbarazzava enormemente Warner, che era amico di Miller e non desiderava contraddirlo; perciò si affrettò a scrivere a sua volta a Linneo, chiedendogli di rifiutarla. Ellis non demordeva e, dopo qualche esitazione, nel 1760 propose a Linneo un nuovo nome: Gardenia, in onore di un amico comune, il medico scozzese Alexander Garden. Anche questa volta Linneo rifiutò: non aveva nessuna intenzione di farsi coinvolgere in queste dispute tra botanici inglesi, inoltre non capiva qualche nesso ci fosse tra Garden e la pianta: non l'aveva né scoperta né coltivata, anzi neppure mai vista. Era disponibile a dedicargli a una pianta americana, ma che aveva mai a che fare con questa sudafricana (che, come noi sappiamo, in realtà era cinese)? Per mesi si dimostrò irremovibile, scrivendo tra l'altro: "Desidero tutelarmi dalle malevole obiezioni, tanto spesso sollevate contro di me, di chi mi accusa di battezzare le piante con i nomi di miei amici che non hanno dato alcun pubblico contributo al progresso della scienza". Alla fine Ellis mise Linneo di fronte al fatto compiuto: gli scrisse che Garden era già stato messo al corrente della dedica e che, al di là dell'Atlantico, la pianta era ormai nota come Gardenia. Poi la pubblicò lui stesso nelle Transactions della Royal Society. Linneo, che non desiderava esautorare il suo principale sostenitore in Inghilterra, che oltre tutto proprio in quei mesi aveva accolto ospitalmente Solander, dovette abbozzare, In questo modo contorto la bella zhi-zi ricevette il nome botanico Gardenia jasminoides J. Ellis. Uno scrupoloso ricercatore linneano E' ora di fare la conoscenza con l'inconsapevole oggetto umano di quella disputa, il dottor Alexander Garden, che - a posteriori - confermò che tanto onore non era stato immeritato. Scozzese, aveva studiato medicina a Edimburgo; nel 1752, essendosi ammalato di tubercolosi, nella speranza di un clima più propizio si trasferì a Charleston in South Carolina, dove esercitò la professione medica per molti anni. Come studente di medicina, aveva cominciato a studiare botanica in patria seguendo i sistemi di Ray e Tournefort; ma quando arrivò in Carolina, da una parte fu affascinato dalla varietà della flora di quella regione benedetta dalla natura, dall'altra fu frustrato dalla sua incapacità di ricondurre le specie non ancora descritte a quei complicati sistemi. In queste ricerche, dichiarerà più tardi, gettò via tre anni. Anche la sua salute non trovò il giovamento sperato. Dopo un anno di clima particolarmente avverso, nel 1754 decise di fare un viaggio a nord. Capitò così a New York, dove fu ospite Cadwallader Colden e di sua figlia Jane (la prima botanica americana), che gli misero a disposizione la loro biblioteca; su quegli scaffali, Garden trovò il suo santo Graal: Flora virginica di Gronovius, nonché Classes plantarum e Fundamenta botanica, due delle prime opere di Linneo. Passò poi da Philadelphia, dove incontrò John Bartram appena rientrato dalla sua escursione nelle Catskill mountains. Al suo ritorno in Carolina, Garden ebbe egli stesso occasione di conoscere più da vicino la selvaggia natura americana, visitando le Blue Montains in qualità di medico della missione incaricata di cercare l'alleanza dei Cherokee contro la Francia. Tornato poi a Charleston, si mise a studiare le opere di Linneo, e, come d'incanto, tutto quello che gli era rimasto oscuro, si chiarì: il cristallino sistema sessuale gli fornì il filo d'Arianna che cercava e si convertì in un fervente seguace del luminare svedese. Nel marzo 1755 osò scrivere al suo idolo una prima lettera, che rimase senza risposta. Solo dopo tre anni (e dopo molte lettere senza risposta) Linneo si degnò infine di rispondergli, iniziando una duratura e feconda corrispondenza. Il grande svedese non era l'unico corrispondente di Garden; l'ambiente in cui viveva, così ricco di specie da scoprire, era invece assai povero di naturalisti, tanto da fargli scrivere: "qui non c'è anima viva che conosca anche solo una iota di storia naturale". Iniziò così a corrispondere con moltissimi naturalisti al di qua e al di là dell'Oceano, come Colden, Bartram, Gronovius, Collinson, e soprattutto John Ellis, che divenne anche il suo principale intermediario con Linneo. Era a lui che inviava gli esemplari di piante e animali che andava raccogliendo nelle escursioni che alternava alla pur molto impegnativa attività di medico. Era un linneano così fervente che, quando Ellis gli propose di pubblicare alcune specie da lui scoperte sulle Transactions della Royal Society, rifiutò, perché avrebbe dovuto scriverle in inglese, mentre Linneo usava solo il latino. Il suo sogno era scoprire un genere sconosciuto, e