A inizio Ottocento, la crescente richiesta di esemplari naturalistici da parte di istituzioni e privati apre nuovi spazi ai raccoglitori indipendenti, diversi dalla tradizionale dipendenza da un patrono. Così, quando non sopporta più lo sponsor iniziale, il tedesco Ferdinand Deppe decide di mettersi in proprio. Convince poi a unirsi a lui un amico, il botanico Christian Julius Wilhelm Schiede. All'inizio con un certo successo, ma poi l'avventura finirà piuttosto male per Deppe, malissimo per Schiede. I due amici sono ricordati dai generi Deppea, Schiedea, Schiedeella. A caccia di animali e piante in Messico Nel 1821, il Messico divenne ufficialmente indipendente. Ciò apriva nuove possibilità per la ricerca naturalistica. Fino ad allora, la corona spagnola era stata gelosissima delle sue colonie americane e solo a pochissimi naturalisti, tra cui spicca il nome di Humboldt, era stato concesso di varcare la frontiera messicana. Quasi immediatamente, il conte Albert von Sack, ciambellano del re di Prussia e Secondo maestro della caccia reale, inziò a progettare una spedizione che, iniziata in Messico, proseguisse in Guatemala e poi ancora in Sudamerica. Era un personaggio piuttosto eccentrico, con precedenti esperienze di viaggio in contrade lontane: tra il 1805 e il 1807, poi di nuovo tra il 1810 e il 1812 era stato in Suriname raccogliendo "ogni genere di rarità naturali" per la recentemente fondata università di Berlino; tra il 1818 e il 1820 aveva viaggiato in Grecia, Cipro, Egitto, raccogliendo oggetti naturali e archeologici per varie istituzioni berlinesi. Egli avrebbe finanziato la spedizione a beneficio del Museo di storia naturale di Berlino; oltre a lui, vi avrebbero preso parte un suo servitore, uno zoologo del museo e il giardiniere Ferdinand Deppe (1795-1861), da lui scelto e imposto. Nato a Berlino in una famiglia di origini francesi, quest'ultimo si era formato presso i giardini di Graz, Vienna, Kassel e Monaco e al momento lavorava come giardiniere a Charlottenburg. Attivo e serio, si preparò con cura, leggendo ogni opera disponibile sulla flora, la fauna e la geografia del Sudamerica e imparando a preparare le pelli degli animali. La preparazione della spedizione tuttavia si trascinò per le lunghe e fu pronta a partire solo nell'ottobre 1824, previa una lunga tappa a Londra per visitare le collezioni del British Museum e l'esibizione messicana di William Bullock, un avventuriero inglese che aveva fatto qualche fortuna nel settore minerario. Lasciata Londra all'inizio di ottobre, via Barbabados e Giamaica il gruppo raggiunse Alvarado nello stato di Veracruz a metà di dicembre, ma durante il viaggio il servitore del conte morì di febbre gialla. Dopo un'escursione alla laguna di Tlaticalpán, proseguirono poi per Città del Messico via Xalapa. Ad aprile un'escursione portò Deppe a Temascaltepec, dove egli conobbe William Bullock jr., figlio del citato Mr. Bullock, che era tornato in Messico con la famiglia sperando. Fu forse questo incontro o la crescente insofferenza per i modi del conte che spinsero Deppe a lasciare la spedizione e a proseguire da solo a proprie spese. A giugno e a luglio visitò diverse località dello Stato del Messico, ad agosto raggiunse Bullock a Tehuantepec, quindi i due intrapresero una lunga spedizione che a settembre li portò a Oaxaca via Puebla, quindi nuovamente a Tehuantepec e alla costa del Pacifico. Tornati a Oaxaca, i due amici si separarono; per raggiungere Bullock la famiglia a Città del Messico, Deppe Alvarado dove averebbe spedito le ingenti raccolte. Per venderle contava sul fratello minore Wilhelm, contabile del Museo di storia naturale, e su Hinrich Lichtenstein, direttore del Museo zoologico di Berlino, che infatti acquistò e pubblicò le raccolte zoologiche. L'anno successivo fu dedicato a ampie escursioni negli stati di Veracruz, Messico e Oaxaca, intervallati da visite alla famiglia Bullock. William Bullock senior aveva fondato una compagnia mineraria e tornando a Londra nel settembre 1826 prese con sè le pelli di molti uccelli preparate da Deppe; furono in parte vendute all'ornitologo William Swainson che ne descrisse diverse. Anche per Deppe era ora di tornare in Europa dopo tre anni di assenza; imbarcatosi a Veracruz nel gennaio 1827, raggiunse Amburgo ad aprile. Le raccolte zoologiche del triennio messicano erano imponenti: 958 pelli di uccelli di 315 specie, molte delle quali ancora ignote alla scienza, migliaia di insetti, e ancora mammiferi, rettili, anfibi, pesci. Gli animali erano il prodotto più richiesto dai clienti, ma Deppe non trascurò le piante; di particolare interesse alcuni cactus raccolti verso la fine della spedizione. A Berlino riuscì a vendere con successo le sue raccolte, ma andò delusa la speranza di un posto una delle istituzioni scientifiche della capitale. Decise così di tornare in Messico come raccoglitore freelance, contando che la vendita di esemplari zoologici e botanici gli avrebbe permesso di vivere. Lo accompagnava il medico e botanico Christian Julius Wilhelm Schiede (1798 – 1836). Quest'ultimo era nativo di Kassel, dove era tornato ad esercitare la professione dopo aver studiato a Berlino ed essersi laureato a Gottinga. E forse proprio a Kassel i due si erano conosciuti, quando vi lavorava anche Deppe. A differenza del "pratico" Deppe, aveva all'attivo almeno due pubblicazione: la tesi di laurea dedicata agli ibridi spontanei e un articolo sullo stesso argomento pubblcato nel 1824 su "Flora". Nel luglio del 1828 i due amici si stabilirono a Xalapa, che divenne la loro base per un'ampia esplorazione dello stato di Veracruz. Tra l'altro scalarono il Pico de Orizaba, raggiungendo quasi la cima. Le loro raccolte, anche botaniche, erano sensazionali, ma i risultati finanziari meno. Il loro principale cliente Hinrich Lichtenstein non poteva più permettersi di acquistare gli esemplari a prezzi ragionevoli e, anche se molto fu venduto ai musei di Vienna e Berlino, non bastava per vivere. Sperando di raggiungere una clientela più vasta, il fratello di Deppe Wilhelm fece stampare un catalogo e un prezzario delle raccolte zoologiche, ma non fu sufficiente. Nel 1830 Deppe e Schiede furono costretti ad abbandonare l'attività di raccoglitori; Schiede lavorò come medico a Città del Messico, dove morì di tifo nel 1836; Deppe trovò lavoro come agente di una compagnia commerciale e si trasferì prima ad Acapulco poi a Monterray in California, che all'epoca faceva ancora parte del Messico. Qui fece ancora qualche raccolta, visitò le missioni dell'interno e almeno una la dipinse in quadro ad olio, collezionò oggetti etnografici. Nel 1836, rovinato finanziariamente da una truffa, decise di tornare in patria. Durante il lungo viaggio di ritorno, toccò le Hawaii, le Filippine, Canton e la Malesia, facendo raccolte di oggetti naturalistici e etnografici. Di ritorno a Berlino nel 1838, si scontrò nuovamente con l'indifferenza degli ambienti scientifici. Non gli restò che tornare agli inizi: nel 1840 acquistò una proprietà sul lago Lietzen, non troppo lontano dal parco di Charlottenburg dove aveva iniziato la sua carriera come giardiniere del re di Prussia, e vi fondò un apprezzato vivaio, famoso per le sue dalie e le sue rose; si sposò ed ebbe dei figli. Vi lavorò fino alla morte nel 1861. Una delle piante più rare del mondo Anche se Deppe si segnalò soprattutto per le raccolte di animali, e in particolare di uccelli, anche le sue raccolte botaniche, soprattutto quando si associò con Schiede, sono di notevole importanza per la conoscenza della flora messicana. A partire dal 1830, le loro raccolte botaniche furono oggetto di numerose pubblicazioni su "Linnea" da parte di Schlechtendal e Chamisso; si tratta di diverse centinaia di specie. Sempre a Schlechtendal e Chamisso si deve la dedica del genere Deppea "in onore dello scopritore, lo stimato Deppe, instancabile nell'esplorazione della fauna e della flora". Sono numerosi anche gli eponimi che gli rendono omaggio, a cominciare dalla più nota delle sue scoperte Oxalis deppei (oggi Oxalis tetraphylla var. tetraphylla). Per limitarci alle denominazioni ancora accettate, aggiungiamo la bellissima orchidee Lycaste deppei, Struthanthus deppeanus, Eryngium deppeanum, Monochaetum deppeanum, Juniperus deppeana, Sinclairia deppeana, Tillandsia deppeana, Euphorbia deppeana, Moussonia deppeana, Aegiphila deppeana, Peperomia deppeana, Arundinella deppeana. Deppea (famiglia Rubiaceae) comprende da 25 a 39 specie di arbusti o piccoli alberi, con distribuzione disgiunta: Messico e America centrale da una parte, con la grande maggioranza delle specie, Brasile e Argentina settentrionale dall'altra con un'unica specie; l'ambiente tipico sono le foreste nebulose di montagna al confine tra Messico e Guatemala. La tassonomia del genere non è ancora del tutto chiara. Alcuni autori lo intendono in senso più largo, includendovi generi più piccoli come Bellizinca, Csapodya ed Edithea, altri in senso più ristretto. Si tratta spesso di endemismi puntiformi con in areale estremamente ridotto, il che ne mette a rischio la sopravvivenza. È il caso della specie più nota, Deppea splendens, chiamata in inglese Golden fuchsia, per suoi fiori penduli a campana, anche se non ha alcuna parentela con le fucsie. La sua diffusione era limitata a una gola del versante merdionale del Cerro Mozotal nel Chapas. dove cresceva nella foresta nubilosa mista di pini e querce. Qui fu raccolta nel 1972 per la prima volta sotto forma di esemplari d'erbario da Dennis Breedlove che stava preparando un lavoro sulla flora del Chapas. Negli anni successivi furono raccolti altri campioni, ma solo nel 1981 Breedlove e Bruce Bartholomew raccolsero dei semi che furono affidati all'orto botanico dell'universtà della California e agli Huntington Botanical Gardens. I semenzali prosperarono e furono distribuiti ad altre istituzioni e vivai; anche se molti perirono per il freddo nel dicembre 1990, almeno alcuni sopravvissero. Fortunamente! Infatti nel frattempo il loro habitat originario era stato disboscato e trasformato in terreno agricolo, causandone l'estinzione in natura. E' una pianta bellissima, considerata una delle più rare al mondo. Piante rare (o che fingono di esserlo) Numerose sono anche le piante dedicate a Schiede, dei due il vero botanico, sebbene raccogliessero insieme e Deppe fosse l'inizatore e l'anima della ditta. Lo ricordano nell'eponimo circa una sessantina di specie, numerose delle quali sono orchidee che Schiede e Deppe contribuirono a far conoscere in Europa agli albori dell'interesse per le orchidee tropicali, e due generi: Schiedea e Schiedeella. Il primo è in un certo senso una dedica di augurio e speranza: Schlechtendal e Chamisso glielo dedicarono nel 1826, dunque prima della partenza per il Messico, come auspicio di raccogliere nei suoi futuri viaggi una messe fecondissima delle piante più rare. Per l'occasione Chamisso scelse una delle piante raccolte da lui stesso alle Hawaii durante il suo giro intorno al mondo, Schiedea ligustrina. Sono infatti endemiche di quell'arcipelago le 35 specie di questo genere della famiglia Dianthaceae. Erbacee o arbustive, sono spesso endemiche di una sola isola, e non di rado presenti in popolazioni limitatissime; non poche rischiano di fare la stessa fine di Deppea splendens ed essendo più modeste e meno vistose, non possono neppure sperare che la loro bellezza venga a salvarle. A minacciarle sono la restrizione dell'ambiente naturale e il cambiamento climatico. Schiedeella (famiglia Orchidaceae) fu dedicata a Schiede molti anni dopo la sua morte da Schlechter, a partire da otto orchidee diffuse nelle steppe aride d'altura in Messico e Guatemala, alcune delle quali furono segnalate proprio da Schiede. Oggi al genere sono assegnate una ventina di specie, diffuse dall'Arizona e dal Texas al centro America passando per i Caraibi. Sono piccole orchidee terrestri erbacee, modeste nelle dimensioni come nella foritura. L'unica specie statunitense Schiedeella arizonica, classificata come vunerabile, è stata considerata rara finché i ricercatori si sono resi conto che in realtà è relativamente abbondante, ma è difficile da osservare perché si confonde nella vegetazione e ogni anno ne fiorisce solo dal 10% al 15%. E la fioritura stessa è tutt'altro che vistosa.
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Fu molto sfortunato per il suo protagonista il primo viaggio di un raccoglitore della Horticultural Society, John Potts. Inviato in Cina nel 1821 a fare incetta di crisantemi ed altre ornamentali nei vivai cinesi, si dimostrò abile ed industrioso, ma purtroppo si ammalò e morì poche settimane dopo il ritorno in Inghilterra. Le sue introduzioni furono tuttavia molto apprezzate; all'epoca la più ammirata di tutti fu una peonia rosso scuro, oggi purtroppo non più in coltivazione. Lo ricorda il piccolo genere di liane Pottsia. Il primo raccoglitore della Horticultural Society Fondata da sette soci nel 1804, come abbiamo visto in questo post, per qualche anno l'Horticultural Society, poi Horticultural Society of London, fu una società scientifica piuttosto elitaria, con un numero così ridotto di membri che per le riunioni era sufficiente una stanza in una casa privata. Ma con la fine delle guerre napoleoniche si ebbe un salto di qualità. Dal 1817 la società ebbe un giardino sperimentale, prima molto piccolo a Kensinghton, poi finalmente adeguato a Chiswick, più grande e dotato di serre adatte alle piante esotiche. Fu così che la HSL cominciò a pensare di organizzare e finanziare proprie spedizioni di raccolta. La meta più desiderata era la Cina, da cui, grazie a funzionari e capitani delle navi della Compagnia delle Indie che annualmente raggiungevano Canton per riportarne tè, porcellane ed altri prodotti cinesi, avevano incominciato a filtrare alcune ammiratissime piante da giardino, in particolare rose, camelie, peonie e crisantemi. Alcune erano state inviate dai due corrispondenti della HSL in Cina: l'ispettore del tè a Canton John Reeves e il chirurgo della Compagnia delle Indie John Livingstone, che risiedeva a Macao. Ricordo che la Cina era chiusa agli stranieri e Macao, enclave portoghese fin dal Cinquecento, e Canton, che ospitava le factories o empori delle Compagnie europee, erano gli unici porti aperti. Quelle poche piante avevano stuzzicato l'appetito senza soddisfarlo. Con una navigazione che si protraeva per mesi e mesi, era difficilissimo far giungere piante vive in Inghilterra. Il dottor Livingstone, consultato in proposito, stimava che su mille piante spedite dalla Cina, forse una sarebbe sopravvissuta al viaggio. Avanzò anche qualche suggerimento, il più praticabile dei quali fu far accompagnare ogni invio di piante da un giardiniere che se ne prendesse cura. Maturò così la decisione di inviare a Canton un giardiniere che, grazie ai contatti di Reeves, facesse incetta di piante nei mercati e nei vivai aperti agli europei (ne ho parlato qui), per poi scortale in Europa nelle migliori condizioni possibili. La scelta cadde su John Potts, del quale sappiamo ben poco. Siamo invece ben informati sul suo viaggio grazie al diario che tenne dal 23 gennaio 1821 al 4 luglio 1822, conservato in un manoscritto nella biblioteca della Royal Horticultural Society. Ne emerge la figura di un eccellente professionista, solerte ed attento, nonché dotato di spirito di osservazione. Il 23 gennaio 1821 Potts si imbarcò sul General Kyd, una nave della Compagnia delle Indie diretta a Calcutta; gli furono perciò affidati corrispondenza e pacchi per l'amministrazione, l'orto botanico e altri. Potts arrivò a Calcutta il 13 giugno e occupò i primi giorni nella consegna di questi materiali, incluse scatole di piante e semi per l'orto botanico. Visitò poi più volte l'orto botanico stesso e il giardino di Carey a Serampore per stilare una lista delle piante più desiderabili da inviare alla HSL; trovò anche il tempo di fare qualche raccolta "nella giungla", preparò scatole di piante, semi, esemplari d'erbario da spedire in Inghilterra sulle prime navi in partenza, scrisse osservazioni sui frutti del Bengala e sull'orticoltura indiana, copiò estratti di trattati di agronomia; insomma, si tenne occupato in attesa di un imbarco per la destinazione finale. Infine, il 27 agosto lasciò Calcutta a bordo di un'altra nave della Compagnia, la Hebe. In rotta per la Cina, la nave passò al largo delle Andamane e delle Nicobare, fece brevi scali a Pulo Penang, Malacca, Singapore, fu costretta da un tifone a un ancoraggio di fortuna a St John nelle isole Ladrones ed infine l'11 novembre gettò l'ancora a Canton. Qui Potts fu benevolmente accolto da Reeves che lo accompagnò a visitare diversi giardini e il famoso vivaio Fatee. Secondo le istruzioni ricevute da Joseph Sabine, il segretario della HSL, Potts fece talee di crisantemi, all'epoca una delle piante più desiderate, ma si procurò anche camelie, azalee, piante verdi, e, nonostante i limitati spostamenti permessi agli stranieri, fece qualche escursione botanica sulle colline. Fino alla fine dell'anno, quando lasciò Canton per Macao, fu occupatissime a seminare, fare talee e innesti, imballare semi e piante, parte da portare con sé, parte da spedire a bordo di varie navi in partenza per l'Inghilterra. Il 31 dicembre sbarcò a Macao, dove fu accolto dal dottor Livingstone che lo accompagnò a visitare alcuni giardini; anche qui fece qualche breve escursione. L'11 gennaio però Livingstone lo avvisò di tenersi pronto a partire, a causa di contrasti tra le autorità cinesi e la Compagnia