Nella Zurigo della seconda metà dell'Ottocento, Albert Mousson era probabilmente noto come brillante conferenziere e trascinante docente di fisica, anzi come colui che aveva introdotto l'insegnamento della fisica sperimentale nell'università elvetica. Ma all'estero, in Francia come in Germania, anche se non erano ignote le sue ricerche sulla resistenza elettrica o sul movimento dei ghiacciai, lo conoscevano soprattutto come malacologo, ovvero come grande esperto dei molluschi terrestri e di acqua dolce, di cui determinò e descrisse oltre 450 specie. Nessuno si stupisce, dunque, che lo ricordi il genere di gasteropodi Moussonia. Ma a celebrare il versatile professore svizzero è anche un altro genere Moussonia appartenente al regno vegetale, famiglia Gesneriaceae. ![]() Fisico e malacologo Dei sei generi di Gesneriaceae creati da Regel nel 1847 in onore di altrettanti naturalisti svizzeri, oltre a Kohleria, oggi rimane valido solo Moussonia, dedicato al fisico (e molto altro) Albert Mousson, che all'epoca era presidente della Società elvetica di scienze naturali. Per la sua eccezionale versatilità, un personaggio non indegno dell'eredità di Conrad Gessner: diede infatti contributi importanti non solo in fisica, e nei campi tutto sommato affini della glaciologia e della meteorologia, ma anche in un settore lontanissimo, lo studio delle conchiglie (malacologia), per il quale divenne un'autorità di livello mondiale. Tanta poliedricità si spiega forse con la sua formazione errabonda ed eclettica. Johann Rudolf Albert Mousson (1805-1890), questo il suo nome completo, apparteneva a una famiglia di ugonotti francesi che si era rifugiata in Svizzera al tempo della revoca dell'editto di Nantes, per poi ottenere la cittadinanza elvetica per meriti civili; il padre Jean-Marc era il cancelliere della dieta della Confederazione, e come tale cambiava continuamente residenza. Albert nacque a Soletta (Solothurn) nell'omonimo cantone, ma durante la sua infanzia e adolescenza troviamo successivamente la famiglia Mousson a Basilea, Zurigo, Lucerna, Friburgo, Berna, poi nuovamente a Soletta, Basilea, Zurigo, Berna e Lucerna. I ragazzi (Albert aveva un fratello maggiore, Heinrich, che più tardi fu un uomo politico relativamente importante) vennero perciò educati da precettori privati, ricevendo una formazione varia ed aperta. A 14 anni Albert fu iscritto al prestigioso Istituto Fellenberg a Hofwil, quindi seguì i cosi di matematica, chimica e geologia presso le Accademie di Berna e Ginevra; era affascinato dalle scienze pure, ma avrebbe voluto scegliere una professione in cui le scienze trovassero applicazione pratica al servizio della comunità. Fu così che si iscrisse all'accademia mineraria di Göttingen, che frequentò tre tre trimestri; ma, disilluso di poter trovare uno sbocco professionale in Svizzera, si trasferì a Parigi, deciso a diventare ingegnere civile. All'Ecole Polytechnique ebbe insegnanti del calibro di Arago, Dulong, Poisson e Cauchy, ma ad influire più di tutti su di lui fu Claude Pouillet, che insegnava fisica alla Sorbona e lo indirizzò verso la fisica sperimentale. Tornato in Svizzera, Mousson iniziò la sua attività professionale nel 1830 come insegnante di matematica in una scuola media inferiore di Berna; poi per qualche tempo lavorò come segretario del dipartimento cantonale delle costruzioni. Nel 1832 si trasferì a Zurigo come insegnante di matematica e fisica alla scuola industriale cantonale, dove insegnò per molti anni, divenendone anche rettore. A partire dal 1836, divenne anche professore associato di fisica all'Università di Zurigo, il primo ad insegnare questa materia in un ateneo dove dominavano ancora le materie umanistiche; dopo 9 anni, nel 1845, fu promosso professore ordinario. Dal 1855, anno della sua fondazione, tenne anche la cattedra di fisica sperimentale al Politecnico federale. Anche in questo caso, si trattava di una novità assoluta. Docente coinvolgente e molto amato dai suoi studenti, per loro scrisse il suo libro più importante, Die Physik auf Grundlage der Erfahrung ("La fisica basata sull'esperienza"), basato sulle sue lezioni e sulle ampie attività di laboratorio che le accompagnavano, per le quali creò di persona molti strumenti ed attrezzature. Nonostante l'ingente impegno didattico, non trascurò la ricerca, pubblicando una sessantina di lavori in riviste svizzere, francesi e tedesche. Nel campo della fisica, quelli più rilevanti riguardano la resistenza elettrica di fili incrociati (che trova applicazione nei microfoni) e l'influenza della pressione sul punto di fusione del ghiaccio, un argomento collegato anche al suo interesse per i ghiacciai e i meccanismi del loro movimento. Scrisse infatti anche di geologia, e in particolare di acque termali e, appunto, ghiacciai. Era anche variamente attivo al di fuori dell'università. Molto seguite erano le sue conferenze pubbliche, come quella che tenne al municipio di Zurigo sulla rotazione terrestre in cui diede una dimostrazione dell'esperimento del pendolo di Foucault. Era un membro molto attivo della Società elvetica di scienze naturali di cui fu anche più volte presidente. Inoltre fu membro della Commissione federale dei pesi e delle misure e promosse la creazione di una rete nazionale di rilevazioni meteorologiche, che nel 1881 sarebbe sfociata nell'istituzione dell'Ufficio federale di meteorologia. Tuttavia, il suo nome divenne piuttosto noto a livello internazionale in un campo del tutto estraneo alla sua attività professionale. Appassionato di scienze naturali fin da bambino, a nove anni iniziò a collezionare conchiglie. Mantenne questo interesse per tutta la vita, stringendo relazioni con altri appassionati; con il tempo, tramite scambi, doni ed acquisti, la sua collezione, specializzata in molluschi terrestri e delle acque dolci, divenne la più importante del paese. Per uno scienziato come Mousson, anche lo studio dei molluschi non poteva rimanere un hobby; nel 1847, nell'ambito di uno studio sulle acque termali di Aix in Savoia, pubblicò la sua prima specie, cui nel 1849, grazie al ricevimento da Giava di un'ampia collezione raccolta da Heinrich Zollinger, ex direttore del seminario, fece seguito il suo primo ampio saggio di malacologia, Die Land und Susswasser Mollusken von Java ("I molluschi terrestri e di acqua dolce di Giava"). Negli anni successivi, avrebbe pubblicato in riviste scientifiche francesi, tedesche e svizzere le collezioni di altri viaggiatori; citiamo Coquilles terrestres et fluviatiles recueillies par M. le Prof. Bellardi dans un voyage en Orient (1854); Coquilles terrestres et fluviatiles, recueillies dans l'Orient par M. le Dr. Alex. Schläfli (1859 e 1874); Coquilles terrestres et fluviatiles recueillies par M. le Prof. J.-R. Roth, dans son dernier voyage en Palestine (1861); Révision de la Faune malacologique des Canaries (1872), nonché diverse memorie, pubblicate tra il 1865 e il 1873, sulla fauna malacologica di vari arcipelaghi dell'Oceania. L'insieme di questi studi, nell'ambito dei quali Mousson pubblicò circa 450 nuove specie, diedero un importantissimo contributo alla conoscenza della distribuzione geografica di questi animali. Nel 1878, in seguito a quella che negli articoli del tempo è definita "una dolorosa malattia", fu costretto a lasciare l'insegnamento, anche se continuò a scrivere e a fare parte di varie commissioni ancora per qualche anno. Morì a Zurigo nel 1890, all'età di 85 anni, lasciando la sua collezione di conchiglie al Museo zoologico di Zurigo, di cui costituisce ancora oggi uno dei tesori. ![]() Fiori rossi dal Messico Come si è visto in questo post, Albert Mousson fu uno dei sei scienziati svizzeri onorati da Regel con uno dei suoi nuovi generi di Gesneriaceae; egli lo cita come "il sig. prof. A. Mousson, presidente della nostra associazione naturalistica". Si era nel 1848 e Mousson, da poco promosso ordinario di fisica, era ancora lontano dai futuri allori, ma certo Regel lo conosceva di persona e ne avrà apprezzato le qualità di conferenziere, nonché l'impegno come presidente dell'associazione. Come ho anticipato, insieme a Kohleria, Moussonia è uno dei due generi oggi accettati. Non lo è stato sempre: come spesso succede in questa famiglia, anche la sua storia tassonomica è molto travagliata. In primo luogo, Regel lo stabilì sulla base di Gesneria elongata Kunth, una specie originaria della Colombia che oggi si chiama Kohleria trianae. In tal caso, non ci sarebbe storia: Moussonia diventerebbe un sinonimo di Kohleria. Tuttavia, secondo Wiehler, è probabile che Regel si sia invece basato su una pianta raccolta in Messico da Deppe, anch'essa distribuita in Europa sotto il nome di Gesneria elongata (attuale Moussonia deppeana). In ogni caso, il genere, dapprima accettato da diversi botanici, già nel 1876 fu cancellato da Bentham che lo incluse nel genere Isoloma; poi nel 1894 Fritsch lo considerò una sezione di Kohleria. Dopo più di ottant'anni, fu appunto Wiehler a resuscitarlo, separandolo da Kohleria sulla base di varie differenze, la principale delle quali è il numero di cromosomi (11 per Moussonia, 13 per Kohleria). L'indipendenza del genere è stata poi confermata da studi molecolari basati sul DNA. Oggi gli sono assegnate venti specie, distribuite nelle foreste umide di Messico e America centrale; sono perenni erbacee terrestri, in alcuni casi tanto grandi da essere considerate suffrutici; a differenza di Kohleria, non hanno rizomi scagliosi, mentre molto simili sono i fiori tubolari, con tubo cilindrico, diritto o lievemente ricurvo e lobi poco accentuati e asimmetrici; anch'essi sono impollinati da colibrì, come si deduce dai colori predominanti, il rosso e l'arancio, talvolta il giallo. Native delle foreste nebulose delle montagne subtropicali, dove godono di un alto tasso di umidità e di temperature miti, ma fresche e non troppo calde, le specie di questo genere richiedono condizioni di crescita non facili da riprodurre. Forse per questo non sono molto comuni in coltivazione. Sebbene anch'essa rara, la più coltivata è probabilmente Moussonia elegans, un'imponente erbacea originaria delle montagne del Messico meridionale (Veracruz, Chiapas) che in natura può superare i due metri d'altezza; ha foglie da obovate a lanceolate, con apice acuto, rami e calici ricoperti da una soffice peluria setosa, e fiori tubolari rosso aranciato con gola gialla. M. deppeana, ampiamente distribuita tra Messico e Panama, è invece usata nella medicina tradizionale per le sue proprietà antinfiammatorie.
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Nell'arco di quasi cinquant'anni, dal 1878 ai primi anni '20 del Novecento, l'illustratrice botanica Matilda Smith firmò 2300 tavole per il Curtis' s Botanical Magazine, 1500 per Icones Plantarum di Kew, senza contare innumerevoli disegni per il Bollettino di Kew e altre pubblicazioni. Questa imponente produzione, altamente professionale per precisione, affidabilità e standard medio, era iniziata in modo un po' casuale, per venire in soccorso a suo cugino Joseph Dalton Hooker, e fu sancita nel 1898 dalla nomina a prima artista ufficiale dei Kew Gardens. Già qualche anno primo i meriti di questa valente pittrice erano stati riconosciuti dal botanico tedesco Kuntze con la dedica del bellissimo e scenografico genere Smithiantha (ovvero "fiore di Smith"). ![]() Una pittrice di alta professionalità Nel giugno 1889, c'era grande attesa ai Kew Gardens. Uno dei cormi di Amorphophallus titanum portati da Sumatra nel 1878 dallo scopritore Odoardo Beccari e donati al giardino inglese dal marchese Salviati si accingeva finalmente a fiorire per la prima volta. Con qualche conseguenza non del tutto piacevole, come riferisce Joseph Dalton Hooker sul Curtis' s Botanical Magazine: "Sfortunatamente la fase di fioritura fu così breve che ebbe ben pochi testimoni, che dovettero fare le spese dell'odore atroce, simile a quello di Bulbophyllum beccarii, che nel 1881 durante la sua fioritura aveva reso impraticabile la serra delle orchidee. Sarei ingrato se non esprimessi qui il mio profondo obbligo verso l'artista di talento che con la sua matita ha cercato di rendere giustizia a queste piante, che in questa e in quella occasione ha sofferto un martirio che nel primo caso l'ha fatta ammalare". L'"artista di talento" che nel 1881 e nel 1889 sfidò quell'olezzo per ritrarre dal vivo la fioritura di quelle rarità era Matilda Smith (1854-1926), dal 1879 una degli illustratori botanici che preparavano le tavole per la prestigiosa rivista, di cui Hooker figlio era il curatore fino dal 1865, quando era succeduto al padre nel doppio ruolo di curatore del Curtis e direttore di Kew Gardens, Matilda Smith era sua cugina di secondo grado, e fu lui ad incoraggiarla a coltivare l'arte dell'illustrazione botanica quando venne a trovarsi in una situazione difficile. Per quarant'anni, il principale illustratore della rivista era stato Walter Hood Fitch, che aveva anche creato molte tavole, tanto accurate quanto splendide, per le opere di entrambi gli Hooker e altri eminenti botanici. Tuttavia, nel 1877, una disputa sulla paga divise le sorti di Fitch e Hooker junior, che fu costretto ad affidare gran parte del lavoro a sua figlia Harriett Ann (nota con il nome da sposata Thilseton-Dyer). Fu in queste circostanze che, nonostante la scarsa esperienza e le quasi nulle conoscenze di botanica di Matilda, Hooker le impartì i primi rudimenti e la mise a bottega al fianco di Harriet Ann; per qualche tempo, le due giovani donne lavorarono insieme, e Matilda imparò il mestiere; a partire dal 1879, ogni numero della rivista comprese 20 sue tavole; dal 1887, divenne di fatto la principale, se non la sola, illustratrice del Curtis; nei quarant'anni in cui avrebbe lavorato per la rivista (1878-1923), avrebbe prodotto 2300 tavole, notevoli per la chiarezza del tratto e la precisione. Collaborò intensamente anche a Icones Plantarum, la grande serie di illustrazioni botaniche tratte dall'erbario di Kew, iniziata da William Jackson Hooker e proseguita dal figlio; dalla tavola 1354, fu l'unica artista di questa pubblicazione, per la quale creò 1500 tavole. Solitamente è lodata per la capacità di far rivivere e rendere credibili esemplari appiattiti e disseccati. Per i Kew Gardens realizzò anche le tavole mancanti di molti volumi della biblioteca. Solo nel 1898, la sua dedizione fu infine premiata con la designazione a prima artista ufficiale del giardino: come tale, si dedicò soprattutto all'illustrazione delle nuove introduzioni, collaborando a innumerevoli pubblicazioni. Nel 1916 fu la prima donna a diventare presidente della Gilda di Kew, un'associazione che riunisce coloro che hanno o hanno avuto una posizione di responsabilità nell'orto botanico; nel 1921 fu la seconda donna ad essere ammessa alla Linnean Society. Lo stesso anno andò in pensione; nel 1926, anno della sua morte, fu premiata dalla Royal Horticultural Society con la medaglia d'argento Veitch. In suo memoria, negli anni '60 del Novecento la Gilda di Kew istituì il Matilda Smith Memorial Prize, destinato al migliore "studente pratico", come in effetti fu anche lei. ![]() Un genere decisamente pittorico Tra i tanti botanici che si avvalsero della collaborazione di Matilda Smith, troviamo anche Stephan Troyte Dunn, che lavorò a più riprese all'erbario di Kew; nel 1920 le dedicò Smithiella myriantha (oggi Pilea myriantha), con un'eloquente motivazione: "Questo genere è rispettosamente dedicato a Miss Matilda Smith, e il nome specifico della prima specie si riferisce non immeritatamente tanto ai suoi innumerevoli fiori quanto al grandissimo numero di bei disegni e dipinti con i quali per così tanti anni essa ha illustrato il Botanical Magazine, le Icones Plantarum e il Bollettino di Kew". Anche se il genere creato da Dunn è ridotto a sinonimo, vale la pena di citarlo perché le sue parole inquadrano bene il senso dell'opera di Matilda Smith. Che, del resto, non era sfuggito a Kuntze che già nel 1891 le aveva dedicata Smithiantha: "Dedico questo genere alla botanica e disegnatrice Miss Smith, che, amabile signorina dell'erbario di Kew, ha fornito costantemente i disegni per le Icones Plantarum di Hooker, elaborando un proprio metodo di analisi. Tutte le illustrazioni firmate con il modesto "M. S. del." [Matilda Smith delineavit] sono sue. Merita di unirsi ai ranghi delle celebri pittrici che l'hanno preceduta, ad esempio Blackwellia per Elisabeth Blackwell, Meriana Trew (Vell.) per Maria Sybilla Merian, Northia Hk.f. per Miss Marianne North, la donatrice e unica pittrice della famosa North' Gallery nei Royal Kew botanic Garden, allo stesso modo che prendono il nome da disegnatori botanici e pittori maschi vari generi di piante, ad esempio Bauera, Andrewsia, Redoutea, Fitchia, Hookera [per l'artista William Hooker, non per gli Hooker di Kew], Bikkia, Govindooia, Ehretia, Isidrogalvia, Matisia, Spaendoncea". L'interesse di questa dedica sta soprattutto nel fatto che Kuntze inserisce Matilda Smith, al di là dei suoi meriti particolari, in una tradizione, in cui le pittrici non sono più eccezioni, ma incominciano a trovarsi alla pari, come professioniste, ai colleghi maschi, famosi o meno, di cui ci fornisce una lunga lista. In effetti, gli studiosi hanno sottolineato che proprio con Harriet Ann Hooker Thilseton-Dyer e Matilda Smith per le donne l'illustrazione botanica si trasforma, da pratica occasionale o attività ricreativa, in una vera e propria professione, in cui sono richiesti, più ancora dell'estro artistico, la precisione, l'affidabilità e la continuità, nonché la capacità di conciliare una produzione massiccia con un accettabile standard di qualità. Il genere scelto da Kuntze per onorare Matilda Smith appare eminentemente adatto a una pittrice perché raggruppa piante di bellezza scenografica; nelle riviste dell'Ottocento, soprattutto in Flore des Jardins et des serres di van Houtte, le troviamo spesso raffigurate sotto il vecchio nome Naegelia. Era uno dei generi di Gesneriaceae creati da Regel nel 1848; Kuntze lo sostituì in quanto illegittimo (essendo in conflitto con Naegelia Zoll. & Moritzi, creato nel 1846). Oggi le sono assegnate sei specie, distribuite nelle foreste montane di Messico e Guatemala; sono erbacee perenni abbastanza grandi, con tuberi scagliosi, fusti eretti, foglie spesso esse stesse