che magari Linneo gli desse il suo nome. Dapprima credette di aver fatto centro quando gli inviò una pianta che propose di denominare Ellisia in onore dell'amico comune; ma Linneo lo disilluse, determinandola come Swertia difformis (oggi Sabatia difformis). E quando fu il turno di un nuovo tipo di storace, lo deluse di nuovo preferendo dedicarla, su suggerimento di Ellis, con il nome di Halesia a uno studioso ben più illustre di lui, il reverendo Stephen Hales. Il successo sarebbe arrivato solo nel 1765, con la scoperta di ben due nuovi generi; ma ormai Gardenia gli era già dedicato, ed essi furono battezzati Fothergilla e Stillingia, in onore rispettivamente di John Fothergill e Benjamin Stilling-Fleet. Il suo contributo alla scoperta del primo è comunque ricordato dal nome specifico Fothergilla gardenii. Più ancora che alle piante della Carolina, Linneo era però interessato agli insetti, ai rettili e agli anfibi di quella regione che sapeva ricca di specie sconosciute. Garden accondiscese alle sue richieste e da botanico diventò zoologo, inviando a Uppsala le sue eccellenti descrizioni dal vivo e dozzine di esemplari perfettamente conservati nel rum. Sono così almeno una trentina le specie di anfibi, rettili e pesci descritti in Systema naturae la cui scoperta si deve a Garden. La più nota di tutte è Siren lucertina, un anfibio anguiforme che gli sembrava intermedio tra una lucertola e un'anguilla. Qualche anno più tardi, nel 1774, Garden ebbe occasione di studiare le proprietà elettriche di alcune "anguille" giunte vive a Charleston dal Suriname. Le sottopose ad esperimenti ed inviò le sue osservazioni alla Royal Society di Londra, insieme a un esemplare vivo e ad alcuni esemplari perfettamente conservati sotto alcool, di cui John Hunter poté così studiare gli organi elettrici. L'anno prima, Garden aveva ottenuto l'ammissione alla Royal Society. Allo scoppio delle ostilità tra la Gran Bretagna e le colonie, si schierò con i lealisti. Nel 1781 le sue proprietà furono confiscate e due anni dopo ritornò in patria, stabilendosi nei pressi di Londra. Molto rispettato per "la sua benevolenza, la sua allegria, e le sue buone maniere", divenne vicepresidente della Royal Society. Morì di tubercolosi nel 1791. Una sintesi biografica nella sezione biografie. Gardenia, un fiore da leggenda Con circa 150-200 specie di arbusti e alberi sempreverdi diffusi nell'Africa e nell'Asia tropicale e subtropicale, il genere Gardenia è uno dei più notevoli della famiglia Rubiaceae. La specie più nota è indubbiamente G. jasminoides, tanto apprezzata per la sua bellezza e il suo profumo, quanto famigerata per la sua capricciosità. Croce e delizia dei giardinieri, è una pianta mitica, simbolo di bellezza, lusso e seduzione: era il fiore preferito di Sigmund Freud, i dandies francesi della fin du siècle la portavano all'occhiello e Billie Holiday ne appuntava tre alla chioma, tanto da essere soprannominata la "gardenia bianca del jazz"; la scelgono le spose per i loro bouquet, i bar Tiki la ostentano riunite in corone e le usano come ingrediente segreto dei cocktail. Oltre a una celebre rivista di giardinaggio, presta il suo nome a decine di ditte, esercizi commerciali, prodotti di bellezza, associazioni sui temi più vari. In giardino ne sono state selezionate innumerevoli varietà; già la forma doppia a tutti famigliare è frutto della selezione orticola millenaria in Cina, dove è stata preferita alla originaria forma a fiore semplice. Oggi si punta sempre più su quelle un po' più rustiche e meno schizzinose, come G. jasminoides radicans, di dimensioni minori, capace di sopportare l'inverno all'esterno, oppure 'Crown jewel', rustica fino a -10 gradi. Tuttavia, non c'è solo G. jasminoides. Al contrario di questa cinese entrata nella storia della botanica travestita da sudafricana, arriva davvero dalle foreste della regione del Capo G. thumbergia, la seconda specie a giungere in Europa intorno al 1773 grazie a Thunberg e al suo amico Masson. Arriva invece dall'India G. latifolia, un vero piccolo albero, apprezzato non solo per l'ombra offerta dalla densa chioma sempreverde e i fiori, ma anche per i frutti eduli, ampiamente coltivato nel subcontinente e introdotto in molte zone dell'Africa. Numerose sono le specie originarie delle isole del Pacifico, uno dei principali centri di diversità; tra di esse G. taitensis, che fu raccolta per la prima volta a Tahiti durante la seconda spedizione di Cook, uno dei fiori simbolo delle isole, molto apprezzato in profumeria. E non tutte le gardenie hanno fiori bianchi: ad esempio, l'asiatica G. tubifera ha corolle giallo oro. Qualche approfondimento sulle "altre gardenie" nella