delle Indie. Nell'arco di pochi giorni il contrasto si appianò, ma nel frattempo Potts si era ammalato e da quel momento fino alla sua partenza da Macao avrebbe avuto appena la forza di fare qualche passo. Smise anche di tenere il diario, anche se riuscì a scrivere qualche osservazione sui giardini cinesi. Dopo un'interruzione di quasi due mesi, il diario riprende il 22 marzo quando Potts lasciò Macao per imbarcarsi il giorno successivo sul General Kyd; con delusione scoprì che a bordo non c'erano né le piante da lui preparate a Canton né quelle che aveva spedito da Macao a Canton; dunque viaggiarono con lui solo quelle che aveva con sé. Durante il viaggio di ritorno, attraverso gli stretti dell’Indonesia, il Capo di Buona Speranza e Sant’Elena, la sinteticità delle sue note ci dice che doveva essere abbastanza malato, anche se fece ancora qualche raccolta a Sant'Elena. Rientrò in Inghilterra nell’agosto 1822; ad ottobre si spense. Se dal punto di vista umano (ma anche organizzativo) la prima spedizione botanica della Horticultural Society fu un disastro, le piante riportate o spedite da Potts soddisfecero pienamente le aspettative della HSL che già l'anno dopo inviò un secondo raccoglitore in Cina. Cox nel suo Plant Hunting in China non condivide questo entusiasmo; il bottino più importante, una quarantina di varietà di crisantemi, andò perduto durante il viaggio; Potts introdusse alcune varietà di Camellia, Callicarpa rubella e C. longifolia, Ardisia punctata (oggi A. lindleyana) e alcune altre piante da serra "ma niente che non avrebbe potuto essere mandato a casa da Reeves". Secondo Cox, il lascito più importante fu una grossa partita di semi di Primula sinensis (oggi P. praenitens) che in effetti conobbe una certa diffusione. Le riviste del tempo però magnificano un'altra introduzione dello sfortunato giardiniere: la peonia di Potts (Paeonia albiflora var. pottsii), descritta in "The British flower garden" come «la più splendida delle cinque varietà di albiflora oggi coltivate nei nostri giardini». Oggi è perduta e rimane solo un'illustrazione a evocarne la bellezza. Liane dall'Asia sudorientale Diversi anni dopo la sua morte, nel 1837, Hooker volle ricordare Potts dedicandogli una pianta cinese, Pottsia cantonensis, con queste parole: "Ho nominato questo genere in onore del signor Potts che inviò in Europa diverse piante interessanti da Canton e dai suoi dintorni". Oggi il genere Pottsia (famiglia Apocinaceae) comprende tre specie di liane legnose originarie dell'Asia sudorientale (Cina meridionale, Indocina e Indonesia). La specie di più ampia diffusione è Pottsia laxiflora (sin. P. cantonensis), distribuita dall'Assam alle isole della Sonda (Bali) attraverso la Cina meridionale; P. grandiflora è nativa della Cina meridionale; P. densiflora è endemica della Tailandia settentrionale e del Laos. Vivono in diversi habitat forestali, dalla foresta aperta alla foresta montana, dove si arrampicano sugli alberi. Come molti membri della famiglia , secernono un latice bianco. Hanno foglie opposte e fiori incospicui raccolti molto numerosi in cime racemose o panicolate; i fiori hanno calice profondamente diviso con molte ghiandole basali, corolla a imbuto, tubo cilindrico con gola ristretta e lobi lievemente sovrapposti verso destra. I fiori sono seguiti dai frutti, due follicoli allungati lineari che contengono molti semi muniti di pappo. Sono raramente coltivate in Europa, per lo più in qualche orto botanico. Nella prima metà dell'Ottocento, un dilettante appassionato che disponesse di sufficienti capitali e di una valida rete di corrispondenti nell'introdurre piante esotiche poteva ancora rivaleggiare con successo con orti botanici, società scientifiche e grandi vivai . E' il caso di Robert Barclay che fece una vasta fortuna fondando il più importante birrificio del suo tempo, e, quando si ritirò dagli affari, la impiegò nella creazione di un giardino dove un sorprendente numero di piante esotiche fu coltivato per la prima volta in Inghilterra. Lo ricorda il curioso genere Barclaya, dedica di uno dei suoi corrispondenti, Nathaniel Wallich. Collezionista di esotiche e patrono della botanica Secondo la leggenda familiare, nell'aprile del 1781 il giovane Robert Barclay (1751-1830), lo zio David Barclay e il cugino Silvanus Bevan passando davanti alla famosa birreria dell'Ancora (Anchor Brewery) di Southwark notarono che era stata messa in vendita. Lo zio esclamò: "Andrebbe proprio bene per il giovane Robert". Presto l'affare venne concluso e David Barclay divenne birraio. In realtà, i fatti devono essere andati in modo un po' differente. La birreria dell'Ancora, fondata nel lontano 1616 e molto celebrata per la sua birra scura, era di proprietà della famiglia Thrale fin dal 1729; Ralph Thrale prima, il figlio Henry Thrale poi ne fecero il maggiore birrificio di Londra. Henry, che era un uomo colto e amico del dottor Johnson, il quale disponeva di una stanza fissa nella birreria, fu a lungo anche deputato di Southwark alla Camera dei Comuni; tuttavia non sembra avesse grandi capacità imprenditoriali - si lanciò in una serie di affari che lo portarono a sfiorare la bancarotta - e delegò la gestione della birreria all'impiegato capo John Perkins. Quando morì nell'aprile 1781 alla vedova, rimasta sola con cinque figlie da adolescenti a bambine, non rimase altra scelta che mettere la birreria in vendita. Aveva bisogno di denaro e voleva concludere in fretta; era dunque un'occasione d'oro per il futuro acquirente, come sottolineò Samuel Johnson, che era uno degli esecutori testamentari: "Non siamo qui a vendere un insieme di caldaie e tini, ma la potenzialità di arricchirsi oltre i sogni di ogni avaro". A informare della vendita della birreria i parenti di David Barclay - soci della importante banca Barclay, Bevan and Bening - non fu un annuncio letto per caso, ma molto probabilmente lo stesso John Perkins, che era imparentato con Silvanus Bevan, avendo sposato la vedova di suo fratello Timothy. D'altronde anche Perkins entrò nell'affare: i banchieri avrebbero messo i capitali, lui l'esperienza. Così, meno di due mesi dopo la morte di Henry Thrale, la vendita fu conclusa per 135.000 sterline e nacque la nuova ditta Barclay, Perkins & Co. I Barclay e i Bevan erano quaccheri, anzi facevano parte dell'élite economica e culturale della comunità quacchera sulle due sponde dell'oceano. L'avo Robert Barclay (1648-1690), discendente da una nobile famiglia scozzese, fu uno dei più influenti scrittori della Società degli amici e fu governatore titolare dell'East Jersey; suo figlio David (detto David Barclay of Cheapside) era un prospero commerciante di lino con forti connessioni con le colonie nord americane, che furono rafforzate dai suoi figli John e David (detto David Barclay of Youngsbury). Nati dal secondo matrimonio di David I con Priscilla Freame, figlia dell'orafo e banchiere John Freame, furono loro, insieme al nipote Silvanus Bevan (figlio della loro sorella Elizabeth Barclay e di Timothy Bevan, proprietario di una delle principali farmacie di Londra) a fondare la banca Barclay, Bevan and Bening, all'origine, sotto vari e nomi e mille trasformazioni, dell'attuale multinazionale Barclays. Per John e David Barclay, Robert Barclay era un po' il tradizionale parente povero. Era infatti figlio di uno dei tanti fratellastri nati dal primo matrimonio del padre; si era trasferito a Filadelfia dove assolveva il modesto incarico di controllore della dogana e allo stesso tempo gestiva la parte americana degli affari di famiglia; divenne così un membro rispettato della comunità quacchera di Filadelfia. Qui nacque anche il nostro Robert, che tuttavia dodicenne fu mandato in Inghilterra per completare gli studi alla scuola quacchera di Wandsworth nel Surrey. Salvo un breve ritorno in America nel 1771 in occasione della morte del padre, da quel momento sarebbe vissuto a Londra, sotto le ali protettrici degli zii, lavorando dapprima nella ditta di famiglia fino a rendersi indipendente con l'acquisto della birreria. Eccoci dunque tornati al fatidico 1781, quando grazie ai capitali di Barclay, Bevan and Bening, egli divenne birraio. Sia lo zio David sia il dottor Johnson ci avevano visto giusto. Già nel 1809, con una produzione annuale di 260,000 barili, il birrificio Barclay, Perkins & Co era divenuto il più grande non solo della Gran Bretagna, ma del mondo intero. Il prodotto di punta, una birra molto forte inizialmente ideata per il mercato russo e nota come Russian Imperial Stout, era venduto in tutto il continente. Per qualche anno lo zio David fu sleeping partner (socio non operativo), poi lo stabilimento passò interamente sotto il controllo di Robert, che si dimostrò un ottimo uomo d'affari e divenne miliardario. Secondo la tradizione della comunità quacchera e della sua stessa famiglia, fu impegnato in varie attività filantropiche. Come lo zio David, stretto amico del dottor Fothergill, era un sostenitore della causa abolizionista; fondò una scuola per ragazzi poveri; fu uno dei promotori del Dorking Emigrants’ Scheme, un'istituzione che aiutava i lavoratori rurali poveri e le loro famiglie ad emigrare in Canada. Era interessato alla storia e all'arte (quando si traferì nel Surrey, raccolse e commissionò vedute dei monumenti storici della zona), ma la sua passione principale erano le piante e il giardinaggio. A meno che questo interesse risalisse all'infanzia, potrebbe essere nato negli anni '80, forse per influenza dell'amico di famiglia John Fothergill, quacchero, proprietario di uno splendido giardino e sostenitore delle spedizioni botaniche di William Bartram. E proprio da Bartram nel 1788 Robert ricevette il primo invio documentato: un'ottantina di esemplari d'erbario e cinque disegni di piante americane. Lo stesso anno fu uno dei primi soci della Linnean Society, accanto a un altro quacchero, William Curtis. Secondo la testimonianza di W. J. Hooker, la stessa nascita del Botanical Magazine si dovette al suo incoraggiamento (se non al suo sostegno finanziario). Infatti Hooker, assumendo la direzione della rivista nel 1827, premise al primo volume della nuova serie la seguente dedica a Robert Barclay: "Mio caro signore, più di quarant'anni fa la prima serie del Botanical Magazine fu iniziata sotto i vostri auspici dal compianto editore, Mr. William Curtis. Allo scadere di un periodo così lungo, è con non comune soddisfazione che mi è consentito di scrivere il vostro nome in testa alla nuova serie di un'opera suggerita dal vostro zelo nell'incoraggiare la scienza e rinnovata sotto il vostro illuminato patrocinio". La passione botanica di Robert Barclay dovette però rimanere latente per qualche anno, e divenne preminente solo dopo il 1812, quando cedette la gestione della ditta al figlio maggiore Charles e si ritirò a vita privata. Lasciò Londra e si stabilì a Bury Hill presso Dorking nel Surrey; qui fin dal 1803 aveva preso in affitto un'elegante proprietà del XVII secolo; nel 1814 ne acquisì la proprietà, quindi ne estese il terreno a circa 1000 acri. Oltre a ristrutturare la casa, fece realizzare un parco con tre ampi laghi e un giardino di piacere ricco di piante esotiche, coltivate sia all'aperto sia in serra, sotto la supervisione dello stesso Barclay e dell'abile capo giardiniere David Cameron. A partire dagli anni '20, incominciò ad acquisire grande reputazione come collezionista di piante rare, che otteneva da ogni parte del mondo grazie a una vastissima rete di corrispondenti e che con grande generosità condivideva volentieri sia con la Horticultural Society, cui si associò forse intorno al 1820, sia con altri appassionati, ma anche con vivai come Loddiges. Nel 1822 fu premiato dalla Horticultural Society con la medaglia Banks per aver donato una nuova specie di ananas rosso che aveva ricevuto nel 1820 da Lisbona da un certo Joachim de Paes, che a sua volta l'aveva importata dal Brasile. Qualche anno dopo (1827) venne pubblicata da Lindley come Ananassa bracteata (oggi Ananas comosus var. bracteatus) sul Botanical Register di Edwards. Nelle Transactions della Horticultural Society Barclay è citato ripetutamente per il dono di piante rare, nonché di libri e incisioni botaniche per la biblioteca. Inoltre nel 1824 il suo nome compare tra i finanziatori del giardino della società a Chiswick. Oltre che socio della Horticultural Society, era anche membro corrispondente della Società orticola del Nuovo Galles del sud e membro onorario della Società orticola del Massachusetts. Il suo ruolo nell'introduzione di piante esotiche in Gran Bretagna è documentato dalle riviste di giardinaggio e orticoltura dell'epoca, in particolare da Gardener's magazine di Loudon, Botanical Register di Edwards e Botanical Cabinet di Loddiges, le cui note sono preziose per ricostruire almeno in parte la rete di corrispondenti e le strade di introduzione. Le piante introdotte da Barclay arrivavano letteralmente da ogni parte del mondo: dalla Cina, come un crisantemo giallo donato nel 1820 alla Horticultural Society; da Mauritius, tramite Charles Telfair; dal Messico, almeno alcune presumibilmente attraverso Thomas Drummond; dal Nord America, tramite lo stesso Drummond, Nuttall, Douglas e altri; dall'India e dal Nepal tramite Wallich; e ancora dal Madagascar e dall'Africa orientale, dall'Australia, dal Sud America. Nel 1828 si associò con il reverendo George Reading Leathes e Robert Bevan (presumibilmente uno degli associati della banca Barclay, Bevan and Bening) per inviare in Cile il cacciatore di piante Thomas Bridges; questi sbarcò a Valparaíso e nei due anni successivi inviò ai suoi sponsor uccelli, piante e semi. Del giardino di Bury Hill oggi non rimane che un muro di cinta e il blocco formato da aranciera e scuderia; la casa stessa andò distrutta nel 1950 in seguito a un incendio, dopo essere stata adibita a usi militari durante la seconda guerra mondiale. Tanto più preziosi sono dunque i due articoli che il capo giardiniere David Cameron pubblicò sul Gardener's magazine rispettivamente nel 1827 e nel 1828. Il primo è un catalogo delle piante introdotte in Gran Bretagna da Barclay e coltivate a Bury Hill; le specie elencate sono 119 e appartengono a tutte le classi vegetali; sette, ritenute maggiormente degne di nota, sono illustrate (i disegni sono piccoli e in bianco e nero). Si tratta di Combretum purpureum (= C. coccineum), Thunbergia alata, Lechenaultia formosa, Nuttalia digitata (= Callirhoe digitata), Lupinus mutabilis, Penstemon digitalis e Erythrolaena conspicua (= Cirsium conspicuum). Erano tutte coltivate all'esterno e ci raccontano della predilezione di Barclay per le bordure miste, per le rampicanti esuberanti e per le lunghe fioriture. Il secondo articolo ci racconta invece di una passione che presto sarebbe diventata di moda, ma negli anni '20 dell'Ottocento non lo era ancora: quella per le felci. E' infatti un catalogo delle felci coltivate a Bury Hill, sia quelle rustiche coltivate in una bordura esposta a nord in terreno torboso (40 specie), sia quelle rustiche ma di piccole dimensioni, coltivate in vaso ed esposte in mezz'ombra (18 specie), sia quelle delicate coltivate in serra (52 specie). Barclay morì nel 1830. Così lo ricorda il Gardener's magazine: "Quanto il mondo della botanica e del giardinaggio siano indebitati con Mr. Barclay, lo attestano questa rivista e molti dei nostri periodici di botanica in quasi ogni numero pubblicato negli ultimi vent'anni. Mr Barclay era non meno stimabile come liberale illuminato e persona benevola che come patriota e protettore della botanica e del giardinaggio". Ancora più commosso il necrologio di Botanical Cabinet: "Questa pianta è stata introdotta non molto tempo fa dal nostro degno ed eccellente amico, il defunto Robert Barclay di Bury Hill, la cui perdita sarà duramente sentita da tutti coloro che amano le piante. Egli fu giustamente celebrato per il gran numero di specie da lui introdotte tramite la sua valida rete di corrispondenti esteri, e la gentilezza e liberalità nel condividerle. Ci guardiamo attorno invano cercando qualcuno che gli succeda in questa onorevole carriera che ha perseguito per un mezzo secolo". Un singolare genere acquatico Se a distanza di quasi duecento anni il ruolo di Barclay è quasi dimenticato, ha lasciato qualche traccia nella nomenclatura botanica. Sweet gli dedicò Pelargonium × barclayanum, un ibrido particolarmente bello e raffinato con una motivazione che è un'ulteriore testimonianza del valore delle sue collezioni e della sua generosità: "E' nominato in onore di Robert Barclay di Bury-hill presso Dorking, la cui collezione di piante rare e preziose è quasi insuperabile, e al quale siamo molto obbligati per gli esemplari di numerose piante nuove e rare per le nostre varie pubblicazioni". Tra le piante coltivate per la prima volta nel suo giardino portano il suo nome Tanacetum barclayanum, Senna barclayana e Maurandya barclayana. Ma soprattutto lo ricorda il genere Barcalya, omaggio di Nathaniel Wallich, cui spedì piante per l'orto botanico di Calcutta ricevendone in cambio piante indiane: "Ho dedicato questo genere assai curioso e interessante al mio molto stimato amico Robert Barclay di Bury Hill, un validissimo benefattore della scienza della botanica". Quando scrisse queste parole, Wallich viveva ancora in India e non aveva mai incontrato Barclay di persona; la loro era un'amicizia puramente epistolare. Barclaya è un piccolo genere della famiglia Nymphaeaceae, davvero curioso e interessante come scrive Wallich. Ha anzi caratteristiche