decorative e fiori a campana molto numerosi riuniti in grandi racemi; le corolle hanno colori pastello, che vanno dal bianco al rosa al giallo, oppure più vivaci, dall'arancio al rosso, spesso con marcature più scure. Come spesso in questa famiglia, tendono ad essere piuttosto variabili, nonché ad ibridarsi; divennero così uno dei cavalli da battaglia dei vivaisti belgi, in particolare di van Houtte, che ne selezionò diverse varietà e tentò ibridi intergenerici con Achimenes (x Achimenantha) e Eucodonia (x Smithcodonia). Questi ibridi sono perduti, ma c'è stata una riscoperta alla fine del Novecento, con la produzione di un certo numero di nuovi ibridi; tra i papà di questa nuova generazione di ibridi si segnala il texano Dale Martins, con all'attivo numerose varietà di grande bellezza. In fonti anche autorevoli si legge che la bella Haberlea rhodopensis, una delle cinque Gesneriaceae europee, è dedicata al suo scopritore, il naturalista di origine tedesca Karl Konstantin Christian Haberle. In realtà questa specie fu scoperta due anni dopo la sua morte dai membri di una spedizione organizzata da uno dei suoi allievi, che gliela dedicò anche per commemorarne la tragica scomparsa. E' una delle cosiddette "piante della resurrezione" e varie leggende la collegano niente meno che al mitico Orfeo. ![]() Un attivissimo scienziato polivalente Tra il 1833 e il 1845, il naturalista ungherese Imre Frivaldszky organizzò quattro spedizioni scientifiche nei Balcani, anche se non vi partecipò di persona. Durante la seconda spedizione (1834-1836), che si mosse da Plovdiv, nella Bulgaria meridionale, nel giugno 1834 fu scoperta una nuova specie "in montibus Rhodope Rumeliae"; si è ipotizzato che la località di raccolta, non indicata, potesse trovarsi nelle vicinanze del monastero di Bačkovo, dove la pianta è frequente. Nel 1835 la spedizione esplorò il massiccio di Stara Planina e raccolse nuovamente la pianta sulla Kaloferska Planina. Sulla base di queste raccolte, fu pubblicata lo stesso anno da Frivaldszky che la denominò Haberlea rhodopensis, in onore del naturalista e meteorologo Carl Constantin Christian Haberle (1764-1832), direttore dell'orto botanico di Pest e professore di botanica dal 1817 al 1832; Frivaldszky era stato tra i suoi allievi, così come molti dei partecipanti alle spedizioni balcaniche, ma, forse, oltre alla riconoscenza per colui che l'aveva introdotto alla botanica, c'era anche il cordoglio e lo sgomento che dovette destare la morte violenta del vecchio professore, strangolato la notte tra il 30 maggio e il 1 giugno 1832 da un gruppo di banditi che si era introdotto nella sua casetta situata nel cortile della biblioteca universitaria. La commozione in città fu grande, sia per la modalità di quell'assassinio, sia perché colpiva una personalità abbastanza nota del mondo scientifico e universitario. Haberle era nato a Erfurt in Germania; prima di scoprire la sua vocazione di naturalista, aveva studiato lingue, filosofia e giurisprudenza presso diverse università tedesche, alternando allo studio l'insegnamento privato. Intorno al 1797, divenne il precettore di un giovane polacco, Aleksandr Mileczky, che accompagnò in diversi viaggi in Polonia, Slesia e Boemia, nonché alle università di Erlangen e Friburgo, dove entrambi seguirono le lezioni dell'accademia mineraria. Qui Haberle conobbe il barone Károly Podmaniczky, consulente minerario e suo futuro protettore. Già da tempo appassionato di meteorologia (già a Erfurt aveva preso l'abitudine di registrare giornalmente i dati), Haberle allargò via via i suoi interessi all'astronomia, alla mineralogia, alla chimica, alla botanica e all' entomologia, incominciando a collezionare minerali ed insetti e a tenere un erbario. Quando Mileczky terminò gli studi, tornò ad Erfurt dove nel 1805 si laureò in filosofia. Avendo dovuto lasciare la città in seguito alle guerre napoleoniche, dal 1806 al 1812 visse a Weimar, dove grazie a un'eredità poté dedicarsi interamente alla scienza e entrò a far parte di diverse società scientifiche; risalgono a questo periodo varie pubblicazioni, tra cui un manuale di mineralogica e un annuario meteorologico; progettò anche un manuale di botanica, Das Gewächsreich oder charakteristische Beschreibung aller zur Zeit bekannten Gewächse, di cui però pubblicò solo la prima parte, dedicata a funghi e licheni (1806). Gli eventi bellici lo costrinsero a lasciare anche il rifugio di Weimar; nel 1813 si trasferì a Pest, dove fu costretto a barcamenarsi tra traduzioni e lavori precari; come studioso indipendente, si inserì tuttavia negli ambienti scientifici, frequentando tra gli altri i botanici Pal Kitaibel e Joseph Sadler, con i quali condivideva le raccolte che faceva in estate, quando era ospite nella tenuta di campagna del barone Podmaniczky. Nel 1816, alla morte di Kitaibel, presentò la propria candidatura a direttore dell'orto botanico e professore ordinario di botanica; assunse i due incarichi a partire dall'aprile 1817, lasciando un segno importante in entrambi i versanti. Come professore, introdusse in Ungheria la classificazione naturale di de Candolle, abbandonando il tradizionale sistema linneano, condusse regolarmente i suoi allievi a visitare l'orto botanico e li coinvolse in spedizioni di raccolta. Come direttore dell'orto botanico, da una parte incentivò la coltivazione di piante native, già introdotta da Kitaibel, e approfittò dei suoi legami internazionali (tra l'altro, nel 1828 divenne corrispondente della Società botanica di Regensburg) per incrementare il numero di specie coltivate, che durante la sua gestione passò da circa 4500, per lo più coltivate all'aperto, a 10.000, grazie anche alla costruzione di nuove serre fredde e riscaldate. Dal 1819 curò la pubblicazione annuale dell'Index seminum. Incrementò l'erbario con i suoi 5000 esemplari e con le raccolte dei suoi allievi e collaboratori. Nel 1821 si laureò in medicina; intanto continuava a scrivere di mineralogia per varie riviste tedesche, e soprattutto a pubblicare una serie annuale di osservazioni metereologiche. Nel 1830, per il cinquantesimo anniversario dell'Università pubblicò Succincta rei herbariae Hungariae et Transylvaniae historia, che contiene anche una storia dell'orto botanico di Pest. Alla sua morte lasciò la biblioteca, l'erbario e gli strumenti scientifici alla biblioteca della facoltà di medicina. ![]() Una pianta mitica Insomma, anche se non fu uno scienziato di primo piano, Haberle fu indubbiamente una figura significativa che contribuì allo svecchiamento della scienza ungherese e diede reputazione internazionale all'orto botanico di Pest. Invece non visitò mai i Balcani, e non fu lui a scoprire Haberlea rhodopensis, come si legge anche in pubblicazioni autorevoli. Del resto, la scoperta avvenne due anni dopo la sua morte. Se di "scoperta" si può parlare: la pianta era certamente ben nota alla popolazione locale, probabilmente da molti secoli. E' una delle cinque specie di Gesneriaceae europee, con cui condivide la straordinaria capacità di disidratarsi quasi completamente, per superare il freddo dell'inverno e i periodi di siccità, per poi reidratarsi e riprendere la funzione clorofilliana alla prima pioggia. Come le cugine Ramonda serbica e R. nathaliae ha il soprannome di "pianta della resurrezione", ma in Bulgaria è nota anche come "fiore di Orfeo". Viene infatti identificata con questa mitica pianta, che vediamo incisa sul verso di una moneta di Antonino Pio coniata a Filippopoli (ovvero Plovidiv), la capitale della Tracia romana, che ritrae la ninfa Rodhope, con la pianta alla sua sinistra e un fiore nella mano destra; secondo la leggenda, esso sarebbe nato dalle lacrime versate da Orfeo per la perdita di Euridice. Secondo un'altra versione, sarebbe invece spuntata dalle gocce di sangue di Orfeo smembrato dalle baccanti. In realtà, la pianta della moneta di Antonino Pio, alta e ramificata, con un fiore eretto simile piuttosto a un giglio o a un tulipano, è abbastanza diversa da Haberlea rhodopensis, una specie acaule con foglie a rosetta e fiori a 45° rispetto allo stelo, corolla ad imbuto e lobi nettamente zigomorfi in tenere sfumature di bianco, rosa, lilla. Ma come rara testimonianza della flora del periodo preglaciale e per la sua capacità di risorgere (come Orfeo sperava facesse Euridice, per ottenere la cui risurrezione scese agli Inferi) è più che degna di alimentare queste e altre leggende. Documentata in articoli scientifici solo nel Novecento, la capacità di rigenerarsi probabilmente non era sfuggita ai montanari dei Rodopi, che da tempo la utilizzavano per curare i cavalli. Studi dell'Università di Plovdiv ne hanno confermato l'efficacia come coadiuvante della cicatrizzazione dei tessuti. Altri studi hanno dimostrato l'efficacia cosmetica dei suoi estratti, per ridare elasticità alla pelle. Haberlea rhodopensis è un endemismo di un'area piuttosto ristretta al confine tra Bulgaria e Grecia. La maggior parte delle popolazioni (sono una ventina) si trova sul versante bulgaro dei monti Rodopi, a varie altitudini, fino a 2000 metri sul livello del mare; alcune stazioni si trovano anche sul versante meridionale, greco, della catena e nel massiccio della Stara Planina in Bulgaria. Come le altre Gesneriaceae europee, ama crescere tra le rocce calcaree del versante in ombra. L'orto botanico dell'università di Bonn ha da poco festeggiato il bicentenario. Nacque infatti nel 1818 per iniziativa congiunta del fondatore dell'università, il ministro dell'istruzione della Prussia Karl von Altenstein, e del botanico Nees von Esenbeck. Ma la sua realizzazione e la sua rapida crescita sarebbero state impossibili senza l'abile e energico Wilhelm Sinning che fu prima capo giardiniere poi ispettore capo del giardino renano per oltre mezzo secolo. Nees von Esenbeck espresse la sua stima dedicandogli la bellissima Sinningia helleri, specie tipo del nuovo genere Sinningia, di cui fa parte una delle Gesneriaceae più coltivate, la "gloxinia dei giardinieri", ovvero Sinningia speciosa. ![]() Nascita di un orto botanico Nell'estate del 1818, il botanico Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck, che all'epoca insegnava scienze naturali all'università di Erlangen, in Baviera, fu eletto presidente dell'Accademia leopoldina; quindi si accordò con il ministro dell'istruzione prussiano Karl von Stein zum Altenstein, che aveva appena decretato l'istituzione di un'università a Bonn (Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität), per il trasferimento dell'Accademia, della sua biblioteca e delle collezioni naturalistiche presso il neonato ateneo, sotto l'egida della Prussia. In cambio ottenne sia la cattedra di botanica e scienze naturali, sia la responsabilità dell'organizzazione e dello sviluppo delle istituzioni scientifiche dell'università, in particolate di un Museo di storia naturale e di un orto botanico. Quest'ultimo venne ricavato trasformando il parco di piacere del castello di Poppelsdorf, alla periferia sud della città, che quello stesso anno era stato donato all'Università di Bonn dal principe-arcivescovo di Colonia, di cui era la residenza estiva. Intorno al palazzo arcivescovile, un giardino dovette esistere almeno dal 1578, come attesta un bozzetto a penna, ma presumibilmente andò distrutto come il palazzo stesso durante la cosiddetta Guerra di Colonia (1583-1588). Solo dopo la fine della Guerra dei trent'anni, nel 1650, fu impiantato un nuovo giardino formale, che poi nel 1720 fu ristrutturato in stile barocco, per fare da cornice al Clemensruh, la residenza nello stesso stile costruita dall'architetto francese Robert de Cotte per il principe arcivescovo Joseph Clemens di Baviera e il nipote e successore August Clemens. Dopo aver risolto il contenzioso con la Baviera, che cercò di impedire il trasferimento della biblioteca e delle collezioni della Lepoldina, von Esenbeck arrivò a Bonn nel dicembre 1818, si stabilì con la famiglia al secondo piano del castello e si impegnò immediatamente nella ristrutturazione del parco per adattarlo alla nuova destinazione didattico-scientifica. I lavori iniziarono già quell'inverno e nell'arco di un anno lo sterro era completato, così come la costruzione delle prime serre. Alla fine del 1819, von Esenbeck stimava che le specie e varietà ospitate ammontassero già a 4500. Lavori così celeri e un risultato tanto eclatante erano stati possibili perché von Esenbeck aveva trovato un collaboratore d'eccezione nel capo giardiniere Wilhelm Sinning (1791– 1874). Ne conosciamo piuttosto bene la formazione e il percorso professionale. La sua carriera inizia a quindici anni come apprendista giardiniere nei giardini ducali di Bernburg (Sassonia-Anhalt); nel 1809, diciottenne, completa l'apprendistato nel giardino d'inverno di Lipsia; celebre all'epoca, era il giardino-vivaio creato dal vivaista Christian August Breiter, specializzato in piante esotiche, coltivate in serre con temperature differenziate. In città Sinning ha anche modo di frequentare l'accademia di disegno, dove probabilmente apprende i primi rudimenti della progettazione di giardini. Nel 1810 è promosso Kunstgärtner (letteralmente "giardiniere d'arte"), termine che all'epoca definiva un giardiniere specializzato in piante ornamentali, in contrapposizione ai giardinieri comuni che erano anche orticultori e frutticoltori. Segue un periodo in cui il giovane giardiniere, forse desideroso di nuove esperienze professionali o condizionato dall'inquieta situazione politica (sono gli anni in cui la Germania è uno dei principali teatri delle guerre napoleoniche), cambia ogni anno sede e datore di lavoro: nel 1810 lavora nel giardino ducale di Dresda, nel 1811 in quella della residenza dei Sassonia-Gotha a Altenburg, dal 1812 al 1814 all'Hofgarten di Düsseldorf, proprio negli anni in cui il capo giardiniere e architetto paesaggista Maximilian Friedrich Weyhe stava trasformando l'antico giardino principesco nel primo parco pubblico della Germania. Con questo ampio ventaglio di esperienze, nel 1814 passa finalmente al servizio del re di Prussia. Dal 1814 al 1819 lavora nell'Orangerie e nel giardino del castello di Brühl, famoso per il Jardin Secret con piante mediterranee ed esotiche. Nel 1818, presenta la propria candidatura come capo giardiniere del costruendo orto botanico di Bonn e deve sostenere una prova esame che consiste proprio nella progettazione del nuovo giardino. Evidentemente il progetto piace, e ottiene il posto. Nei primi mesi del 1819 lo troviamo già al lavoro al fianco di Nees von Esenbeck; mentre a questi spetta la direzione scientifica, a lui vengono affidati il disegno del progetto e la direzione dei lavori, nonché delle semine e dei trapianti. Il suo progetto, che per molti aspetti si rifà a quello del suo maestro Wehye per l'Hofgarten di Düsseldorf, cerca di conciliare l'eredità barocca del giardino con le esigenze scientifiche e il gusto paesaggistico "all'inglese". Sinning allestisce anche una serra in legno e vetro con quattro ambienti, uno caldo, due temperati e uno freddo, utilizzando probabilmente le vetrate delle serre di Brühl. Già nella primavera insieme ai suoi aiutanti provvede alle prime semine; il prestigio scientifico di Esenbeck, ma anche il peso politico della monarchia prussiana fanno affluire semi da molti orti botanici tedeschi, ma anche stranieri (Londra, Parigi, persino la lontana Madrid). Non mancano invii di privati: una selezione di 126 semi arrivò "come dono del consigliere privato von Goethe", ovvero del poeta Goethe, amico e corrispondente di Esenbeck; il principe esploratore Maximilian zu Wied-Neuwied contribuì con i semi di oltre 200 piante raccolte nei suoi viaggi in Brasile, mentre un altro titolato, Joseph Salm-Dyck, donò quasi 300 esemplari della sua celebre collezione di succulente, che nel 1821 Sinning andò prelevare e preparare di persona per il viaggio. Molte piante vive vennero trapiantate dal giardino di Brühl. Anche se le difficoltà finanziarie, logistiche e politiche non mancarono (soprattutto andò a rilento la vera e propria attività didattica), le collezioni continuarono a crescere vigorosamente. Nel 1820 uscì il primo catalogo del giardino, curato da Christian Gottfried Nees von Esenbeck e dal fratello minore Theodor Friedrich Ludwig, che egli aveva fatto assumere come ispettore del giardino botanico. Nel 1821 le specie e varietà erano quasi 6000. Nel 1824 uscì una silloge illustrata delle più rare piante del giardino, Plantarum in horto medico Bonnensi nutritarum icones selectae, firmata anche da Sinning che aggiunse alle descrizioni dei fratelli Esenbeck le sue note colturali. Nel 1829 uno scandalo mise precipitosamente fine alla carriera prussiana del maggiore degli Esenbeck; quando emerse una relazione extraconiugale con la moglie di un collega, fu costretto a lasciare la Prussia; si trasferì a Breslavia, scambiando la cattedra con Ludolph Christian Treviranus, che così divenne il nuovo capo di Sinning. Il più giovane degli Esenbeck, che nel frattempo era diventato a suo volta professore di botanica, rimase invece a Bonn e nel 1833 fu nominato condirettore dell'orto botanico. Nel 1834 firmò a quattro mani con Sinning la magnifica raccolta Sammlung schönblühender Gewächse für Blumen- und Gartenfreunde, con 100 litografie e la presentazione di altrettante piante; a cura di Sinning, nuovamente le note orticole. Intanto i direttori passavano: Treviranus si scontrò con il personale e dopo pochi anni, pur mantenendo la cattedra di botanica, lasciò la direzione del giardino, e Theodor Friedrich Ludwig von Esenbeck morì in giovane età di tisi; e mentre altri ne arrivavano e si succedevano per brevi periodi, a garantire la continuità dell'istituzione era proprio il capo giardiniere, che fu la colonna del giardino di Bonn per più di mezzo secolo, dal 1819 al 1871, quando andò in pensione. Nel 1833 fu promosso ispettore. Tra il 1849 e il 1851 curò la sostituzione della vecchia serra, ormai precaria e cadente, con una più moderna serra in ghisa e vetro, ispirata ai modelli inglesi di Loudon e Paxton; dal 1847 al 1874 tenne anche la cattedra di botanica all'Università di agraria, istituita nel 1847 sempre a Poppelsdorf. In ricordo di colui che disegnò il giardino e ne fu l'anima per mezzo secolo, uno dei sentieri dell'orto botanico si chiama Sinning-Weg. ![]() Splendide e variabili