scheda. Quando a un genere o a una specie vengono assegnati due o più nomi da botanici diversi, vale la legge della priorità: buona la prima! Ma qualche volta stabilire quale nome sia arrivato primo non è facile. Per decidere se un genere di splendide Asclepiadaceae deve chiamarsi Sperlingia o Hoya sarebbe occorso il fotofinish. Ma alla fine fu Hoya, preservando il ricordo del buon giardiniere Thomas Hoy, mentre al povero Sperling è rimasta l'onta di una morte ignominiosa. Atto primo: Copenhagen, 1804-1818 Nella lunga storia della botanica, capita abbastanza di frequente che due o più studiosi studino, descrivano e assegnino indipendentemente un diverso nome alla stessa pianta. E' per questo motivo che, accanto al nome ufficialmente riconosciuto, alcune specie siano identificate anche da uno o più sinonimi, comunque interessanti da un punto di vista storico. Ma ovviamente il nome scientificamente valido deve essere uno solo e per decidere qual è occorrono precise regole. Così nel 1867, organizzato da Alphonse Pyrame de Candolle, figlio del celebre tassonimista Augustin, si riunisce a Parigi il primo Congresso botanico internazionale, con lo scopo di individuare regole condivise; lo scopo è raggiunto con la pubblicazione delle Lois de la nomenclature botanique, redatte dallo stesso de Candolle. Nel caso di due denominazioni in conflitto, valide sotto ogni altro aspetto, vige la regola della priorità: il nome valido è quello che è stato pubblicato per primo in un testo a stampa o almeno divulgato in un'istituzione botanica i cui atti siano accessibili agli studiosi. Stabilire la priorità non è sempre semplice. Ad esempio, nel caso del genere che siamo abituati a chiamare Hoya ci troviamo di fronte a un piccolo giallo. E' certo che il primo nome assegnatogli non è Hoya, ma Sperlingia. Ad attribuirglielo fu Martin Vahl, allievo di Linneo: membro della Società di storia naturale (Naturhistorische-Selskabet) di Copenhagen, poco prima di morire nel 1804 aveva consegnato diversi articoli, tra cui quello in cui descriveva alcune specie di Sperlingia e ne stabiliva il nome, all'amico Niels Tonder-Lund che stava curando la pubblicazione del 6° volume del Bollettino della società. Sono gli anni delle guerre napoleoniche, la Società si dissolve con la morte di Vahl e la pubblicazione va a rilento: Tonder-Lund, funzionario governativo (per un periodo fu anche capo della polizia danese), ha mille incombenze; infine perisce in un naufragio mentre si sta recando a Christiania (oggi Oslo). Soltanto nel 1810 la rivista è pronta per la pubblicazione; lo zoologo Jens Rathke vi premette una prefazione con un lungo necrologio di Tonder-Lund, in cui alcuni passaggi contengono critiche al botanico Erik Viborg (rivale storico di Vahl, cui aveva "soffiato" la prima cattedra di botanica danese). Viborg chiede che i passi incriminati siano tagliati; tra un tira e molla e l'altro, finalmente la rivista, con l'articolo di Rathke epurato, esce nel 1818. Dalla morte dell'autore, sono passati 14 anni. Atto secondo: Londra, 1810 Nel frattempo, nel marzo del 1810 a Londra, l'attivissimo Robert Brown (tutti lo ricordiamo come scopritore del "moto browniano") pubblica il suo fondamentale Prodromus Florae Novae Hollandiae et Insulae Van Diemen, la prima descrizione sistematica della flora australiana. Nel volume, fra l'altro, distacca dalla famiglia delle Apocynaceae la nuova famiglia delle Asclepiadaceae e assegna al nuovo genere Hoya (che corrisponde alla Sperlingia di Vahl) alcune specie da lui individuate nel suo viaggio australiano intorno al 1802. Vuole così onorare un amico, come lui membro della Linnean Society, Thomas Hoy, capogiardiniere di Syon House "i cui meriti come coltivatore intelligente e di successo sono da tempo noti a tutti i botanici del paese". Ecco che la nostra pianta è diventata ufficialmente Hoya. Ma... in effetti c'è un ma. Nella Biblioteca botanica di Copenhagen si trova una copia, l'unica finora conosciuta, del sesto volume del Bollettino della società di storia naturale con la prefazione di Rathke non censurata; data di pubblicazione: 1810. Insomma, il nome legittimo potrebbe essere Sperlingia, anche se finora nessuno è riuscito a scoprire quante copie siano state stampate e esattamente in quale giorno. D'altra parte, alla fine del 1809 Brown aveva letto una memoria sulle Asclepiadaceae alla Linnean Society, dove già compariva Hoya. Con dati tanto incerti e visto che il nome Hoya è quello universalmente usato, la maggioranza dei botanici tende a considerarlo quello valido. Tanto più che il dedicatario di Sperlingia, il medico e botanico Otto Sperling (1602-81) è una figura maledetta, che finì i suoi giorni