talmente peculiari che qualche studioso l'ha assegnato a una famiglia propria, Barclayaceae. Comprende sei specie di ninfee tropicali diffuse in Indocina e in Malesia, che vivono lungo i corsi d'acqua della foresta pluviale o ai loro margini. E' un habitat sempre più minacciato dalla deforestazione, mettendo a rischio anche la sopravvivenza di queste piante. Hanno rizomi bulbosi, da ovali a allungati, che emettono corti stoloni e una rosetta di foglie; queste ultime, anziché arrotondate e fluttuanti sull'acqua come quelle delle altre ninfee, sono strette e allungate e sempre sommerse, tranne nei momenti di siccità quando possono emergere dal fango del fondo. Anche la fioritura può prodursi sott'acqua; in tal caso, i fiori sono autofertili e si impollinano da sé; ma durante la stagione secca in alcune specie i fiori possono emergere per essere impollinati da insetti. I fiori solitari sono piuttosto piccoli e sono caratterizzati da una struttura singolare; cinque (talvolta quattro) tepali esterni disposti orizzontalmente alla base dell'ovario e tepali interni fusi alla base in un tubo e posti alla sommità dell'ovario. Il frutto è una bacca carnosa da ovata a globulare, con tepali esterni e parte del tubo dei tepali interni spesso persistenti a maturazione. Quando è maturo, si apre in modo irregolare, esponendo il tessuto biancastro e gelatinoso che circonda i semi. E' quest'ultimo che permette ai semi di galleggiare, disperdendoli lontano dalla pianta madre. Poi si dissolve, e i semi ricadono sul fondo. Barclaya longifolia è relativamente diffusa come pianta da acquario, apprezzata per le sue eleganti foglie allungate dai margini ondulati. Può costituire il punto focale di un acquario, soprattutto nella varietà 'Red', rosso mattone nella pagina superiore, rosso vinaccia in quella inferiore. Richiede una temperatura dell'acqua mai inferiore a 24 gradi. E' considerata una delle acquatiche più facili da riprodurre da seme. Si può entrare nel Gotha della botanica anche scoprendo una varietà di salice particolarmente adatta a costruire mazze da cricket. Soprattutto se si ha un amico influente come James Edward Smith. È ciò che successe a James Crowe, dedicatario del genere Crowea. Un esperto di salici Fino a pochi decenni fa, nella civiltà contadina erano infiniti gli usi di diverse specie di salice (in particolare Salix alba, il salice bianco, S. purpurea, il salice rosso e S. viminalis, il salice da vimini); probabilmente, il più noto è quello dei rami intrecciati per ricavare cesti, ma i rami più sottili e flessibili diventavano legacci per i tralci delle viti, i rami più dritti pali per impalcare i pomodori, quelli più robusti manici di scopa; dal legno, leggero e facile da lavorare, si ricavavano zoccoli ed altri attrezzi, e tornava utile anche come legna da ardere. Dalle foglie si otteneva una tintura per le stoffe. Note fin dai tempi dei romani erano poi le proprietà febbrifughe e antidolorifiche della corteccia, ricca di acido salicilico (la componente principale dell'aspirina). Le talee attecchiscono rapidamente e virgulti intrecciati possono diventare siepi vive, pergolati e tunnel. A tutti questi usi, in Gran Bretagna se ne aggiunge uno del tutto peculiare: la fabbricazione delle mazze da cricket. Il legno di salice è infatti leggero, ma allo stesso tempo resistente agli urti, così che nell'impatto con la palla non si ammacca né si scheggia. Anche se all'epoca erano molto diverse da quelle odierne, l'uso di mazze da cricket - non necessariamente di legno di salice - è attestato dal 1624; la più antica mazza conservata risale al 1724 e oggi è esposta in una sala dell'Oval di Londra. Nel 1979 una legge ha stabilito l'uso obbligatorio di legno di salice; non un salice qualunque, bensì la varietà Salix alba var. caerulea, detta appunto cricket bat willow. I salici tendono ad ibridarsi con facilità e se ne conoscono infinite varietà (solo in Italia, oltre trecento); questa varietà specifica è un clone femminile esclusivo dell'Inghilterra orientale (Essex, Suffolk e Norfolk), dove cresce principalmente lungo i corsi d'acqua, anche se non ama i terreni saturi d'acqua. Nelle corrette condizioni di coltivazione, cresce rapidamente, raggiungendo la maturità a dieci anni; è caratterizzato da un legname eccezionalmente leggero e resistente. In precedenza, i giocatori di cricket usavano come mazza qualsiasi ramo di salice a forma di randello a portata di mano, finché nei primi anni dell'Ottocento questa varietà si impose per la superiore qualità. Solitamente si ritiene sia stata scoperta nel 1803 nella parrocchia di Eriswell nel Suffolk da James Crowe (ca. 1750-1807), ma in English Botany James Edward Smith, che fu il primo a descrivere questo salice, dapprima come specie a sé poi come varietà, menziona un albero di dieci anni piantato a Heatherset nel Norfolk e abbattuto nel 1800; dunque la varietà doveva già essere nota localmente almeno dal 1790. Crowe e Smith erano entrambi nativi di Norwich. Crowe possedeva una proprietà nel sobborgo di Old Lakenham. In alcune fonti è indicato come chirurgo, ma in altri semplicemente come Esquire. Faceva parte del consiglio municipale di Norwich e per due volte fu eletto sindaco. Era un grande appassionato di piante e fu uno dei mentori che avviarono alla botanica il giovane Smith, di circa dieci anni minore di età. Amava esplorare la campagna alla ricerca di piante inusuali, muschi e funghi, ma soprattutto era appassionato di salici di cui aveva creato una collezione nella sua proprietà, trapiantando talee raccolte da lui stesso o ricevute da diversi corrispondenti. Smith aveva grande stima di Crowe, gli faceva spesso visita e lo cita ripetutamente nelle Transactions della Linnean Society e in English Botany, sia a proposito di diverse varietà di salici, sia di altre piante di cui gli aveva fornito esemplari. Nel 1788 lo volle nella Linnean Society, di cui fu uno dei primissimi membri, e nel 1798 gli dedicò il genere Crowea con queste parole: "In onore del mio grande amico James Crowe, che ha esplorato per filo e per segno la flora britannica e l'ha illustrata in vario modo con numerose comunicazioni". La pianta scelta per l'occasione era particolarmente adatta perché caratterizzata da foglie simili a quelle del salice. Tuttavia, all'epoca Smith non aveva l'abitudine di indicare un epiteto per i generi monospecifici; sono qualche anno dopo (1800), nel Botanic Repository di Andrews la pianta ebbe il suo nome completo: Crowea saligna, ovvero "Crowea con foglie di salice". Crowe morì nel 1807. Il "suo" salice intanto aveva cominciato ad affermarsi come irrinunciabile nella fabbricazione delle mazze da cricket. Fu trapiantato in varie parti d'Inghilterra e negli anni '20 dell'Ottocento fu importato nel subcontinente indiano. Oggi il grosso della produzione avviene in alcuni distretti del Kashmir. Il primato del "salice da mazze da cricket" però potrebbero presto tramontare: esperimenti e studi dimostrano che alcune specie di bambù permettono di costruire mazze altrettanto robuste ma più piccole e leggere. Un genere di arbusti australiani Crowea saligna è una delle tre specie del genere Crowea (famiglia Rutaceae), insieme a C. angustifolia e C. exalata. Sono piccoli arbusti sempreverdi, abbastanza affini a Boronia, con foglie aromatiche per la presenza di ghiandole oleose. In primavera e poi nuovamente dall'autunno all'inizio dell'inverno producono masse di piccoli fiori cerosi a stella con cinque sepali, cinque petali e dieci stami in due giri attorno all'ovario; solitamente il colore delle corolle va dal rosa pallidissimo a rosa scuro quasi rosso. C. angustifolia è endemica dell'Australia sudoccidentale (Jarrah Forest, Swan Coastal Plain e Warren) dove cresce in suoli sabbiosi o granitici; le altre due specie vivono invece nell'Australia orientale: C. saligna vive in luoghi riparati su arenaria nell'area di Sydney tra Woy Woy e Yerrinbool e nelle adiacenti Blue Mountains; C. exalata, la specie di più ampia distribuzione, vive su suolo sabbioso nelle foreste sclerofille di Queensland sudorientale, Nuovo Galles del Sud e Victoria. Nel suo paese è ampiamente coltivata e disponibile in diverse cultivar. Esistono anche ibridi orticoli, come 'Poorinda Ecstasy' o 'Festival' (C. exalata x saligna). Dalle foglie di C. saligna viene estratta un'essenza utilizzata in aromaterapia per i suoi effetti rilassanti. Tra i principali collaboratori di diverse riviste illustrate di botanica che nei primi anni dell'Ottocento fecero conoscere al pubblico britannico moltissime piante esotiche, uno dei più attivi fu John Bellenden Ker Gawler; grande esperto di Iridaceae e più in generale di bulbose, non era però un botanico di professione e nell'alta società inglese era noto soprattutto per l'eleganza del vestire, lo spirito ironico e gli affari di cuore. Era insomma un tipico dandy. Nato John Gawler, ottenne di cambiare nome in Bellenden Ker nella speranza di succedere a un nobile cugino; è per questo che il suo nome d'autore è Ker Gawl. Basato invece sul nome acquisito è il genere che lo celebra, Bellendena, Pettegolezzi mondani... Capita molto spesso di imbattersi in nomi di generi e specie seguiti dalla sigla Ker Gawl.; mi ero così figurata che dietro quel doppio nome ci fosse un eminente cattedratico o perlomeno un severo tassonomista che dividesse la sua vita tra lettura di testi di botanica e l'analisi di esemplari d'erbario. Niente di più di lontano dalla realtà. Nella biografia nazionale britannica, il personaggio è sì definito botanico, ma subito dopo wit, and man of fashion, che potremmo tradurre "buontempone e uomo alla moda". Infatti, se nei circoli della botanica il nostro John Bellenden Ker Gawler (1764-1862) era noto come sommo esperto di Iridaceae, nell'alta società a far parlare di lui erano piuttosto la sua lingua tagliente, i suoi scherzi talvolta di dubbio gusto, i liberi costumi amorosi e il vestire elegante. A noi posteri si presenta ancora bambino in un doppio ritratto firmato da sir Joshua Reynolds, noto come Schoolboys, "gli scolari". Sulla destra c'è un bimbo bruno, il fratello minore Henry Gawler, sulla sinistra un bimbo castano, che con la mano destra accarezza un cane e sotto il braccio sinistro tiene un libro. E' il protagonista di questa storia. All'epoca avrà avuto forse dieci anni (la data del doppio ritratto non è nota) e si chiamava ancora John Gawler. Il padre omonimo, John Gawler di Ramridge House nello Hampshire, era avvocato dell'Inner Temple, ed aveva sposato Caroline Bellenden, figlia maggiore John Ker, terzo barone Bellenden. Mentre il fratello seguì le orme paterne e divenne a sua volta un eminente legale, John intraprese la carriera militare. Entrò nel secondo reggimento della guardia; nel 1790 fu nominato capitano e nel 1793 capitano anziano. Ma subito dopo fu costretto a dare le dimissioni. Secondo le cronache, la causa fu uno scherzo sconsiderato. Il compito dei reggimenti della guardia era (ed è) garantire la protezione del sovrano e degli edifici reali; all'epoca era costume che ogni volta che il re passava sotto l'arco delle guardie a cavallo del palazzo di Westminster, al comando dell'ufficiale di servizio quattro trombettieri suonassero le loro trombe. Il capitano Gawler di nascosto riempì le trombe dei suoi trombettieri con la mollica di quattro panini; quando transitò la carrozza del re, essi diedero fiato agli strumenti, ma non si udì alcun suono. Allora il capitano gridò: "Soffiate, canaglie, soffiate!". Essi lo fecero, scatenando una tempesta di mollica. La vera ragione dell'allontanamento di Gawler era però un'altra. Erano gli anni della rivoluzione francese e il giovane ufficiale aveva posizioni politiche radicali, al punto di frequentare il club repubblicano Society for Constitutional Information. Ciò provocò le rimostranze di altri ufficiali che furono di fatto accolte dal comandante, costringendo Gawler alle dimissioni. Forse lo scherzo, se davvero ci fu, fu il suo modo per protestare e celebrare clamorosamente la sua uscita di scena. La simpatia per la rivoluzione non impediva tuttavia a Gawler di aspirare ad un titolo nobiliare. Su istanza della madre e con il favore del detentore del titolo, il cugino William Bellenden-Ker, 4° duca di Roxburgh e 7° Lord Bellenden, nel 1804 egli chiese e ottenne dal re il permesso di assumere il nome Ker Bellenden invece di Gawler; anche se il cugino lo favorì in tutti i modi e gli affidò la gestione dei suoi beni, alla sua morte senza eredi nel 1805 si aprì un contenzioso e dopo diversi anni la Camera dei lord si pronunciò a favore di un lontano cugino, James Innes-Ker. Non fu la sola cause célèbre che vide coinvolto il nostro. Benché già sposato e padre di un figlio, intorno al 1793 iniziò una relazione con Anne Courtenay, moglie di George Annesley lord Valentia, che nel 1796 gli intentò causa per "conversazione criminale" (ovvero adulterio) con la moglie. Il tribunale giudicò Gawler colpevole e lo condannò a pagare a lord Valentia 2000 sterline di danni ; questi ne aveva richieste 10.000. Una somma tanto inferiore fa pensare che la giuria ritenesse che il nobile (notoriamente omosessuale) avesse tollerato se non incoraggiato la relazione. Nel 1799 egli ottenne la separazione, ma non il divorzio dalla moglie, che continuò ad essere legata a Gawler fino alla morte e ne ebbe diversi figli. E pubblicazioni botaniche Insomma, Bellenden Ker era uno dei tipici dandy della società della Reggenza: un raffinato uomo alla moda ma anche un individualista provocatorio che rifiutava le regole. Eppure fin dall'inizio del nuovo secolo aveva cominciato ad occuparsi seriamente di botanica. A partire dal 1801 su The Botanist's Repository di Andrews iniziò ad uscire anonima la sua Recensio Plantarum, ovvero una rassegna delle piante illustrate nella rivista; collaborò anche saltuariamente con il Botanical Magazine di Curtis, scrivendo la descrizione di alcune piante di nuova introduzione. Quando a Curtis subentrò Sims, questa collaborazione occasionale divenne permanente, e per qualche anno egli fu l'autore - ora palese - della maggior parte dei testi del Curtis's Botanical Magazine. Molte piante da lui descritte provenivano dal Sudafrica, un'area particolarmente ricca di bulbose. Fu così che egli cominciò ad approfondire lo studio delle Iridaceae e nel 1804 pubblicò negli Annals of botany diretti da Sims e König un'importante memoria intitolata Ensatorum ordo (ordine degli ensata, ovvero delle piante con foglie a forma di spada) firmato John Bellenden Gawler, armigero (ovvero militare, anche se ormai non lo era più), in cui, seguendo Jussieu e de Candolle, il botanico inglese abbandona il sistema linneano a favore del sistema naturale. Il saggio inizia con i caratteri generali dell'ordine (ovvero, in termini attuali, della famiglia), quindi prosegue con l'esame dettagliato dei caratteri dei 26 generi ad esso attribuiti. Ben dieci sono istituiti per la prima volta e, a dimostrazione dell'alta qualità del lavoro di Ker, sei sono tuttora validi; si tratta, in ordine di apparizione, di Geissorhiza, Hesperantha, Sparaxis, Tritonia, Melasphaerula, Babiana. Nel 1812, quando Sydenham Edwards ruppe con Sims per fondare la rivista rivale Botanical Register, Ker lo seguì e ne divenne il primo editore, incarico che mantenne fino al 1823 quando gli subentrò Lindley. Libero dagli impegni editoriali, nel 1828 pubblicò a Bruxelles un'edizione ampliata del saggio sulle Iridaceae sotto il titolo Iridearum Genera cum Ordinis Charactere Naturali, Specierum Enumeratione Symonymisque. L'impostazione generale rimane invariata, ma i caratteri della famiglia e dei singoli generi sono maggiormente approfonditi; i generi trattati sono ora 30, con l'aggiunta soprattutto di generi australiani pubblicati nel frattempo; le specie, nell'edizione precedente solo elencate e accompagnate da una referenza iconografica, sono ora corredate da sinonimi e referenze bibliografiche; l'opera inoltre si arricchisce di un glossario. Anche se nei vent'anni che gli rimanevano da vivere pubblicò ancora occasionalmente qualche articolo su riviste di giardinaggio, è la sua ultima opera importante di botanica. Ora infatti il suo interesse sia era rivolto all'archeologia, all'etnografia e alla linguistica. Si dedicò in particolare alla ricerca e allo studio delle filastrocche o nursery rhymes; basate su giochi di parole, onomatopee e parole curiose, spesso apparivano incomprensibili o prive di senso. Secondo Ker, ciò era dovuto al fatto che risalivano ai tempi precedenti l'invasione normanna e il loro vero significato era stato dimenticato. Esso poteva essere recuperato sostituendo alle parole dell'inglese moderno quelle dell'antico sassone, che a suo parere poteva essere ricostruito grazie all'olandese del XVI secolo, ad esso ancora molto vicino. A partire da questa teoria, tra il 1835 e il 1842 pubblicò il vasto An Essay on the Archæology of Popular English Phrases and Nursery Rhymes, in due volumi più due supplementi. Il risultato è sconcertante, e forse il commento migliore è quello di William Henry Whitmore: "le opinioni divergono se sull'argomento fosse semplicemente pazzo o se stesse perpetrando uno scherzo elaborato". Conoscendo il personaggio e i suoi trascorsi, la seconda ipotesi non è da scartare. Anche il figlio maggiore di Ker, Charles Henry Bellenden Ker, avvocato e riformatore della legislazione britannica, si interessò alle piante. Fu uno dei primi collezionisti privati di orchidee e pubblicò una serie di articoli su esse in Gardener's Chronicle. Curò