Allievo preferito del celebre botanico sistematico Adolf Engler, Ludwig Diels ne divenne assistente e successore. Resse il Museo e l'orto botanico di Berlino in anni difficili, dall'inizio degli anni '20, quando ancora si facevano sentire le conseguenze della Prima guerra mondiale, alla fine del secondo conflitto, passando per gli anni del nazismo. Con il regime ebbe una relazione ambigua, forse l'unica possibile per chi non volesse prendere la strada dell'esilio, magari nell'intento di salvare il salvabile dell'istituto. Intento inutile: tra le vittime della guerra, va infatti annoverata anche la gloriosa istituzione, totalmente distrutta prima dalle bombe poi dai combattimenti della battaglia di Berlino. Prostrato dal dolore, Diels morì pochi mesi dopo. L'importanza del suo contributo alla sistematica e alla fitogeografia è sottolineata dai ben 12 generi che gli furono dedicati, sei dei quali accettati. Due li condivide con altri botanici e li abbiamo già incontrati. E' ora di conoscere gli altri quattro. ![]() La carriera di un botanico: la formazione Nella notte del 1 marzo 1943 il quartiere Dahlem di Berlino fu pesantemente bombardato dagli alleati. Una bomba al fosforo colpì il Museo botanico, collocato nelle adiacenze dell'orto botanico; al mattino lo spettacolo era devastante: l'intera ala orientale era bruciata, e con essa erano andati in fumo la biblioteca e gran parte dell'erbario. L'incendio si era propagato alla parte centrale, distruggendo uffici e laboratori; si erano salvati solo i sotterranei e l'ala occidentale. Per capire la portata del disastro, bisogna ricordare che il Museo botanico di Berlino-Dahlem era una delle istituzioni botaniche più importanti del mondo, con circa 4 milioni di esemplari d'erbario. All'inizio della guerra erano stati spostati in luoghi sicuri l'erbario di Willdenow e la collezione di crittogame, ma il resto era ancora nell'edificio. Solo gli esemplari collocati nelle zone non toccate dall'incendio si salvarono, forse circa un dieci per cento del totale. La portata del disastro fu così espressa dal botanico statunitense Merrill: "La perdita dell'erbario di Berlino è una catastrofe di dimensioni maggiori nel mondo della botanica [...]. Questo erbario, uno dei più grandi e più importanti del mondo, conteneva le collezioni storiche di base della Germania, eccetto quelle di Monaco. Migliaia e migliaia di esemplari tipo provenienti da tutte le parti del mondo sono andati distrutti". Nei mesi successivi, frammenti di bombe danneggiarone le serre (anch'esse tra le più grandi e importanti del mondo), dove già molte delle piante più delicate erano perite per l'impossibilità di provvedere al riscaldamento. Durante la battaglia di Berlino (16 aprile - 2 maggio 1945), una batteria di obici fu collocata proprio di fronte all'orto botanico che durante gli ultimi giorni della disperata resistenza della Wehrmacht si trasformò letteralmente in un campo di battaglia con le aiuole sventrate dalle trincee e dai carrarmati. Dopo la resa, della gloriosa istituzione non rimaneva quasi nulla. Il giardino stesso passò sotto amministrazione alleata e nelle sue aiuole invece di fiori si coltivarono patate e altri verdure. Al direttore del Museo e dell'orto botanico, (Friedrich) Ludwig (Emil) Diels (1874-1945) toccò di assistere impotente a tanta distruzione. Tra gli esemplari bruciati nel raid, c'erano anche quelli che aveva raccolto lui stesso in Sudafrica, in Australia, in Ecuador. Non resse al colpo: sarebbe morto poco dopo la fine della guerra, nel novembre 1945. Aveva diretto l'istituzione per un ventennio, in tempi difficili, e in un certo senso era egli stesso un'istituzione. Ludwig Diels proveniva da una famiglia di intellettuali; il padre Hermann Alexander Diels era un illustre filologo classico, celebre per aver pubblicato i frammenti dei filosofi presocratici; uno dei suoi fratelli, Otto Diels, nel 1950 avrebbe vinto il Nobel per la chimica. Ludwig nacque ad Amburgo, ma la famiglia si trasferì a Berlino nel 1882 quando il padre ottenne la cattedra all'università Humboldt, e nella capitale compì tutti i suoi studi. Interessato alle scienze naturali fin dall'infanzia, si iscrisse alla facoltà di scienze naturali dell'università Humboldt dove studiò geografia con von Richthofen e botanica con Adolf Engler, e affinò le sue capacità di ricerca sul campo con spedizioni in Germania, soprattutto nelle Alpi. Determinante fu l'influsso di Engler che, oltre ad insegnare botanica, era il direttore del Museo e dell'orto botanico. Pioniere della fitogeografia e creatore di un influente sistema di classificazione naturale, egli indirizzò Diels verso questi campi di ricerca e gli aprì l'accesso alle collezioni del Museo. Basandosi su di esse e sulla corrispondenza con botanici neozelandesi, nel 1897 Diels si laureò con una tesi sulla flora della Nuova Zelanda (Vegetations-Biologie von Neu‑Seeland). Allo stesso anno risalgono i suoi primi articoli su "Botanische Jahrbücher für Systematik", la rivista diretta da Engler, dedicati principalmente alle flore africana e cinese. Negli anni successivi, Diels collaborò strettamente con il suo maestro, con il quale scrisse la trattazione delle Combretaceae e delle Annonaceae della monumentale serie Monographien Afrikanischer Pflanzen-Familien und -Gattungen. Inoltre scrisse la trattazione delle felci Eufilicineae di Die natürlichen Pflanzenfamilien, diretta da Engler e Prantl. Nel 1900 ottenne l'abilitazione e fu assunto al Museo come assistente. Egli desiderava studiare la flora della Nuova Zelanda sul campo e sottopose un progetto di spedidizone alla fondazione Humboldt, che decise di finanziarlo. Così, come ho raccontato in questo post, al quale rimando per la spedizione, tra il 1900 e il 1902 visitò insieme all'amico Ernst Pritzel il Sudafrica e l'Australia, raccogliendo un numero impressionante di campioni d'erbario. ![]() La carriera di un botanico: dai successi alla catastrofe Dopo il ritorno dall'Australia, la carriera di Diels proseguì in modo brillante. Il primo compito fu pubblicare insieme a Pritzel le raccolte australiane in Fragmenta Phytographiae Australiae Occidentalis (1904-05). Risale al 1906 la pubblicazione di Die Pflanzenwelt von West-Australien südlich des Wendekreises, considerato il suo capolavoro, in cui descrisse in dettaglio la vegetazione, le formazioni ecologiche e la distribuzione geografica delle piante dell’Australia occidentale. Si tratta