in carcere per alto tradimento, anche se probabilmente la sua unica colpa fu di essere intimo del cancelliere Ulfeldt (che di alto tradimento sia era macchiato veramente). Peccato per me: sarebbe stato più appassionante raccontare la sua vita, anziché la scarna biografia dell'ottimo e onesto giardiniere Thomas Hoy. E, come magra consolazione, la denominazione Sperlingia è stata assegnata a una delle sezioni del genere Hoya. Una tropicale con una foresta di sinonimi A guadagnarci naturalmente è lei, la bellissima Hoya R. Brown (= Sperlingia Vahl), cui la sorte e i pasticci dei curatori delle riviste di botanica hanno assegnato un nome breve ed eufonico. Il genere è originario del Sud est asiatico e dell'Australia; molto adattabile, vive in una varietà di habitat, che vanno dalle foreste pluviali alle pendici dell'Himalaya alle zone semidesertiche dell'Australia. Accanto alle rampicanti, che sono quelle a noi più familiari, contiene anche arbusti e ricadenti epifitiche. Appartiene alla sottofamiglia delle Asclepiadoideae (che con buona pace di Brown, i genetisti hanno declassato a sottofamiglia delle Apocynaceae). Le più note sono indubbiamente le rampicanti H. lanceolata subsp. bella e H. carnosa, ma oggi grazie a coltivatori ed appassionati altre specie incominciano ad essere reperibili anche da noi. Tuttavia, dato che si tratta di introduzioni recenti - dopo il 1990 - provenienti per lo più da habitat non del tutto esplorati delle foreste pluviali del sudest asiatico, il numero esatto delle specie non è noto; d'altra parte, spesso ogni introduttore assegna un proprio nome, creando una foresta di sinonimi che rendono la classificazione ancora più complicata. Ad esempio, la stessa specie può essere chiamata da diversi venditori H. gracilis, H. davidcummingammi, H. angustifolia. Del resto, niente da stupirsi, con una storia simile alle spalle! Come sempre, approfondimenti nella scheda. Per onorare il suo medico, invece di erigergli una statua, un re battezza una pianta con il suo nome. E riesce nel suo intento; come noterà Linneo, i monumenti si perdono, le piante rimangono. Così anche noi, anche se non sappiamo più niente di lui, dopo duemila anni celebriamo il medico Euforbo con il genere Euforbia, e anche il re Giuba con il genere Jubaea. E' meglio una statua o una pianta? L'imperatore Augusto, uno di quelle persone acciaccate dotate di una "cattiva salute di ferro" e destinate a seppellire tutta la famiglia, nel 23 a.C. venne colpito da una grave affezione epatica, tanto che se ne temeva la morte. Il suo medico Antonio Musa gli salvò la vita prescrivendogli una cura idroterapica a base di bagni freddi; riconoscente, l'imperatore, oltre a concedergli la cittadinanza romana, lo onorò con una statua di bronzo. Anche il fratello di Antonio Musa era medico: sia chiamava Euforbo ed era al servizio di Giuba II (Juba), re di Mauretania. In polemica con Augusto, quest'ultimo onorò il suo medico con un dono speciale: ribattezzò euphorbion una pianta medicinale, scoperta da Euforbio nella catena dell'Atlante, il cui lattice era dotato di potenti virtù medicinali. Anzi in onore di entrambi, la pianta diventerà Euphorbia regis-jubae, l'euforbia del re Giuba; il nome è tuttora usato, anche se probabilmente la specie scoperta da Euforbo è piuttosto E. resinifera. Passano i secoli. Della statua di Antonio Musa non rimane neppure il ricordo; arriviamo al 1753, quando Linneo, ufficializzando il nome Euphorbia in Genera Plantarum scrive: "Dov'è adesso la statua di Musa? E' perita, svanita! Ma quella di Euforbo perdura, è perenne, e nessuno potrà mai distruggerla". Due generi celebrativi: Euphorbia e Jubaea In effetti è davvero indistruttibile il genere Euphorbia, che con le sue duemila specie non solo è uno dei più vasti dell'intero regno di flora, ma soprattutto quello più polimorfico. La sua capacità di adattamento fa sì che includa erbacee, suffrutici, carnose piante grasse cactiformi, addirittura alberi perenni. Molte si sono insinuate nei nostri giardini e nelle nostre case, e in questo periodo natalizio furoreggia nelle vesti della stella di Natale Euphorbia pulcherrima. Di questa e di almeno alcune delle tante specie si parla nella scheda. Ma anche re Giuba - che tra l'altro era appassionato di scienze naturali e scrisse libri sull'argomento - oltre che dal nome specifico di Euphorbia regis-jubae, è onorato dal nome di un genere, Jubaea. In effetti, questa splendida palma cilena, che gli fu dedicata all'inizio dell'Ottocento dal botanico tedesco K.S. Kunth, è ben degna di onorare il sovrano-naturalista. Altre notizie sull'unica specie del genere, Jubaea chilensis, nella scheda. Anzi, un secolo dopo