inoltre la pubblicazione di Icones plantarum sponte China nascentium (1821) basata su disegni cinesi raccolti da A.E. van Braam-Houckgeest durante un'ambasceria della VOC in Cina (1794-1795) . Un'antica pianta dalla Tasmania È sufficiente sfogliare Plants of the Word on line, il data base pubblicato a cura dei Kew Gardens, per cogliere l'ampiezza del lavoro di tassonomista di Ker. Gli si devono 25 generi, 15 dei quali validi. Oltre a quello già citati pubblicati in Ensatorum ordo, si tratta di Eucrosia, Griffinia, Aspidistra, Chlorophytum, Ophiopogon, Tupistra, Lophiola, pubblicati sulle varie riviste cui collaborò. Quanto alle specie, sono più di 700, oltre 170 delle quali accettate. Numeri che illustrano, oltre all'importanza del lavoro di questo botanico, quella del riviste illustrate britanniche del primo Ottocento, principale veicolo di pubblicazione di centinaia di specie esotiche. E quando si trattava di piante, il burlone Ker non scherzava. E certamente i suoi meriti botanici erano ben riconosciuti, come dimostrano i due generi che gli furono dedicati da altrettanti colleghi. Uno non è più accettato: si tratta di Bellendenia (Iridaceae, sinonimo di Tritonia), dedica di Endlicher ripresa da Rafinesque. E' invece valido Bellendena, dedica di Robert Brown che gli rende giusto merito con le seguenti parole: "Il nome di questo genere onora John Bellenden Ker, i cui meriti botanici sono attestati da un eccellente saggio sugli Ensata, pubblicato in Annals of Botany, e dalle sue elaborate disquisizioni sui generi di questa e altre famiglie di monocotiledoni pubblicati sui più recenti numeri di Botanical Magazine". Bellendena è un genere monospecifico della famiglia Proteaceae, rappresentano unicamente da B. montana, un arbusto endemico della Tasmania, dove cresce in ambiente alpino sopra a 1000 metri di altitudine, in terreni poveri di nutrienti. Di crescita assai lenta, può raggiungere 1.8 metri di altezza, ma anche rimanere molto più basso, e forma cespugli assai ramificati; le foglie sono molto variabili: le piante della Tasmania nordorientale le hanno più strette, mentre quelle delle altitudini maggiori sono più piccole e disposte in modo più compatto. I fiori bianchi o rosati sono raccolti in racemi terminali portati su brevi rami al di sopra del fogliame; sono seguiti da piccoli frutti obovati rossi o gialli, che maturano alla fine dell'estate o dell'autunno. E' una pianta molto attraente, ma raramente coltivata perché mal si adatta a crescere in ambienti non montani. All'interno della famiglia delle Proteaceae, è considerato uno dei generi più antichi. Infatti condivide alcune caratteristiche con le Platanaceae (la famiglia più prossima alle Proteaceae), ma con nessuna altra Proteacea. Dopo la morte di Curtis, a portare avanti la pubblicazione della sua rivista fu il medico John Sims, che la ribattezzò Curtis's Botanical Magazine e la curò per un quarto di secolo. Come medico, era un ginecologo e un ostetrico assai reputato, come botanico la sua fama è essenzialmente legata al Curtis's che proprio per suo impulso si specializzò nella presentazione di specie di nuova introduzione. Fu anche coeditore della rivista scientifica Annals of English Botany che però ebbe vita effimera. Lo ricorda il genere di Asteraceae Simsia. Il Botanical Magazine diventa Curtis's Botanical Magazine William Curtis morì nel 1799, prima di poter pubblicare il volume 14 del suo Botanical Magazine; a farlo fu il fratello Thomas Curtis, con l'assistenza del nipote Samuel. Anche se il suo nome non compare nel frontespizio, il vero curatore era però il medico John Sims (1749-1831), che assunse questo ruolo ufficialmente a partire dal volume 15, uscito nel 1801 con il nuovo nome Curtis's Botanical Magazine, in onore del fondatore. Avrebbe diretto la rivista per un quarto di secolo, fino al 1826. Sims era un amico di lunga data di Curtis, di cui era quasi coetaneo, e proveniva da un ambiente sociale simile. Anch'egli era nato in una famiglia di quaccheri che esercitavano professioni di cura, ma mentre il nonno e altri parenti di Curtis erano farmacisti e chirurghi, il padre di Sims era un medico di Canterbury con interessi filosofici, autore del saggio An Essay on the Nature and Constitution of man. Dotato di una notevole cultura umanistica, fu lui ad occuparsi della prima educazione del figlio che completò gli studi presso la scuola quacchera di Burford. Si iscrisse poi alla facoltà di medicina dell'università di Edimburgo (l'unica ad ammettere studenti non conformisti); dopo aver frequentato un semestre a Leida (1773-4), tornò ad Edimburgo dove si laureò nel 1774 con una tesi sugli usi interni delle acque fredde. A partire dal 1776 si trasferì a Londra, dove fu ammesso al Royal College of Physicians, esercitò la professione sia con un studio privato sia come medico del Surrey Dispensary, affermandosi soprattutto come ginecologo e ostetrico. In questa veste si occupava dell'assistenza delle donne povere ed acquisì una reputazione tale che nel novembre 1817, quando si presentarono gravi complicazioni nel travaglio della principessa Carlotta (l'unica figlia del futuro Giorgio IV e come tale presunta erede al trono), i medici reali si risolsero a chiamarlo a consulto. Non poté però visitare l'augusta paziente, né venne usato il forcipe come egli aveva consigliato. Il risultato fu che madre e figlio morirono, aprendo una crisi dinastica che sarebbe stata risolta solo dalla nascita della futura regina Vittoria. Se a renderlo illustre fu l'ostetricia, la botanica non gli era certo estranea. Nel 1788 lo troviamo infatti tra i soci fondatori della Linnean Society. Nel 1799 pubblicò sulla rivista dell'associazione dei medici un articolo sugli effetti dell'irrigazione nella coltivazione dei Mesembryanthemum. Aveva dunque le carte in regola per occuparsi della rivista fondata dall'amico Curtis. Mentre quest'ultimo prediligeva le piante native, al punto di scontentare i lettori desiderosi di essere aggiornati sulle novità, fu proprio durante la gestione Sims che la descrizione di piante di nuova introduzione divenne il marchio di fabbrica del Curtis's. Lo spiega lo stesso Sims nella prefazione al volume 15: "Nella costruzione di questi volumi [cioè il 14 e il 15] si è fatto poco uso dei materiali precedentemente predisposti da Mr. Curtis per diverse ragioni, in primo luogo per mantenerli il più possibile nella loro interezza a disposizione dei proprietari, quindi nel desiderio di accontentare i nostri lettori botanici con la rappresentazione e la descrizione di alcune delle nuove e curiose piante che vengono introdotte ogni anno, in particolare dal Capo di Buona Speranza". Mentre gli artisti rimanevano gli stessi dell'epoca di Curtis (l'illustratore principale era Sydenham Edwards), per i testi - per i quali si annunciava una accresciuta accuratezza tassonomica - lo staff si arricchiva di John Bellenden Gawler (che qualche anno dopo avrebbe mutato nome in Bellenden Ker), esperto di bulbose e in particolare di Iridaceae. Cambiavano dunque in parte i soggetti, ma rimaneva invariata la formula: per ogni pianta, un'accuratissima illustrazione a piena pagina e un breve testo descrittivo, formato da nome in latino e inglese, classificazione secondo il sistema linneano, diagnosi essenziale in latino, sintetico testo esplicativo in inglese con origine, caratteristiche principali, note di coltivazione. Insieme al botanico e naturalista di origine tedesca Charles Konig, Sims tentò anche la strada di una vera e propria rivista scientifica, rivolta a dunque un pubblico più ristretto di specialisti. Intitolata Annals of Botany, si proponeva di presentare lo stato dell'arte con una recensione puntuale delle pubblicazioni di botanica uscite nell'anno precedente, affiancata da articoli soprattutto tassonomici sia originali sia tradotti dalle principali lingue europee. Ad esempio, nel primo numero troviamo tra l'altro un articolo di Salisbury sul genere Crocus e uno di Hoffmannsegg sul genere Scilla. L'interessante tentativo ebbe però vita effimera; ne uscirono infatti solo due annate tra il 1804 e il 1805. Intanto il Curtis's continuava la sua vita, ma doveva fare i conti con la sempre più agguerrita concorrenza delle tante riviste illustrate di botanica che ne avevano copiato il modello. Il colpo più duro venne da Sydenham Edwards che nel 1815, in seguito a dissapori con Sims, lasciò la rivista per fondare il rivale Botanical Register, portando con se anche il botanico Ker Gawler. Contavano anche l'età del dottor Sims, che ormai si avvicinava alla settantina, e la disaffezione di vivaisti e associazioni orticole che preferivano rivolgersi ad altre testate (quando non ne crearono di proprie, come fece la ditta Loddiges con la propria rivista-catalogo Botanical Cabinet). Così negli anni '20, come si espresse Hemsley tracciando la storia della rivista, il Curtis's toccò il punto più basso dalla sua fondazione. Alla fine lo stesso Sims dovette prendere atto; nel 1825 (all'epoca aveva 76 anni) si ritirò dalla professione medica, nel 1826 lasciò anche la rivista e si trasferì a Dorking dove morì nel 1831. A rilanciare la rivista, e più tardi a farne l'organo ufficioso dei Kew Gardens, avrebbe provveduto William Jackson Hooker. Simsia, un genere molto variabile Negli anni di maggior successo aveva provveduto a far entrare Sims nella lista dei dedicatari di generi botanici Christiaan Hendrik Persoon che nel 1807 creò in suo onore Simsia con la seguente motivazione: "Questo genere voglio sia dedicato all'illustre Sims, continuatore dell'opera di Curtis The Botanical Magazine a partire dal XV volume e coeditore degli annali botanici inglesi The Annals of Botany". Simsia è un genere della famiglia Asteraceae che comprende una ventina di specie di annuali, perenni, suffrutici e arbusti diffuse dagli Stati Uniti meridionali al Sud America attraverso il Centro America e le Antille. A causa degli incerti confini sia con generi affini sia tra specie e specie, è piuttosto problematico per i tassonomisti. La caratteristica più distintiva è la cipsela appiattita lateralmente, che tuttavia non è presente in alcune specie; vengono dunque prese in considerazione altre caratteristiche per così dire più tecniche: i piccioli espansi alla base a formare dischi nodali, gli ovari del raggio relativamente lunghi e stretti, la forma dello stilo. Del resto, sia il genere sia le singole specie sono piuttosto variabili: le dimensioni variano da 20 cm a 4 metri, il fusto può essere eretto, ascendente o decombente, poco o molto ramificato, le foglie opposte o alternate, i capolini solitari o raccolti in corimbi, i flosculi del raggio da assenti a numerosi (fino a 45), con corolla gialla, aranciata, ma anche rosa, viola, bianca, i flosculi del disco da pochi a moltissimi (da 12 a 172). La maggior parte delle specie è costituita da endemismi di limitata diffusione, ma alcune specie sono invece ampiamente diffuse e sono diventate infestanti comuni lungo le strade e nei coltivi. Quella di maggior diffusione negli Stati Uniti (dal Texas al New Mexico) è certamente S. calva, un'erbacea perenne o un suffrutice a sua volta estremamente variabile, tanto nelle dimensioni (da 30 a 150 cm) quanto nel portamento da eretto a prostrato. I capolini sono per lo più singoli, ma anche raccolti in corimbi di due o tre. I flosculi del raggio (da 8 a 21) sono giallo aranciati, quelli del disco (da 26 a 154) hanno antere gialle, ma talvolta anche nere. Si distingue dall'altra specie presente negli Stati Uniti S. lagasceiformis, che è un'annuale ma può raggiungere ragguardevoli dimensioni (fino a 4 metri), oltre che per la forma biologica, per i piccioli fusi alla base a formare un disco nodale, per le infiorescenze meno numerose e soprattutto per l'assenza di pappi nella maggior parte delle popolazioni. Benché sia essenzialmente considerata un'erbaccia, è talvolta coltivata come ornamentale. E' bene però ricordare che questa e altre specie, molto generosa nelle fioriture che si susseguono quasi per tutto l'anno, ha un insostituibile ruolo ecologico fornendo cibo a impollinatori ed altri animali. Tra secondo Settecento e primo Ottocento, a Londra operano due vivaisti omonimi: si chiamano entrambi William Malcolm, non sono padre e figlio come spesso si legge, ma probabilmente parenti, visto che gestirono successivamente lo stesso vivaio. Dapprima situato a Kennington, poi a Stockwell, ai tempi del primo William Malcolm divenne uno dei principali vivai del paese, specializzato in piante esotiche da serra e "stufa", il primo in assoluto ad usare i nomi linneani per il proprio catalogo. Poi la concorrenza aumentò e all'epoca del secondo William Malcolm era solo uno dei tanti vivai dell'area londinese. A ricordarli entrambi (non sappiamo di preciso chi fosse il dedicatario) il genere Malcolmia (Brassicaceae), che vanta tra l'altro un raro endemismo italiano e una splendida benché da noi poco nota annuale da giardino. Due vivaisti al prezzo di uno Nel 1771 William Malcom, proprietario di un vivaio nel sobborgo londinese di Kennington, pubblicò il suo primo catalogo, A catalogue of hot-house and green-house plants, fruit and forest trees [...]. I motivi d'interesse sono diversi. Non solo si tratta di uno dei primi cataloghi a stampa sopravvissuti, ma è il primo in assoluto in cui le piante offerte non sono elencate sotto il loro nome comune, ma sotto il nome botanico binomiale, imposto da Linneo da pochissimo (Species plantarum è del 1753). Inoltre, il cuore dell'offerta non sono più le piante da giardino, le orticole o le piante da frutto coltivate da tempo e ormai più o meno naturalizzate, ma le piante esotiche, come è evidente fin dal frontespizio. Nella pomposa immagine (l'unica per il resto sobrio catalogo) si vede sulla destra, sotto una specie di baldacchino disposto attorno a un albero, una donna assisa (presumibilmente la Britannia) che tiene in mano una pianticella e in grembo un calamaio; la assistono tre figure femminili, una delle quali regge un termometro. Ai suoi piedi, un volume con la scritta Linnaeus Syst. (Sistema di Linneo). Al centro tre figure maschili le offrono cornucopie colme di fiori e frutti: sono l'America che porge un ananas, l'Asia e l'Africa. In alto a sinistra, adagiati tra le nuvole sotto un arco di zodiaco, vediamo il Tempio e la Verità. Sotto, a fare da sfondo, si intravvede un angolo di giardino con una serra e una pianta in vaso. Sotto, racchiuse in un cartiglio rococò, vediamo il prospetto laterale e frontale di due serre. Il messaggio è chiaro: tutto il mondo offre le sue ricchezze botaniche alla Britannia, ma per goderne bisogna vincere l'ostacolo del clima freddo; a soccorso, ecco le serre ma anche la scienza botanica. Nella prefazione (To the reader), oltre a rivendicare la propria ampia esperienza di coltivatore di piante esotiche ("la raccolta di piante e semi dalle varie parti del globo e la loro propagazione è stato il mio studio preferito, e in esso non ho risparmiato né esperienza, né fatica, né cura"), Malcolm spiega e difende la sua decisione di usare i nomi scientifici: in molti libri, specialmente nei cataloghi, le piante sono disposte in modo confuso, la stessa pianta compare in capitoli diversi, ed è presentata sotto nomi differenti, secondo questo o quel sistema, o anche nessun sistema; ne nascono continue dispute e i clienti lamentano di ricevere piante con il nome sbagliato e di aver acquistato una pianta per l'altra. A tutta questa confusione, non vede altro rimedio che "abolire una buona volta tutti i sinonimi e i termini e nomi astrusi degli antichi scrittori e adottare quelli del più corretto e esplicito autore moderno come standard per un catalogo generale"; nella sua opinione, nessun sistema da ogni punto di vista è più indicato di quello linneano, per la sua correttezza e universalità. Dunque ha deciso di elencare le piante con il nome di genere e specie, cui ha affiancato il nome inglese "più intelligibile e noto". Malcolm spiega poi la disposizione delle piante nel catalogo: trattandosi di piante provenienti da paesi diversi e da vari climi, possono essere ricondotte a tre categorie: quelle che, provenendo dai climi più caldi, devono essere coltivate in una serra riscaldata (hot-house o stove); quelle che non sopportano il freddo ma si accontentano della protezione invernale di una serra fredda (green-house); quelle che possono vivere all'aperto. Queste ultime sono ulteriormente divise in alberi e arbusti rustici, erbacee perenni, piante da frutto e bulbose; a terminare il catalogo "i semi più utili per l'orto e il giardino dei fiori o per il miglioramento del terreno". Così organizzato, segue un catalogo di una settantina di pagine, che offre in vendita 650 specie tra esotiche ed erbacee più 250 specie di alberi e arbusti da fiore. Nell'edizione del 1778 le pagine saliranno a 90, le erbacee a 1100 e le legnose a 650 (un numero ineguagliato fino ai cataloghi di Loddiges un quarto di secolo dopo) e l'offerta si allargherà agli utensili da giardino. William Malcom era il creatore e il direttore di uno dei vivai leader dell'area londinese. Della sua vita personale non sappiamo molto, tanto che ignoriamo il luogo e la data di nascita. Come si desume dal cognome, era di origini scozzesi, del resto come la maggior parte dei giardinieri e dei vivaisti britannici dell'epoca. Intorno alla metà degli anni '50 del Settecento prese in affitto un terreno a Kennington, non lontano dall'area dove anni dopo sarebbe sorto il campo di cricket noto come "Oval". Il contratto