della prima descrizione scientifica completa della vegetazione di quell'area. Lo stesso anno pubblicò la trattazione delle Droseracae in Das Pflanzenreich di Engler, seguita nel 1910 da quella delle Menispermaceae. Nel 1906 divenne professore associato dell'Università di Marburg, dove si trasferì con la moglie Gertrud Biesenthal. Gli otto anni successivi furono di felicità familiare (la giovane coppia ebbe tre figli, un bimbo e due bimbe) e di intenso lavoro, dedicato sia alla sistematica sia allo studio dell'interessante flora dell'Hangelstein, un rilievo non lontano da Gießen. Diels pubblicò inoltre diversi articoli sulle piante raccolte in Cina da Forrest (Plantae Forrestianae, 1911-1913). Ma già nel 1914 tornò a Berlino, per prendere il posto di Urban come assistente direttore del Museo e dell'orto botanico. Una ferita riportata durante un'escursione sulle Alpi gli risparmiò la partecipazione alla Prima guerra mondiale. Nel 1921, in seguito al pensionamento di Engler, gli succedette come professiore di botanica sistematica e direttore del Museo e del giardino; nel 1928 ottenne il titolo di direttore generale che avrebbe conservato fino alla morte. Raccolse l'eredità di Engler anche come direttore di "Botanische Jahrbücher für Systematik", Syllabus der Pflanzenfamilien e Das Pflanzenreich. Non era un periodo facile. In seguito alla sconfitta nella guerra, la Germania aveva perso tutte le colonie, mettendo di fatto fine alle spedizioni botaniche organizzate dal Museo di Dahlem; la crisi economica aveva ridotto anche i finanziamento per l'orto botanico, portando a un'importante riduzione del personale. I fondi erano però ricchissimi e fornirono abbondanti materiali a Diels per i suoi studi sulla flore dell'Africa, della Nuova Guinea e delle isole del Pacifico. Come direttore del Museo, promosse la riorganizzazione dell'erbario secondo criteri più moderni e sotto la sua guida l'istituzione mantenne il suo ruolo centrale per la sistematica e la fitogeografia. Diels era certamente il botanico tedesco più noto all'estero; membro o membro corrispondente di molte società scientifiche in Europa, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, nel 1930, in occasione del congresso internazionale di botanica, svoltosi a Cambridge, ricevette la laurea honoris causa. Nel 1933, combinandolo con un tour di conferenze negli Stati Uniti, intraprese una spedizione in Ecuador, dove esplorò in particolare la zona amazzonica e la regione vulcanica del Mera. I risultati furono pubblicati in Beiträge zur Kenntnis der Vegetation und Flora von Ecuador (1937). Fu forse la sua ultima gioia. Alla perdita del figlio in un incidente aereo si sommò l'angoscia per la situazione politica. Diels non simpatizzava con il nazismo; molte fonti lo descrivono come distaccato e critico. Non prese mai la tessera del partito, né mai si espresse a favore del regime. Allo stesso tempo, come funzionario di un'istituzione che dipendeva dallo Stato, mantenne il suo posto, forse grazie al suo enorme prestigio internazionale. Probabilmente, come molti accademici del tempo, adottò una posizione di conformismo passivo, senza esporsi né a favore né contro. Quando dal museo e dall'orto botanico furono allontanati botanici e collaboratori di sinistra o ebrei, non prese le loro difese e non si oppose. Nel settembre 1944, ricevette dal Führer la medaglia Goethe per le arti e la scienza; tuttavia il riconoscimento non era necessariamente segno di adesione al regime: spesso era conferito per meriti scientifici anche a figure non allineate che davano prestitigio al Reich. Potrebbe essere proprio il caso di Diels, che come si è visto era il botanico tedesco più noto e prestigioso. Quell'anno compiva 70 anni, ed era psicologicamente provato dalla distruzione dell'erbario, al quale aveva ampiamente contribuito con le sue raccolte e che aveva studiato per una vita intera. La storia gli avrebbe imposto anche la distruzione totale del giardino, Ora vi riposa, in una tomba sormontata da un semplice cippo in pietra con il nome e le date di nascita e di morte, coronato di edera e circondato da felci e piante verdi. ![]() Una costellazione di generi per un grande botanico Durante la sua carriera, Diels pubblicò più di 3000 taxa, diede contributi essenziali alla sistematica di numerose famiglie e alla conoscenza delle flore di varie parti del mondo (dall'Australia alla Cina, dall'Africa alla Papuasia, dalle Alpi all'Amazzonia); si occupò di varie questioni di morfologia vegetale e di geografia delle piante, studiando la distribuzione, i confini dei regni floristici, la formazione e l'ecologia delle comunità vegetali. Accanto a quello fondamentale sulla flora dell'Australia occidentale, i suoi studi più originali e stimolanti sono quelli sull'adattamento di forme filogeneticamente acquisite, sulla relazione tra forme giovanili e mature, sulla distribuzione e la filogenesi delle specie delle foreste decidue. Non stupisce che un lavoro tanto profondo e tanto esteso abbia lasciato ampie tracce nella nomenclatura botanica. Sono quasi 150 i taxa che lo ricordano con l'eponimo dielsii (vorrei ricordare almeno l'australiano Eucalyptus dielsii e l'orchidea ecuadoregna Andinia dielsii) e circa altrettanti con l'eponimo dielsianus (dalla cinese Berberis dielsiana all'australiana Grevillea dielsiana), Quanto ai generi che lo onorano, sono non meno di 12, non un record ma quasi. Ne abbiamo già incontrati due, che condivide con altri botanici: Dielitzia, con l'amico e compagno di viaggio Ernst Pritzel; Friesodielsia con Robert Fries. Ad essi si aggiungono in ordine di apparizione il non valido Dielsina (1903, da Kuntze, famiglia Annonaceae); Dielsia (famiglia Restionaceae), dedicatogli da Gilg nel 1904; Dielsiocharis (famiglia Brassicaceae), dedica di O.E.Schulz, 1924;: un altro Dielsia, ovviamente non valido (è sinonimo di Isodon, Lamiaceae), dedicatogli da Kudo nel 1929; Dielsiochloa Pilg. (Poaceae, 1943), non valido; Dielsantha (Campanulaceae), dedica di Wimm, 1948; Dielsiothamnus (Annonaceae), dedica di Fries, 1955; il non accettaato Dielsiris, dedica di Crespo e altri, 2015. Indirettamente lo ricordano anche Neodielsia Harms e Sinodielsia H.Wolff, nessuno dei due valido. Non accettato anche il genere di funghi Dielsiella. Veniamo ora ai quattro generi accettati che lo celebrano da solo. Tutti piccolissimi (cinque specie in totale) ci faranno fare il giro del mondo, a ricordare l'estensione