l'omaggio a Giuba è addirittura raddoppiato, grazie al naturalista italiano Odoardo Beccari, grande esperto di palme, che nel 1913 creò il genere Jubaeopsis, "di aspetto simile a Jubaea". Anche in questo caso è un genere monotipico, che ci porta in Sud Africa con l'unica specie Jubaeopsis caffra, su cui trovate qualche notizia nella scheda. L'unico a rimanere con un pugno di mosche alla fine fu proprio Antonio Musa. E' vero, esiste un genere Musa (quello a cui appartiene il banano) e addirittura una famiglia Musaceae, ma non hanno niente a che fare con il fratello di Euforbo. In effetti, questo nome è una latinizzazione del termine arabo mauz, "banana", arrivato in Occidente già nel Medioevo tramite le traduzioni di testi medici e botanici arabi, primo fra tutti il Canone di Avicenna (XI secolo). Insomma, concludiamo con Linneo: le piante sono più durature del bronzo! Con le scoperte geografiche, centinaia e centinaia di piante mai viste in Europa vengono "scoperte" e descritte da viaggiatori e botanici (o viaggiatori-botanici tout court). Come chiamarle? Si può usare il nome indigeno, creare un nome che ne descriva le caratteristiche, ma un frate minimo, al ritorno dei suoi viaggi nelle Antille, ha un'idea più brillante: perché non trasformare i nomi delle piante in un omaggio ai grandi botanici del passato e del presente, senza dimenticare di pagare qualche debito di riconoscenza? E' quello che farà Charles Plumier nel suo Nova plantarum americanarum genera. Linneo, cogliendo un suggerimento di Tournefort, lo celebrerà con il profumatissimo genere Plumeria. Nelle Antille alla ricerca della Cinchona Tra gli uomini che a partire dal Cinquecento esplorarono il nuovo mondo un gruppo consistente è rappresentato dai religiosi, spinti dallo spirito missionario ma anche impegnati in spedizioni scientifiche. Difatti, a quell'epoca, in particolare nei paesi cattolici, un giovane d'ingegno, ma povero di mezzi, aveva un solo modo per accedere agli studi: abbracciare la carriera ecclesiastica. Così in paesi come la Francia, l'Italia, la Spagna, la maggior parte degli studiosi e degli eruditi tra Cinquecento e Seicento era membro del clero. D'altra parte, mano a mano che nuove essenze arrivavano in Europa, ci si rendeva conto del loro enorme valore economico: ad esempio la diffusione rapida del mais contribuiva a attenuare le devastanti carestie, mentre piante medicinali offrivano inediti e più efficaci rimedi alle malattie, come il chinino ricavato dalla quasi mitica Cinchona. Del resto giardini ricchi di piante esotiche e la sponsorizzazione di spedizioni scientifiche garantivano il prestigio internazionale di ogni sovrano. La Francia del Re Sole doveva ovviamente giocare anche questa carta. Così nel 1689 un medico con buone conoscenze farmacologiche, Joseph Donat Surian, e un frate che è al tempo stesso eccellente botanico e ottimo disegnatore, il frate minimo Charles Plumier, vengono inviati nelle Antille francesi alla ricerca di piante medicinali, in particolare la Cinchona officinalis. Uscito ben presto di scena Surian, nel corso di tre viaggi, tra il 1689 e il 1695, Plumier esplora Martinica, Guadalupa, Haiti, oltre a diverse piccole Antille; forse visita anche le coste del Brasile. Nel corso delle sue esplorazioni incontra e descrive moltissime piante, che ritrae in migliaia di disegni, talvolta a colori. Le nuove piante americane di Plumier Alcune di esse sono del tutto nuove per la scienza e non appartengono ad alcun genere noto. A un centinaio di esse Plumier dedica Nova plantarum americanarum genera (1703-1704), cioè "I nuovi generi di piante americane". L'opera (a cui oggi chiunque può accedere facilmente, essendo stata messa on line dalla Bibliothèque Nationale de France) è interessante da molti punti di vista. Intanto non è dedicata a un sovrano o al potente di turno, ma botanicis et botano-philis, "ai botanici e agli amanti della botanica". Inoltre - ben prima di Linneo - a Plumier è evidente che solo un nome condiviso eviterà errori e confusioni; eccolo quindi battezzare i nuovi generi con nomi da lui creati per dotarli di un nome certo (plantas incertas certis generibus insignire). Per coniare i nomi, spesso si rifà alle denominazioni volgari spagnole o indigene, quasi sempre attraverso la mediazione dei botanici spagnoli che avevano decritto le piante prima di lui; raramente desume il nome dalle caratteristiche della pianta; in circa la metà dei casi, ricava il genere dal nome di illustri botanici, viaggiatori e descrittori di piante, o più raramente potenti che avevano protetto gli studi botanici. In tal modo, afferma nella prefazione, egli intende "cingere la loro chioma del meritato