prevedeva parte del pagamento in natura, con la fornitura di 100 asparagi, segno che, almeno all'inizio, Malcolm - come molti colleghi - doveva soprattutto coltivare ortaggi; successivamente però si specializzò in piante esotiche, destinate anche al mercato internazionale, come testimonia la sua corrispondenza con David van Royen, professore di botanica a Leida, iniziata nel 1768 e protrattasi fino al 1773. Forse il suo interesse per le esotiche iniziò con la coltivazione degli ananas, uno status symbol immancabile nelle collezioni degli aristocratici, visto che a Kennington Malcolm aveva anche un negozio di sementi intitolato The Pine Apple e nel catalogo del 1771 sono elencate sei diverse varietà di ananas. Malcolm allargò sempre più il giro di affari; nel 1769 fornì piante alla principessa Augusta del Galles per i giardini di Kew e dal quel momento si fregiò del titolo di Royal Nurseryman; nel 1779 è citato tra i donatori che fornirono piante a William Curtis per aiutarlo a creare un orto botanico a Londra. Si occupava anche di progettazione di giardini come quello di Woodhall Park nell'Hertfordshire, disegnato intorno al 1782. Certamente a Kennington Malcolm possedeva una o più serre, ma con l'arricchirsi del catalogo e il crescente numero di clienti dovettero divenire insufficienti. Nel 1788 il vivaio fu trasferito a Stockwell in un terreno di 50 acri, dove Malcolm fece costruire un'elegante casa in mattoni grigi ed estese serre fredde e riscaldate. William Malcolm morì l'anno dopo. Nel suo testamento vengono nominati tre figli: James, Marmaduke George Russell e Jacob. Nessuno di loro però dopo la sua morte si occupò del vivaio di Stockwell. La gestione passò a un altro William Malcolm (1768 - 1835), di cui non conosciamo l'esatta parentela con William senior. Poiché suo fratello Alexander lavorava già nel vivaio, si suppone fosse un nipote (figlio di un fratello). Sotto la sua direzione, il vivaio continuò a godere di prestigio e di una buona clientela, ma con un successo probabilmente ridimensionato rispetto all'epoca del primo Malcolm. Negli anni '90 il vivaio Malcolm & son (il son era James, la cui attività principale dovette essere quella di agrimensore) fu incaricato di ristrutturare il giardino di Soho Square; furono piantati una doppia siepe viva e diversi nuovi alberi e arbusti (mandorli, peschi, ciliegi, lillà, maggiociondoli, caprifogli e gelsomini), forse scelti di persona da sir Joseph Banks, la cui casa si affacciava sulla piazza. Come si vede, niente di particolarmente esotico; segno che Stockwell non era più il vivaio leader delle esotiche, ma si stava spostando verso produzioni più abituali e consolidate; purtroppo però non abbiamo cataloghi di questi anni. Nel 1794 i Board of Agriculture del Sussex e del Buckinghamshire commissionarono a padre e figlio indagini sull'andamento dell'agricoltura e sulle migliori pratiche delle loro contee, che però lasciarono scontenti i committenti. Negli anni successivi James dovette continuare l'attività di agrimensore, come dimostrano alcune sue mappe, e nel 1805 pubblicò A compendium of modern husbandry, in cui si occupa soprattutto del miglioramento dei concimi. Forse ormai aveva lasciato il vivaio di Stockwell. Il padre continuò a dirigerlo e cercò di rilanciarlo associandosi con altri vivaisti. Tra il 1805 e il 1810 il suo socio fu un certo Doughty e dal 1811 il celebre giardiniere ed autore di testi di giardinaggio Robert Sweet. Ma non funzionò, e il vivaio di Stockwell chiuse definitivamente nel 1815. Sopravvisse invece la ragione sociale Malcolm & Co. Malcolm infatti affittò un terreno più piccolo a Kensington (una zona assai alla moda) e presumibilmente lo gestì fino alla morte nel 1835, quando lo stabilimento passò a Richard Forrest. Nel 1824 fu convocato come testimone della difesa nel processo contro Sweet, che lodò come persona e come professionista. Del vivaio Malcolm & Co. a Kensington possediamo anche un catalogo (purtroppo senza data): per numero e tipo di piante (essenzialmente limitato a specie ormai ben stabilite nel vivaismo britannico) il confronto con quelli del primo William Malcolm è impietoso. Una bella annuale da (ri)scoprire Il genere Malcolmia venne pubblicato nel 1812 nella seconda edizione del catalogo dei Kew Gardens Hortus kewensis (dove è scritto scorrettamente Malcomia); il volume compare sotto il nome del capo giardiniere (e poi direttore) di Kew William Townsend Aiton, ma è noto che le descrizioni dei generi si devono a Robert Brown; tuttavia, in questo caso, non è automatico che la paternità vada attribuita a lui piuttosto che a Aiton, prevalentemente indicato come autore. Come che sia, né Brown né Aiton hanno indicato chi intendessero onorare. Certo il primo William Malcolm era morto da diversi anni, ma era stato un personaggio di grande rilievo, mentre il secondo era ancora in piena attività e, se pur su scala minore, era comunque stimatissimo. Dunque non sappiamo chi sia il dedicatario di Malcolmia: l'uno o l'altro dei William Malcolm o entrambi. Aiton inizialmente attribuì al nuovo genere tre specie, ciascuna delle quali era stata già descritta da Linneo e collocata in un genere diverso e allo stato attuale è assegnata altri generi ancora, solo la specie tipo rimanendo in Malcolmia (famiglia Brassicaceae). E' una chiara testimonianza della sua eterogeneità e difficoltà tassonomica. Nel corso dell'Ottocento e della prima metà del Novecento la sua delimitazione è stata variamente trattata dai botanici, giungendo a comprendere una trentina di specie. A partire dagli anni '60 del Novecento se ne è riconosciuta l'eterogeneità e, soprattutto in seguito agli studi molecolari, le specie attribuite sono state via via ridistribuite in ben sette generi: Maresia, Neotorularia, Sisymbrium, Strigosella, Zuvanda, il neo creato Marcus-Kochia e appunto Malcolmia in senso stretto. Quest'ultimo attualmente comprende undici specie ed è geograficamente ristretto dal Mediterraneo centrale al Pakistan, con centro di diversità in Grecia (quattro specie), mentre le specie del Mediterraneo occidentale sono passate ad altri generi. Delle sette specie segnalate per il territorio italiano, quattro sono state trasferite ad altri generi; M. flexuosa, una specie balcanica, in passato è stata segnalata per la Puglia, ma è oggi ritenuta estinta; M. maritima, originaria dei Balcani, è presente in Puglia ed è stata segnalata come avventizia, presumibilmente sfuggita dai giardini, in altre regioni; M. orsiniana è invece un raro endemismo dell'Appennino, la cui presenza è stata rilevata unicamente sul Monte Nerone per le Marche, su Majella e Gran Sasso per l'Abruzzo e sulle Montagne della Duchessa per il Lazio. Le Malcolmia sono erbacee annuali o più raramente biennali con stelo eretto, ascendente o decombente, foglie basali spesso raccolte a rosetta e foglie cauline più o meno rade e di dimensioni minori, intere, dentate, più raramente sinuate, spesso di colore grigio per la presenza di tricomi; i fiori, raccolti in racemi di pochi-molti, hanno calice tubolare e quattro petali da rosa a viola, arrotondati, con una leggera insenatura all'apice. I frutti sono silique. Alcune sono eccellenti piante da giardino, in particolare M. maritima, originaria di Albania e Grecia, ma naturalizzata altrove; è un'annuale bassa, che può essere facilmente coltivata da seme e fiorisce rapidamente, producendo racemi di fiori fragranti rosa, viola, bianchi; seminandola scalarmente, può garantire fioriture dalla primavera all'estate. Stranamente da noi non è molto diffusa, mentre potrebbe affiancare validamente altre annuali più popolari. I Pelargonium, nativi per lo più del Sudafrica, incominciarono ad arrivare in Europa a fine Seicento, ma a lungo le specie note e coltivate furono meno di una decina. Poi tutto cambiò grazie a Francis Masson che dal suo primo viaggio in Sudafrica ne riportò non meno di quaranta. Erano belli, diversi tra loro, facili da coltivare e si ibridavano con facilità. Tra i pionieri della loro ibridazione spicca Robert Sweet che, giardiniere specializzato fin dall'adolescenza nella coltivazione delle piante esotiche, fu anche il prolifico autore di pubblicazioni che univano a un certo rigore scientifico un taglio pratico. Tra di esse, per la sua importanza storica spicca Geraniaceae, or The natural order of Gerania, in cui Sweet prestò particolare attenzione ai nuovi Pelargonium ibridi di creati da lui stesso e da altri giardinieri britannici: sono gli antenati degli attuali gruppi Regal e Angel. Sweet godeva di enorme reputazione; eppure, nonostante questo (o forse proprio per questo) fu trascinato in tribunale, accusato di aver acquistato piante rubate ai Kew gardens, nonostante ne conoscesse la provenienza illecita. Lo ricorda il genere monospecifico sudamericano Sweetia. Furto ai Kew Gardens Tra le sette e le otto del mattino del 29 gennaio 1824 John Smith, l'aiuto giardiniere dei Royal Botanic Gardens di Kew addetto alla serra delle esotiche, notò una finestra semiaperta; un esemplare di Banksia grandis che avrebbe dovuto essere presso la finestra mancava. Esaminò allora la serra e constatò che mancavano altre sette piante, tutte rare e una addirittura non ancora identificata. Informò immediatamente il suo superiore, il direttore William Townsend Aiton, e poco dopo i due si recarono a porgere denuncia alla più vicina stazione di polizia. Purtroppo i furti ai Kew Gardens erano all'ordine del giorno e certamente avvenivano con la complicità del personale. Aiton additò il colpevole materiale in Michael Hogan, un altro aiuto giardiniere che dal giorno 26 non si era più presentato al lavoro e ora risultava irreperibile; fu probabilmente sempre lui a insinuare che il mandante fosse il noto giardiniere e autore di testi botanici Robert Sweet. Così la sera stessa Mr, Ruthven, l'agente incaricato dell'indagine, e Smith si recarono a casa di Sweet; il poliziotto, convinto che egli fosse colpevole, lo investì con modi molto aggressivi ingiungendogli di consegnare la cassa che doveva aver ricevuto quella stessa mattina dall'ufficio postale di Kew Bridge o di Brentford. Sweet cadde dalle nuvole e disse di non saperne nulla. L'agente lo costrinse ad accompagnarlo nel vivaio Covill, di cui Sweet era sovrintendente. Qui dovette mostrare esemplari delle specie rubate, che in gran parte Smith riconobbe come quelli di Kew, anche se erano piantati in vasi e terricci differenti. Nel negozio di sementi annesso fu anche trovata una scatola indirizzata a Sweet che secondo il commesso era arrivata nella tarda mattinata. Nel frattempo Sweet, che durante la perquisizione era spesso apparso confuso ed esitante, era già stato ammanettato. Venne quindi condotto in arresto alla stazione di polizia; Covill - immediatamente riconosciuto estraneo ai fatti - offrì di pagare una cauzione per il prigioniero, ma questa rifiutata. Il fattaccio fece molto rumore. Sweet non era infatti uno qualunque. Oltre ad essere un giardiniere di provata abilità, era l'autore di molte importanti pubblicazioni (le vedremo meglio tra poco) e godeva della stima universale. Lo dimostra il gran numero di amici e colleghi che si mobilitò in occasione del processo, tenutosi il 24 febbraio di fronte all'Old Bailey. L'accusa non era di ricettazione, ma di fellonia: le piante di Kew appartenevano infatti a sua Maestà il re. Durante il dibattimento, emersero molte incongruenze; Smith ammise che poteva anche essersi sbagliato nel riconoscere in quelle piante quelle sottratte a Kew; Ruthven, pur continuando ad insistere sulle esitazioni e a suo parere reticenze di Sweet, ammise di non aver trovato le prove che Hogan avesse spedito un pacco da Kew Bridge o Brentford e che il pacco rinvenuto era troppo piccolo per le piante (ma i vasi originali erano più piccoli, aggiunse). Furono poi sentiti la moglie del direttore dell'ufficio postale di Brentford e uno dei corrieri, che testimoniarono di aver ricevuto e consegnato un pacco per Sweet da parte di un certo Charles Noyce la sera del 28. Provato dall'arresto e da quasi un mese di reclusione, Sweet fece leggere una memoria difensiva dal suo avvocato; seguì poi una sfilza di testimoni a difesa. Molte le voci di giardinieri e vivaisti; dalle loro testimonianze emerse che inviare scatole di piante, talee e semi era pratica comune (a volte addirittura per divertimento), che le piante sparite da Kew non erano né affatto uniche né così preziose come pretendevano Aiton e Smith; William Anderson, sovrintendente di Chelsea, scodellò un elenco di prezzi che costituisce per noi un documento prezioso. Una decina tra giardinieri e vivaisti testimoniò poi l'onesta e l'onorabilità dell'imputato: "lo ritengo un uomo onesto e onorevole", dichiarò Joseph Knight; "non esiste un uomo più onesto" rincarò William Malcolm, e così via. Nella sua requisitoria il giudice si schierò per la colpevolezza, soprattutto sulla base del supposto comportamento esitante e reticente di Sweet al momento dell'arresto, ma invitò anche la giuria a non trascurare i dubbi. E infatti la giuria non li trascurò: dopo un'ora e mezza di discussione, dichiarò Sweet non colpevole. Oggi diremmo che fu assolto per insufficienza di prove. La convinzione attuale è che fosse davvero innocente e che Aiton, incastrando Sweet, avesse voluto dare una lezione e un avvertimento ai vivaisti che, certamente con la complicità dei giardinieri, si procuravano surrettiziamente piante rare da Kew, per poi moltiplicarle nei loro vivai e metterle in vendita. Insomma, colpirne uno per ammonirne cento. Nuove piante per i giardini britannici Così il povero Robert Sweet (1783-1835) se la cavò con un mese di carcere che non intaccò la sua reputazione e il suo prestigio tra giardinieri e botanici, del resto attestato anche dai numerosi colleghi che si erano presentati in tribunale a difenderlo. E' pur vero che, difendendo lui, difendevano sé stessi, ma Sweet era certamente una figura di primo piano del giardinaggio britannico. La sua carriera era iniziata a sedici anni, come aiuto giardiniere sotto il fratellastro James Sweet, all'epoca capo giardiniere di Ham Green, la tenuta del medico Richard Bright presso Bristol. Qui aveva lavorato nove anni, poi era passato al servizio dell'uomo d'affari e collezionista John Julius Angerstein, come curatore della collezione di esotiche della tenuta di Woodlands. Nel 1810 entrò nel vivaismo come socio del vivaio Malcolm di Stockwell e quando questo fu chiuso nel 1815, passò al servizio come capo giardiniere e sovrintendente prima del vivaio Whitley, Brames, & Milne, poi del vivaio Covill, posizione che occupava come abbiamo visto al momento della sua disavventura. La lasciò nel 1826, per concentrarsi maggiormente nella scrittura; contemporaneamente coltivava un numero limitato di piante prima in un piccolo giardino a Parson's Green (Fulham), poi dal 1830 in uno più grande a Chelsea. Tuttavia a partire dal 1831 soffrì di febbri cerebrali; la sua salute precipitò, portandolo alla morte nel 1835. Sweet, che fin dal 1812 era membro della Linnean Society, affiancò al lavoro di giardiniere una copiosa attività pubblicistica. La sua prima opera è Hortus suburbanus londinensis; si tratta di un catalogo delle piante coltivate nei dintorni di Londra. Come leggiamo nella prefazione, era il frutto della congiunzione tra l'esperienza pratica e ottime conoscenze teoriche: "Il compilatore del presente [libro], dall'infanzia fino ad oggi, è stato costantemente impegnato nella coltivazione delle piante esotiche come mezzo di sostentamento; e, per quanto glielo hanno permesso gli impegni di lavoro e le opportunità che gli si sono offerte, si è sforzato industriosamente di coniugare la parte scientifica con quella pratica della sua vocazione". E' una semplice lista, senza né descrizioni né note di coltivazione, ma risulta ugualmente ricca di informazioni. Per ogni specie, disposte secondo le classi linneane, vengono infatti indicati il nome botanico, quello inglese, in molti casi l'ordine naturale (di cui Sweet nella prefazione sottolinea l'utilità pratica per la corretta coltivazione, le ibridazioni e gli innesti), l'origine geografica, l'anno di introduzione, il periodo di fioritura, la forma biologica, una referenza iconografica. Il tutto in forma di tabella. Nel 1820 incominciò ad uscire il primo volume dell'opera forse più importante di Sweet Geraniaceae, or The natural order of Gerania; ne sarebbero seguiti altri quattro, fino al 1830. Splendidamente illustrata, con 500 figure a piena pagina colorate a mano (incise da S. Watts da disegni di Edwin Dalton Smith), è una delle prime monografie dedicate a questo gruppo di piante, cui solo recentemente L'Heritier de Brutelle aveva portato chiarezza, separando da Geranium Pelargonium e Erodium. Ci sono anche questi "cugini poveri", ma a fare la parte del leone sono soprattutto i Pelargonium. Il numero delle specie disponibili in Gran Bretagna dopo le raccolte di Masson era enormemente aumentato, offrendo molto materiale agli ibridatori. In questo campo Sweet fu un vero pioniere; così nell'opera hanno grande spazio i "mules", ovvero gli ibridi, molti dei quali di sua creazione; da questi esperimenti nacquero i progenitori dei gruppi Regal e Angel. Grazie al suo sovrintendente, Covill, che in precedenza era specializzato in bulbose sudafricane, poté offrire ai suoi clienti un catalogo di quasi 500 varietà. Il libro di Sweet, con le sue descrizioni accurate e le magnifiche illustrazioni contribuì enormemente alla popolarità di queste piante. Geraniaceae dovette