anche geografica delle ricerche di Diels. Dielsia fu pubblicato da Ernest Friedrich Gilg, all'epoca curatore del Museo botanico e uno dei principali collaboratori di Engler, nell'ambito di Fragmenta Phytographiae Australiae Occidentalis di Diels e Pritzel; costituisce dunque una sorta di riconoscimento del passaggio di testimone alla nuova generazione di botanici del Museo. Appartenente alla famiglia Restionaceae e assai vicino a Restio, comprende una sola specie, D. stenostachya, raccolta da Pritzel lungo lo Swan River. Endemico dell'Australia occidentale, è un'erbacea perenne che cresce nelle pianure stagionalmente allagate ai margini di zone umide. E' caratterizzato da crescita compatta (circa mezzo metro) e da fiori rosa. Ci porta invece nell'Asia centrale e sui monti dell'Iran settentrionale Dielsiocharis (Brassicaceae); di apetto simile al nostro alisso, riunisce due specie di piante rupicole dai bellissimi fiori gialli; la seconda parte del nome si riferisce infatti alle Chàrites, ovvero alle Grazie, dee della bellezza. Otto Eugen Schultz lo pubblicò nel vol. 86 di Das Pflanzenreich (Cruciferae-Sisymbrieae) con la semplice frase "Dedicato in onore del famosissimo botanico berlinese Ludwig Diels". All'epoca comprendeva una sola specie, D. kotschyi, che vive sulle rupi dei monti Elbruz tra Iran settentrionale e Turkemenistan. Raramente coltivata benché bellissima, si dice abbia deluso più di un cacciatore di piante perché è difficilissimo arrampicarsi sulle rupi scoscese che sono il suo habitat naturale. All'inizio del nostro secolo è venuta ad aggiungersi D. bactriana, precedentemente Arabidopsis bactriana; rarissimo, è noto praticamente solo da esemplari di erbario raccoltisui monti Kugifrush in Tagikistan. E' invece africano Dielsantha ("fiore di Diels"), dedica dello specialista di Lobelioidee Franz Elfried Wimmer; si tratta nuovamente di un genere monotipico, costituito unicamente da D. galeopsoides; il giovanissimo Diels l'aveva pubblicata come Lobelia galeopsoides nel lontano 1899. Nativa dell'Africa tropicale occidentale (Nigeria, Camerun, Congo-Brazzaville, Guinea equatoriale, Gabon, isole del golfo di Guinea) è un'erbacea gracile, con fiori tubolari da viola a lilla. Veniamo infine a Dielsiothamnus (famiglia Annonaceae), altro genere africano monotipico. La sua unica specie D. divaricatus anche in questo caso era stata inizialmente pubblicata da Diels, come Uvaria divaricata. Diffuso in Tanzania, Malawi e Mozambico, è un arbusto o un alberello con rami giovanili vellutati, foglie da glabre a pubescenti, fiori con sepali vellutati all'esterno, pelosi e grigiastri all'interno e petali giallo-brunastri. I frutti, cilindrici, dapprima verdi, poi gialli a maturazione, sono oleosi e presumibilmente non commestibili.
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Dei due giovani botanici dell'Università di Berlino che tra il 1900 e il 1902 esplorano in lungo e in largo l'Australia occidentale, muovendosi soprattutto in ferrovia e raccogliendo migliaia di esemplari, uno era destinato a diventare uno dei maggiori esponenti della sistematica tedesca, professore universitario e direttore dell'orto e museo botanico di Berlino, l'altro a una più modesta e oscura carriera di professore di scuola superiore. Sono Ludwig Diels e Ernst Pritzel, ricordati insieme dal genere monotipico australiano Dielitzia. ![]() Una profonda ricognizione della flora dell'Australia occidentale Il 30 ottobre 1900, provenienti dal Sudafrica, due giovani botanici tedeschi sbarcano a Fremantle, sulla costa dell'Australia occidentale, e danno inizio a un'intensa esplorazione botanica che si protrarrà per quattordici mesi. Si chiamano Ludwig Diels (1874-1945) e Ernst Pritzel (1875-1946). Il primo diverrà uno dei grandi nomi della botanica sistematica tedesca, e di lui sappiamo quasi tutto; il secondo, benché fosse indubbiamente un botanico di valore, non ha quasi lasciato traccia di sè al di fuori di poche pubblicazioni. I due, quasi coetanei, dovettero conoscersi all'università di Berlino, dove entrambi erano allievi di Engler. Il brillante Diels nel 1896 si laureò con una tesi sulla flora della Nuova Zelanda e divenne assistente di Engler con il quale pubblicò diverse monografie. Nel 1900, su "Botanische Jahrbücher für Systematik, Pflanzengeschichte und Pflanzengeographie", la rivista fondata e diretta da Engler, compare un suo ampio saggio sulla flora della Cina centrale che è anche la prima testimonianza della collaborazione con Pritzel, che firmò numerosi capitoli e pubblicò diverse nuove specie. Contemporaneamente Engler lo aveva coinvolto in Die Natürlichen Pflanzenfamilien, la grande opera collettiva consistente in una completa revisione delle famiglie di piante basata sul suo sistema tassonomico, affidandogli la trattazione delle Lycopodiaceae e delle Psilotaceae. Al momento della pubblicazione, nel 1902 nella quarta parte del I volume dell'opera, Diels e Pritzel si trovavano già in Australia. Infatti Diels, che come abbiamo visto aveva dedicato la tesi alla flora della Nuova Zelanda e aveva anche scritto diversi saggi su piante sudafricane basandosi su materiali del ricco erbario dell'orto botanico di Berlino, desiderava esplorare quelle flore dal vivo. Nel gennaio 1900 presentò il suo progetto alla Fondazione Humboldt che gli assegnò una borsa di studio che avrebbe coperto le spese del viaggio. Egli propose all'amico Pritzel di accompagnarlo e questi accettò: avrebbe pagato le proprie spese di tasca propria e si sarebbe rifatto vendendo a orti botanici e collezionisti i doppioni degli esemplari d'erbario. Alla fine dell'anno accademico Diels conseguì l'ablitazione e poche settimane dopo lasciò Berlino insieme a Pritzel. I due amici arrivarono al Capo nell'agosto 1900 e si trattenero in Sudafrica fino ad ottobre. Incontrarono il botanico di origine tedesca Rudolf Marloth e il famoso raccoglitore Harry Bolus, fodatore dell'omonimo erbario; grazie alle loro indicazioni, individuarono come zona di particolare ricchezza di endemismi le Hantam Mountains, che furono la loro prima meta. Quell'anno era stato ricco di piogge e poterono fare notevoli raccolte. Botanizzarono poi nei distretti di Clanwilliam, Vanrhynsdorp e Calvinia, esplorando la flora del Karoo, quindi si imbarcarono per l'Australia. Inizialmente l'obiettivo principale di Diels era la Nuova Zelanda, ma la flora estremamente ricca e diversificata dell'Australia occidentale lo spinse