alloro". Botanica e storia della botanica Ciascuna voce del catalogo di 106 nuovi generi (per un totale di 219 specie) ha una struttura ricorrente: - il nome del genere, in maiuscoletto a centro pagina; - la descrizione del genere, basata sul modello imposto dal botanico Pitton de Tournefort che si sofferma su fiori e frutti; - l'elenco delle diverse specie (spesso sotto forma di nomi-descrizione) - in carattere corsivo, la biografia del dedicatario. In tal modo Nova plantarum americanarum genera, oltre che un omaggio ai grandi botanici, diventa una storia della botanica attraverso i suoi studiosi più eminenti, da Dioscoride ai contemporanei come appunto il conterraneo (e amico) Pitton de Tournefort o l'inglese Hans Sloane. L'opera è completata da 40 tavole di disegni analitici dei particolari di fiori e frutti dei generi decritti, di mano dell'autore, la cui abilità di disegnatore era pari alla competenza botanica. Nella scelta dei dedicatari, Plumier dimostra la sua grande indipendenza di pensiero: a parte pochi potenti (e tra di loro non c'è il re), gli uomini che incorona sono coloro che l'hanno preceduto nell'esplorazione della flora americana (quindi soprattutto viaggiatori e botanici spagnoli) e i botanici del passato e del presente, badando al loro contributo scientifico, non alle loro posizioni ideologiche e religiose. Dunque c'è un bel drappello di protestanti, esuli dalla Francia come Clusius, Lobel, i Bauhin, o costretti alla conversione forzata, come Magnol. Per capire l'importanza dell'opera di Plumier, basti pensare che Linneo ne farò largo uso, considerando il frate francese la maggior autorità per le piante americane. Quanto ai nuovi generi "onorifici", lo svedese ne farà propri moltissimi: ad esempio, tra i più noti, Fuchsia, Lobelia, Magnolia, Bauhinia, Matthiola. Tuttavia, in qualche caso, riprenderà il nome assegnandolo a un'altra pianta; è il caso di Cortusa e Lonicera. Altre informazioni sulla vita di Plumier, i suoi viaggi e i suoi disegni nella biografia. La profumatissima Plumeria Ma è ora di parlare della Plumeria. A differenza di Linneo, Plumier era l'umiltà fatta persona e mai avrebbe dedicato un genere a se stesso. Tuttavia ci fu chi lo fece per lui. Nel 1700 il grande botanico Joseph Pitton de Tournefort pubblicò Institutiones rei herbariae (Istituzioni del mondo della botanica), in cui distinse chiaramente il concetto di genere e descrisse 698 generi. Un certo numero erano proprio piante americane fatte conoscere da Plumier; ad esempio la Begonia, che il frate stesso aveva battezzato in onore di Michel de Bégon, e appunto la Plumeria, battezzata da Pitton de Turnefort "in onore dell'illustre scopritore Plumier, botanico del re, che ha arricchito la botanica di così numerose e belle piante". Nel testo, vengono elencate tre specie, con i classici nomi polinomiali del tempo seguito dal nome francese: - Plumeria flore roseo, odoratissimo - Frangipanier a fleur rouge ; - Plumeria flore niveo, foliis longis, angustis et acuminatis - Frangipanier a fleur blanche; - Plumeria flore niveo, foliis brevioribus et obtusis. Le prime due potrebbero corrispondere alle due specie anche oggi più note, P. rubra e P. alba. Come si nota, quando il botanico francese descrisse e battezzò la pianta, essa era già conosciuta con il nome frangipani (in francese frangipanier). Probabilmente Plumier lo conobbe con questo nome quando lo vide la prima volta nelle Antille, anche se nello spagnolo del sud America, accanto a frangipani, si usano anche nomi indigeni. Il più poetico è senza dubbio il nome, di origini nahuatl, sacuanjoche che significa letteralmente "fiore preziosa piuma gialla" . Per approfondimenti sul genere Plumeria, si rinvia alla scheda. Chi ha inventato i nomi scientifici formati dalla combinazione di due nomi, uno per il genere, l'altro per la specie? Risposta facile: Linneo. Risposta facile ma sbagliata! L'inventore è Gaspard Bauhin. Scopriremo in che modo ha anticipato la nomenclatura linneana e perché è stato importante nella storia della botanica. E troveremo anche la risposta a un altro interrogativo: come mai una coppia di severi calvinisti svizzeri (Gaspard e suo fratello Jean) è stata immortalata dal genere Bauhinia, le cui fioriture sgargianti le hanno guadagnato il nome di albero delle orchidee? Chi ha inventato la nomenclatura binomiale? Tutti conosciamo Linneo come l’inventore della nomenclatura binomiale, ma non si trattava di un'invenzione del tutto originale. Lo studioso svedese la riprese da un medico e botanico franco-svizzero, vissuto un centinaio di anni prima: Gaspard (o Caspar) Bauhin. Costui, nel suo Pinax theatri botanici (1596) introdusse per primo