Sinningia Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck aveva grandissima stima del suo capo giardiniere. In una lettera scritta da Breslau al suo antico protettore Altstein nel 1832, si compiace che il suo successore Treviranus ne abbia finalmente riconosciuto i meriti e scrive: "[in questo modo] mostra un encomiabile cambiamento di opinione. In precedenza aveva dichiarato che un giardiniere dovrebbe essere solo il servitore e lo strumento senza volontà propria del direttore, il che è certamente sbagliato. Invece un giardiniere preparato e dotato di spirito di iniziativa è il vero principio di vita di un giardino, è ciò che fa del giardino un giardino, altrimenti, sotto la maggior parte dei direttori, sarebbe solo una specie di erbario molto costoso". Da parte sua, aveva espresso il suo apprezzamento anche in altro modo. Tra tanti semi che affluivano al neonato orto botanico, nel 1824 il direttore dell'orto botanico di Würzburg Franz Xaver Heller spedì dei semi giunti dal Brasile etichettati come Columnea. L'abile Sinning li seminò e ne nacque una bellissima pianta dai fiori bianchi; era certo una Gesneriacea, ma non una Columnea; anzi, apparteneva a un nuovo genere che von Esenbeck chiamò in suo onnore Sinningia con le seguenti parole: "La nostra nuova pianta è destinata a conservare la memoria del sig. Wilhelm Sinning, giardiniere dell’università di Bonn, le cui cure infaticabili e lo zelante amore per la scienza stanno facendo avanzare così bene questo stabilimento, fondato e diretto sotto i miei occhi sulla base dei suoi disegni”. Era così nato il genere Sinningia, uno dei più importanti della famiglia, con una ottantina di specie distribuite dal Messico all'Argentina settentrionale, con centro di diversità in Brasile, di cui è endemica o nativa la maggior parte delle specie. Per lo più tuberose, hanno fiori tubolari o a coppa molto attraenti, che ne fanno eccellenti piante d'appartamento o da serra. La specie di gran lunga più nota e coltivata è S. speciosa, nota a giardinieri e coltivatori come glossinia, gloxinia o gloxinia dei giardinieri, perché, quando fu importata in Inghilterra dal Brasile nel 1817, il vivaista Loddiges la denominò Gloxinia speciosa, nome che mantenne per sessant'anni, finché W. P. Hier la assegnò correttamente al genere Sinningia. Dopo la Saintpaulia, è probabilmente la specie più coltivata della famiglia, grazie ai suoi grandi fiori a coppa dai petali vellutati. Sono il risultato delle coltivazione e delle selezioni dei vivaisti; in natura, benché sia piuttosto diffusa e alquanto variabile, questa specie ha fiori molto più piccoli, penduli, con corolla tubolare, asimmetrica e lobi meno accentuati, in colori che vanno dal bianco al rosa a varie sfumature di viola. In coltivazione, fino dalla metà dell'Ottocento, si è invece sviluppata la forma pelorica, con corolla attinomorfa, eretta e molto più aperta; la gamma dei colori si è allargata al rosso e al blu; sono state introdotte forme con gola macchiettata, con lobi arricciati o marginati di bianco, con fiori doppi. Estremamente popolare nelle serre ottocentesche, scatenò la fantasia di ibridatori e vivaisti, che ne produssero decine e decine di varietà, sontuosamente raffigurate nelle riviste illustrate dell'epoca. Tra i maggiori realizzatori, troviamo senza dubbio il belga Van Houtte, che ne selezionò moltissime e le propagandò nelle pagine della sua rivista Flore des serres. La bellezza e la diffusione di S. speciosa non deve però farci dimenticare le altre specie. Come spesso in questa famiglia, anche Sinningia è un genere morfologicamente vario, che si è adattato a habitat diversi. La maggior parte vive sulle pareti rocciose, ma ci sono anche specie terrestri e qualche epifita; alcune vivono nel sottobosco della foresta, o addirittura sulle pareti di grotte (è il caso di S. tuberosa), altre lungo i corsi d'acqua, alcune addirittura sommerse per parte dell'anno (è il caso di S. glazoviana). Per lo più sono dotate di rizoma, in alcuni casi così sviluppato da essere assimilato a un caudice (è il caso di S. leucotrichia o S. cooperi); possono essere erette, striscianti o pendule, basse, acauli e con foglie a rosetta, o al contrario, piuttosto alte con verticilli di foglie ai nodi. Anche le dimensioni variano assai: alcune sono minuscole, come S. pusilla che non supera i 5 cm d'altezza, altre imponenti, dei veri e propri arbusti, come S. mauroana, che può raggiungere i due metri. I fiori si presentano in forme diverse, anche in relazione ai differenti impollinatori (colibrì, imenotteri, falene). I colori delle corolle comprendono il bianco, il giallo, il lavanda, il viola, il rosa, l'arancio e il rosso. Qualche approfondimento, una selezione di specie e link selezionati nella scheda. Capita che generi di una certa importanza, orticola o economica, portino il nome di un personaggio poco noto o addirittura quasi dimenticato. E' senza dubbio il caso di Kohleria, uno dei più belli ed ammirati della famiglia Gesneriaceae, dedicato da Regel, insieme ad altri cinque con ben più illustri dedicatari, all'oscuro Johann Michael Kohler, professore al Seminario di Zurigo e autore di testi di agronomia. Una dedica forse dovuta all'amicizia, o almeno alla frequentazione di ambienti comuni. ![]() Kohler, chi era costui? Fin dal 1817, quando Bowie e Cunningham spedirono a Kew i primi esemplari di Sinningia, l'interesse per le Gesneriaceae dell'America tropicale non fece che crescere. Erano bellissime, esotiche, non troppo difficili da moltiplicare e coltivare; così, grazie ai cacciatori di piante inviati in Centro e Sud America, gli arrivi si moltiplicarono, insieme a una certa confusione di nomi. Tra i botanici che si interessarono con una certa continuità alla loro classificazione va annoverato Eduard Regel cui si deve la creazione di diversi nuovi generi; nel 1847, quando era capo giardiniere dell'orto botanico di Zurigo, ne creò in una volta sola ben sei, pubblicandoli succintamente nell'Index seminum del giardino e più ampiamente qualche mese dopo nell'articolo "Über die Gattugen der Gesneerien", pubblicato sul Botanische Zeitung del 1848; si tratta, nell'ordine, di Rechsteineria, Moussonia, Naegelia, Koellikeria, Kohleria, Locheria, tutti, come specifica lo stesso Regel, dedicati "esclusivamente a naturalisti svizzeri, perché anche la famiglia porta il nome di uno di essi". Oggi solo due rimangono validi, Moussonia e Kohleria. Regel, forse memore delle versatile personalità di Gessner, scelse non solo botanici, ma naturalisti impegnati in vari campi delle scienze naturali, alcuni dei quali decisamente illustri. Il nome oggi di maggior rilievo è quello del medico, anatomista e fisiologo Rudolf Albert von Koelliker (1817-1905), patriarca della biologia ottocentesca, fondatore della moderna istologia sistematica, autore di scoperte fondamentali nel campo dell'anatomia e della fisiologia animale e umana; anche se alcune pubblicazioni risalgono già agli anni '40, erano allori al di là da venire; all'epoca insegnava anatomia e fisiologia all'università di Zurigo e Regel lo menziona come autore di una lista delle piante spontanee della regione di Zurigo. Anche Albert Mousson (1805-1890), che Regel ricorda come presidente dell'Unione dei naturalisti, insegnava all'Università di Zurigo, dove era docente di fisica; glaciologo e meteorologo, è noto soprattutto come malacologo, cui si deve la descrizione di 450 nuove specie. Il terzo docente dell'ateneo zurighese Carl Nägeli (1817-1891) era certo il più vicino a Regel; in primo luogo era un illustre botanico, autore di ricerche di citologia e fisiologia vegetale, sulla struttura del protoplasma, sulla teoria dell'ereditarietà; in secondo luogo, nel 1843, insieme allo stesso Regel e al direttore dell'orto botanico Oswald Heer, aveva fondato l'Associazione svizzera di agricoltura e orticoltura. Grande esperto del genere Hieracium, è anche noto per aver involontariamente scoraggiato le ricerche di Mendel: entrato in corrispondenza con l'abate boemo, di cui fu l'unico ad apprezzare l'opera, gli suggerì di estendere i suoi esperimenti a questo genere, singolare per il gran numero di varietà e forme; purtroppo tanto lui quanto Mendel ignoravano che la maggior parte di esse si riproducono senza fecondazione; così il suggerimento si rivelò controproducente. Anche il medico Hans Locher-Balber (1797-1873), che Regel cita semplicemente come Dr. Locher, veniva dalle file dell'ateneo zurighese, dove insegnava medicina e di cui fu anche decano; inoltre era il direttore dell'ospedale universitario. Era invece una celebrità locale Johann Konrad Rechsteiner (1797-1858), che Regel ricorda solamente come "parroco di Eichberg"; pastore riformato, oltre che occuparsi attivamente del miglioramento del sistema scolastico, era un attento studioso della flora locale nonché collezionista di minerali, fossili e conchiglie; corrispondeva e scambiava piante con molti botanici e il suo erbario di 12.000 esemplari era considerato uno dei più completi del paese. Oggi le sue collezioni sono custodite al Museo di storia naturale di San Gallo. Rimane uno solo nome e, guarda caso, è il carneade del gruppo: Johann Michael Kohler (1812-1884) non era professore universitario, ma, come ci informa lo stesso Regel, lettore di scienze naturali alla scuola cantonale, nota anche come seminario; solo molti anni dopo sarebbe diventato professore titolare. Né, all'epoca, aveva ancora pubblicato nulla. Quali meriti l'avranno fatto inserire in questo parterre de rois? Forse era amico di Regel, certo lo frequentava; anche lui era tra i soci fondatori dell'Associazione svizzera di agricoltura e orticoltura e forse collaborò come redattore alla rivista dell'associazione, Schweizerische Zeitschrift für Land- und Gartenbau (1843-1845), anche se non vi compaiono articoli a sua firma. Tutte le sue pubblicazioni sono successive; è del 1851, per incarico dell'Unione agricola cantonale di Zurigo, Landwirthschaftliche Beschreibung der Gemeinden Dettenriedt, Höngg, Thalweil-Oberrieden, Uitikon, Wangen, Weyach ("Descrizione agricola dei comuni Dettenriedt, Höngg, Thalweil-Oberrieden, Uitikon, Wangen, Weyach"), un'inchiesta sulla situazione dell'agricoltura e delle proprietà agricole, in cui, tra l'altro, mettendo a confronto la situazione svizzera con quella statunitense, lamenta l'estremo frazionamento delle proprietà, che si suddividevano sempre più ad ogni generazione. Dal 1850 al 1856 fu redattore della rivista dell'associazione agricola svizzera, nata da una scissione della vecchia associazione fondata con Regel. Solo nel 1873 divenne professore titolare con incarico di insegnamento di orticoltura, frutticoltura e viticoltura, mantenendolo fino alla morte nel 1884; era soprattutto un esperto dei due ultimi settori, come possiamo vedere dalle due opere pubblicate nella maturità, Die wichtigsten Kernobstsorten des Kantons Zürich (Zürich 1864), ovvero "Le più importanti varietà di pomacee del cantone di Zurigo", interessante soprattutto per la descrizione di una varietà locale di pero, detta Kalchbühler o Chalchbüeler, molto fruttifera ma con frutti piccoli utilizzati soprattutto per il sidro, e Der Weinbau und die Weinbehandlung (Aarau 1878), ovvero "Viticoltura e trattamento del vino". ![]() Kohleria, spettacolo tropicale Com'è, come non è, il buon agronomo svizzero Kohler si è trovato a fare da padrino a uno dei più amati generi della famiglia Gesneriaceae, dove le bellezze certo non mancano. Kohleria Regel comprende 22-24 specie, distribuite lungo la Cordigliera occidentale, dal Messico meridionale al Perù, in Venezuela, Trinidad e le Guyane, con centro di diversità in Colombia, in ambienti che vanno dalle foreste tropicali a bassa quota alle foreste nubilose d'altura, tanto in zone aperte in pieno sole, quanto nel sottobosco con luce filtrata. Di conseguenza, presenta una grande varietà morfologica, comprendendo erbacee perenni, suffrutici, arbusti, di portamento ora eretto, ora prostrato. Hanno radici rizomatose e scagliose e diverse specie vanno in dormienza in inverno; gli steli e il fogliame sono in genere vellutati e i fiori brillantemente colorati, soprattutto rossi, con macchie o marcature in colori contrastanti. Solitamente sono di piccole dimensioni, con strette corolle tubolari e lobi da appena accennati a ampi e arrotondati, e sono impollinati dai colibrì; fanno eccezione K. allenii e K. tigiridia (una delle specie trasferite da Capanea) che hanno fiori a coppa aperta impollinati da pipistrelli. La prima specie a essere descritta fu K. tubiflora, raccolta a Panama e descritta nel 1801 da Cavanilles come Gesneria tubiflora; all'epoca, infatti, erano stati determinati solo pochi generi della famiglia, in cui venivano inserite via via le nuove specie. Nel 1818, Kunth descrisse altre sei specie, sempre come Gesneria, tra cui K. hirsuta, la specie su cui si basò Regel per creare il nuovo genere nel 1847. Nel frattempo gli arrivi si erano moltiplicati, e, con il loro aspetto indubbiamente esotico, la grande variazione di colori, divennero piuttosto popolari nelle serre vittoriane, frequentemente ritratte nelle riviste di giardinaggio come il Curtis's Botanical Magazine, con un gran guazzabuglio di nomi; infatti, non solo furono assegnate a vari generi della famiglia (oltre a Gesneria, Achimenes, Isoloma, Sciadocalyx eTydaea), ma non di rado la stessa specie fu descritta più volte con nomi diversi, a causa della grande variabilità e della facilità di produrre ibridi naturali. Varietà e ibridi facevano la gioia di appassionati e giardinieri, e le riviste dell'epoca facevano a gare a riprodurli, ma purtroppo di loro quasi sempre rimangono solo le immagini; uno dei pochi vecchi ibridi sopravvissuti potrebbe essere 'Longwood', riscoperta in un orto botanico e reintrodotta dai Longwood Gardens; alta e molto fiorifera, con fiori rosso fragola, è a sua volta uno dei genitori di molti ibridi moderni. Come molti generi di questa famiglia, anche Kohleria ha avuto una vita tassonomica travagliata, giungendo ad annoverare anche una ottantina di specie, molte delle quali sono state ridotte a sinonimi o varietà o anche trasferite ad altri generi; recentemente ha invece assorbito il genere Capanea, che pure è morfologicamente assai diverso: non si tratta infatti di erbacee terrestri, ma di epifite, prive di rizomi e con radici avventizie. Tra le specie più coltivate, troviamo la colombiana K. amabilis, piuttosto variabile e molto usata nelle ibridazioni; la varietà nominale ha fiori rosa scuro macchiati di rosso alla gola, mentre la varietà bogotensis è bicolore, con lobi superiori arancio e lobi inferiori e gola gialli picchettati di rosso. Proviene da un'area che va dall'Ecuador a Trinidad K. hirsuta, con foglie vellutate verde medio e fiori tubolari rosso aranciato; la varietà nominale, anche nota con il sinonimo K. eriantha, ha foglie verde intenso con margini rossi. Proviene invece dalle foreste pluviali della Colombia K. warszewiczii (sin. K. digitaliflora), con fiori raggruppati a grappolo, tubo molto peloso rosa confetto e lobi gialli macchiettati di viola. L'interesse degli ibridatori si è riacceso nella seconda metà del Novecento. Uno dei primi nuovi ibridi è stato 'Connecticut Bell' (K. amabilis x K. eriantha), introdotto nel 1971, con grappoli di media altezza e fiori con stretto tubo rosso, lobi superiori rosa fucsia, lobi inferiori e gola da rosa chiaro a bianco, con linee di puntinature rosse. Da allora gli ibridi si sono moltiplicati; ne potete ammirare un'ampia selezione in questa pagina. Nel 1787, Ramond de Carbonnères, che all'epoca è il segretario del cardinale di Rohan, capita un po' per caso nei Pirenei. Da quel momento lo scopo della sua vita sarà scoprire i segreti della formazione geologica della catena, che all'epoca costituiva un enigma; per svelarli, ne esplora per decenni la sezione centrale, con un'ossessione: riuscire a scalare quella che al tempo se ne riteneva la massima cima, il Monte Perdido o Mont Perdu. Vero padre della scoperta scientifica dei Pirenei, Ramond era anche un appassionato botanico e uno specialista della flora di alta montagna. La dedica del bel genere Ramonda, che annovera un endemismo dei Pirenei e due specie balcaniche, è assolutamente perfetta. ![]() Da poeta a scienziato: un percorso di vita Nella primavera del 1787, quando per la prima volta arriva nei Pirenei, Louis Ramond (1755–1827) non sa ancora che quelle montagne diventeranno la sua passione, anzi la sua ossessione. Ha poco più di trent'anni, ma è come se avesse già vissuto almeno due vite. Nato a Strasburgo, una città-frontiera, è diviso tra due culture anche nell'identità personale, figlio com'è di un padre francese della Linguadoca e di una madre alsaziana di origine tedesca. Dunque, nulla di strano che sia tra i primi a scoprire il preromanticismo tedesco dello Sturm und Drang. Ha appena diciannove anni quando esce I dolori del giovane Werther di Goethe; la lettura di quel romanzo generazionale è una tale folgorazione che decide di diventare a sua volta scrittore e nel 1777 (ora ha ventidue anni) pubblica a sua volta Les Dernières aventures du jeune d'Olban, che, come il suo modello goethiano, si conclude con un colpo di pistola. Come Werther, anche Louis (che quell'anno si è anche laureato in legge) ha vissuto un amore impossibile, ma lascia che a suicidarsi per lui sia il suo eroe, e per consolarsi parte per la Svizzera; è alla ricerca di paesaggi che nutrano la sua ispirazione poetica e, come scrive in una lettera al padre, si mette in viaggio per "osservare e non per arrivare"; ci sono incontri con personalità importanti, come il patriarca dei naturalisti Albrecht von Haller, il biologo Charles Bonnet e il fondatore della fisiognomica Lavater, ma c'è soprattutto la scoperta delle alte montagne: scala diverse cime del Bernese, poi si sposta al San Gottardo e va all'esplorazione delle Alpi ticinesi. Poi, per tre anni, è soprattutto uno scrittore. Pubblica una raccolta di poesie, poi si trasferisce nella capitale dove dà alle stampe un dramma romantico e la traduzione di Sketches of Swisserland di William Coxe (Lettres de M. William Coxe à M. W. Melmoth sur l'état politique, civil et naturel de la Suisse), che infarcisce di note e osservazioni tratte dal suo viaggio svizzero al punto da irritare l'autore. Il successo