ai modificare i suoi piani. Il suo intento era giungere a una conoscenza profonda della distribuzione e dei diversi ambienti vegetazionali; anni dopo, inizierà il suo libro sulla flora australiana Die Pflanzenwelt von West-Australien südlich des Wendekreise con questa frase: “Nella nostra conoscenza del mondo vegetale dell'Australia occidentale c'è da tempo una strana incongruenza. Gli elementi floristici erano ben noti: d'altra parte non si sapeva nulla di come si inserissero nel quadro generale come vegetazione.” Di conseguenza i due amici viaggiarono il più possibile, dividendosi anche i compiti; Diels prendeva note accurate, Pritzel fotografava. Entrambi fecero raccolte imponenti: Diels raccolse 4700 esemplari, Pritzel 1200. Subito dopo l'arrivo, ottennero il permesso di erborizzare e un abbonamento ferroviario, che avrebbe permesso loro di coprire rapidamente lunghe distanze, e anche di tornare più volte nei luoghi di massimo interesse; ad esempio, fecero raccolte a cadenza quasi mensile attorno allo Swan River e al King Sound. E' stato osservato che i loro itinerari coincidono in gran parte con le linee ferroviarie esistenti all'epoca. Tuttavia si mossero anche su strada: nel marzo 1901 viaggiarono in tal modo dal Blackwood River alla costa sud via Lake Muir, quindi da Albany fino al Phillips River attraverso la Stirling Range e dai campi auriferi fino a Esperance. Nel marzo-aprile 1901 navigarono dal Pilbara a Roebourne e ad agosto fino a Carnarvon. Nei quattrodici mesi di permanenza nell'Australia occidentale, coprirono così gran parte del territorio, raccogliendo in media cento esemplari la settimana (cosa che dovette comportare non pochi problemi nell'essiccare correttamente gli esemplari, tanto più essendo costantemente in viaggio). Nel dicembre 1901, sempre in treno, si spostarono nell'Australia orientale e da qui in Nuova Zelanda, ma questa parte del loro viaggio non è documentata. Sulla via del ritorno, toccarono anche Giava, rientrando a Berlino nell'ottobre 1902. ![]() I destini si dividono Il primo resoconto sulle raccolte australiane fu scritto a quattro mani da Diels e Pritzel e pubblicato su "Botanische Jahrbücher Für Systematik, Pflanzengeschichte und Pflanzengeographie" nel 1904, sotto il titolo Fragmenta Phytographiae Australiae occidentalis. Beiträge zur Kenntnis der Pflanzen Westaustraliens, ihrer Verbreitung und ihrer Lebens- Verhältnisse. Nonostante la modestia del titolo latino, è un lavoro imponente di circa 600 pagine, con l'elenco e la descrizione di tutte le piante raccolte, accompagnate da molti dati ecologici. Le nuove specie sono 235. Alla fine del testo compare l'elenco delle oltre 1000 specie di cui Pritzel pone in venditi i duplicati, I due amici sarebbero poi tornati sulla flora australiana separatamente. Nel 1906 Diels pubblicò la fondamentale monografia Die Pflanzenwelt von West-Australien südlich des Wendekreise, in cui avrebbe classificato la flora dell'Australia sud-occidentale in due province floristiche, South-West e Eremaean, presentando di entrambe una dettagliata descrizione fioristica e ecologica e un'ampia classificazione delle formazioni vegetali. Invece Pritzel, più modestamente, avrebbe pubblicato in Repertorium Specierum Novarum Regni Vegetabilis di Fedde tre nuove specie dell'Australia occidentale nel 1911 e sedici specie dell'Austrlia centrale nel 1918. I destini dei due botanici avevano ormai preso strade diverse. Nel 1906 Diels ottenne una cattedra universitaria a Marburg, ma già nel 1914 tornò a Berlino come assistente direttore dell'orto botanico e del museo di Dahlem, e nel 1921, al pensionamento di Engler, gli succedette come direttore e professore all'università di Berlino. Anche Pritzel continuava ad essere un botanico militante, ma su un piano evidentemente ben più modesto, Insegnava in una scuola superiore (negli atti dell'unione botanica della provincia del Brandeburgo del 1921 figura come uno dei segretari dell'associazione ed è registrato come Studienrat, ovvero docente di scuola superioe, a Berlin-Lichterfelde-West) e pubblicò ancora qualcosa di tanto in tanto: oltre a due articoli già citati, una nuova specie di Pittosporum nel 1929 in "Botanische Jahrbücher fur Systematik, Pflanzengeschichte und Pflanzengeographie" e soprattuto la trattazione della famiglia Pittosporaceae nella seconda edizione di Natürlichen Pflanzenfamilien (1930). Sappiamo che morì settantenne presumibilemente a Berlino nel 1946, ma poiché, a quanto risulta, non vennero pubblicati necrologi o articoli in suo onore, non conosciamo altro sulla sua vita personale e professionale. ![]() Una dedica per due Congiunti nell'avventura australiana, Diels e Pritzel lo sono anche nella dedica del genere Dielitzia, creato nel 1989 dal botanico australiano Philip Sydney Short; il nome è una crasi dei loro cognomi. Appartenente alla famiglia Asteraceae, comprende una sola specie, D. tysonii, un'erbacea annuale endemica di alcune aree dell'Australia occidentale. Presenta una rosetta di foglie strette ed allungate, fittamente ricoperte da un tomento biancastro. L'infiorescenza complessa, formata da 4-15 capolini giallastri densamente raccolti, si forma al centro della rosetta ed è protetta da un involucro di 8-12 brattee e dalle foglie stesse. Si tratta di adattamenti all'ambiente alquanto arido. Cresce prevalentemente negli arbusteti aperti di Acacia, su suolo argilloso e sabbioso. E' localmente abbondante. E' una pianta poco appariscente, ma assai caratteristica di un ambiente che Diels e Pritzel contribuirono a far conoscere. E' dunque un omaggio perfetto per ricordare il loro viaggio australiano. Nello stesso ambiente vive anche Podotheca pritzelii, un'altra dedica di Short; altre specie che ricordano Ernst Pritzel nell'eponimo sono la Lycopodiacea Lycopodium pritzelii, la cinese Impatiens pritzelii, da lui in precedenza descritta nel suo lavoro sulla flora cinese in collaborazione con Diels, le sudafricane Gladiolus pritzelii e Moraea pritzeliana, le australiane Acacia pritzeliana, Choretrum pritzelii, Goodenia pritzelii, Hemigenia pritzelii, Melaleuca pritzelii, Sida pritzeliana, Verticordia pritzelii, Grevillea pritzelii, Hakea pritzelii, Stylidium pritzelianum. Molte gli furono dedicate dal compagno di viaggio Diels. Inoltre nel 1903 Hennings gli dedicò il genere di funghi Pritzeliella. Quanto a Diels, Dielitzia è solo uno della decina di generi, cinque dei quali accettati, che lo