i concetti di genere e specie. Fino ad allora, negli erbari e nei testi di botanica la denominazione della pianta era costituita da una descrizione in latino più o meno ampia, che inoltre variava da autore ad autore: ad esempio il comune ranuncolo dei prati (Ranunculus acris) poteva essere denominato Ranunculus pratensis reptante caulicolo oppure Ranunculus magnus hirsutus flore pleno, e così via. Questi nomi-descrizione vengono definiti nomi polinomiali, o denominazione polinomia, in contrapposizione ai futuri nomi binomiali e alla denominazione binomia. Bauhin ridusse tale descrizione al minimo, spesso utilizzando due parole: una per il genere, l’altra per la specie, analogamente al sistema attuale. Tuttavia non lo fece in modo sistematico; spesso mantenne nomi-descrizione; inoltre per i generi costituiti da una sola specie o per le specie tipiche, spesso usò un solo nome; non si tratta dunque né di un sistema coerente né di un metodo universale. In ogni caso, Pinax theatri botanici può essere considerato una pietra miliare della storia della botanica; Gaspard Bauhin vi descrisse e classificò quasi 6000 specie, facendone uno dei testi botanici più reputati e consultati del tempo. Lo stesso Linneo lo utilizzò largamente, riprendendo molte denominazioni introdotte da Bauhin; lo dimostrano anche le oltre 300 annotazioni di sua mano che costellano l’esemplare del Pinax a lui appartenuto. Per un approfondimento sul ruolo di Bauhin nella invenzione della nomenclatura binomiale e sulle ragioni per cui Linneo ne ha oscurato la fama, si rimanda all'interessante articolo di C. Sorrentino. Anche Jean (o Johann) Bauhin, fratello maggiore di Gaspard, era medico e botanico; a sua volta, dedicò una grande opera, Historia plantarum universalis, alla descrizione di tutte le piante allora conosciute; il lavoro, rimasto incompiuto, ne registra oltre 5000. Altre notizie sui fratelli Bauhin nella sezione biografie. Le foglie "fraterne" della Bauhinia La Bauhinia venne dedicata ai fratelli Bauhin dal suo scopritore, il frate francese Charles Plumier, che l'aveva raccolta nel 1690, durante il suo primo viaggio nelle Antille. Era stato proprio Plumier a inaugurare l'abitudine di dedicare i nuovi generi che andava scoprendo a botanici del passato, viaggiatori, scienziati nonché personaggi influenti della corte del re Sole. Nell'assegnare questo genere ai due fratelli padre Plumier aveva in mente una sua caratteristica peculiare. Le foglie di diverse specie di Bauhinia sono formate da due lobi divergenti ma uniti alla base (appaiono abbastanza simili a quelle del nostro albero di Giuda, Cercis siliquastrum, che del resto è strettamente imparentato). In tal modo egli intese disegnare un ritratto vegetale dei due fratelli, diversi e allontanati dalle vicende biografiche, ma uniti dall'amore per la botanica di cui furono tra i più importanti pionieri. Per classificare e nominare le piante americane Linneo si avvalse ampiamente delle opere di Plumier e spesso - come in questo caso - riprese i nomi da lui assegnati. Convalidato in Species Plantarum 1753, questo genere è dunque per noi Bauhinia L. (dove la sigla sta per Linneo). Nella sezione schede, un profilo del genere Bauhinia, con sintetiche informazioni sulle specie più significative. E se leggerete attentamente, scoprirete anche un modo per superare brillantemente gli esami! 1732: un giovane scienziato svedese, nel corso di una spedizione botanica in Lapponia, rinviene grandi quantità di una deliziosa piccola pianta che diventa ben presto il suo fiore preferito. Quel giovane era il grande Linneo e quella pianta la Linnaea borealis. Raccontando la loro storia scopriremo perché molte piante commemorano personaggi più o meno celebri, perché la Linnaea si chiama così e impareremo qualcosa di più su questa bellezza in miniatura. Linneo e la denominazione binomiale Il primo articolo di questo blog è obbligatoriamente dedicato a Linneo, l'Adamo che ha dato il nome alle piante (e agli animali). Com’è noto, egli impose la nomenclatura binomiale, che si basa sull’attribuzione ad ogni essere vivente di due nomi (in lingua latina): il primo definisce il genere ed è uguale per tutte le specie che hanno in comune alcune caratteristiche generali (ad esempio Begonia), il secondo indica la specie distinta dalle altre per alcuni caratteri particolari (ad esempio Begonia semperflorens). Con questo sistema (non del tutto inventato da lui, ma finalmente usato in modo sistematico) rivoluzionò per sempre la nomenclatura scientifica degli organismi viventi, creando una denominazione universale al di là delle singole lingue e dei nomi di uso locale. Nei suoi libri, Linneo descrisse e