letterario a cui aspira non arriva: ci vorranno anni perché il gusto romantico conquisti Parigi; per i milieu letterari, Ramond è uno scrittore appena mediocre, più tedesco che francese. Ma la contestata traduzione ha un merito: attira l'attenzione del vescovo di Strasburgo, il cardinale di Rohan, che nel 1781 lo assume come segretario; per sette anni ne sarà il più ascoltato consigliere e gli sarà fedelissimo; sbriga i suoi affari, organizza le sue feste, lo accompagna in tutti i viaggi, viaggia per suo conto quando il cardinale preferisce rimanere nella prediletta residenza di campagna di Saverne, ai piedi dei Vosgi. Alla colorita corte del cardinale, conosce Cagliostro, che lo inizia alla massoneria e ne fa il suo discepolo nelle sedute di magia e ipnosi. Per adeguarsi al nuovo ambiente, cambia anche nome: ora si fa chiamare Louis Ramond de Carbonnières, pretendendo che si tratti di un vecchio nome che da tre secoli distingue un ramo della sua famiglia . Quando il cardinale viene arrestato in seguito all'affare della collana, Ramond- uno dei pochi del suo entourage rimasto a piede libero - si incarica di far sparire le lettere compromettenti; poi va in Inghilterra a cercare le prove che la collana è stata venduta dai truffatori e il cardinale è stato ingannato; anche grazie ad esse, Rohan viene assolto, ma il re lo manda in esilio all'abbazia di Chaise-Dieu in Alvernia. Ramond è con lui e approfitta di quella che per il suo padrone è una orribile seccatura per immergersi nella natura e dedicarsi alle passeggiate botaniche. Quando arriva l'inverno, il cardinale e il suo seguito sono autorizzati a trasferirsi a Marmoutier, in Touraine. Poi, gli viene permesso di viaggiare per "passare le acque"; così nella primavera del 1787, sua Eminenza lo manda in avanscoperta nei Pirenei. La scelta cade su Barèges, un villaggio a circa 1200 metri d'altitudine, annidato nelle montagne, lungo la strada che conduce al Col Tourmalet, ai piedi del Pic du Midi; all'epoca reputata per le sue acque solforose, è la stazione termale più elevata dei Pirenei. La comitiva del cardinale vi arriva alla fine di luglio, e già il 2 agosto Ramond scala per la prima volta il Pic de Midi: ai suoi occhi si mostra una gran parte dei Pirenei centrali, fino alla vetta culminante, il Monte Perdido/ Mont Perdu. Diverse escursioni seguiranno nei giorni successivi; la maggiore, dal 16 al 24 agosto, lo porta a percorrere ben 250 km e un dislivello di 13 km, da Barèges al ghiacciaio della Maladeta e ritorno. Non sono solo la passione alpinistica e il gusto romantico a spingerlo a percorrere il massiccio, solo o accompagnato da pastori locali; in gioco c'è anche una disputa scientifica. L'idea dominante all'epoca, confermata dall'ascensione al Monte Bianco di Saussure, era che le montagne più alte ed antiche fossero granitiche, mentre quelle più recenti e basse calcaree; secondo Dolomieu (un uomo che destava i sistemi) la catena centrale dei Pirenei faceva eccezione, essendo calcarea. Per verificare se abbia ragione, Ramond si propone di raggiungere il centro della catena, ovvero quel Mont Perdu che ha visto come un miraggio fin dalla sua prima ascensione. Ma come arrivarci nessuno lo sa. Così, quando, venuto l'autunno, tocca ripartire, egli si rassegna a rimandare il problema alla prossima occasione, Nel dicembre 1788, lascia il servizio del cardinale e si trasferisce a Parigi, deciso a fare della scienza la sua nuova professione. Pubblica Observations faites dans les Pyrénées, pour servir de suite à des observations sur les Alpes e segue le lezioni di Antoine Laurent de Jussieu e René Desfontaines al Jardin des Plantes. Ma a imporre una momentanea battuta d'arresto è la politica: nel settembre 1791 è eletto deputato all'Assemblea legislativa; esponente di spicco dei Foglianti, è strettamente legato a La Fayette e avverso ai giacobini. Nell'estate del 1792, mentre la situazione politica precipita, Ramond si allontana prudentemente dalla capitale e torna a Barèges. L'8 agosto è di nuovo sul Pic du Midi. Durante la Convenzione, rimane nei Pirenei, fissando la sua residenza prima a Barèges poi a Gèdre; continua ad esplorare la catena, anche se le tensioni tra Francia e Spagna ostacolano i suoi movimenti. Finché nel gennaio 1794 viene arrestato come "elemento controrivoluzionario" e condotto nel carcere di Tarbes; rimarrà agli arresti per più di sette mesi, fino a novembre, rischiando anche la condanna capitale. Se ne salva grazie ad alcuni amici, tra cui l'illustre botanico Desfontaines. ![]() La difficile conquista del Mont Perdu Ora per Ramond de Carbonnières inizia una nuova vita, l'ennesima. Lasciatosi alle spalle l'ambizione politica, vuole essere solo scienziato. Così scrive a Philippe Picot de Lapeyrouse, colui che considera il suo maestro e la sua guida per la storia naturale dei Pirenei: "Non sono posseduto da alcuna ambizione [...]. Sono amico della natura e nient'altro. Non posso essere utile ai miei concittadini che sotto questa forma". Si stabilisce a Bagnères-de-Bigorre, ma Barèges, dove ora abita sua sorella che ha sposato il capo chirurgo del locale ospedale, continua ad essere il punto di partenza delle sue escursioni; arricchisce l'erbario, raccoglie campioni di rocce e fossili, disegna schizzi (è infatti anche un ottimo disegnatore), corrisponde con altri studiosi, tra cui Dominique Villars, grande esperto di flora alpina. Nel 1795, alla creazione della scuola centrale degli Alti-Pirenei a Tarbes, viene nominato professore di storia naturale, e si dedica al nuovo compito con grande serietà. Le sue lezioni entusiasmanti lo rendono presto popolare tra gli studenti, ai quali vuole trasmettere “non la scienza, ma il desiderio e il modo di apprendere”. Momento chiave di questo insegnamento sono le erborizzazioni e le escursioni in natura, anche di più giorni e anche in montagna. Non ha rinunciato al progetto di scalare il Mont Perdu; è convinto che l'unica via per raggiungere quella montagna proibita ("mai, da quando si dà un nome alle montagne, ce n'è stata una con un nome così appropriato") sia la valle d'Estaubé. Nell'estate del 1797 è pronto ad affrontare la sfida con due guide fidate e pochi allievi già esperti alpinisti, quando vede arrivare Picot de Lapeyrouse, che è venuto a Barèges a curarsi i reumatismi. Tra lui e Ramond c'è una disputa: entrambi concordano sulla natura calcarea della catena centrale dei Pirenei, ma mentre il primo pensa che non presenti tracce di fossili e dunque sia di orogenesi primitiva, il secondo ne dubita, convinto che l'ipotesi vada per lo meno verificata sul campo, e che la risposta la darà il Mont Perdu. Così l'11 agosto quello che parte da Barèges è un folto gruppo: Picot de Lapeyrouse, suo figlio Isidore, due allievi e il giardiniere della scuola centrale di Tolosa, due pastori che hanno già accompagnato Ramond in molte gite, Ramond stesso e quattro allievi della scuola centrale di Tarbes; uno di loro è Charles-François Brisseau de Mirbel, futuro padre della citologia vegetale. Da Gèdre il gruppo sale a Coumélie lungo un sentiero tortuoso; Ramond nota qui e là un fiore simile al colchico che annuncia già l'autunno. Lo ritiene un genere nuovo e lo battezza Merendera (oggi l'unico genere da lui creato non è accettato, ed è sinonimo di Colchicum); passano la notte in una grangia e Ramond ingaggia altre tre guide, due pastori di Coumélie e un cacciatore, che aveva fama di conoscere il Mont Perdu ("il fatto è che non ne sapeva niente più di noi"). All'alba del giorno successivo, procedendo lungo i pascoli, si dirigono verso la valle di Estaubé. In quel paesaggio imponente e severo, fioriscono in abbondanza i lunghi pennacchi di Saxifraga longifolia, di cui Lapeyrouse è stato il primo scopritore. Mano a mano che avanzano nella valle, il Mont Perdu sembra giocare a rimpiattino, sempre più nascosto da imponenti bastioni di roccia, fino a scomparire del tutto. Non si scoraggiano e continuano a salire, fino a giungere ai piedi del ghiacciaio mediano di Tuquerouye, dove incontrano un contrabbandiere che, finalmente, sembra saperne qualcosa, e consiglia loro di tornare indietro, ridiscendere e risalire da un'altra via; sono ore di marcia perdute, e Ramond propone ai suoi compagni una strada più diretta e audace: salire fino al ghiacciaio e attraversarlo. Il contrabbandiere approva, e presto si dilegua. Eccoli dunque risalire lungo la morena del ghiacciaio, fino a toccare la neve. La traversata è impegnativa, Lapeyrouse è sempre più in difficoltà, finché Ramond lo convince a fermarsi; lo lascia ad attenderli in compagnia della più fidata delle sue guide, mentre gli altri proseguono. Dopo un'ora di difficile marcia, ritrovano il contrabbandiere, caduto in un precipizio. Lo recuperano e lo uniscono a loro, anche se la disavventura nella quale ha perso, insieme alla piccozza, gran parte della sua sicurezza, semina la sconforto. Finché, superato il punto di massima inclinazione del ghiacciaio, la pendenza si addolcisce visibilmente e riprendono fiducia e slancio. Un grido di gioia annuncia il cambiamento di scena: la montagna, cinta da nubi, avvolta di ghiacci, separata da loro da abissi, si è degnata di mostrarsi, come "un Dio la cui presenza è sentita più che vista e che si manifesta in tutto ciò che lo circonda prima di rivelarsi". La cima è davanti a loro, ma è anche chiaramente irraggiungibile. Ramond e i suoi compagni decidono di esplorare il lago ghiacciato che si occupa una valletta ai piedi della montagna. Lo attraversano e sondano le rocce che lo circondano; dappertutto, trovano "vestigia di abitanti del mare. Sostanzialmente ostriche e una moltitudine di madrepore costituiscono la parte più appariscente di questi venerabili resti". Ormai è mezzogiorno, ed è tempo di ritornare. Pensare di trascorrere lì la notte, al freddo e senza viveri, per tentare la scalata il giorno dopo, sarebbe follia. Ramond, preoccupato per i suoi compagni, provati dalla salita, decide di scendere per la strada inizialmente indicata dal contrabbandiere, che nel frattempo si è ecclissato di nuovo. E' poco meno difficile e pericolosa. Ore dopo, più in basso, al Port de Pinède, ritrovano Lapeyrouse, che Ramond ha fatto avvertire del cambio di programma da una delle guide; gli mostra le sue scoperte che provano l'indubbia natura secondaria dell'asse dei Pirenei. Il vecchio scienziato è amareggiato e deluso e, anche se non cesseranno di corrispondere, continuerà a nutrire rancore verso il più giovane collega, cercando di sminuirne le scoperte. L'8 settembre, ancora con i suoi allievi e le due guide più fidate, Ramond ritorna al lago glaciale per tentare la scalata alla cima; devono di nuovo rinunciare, ma raccolgono altri fossili. Negli anni successivi, è impegnato in molte ascensioni lungo il massiccio, talvolta da solo, talvolta con Mirbel e altri allievi, o amici come Jean-Florimond Boudon de Saint-Amans, professore di storia naturale alla scuola centrale di Agen. Nel 1801, racconta le sue ascensioni ed espone la sua teoria generale sulla formazione dei Pirenei in Voyages au Mont-Perdu et dans la partie adjacente des Hautes-Pyrénées, un libro di grande precisione scientifica ma anche di lettura appassionante, in cui dietro lo scienziato si avverte la mano del poeta romantico. Il Mont Perdu è ancora inviolato. Lo rimane fino al 6 agosto 1802, quando le due fidate guide di Barèges, Rondo e Laurens, inviati in avanscoperta da Ramond, riescono a raggiungere la cima. Tre giorni più tardi vi guidano Ramond, che poi racconterà l'impresa in Voyage au sommet du Mont-Perdu in uno stile che Henri Beraldi ha definito "molto veni, vidi, vici". Lo stesso anno la sua fama di scienziato è consacrata dall'ammissione all'Institut de France (la vecchia Accademia delle scienze) nella classe di scienze fisiche e matematiche. ![]() Piante d'alta quota Dopo il colpo di stato di Napoleone, Ramond, molto stimato dal primo console, ha anche ripreso a fare politica. Dal 1800 al 1806 è deputato del corpo legislativo. Nei cinque mesi in cui avvengono le sedute, vive a Parigi; il resto dell'anno è ospite della sorella e del cognato a Barèges. Alle ricerche geologiche e botaniche, si sono aggiunti anche i rilievi barometrici, cui è stato iniziato dall'amico Bon-Joseph Dacier, conservatore della biblioteca imperiale. Nel 1806 Bonaparte lo nomina prefetto del Puy-de-Dome. Come funzionario, è serio ed efficiente come lo è stato come professore. Ma è ancora soprattutto uno scienziato, che fa rilievi barometrici dal balcone della prefettura, esplora i monti Dores, i monts Dômes e il massiccio del Sancy. Frutto di queste ricerche è Nivellement des Monts Dores et des Monts Dômes disposé par ordre de terrains (1815). Nel 1809 l'imperatore premia la sua fedeltà facendolo barone dell'Impero. Nel 1810, torna ancora una volta nei Pirenei e il 28 settembre scala per la 33 e ultima volta il Pic du Mid. La morte della sorella nel 1812, poi del cognato nel 1815, chiude definitivamente il capitolo Pirenei. Nel 1813 lascia la funzione di prefetto, e si stabilisce definitivamente a Parigi, con la giovane moglie, figlia dell'amico Dacier. Anche se durante i Cento giorni è nuovamente deputato, questo volta per il dipartimento di Puy-de-Dome, la Restaurazione lo lascia indenne, tanto che nel 1818 è nominato al Consiglio di Stato. Nell'estate nel 1821, torna in Alvernia e inizia alla geologia e alla botanica del massiccio centrale due giovani naturalisti parigini, Victor Jacquemont e Hippolte Jaubert. Ma è ancora dedicata ai Pirenei l'ultima memoria, Sur l’état de la végétation au sommet du Pic du Midi (1825). Muore a Parigi nel 1827. Anche se i suoi contributi più decisivi sono nel campo della geologia, Ramond è stato un appassionato botanico, fin dai tempi in cui ancora al servizio del cardinale di Rohan erborizzava a Saverne. Le narrazioni delle sue escursioni sono costellate di puntuali riferimenti alla flora; persino nei momenti più difficili, quando ciascuno di noi baderebbe più che altro a dove mette i piedi, non manca di osservare ed elencare le piante che si offrono al suo sguardo attento e innamorato. Il suo contributo principale alla botanica è ovviamente nello studio della flora di alta quota, là dove pochi erano andati ad erborizzare prima di lui. Gli si deve la scoperta di nove specie, sette delle quali endemiche dei Pirenei: Arenaria purpurascens, Asperula hirta (oggi Hexaphylla hirta), Festuca eskia, Leucanthemum maximum, Medicago suffruticosa, Scorzonera aristata, Pinguicola longifolia, scoperta durante una delle sue ascensioni al Mont Perdu. Le altre due sono Potentilla micrantha e Viola pirenaica, presenti rispettivamente nell'Europa centrale e meridionale e nelle montagne europee. Ad eccezione di Asperula hirta, pubblicata dallo stesso Ramond, furono tutte pubblicate da de Candolle, a cui egli aveva affidato le sue osservazioni e i fogli d'erbario. Ramond considerava il suo erbario l'oggetto più prezioso, il custode della memoria della sua vita: "Ora sono vecchio e mi riposo [...]. Diminuisco la mia biblioteca, e conservo solo ciò che è necessario per me e mio figlio, soprattutto il mio erbario, perché è la storia di mezzo secolo della mia vita. Adesso vivo con il mio erbario e i ricordi che lo accompagnano; al di fuori di questo, tutto mi è superfluo". Conservato in 68 sacchi di tela e donato dagli eredi alla Societé Ramond (creata nel 1866 per promuovere la scoperta naturalistica, storica, etnologica e sportiva dei Pirenei), dal 2003 è stato affidato al Conservatoire botanique nationale des Pyrénées et de Midi-Pyrénées, che ne ha curato la pubblicazione on line a questo indirizzo. ![]() Gioielli vegetali dai Pirenei e dai Balcani A celebrare il padre degli studi pirenaici non poteva che essere una pianta di quelle montagne. Nel 1805 Louis Claude Richard, nell'assegnare a un nuovo genere una pianta che Linneo aveva descritto come Verbascum myconi, la rinominò Ramonda pyrenaica, "così chiamata in memoria del celebre Ramond per i suoi meriti nell'osservazione delle piante pirenaiche". Qualche anno dopo Lapeyrouse nel suo Histoire Abrégée des Plantes des Pyrénées, forse memore dello sgarbo di Ramond, la ribattezzò Myconia borraginea. Troppo tardi. Il nome valido è quello di Richard, anche se ovviamente la specie ha recuperato il più antico eponimo linneano e oggi si chiama Ramonda myconi. E' una delle tre (o quattro) specie di questo genere della famiglia Gesneriaceae, diffusa soprattutto ai tropici, di cui, insieme a Haberlea e eventualmente Jancaea, è l'unico rappresentante europeo. Vestigio dell'epoca terziaria, quando il nostro continente godeva di un clima subtropicale, più caldo e umido, queste piante all'arrivo delle glaciazioni si sono rifugiate in enclave montane. R. myconi è stata a lungo l'unica specie conosciuta; è ristretta ai Prepirenei, ai Pirenei e alla catena costiera catalana, dove vive nelle gole calcaree e nelle valli umide di montagna. La sua scoperta risale addirittura al Cinquecento, quando venne raccolta nella montagna di Montserrat dal farmacista e botanico catalano Francisco Micó, che la comunicò a Jacques Dalechamps che a sua volta la pubblicò in Historia generalis plantarum sotto il nome Auricula ursi myconi. E' una piccola è graziosissima semoreverde rupicola, con foglie a rosetta e fiori viola che ricordano da vicino quelli della Saintpaulia. Verso la fine dell'Ottocento si aggiunsero altre due specie, scoperte in Serbia da Joseph Pančić, R. serbica e R. nathaliae. Entrambe vivono in habitat calcarei, ma hanno distribuzione diversa. R. serbica, scoperta da Pančić nel 1874 sul monte Rtanj, appartiene al bacino idrografico adriatico ed ha areale più ampio (Serbia, Albania; Montenegro, Macedonia, Grecia settentrionale, tra 200 e 1950 metri sul livello del mare); R. nathaliae, scoperta nel 1884 nella gola di Jelašnica presso Niš dallo stesso Pančić e dal medico di corte Sava Petrović, che la dedicarono alla regina di Serbia Natalija Obrenović, è ristretta alla Macedonia e ad aree adiacenti di Grecia, Serbia e Kosovo ed appartiene al bacino idrografico egeo. Le due specie sono molto simili, ma R. serbica ha foglie più romboidali con margini vistiosamente dentati o incisi, fiori più piccoli e meno numerosi portati su lunghi scapi, R. nathaliae foglie più arrotondate, fiori più grandi e scapi più brevi. Nel 1928 il botanico