commemorano, da solo o con altri, a testimoniare l'importanza di questo gigante della sistematica e della fitogeografia. Lo avevamo già incontrato come co-dedicatario di Friesodielsia, insieme a Robert Niels Fries. Inevitabilmente, prima o poi, sarà il protagonista di un post tutto per sè. Nel 1915 venne nominato Professor Bergianus Robert Elias Fries, esponente della terza generazione della più illustre famiglia di botanici svedesi tra Ottocento e Novecento; fondata da suo nonno, il celebre micologo Elias Fries, fu proseguita dal padre, Theodor Magnus, lichenologo, esploratore della flora artica e influente accademico. Di questa tradizione familiare non fu un epigono, ma un validissimo erede, anche se dai funghi e dai licheni artici il suo interesse si spostò alle fanerogame tropicali. Importante tassonomista, egli resse l'istituzione per trent'anni, dalla vigilia della prima guerra mondiale fin quasi alla fine della seconda, contribendo in modo significativo alla reputazione dell'Hortus Bergianus come centro di ricerca scientifica. Lo onorano i generi Friesodielsia e Klarobelia, entrambi appartenenti alla famiglia della Annonaceae, alla cui tassonomia diede un significativo contributo. ![]() Quattro generazioni di botanici Prendendo il termine dal celebre romanzo di Thomas Mann, gli storici dell'economia definiscono "sindrome di Buddenbrook" il processo che, nell'arco di tre o a volte quattro generazioni, porta alla decadenza e alla fine inevitabile di un'impresa familiare. All'inizio c'è un padre fondatore, un pioniere energico e non di rado geniale, che crea l'azienda quasi dal nulla con tenacia e abilità imprenditoriale; la seconda generazione è quella del pieno successo e del riconoscimento sociale, ma già mostra le prime crepe; la terza è quella della crisi e del crollo. Lo schema trova riscontro nelle vicende di numerose aziende, dai Fiorio ai Lancia ai Mondadori agli stessi Agnelli, Ma forse non vale al di fuori del mondo imprenditoriale, o almeno non nel caso della famiglia Fries, la più illustre dinastia di botanici svedesi. Il padre fondatore è indubbiamente una figura formidabile, per non dire mitica. Elias Magnus Fries (1794-1878), figlio di un modesto pastore di campagna, nato però nello Småland, la regione che aveva dato i natali a Linneo, fu affascinato dalle piante fin dall'infanzia. Ma il suo campo di elezione divenne quello, allora ancora poco studiato, dei funghi, cui diede un contributo senza pari, tanto da guadagnarsi il soprannome di "Linneo dei funghi". Creò un nuovo metodo di classificazione e durante la sua lunga vita, in diversi testi tra cui spiccano Systema Mycologicum, Elenchus Fungorum, Epicrisis Systematis Mycologici, ne descrisse e classificò 3210 nuove specie, divenendo l'autore più prolifico per questo gruppo di organismi; come abbiamo visto in questo post, è uno dei quattro autori botanici la cui sigla è costituita da soli tre caratteri, ovvero Fr. Professore prima a Lund e poi a Uppsala, fu un insegnante carismatico che creò una vera e propria scuola con esponenti non solo in Svezia. Tutti e tre i suoi figli maschi furono botanici. Il secondogenito Elias Petrus (1834-1858) morì purtroppo in giovane età, ma unì allo studio della filosofia quello dei funghi; il terzogenito Oscar Robert (1840-1908) fu un medico molto apprezzato, ma anche botanico e micologo. A portare avanti l'eredità paterna fu però soprattutto il primogenito Theodor Magnus (1832-1913), detto Thore. Studente estremamente brillante, iniziò a pubblicare i primi lavori appena diciassettenne; anche se non trascurò la botanica, si dedicò soprattutto allo studio dei licheni, con opere come Lichenographia Scandinavica, in cui diede un contributo non inferiore a quello dei padre per i funghi. Riconoscito come padre della lichenologia artica, partecipò a diverse spedizione, tra cui quella all'Isola degli orsi e alle Spitsbergen diretta da Nordenskiöld (1868) e quella ini Groenlandia del 1871. Come il padre, fu professore a Uppsala; fece rivivere l'orto botanico e rinnovò i metodi di insegnamento, influenzando generazioni di studenti. Sul piano personale, fu un vero e proprio patriarca, che dalla moglie Cathrina Gustava Anjou ebbe ben nove figli, sei dei quali raggiunsero l'età adulta. Nessuna decadenza neppure nella terza generazione. Diversi dei figli di Thore Fries furono medici e accademici, tutti in un modo o nell'altro si interessarono di botanica, e due ne fecero la loro professione: Robert Elias Fries (1876-1966) e Thore Christian Elias (1886-1930). Il primo fu il quinto Professor Bergianus e un influente tassonomista (è il vero protagonista di questo post); il secondo fu professore di botanica sistematica a Lund e si specializzò in licheni e fitogeografia. Troviamo accademici e professori di botanica anche nella generazione successiva, con Magnus (1917-1987), figlio di Robert Elias, professore presso la sezione di botanica delle fanerogame del Museo di Storia Naturale e presidente della sezione svedese della Linnean Society, e suo cugino Niels (1912-1994), figlio di Thore Christian Elias, professore di fisiologia e anatomia vegetale presso l'Università di Uppsala, studioso della riproduzione dei funghi. L'altro figlio di Robert Elias, Sigurd Fries, fu invece un linguista, ma non abbandonò del tutto la traduzione di famiglia: il suo campo di studi fu infatti la nomenclatura botanica svedese. Ulla Fries, figlia di Niels, è invece una rinomata artista, specializzata in soggetti naturalistici. ![]() La spedizione svedese Chaco-Cordillera Dopo questo excursus sulla famiglia Fries, è ora di conoscere più da vicino (Klas) Robert Elias Fries. Nato a Uppsala, dove il padre insegnava botanica e economia agraria, si formò presso quell'università, laureandosi in filosofia nel 1901. Forse anche grazie alle conoscenze paterne, che come abbiamo visto aveva partecipato alla spedizione artica di Adolf Erik Nordenskiöld. fu scelto come compagno dal figlio di questi, l'archeologo Erland Nordenskiöld, per una spedizone in Sudamerica. In gran parte finanziata dal conte Eric von Rosen con il sostegno dell'Accademia delle scienze e dell'Università di Göteborg, aveva scopi prevalentemente archeologici ed etnografici; si mosse nella zona di confine tra Argentina e Bolivia, all'epoca ancora relativamente inesplorata, ed è nota come "spedizione Chaco-Cordillera". Il 25 marzo 1901 Fries partì da Stoccolma insieme a Nordenskiöld e al preparatore e tassidermista