classificò migliaia di specie. Per cogliere la portata dei suoi lavori, basti pensare che l’International Plant Names Index alla data di oggi gli assegna 39542 record (anche se non tutti corrispondono a denominazioni oggi accettate). Nell'attribuire un nome a piante conosciute e in generale alla flora del vecchio mondo, egli riprese quando possibile i nomi latini o classici: ad esempio latini sono Rosa, Viola, Hedera, greco-latini Narcissus, Hyacinthus, Daphne. Su basi latine coniò poi nomi descrittivi per le piante esotiche che affluivano sempre più numerose dai quattro angoli del mondo: ad esempio battezzò Indigofera tinctoria "la pianta portatrice di indaco dei tintori" la pianta (proveniente dall'India) da cui si ricavava l'indaco. Non di rado, tuttavia, nell'assegnare il nome a un genere sconosciuto in Europa o recentemente scoperto, rese omaggio a studiosi contemporanei o del passato, ai suoi allievi che sguinzagliò alla caccia di piante in tutti i continenti, o semplicemente a potenti, persone influenti e protettori. In ciò, seguì l'esempio di Charles Plumier che a quanto pare sarebbe stato il primo ad utilizzare nomi celebrativi per battezzare i nuovi generi di piante. Com'è giusto, tra i botanici onorati dal nome di una pianta c'è anche Linneo stesso (o per chiamarlo con il suo vero nome, Carl von Linné), immortalato da Linnaea borealis. In realtà, il nostro non era così arrogante da dedicare su due piedi un genere a se stesso. La storia è un po' più complicata. Nel 1732, quando aveva 25 anni, partecipò a una spedizione botanica in Lapponia, nel corso della quale trovò molti esemplari di una pianta che chiamò Campanula serpyllifolia ("Campanula con foglie simili al timo"). Questa pianta diventò la sua favorita. Qualche anno più tardi, nel 1735, nel suo Systema naturae la battezzò Rudbeckia in onore del proprio maestro Olof Rudbeck e del padre omonimo: Rudbeck il giovane aveva infatti esplorato la Lapponia prima di lui. A ribattezzare la pianta Linnaea in onore del giovane amico svedese fu il protettore di Linneo durante il suo soggiorno nei Paesi Bassi, il botanico olandese Jan Frederik Gronovius. Non troppo riluttante, lo stesso Linneo accettò l’omaggio e usò il nome Linnaea nel suo Species Plantarum del 1753, dove per la prima volta descrisse la pianta battezzandola Linnaea borealis ("L. delle latitudini settentrionali"). Sottolineò, anzi, che c'era uno stretto legame tra lui e la pianta: entrambi arrivavano dall'estremo nord, era modesti, quasi insignificanti; dunque, a suo parere, Gronovius aveva scelto bene. Che poi Linneo fosse davvero modesto non è proprio vero, ma evidentemente gli piaceva presentarsi così. Comunque egli non dimenticò di omaggiare il suo maestro, attribuendo il nome Rudbeckia a un’altra pianta. E nessuno si stupirà di scoprire che esiste anche la Gronovia! Un breve profilo di Linneo nella sezione Biografie. E naturalmente, lo incontreremo spessissimo in questo blog. L'affascinante Linnaea Al di là della complicata storia del suo nome, Linnaea borealis è una pianta interessante di per sé. In primo luogo si tratta di una cosiddetta "specie relitta": in Europa è presente nella penisola scandinava e in diverse aree montane, in particolare nelle Alpi. Poiché la sua distribuzione non è continua, si suppone che nei periodi glaciali occupasse un'area molto più ampia; dopo l'ultima glaciazione, il suo areale si ridusse alle zone più fredde, mentre a sud riuscì a sopravvivere solo in montagna. Il genere Linnaea è monospecifico, in altre parole comprende l'unica specie borealis, diffusa nei tre continenti dell'emisfero boreale, con tre sottospecie: Linnaea borealis subsp. borealis - Europa Linnaea borealis subsp. americana - America Settentrionale Linnaea borealis subsp. longiflora - Asia e costa pacifica dell'America settentrionale (dall'Alaska alla California). Sono le sottospecie europea ed asiatica ad avere carattere di specie relitta, mentre la sottospecie americana occupa un areale piuttosto ampio, come si può vedere nella mappa pubblicata nel sito del Biological Laboratory delle Montagne rocciose. Un'ultima curiosità: la Linnaea borealis appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae, ma alcuni ricercatori tendono ad assegnarla ad una famiglia propria: le Linnaeaceae. Come molte alte piante, la gentile Linnaea è diventato anche un nome femminile, Linnea, diffuso in Svezia (dove è comune anche il diminutivo Linn), Finlandia, Norvegia e Inghilterra. Altre informazioni su questo genere, comprese le complicate discussioni tassonomiche che lo coinvolgono, nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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