russo Pavel Černjavskij stava riordinando il suo erbario quando casualmente vi rovesciò sopra un bicchiere d'acqua; per rimediare al disastro, lasciò asciugare le carte e le piante per tutta la notte; al mattino dopo, scoprì che un esemplare di R. nataliae, che faceva parte della sua collezione da un anno e mezzo ed era totalmente disseccato, si era reidratato ed appariva vivo e vegeto. Pubblicò subito la scoperta sulla rivista della società botanica russa, con una conseguenza politica; da allora R. nataliae è stata scelta come simbolo della "resurrezione" della Serbia e del suo esercito dopo la Prima guerra mondiale. La rara particolarità di potersi disseccare completamente e di riprendersi alla prima pioggia, diffusa tra licheni, epatiche e muschi, ma rarissima tra le Angiosperme, è condivisa da tutte le specie del genere, anzi da tutte le Gesneriaceae europee; hanno sviluppato questa capacità per poter sopravvivere, nonostante la loro origine tropicale, in aree montane con estati secche e temperature invernali che scendono di molto sotto zero. Nel 1851, Theodor von Heldreich, all'epoca direttore dell'orto botanico di Atene, scoprì sulle pendici del monte Olimpo un'altra gesneriacea, di cui però non vide i fiori. Inizialmente Boissier la classificò come Haberlea heldreichii, poi, dopo la raccolta di esemplari fioriti, la trasferì a un genere proprio, Jancaea, in onore di Viktor Janka, curatore dell'erbario di Budapest ed esploratore della flora dei Balcani. Non tutti erano d'accordo: Alphonse e Casimir de Candolle la collocarono nel genere Ramonda, come R. heldreichii. Recentemente, l'appartenenza a Ramonda è stata supportata da dati molecolari; Plant of the World on line ne prende atto, riducendo Jancaea a sinonimo. Ma poiché la maggioranza dei repertori, inclusi il sito della Gesneriad Society e Flora of Greece on line, lo trattano ancora come genere a sé, così farò anch'io, soprattutto per poter dedicare un post a Janka. L'esuberante, a volte indomabile, Macleaya cordata appare il ritratto vegetale perfetto per il funzionario, entomologo, collezionista e naturalista dilettante Alexander Macleay, un uomo che non conosceva le mezze misure. Nei suoi anni inglesi accumulò una collezione di insetti che era considerata la più bella e vasta del paese, forse del mondo; quando si trasferì in Australia come segretario coloniale, divenne una figura di spicco nella vita amministrativa, culturale, mondana e politica del Nuovo Galles del Sud. Sempre all'insegna del gigantismo: la sua casa di Elizabeth Bay, ancora oggi considerata la più bella dimora del periodo coloniale, era circondata da un giardino di 22 ettari, ricco di piante rare venute da tutto il mondo. Purtroppo non esiste più, ma l'impronta di Macleay rimane nelle strade della città, dove fioriscono le jacaranda da lui introdotte, nell'Australian Museum e soprattutto nel Macleay Museum di Sydney. ![]() Un burocrate della botanica Nel gennaio 1826, quando Alexander Macleay (1767-1848) sbarcò a Sidney, era alla soglia dei 60 anni; forse un po' tardi per iniziare una nuova vita, ma anche un'occasione da non perdere. In patria era stato in importante funzionario del Transport Board del Ministero della guerra; ma nel 1818, finite le guerre napoleoniche, il dipartimento era stato soppresso, ed egli era stato messo a riposo con una pensione di 750 sterline. Poco per un uomo dai gusti dispendiosi con un'enorme famiglia; così, quando lord Bathurst, che era stato il suo capo, gli propose il posto di segretario coloniale del Nuovo Galles del Sud, con uno stipendio di 2000 sterline e il mantenimento della pensione, dopo qualche esitazione accettò. Tra le diverse considerazioni, certo pensò anche che il Nuovo Galles del Sud era un terreno ideale per coltivare le sue passioni naturalistiche. Oltre che un abile burocrate, Macleay era infatti un naturalista dilettante, noto per la sua grande e raffinata collezione entomologica. Nato in Scozia in un'antica famiglia impoverita dalle guerre giacobite, era stato educato a una carriera commerciale e nel 1786 si era trasferito a Londra, dove avviò un commercio di vini. A un certo punto dovette entrare in contatto con l'ambiente scientifico e nel 1794 venne ammesso alla Linnean Society; il segretario Thomas Marsham e il reverendo William Kirby era due noti entomologhi e forse furono loro ad avviarlo alla raccolta e allo studio degli insetti. Nel 1795, forse grazie alla raccomandazione di Banks, venne assunto come primo capo dell'Ufficio dei prigionieri di guerra; in seguito, l'ufficio confluì nel Transport Board, e Macleay fece carriera, divenendo prima capo del dipartimento della corrispondenza ed infine segretario del Board, rendendosi utile a Banks per lo scambio di prigionieri francesi con scienziati britannici. A partire dal 1798, quando Marsham diede le dimissioni per diventare tesoriere, Macleay mise le sue capacità amministrative al servizio della Linnean Society, ricoprendo a titolo gratuito l'incarico di segretario fino alla vigilia della sua partenza per l'Australia. Manteneva la corrispondenza, curava l'edizione e la stampa delle Transactions, teneva informato il presidente James Edward Smith che viveva nel Surrey e raramente partecipava alle riunioni. Svolgeva tutti questi compiti con grande zelo ed efficienza, esattamente come i suoi doveri d'ufficio, dividendo le sue giornate tra il Ministero e la Linnean Society. Nella sua posizione di burocrate della scienza poté stringere molti contatti che gli permisero di arricchire rapidamente la sua collezione di insetti, cominciata con le escursioni entomologiche e gli scambi con gli amici; poi vennero gli esemplari ottenuti da una rete corrispondenti (come il pittore John William Lewin, che gli spedì insetti proprio dal Nuovo Galles del Sud) e gli acquisti alle aste. Tra il 1804 e il 1818, Macleay riuscì ad aggiudicarsi integralmente o in parte le collezioni entomologiche di Dru Drury, Edward Donovan, Thomas Marsham, John Francillon e del generale Thomas Davies, di grande rilevanza storica per la presenza di numerosi esemplari tipo. A questo punto la sua collezione era probabilmente la più ricca del paese; se ne servirono largamente Kirby e Spense per il loro An Introduction to Entomology, pubblicato nel 1815 con una dedica a Macleay. Si moltiplicarono anche i riconoscimenti scientifici: nel 1809 fu ammesso alla Royal Society, nel 1813 alla Reale accademia delle scienze svedese, nel 1818 all'Accademia delle Scienze di Torino. Gli insetti erano l'interesse preminente, ma non il solo: Macleay amava anche le piante e nella casa di campagna che aveva acquistato nel Surrey creò un giardino ricco di specie esotiche, che come segretario della Linnean Society a volte riusciva a procurarsi in anteprima: è il caso di uno dei primi esemplari di Wisteria sinensis, arrivato direttamente dalla Cina nel 1819. Tra le piante preferite le rose; quando partì per l'Australia, ne portò con sé 34 piedi, incluse tre noisette, all'epoca una novità. Collezionare insetti e possedere una elegante villa di campagna erano abitudini dispendiose per un funzionario ministeriale, sebbene di alto livello; anche di più era crescere uno stuolo di figli e figlie. Lui e la moglie Elisa Barclay ne ebbero diciassette; sette morirono prima di raggiungere l'età adulta; rimanevano quattro maschi, cui assicurare un'educazione universitaria in vista di carriere prestigiose, e sei ragazze cui trovare marito, come nel più classico romanzo di Jane Austin. Quando Macleay si trovò a disporre solo di una modesta pensione, arrivarono le difficoltà finanziarie, accresciute dal fallimento della banca privata del fratello di cui era azionista. Lasciare le amicizie e una posizione scientifica pazientemente coltivata per un quarto di secolo era doloroso, ma l'offerta troppo allettante. Così si risolse ad accettare e a partire per gli antipodi; che fosse una destinazione definitiva, lo dimostra il fatto che lo accompagnavano la moglie e le sei figlie (la maggiore, Frances Leonora detta Fanny, aveva 34 anni, la più piccola, Barbara, 12); nella stiva, la preziosa collezione di insetti (all'epoca, contava circa 9000 pezzo), la biblioteca e casse di piante. Uomo molto attivo, capace di lavorare anche 20 ore al giorno, di grandissima esperienza amministrativa, Macleay seppe rendersi indispensabile al governatore Darling. Dopo anni di incertezze finanziarie, ora godeva di un buon stipendio e ottenne anche vaste concessioni fondiarie, tra cui una di circa 22 acri a Elizabeth Bay, a circa due miglia ad est della città. La famiglia si stabilì nella casa assegnata al Segretario coloniale nei pressi dell'ufficio, ma fin dal 1827 Macleay cominciò a trasformare la proprietà di Elizabeth Bay in un giardino paesaggistico, sfruttando la splendida posizione affacciata sulla baia. Fece costruire un muro di sostegno, una strada d'accesso, delle stalle ingentilite da torrette e un cottage per il giardiniere. Affidò il progetto del giardino a Thomas Shepherd, il primo vivaista della colonia; era un seguace del giardino paesaggistico che propagandò nel suo Lectures of Landscape Gardening (1836), dedicato a Macleay "in segno di ammirazione per l'abilità consumata, la conoscenza e lo zelo nelle attività orticole". Mentre gli altri proprietari di giardini facevano tabula rasa della vegetazione spontanea per ricreare agli antipodi i giardini della madrepatria, Macleay chiese a Shepherd di preservarla; costituita da alberi di Eucalyptus tereticornis con il relativo sottobosco, divenne lo sfondo dove inserire sentieri sinuosi, laghetti, un ponte rustico, grotte, edifici romantici e piante esotiche fatte venire dall'Inghilterra, dall'India, dalla Cina e da altri angoli dell'Impero britannico. Così descrive il giardino Mrs Lowe, che lo visitò al momento del suo massimo splendore: "Il cammino che porta alla casa è tagliato attraverso rocce ricoperte dagli splendidi arbusti selvatici e dai fiori di questo paese, e qua e là c'è un immenso albero primordiale [...]. In questo giardino ci sono piante di ogni clima: fiori e alberi di Rio, delle Indie Occidentali, delle Indie Orientali, della Cina e persino dell'Inghilterra. I bulbi del Capo sono splendidi, e se non le avessi viste non potrei credere quanto belle siano le rose. Gli aranci, i limoni, gli altri citrus e i guaiavi sono immensi, i melograni sono in piena fioritura. Mr Macleay ha anche un'immensa collezione di piante della Nuova Zelanda". Non abbiamo cataloghi del giardino, ma le semine e i trapianti sono documentati da due quaderni, di mano in parte di Alexander Macleay in parte del figlio William Sharp: Plants Received at Elizabeth Bay, ca 1826-1840, e Seeds Received at Elizabeth Bay, 1836-1857, che elenca semi di 3806 varietà. Era un autentico orto botanico con rarità di ogni tipo; tra i fornitori, oltre a Shepherd, troviamo il famoso vivaio londinese Loddiges, specialista in piante esotiche; qualche pianta arrivò da scambi con altri appassionati, come William Macarthur di Camden. Il giardino doveva già essere completato nel gennaio 1836, quando Macleay vi diede una splendida festa in onore degli ufficiali delle HMS Beagle e Zebra, in viaggio alla volta del Pacifico; c'erano le famiglie più in vista della colonia, per un totale di 200 invitati; ma non c'era il naturalista del Beagle Charles Darwin, che aveva approfittato dello scalo per un'escursione naturalistica sulle Blue Mountains. La festa si svolse sul prato antistante la villa la cui costruzione era iniziata l'anno prima; Macleay ne aveva affidato la progettazione a John Verge, il più rinomato architetto della colonia, che disegnò un edificio a due piani in stile classico, particolarmente notevole per la sala centrale ovale sormontata da una lanterna. ![]() Nobiltà e miseria di una casa e di un giardino Un giardino da favola, feste danzanti e una residenza alla moda, oltre a corrispondere al gusto del lusso che Macleay aveva già manifestato in Inghilterra, facevano parte della strategia per inserirsi nell'élite della società della colonia, costituita da emigrati che stavano facendo fortuna con l'allevamento delle pecore nelle terre ottenute in concessione dal governo (una speculazione a cui si dedicò egli stesso). Nonostante la sua figura di goffo arrivista fosse anche oggetto di caricatura, l'operazione riuscì abbastanza da assicurare ottimi matrimoni a cinque figlie su sei. Nel 1838 Macleay fu anche tra i fondatori dell'esclusivo Australian club. Ma c'erano circoli a cui teneva anche di più: quelli dei "gentiluomini naturalisti" di cui in Inghilterra aveva fatto parte nella posizione privilegiata di noto collezionista e segretario della Linnean Society, Tra i doveri d'ufficio del segretario coloniale, c'era la gestione dell'orto botanico. Era stato fondato nel 1816 dal governatore Macquaire, ma, anche se il primo sovrintendente Charles Fraser aveva incominciato a trapiantarvi le specie native raccolte durante le sue spedizioni, era ancora poco più di un orto in cui si coltivavano le verdure per la mensa del governatore. La riuscita del giardino di Elizabeth Bay, che aveva dimostrato le potenzialità di un terreno di per sé arido, sabbioso e poco fertile, sicuramente stimolò la coltivazione di fruttifere ed esotiche anche nell'orto botanico, cui Macleay donò numerose piante; tuttavia, il giardino non decollò fino alla fine degli anni '40, in seguito a una serie di vicende sfortunate tra cui la morte di Richard Cunningham e la rinuncia di suo fratello Allan. Macleay incontrò maggior successo nell'istituzione del Museo australiano. La creazione di un museo della colonia era stato il principale obiettivo della Philosophical Society of Australia, fondata nel 1821 da sette gentiluomini; erano stati raccolti o donati minerali, fossili, manufatti indigeni, custoditi proprio nell'ufficio del segretario coloniale, ma la società si era presto arenata. Macleay rilanciò il progetto e già nel 1827 convinse il governatore a stanziare 200 sterline per istituire il Museo coloniale, che nel 1830 fu trasferito in un capannone annesso all'ufficio dell'avvocatura, poi nel 1831 nell'edificio del Vecchio consiglio legislativo. Nel 1836 venne rinominato Australian Museum e, probabilmente su suggerimento di Macleay, posto sotto la giurisdizione del "Comitato di sovrintendenza del Museo Australiano e dell'Orto botanico", di cui facevano parte sia lui, nelle vesti di presidente, sia suo figlio William Sharp e diverse personalità della colonia che ne condividevano gli interessi scientifici, tra cui Phillip Parker King. Intanto Macleay continuava ad accumulare piante, insetti e altri oggetti naturali (i suoi interessi si erano estesi anche all'ornitologia e agli animali marini). Per quanto riguarda le piante, gli si attribuisce l'introduzione in Australia del glicine, che come abbiamo visto già coltivava in Inghilterra, e della jacaranda, oggi comunissima lungo i viali cittadini; nel 1836 è documentato l'arrivo di una Magnolia denudata. Tra gli apporti alla collezione entomologica merita segnalare diversi esemplari avuti da Raffles e le 192 diverse specie di insetti raccolte dal capitano King nel corso della ricognizione della costa australiana tra il 1818 e il 1822. Nel conferirgli l'incarico, l'ufficio coloniale aveva raccomandato a Macleay di non prendere iniziative personali e di non discostarsi dalle disposizioni del governatore; egli si era attenuto strettamente a questa direttiva, con il risultato che la crescente impopolarità di Darling ricadde anche su di lui; membro fin dal 1825 del Consiglio legislativo e del Consiglio esecutivo, per altro condivideva pienamente le scelte conservatrici del governatore, ostile a concedere pieni diritti politici agli ex-deportati. Anche Macleay fu oggetto di una violenta campagna di stampa che lo accusava di essersi fatto strumento del tirannico Darling per puro interesse personale; uno dei capi d'accusa più gravi era proprio la concessione della tenuta di Elizabeth Bay, che includeva una riserva aborigena sotto protezione governativa. A Londra arrivò la duplice richiesta di rimuovere tanto l'odiato governatore quanto il suo tirapiedi, ovvero il segretario coloniale. In effetti nel 1831 Darling, terminato il suo mandato, fu richiamato in Inghilterra ma la sua relazione sull'operato di Macleay fu così positiva che l'ufficio coloniale decise di mantenerlo al suo posto. Tuttavia le sue relazioni con il nuovo governatore Burke si fecero sempre più tese, finche nel 1835 quest'ultimo notificò all'Ufficio coloniale che era necessario nominare un nuovo segretario in vista dell'imminente pensionamento di Macleay, quasi settantenne. Il quale non era stato consultato in proposito e cercò di opporsi in tutti i modi, minacciando anche di adire le vie legali, finché all'inizio del 1837 fu costretto al ritiro. Come in Inghilterra vent'anni prima, si trovò di nuovo immerso nei debiti. Anche se con la sua strenua resistenza si era almeno garantito una buona pensione, la perdita del lauto stipendio diede il colpo di grazia a una situazione già problematica a causa dei debiti accumulati per costruire la casa o investiti in speculazioni avventate, proprio nel momento in cui il prezzo della lana crollava e il Nuovo Galles del Sud era investito da una grave crisi. Molti altri erano indebitati e Alexander Macleay cercò inutilmente di vendere una parte delle terre. A salvarlo dalla bancarotta fu il figlio maggiore William Sharpe Macleay (1792-1865), che era anche il maggiore dei suoi creditori; trasferitosi a Sydney nel 1839, nel 1844 si fece carico di parte dei debiti e provvide a saldarli vendendo la mobilia, la biblioteca, che contava circa 4000 volumi, diversi terreni. Per costringere il padre a un regime di stretta economia, lo convinse a trasferirsi con la moglie presso una delle sorelle sposate e si trasferì nella casa di Elizabeth Bay, dove visse fino alla morte. In queste tristi vicende, l'anziano Alexander era ancora impegnato in politica: nel 1843 fu eletto all'assemblea legislativa, di cui fu speaker fino al 1846. Morì nel 1848 in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale. Al funerale assistette una gran folla, a dimostrare che nonostante tutto era stato una personalità di primo piano nella vita della colonia. A ereditare la collezione entomologica fu William Sharp che la unì alla propria. Dopo essersi laureato