Oscar Landberg; il gruppo raggiunse Buenos Aires alla fine di aprile e all'inizio di maggio si spostò a Salta, dove venne stabilito un primo campo base e alla spedizione si unì Eric Boman, uno svedese che da qualche anno viveva in Argentina. Dopo diverse escursioni nei dintorni, gli svedesi, accompagnati da personale assunto in loco, si spostarono nella provincia di Jujuy, dove stabilirono un secondo campo base nei pressi dello zuccherificio La Esperanza, punto di partenza per l'esplorazione della catena montuosa della Sierra Santa Barbara, dove Fries e Boman raccolsero campioni di flora montana. Vennero anche scavati ed esplorati diversi luoghi di sepoltura. Nel frattempo dalla Svezia era partito un secondo gruppo, formato dal conte von Rosen, dal suo cameriere Sigfrid Pettersson e da Gustaf von Hofsten. Alla fine di settembre si unirono agli altri a Salta, Il gruppo così allargato si diresse verso gli altopiani della Puna de Jujuy, passando per Quebrada del Toro, dove vennero fatti rilievi archeologici. Il campo base venne posto a El Moreno, a 3600 metri di altitudine, ai piedi del Nevado de Chañi. Rosen diresse scavi archeologici a Casabinda e Ojo de Agua e furono intraprese diverse escursioni, tra cui la scalata del Nevado de Chañi, compiuta da Rosen, Fries e von Hofsten. L'8 gennaio 1902 la spedizione raggiunse Tarja, al centro di un'area ricca di fossili, che infatti vennero raccolti in grande quantità. C'erano già stati diversi incidenti con Boman, finché questi, ubriaco, si ferì con il suo stesso revolver e fu costretto ad abbandonare la spedizione, che, verso la fine di febbraio, si spostò in direzione del Chaco, stabilendo l'accampamento a Tatarenda. Importanti per gli etnologhi gli incontri con chiriguanos di lingua guaraí e indios Chorotes. La flora arida del Chaco offriva però un eccezionale campo di ricerca anche a Fries. Ad aprile, accompagnata da otto soldati e un ufficiale, la spedizione si spinse fino al forte di Crevaux sul Rio Pilcomayo, dove incontrarono altri gruppi di indigeni del Chaco, i wichí e i toba. Alla fine di maggio gli svedesi rientrano a Salta, iniziando il viaggio di ritorno, che si concluse il 27 giugno con l'arrivo in Svezia. ![]() Un tassonomista esperto di flora tropicale La spedizione Chaco-Cordillera permise a Fries di raccogliere un gran numero di esemplari di fanerogame, funghi e alghe, il cui studio lo avrebbe impegnato negli anni successivi, gettando le basi della sua carriera professionale ed accademica. Alla flora delle montagne dell'Argentina settentrionale dedicò la tesi di dottorato (Zur Kenntnis der Alpinen Flora im nördlichen Argentinien), conseguita a Uppsala nel 1905. Tra il 1902 e il 1907 fu borsista presso il Museo nazionale e nel 1908 fu assunto all'orto botanico di Uppsala come curatore dell'erbario. Nel 1911, Rosen lo coinvolse in una seconda grande spedizione che lo portò in Rhodesia e in Congo. Ora non era più uno studente alle prime armi, ma un affermato botanico, e la spedizione, sostenuta anche dall'Università di Uppsala, ebbe fin da subito scopi tanto etnografici quanto botanici. Fries e Rosen lasciarono la Svezia il 13 giugno 1911 e un mese dopo arrivarono per mare a Cape Town, dove Fries scalò la Table Mountain e approfittò della sosta per raccogliere esemplari di piante sudafricani. Quindi i due si diressero alle Cascate Vittoria dove sostarono una settimana, poi viaggiarono in treno fino a Broken Hill, nella Rhodesia Settentrionale (Zambia), da dove la spedizione proseguì a piedi. Le ricerche botaniche ed etnografiche si concentrarono sulle grandi paludi a sud del lago Bangweolu, nell'attuale Zambia settentrionale. Mentre Rosen approfondiva lo studio del popolo delle paludi, Twa o Batwa, al quale avrebbe poi dedicato due opere fondamentali, Fries scopriva la flora dell'Africa tropicale, che da quel momento non avrebbe mai cessato di studiare. Dopo aver attraversato l'intero continente, il viaggio di Rosen e Fries si concluse ad Alessandria d'Egitto, per poi proseguire alla volta della Svezia. Nel 1912 Fries fu nominato professore supplente all'Università di Uppsala e titolare nel 1913; nel 1914, giunse la nomina a Professor Bergianus, incarico che avrebbe mantenuto per trent'anni, fino al 1944, quando diede le dimissioni, ormai settantenne. Sotto la sua gestione, l'orto botanico si arricchì di un'aranciera, completata nel 1926, e della sede del dipartimento, che attualmente ospita, oltre all'ufficio del Professor Bergianus, numerose collezioni della fondazione, come l'Erbario Bergius e la Biblioteca delle icone creata da Wittrock. Ma soprattutto, Fries rafforzò il ruolo dell'Hortus Bergianus come centro di ricerca sistematica, orientandolo verso le piante tropicali, coerentemente con le sue esperienze in America e in Africa e promosse fortemente le collezioni, arricchendo l'erbario con gli scambi e le spedizioni. Tra il 1921 e il 1922, partecipò a una seconda spedizione in Africa, nella quale fu affiancato dal fratello Thore Christian Elias Fries; durante questa missione, che ebbe per terreno l'Africa orientale britannica e in particolare il Kenya, i fratelli esplorarono soprattutto la flora alpina dei Monti Aberdare e Elgon, Come professor Bergianus, Fries poté concentarsi nello studio delle sue raccolte africane; il primo risultato fu l'importante Botanische Untersuchungen, in tre volumi, pubblicati in lingua tedesca tra il 1914 e il 1921, allo stesso tempo uno studio sistematico, ecologico e agricolo-applicato della flora dell'Africa tropicale. Seguirono numerose pubblicazioni in cui Fries approfondì la tassonomia di famiglie come le Fabaceae, le Annonaceae, le Sapotaceae, le Malvaceae (incluse le Bombacaceae), le Amaranthaceae, e altre, pubblicando numerose nuove specie su riviste svedesi e internazionali. Sebbene in modo meno centrale rispetto al padre e al nonno, si occupò anche di funghi, li raccolse attivamente durante le spedizioni, ma studiò soprattutto quelli svedesi e i Myxomycetes (funghi mucillaginosi). Ammesso all'Accademia svedese delle scienze nel 1926 (ne sarebbe stato presidente dal 1939 al 1940 e vicepresidente dal 1942 al 1951), appartenne a molte altre società scientifiche: l'Accademia svedese delle foreste e dell'agricoltura dal 1927, la Società fisiografica di Lund dal 1938 e la Società svedese delle scienze di Uppsala dal 1950. Tra il 1924 e il 1947 fu presidente della Società linneana svedese. Dopo il pensionamento nel 