richiedere un forte impegno, anche finanziario; eppure Sweet lavorò contemporaneamente ad altre opere. Nel 1821 pubblicò The Botanical Cultivator, poi ripubblicato in seconda edizione accresciuta sotto il titolo A Hothouse and Greenhouse Manual, un manuale pratico dedicato principalmente alla coltivazione delle piante in serra che riscosse tanto successo da giungere alla quinta edizione vivente l'autore. Nel 1825, in concorrenza con pubblicazioni come il Curtis's o il Botanical Register di Edwards, Sweet cominciò a pubblicare The British Flower Garden, in cui presentava "le piante erbacee rustiche più ornamentali e curiose"; secondo il modello introdotto dal Curtis's, di ogni pianta, illustrata a piena pagina da Edwin Dalton Smith, veniva fornita una breve diagnosi in latino e una più ampia descrizione in inglese; tuttavia i testi di Sweet si distinguevano da quelli della concorrenza per le accurate istruzioni per la coltivazione e la moltiplicazione. Sweet tra il 1823 e il 1829 ne pubblicò una prima serie in tre volumi; nel 1831 iniziò una seconda serie di cui, nostante fosse ormai gravamente malato, uscirono altri quattro volumi più un addendum postumo. Ma non è ancora tutto. Mentre era ancora intento a completare Geraniaceae Sweet si interessò a un'altra famiglia caratterizzata da fiori vistosi e ornamentali. Il risultato fu Cistineæ, The Natural Order of Cistus, Or Rock-rose, inizialmente pubblicato tra il 1825 e il 1829 in 28 fascicoli venduti a 3 scellini l'uno, poi riuniti in un volume. La formula è la stessa di The British Flower Garden, ma i disegni non sono più di E. D. Smith, bensì di una certa signora Brown e di J., M. e W. Hart. Contemporaneamente, Sweet diede mano al Sweet's Hortus Britannicus (1826-27): è l'evoluzione della sua prima opera Hortus suburbanus londinensis, di cui mantiene il formato a tabella e l'assenza di illustrazioni, ma ora l'ambito dai giardini dei dintorni di Londra si è allargato all'intera Gran Bretagna, le piante non sono più presentate secondo il sistema linneano, ma per famiglie (ordini) naturali; il repertorio dovette essere apprezzato se ne uscirono altre due edizioni, l'ultima delle quali postuma. Nacque invece ancora dalla collaborazione tra Sweet e E. D. Smith Flora Australasica (1827-1828) dedicata a una "selezione di piante belle o curiose native della Nuova Olanda o delle Isole dei Mari del Sud"; la formula è sempre la stessa, ma ora si tratta per lo più di piante delicate da coltivare in serra o in ambiente protetto. Formula e autori si ritrovano in The Florist's Guide, and the Cultivator's Directory, uscita a fascicoli tra il 1827 e il 1831 e poi riunita in due volumi; il soggetto ora sono "i fiori più scelti coltivati dai fioristi, inclusi ranuncoli, garofani e garofanini, fiori variegati, dalie, auricole e primule, giacinti e tulipani". Prima che le "febbri celebrali" mettessero fine a questa prodigiosa produzione, venne ancora il primo volume di British Botany, in collaborazione con H. Weddell (1831). Sweet era anche ornitologo: nel 1825 pubblicò The British Warblers, dedicati ai piccoli uccelli canori britannici. Il formidabile insieme delle opere botaniche di Sweet, che si rivolgevano chiaramente a un pubblico allargato di media cultura, attratto sia dalle magnifiche illustrazioni sia dalle precise indicazioni di coltivazione, diede un grande contributo a popolarizzare il giardinaggio nel momento storico in cui esso si stava trasformando da status symbol riservato a pochi ricchi a passione nazionale condivisa dalle classi medie. Grande esperto e appassionato i piante esotiche, spesso riuscì ad anticipare i botanici professionisti; gli si deve dunque la pubblicazione di centinaia di specie e di decine di generi, anche se solo in piccola parte sono rimasti validi; forse più con l'occhio del vivaista, che deve offrire ai suoi clienti piante sempre nuove che con quello del botanico, tendeva infatti a moltiplicare le entità, ad esempio istituendo nuovi generi anche per piccole differenze: così nella sua monografia sulle Geraniaceae istituì i generi Ciconium, Grenvillea, Hoarea, Isopetalum, Jenkinsonia, Phymatanthus, Seymouria, tutti rientranti in Pelargonium. Per limitarci ai generi, rimangono però validi Herbertia, Hoodia, Hunnemannia, Luculia, Orthosanthus, Piptanthus, Polyspora e Sphenotoma. Eresse poi a genere Agonis, Chaetonychia e Sarcocaulon, già creati da de Candolle ma come sottogeneri o sezioni. Tra le sue centinaia di specie, mi limito a citarne le assai colitivate Coreopsis grandiflora e Lablab purpureus. Un omaggio dal Sud America Nel 1825, circa un anno dopo la sua disavventura giudiziaria, due illustri botanici, de Candolle e Sprengel offrirono al malcapitato Sweet il riscatto di un genere Sweetia; ad essere valido è quello creato dal secondo. Né de Candolle né Sprengel però esplicitarono le motivazioni della dedica. Sweetia Spreng. è un genere monotipico della famiglia Fabaceae, rappresentato unicamente da S. fruticosa. Nativa di Bolivia, Paraguay, Brasile e Argentina nord orientale, dove vive per lo più ai margini della foresta pluviale in ambienti stagionalmente aridi, è un grande arbusto o più spesso un piccolo albero deciduo caratterizzato da un tronco dritto e cilindrico, una chioma molto aperta e globosa, foglie composte, piccoli fiori bianchi. I legumi, appiattiti, irregolari ed asimmetrici, hanno forma simile a una samara (legume samaroide). Può raggiungere un'altezza di 10-18 metri. Ne viene talvolta utilizzato il legname che, essendo durevole e inattaccabile dagli insetti, si presta a lavori di falegnameria, ma anche a traversine e pali. Nella medicina tradizionale sempre il legame trova impiego come febbrifugo. Per molto tempo il genere Sweetia è stato assegnato alla tribù Sophoreae, soprattutto sulla base della morfologia dei fiori; tuttavia recentemente analisi filogenetiche molecolari lo hanno trasferito nella clade informale detta vataireoidi, che raggruppa i generi Vatairea, Vataireopsis, Luetzelburgia e appunto Sweetia, distribuiti soprattutto nel Sud America settentrionale, principalmente in Brasile. In un articolo pubblicato qualche anno fa, Paolo Pejrone ha definito Beaumontia grandiflora "una dominatrice come la Lady che per prima la coltivò". Il riferimento è a Diana Wentworth Beaumont che, anche se si atteggiava a gran dama, non era affatto una lady; anche il fatto che fosse una dominatrice non è per nulla certo. Vicini malevoli ce ne hanno consegnato un ritratto caricaturale che forse è solo il frutto di risentimenti e pregiudizi sociali; anche se il personaggio era indubbiamente sopra le righe, le testimonianze di Loudon, Wallich e del giardiniere Marnock vanno in senso totalmente diverso. Certo amava la grandiosità e l'ostentazione, e lo dimostra anche la sua maggiore realizzazione come "donna di piante": la spettacolare serra tropicale a cupola, la più grande del suo tempo. Poco dopo la sua morte fu smantellata e la conosciamo solo da qualche disegno. Una discutibile leggenda nera Oggi è quasi dimenticato, ma al momento della sua uscita nel 1826 il romanzo satirico Almack's ebbe un certo successo. Prendeva infatti di mira una delle istituzioni dell'età della reggenza, Almack’s Assembly Rooms, che fu uno dei primissimi club ad ammettere sia uomini sia donne e divenne uno dei luoghi di ritrovo più prestigiosi ed esclusivi della capitale, con i suoi balli del mercoledì cui si poteva accedere solo dietro invito, a insindacabile giudizio delle patronesse, un gruppo di dame dell'alta società. Tra i personaggi figura una certa Lady Birmingham, descritta come una donna di bassa nascita, volgare e piena di pretese, che ostenta le sue ricchzze e i suoi diamanti. E' orgogliosisima del suo giardino; in una scena, a proposito delle piante americane della sua residenza di campagna, si vanta così: "Lee e Kennedy mi hanno detto che ho la collezione più bella dell'intero regno. Sono sicura che ben poche persone ne hanno così tante come me [...]. Al momento sono impegnatissima con gli arbusti, sto ampliando i miei impianti americani e sto creando un nuovo roseto; ne ho 180 nuove varietà". Dietro questo ritratto velenoso, i contemporanei riconoscevano facilmente una persona reale: Diana Wentworth Beaumont (1765–1831). Il romanzo fu pubblicato anonimo, ma era ben noto che l'autrice era Marianne Spencer-Stanhope Hudson. Gli Spencer-Stanhope erano vicini di casa dei Wentworth nello Yorkshire e, mentre i membri la vecchia generazione, rappresentata da sir Thomas Wentworth (1726-1792) di Bretton Hall e John Spencer di Cannon Hall, erano grandi amici, i giovani Spencer-Stanhope non perdevano occasione per prendere in giro la figlia maggiore ed erede Diana e le sue arie da gran dama e tra di loro la chiamavano sarcasticamente Madame Beaumont. Un'altra delle Spencer-Stanhope, Mrs Pickering, nata Anna Maria Wilhelmia Spencer-Stanhope, nelle sue memorie descrisse la giovane Diana come una serva di cucina che vendeva le uova al mercato di Pensitone; bambina al momento della morte di lei, doveva aver raccolto questa diceria dalla bocca di qualcuno dei suoi parenti. Si trattava certamente di una grossolana calunnia, che però in qualche modo rifletteva la nascita irregolare di Diana Wentworth. Suo padre, sir Thomas Wentworth, era stato uno scapolo impenitente e libertino che aveva sempre rifiutato di sposarsi, benché avesse avuto numerosi figli illegittimi da varie amanti. Un figlio e tre figlie, nate tra il 1765 e i 1775, di cui Diana era la maggiore, vennero riconosciuti e le ragazze, anziché servire in cucina, ebbero un'ottima educazione in collegi femminili. Sorprendentemente, nel suo ultimo testamento, scritto poche settimane prima della morte, sir Thomas, tranne un piccolo lascito e una rendita annuale, diseredò il maschio, lasciò cospicui lasciti alle figlie minori e le terre e il grosso del patrimonio a Diana. Non conosciamo il motivo di questa decisione controcorrente; Karen Lynch ipotizza che non ci fossero migliori mani di quelle di lei cui affidare l'amatissimo Bretton Hall; in effetti, una clausola del testamento stabiliva che la casa doveva continuare ad essere abitata dalla famiglia e che essa e i giardini dovevano essere mantenuti in perfetto ordine. Sir Thomas è stato descritto come un personaggio eccentrico i cui unici interessi dichiarati erano la caccia, i cavalli, le bevute, le donne e la tenuta di Bretton Hall; erede per parte materna della famiglia Blackett, proprietaria di miniere di carbone e piombo presso Durham, aveva investito grosse somme per rimodellare il parco. Inizialmente si affidò all'architetto Richard Woods, che creò un lago artificiale interrompendo il corso del fiume Dearne con una diga. Dopo il crollo della diga in seguito a una piena, preferì fare da solo "senza ricorrre a Capability [Brown] o a simili pretenziosi bricconi"; qualche anno dopo, volle un secondo lago "grande abbastanza per Giona e la sua balena". Nel parco, percorso da piacevoli viali, fece piantare molti alberi e creò diversi edifici di gusto gotico; uno degli isolotti ospitava addirittura un piccolo zoo. Diana condivideva con il padre l'amore per le piante e la natura, e probabilmente ne aveva ereditato anche l'eccentricità, la testardaggine e il gusto per l'eccesso. Nel 1786, a circa 20 anni, sposò un proprietario terriero dello Yorkshire di modesta fortuna, Thomas Richard Beaumont; nel 1792, dopo la morte di sir Thomas, la coppia fece di Bretton Hall la sua residenza principale, anche se soggiornava spesso anche a Hexam Abbey e in altre proprietà e durante la stagione mondana viveva a Londra. Grazie alle proprietà ereditate dal padre nello Yorkshire e nel Northumberland, Diana Wentworth Beaumont era già molto ricca; intelligente e dotata di un grande senso degli affari, durante la sua gestione raddoppiò il patrimonio, tanto che al momento della morte era considerata la commoner più ricca del paese. Il marito, che i contemporanei descrivono come una "testa debole" succube della moglie, forse era semplicemente abbastanza intelligente da delegare l'amministrazione a Diana, molto più abile di lui, che per altro spesso era lontano da casa come militare; tra il 1794 e il 1803 fu infatti colonnello di un reggimento di cavalleria. Thomas Richard intraprese anche una carriera politica; fu deputato per il Northumberland ininterrottamente dal 1795 al 1818. Era schierato con i Tory e con il governo e in questo lungo periodo non è noto che abbia preso la parola nemmeno una volta. La sua massima aspirazione - sicuramente condivisa dalla moglie - era ottenere un titolo nobiliare; corteggiava regolarmente il primo ministro di turno nella speranza di una baronia, ma nessun ministro gliela concesse mai, sicuro di avere comunque il suo voto. Il titolo non c'era, ma tanto nelle tenute di campagna quanto a Londra, i Beaumont vivevano in modo assai sfarzoso, secondo lo stile degli aristocratici; ma poiché non lo erano, suscitavano il riso di quella società intrisa di pregiudizi sociali. Gli Spencer-Stanhope si sbellicavano quando vedevano "Madame Beaumont" attraversare il villaggio con una carrozza trainata da due pariglie di cavalli neri e guidata da postiglioni in livrea di velluto; Lady Aynsley arricciva il naso ascoltandola vantare le rendite delle sue miniere di piombo. Certamente Diana era una donna imperiosa, tenace nel perseguire i suoi obiettivi, che aveva fama di litigare con tutti, compreso il figlio maggiore. Eppure, se ascoltiamo altre campane. il ritratto muta colore: non più una "dominatrice" soffocante, come l'ha definita anche Paolo Peirone, ma un'amministratrice puntuale, precisa e attenta ai bisogni e alla dignità dei suoi dipendenti. L'architetto paesaggista John Claudius Loudon. che visitò più volte Bretton Hall, ha scritto di lei: "Nessuna signora è stata una padrona più liberale e sollecita verso i suoi dipendenti, né una migliore proprietaria terriera rispetto ai suoi affittuari"; il ritratto tracciato dal capo giardiniere Robert Marnock - scritto vari anni dopo la morte di lei e quindi senza alcuna piaggeria interessata - è addirittura un peana: "Mrs Beaumont per la sua consuetudine con gli affari e l'ordine possedeva una mente dal potere gigantesco. Quando lavoravo come giardinere, mi dava spesso appuntamento presso un determinato albero, a un'ora e un minuto specifico e, sebbene questi appuntamenti fossero frequenti e a volte fissati una settimana o dieci giorni in anticipio, non ricordo una singola occasione in cui abbia mancato di presentarsi all'esatto minuto fissato; la sua puntualità e precisione non erano riservati alla sistemazione del giardino ma emergevano nella sua condotta nell'intera tenuta. Era un esempio ammirevole per i domestici, che dovrebbe essere seguito da padrone e padroni dei nostri giorni. Non si permise mai di entrare nell'orto durante l'orario di lavoro senza aver prima suonato la campana del giardino [...]. Proprio perché era così scrupolosa ed esatta nel disbrigo dei suoi affari, riusciva a trovare il tempo di dedicarsi al giardino e alla botanica, e all'occasione patrocinare meriti altrimenti senza sostegno". Un giardino senza rivali E' ora dunque di parlare di Mrs Beaumont come giardiniera e collezionista. La sua passione si esercitò soprattutto nel giardino di Bretton Hall che ereditò dal padre nel 1792 e continuò ad abbellire con interventi costanti per quarant'anni. Questi lavori, che non sembrano obbedire a un progetto coerente, ma piuttosto alle necessità e all'estro del momento, furono affidati di volta in volta ad architetti sempre diversi (che Diana litigasse con tutti non era forse così infondato). Il primo fu John Carr che già nel 1793 fu incaricato di ristrutturare la sala da pranzo e la biblioteca; nel 1803 un certo Mr Mickle disegnò le ringhiere del parco; nel 1804 un altro noto architetto, Willian Atkinson, disegnò un'aranciera, un museo per le collezioni naturalistiche, una latteria e l'Archway Lodge, una sorta di ingresso monumentale fiancheggiato da colonne con un arco abbastanza ampio da consetire l'ingresso di una carrozza. Fu poi la volta di William Lindley, cui si devono nuove cucine, la scuderia e una grotta con conchiglie; nel 1811 Jeffry Wyatt disegnò una voliera, alcuni cottage e la serra delle camelie che è uno dei pochi manufatti dell'epoca di Diana oggi conservato. Destinata ad ospitare la collezione di piante semirutiche provenienti dall'Asia, è un luminoso edifico in pietra ma con grandi finestre ad arco e un tetto in vetro e ghisa. I Beaumont ricevevano spesso (Mary Russell Mitford che fu loro ospite nel 1806 ricorda che ai loro pranzi partecipavano trenta o quaranta persone); si prestava dunque grande attenzione all'orto e al frutteto che dovevano provvedere una quantità sufficiente di verdure e frutti per la tavola della famiglia, del personale e degli ospiti. Fino al 1825 a occuparsene fu Christie Duff, rinomato per la coltivazione dei mirtilli rossi, del crescione, dei peschi a spalliera e la moltiplicazione dei rizomi di zenzero. Quando questi si licenziò, venne assunto come "caposquadra dell'orto" il già citato Robert Marnock (1800-1889) che quattro anni dopo sarebbe stato promosso capo giardiniere. I suoi ricordi, scritti una ventina di anni dopo, quando Marnock dirigeva l'orto botanico di Sheffield ed era una delle figure di punta del movimento Gardenesque, fanno rivivere i giardini di Bretton Hall negli anni d'oro: "Circa vent'anni fa, quando lo vidi la prima volta. Bretton Hall non aveva rivali per i suoi giardini, tanto per l'estensione quanto per la varietà. La