a Cambridge, aveva intrapreso la carriera diplomatica, con primo incarico a Parigi, dove aveva frequentato tra gli altri Cuvier; quindi aveva approfittato di una missione a Cuba e di un viaggio negli Stati Uniti per incrementare la sua collezione di insetti, in parte raccolta di persona, in parte ottenuta attraverso scambi e acquisti. A differenza del padre, che non pubblicò nulla eccetto una monografia sul genere Passus, fu uno scienziato con ambizioni teoriche, creatore del sistema di classificazione quinario che godette di qualche successo tra i naturalisti britannici, un ambiente in cui era ben inserito (tra i suoi contatti, anche il giovane Darwin, che incoraggiò a pubblicare i risultati naturalistici del viaggio del Beagle). Continuò ad incrementare la collezione anche in Australia; al momento della sua morte nel 1865, unita a quella del padre, occupava 480 cassetti e contava tra 100.000 e 150.000 esemplari. William Sharp diede un grande contributo anche al giardino. Al suo arrivo nel 1839 portò con sé molti bulbi che si era procurato durante lo scalo a Città del Capo; altre 88 varietà gli furono invite l'anno dopo da Nathaniel Wallich, suo corrispondente e sovrintendente dell'orto botanico di Calcutta. Nel 1841 ricevette una visita speciale: quella di Joseph Dalton Hooker, figlio del direttore di Kew, di passaggio in Australia come naturalista dell'Erebus; Hooker fu entusiasta del giardino e lo descrisse come il paradiso dei botanici: "La mia sorpresa fu sconfinata per le bellezze naturali del luogo, il gusto inimitabile con cui i giardini erano disposti e il numero e la rarità delle piante che vi erano raccolte". Macleay gli restituì la visita sull'Erebus e passò un'intera giornata ad ammirare gli esemplari raccolti da Hooker nei mari antartici. Alla sua morte lasciò la collezione al cugino William John Macleay e la casa al fratello minore George (un altro personaggio sopra le righe, noto come esploratore, viaggiatore e bon vivant) che suddivise la proprietà in lotti, ne vendette gran parte e affittò la casa al cugino. William John Macleay (1820-1891) era arrivato in Australia insieme al cugino William Sharp che lo aveva iniziato all'entomologia. Anche lui era un appassionato collezionista; nel 1862 fondò e presiedette l'Entomological Society. Dopo aver ereditato la collezione di Alexander e William Sharp, decise di ampliarne la portata, trasformandola in una raccolta zoologica a 360°. Nel 1874 fu tra i soci fondatori e primo presidente della Linnean Society del Nuovo Galles del Sud. Finanziò diverse spedizioni; nel 1875 guidò quella del Chevert in Nuova Guinea, la prima spedizione scientifica australiana in un altro paese. Ormai le collezioni erano così grandi che dovette far costruire un nuovo edificio per ospitarle ed assumere un curatore nella persona di George Master. Nel 1889 ne fece dono all'Università di Sydney; nacque così il Macleay Museum, uno dei più importanti musei naturalistici dell'Australia. Alla morte di George la casa passò agli Onslow, discendenti di Rosa Roberta, una delle figlie di Alexander; nel Novecento fu semiabbandonata, ristrutturata, smembrata in appartamenti finché nel 1963 fu acquistata dal Consiglio della Contea. Restaurata e riportata allo splendore originale, oggi è un museo inserito dall'Unesco nella lista del patrimonio dell'umanità. Il giardino aveva cessato da tempo di esistere. ![]() Macleaya, splendide e invadenti Robert Brown era stato ammesso alla Linnean Society nel novembre 1798, pochi mesi dopo l'elezione a segretario di Alexander Macleay. Dopo il suo ritorno dall'Australia, la società lo assunse come impiegato e bibliotecario; si trovò così a lavorare quasi quotidianamente con Macleay. Tra i due dovette svilupparsi una stretta amicizia. Nell'autunno nel 1814, Brown soffrì una brutta infreddatura e il suo capo lo invitò a trascorrere le vacanze natalizie con la sua famiglia nella villa del Surrey. Fu un momento molto piacevole per il botanico, trascorso in dotte conversazioni con il padrone di casa e con William Sharp, all'epoca studente a Cambridge, ma anche con la ventunenne Fanny, la più grande delle ragazze di casa. Come le sorelle, aveva ricevuto un'eccellente educazione scientifica, aiutava il padre a tenere in ordine le collezioni, era una brillante conversatrice (lo dimostrano le belle lettere che scrisse da Sydney al fratello quando questi si trovava all'Avana) e una dotatissima pittrice botanica. Per farla corta, Brown (che aveva il doppio dei suoi anni) credette di aver trovato l'anima gemella. Non sappiamo se si limitò a un corteggiamento, o ci fu una richiesta ufficiale; sappiamo invece che a opporsi fu la madre (in Australia aveva fama di essere una vera arpia), che sentenziò che Fanny si sarebbe sposata prima o poi, ma ora doveva aiutarla ad allevare i fratellini e le sorelline. Del resto, Brown come innamorato le pareva decisamente freddo (e con pochi soldi, aggiungo io). Così l'idillio finì, senza intaccare l'amicizia tra i Macleay e Brown. Anche quando Fanny viveva in Australia, lei e il vecchio innamorato continuarono a corrispondere, scambiando disegni ed esemplari, ma senza alcuna nota romantica. Fanny fu l'ultima delle sorelle Macleay a sposarsi addirittura nel 1836, ma morì sei settimane dopo il matrimonio. Quando il vedovo partì per Londra, Alexander Macleay (che forse era all'oscuro di tutto) ebbe la brillante idea di munirlo di una lettera di raccomandazione... proprio per Robert Brown. Al quale doveva, se non altro, la dedica del genere botanico Macleaya istituito da Brown nel 1826, poco dopo la partenza dell'amico per l'Australia, con queste parole: "Al mio molto stimato amico Alexander Macleay, Segretario della colonia del Nuovo Galles del Sud, i cui meriti come naturalista generale, profondo entomologo e botanico pratico sono ben noti". Brown separò il nuovo genere da Bocconia contro il parere di altri autorevoli botanici; la separazione, oggi confermata dalle analisi molecolari, ha prevalso solo nel 1920. Macleaya R.Br. è un piccolo genere della famiglia Papaveraceae cui appartengono due sole specie, M. cordata e M. microcarpa. La prima, originaria di Cina e Giappone, è abbastanza diffusa nei nostri giardini. E' una vigorosissima erbacea perenne capace di superare i due metri d'altezza, con grandi foglie lobate, molto decorative, tra grigio verdi e verde azzurro. I piccoli fiori sono riuniti in grandi pannocchie piumose bianco-camoscio. Dove trova le condizioni ideali, tende a formare molti polloni e può essere piuttosto invadente. M. microcarpa, endemica della Cina centro-orientale, è simile, ma con fiori più piccoli, rosati all'esterno e bronzei all'interno. Sono disponibili anche cultivar con fiori più rosati o rossastri, nonché un ibrido tra queste due specie, M. x kewensis, con pannocchie da camoscio-crema a rosate. Quando il suo professore gli propose una tesi sul genere Solanum, Michel Félix Dunal probabilmente non immaginava che la famiglia delle patate e dei pomodori avrebbe segnato la sua carriera scientifica. Invece è proprio per i suoi contributi allo studio delle Solanaceae, culminato con la loro trattazione nel Prodromus di de Candolle (era lui il suo maestro), che egli è ancora noto nella storia della botanica. A celebrarlo non poteva che essere un genere di quella famiglia, Dunalia. ![]() Dalle Solanacee alle Solanacee Nel sostenere l'utilità anche pratica del suo sistema naturale, Antoine-Laurent de Jussieu aveva osservato che piante che si assomigliano devono condividere anche le proprietà medicinali; a partire da questa osservazione, Augustin Pyrame de Candolle, che nel 1807 era stato nominato professore di botanica e direttore dell'Orto botanico di Montpellier, suggerì alla facoltà di medicina di assegnare come tesi monografie su gruppi di piante. A fare da apripista fu il suo allievo più promettente, Michel Félix Dunal (1789-1856), con la tesi Histoire naturelle, médicale et économique des Solanum, et des genres qui ont été confondues avec eux, discussa e pubblicata nel 1813. Così, nel doppio segno di Solanum e di de Candolle, iniziò la carriera scientifica di Dunal; e così sarebbe terminata, con la trattazione della famiglia Solanaceae del Prodromus di de Candolle nel 1852. Michel Félix Dunal apparteneva a una ricca famiglia della borghesia calvinista di Montpellier. Il padre era un banchiere e lo costrinse ancora adolescente a lasciare gli studi per lavorare con lui in banca; il ragazzo obbedì, ma sognava altro: di carattere ardente e romantico, si era innamorato della botanica leggendo le Lettres sur la botanique di Rousseau. Alla fine riuscì a convincere il padre a permettergli almeno di seguire come uditore qualche lezione di botanica e anatomia. Le gite nelle Cevenne con il suo primo maestro Guillaume-Joséph Roubieu gli confermarono che quella era la sua strada. L'arrivo a Montpellier di de Candolle segnò la svolta definitiva; finalmente libero di seguire la sua vocazione, Dunal si iscrisse a medicina e divenne l'allievo preferito del professore ginevrino. Nel 1811, fu uno dei suoi compagni in una lunga escursione che toccò le Cevenne, il Vivarais, il Velais, l'Alvernia, il Périgord, il Médoc, il Bourbonnais e la Sologne. Quindi accompagnò il maestro a Parigi, dove, grazie a lui poté frequentare i circoli scientifici e stringere amicizie, soprattutto con Augustin de St. Hilaire e Carl Sigismund Kunth. Tornò quindi a Montpellier per preparare la tesi da cui ho preso le mosse, per la quale poté avvalersi, oltre che delle piante vive dell'orto botanico, dei disegni della spedizione di Sessé e Mociño, fortunosamente approdati nella città occitana come ho raccontato in questo post, il che gli permise di pubblicare numerose specie ancora ignote in Europa. La monografia si divide in due parti: la prima è dedicata alla storia e agli usi economici e medici del genere, con approfondimenti per la patata (trattata a proposito delle radici), la dulcamara e le morelle (trattate a proposito di fusti e foglie), la melanzana (trattata a proposito dei frutti); la seconda contiene la descrizione botanica di 2 specie del genere Witheringia, 6 del genere Lycopersicon, 199 del genere Solanum (che salgono a 235 aggiungendo le specie "non sufficientemente note"). A conclusione una breve lista di specie erroneamente assegnate al genere Solanum, tra cui Atropa belladonna. Numerose le specie descritte per la prima volta; ma soprattutto, Dunal tenta una classificazione del genere, dividendolo nei due gruppi Inermia (senza spine) e Aculeata (spinose) e in 12 "serie naturali" sulla base di caratteristiche morfologiche quali le foglie, le infiorescenze, il calice; alcuni dei gruppi individuati corrispondono a sezioni attualmente accettate. Ne risulta una voluminosa opera di oltre 300 pagine, che egli poté permettersi di far stampare in una curata veste tipografica e di corredare di 26 tavole disegnate da François Toussaint Node-Véran, l'artista dell'orto botanico di Montpellier. Conseguita la laurea, Dunal tornò a Parigi, dove si trattenne per circa un anno, finché nel 1814 l'invasione della Francia lo costrinse a tornare a Montpellier, dove come medico fu impegnato a contrastare l'epidemia di tifo. Contrasse la malattia, e dedicò la lunga convalescenza a una monografia sulle Annonaceae; anche in questo caso si tratta della prima trattazione sistematica di questa famiglia, cui Dunal assegnò nove generi, incluso Monodora, da lui istituito e tuttora riconosciuto; pubblicata nel 1817, anch'essa illustrata da Node-Véran, contribuì a consolidare la reputazione del giovane botanico. L'anno prima aveva dato alle stampe un'edizione rivista della tesi, Solanorum generumque affinium synopsis, in cui le specie di Solanum salgono a 320, ma senza grandi novità sistematiche. Intanto la politica aveva provocato un terremoto anche nella vita universitaria di Montpellier. De Candolle, considerato troppo allineato al regime napoleonico e inviso agli ambienti cattolici, nel 1816 diede le dimissioni e tornò a Ginevra, dove l'Accademia creò immediatamente una cattedra per lui. Delle due cattedre di botanica che teneva a Montpellier, quella della facoltà di scienze fu soppressa, mentre quella della facoltà di medicina rimase vacante fino al 1819. La facoltà di medicina nominò Dunal direttore ad interim della Scuola di botanica e dell'orto botanico. Certo egli si aspettava che gli fosse assegnata la cattedra, invece fu nominato Alire Raffeneau Delile (per ironia, ben più legato a Napoleone ben più di de Candolle e tanto più di Dunal, visto che era stato il botanico della spedizione in Egitto). Dunal, che in quel momento si trovava in Inghilterra a consultare erbari, accettò il fatto compiuto con grande signorilità. Contemporaneamente, la sua famiglia conobbe un rovescio di fortuna. Dunal si ritirò in campagna, affiancando al lavoro come medico la gestione di due aziende agricole; in questa veste inventò uno strumento che chiamò eno-alcolometro, utile per misurare la gradazione alcoolica del vino. Non aveva per altro lasciato la botanica: de Candolle gli affidò la trattazione delle Cistineae (oggi Cistaceae) nel primo volume del Prodromus (1824). Questa parentesi durò fino al 1829, quando la facoltà di scienze decise di ristabilire la cattedra di botanica e di assegnarla a Dunal. Per poterla assumere, egli provvide a laurearsi in scienze naturali, discutendo la tesi Considérations sur la nature et les rapports de quelques-uns des organes de la fleur, che si basa sulla teoria della metamorfosi degli organi vegetali e incontrò seguito limitato (come dimostra il fatto che il termine "lepali" che egli coniò per le appendici del ricettacolo non è entrato nella terminologia botanica). Dunal fu un professore molto amato dai suoi studenti, il più famoso dei quali è Jules Émile Planchon. Dal 1830, ai doveri didattici,ù si aggiunse l'incarico di decano della Facoltà, con tutta una serie di compiti amministrativi. Tra i suoi successi, l'acquisizione all'università di una serie di erbari, incluso quello del botanico dilettante e collezionista Bouché-Doumenq, prezioso perché contiene gli erbari di Magnol e Broussonet. Insieme a un altro botanico, Frédéric de Girard (1810-1850), progettò una Flora di Montpellier che però si arenò presto. L'ultimo lavoro che lo attendeva era un ritorno alle origini: Alphonse de Candolle gli affidò la trattazione delle Solanaceae per il Prodromus, di cui forma quasi interamente il 13° volume (1852), per un totale di poco meno di 700 pagine. A sentire Planchon, questo enorme lavoro ha pesato su di lui "come un fardello di cui solo il suo rispetto per de Candolle poteva alleggerire il peso". Con la salute ormai da tempo deteriorata, lontano dalle grandi biblioteche e dai grandi erbari, certo non fu facile per Dunal portare a termine il compito "ingrato", "spaventevole" (a definirlo così è ancora Planchon), se consideriamo che per il solo genere Solanum trattò oltre 850 specie (oggi sono oltre 1200). Ne risultò comunque una trattazione che rimase un punto di riferimento per oltre un secolo, se pensiamo che nessuno tentò più una sistematizzazione complessiva della famiglia prima di Solanaceae Biology and Systematics di William D'Arcy (1986). Oltre ad ampliare enormemente le specie trattate e a estendere il lavoro a tutti i generi della famiglia, Dunal approfondisce il tentativo di suddividere in sezioni il genere Solanum. I giudizi sui risultati sono quanto meno vari. Planchon sorvola, definendo la monografia "opera del declino"; altri, compreso lo stesso D'Arcy, ne riconoscono il ruolo pionieristico per essere stato il primo a presentare divisioni e suddivisioni come categorie gerarchiche formali; piuttosto duro il giustizio di C. V. Morton che in Taxonomic studies of tropical american plants scrive senza troppi peli sulla lingua: "Dunal era un lavoratore attento e le sue descrizioni sono un modello di accuratezza. Tuttavia il suo modo di concepire le relazioni non è affidabile, tanto che spesso nella sua trattazione specie correlate sono ampiamente separate. In effetti, la stessa specie è talvolta descritta sotto nomi diversi in sezioni differenti, La monografia è di difficile uso perché manca una chiave e le descrizioni non sono contrastive e non fanno emergere chiaramente i caratteri differenziali. Chiunque tenti di identificare un esemplare sconosciuto di Solanum per mezzo della monografia di Dunal si sente come se fosse perso in un labirinto di parole". Forse, come sostiene Planchon, l'immane lavoro logorò davvero Dunal, che un anno dopo averla terminata fu costretto a rinunciare alle lezioni e cedette appunto a lui la direzione del dipartimento di botanica. Come ricorda nel commosso elogio funebre lo stesso Planchon, cercò con le poche forze che gli rimanevano di seguire quanto possibile la vita della facoltà e mai rinunciò a partecipare alle escursioni botaniche, nonostante le difficoltà crescenti. Morì il 29 luglio 1856, due giorni dopo aver presieduto a una sessione d'esami. ![]() Una Solanacea andina Non poteva che appartenere alla famiglia Solanaceae il genere che lo celebra; a dedicarglielo fu Kunth, con un tributo insieme all'amico e al botanico: "L'ho denominato in onore di Michel Félix Dunal, dottore in medicina di Montpellier, per la soavità dei costumi a tutti caro e a me amicissimo, e per i lucidissimi scritti sui Solanum e le Annonaceae finora non trattati da nessun botanico". La fama di cui godette in quegli anni il giovane botanico occitano è dimostrata da altre due Dunalia, ovviamente non valide che gli furono tributate quasi contemporaneamente da Robert Brown e Curt Sprengel, cui dopo la morte si aggiunse un quarto genere omonimo, omaggio di Montrouzier. Gli è stata dedicata anche l'alga Dunaniella, che egli scoprì per primo negli stagni nei pressi della sua città. Dunalia Kunth è un piccolo genere di cinque specie di arbusti o piccoli alberi che vivono in ambienti aridi d'altura nel Sud America centro orientale, con centro di diversità in Perù e qualche specie che si spinge in Argentina e in Cile; è affine al più noto genere Iochroma, il maggiore della sotto tribù Iochrominae. Come adattamento all'aridità, in genere sono piante spinose con foglie più o meno coriacee per lo più riunite in verticilli; i fiori tubolari sono viola, molto stretti (presumibilmente sono impollinati da colibrì), mentre