1944, mantenne stretti legami con l'Hortus Bergianus e con altre istituzioni botaniche internazionali e continuò a pubblicare le sue ricerche; ad esempio, risale al 1947 un importante studio sulle Malvaceae centro e sudamericane e alla seconda metà degli anni '50 una serie di articoli sulle Annonaceae. Morì a Stoccolma quasi novantenne nel 1966. ![]() Due generi di Annonaceae Curiosamente, Robert Niels Fries è l'unico esponente dell'illustre famiglia ad essere onorato da un genere valido (anzi due, come vedremo tra poco). Ovviamente al grande nonno Elias Magnus Fries non mancarono i riconoscimenti. Un genere Friesia gli fu dedicato tanto da De Candolle quanto da Sprengel, ma nessuno è accettato, come non lo sono i generi di funghi Friesia, Friesites e Friesula. Stupisce poi che, a quanto mi risulta, nessuno abbia pensato di onorare con un genere, se non altro di licheni, l'altrettanto meritevole figlio Theodor Magnus Fries. Benché meno noto, una dedica è invece toccata al fratello minore Oscar Robert Fries: è il genere di funghi Robertomyces, in compartecipazione con il nipote, ovvero il nostro Robert Niels. Neppure esso è però accettato. Lo sono invece i due generi di fanerogame a lui dedicati, entrambi appartenenti alla famiglia Annonaceae. Robert Elias Fries era considerato uno dei massimi esperti mondiali di questa famiglia, cui contribuì con revisioni sistematiche e con la creazione di numerosi generi, diversi dei quali tuttora validi. Nel 1948 van Steenis, il direttore di Flora Malesiana e sua volta un esperto di piante tropicali, decise di onorarlo con il genere Friesodielsia, assieme a un altro illustre botanico, il tedesco Ludwig Diels (1874-1945), scomparso di recente, in riconoscimento del pari contributo di entrambi alla tassonomia dei questa famiglia. Mentre in precedenza comprendeva un numero maggiore di specie, tanto africane quanto asiatiche, Frisodielsia è stato recentemente ristretto a queste ultime e comprende una cinquantina di specie di rampicanti legnosi distrubuti nelle foreste dell'Asia tropicale, dall'India meridionale alla Nuova Guinea. Caratteristici i fiori ermafroditi solitari o raccolti in cime; hanno 3 sepali valvati e sei petali in due giri, tipicamente molto diseguali, quelli del giro esterno grandi e allungati, quelli interni molto più piccoli, da ovato-lanceolati a oblunghi, che si avviciano fino a sovrapporsi sopra gli stami e l'ovario. Hanno molti stami e carpelli. I frutti sono apocarpici, ovvero costituiti da carpelli individuali (monocarpi) da globosi a elissoidali, indipendenti l'uno dall'altro, ciascuno dei quali in genere contiene un solo seme. A differenza dei frutti di molte specie di questa famiglia (inclusa l'africana Monanthotaxis obovata, in precedenza Friesodielsia obovata) solitamente non sono commestibili. Fa eccezione F. sahyadrica, originaria dei Ghati occidentali in India, i cui frutti, oltre ad essere appetiti da uccelli e altri animali selvatici, sono consumati freschi a livello locale. Molto più recente il secondo genere dedicato a Robert Niels Fries, Klarobelia, creato nel 1998 da Chatrou, separandolo da Malmea, uno dei genere di Annonaceae stabiliti da Fries. La denominazione fonde la prima parte dei due primi nomi di Fries, il cui nome intero suonava Klas Robert Niels Fries, anche se si firmava Robert. Klarobelia comprende una dozzina di specie di alberi e arbusti distribuiti da Panama al Sud America tropicale, tipicamente nelle foreste pluviali, con centro di diversità lungo la catena andina. Hanno foglie sempreverdi, alternate, spesso di consistenza coriacea, aromatiche, piccoli fiori e frutti che in almeno alcune specie, come K. subglobosa, sono eduli. Sono per lo più piante rare, con una distribuzione limitata. Ad esempio K. megalocarpa è un endemismo delle foreste di bassa altitudine dell'Ecuador, minacciata dalla restrizione dell'ambiente naturale; K. subglobosa è un endemismo del Venezuela, noto per un'unica popolazione all'interno del Parco nazionale El Avila nei dintorni di Caracas. Il genere inoltre pone non pochi problemi tassonomici, che fanno prevedere future revisioni. Situata all'estremo confine nordorientale del paese e delimitata dai bacini dei fiumi Paraná, che la separa dal Paraguay, e Uruguay, che la separa da Uruguay e Brasile, la provincia argentina di Corrientes è caratterizzata da una flora estremamente ricca e varia. Al suo studio ha dedicato tutta la sua vita la botanica Sara Graciela Tressens, sia con le sue ricerche sul campo sia con le sue numerose pubblicazioni. A onorarla è Tressensia, un genere monotipico endemico delle foreste di quella provincia. ![]() Studiare la flora locale La parola Mesopotamia evoca immediatamente una delle culle della civiltà, il territorio posto tra i due fiumi Tigri ed Eufrate dove fiorirono le civiltà sumerica, assira, babilonese. Ma c'è un'altra Mesopotamia, un'altra terra posta tra i fiumi: è la Mesopotamia argentina, e i fiumi in questione non sono due, ma tre: il Paraná ad ovest, l'Uruguay ad est e l'Iguazú a nord. Essa costituisce il settore più orientale del Nordeste argentino ed è divisa tra tre provincie: Misiones all'estremo nordest, Corrientes a nord e Entre Ríos a Sud; la ricchezza di acque e il clima subtropicale ne fanno uno scrigno di biodiversità. Corrientes, capitale della provincia omonima, è sede di un importante istituzione botanica, l'Instituto de Botánica del Nordeste (IBONE), presso la Facoltà di scienze agrarie dell'Universidad Nacional del Nordeste (UNNE), e del suo erbario, noto con l'acronimo CTES. Tra i ricercatori che hanno animato l'IBONE fin dalla fondazione troviamo la botanica Sara Graciela Tressens; nata nel 1944, e oggi ottantenne. continua a figurare nell'organico dell'istituto come "ricercatrice volontaria". Tressens è nata a Mercedes, una cittadina della medesima provincia; si è quindi trasferita a Corrientes per frequentare l'università. Nel 1966, ventiduenne, si è laureata in biologia presso la facoltà di scienze esatte e naturali, per poi ottenere la laurea di secondo livello in botanica nel 1972. Fin da questi anni universitari, ha fatto parte del gruppo di ricerca fondato intorno al 1966 da un'eccezionale coppia di docenti e studiosi, l'agronomo Antonio Krapovickas e sua moglie, la botanica Carmen Lelia Cristóbal, che sarebbe sfociato nell'IBONE, nato ufficialmente nel 1977. Allieva di Cristóbal, Tressens ne ha assorbito il metodo di lavoro e l'entusiasmo per la flora