forzatura di uva, ananas, pesche, fichi ecc. era praticata estesamente; c'era anche un'estesa collezione di piante da serra fredda e calda, un assortimento di piante erbacee rustiche che occupavano un'area circolare di non meno di tre acri, con le piante sistemate secondo il sistema di Linneo. Oltre a tutto questo, c'era un orto murato di sei o otto acri per la coltivazione delle verdure e la produzione di frutti rustici. All'epoca alla quale mi riferisco, c'erano sei grandi serre per la forzatura di pesche e nettarine; due vigne protette; una serra per i fichi; nove serre riscaldate per gli ananas con innumerevoli buche; due grandi aranciere e altrettante serre riscaldate. Infine un'immensa serra eretta dai Bailey di Holborn con una spesa 8.000 o 10.000 £, riscaldata con un complicato e costoso apparecchio a vapore". Siamo così arrivati alla celebre serra di Bretton Hall. Iniziata nel 1826, ma non completata fino al 1829 - non senza una causa legale che contrappose i coniugi Beaumont alla ditta londinese Bailey - era un edificio avveniristico, interamente costruito in vetro e ghisa; circolare, con un diametro di circa 18 metri, aveva un'alta volta a cupola, che raggiungeva l'altezza massima di circa 14 metri. Poco dopo il completamento della serra, il colonnello morì e la moglie lo seguì poco più di due anni dopo, nell'agosto del 1831. Il figlio ed erede, Thomas Wentworth Beaumont, in rotta con la madre che, dopo la sua maggiore età, aveva rifiutato di anticipargli l'eredità e aveva mantenuto il pieno controllo dei propri beni, non partecipò al funerale e si afffrettò a vendere all'asta tutto ciò che le ricordava la madre, di cui (lui educato a Eton e Cambridge) disapprovava gli eccessi. Almeno, questa è la versione che circolò. Forse, più prosaicamente, benché divenuto a sua volta il commoner più ricco del regno, aveva bisogno di liquidità per saldare i fornitori e i debiti in sospeso, e soprattutto per versare i cospicui lasciti testamentari che la madre aveva diposto per i figli e le figlie minori, dimostrando ancora una volta la sua indipendenza di pensiero. Tra i beni alienati, anche la serra circolare che fu svenduta a un fabbricante di birra, più interessato al sistema di riscaldamento che all'edificio in sè, che fu totalmente smantellato. Ne rimane solo qualche disegno. Un'amicizia botanica e uno scambio intercontinentale Sia Marnock sia Loudon lamentarono che i vari interventi nel parco di Bretton Hall si erano succeduti senza un disegno unificante; in effetti, più che al parco in sè, Mrs Beaumont era interessata alla sua collezione di piante rare, per la quale aveva fatto costruire successivamente la grande aranciera vetrata e la serra circolare. Al contrario del suo doppio letterario, lady Birmingham, non raccoglieva piante americane, ma soprattutto asiatiche che le furono spedite con una certa frequenza da Nathaniel Wallich a partire dal 1815. Mrs Beaumont era interessata alle scienze naturali (abbiamo visto che aveva allestito un piccolo museo, con una collezione soprattutto di minerali, e che in una parte del suo giardino le piante erano sistemate in modo sistematico, come in un orto botanico); era abbonata alle Transactions della Linnean Society alla quale inviava regolarmente esemplari delle sue piante più rare. In tal modo era entrata in contatto con Smith, Lambert e Banks. Permetteva anche agli artisti botanici di frequentare il suo giardino per ritrarre le piante dal vivo. In tal modo si era fatta una certa fama di protettrice della botanica. Nathaniel Wallich che - ricordiamolo - era suddito danese e per questa ragione era stato anche imprigionato come cittadino di una potenza ostile - nel 1815 era entrato al servizio della Compagnia delle Indie e cercava un patrono influente. Ovviamente aveva pensato a Banks e si era messo in contatto con lui attraverso Thomas Hardwicke, suo amico e membro dell'Asiatic Society. Hardwicke gli suggerì di rivolgersi anche a Mrs Beaumont che, come moglie di un membro della Camera dei Comuni e proprietaria di estesi giardini, avrebbe potuto a sua volte offrire una via d'accesso a Banks, Lambert e i vertici della Compagnia delle Indie. Così Wallich nel dicembre 1815 le scrisse e le spedì piante vive e semi. Fu l'inizio di uno scambio botanico nelle due direzioni; confermandosi una donna concreta, sollecita e cortese, Diana non si accontentò di ringraziare ma ricambiò il dono, scrivendo: "Quest'autunno chiederò al mio giardiniere di raccogliere tutti i semi che egli riterrà accettabili per voi, per l'orto botanico di Calcutta; ne ho parlato ai direttori della Compagnia, chiedendo che vi vengano spediti. Ciò mi ha dato l'opportunità di menzionare i vostri propositi e di sostenerli con le mie più forti raccomandazioni, come ho fatto con sir Joseph Banks e Mr Lambert, e ho ogni ragione di sperare che se ne cureranno". Da quel momento Mrs Beaumont per Wallich divenne un punto di riferimento, una protettrice e un'amica. Dello scambio si arricchirono tanto Bretton Hall quanto l'orto botanico di Calcutta - anche se non sappiamo di quali piante; l'unico campione dell'erbario di Wallich indicato come "Beaumont" e proveniente da Bretton Hall è la leguminosa Senna multijuga, nativa del Messico e dell'America subtropicale. Wallich provvide Bretton Hall di molte piante raccolte in varie parti dell'India e in Nepal, e proprio per accoglierle al meglio Mrs Beaumont fece costruire la grande serra a cupola. Tra le piante introdotte da Mrs Beaumont attraverso Wallich e coltivate per la prima volta a Bretton Hall, possiamo citare Wallichia caryotoides, Callianthe striata, Garcinia dulcis, Clerodendrum nutans, Hovwa pannosa, Tupistra nutans, Tetracera sarmentosa. Senza dimenticare Beaumontia grandiflora, su cui torneremo tra poco, e lo splendido Rhododendron arboreum, di cui Mrs Beaumont aveva trasmesso i semi al vivaio di piante esotiche di Joseph Knight. In effetti, Diana fu utile a Wallich anche mettendolo in contatto con vivai che potevano essere interessati a commercializzare le sue piante. Nel 1829, qundo venne in Inghilterra, visitò Mrs Beaumont a Bretton Hall e visitò con lei proprio il vivaio di Knight. Eccoci dunque giunti a Beaumontia, il piccolo genere di rampicanti dell'Asia tropicale dedicato alla amica e protettrice nel 1824 con questa motivazione: "L'ho nominato in onore della Sig.a Diana Beaumont, devotissima all'orticoltura e alla scienza botanica in Inghilterra e munifica fautrice di entrambe, alla cui benevolenza il giardino di Calcutta deve molte piante esotiche soprattutto europee". Beaumontia (famiglia Apocynaceae) comprende otto-dieci specie di rampicanti e liane nativi della Cina, del subcontinente indiano e del sudest asiatico. La specie più coltivata è B. grandiflora, un vigoroso rampicante sempreverde (anche se può perdere le foglie nella stagione secca) che produce un lussureggiante fogliame verde lucido e profumatissimi fiori bianchi campanulati raccolti in infiorescenze terminali. Resistendo per brevi periodi a temperature prossime allo 0, può essere coltivata anche in parte del nostro paese, in pieno sole e in posizione protetta, ma senza dimenticare che può raggiungere dimensioni ragguardevoli e richiede un supporto robusto. Joséphine de Beauharnais, ovvero l'imperatrice Giuseppina, la prima moglie di Napoleone, è nota per la passione per la botanica, che profuse nella creazione dello splendido parco del castello di Malmaison, successivamente residenza dei Bonaparte negli anni del consolato, poi casa di campagna e rifugio in quelli dell'impero, infine, dopo il divorzio, la sua casa, la sua consolazione, il luogo dove morì. Dotato di una serra calda all'avanguardia, fu funzionale all'introduzione in Francia di quasi duecento specie esotiche, soprattutto australiane. Per tutti, Joséphine è anche l'imperatrice delle rose, che certamente amava, ma probabilmente non di quell'amore esclusivo che le attribuisce il mito. A ricordarla contribuisce anche la splendida e capricciosa Lapageria (dal suo nome da ragazza, Marie Josèphe Rose Tascher de La Pagerie). Un parco all'inglese Il noto motto latino nomen omen, "nel nome c'è il destino", almeno a Marie Josèphe Rose Tascher de La Pagerie (1763-1814) parrebbe calzare. Fino a quando Napoleone Bonaparte la ribattezzò con il nome con cui è passata alla storia, per tutti fu Rose, un nome che preannunciava l'importanza che nella sua vita ebbero le piante, comprese le rose. Quando si incontarono per la prima volta in un salotto parigino, lei era Mme Rose de Beauharnais. Lui aveva 26 anni, lei 32, e aveva già alle spalle una vita tumultuosa e molto chiacchierata. Era nata in Martinica nella piantagione di una famiglia nobile ma impoverita; poi, ad appena 16 anni, erano arrivati il matrimonio con un nobile dissipatore e femminiere, prima dei vent'anni un figlio e una figlia, quindi la separazione, il carcere durante il terrore, la vedovanza in seguito all'esecuzione del marito Alexandre de Beauharnais. E debiti, tanti debiti, e amanti veri o presunti. L'ultimo, quello in carica al momento, si diceva fosse Paul Barras, uno dei cinque direttori. Che, secondo una delle varie versioni, sarebbe anche colui che presentò ufficialmente la bella vedova a Napoleone, che aveva appena nominato generale per essersi distinto nella repressione di un'insurrezione monarchica. Fu l'inizio di un amore appassionato da parte di lui - un po' meno da parte di lei - che sfociò nel matrimonio il 9 marzo 1796, due giorni prima che Bonaparte partisse per la Campagna d'Italia. Rose non era più Rose, ma Joséphine, come Napoleone l'aveva ribattezzata a partire dal suo secondo nome, forse per rifarla propria e cancellare quel passato tanto chiacchierato. E mentre Napoleone diventava Napoleone, Joséphine aveva finalmente un giardino. Nell'aprile 1799, mentre il marito era impegnato nella Campagna d'Egitto, ricorrendo a un prestito - era abituata a fare debiti - acquistò per 325.00 franchi il castello e la tenuta di Malmaison, a una dozzina di km da Parigi. Al suo ritorno Bonaparte andò su tutte le furie per quella spesa folle, ma, dopo il colpo di stato del 18 brumaio che lo rese padrone della Francia, si addossò il debito, forse attingendo al denaro predato in Italia ed estese addirittura il parco dagli iniziali 60 a 260 ettari. Anche per lui, Malmaison divenne la casa del cuore e per tutto il consolato ne fece la propria residenza; tra il 1800 e il 1802, insieme alle Tuilerie, fu addirittura la sede del governo. Joséphine era decisa a trasformare la tenuta "nel giardino più bello e curioso d'Europa, un modello di buona coltivazione". Inizialmente i lavori vennero affidati agli architetti Percier e Fontaine, che, oltre a restaurare il castello (loro avrebbero voluto abbatterlo e ricostruirlo, ma Napoleone optò per una più economica ristrutturazione), nel 1801 incominciano a recintare il parco, costruirono strutture di servizio come stalle per i cavalli e padiglioni di guardia, eressero il cancello principale e, per le piante di Joséphine, una orangerie riscaldata in grado di produrre 300 piante di ananas. Tuttavia presto emersero contrasti con Mme Bonaparte, che considerava il loro gusto in fatto di giardini troppo classico; desiderava un giardino all'inglese di gusto romantico e paesaggistico. Si rivolse così ai due guru del giardino all'inglese in Francia, lo scozzese Thomas Blaikie, che aveva disegnato il giardino di Bagatelle per il conte d'Artois, e Jean-Marie Morel, autore dell'influente Théorie des Jardin (1777). Morel costruì uno chalet svizzero, una stalla per le mucche, una latteria e una casa per i vaccari fatti venire dalla Svizzera e iniziò la costruzione della serra riscaldata (Grande serre chaude), completata nel 1805 da Thibault e Vignon. Costruita secondo i criteri più avanzati dell'epoca, era la prima in Francia a prevedere una così ampia superficie in vetro; lunga circa 50 metri e larga 19, era riscaldata da 12 stufe e poteva ospitare piante alte fino a 5 metri. La serra era addossata a un elegantissimo padiglione con una serie di salotti e una rotonda centrale raffinatamente arredati in cui era possibile riposarsi, intrattenersi ed ammirare piante rare e una collezione di vasi greci. Neppure Morel soddisfaceva del tutto il gusto romantico della ormai imperatrice (fu incoronata dallo stesso marito e congiuntamente a lui il 2 dicembre 1804); alla fine del 1805 gli subentrò Louis-Martin Berthault, in cui Joséphine trovò quasi un'anima gemella che l'avrebbe servita fino alla morte. Egli costruì una nuova galleria per ospitare le collezioni d'arte e a partire dal 1807 ridisegnò completamente il parco, creando un parco chiuso di 70 ettari perfettamente integrato nel paesaggio, con gli alberi disposti in modo da permettere allo sguardo di spaziare su monumenti già esistenti come l'acquedotto di Marly o il castello di Saint Germain. Berthault disegnò sentieri serpeggianti, fece scavare un corso d'acqua sinuoso che si allargava a formare un laghetto e disseminò il parco di edifici di gusto romantico: il Tempio dell'amore, il tumulo funerario della Malinconia, una grotta con rocce fatte venire da Fontainbleau. Tutte cose che facevano impazzire l'imperatrice, ma non l'imperatore, che le definiva sprezzantemente niaiseries "stupidaggini", e volle per sè un angolo di gusto più classico. Per ospitare gli animali giunti dall'Australia - li ritroveremo tra poco - c'erano una voliera e uno zoo; alla fattoria si aggiuns un allevamento modello di pecore merino. Le piante e gli uomini di Malmaison Fin dall'acquisto di Malmaison, Joshéphine era intenzionata a popolarne il parco e le serre con una collezione unica di piante esotiche. In primo luogo, forse già dalla primavera del 1800, si rivolse a André Thouin, il capo giardiniere del Jardins des Plantes che, oltre ad essere il massimo esperto di acclimatazione di esotiche in terra di Francia, negli anni aveva costruito un'immensa rete di corrispondenti che includeva botanici, giardinieri, vivaisti e collezionisti sia nel paese sia all'estero. In una lettera dell'agosto 1800, firmata Lapagerie Bonaparte, la futura imperatrice lo ringrazia per l'invio di frutti di fico-banana (Ficus pleurocarpa) che "mi hanno ricordato il paese natale e mi hanno dimostrato che siete capace di trionfare di ogni clima e di portare ogni cosa a perfezione". Scrisse anche alla madre, che continuava a vivere in Martinica; in una lettera del 1802 leggiamo: "Mandatemi tutti i semi d'America e tutti i frutti: batate, babane, aranci, manghi, infine tutto ciò che potrete". Thouin la mise in contatto con Jacques Martin Cels (1740-1806), un collezionista che, rovinato dalla rivoluzione, aveva trasformato la sua passione in professione, aprendo a Montrouge, nella periferia sud di Parigi, un vivaio in cui coltivava soprattutto piante americane introdotte da André Michaux. Il suo lavoro fu continuato dal figlio François (1771-1832) che allargò il vivaio e si specializzò nella coltivazione di esotiche ornamentali; nel suo catalogo del 1817 troviamo, accanto alle americane, anche molte sudafricane, dalie, e una notevole collezione di rose, circa 200 varietà, principalmente Gallica. Sicuramente il vivaio Cels fu uno dei principali fornitori di Malmaison, anche per le rose (ma su questo tornerò più avanti), insieme a quello di un altro contatto di Thouin, Louis Claude Noisette (1772-1849). Figlio di un giardiniere del conte di Provenza, intorno al 1798 aveva aperto un vivaio dove coltivava soprattutto piante americane, ottenute attraverso uno dei suoi fratelli, Philippe Stanislas, che viveva a Charleston. Uno dei suoi invii è Old Blush Noisette, la prima delle rose Noisette; ma giunse in Francia nel 1814, troppo tardi per essere coltivata a Malmaison. Joséphine ottenne molte piante dal Jardin des Plantes, e molto lo acquistò dai vivai, spendendo somme folli; è del marzo 1804 una consegna di 2014 tra erbacee, alberi e arbusti. Seppe inoltre approfittare del potere del marito; piante le giunsero dai botanici che accompagnarono Napoleone in Egitto e durante le campagne napoleoniche; in Italia come a Vienna, piante furono requisite dai giardini degli sconfitti per essere inviate a Malmaison. L'imperatore sollecitava diplomatici, ufficiali di marina e funzionari ad approfittare di ogni occasione per soddisfare la passione botanica della moglie e Joséphine stessa faceva pressione su ministri, dignitari, agenti francesi all'estero. Ad arricchirne il parco e le serre di piante in precedenza mai viste in Europa fu però soprattutto la sventurata spedizione Baudin, sponsorizzata da Napoleone primo console, ed in particolare il ricco carico del Géographe, che raggiunse Lorient nel marzo 1804. Napoleone aveva ordinato che il giardino di Malmaison avesse la precedenza sul Jardin des Plantes e quando Thouin ispezionò il carico, scoprì di essere già stato preceduto da Mirbel, il sovrintendente di Malmaison; così, delle 230 piante sopravvissute al tumultuoso viaggio, le 98 più sane presero direttamente la strada delle serre di Joséphine. Insieme a loro viaggiavano anche canguri, emù e una coppia di cigni neri, che divennero quasi un simbolo del giardino dell'imperatrice. Da quel momento, d'un colpo le serre di Malmaison ospitarono la più importante collezione europea di piante australiane, più ricca di quella degli stessi Kew Gardens. Per altro, le piante inglesi o importate dai britannici non mancavano. Come ho già raccontato parlando del vivaio Lee & Kennedy, a partire dal 1803 The Vineyard divenne il maggiore fornitore dei giardini