i frutti sono bacche carnose rosso aranciato. Purtroppo non sono disponibili studi recenti e in rete si trovano poche informazioni sulle singole specie, ad eccezione di D. spinosa, un arbusto estremamente spinoso e intricato che vive in biomi desertici dal Perù al Cile e all'Argentina settentrionale tra 500 e 2000 metri. I fiori, viola scurissimo quasi bruno, hanno corolla stretta con dieci brevi lobi dentati e sono seguite da bacche aranciate simili a pomodorini. E' una pianta medicinale, usata nella medicina tradizionale per curare varie affezioni; le analisi di laboratorio le hanno riconosciuto proprietà antimicrobiche. Inoltre c'è una certa confusione, perché in passato il genere era molto più ampio, comprendendo specie che poi sono state trasferite a generi affini; come capita in questi casi, i vecchi nomi sono ancora diffusi, quando non prevalenti. E' il caso di Iochroma arborescens, in passato Dunalia arborescens, e soprattutto di Saracha ferruginea, precedentemente Dunalia solanacea e di Eriolarnyx australis, in precedenza Dunalia australis. Il genere Eriolarnyx è affine a Dunalia, me se ne distingue per le corolle campanulate. La bella Choisya ternata, o arancio del Messico, piuttosto coltivata anche da noi, ricorda il pastore evangelico, filosofo e botanico Jacques-Denis Choisy, che senza quella dedica sarebbe del tutto dimenticato. Eppure ai suoi tempi fu una figura molto attiva nella vita intellettuale e religiosa della sua città, Ginevra, nonché uno dei più produttivi collaboratori del Prodromus dei de Candolle. ![]() Pastore, filosofo, tassonomista Il Prodromus systematis naturalis regni vegetabilis di Augustin Pyramus de Candolle è una delle grandi opere della botanica ottocentesca, una pietra miliare della classificazione naturale, con le piante disposte in famiglie (all'epoca si chiamavano ancora ordines), secondo il sistema elaborato dallo stesso de Candolle. Egli ne aveva esposto i criteri fin dal 1813 in Théorie élémentaire de la botanique, ou Exposition des Principes de la classification naturelle et de l'art de décrire et d’etudier les végétaux. Ne diede una prima applicazione in Regni vegetabilis systema naturale, di cui pubblicò i primi due volumi tra il 1818 e il 1821. A questo punto si rese conto che l'impresa era temeraria e ripiegò su una presentazione più sintetica, convinto di riuscire a completare la classificazione descrittiva di tutte le spermatofite conosciute in pochi anni. Il ridimensionamento non fu sufficiente: alla sua morte, nel 1841, aveva completato sette volumi, ma moltissimo rimaneva da fare. A farsi carico della prosecuzione fu il figlio Alphonse, che già da tempo collaborava con il padre; egli curò la pubblicazione di ulteriori dieci volumi, l'ultimo dei quali uscì nel 1873, seguito l'anno successivo dal quarto e ultimo volume degli indici. Il progetto concepito da Augustin Pyramus era comunque incompleto: la trattazione aveva dovuto fermarsi alle dicotiledoni. De Candolle padre aveva scritto da solo circa due terzi della grandiosa opera, per un totale di 4300 pagine e 28,234 specie, il resto fu scritto da 34 botanici di otto paesi, tra cui, accanto al figlio Alphonse e al nipote Casimir, troviamo grandi nomi della botanica di quegli anni: tra di essi l'inglese George Bentham, il secondo contributore con 5044 specie, i tedeschi C.G. Nees von Esenbeck e Grisebach, l'italiano Parlatore. Il gruppo più consistente, con una decina di contributori, era ovviamente quello degli svizzeri, allievi, amici e colleghi dei de Candolle; a parte de Candolle figlio (5044 specie), i più prolifici tra di loro furono Carl Meissner (3043 specie) e Johann Müller d'Argovia (2729); in posizione intermedia si colloca Jacques-Denis Choisy, con 234 pagine e 1226 specie. Figura eminente della Ginevra ottocentesca, Choisy (1799-1859) è oggi piuttosto dimenticato, tanto da essere ignorato dal Dizionario storico della Svizzera, che pure dedica due voci ai nipoti Eugène e Albert. A preservarne la memoria sono la dedica del bel genere Choisya e una sintetica e commossa biografia commemorativa, scritta poco dopo la sua morte da Alphonse de Candolle. Choisy apparteneva a una famiglia di pastori protestanti ginevrini ed si mantenne fedele a questa tradizione; ma era un giovane di ingegno versatile, e contemporaneamente agli studi teologici, seguì corsi di filosofia, scienze umane, matematica e scienze naturali all'Accademia di Ginevra. Come uditore seguì anche i corsi di botanica di Augustin de Candolle, che lo affascinarono al punto che incominciò ad assisterlo con l'erbario e ad occuparsi seriamente di tassonomia. Nel 1821 fu ordinato pastore e pubblicò la sua prima opera di botanica Prodromus d'une Monographie de la famille des Hypérecinées (ovvero le attuali Hypericacae). L'anno dopo si trasferì a Parigi per completare gli studi di matematica e fisica, seguendo tra l'altro le lezioni di Cauchy e Biot. La raccomandazione di de Candolle e la monografia sulle Hypericaceae gli aprirono le porte dell'ambiente botanico; così poté frequentare l'erbario del barone Delessert e stringere amicizia con le giovani leve della botanica francese, da Adolphe Théodore Brongniart a Achille Richard; nelle lettere al padre, descrive con entusiasmo un'escursione botanica nel bosco di Fointainebleau insieme ad altri 15 botanici, e racconta con emozione di aver erborizzato con Antoine Laurent de Jussieu, che all'epoca aveva 79 anni. Ammesso alla Societé d'histoire naturelle, pubblicò sul bollettino della società la sua seconda monografia sistematica, dedicata alle Guttiferae (oggi Clusiaceae). Nel 1823 l'Accademia di Ginevra mise contemporaneamente a concorso tre cattedre: matematica, fisica e filosofia razionale. Choisy, rientrato a Ginevra, presentò la candidatura a tutte, presentando tra l'altro una memoria sui massimi e i minimi, e a soli 24 anni fu nominato professore di filosofia razionale, un insegnamento che escludeva la metafisica, era soprattutto incentrato sulla logica e aveva molte relazioni con la matematica. Mantenne la cattedra fino al 1848, quando i rivolgimenti politici toccarono anche Ginevra, con la conseguente ristrutturazione dell'insegnamento universitario e l'allontanamento per ragioni esclusivamente politiche di diversi professori, in particolare quelli legati alla chiesa evangelica, come Choisy, In quegli anni, egli era in effetti divenuto anche una figura centrale della chiesa ginevrina; secondo le regole vigenti all'epoca, il titolare della cattedra di filosofia doveva essere un pastore, membro di diritto del Consiglio dei pastori; per una decina di anni ne fu segretario, principale redattore del suo organo di stampa, Le Pasteur; più tardi fu uno dei pastori della città, per qualche tempo vicepresidente del Consiglio e per due volte moderatore. Come segretario, nel 1835 gli fu affidata l'organizzazione del tricentenario dell'introduzione della Riforma a Ginevra. Nel ventennio di insegnamento universitario, fu membro attivo di comitati su vari argomenti, dall'organizzazione scolastica alla regolazione delle acque, nonché rettore dell'Università per un biennio. Continuò ad occuparsi intensamente di botanica: nel 1833 pubblicò Description des Hydroleacés, tra il 1834 e il 1842 tre memorie sulle Convolvulaceae orientali (a proposito delle quali corrispose con Torrey), nel 1844 note sulle Convolvulaceae brasiliane, nel 1848 sulle Nyctaginaceae, infine, dopo il pensionamento, sulle Guttiferae, le Ternostroemiaceae e le Theaceae (1858). Parte di queste memorie, a partire dal 1824, confluirono nel Prodromus, in cui curò sette famiglie: Hypericineae, Guttiferae, Marcgraviaceae, Selaginaceae, Convolvulaceae, Hydroleaceae, Nyctaginaceae. Fu anche membro del consiglio di amministrazione dell'orto botanico ginevrino. Dopo l'allontanamento dall'insegnamento con una modesta pensione, intensifico l'attività pastorale; pubblicò alcune delle sue conferenze o sermoni in Conférences, ou Discours sur les influences sociales du christianisme (1848). Alphonse de Candolle ricorda anche alcuni viaggi, in Germania e in Inghilterra (uno dei suoi figli era pastore della Chiesa svizzera a Londra) dove visitò i giardini di Kew e incontrò Hooker. Gli ultimi anni furono funestati da una serie di malattie, da cui cercò di trovare sollievo con un soggiorno nel clima più favorevole di Pau; ma qui lo colse una congestione cerebrale che lo portò alla morte non molto tempo dopo il suo rientro a Ginevra, nel 1859, ad appena sessant'anni. ![]() Il profumatissimo arancio messicano Furono il lavoro giovanile sulle Hypericaceae e l'amicizia con Kunth a guadagnare a Choisy la dedica del genere Choisya (voi come lo pronunciate? com'è scritto, come se fosse una parola latina, o alla francese, tenendo conto del cognome del dedicatario?), con una sinteticissima motivazione: "Genere consacrato a J. D. Choisy, ginevrino, autore di una lucidissima monografia sulle Hypericaceae". L'aggettivo ci ricorda una qualità di Choisy sottolineata anche da Alphonse de Candolle: la chiarezza di parola e la lucidità di pensiero in tutte le sue attività, come predicatore, professore, botanico. Choisya Kunth è un piccolo genere della famiglia Rutaceae che comprende sei specie di arbusti sempreverdi diffusi tra gli Stati Uniti meridionali e il Messico, noti con il nome comune "arancio messicano" (i fiori in effetti ricordano da vicino quelli dell'arancio sia per la forma sia per il profumo). Hanno foglie aromatiche, palmato-composte, coriacee e lucide; i fiori, raccolti solitari e ascellari o raccolti in racemi terminali, hanno quattro-cinque petali bianchi a stella, numerosi stami gialli e un unico stimma verde. Non aspettatevi però arance: i frutti coriacei, divisi in due-sei capsule, non sono commestibili. In giardino la specie più nota è senza dubbio C. ternata. Originaria del Messico, è un piccolo arbusto dal portamento naturalmente arrotondato e dalle dimensioni contenute; fiorisce a fine aprile-maggio e talvolta ripete la fioritura in estate, ma è gradevole tutto l'anno per il fogliame lucido verde chiaro, I fiori gradevolmente profumati sono graditissimi alle api e agli altri impollinatori. Nonostante sia coltivato nei giardini europei da circa duecento anni, è molto stabile; se ne conosce una sola varietà, 'Sundance', uno sport con fogliame giallo oro scoperto in un vivaio inglese nel 1979. Le novità sono arrivate piuttosto dalle ibridazioni. A partire dalla fine degli anni '80 del Novecento, il vivaista inglese Peter Moon ha incominciato a incrociare C. ternata con la più rustica C. arizonica (spesso indicata con il sinonimo C. dumosa var. arizonica), caratterizzata da foglie palmate con sette foglioline molto strette ed allungate, forte resistenza al caldo e all'aridità, nonché alle basse temperature. Il primo risultato fu 'Aztec Pearl', commercializzata a partire dal 1989, estremamente fiorifera e dal portamento allargato e compatto. A questi ibridi è stato assegnato il nome botanico C. x dewitteana; altre creazioni di Moon sono 'White Dazzler' (Moon la commercializza con lo slogan 'Aztec Pearl è buona, White Dazzler anche meglio'), 'Goldfingers', con strette foglie giallo oro, 'Royal Lace', simile ma con portamento più compatto, 'Apple Blossom' con petali toccati di rosa. Anche 'Harrinora' è una creazione di Moon (il nome è ricorda i suoi genitori Harry e Nora), ma è un ibrido tra C. ternata e C. dumosa var. mollis; ha foglie grigio-verdi e richiede una protezione invernale. Botanica e indipendenza: i discepoli di Mutis, il movimento indipendentista e il genere Lozania30/6/2022 José Celestino Mutis morì l'11 settembre 1808. Non assistette dunque agli eventi che tra il 20 luglio 1810 e l'agosto 1819 portarono all'indipendenza del Vicereame della Nuova Granada, a partire dal 1831 Repubblica di Colombia. Vi ebbero invece un ruolo di primo piano molti dei suoi discepoli e collaboratori, a cominciare dal nipote Sinforoso Mutis e dal più noto di tutti, Francisco José de Caldas. Sorge spontanea la domanda: la Real Expedición Botánica ebbe anche un contenuto politico? Fu un covo di cospiratori (dal punto di vista spagnolo) o di patrioti (dal punto di vista colombiano)? Gli storici tendono ad escluderlo, sottolineando che le idee di emancipazione, più che nei laboratori della Casa della Botanica, nacquero nelle aule universitarie e nei circoli letterari frequentati anche dai giovani intellettuali creoli reclutati dalla spedizione. Da Mutis però essi furono educati al pensiero libero e rigoroso, al metodo scientifico, agli ideali illuministi, e certo anche la partecipazione alla spedizione rafforzò in loro la coscienza della diversità americana non solo dal punto di vista della natura. Così, allo scoppio dell'insurrezione, guidata da intellettuali come loro, li troviamo in prima fila; una scelta che molti pagarono con la vita. Come naturalista, più di uno ha avuto l'onore di essere ricordato da un genere botanico, ma rimane valido solo Lozania, dedicato a Jorge Tadeo Lozano, zoologo della spedizione e primo presidente della Repubblica di Cundinamarca. ![]() Quale fu la culla dell'indipendenza? A partire dal 1808, in seguito all'occupazione francese della Spagna, le colonie dell'America latina si trovarono isolate dalla madrepatria e le élites creole approfittarono del vuoto di potere per proclamare l'indipendenza. Inizia così un tumultuoso susseguirsi di eventi che, tra guerra tra spagnoli e insorti e guerre civili, si protrarrà fino ai primi anni '30 e sfocerà nella nascita dei paesi latino-americani. Nel Regno di Nuova Granada la rivolta iniziò il 20 luglio 1820. Era venerdì, giorno di mercato e di grande affluenza nella piazza principale di Santa Fé di Bogotà; facendo leva sulle tensioni latenti tra spagnoli e "americani", un gruppo di agitatori riuscì a provocare un'insurrezione che la sera stessa portò alla creazione di una Giunta suprema di governo e alla proclamazione dell'Indipendenza. La giornata era stata attentamente pianificata da un gruppo di intellettuali creoli di idee liberali che da qualche tempo si riunivano in un luogo insospettabile: l'Osservatorio voluto da José Celestino Mutis e diretto dal più noto dei suoi discepoli, Francisco José de Caldas, che fu anche coinvolto negli incidenti del 20 luglio. Tra i firmatari dell'Atto di indipendenza e membri della Giunta suprema anche altri provenivano dalle file della Real Expedición Botánica; José María Carbonell che ne era lo scrivano; Jorge Tadeo Lozano, che dirigeva le ricerche zoologiche; Sinforoso Mutis Consuegra, nipote di Mutis e direttore del ramo botanico della spedizione dopo la morte dello zio. Più tardi si sarebbe unito agli indipendentisti anche il capo dei pittori della spedizione e "maggiordomo" di Mutis, Salvador Rizo Blanco. Ne dobbiamo concludere che la spedizione fu la culla del movimento indipendentista? Non in modo diretto, ma certamente l'insegnamento di Mutis ne gettò le basi, educando un'intera generazione al pensiero scientifico e agli ideali illuministi e aprendola alle nuove idee che venivano dall'Europa. Come notò con stupore Humboldt, l'ambiente intellettuale del vicereame era vivacissimo; a Santafé di Bogotà si pubblicavano diversi giornali; si traducevano libri europei; c'erano circoli letterari e associazioni culturali in cui si incontravano giuristi, giornalisti, scienziati e altri intellettuali e si discutevano appassionatamente idee di riforma. In qualcuna di queste tertulias, come erano chiamate, circolavano idee decisamente radicali; è il caso del Casino Literario che si riuniva a casa di Antonio Nariño (anche lui un ex allievo di Mutis al Colegio del Rosari) ed era frequentato da latri "rosaristi" come Lozano; tra gli habitué uno dei più stretti collaboratori di Mutis, il botanico Francisco Antonio Zea, e il giovanissimo Sinforoso Mutis. La vera culla del movimento indipendentista, dunque, più che la spedizione stessa, furono i collegi universitari e i circoli intellettuali. La posizione personale di Mutis era moderata e prudente e nelle sue lettere traspare grande preoccupazione per le frequentazioni pericolose del nipote e di Zea. La sua vera rivoluzione, è stato scritto, non fu politica, ma scientifica ed educativa. La preoccupazione del sapiente Mutis era più che fondata. Nel 1794 Nariño tradusse e pubblicò clandestinamente la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino; contemporaneamente sui muri di Bogotà comparvero manifesti (pasquinas, ovvero pasquinate) che denunciavano l'oppressione spagnola e inneggiavano alla libertà, presumibilmente opera di studenti dei Collegi del Rosario e di San Bartolomé. La repressione colpì duro: sia Nariño sia altri membri del circolo vennero arrestati, inclusi Zea e Sinforoso, che insieme a lui furono tradotti al carcere del Castillo de San Sebastián di Cadice; mentre Nariño riuscì a evadere quindi a raggiungere la Francia, Zea e Sinforoso rimasero agli arresti fino al 1799. Prima di tracciare un breve profilo dei collaboratori e discepoli di Mutis coinvolti nel movimento indipendentista, riassumiamo brevemente le vicende di quest'ultimo. Gli anni tra il 1810 e il 1814 furono caratterizzati da un duplice conflitto: da una parte, la guerra d'indipendenza contro gli spagnoli, dall'altra la guerra civile tra le due autoproclamate repubbliche delle Provincias Unidas de la Nueva Granada e dell'Estado Libre e Independiente de Cundinamarca, la prima decisamente federalista, la seconda tendenzialmente centralista. Nel 1814, per ordine del Congresso delle Province unite, Bolivar conquistò la capitale, costringendo Cundinamarca a unirsi alle altre province. Anche queste divisioni favorirono la ripresa realista; nel 1815 il generale Morillo invase il paese e nel 1816 mise fine all'effimera repubblica, scatenando una pesantissima repressione contro i patrioti colombiani, con centinaia di condanne a morte; tra i caduti i protagonisti di questa storia: José María Carbonell, Jorge Tadeo Lozano, Salvador Rizo Blanco e Francisco José de Caldas. Sinforoso Mutis invece ebbe salva la vita; vedremo più avanti perché e come. ![]() Dalla spedizione alla politica Iniziamo con un non scienziato, José María Carbonell (1778 - 1816); nato a Bogotà, studiò al Colegio Mayor de San Bartolomé, quindi fu assunto come scrivano della Expedición Botánica. Il suo compito era trascrivere i materiali necessari; probabilmente