dell'imperatrice; grazie alla compiacenza di Banks, con il quale Joséphine era in contatto attraverso il botanico Etienne Ventenat, ottenne anche alcune piante di Kew e soprattutto un passaporto che permise a Kennedy di continuare a fare la spola tra Francia e Inghilterra con i suoi carichi di piante nonostante lo stato di guerra e il blocco continentale. Con Kennedy, Joséphine creò addirittura un consorzio per inviare in Sudafrica il cacciatore di piante James Niven. Joséphine seppe anche circondarsi di personale molto qualificato. Nel 1801 ingaggiò un giardiniere scozzese, Alexander Howatson; in tempo di guerra, avere un dipendente britannico spiaceva assai a Napoleone, che nel 1805 approfittò del conto troppo salato di un trasporto di piante per licenziarlo. Egli fu così sostituito da Felix Delahaye, che era stato il giadiniere della spedizione Entrecasteaux, durante la quale aveva fatto estese raccolte; aveva poi lavorato per un certo periodo nel giardino di Pamplemousses a Mauritius e dopo il ritorno in Francia aveva restaurato i giardini del Trainon e il vecchio giardino di Maria Antonietta a Versailles. Era dunque un esperto di coltivazione di esotiche e, soprattutto, era forse l'unico giardiniere europeo ad avere visto le piante australiane in natura e molte le aveva raccolte lui stesso. Abbiamo già incontrato di passaggio due dei botanici che lavorarono per Joséphine a Malmaison, Mirbel e Ventenat. Charles-François Brisseau de Mirbel (1776-1854) ad appena vent'anni era diventato assistente naturalista al Muséum ed era un promettente scienziato, destinato a diventare il padre fondatore della citologia; nel 1803 Mme Bonaparte lo assunse come sovrintendente di Malmaison, dove poté continuare i suoi studi sui tessuti vegetali, l'evoluzione degli organi delle piante e le epatiche del genere Marchantia. Nel 1806 però egli lasciò Malmaison per entrare al servizio del re d'Olanda Luigi Bonaparte, che oltre ad essere fratello di Napoleone, era anche genero di Joséphine in quanto marito di sua figlia Hortense Beauharnais. A sostituirlo fu Etienne Pierre Ventenat (1757-1808). Fratello di Louis Ventenat, cappellano e naturalista morto durante la spedizione Entrecasteaux, era entrato nell'orbita dell'imperatrice grazie a Cels. Allievo e collaboratore di L'Héritier de Brutelle, in gioventù si era segnalato per la traduzione in francese di Genera plantarum di Antoine Laurent de Jussieu, poi, come il suo maestro, aveva focalizzato la sua attenzione sulla pubblicazione di piante nuove per la scienza. Nel 1799 pubblicò Descriptions des plantes nouvelles et peu connues cultivées dans le jardin de J. M. Cels, illustrato da 100 tavole in gran parte dovute ai fratelli Pierre-Joseph e Henri-Joseph Redouté. La raffinatezza di quest'opera attirò l'attenzione di Joséphine che volle qualcosa di simile per far conoscere al mondo le proprie collezioni di cui era estremamente fiera. Commissionò così a Ventenat i testi e Pierre-Joseph le illustrazioni del magnifico Jardin de Malmaison; in due tomi, usciti in 20 fascicoli tra l'aprile 1803 e il novembre 1805, comprendo 120 calcografie a colori incise da Allain a partire da acquarelli di Redouté e la descrizione di 161 specie, molte delle quali nuove per la scienza, scritta da Ventenat. Come ho anticipato, nel 1806 Ventenat fu nominato intendente e prese così sul serio l'incarico da morire, esausto di fatica, appena due anni dopo. A succedergli fu Aimé Bonpland, che era stato compagno di Humboldt nel suo viaggio sudamericano. Egli curò tra l'altro i testi di Descriptions des Plantes Rares Cultivées à la Malmaison (1812-1817), anch'esso illustrato da Redouté. Anche questo grande artista, soprannominato il "Raffaello dei fiori", può essere annoverato tra gli uomini di Joséphine. Oltre alle due opere già citate, i fiori di Malmaison ispirarono il suo capolavoro, Les Liliacées; pubblicato in 8 volumi di grande formato, usciti tra il 1802 e il 1816, comprende 486 incisioni a colori di altrettante specie di bulbose e monocotiledoni (non solo Liliaceae in senso stretto). Joséphine riuscì a convincere il ministro dell'interno Chaptal ad acquistarne 80 copie che furono distribuite tra dignitari e biblioteche in tutto il paese e all'estero. L'altro libro più noto di Redouté, Les Roses (1817-1824) fu creato dopo la morte dell'Imperatrice e ritrae rose coltivate in vari giardini francesi, non solo a Malmaison. Furono invece commissionate da Joséphine intorno al 1812 al pittore Auguste Garneray le 12 vedute del parco e della serra, oggi un documento inestimabile per ricostruirne l'aspetto. Essi infatti non sopravvissero a lungo alla loro creatrice, Nel 1809, essendo chiaro che, per la sua età, Joséphine non gli avrebbe mai dato un erede, Napoleone si decise a chiedere l'annullamento del matrimonio, sancito nel gennaio 1810. Fu però generoso con la ex moglie, con cui mantenne rapporti cordiali: essa conservò il titolo di imperatrice, cui si aggiunse quello di duchessa di Navarre (dal castello in Normandia che le donò dopo il divorzio, un po' per compensarla, un po' per tenerla lontana da Parigi mentre si celebrava il suo matrimonio con Maria Luigia d'Asbrugo), ottenne la piena proprietà di Malmaison e una pensione di 5 milioni di franchi. Mentre si completavano i lavori di adattamento per ospitare la sua piccola corte di quasi 200 persone, Joséphine visse a Navarre, poi tornò a Malmaison, che continuò ad accrescere ed abbellire fino alla morte. Il 29 maggio 1814 vi morì di polmonite. Si dice l'avesse contratta passeggiando nel parco con lo zar Alessandro, che avrebbe implorato di permetterle di unirsi al marito nell'esilio all'Elba. Quando Napoleone seppe della sua morte, si chiuse per due giorni nella sua camera; dopo la disfatta di Waterloo, prima di consegnarsi agli inglesi, risiedette a Malmaison che, però, senza la sua Joséphine, non era più la stessa. Poi iniziò la decadenza. L'imperatrice aveva lasciato debiti imponenti, riscaldare la serra era troppo costoso e le piante esotiche, abbandonate a se stesse, morirono; la casa e il giardino furono saccheggiati e vandalizzati; la proprietà fu parcellizzata e messa in vendita. Dopo diverse vicissitudini, nel 1903 il castello e il parco, ridotto a 6 ettari, passarono allo stato e divennero un museo. E finalmente... le rose Il parco di Malmaison non era un orto botanico, con le piante disposte in modo sistematico, ma un giardino di piacere. Era anche un giardino sperimentale dove vennero acclimatate piante che poi avrebbero profondamentro modificato i giardini e il paesaggio francese. Secondo L'impératrice Joséphine et les sciences naturelles (catalogo della mostra tenutasi a Malmaison nel 1997), le piante che vi furono coltivate per la prima volta in Francia tra il 1804 e il 1814 ammontano a 184. La corrispondenza tra l'intendente Mirbel e il prefetto delle Alpi Marittime Marc Joseph Dubouchage attesta l'invio in Costa azzurra di numerose piante soprattutto australiane acclimatate a Malmaison; tra di esse, Casuarina equisetifolia, Phormium tenax, varie specie dei generi Eucalyptus, Melaleuca, Metrosideros, Leptospermum, cui forse va aggiunta Acacia dealbata, la mimosa oggi onnipresente, che fiorì per la prima volta a Malmaison nel 1811. A fare da tramite all'introduzione di queste e altre specie esotiche nella Francia meridionale, il cui clima mite era considerato il più propizio all'acclimatazione di piante tropicali e subtropicali, fu il giardino di acclimatazione creato nel settembre 1801 nel recinto della Scuola centrale del dipartimento delle Alpi marittime a Nizza. E poi, naturalmente, c'è il capitolo rose. Ne ho già parlato in questo post, e qui mi limito a riassumere le informazioni principali. Secondo la vulgata erano le piante preferite di Joséphine che ne avrebbe fatte coltivare ben 250 varietà; molti si spingono anche a dire che, insoddisfatta delle rose europee non rifiorenti, avrebbe incoraggiato l'introduzione di rose cinesi e le ibridazioni che avrebbero portato alla nascita delle rose moderne. Altri parlano di migliaia di rose (peccato che nessuno delle persone che visitò quel giardino poco dopo la morte della imperatrice ne faccia parola e proprio le rose manchino le vedute di Garneray). In realtà, Joséphine era interessata in generale alle piante, specialmente esotiche, e non aveva una speciale predilezione per le rose; certamente a Malmaison non mancavano, ma non è neppure certo che ci fosse un roseto; molte delle piante più preziose erano infatti coltivate in vaso, ed esposte all'esterno al momento della fioritura. Purtroppo, mentre i cataloghi di Ventenat e Bompland documentano bene le esotiche coltivate nella serra e in giardino, non possediamo niente di simile per le rose. Come ho anticipato, Les roses di Redouté, che molti considerano un catalogo delle rose di Malmaison, fu scritto solo dopo la morte dell'imperatrice e ritrae le rose coltivate in vari giardini e vivai francesi che Redouté e Thory, l'autore dei testi, visitarono e citarono scrupolosamente; i giardini dp Malmaison sono ricordati solo per due rose, R. berberifolia e R. gallica. Questo equivoco è probabilmente all'origine della leggenda del roseto di Malmaison, nonchè dei vari pretesi elenchi delle rose che vi erano coltivate. Rimandando al post già citato per le specie sicuramente identificate, molte delle quali importate dall'Inghilterra attraverso Kennedy e altri vivai, vorrei qui aggiungere solo qualche informazione sui fornitori parigini. Presumibilmente il principale era André Dupont, che non fu mai un giardiniere di Malmaison come spesso si legge, anzi neppure un vivaista, ma un collezionista privato; prima della rivoluzione era il custode (e non il giardinere) del palazzo di Lussemburgo. Secondo il suo biografo V. Darkenne, incominciò a interessarsi di rose intorno al 1785, quando affittò un piccolo terreno dai monaci cerctosini nel pressi del Lussemburgo. Durante il Terrore fu imprigionato due volte e per quattro volte, per salvarla, dovette spostare la sua collezione di rose. Nel 1796, la sistemò nell'amgolo orientale del giardino del Lussemburgo, con le rose classificate per specie; nel 1801, la sua collezione (la chimava "éecole de roses"), di specie tanto native quanto esotiche, era la più completa d'Europa. Secondo la testimonianza di Antoine Laurent de Jussieu, Joséphine si rivolse a Dupont per chiedergli di rifornire di rose Malmaison ed egli accettò, come attestano le fatture (che purtroppo non indicano di quali vareità si trattasse). Darkenne stima che nel 1806 gliene abbia fornite da 200 a 500, presumibilmente più di un esemplare per varietà, visto che nel catalogo delle rose coltivate da Dupont nel 1813 (pubblicato da Thory nel 1819, Catalogo inedito Rosarum quas Andreas Du Pont in horto suo studiose colebat anno 1813) ne sono elencate 218. La collezione di Dupont comprendeva numerose rose botaniche europee, un'ampia selezione di alba, centifolia, damascena e soprattutto gallica (una sessatina, pochissime esotiche e qualche cinese, l'unica delle quali identificabile con certezza è la rosa di Macartney (R. bracteata, introdotta in Europa intorno al 1795). Dupont è considerato un pioniere dell'ibridazione artificiale delle rose e a volte gli viene attribuita la creazione di un numero impressionante di ibridi. In realtà nel catalogo compaiono solo 19 ibridi di gallica, non necessariamente tutti creati da lui. Come collezionista, riceveva rose da tutta Europa; come abbiamo visto in questo post, fu lui a introdurre la rosa Portland dall'Inghilterra; potremmo aggiungere 'Belle Sultane', che invece importò dall'Olanda. Gli ibridi di Gallica erano all'epoca le rose più alla moda ed è probabile che ce ne fossero parecchi tra quelle fornite all'imperatrice; lo stesso varrà anche per un altro probabile fornitore, Cels; il catalogo pubblicato da Cels figlio nel 1817 (Catalogue des arbres, arbustes, et autre plantes de serre chaude, d'orangerie et de pleine terre) offre circa 170 varietà di rose; una buona percentuale sono ibridi recenti dai nomi evocativi ('Belle sans flatterie', 'Panachée admirable'. 'Roi des pourpres') di cui si è per lo più persa ogni traccia. Ovviamente non ne conosciamo il pedigree; è invece giunta fino a noi R. celsiana (nel catalogo figura come grande Cels), un vigoroso ibrido di damascena. Abbiamo già visto che a Malmaison non potevano esserci rose Noisette, essendo la prima giunta in Francia dopo la morte dell'imperatrice. E lo stesso vale per le rose Boursault. Jean-François Boursault detto Malherbe era un ex attore che con la rivoluzione si era dato alla politica e agli affari, accumulando una grande ricchezza che investì tra l'altro in uno splendido giardino con tanto di serre calde. Forse potrebbe aver ceduto a Joséphine una talea della cinese Rosa multiflora carnea, che fu il primo a introdurre in Francia nel 1808, ma non Rosa banksiae 'Alba plena', giuntagli nel 1817, nè il primo ibrido Boursault, ottenuto nel 1818 incrociando R. pendulina non con una cinese, come si è creduto a lungo, ma con la nordamericana R. blanda. Quali e quante fossero le rose coltivate a Malmaison, in assenza di documenti, non lo sapremo mai. Ma anche se il roseto di Joséphine fosse un mito, da più di un secolo è diventato realtà. Nel 1911, dopo che quanto rimaneva del parco era stato donato allo stato, il compito di ri-crearlo venne affidato a Jules Graveraux, il creatore della Roseraie de L'Haÿ; egli, consultando i cataloghi dell'epoca, individuò 197 specie e cultivar disponibili ai tempi dell'imperatrice e ne fece dono al giardino; il suo elenco comprendeva 107 galliche, 27 centifolia, 3 muscose, 9 damascene, 22 bengalesi (ovvero cultivar di R. chinensis), 4 spinosissime, 8 alba, 3 lutee, 1 moscata e le specie alpina, arvensis, banksiae, carolina, cinnamomaea, clinophylla, glauca, laevigata, rugosa, sempervirens e setigera. Certamente è un falso storico, ma almeno su un punto anche oggi siamo d'accordo: Gravereux correttamente privilegiò le galliche, che erano ancora le rose più coltivate, come risulta anche dai cataloghi di Dupont e Cels. In occasione del bicentenario della scomparsa dell'imperatrice, il roseto è stato restaurato e ospita oggi 750 rose del Primo e del Secondo Impero. Una bella capricciosa A Joséphine de Beauharnais, creatrice di un magnifico giardino, patrona delle arti e della scienza, ma soprattutto moglie di un uomo che per un quindicennio fu il più potente d'Europa, non mancarono gli omaggi botanici, di sapore innegabilmente cortigiano. Nel 1802, quando Mme Bonaparte era ancora la "consulesse", Ruiz e Pavon dedicarono congiuntamente a marito e moglie, rispettivamente, Bonapartea e Lapageria; mentre la dedica a Napoleone (ne parlo qui) è un capolavoro di adulazione, quella a Joséphine è relativamente sobria: "all'eccellente Joséphine de La Pagerie, degnissima sposa di Napoleone Bonaparte, egregia fautrice della botanica e delle scienze naturali". Ventenat volle anche lui omaggiare con la dedica di un genere colei che in definitiva era la sua datrice di lavoro; per farlo scelse una delle quattro piante australiane nate dai semi portati in patria dalla prima nave della spedizione Baudin a rientrare, il Naturaliste, che precedette il Géographe di circa un anno. Era una pianta modestissima, per nulla imperiale, ma aveva il fascino della primizia, e. dato che Joséphine era appena stata incoronata imperatrice, la battezzò Josephinia imperatricis. Certo era sinceramente legato a colei che lo chiamava il "suo botanico" e lo aveva scelto come intendente del suo amato giardino, ma la sua dedica è decisamente meno moderata rispetto a quella dei due spagnoli: "L'onore di dedicare un genere all'illustre Imperatrice di Francesi dovrebbe essere ambito dall'autore del Jardin de la Malmaison. Possa questo debole omaggio ricordare al posteri la protezione illuminata che essa accorda alla scienza e lo splendore con cui la abbellisce". Il genere Josephinia fu ridotto a sinonimo di Sesamum, e il suo nome attuale della piante è Sesamum imperatricis che, più che i fasti imperiali, evoca la cucina. Sopravvive invece il genere creato da Ruiz e Pavon, che per bellezza e fascino esotico calza perfettamente alla dedicataria. Lapageria (famiglia Philesiaceae) è un genere monospecifico endemico del Cile, di cui l'unico rappresentante, L. rosea, è il fiore nazionale. Originaria delle foreste sclerofile e caducifolie dell'area centrale e centro-meridionale, dalla regione di Valparaiso a quello di Los Lagos, questa splendida pianta è un rampicante sempreverde con fusti contorti e sottili, foglie semplici, lanceolate, coriacee, lucide e grandi fiori solitari penduli a campana formati da sei tepali cerosi. Il colore delle corolle (tra selvatiche e coltivate, se ne conoscono 25 varietà) varia dal bianco purissimo fino al rosso passando da varie sfumature di rosa. I fiori sono impollinati da insetti, altri animali, ma soprattutto colibrì, e sono seguiti da bacche allungate eduli. La coltivazione è considerata piuttosto difficile. Da noi viene solitamente coltivata in vaso; necessita di ombra luminosa, ottima areazione (ma senza correnti d'aria) e un ambiente umido. Non sopporta né il freddo né il caldo eccessivo. Ama essere frequentemente nebulizzata e, poiché non tollera il calcare, va annaffiata con acqua demineralizzata. Insomma, coltivarla è una vera sfida, ma se trova le condizioni giuste può arrivare a 4-5 metri d'altezza e regalare sontuose fioriture. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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