fu lui a ricopiare per la stampa l'opera postuma di Mutis El arcano de la quina. Durante la giornata del 20 luglio 1810 fu tra i più attivi soprattutto nel coinvolgere gli strati più popolari; acceso centralista, durante la Repubblica occupò diversi incarichi: primo presidente della Giunta, capitano delle milizie di fanteria, ufficiale maggiore cassiere, contabile e tesoriere del Tesoro di Cundinamarca. Al momento della repressione la sua condanna fu senza appello: definito da Morillo "uno degli uomini più preversi e crudeli che si siano segnalati tra i traditori", venne impiccato il 19 giugno 1816. Jorge Tadeo Lozano (1771-1816) apparteneva a una famiglia nobile, una delle più prestigiose e influenti del vicereame; ricevette un'approfondita educazione, quindi studiò letteratura, filosofia e medicina al Collegio del Rosario, dove fu allievo di Mutis. Inizialmente abbracciò la carriera militare e combatté contro la Francia nella Guerra dei Pirenei; approfittò del soggiorno a Madrid anche per studiare matematica e chimica presso il Real Laboratorio de Química e viaggiò in Europa, vivendo per qualche tempo a Parigi. Al suo ritorno a Nuova Granada nel 1797, divenne un membro attivo dei circoli letterari, in particolare del Casino di Nariño. Nel 1801 fondò il settimanale Correo curioso, erudito, económico y mercantil de la ciudad de Santafé de Bogotá, in cui propugnò tra l'altro la fondazione di una Società patriottica. Nel 1802, su proposta di Mutis, ottenne la cattedra di chimica al collegio del Rosario e gli succedette in quella di matematica; resse le due cattedre fino al 1806, quando fu aggregato alla Real Expedición Botánica come zoologo. Indirizzò i suoi studi sugli anfibi e i rettili, pubblicando nel 1810 Memoria sobre las Serpentes e diversi saggi sul Semanario, tra cui l'inizio di un'annunciata Fauna cundinamarqiesa. Poi la politica travolse anche lui. Dopo la proclamazione dell'indipendenza, fu nominato presidente della commissione incaricata di redigere la nuova costituzione: il risultato fu la Constitución de Cundinamarca, che trasformava lo stato in una monarchia costituzionale. Nell'aprile 1811 fu eletto primo presidente della Cundinamarca, ma dopo pochi mesi fu costretto alle dimissioni in seguito a una campagna di discredito orchestrata da Nariño. Ritornò ai suoi studi ma non abbandonò del tutto la politica; nel 1814 fondò un secondo giornale di orientamento più politico, Anteojo de Larga Vista, e nel 1815 prese parte al Congresso generale della Nuova Granada come deputato della provincia del Chocó. La posizione relativamente defilata e le idee moderate non gli salvarono la vita: anche lui fu condannato a morte e fucilato alla schiena il 6 luglio 1816. Porta il suo nome l'Universidad Jorge Tadeo Lozano, un ateneo privato di Bogotà. Con Salvador Rizo Blanco (1760-1816) andiamo al cuore della Real Expedición Botánica. Mutis lo incontrò nel 1784, quando Rizo lavorava come disegnatore per un ingegnere stradale. Notando le eccellenti qualità del suo tratto, lo portò con sé a Mariquita per farne il primo pittore della spedizione. Era abile, fedele, infaticabile; Mutis gli affidò non solo la direzione del laboratorio di pittura, ma anche quella che chiamava "mayordomia", ovvero l'amministrazione e l'organizzazione finanziaria della spedizione. Quale fosse il suo lavoro, e quanto centrale, lo spiegò egli stesso in un memoriale rivolto al Viceré qualche anno dopo: "Erano affidate a me la riscossione delle rendite destinate alla spedizione e le spese ordinarie; incarichi, viaggi, escursioni botaniche, tutto passava per le mie mani. Allo stesso tempo disegnavo e coloravo le tavole della Flora che mi erano state affidate, e cercavo di dare la maggiore perfezione possibile a quelle curate da altri artisti venuti da Quito; ho trasmesso i miei principi ai giovani che mi erano stati affidati, creando a tal fine una scuola". Tra i disegni della spedizione si conservano 140 tavole firmate da Rizo (probabilmente ne produsse molte di più senza firma); sebbene siano di qualità artistica inferiore rispetto a quelli dell'altro pittore principale, Francisco Javier Matís, si distinguono per la fedeltà al modello e il disegno sicuro. Fu anche un valido ritrattista: gli si devono un busto di Mutis e un ritratto di Cavanilles, dipinto in abito talare di profilo, mentre tiene davanti a sé la tavola botanica di Rizoa ovatifolia (la pianta che aveva dedicato a Rizo) e ne completa la descrizione. Mutis aveva tale fiducia in lui da nominarlo suo esecutore testamentario. Dopo la sua morte, Rizo riuscì a far completare oltre 200 tavole botaniche, ma dovette scontrarsi con l'ostilità della famiglia Mutis, con invidie e sospetti, che si fecero anche più pressanti dopo il 20 luglio; Nariño fece perquisire la sua casa con l'accusa di aver sottratto materiali e manoscritti, spingendolo ad abbandonare la città con la sua famiglia. Nel 1813 si arruolò nell'esercito delle Province unite sotto il comando di Bolivar, come Provveditore generale dell'Esercito. Nel dicembre 1814 tornò a Bogotà con Bolivar, e si trovò invischiato in una causa intentatogli dai suoi nemici che ribadiva l'accusa di furto di manoscritti e averi di Mutis. Si trovava dunque in città quando Murillo scatenò il terrore contro i patrioti. Arrestato, fu detenuto per cinque mesi, senza avere la consolazione di vedere riconosciuta la sua innocenza dai vecchi compagni di spedizione che pure condividevano la stessa sorte. Condannato a morte, fu fucilato il 12 ottobre 1816. ![]() Astronomo, botanico, ingegnere militare Tra i discepoli e collaboratori di Mutis il più noto è Francisco José de Caldas (1768-1816) che, come il suo mentore, si guadagnò il soprannome di "el sabio", il sapiente. Egli nacque a Popoyán, dove iniziò gli studi nel Seminario Mayor, dimostrando una particolare attitudine per la matematica. La famiglia voleva farne un avvocato; continuò dunque gli studi al Colegio del Rosario di Bogotà, laureandosi in legge nel 1793. Tornò a Popoyan e per qualche tempo divise il suo tempo tra l'avvocatura e i viaggi d'affari in Ecuador. Intorno al 1796 la lettura di alcuni testi della Spedizione geodetica all'equatore riaccese la sua passione scientifica; acquistò un barometro, due termometri e un ottante e approfittò dei suoi viaggi tra Popoyan e Quito per misurare l'altitudine e la latitudine di diverse località e raccogliere dati geografici ed astronomici. Tra il dicembre 1798 e il febbraio 1799, su richiesta della comunità di Timaná alle prese con alcuni problemi di confine, ne tracciò la carta e stabilì la latitudine basandosi su un'eclissi lunare. Si procurò un telescopio, costruì da se stesso altri strumenti, come uno gnomone e un quadrante, e creò una specie di osservatorio nel patio della casa di famiglia. Nel 1801, avendo letto sul Correo curioso di Lozano una stima scorretta dell'altezza dei monti Guadalupe e Monserrate, che egli stesso aveva misurato, rispose con un articolo di rettifica che fu pubblicato e cominciò a farlo conoscere al di fuori dell'ambiente provinciale. I suoi amici di Bogotà ne approfittarono per fare il suo nome a Mutis; tra i due iniziò una corrispondenza. Nel maggio di quell'anno Caldas fece la sua più importante scoperta; scoprì che, poiché la temperatura a cui bolle l'acqua varia con l'altitudine, essa può essere utilizzata con notevole precisione per stabilire l'altitudine stessa, senza altri strumenti che un termometro. A tal fine elaborò una formula matematica e costruì un apposito termometro ipsometrico. Il 4 novembre di quel memorabile 1801 Humboldt e Bompland, dopo aver trascorso diversi mesi a Bogotà accolti da Mutis, arrivarono a Popoyán. Il barone aveva letto l'articolo di Caldas sul Correo Curioso che lo aveva stupito per la grande esattezza, aveva sentito parlare di lui dai suoi amici di Bogotà, ed era ansioso di incontrarlo ma el sabio non era in città: era a Quito ad occuparsi di affari di famiglia. Humboldt visitò però il padre di Caldas che gli mostrò i quaderni del figlio. L'incontro tra i due scienziati sarebbe avvenuto l'ultimo giorno dell'anno a Ibarra in Ecuador. Quindi viaggiarono insieme fino a Quito, confrontandosi e discutendo di molti argomenti scientifici. Per l'autodidatta Caldas fu quasi un corso d'aggiornamento accelerato: Humboldt gli mostrò i suoi quaderni di campo, gli insegnò nuovi metodi per misurare l'altitudine e come usare l'ottante. Tra febbraio e marzo 1802 per 37 giorni i tre naturalisti lavorarono insieme a Chillo. Caldas fece escursioni botaniche con Bompland e misurazioni trigonometriche con Humboldt. A questo punto avrebbe voluto con tutte le forze unirsi ai due europei, ma il progetto fu respinto dal tedesco, nonostante la raccomandazione di Mutis. Svanito questo sogno, fu proprio Mutis a invitarlo a partecipare alla spedizione botanica. Gli chiese in particolare di studiare le piante utili, soprattutto le varie specie di Cinchona dell'Ecuador. Caldas accettò con entusiasmo e per qualche anno, da astronomo, divenne botanico. Tra il 1802 e il 1805 esplorò intensamente la flora della regione, sempre prendendo note accuratissime sui luoghi di crescita e gli eventuali usi; nel 1802 viaggiò da Ibarra a Imbabura, nel 1803 da Ibarra al Pacifico, nel 1804, di nuovo alla ricerca delle piante di china, visitò Latacunga, Ambato, Cuenza e Loja; nel 1805 ritornò a Popayán e da qui Bogotá, con un bottino di più di 6000 fogli di erbario. In tal modo la Real Expedición Botánica si allargò all'Ecuador. Al suo arrivo a Bogotà, Mutis lo incaricò di dirigere l'appena inaugurato Osservatorio astronomico. Anche se ormai si sentiva più botanico (stava lavorando a una Fitogeografia dell'Ecuador, in cui era giunto a conclusioni simili a quelle di Humboldt sulla distribuzione altimetrica delle piante), egli si gettò con tutta l'impulsività della sua natura anche in questa avventura stabilendo un programma regolare di osservazioni astronomiche, geografiche e meteorologiche; inoltre fondò e redasse un giornale scientifico El semanario del Nuevo Regno de Granada sul quale vennero pubblicati articoli suoi e di altri membri della spedizione nonché traduzioni dal francese di Lozano. Per la botanica, di particolare importanza la pubblicazione di una serie di nuovi generi stabiliti da Mutis, ma mai pubblicati. Abbiamo già visto che si trovò al centro degli eventi del 20 luglio, anche se forse aveva ospitato i congiurati nel suo alloggio all'osservatorio più per amicizia che per convincimento politico. Ancora una volta cambiò totalmente vita e rivolse il suo genio alla fabbricazione di armi e all'allestimento di fortificazioni: nel 1811 fu nominato capitano del corpo degli ingegneri militari e dal 1812 fu promosso tenente colonnello. Nel 1813, avendo partecipato a un tentativo di deporre Nariño, si rifugiò a Antioquia dove fu ancora ingegnere militare con il grado di colonnello. Tra il 1813 e il 1814 si occupò delle fortificazioni del fiume Cuaca e della creazione di una polveriera e di una fabbrica di fucili. Nel 1815 il presidente Camilo Torres gli chiese di fortificare Bogotà in vista dell'attacco spagnolo e lo incaricò di dirigere la Scuola militare. Quando gli spagnoli invasero il paese, tentò la fuga ma fu catturato e anche lui condannato a morte. Si racconta che nel sentire la sentenza egli stesso o i presenti facessero appello a Morillo oppure a Pascual Enrile y Acedo (esistono varie versioni) perché fosse risparmiata la vita a quel sapiente. La risposta fu: "La Spagna non ha bisogno di sapienti". Come gli altri patrioti, fu fucilato alla schiena come traditore. ![]() La fine della spedizione L'unico a sfuggire a questo destino fu Sinforoso Mutis Consuegra (1773-1822); era uno dei tre figli di Manuel Mutis Bosio, fratello di José Celestino, e della colombiana María Ignacia Consuegra. Quando il padre morì, aveva solo tredici anni e lo zio si fece carico della sua educazione, affidandolo a un altro ex membro della spedizione, Juan Eloy Valenzuela, parroco a Bucaramanga. Sinforoso poi studiò al Colegio del Rosario dove seguì i corsi di Filosofia naturale in cui si studiava matematica, fisica, astronomia e scienze naturali. Nel 1791, proprio nel momento in cui la sua sede veniva spostata da Mariquita a Santafé, fu aggregato alla spedizione come disegnatore apprendista; si dimise nel 1793 per riprendere gli studi di legge al Colegio del Rosario. Fu probabilmente in queste circostanze che incominciò a frequentare gli ambienti "sovversivi" e finì implicato nell'affare delle pasquinate. La brutta avventura ebbe però anche risvolti positivi: nel 1799 il carcere fu mutato in arresti domiciliari, il che gli permise di frequentare il corso di botanica tenuto nell'Ospedale reale di Cadice da Francisco Arjona. Finalmente amnistiato, fu reintegrato nella spedizione e gli fu concesso di approfondire gli studi di botanica all'orto botanico di Madrid seguendo le lezioni di Miguel Barnades junior e lavorando accanto a Cavanilles, Nel 1802 ritornò a Bogotà; Mutis lo inviò a studiare la flora di Cartagena de Indias, quindi a Cuba in una missione tanto scientifica quanto commerciale: doveva infatti vendere la corteccia di china, ma anche raccogliere piante e riportare nella colonia il vaccino contro il vaiolo. Rientrò a Bogotà nell'agosto 1808, appena due settimane prima della morte dello zio. Nel testamento scientifico di quest'ultimo non veniva indicato un direttore della spedizione, ma piuttosto un triumvirato: Rizo avrebbe continuato a dirigere il lavoro dei pittori, Caldas si sarebbe occupato dell'osservatorio e Sinforoso sarebbe stato il direttore scientifico per la botanica, con il risultato che al momento furono tutti scontenti, soprattutto Caldas che si aspettava da Mutis la consacrazione a suo successore. L'incarico venne confermato a Sinforoso dal viceré nel febbraio 1809. Egli si concentrò sul completamento e nella pubblicazione del libro sulle piante di china di suo zio, integrato con le scoperte di altri membri della spedizione, soprattutto Caldas. Giunse a un accordo con quest'ultimo, riconoscendogli la priorità sulla pubblicazione delle piante dell'Ecuador; entrambi contavano di continuare, concludere e pubblicare la Flora di Bogotà. Sinforoso dedicò qualche mese a fare un inventario dei materiali, poi pubblicò sul Semanario una memoria sulla spedizione e diverse nuove piante; nel numero seguente altre furono pubblicate da Caldas, che sigillò la pacificazione con la dedica del genere Consuegria. Si era ormai nel 1810 e anche Sinforoso finì nel vortice della politica. Dopo il 20 luglio, fu nominato deputato del popolo e membro della Giunta suprema e come tale firmò l'Atto di Indipendenza. Nel 1811 fece parte della commissione che redasse la Costituzione della Repubblica di Cundinamarca. Nel 1812 riprese la direzione della spedizione, anche se ormai le ricerche erano bloccate da tempo e il gruppo dei pittori si era dissolto con la partenza di Rizo. Nel novembre del 1814 il governo gli affidò l'inventario della parte botanica della spedizione; grazie a questa fortunata circostanza, in materiali si salvarono dal saccheggio dell'Osservatorio e della Casa della Botanica invasi dai soldati di Bolivar. Nel 1816 anche lui fu accusato di sedizione e incarcerato nel Colegio del Rosario; qui dovette occuparsi di allestire e imballare i materiali della spedizione per l'invio a Madrid, con l'aiuto del pittore Francisco Javier Matís. Il gravoso (e doloroso) compito, insieme al nome di suo zio e alla sua origine spagnola, probabilmente gli salvò la vita: anziché essere condannato a morte come i suoi compagni, gli furono comminati due anni di carcere e l'esilio a Panama. Nel 1817 in seguito a indulto reale, fu confinato a Cartagena. Solo nel 1821 poté tornare a Bogotà con la sua famiglia e fu nominato deputato dell'Assemblea costituente da cui doveva nascere la Repubblica di Colombia. Tuttavia, ormai minato nella salute, morì l'anno dopo a soli 49 anni. ![]() Generi per quattro naturalisti Ad eccezione di Carbonell che come abbiamo visto non era un naturalista, tutti gli altri hanno avuto l'onore di dare il loro nome ad almeno un genere botanico, anche se uno solo è oggi accettato. Si tratta di Lozania che fu pubblicato sul Semanario del Nuevo Reino de Granada da Caldas, rispettando la volontà di Mutis. E' uno dei due generi della piccola famiglia Lacistemataceae (l'altro è appunto Lacistema) e gli sono attribuite cinque specie di piccoli alberi o anche arbusti distribuiti nel Centro America meridionale (dal Nicaragua a Panama), nel sud America tropicale (dal Venezuela alla Bolivia) e nella regione amazzonica occidentale, dove tipicamente crescono nel sottobosco delle foreste umide fino a 2400 m di altitudine. Hanno foglie alternate, da ellittiche a obovate, e infiorescenze terminali raccolte in racemi. I fiori minuscoli (circa un mm) consistono in un disco munito di sepali e di un unico stame che si divide in due antere. Il frutto è una capsula che si apre in tre valve e contiene un singolo seme circondato da un arillo. Come ho anticipato, fu invece Cavanilles a dedicare a Rizo Rizoa (oggi sinonimo di Clinopodium). A Caldas (e la cosa non stupisce, visto che era l'unico ad avere una reputazione internazionale) sono stati dedicati ben tre generi Caldasia, nessuno dei quali è però oggi accettato; in ordine cronologico, il primo giunse già nel 1806 da Willdenow, direttore dell'orto botanico di Berlino, a cui le attività scientifiche del sabio Caldas erano note grazie a Humboldt (oggi è sinonimo di Bomplandia); quindi lo stesso Caldas pubblicò ancora sul suo Semanario l'omonimo genere che gli era stato dedicato da Mutis (oggi sinonimo di Helosis); infine nel 1821 fu la volta dello spagnolo Lagasca, che intese così anche riabilitare la memoria del naturalista fucilato alla schiena come traditore dai suoi compatrioti (oggi sinonimo di Chaerophyllum). Concludiamo la rassegna con un ultimo genere valuto da Mutis e pubblicato da Caldas, Consuegria; non solo non è valido, ma di incerta sede, ovvero non identificato. |
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Da gennaio è in libreria La ragione delle piante, che costituisce l'ideale continuazione di Orti della meraviglie. L'avventura delle piante continua! CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2023
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