locale; dopo la laurea, è rimasta a lavorare all'Universidad Nacional del Nordeste, dove si è svolta tutta la sua carriera accademica (docente associata dal 1980, titolare ad interim dal 1988, ordinaria dal 1990, libera docente dal 2005 al 2007); come docente, ha seguito le tesi di innumerevoli studenti e ha partecipato attivamente a conferenze e simposi in Sud America e in Spagna. L'altro versante della sua attività è quello della ricerca. Tra il 1986 e il 1999 ha preso parte a numerosi progetti sostenuti dall'equivalente argentino del CNR, il CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas), spesso a fianco di Krapovickas. Nel 1990 è stata nominata ricercatrice aggiunta del CONICET presso l'IBONE. Soprattutto negli anni '90, ha diretto team di ricerca in varie aree dell'Argentina settentrionale. Studiosa della flora del Nordeste e dell'ecologia degli ambienti subtropicali umidi, da sola o più spesso con vari coautori, ha pubblicato una trentina di articoli su argomenti che spaziano dalle piante medicinali, alla tassonomia di generi di varie famiglie, alla pubblicazione di specie nuove. Ha collaborato a diverse opere sulla flora del Nordeste e a Flora of Argentina del Missouri Botanical Garden con capitoli sulle Lauraceae e le Sapotaceae. E' coautrice di Flora Iberá con un'altra botanica dell'università di Corrientes e dell'IBONE, María Mercedes Arbo. Pioniera dell'applicazione delle tecnologie informatiche alla botanica, ha partecipato alla creazione di una base di dati della flora dell'Iberá. Tra i suoi vari ruoli istituzionali, quello di curatrice aggiunta dell'erbario CTES, prima affiancando Carmen Lelia Cristóbal, poi sostituendola per un breve periodo dopo il pensionamento della sua maestra. Dal 2003 al 2009 ha diretto "Bonplandia", la rivista dell'IBONE. ![]() Endemismi di Corrientes Quella di Sara Graciela Tressens è una carriera accademica e scientifica lenta e senza scosse, che sembrerebbe testimoniare una raggiunta parità. In realtà, non è proprio così. In Argentina le ragazze costituiscono il 66% delle matricole universitarie e il 54% dei ricercatori sono donne. Tuttavia mano a mano che avanza il livello della carriera scientifica e accademica, la presenza femminile si riduce: sono circa il 27% sia tra i ricercatori di livello superiore sia nei ruoli di autorità delle organizzazioni scientifiche e tecniche. Dunque, sebbene non più eccezionale, una carriera come quella di Tressens è ancora un caso minoritario. D'altra parte, la studiosa argentina è una delle pochissime botaniche viventi a potersi fregiare della dedica di un genere botanico valido, che nel 2017 è venuta ad aggiungersi a quella di due endemismi di Corrientes, Ruehssia tressensiae e Sida tressensiae. La dedica arriva da un ricercatore dell'IBONE con cui spesso ha collaborato e può essere considerata una specie di oscar alla carriera: "Genere dedicato alla dottoressa Sara G. Tressens, botanica originaria della provincia di Corrientes, che ha fatto parte del gruppo di ricercatori che hanno fondato l'erbario CTES e l'Instituto de Botánica del Nordeste". Del resto, lo stesso anno ricorreva il quarantennale della fondazione dell'IBONE, e Tressens è stata una dei sei pionieri premiati in quell'occasione (quattro uomini e due donne; l'altra è la già citata María Mercedes Arbo). Tressensia è un genere monotipico della famiglia Apocynaceae, rappresentato unicamente da T. viridis, una rampicante volubile rinvenuta in frammenti di selva e boschi ripari dell'estremità nordorientale e sudorientale della provincia di Corrientes. L'eponimo fa riferimento al colore verde dei fiori. Caratteristica di ambienti umidi ed endemica di questa provincia, è una dedica perfetta per celebrare la carriera quarantennale di Sara Graciela Tressens. Creato nel 1902, il Big Basin Redwoods State Park è il più antico della California. La sua nascita si deve alla battaglia di un gruppo di cittadini, con il sostegno dell'università di Stanford e del capo del suo dipartimento di botanica, William Russell Dudley, che ebbe un ruolo importante nel sensibilizzare l'opinione pubblica sulla sorte di una delle meraviglie della natura, la sequoia della California (Sequoia sempervirens), che in meno di un secolo era stata portata alla soglia dell'estinzione dagli abbattimenti indiscriminati. Dudley era uno specialista di conifere e un appassionato raccoglitore; gli si deve la fondazione dell'erbario Dudley. A ricordarlo, il genere Dudleya, endemico dell'Oregon, della California e della Baja California. ![]() Salvare le sequoie Nell'ottobre 1899, un incendio scoppiò nei boschi delle Montagne di Santa Cruz presso Felton in California. Presto raggiunse le case di Wrights Station e l'azienda vinicola Mare Vista Winery; per scongiurare lo scoppio di un serbatoio di gas, il proprietario non esitò ad ordinare ai suoi dipendenti di estinguere le fiamme con 4000 galloni di vino rosé. Il fatto era abbastanza curioso da attirare l'attenzione della rivista inglese The Wide World Magazine che commissionò un articolo a C.F. Holder, presidente dell'accademia delle scienze della California, il quale chiese al noto fotografo e pittore californiano Andrew P. Hill di illustrarlo con le sue fotografie. Hill, oltre all'area devastata, per mostrare il contrasto, pensò di scattare qualche fotografia alle maestose sequoie (Sequoia sempervirens) secolari di un parco privato, il Welch’s Big Trees Grove (oggi parte dell'Henry Cowell State Park); aveva appena sistemato il suo cavalletto e scattato tre foto, quando arrivò l'infuriato proprietario che pretese i negativi, sostenendo che quelle foto avrebbero danneggiato la sua vendita di cartoline ai turisti. Hill ribatté che le fotografie erano per una rivista straniera e, anzi, sarebbero state un'ottima pubblicità. L'altro gli ripose piccato che la pubblicità non gli interessava, perché presto quegli alberi sarebbero diventati traversine ferroviarie e legna da ardere. La risposta sconvolse e indignò Hill: come, quella meraviglia della natura era destinata a perire? Da quel momento, salvare le sequoie della California divenne lo scopo della sua vita. Convinse due amici, l'avvocato e poeta di San Jose John E. Richard e la scrittrice Josephine Clifford McCrackin, che aveva perso la casa nell'incendio di Wrights Station, a denunciare la situazione sui giornali locali. Nel marzo 1900 McCrackin scrisse una lettera aperta al Sentinel di Santa Cruz intitolata "Salviamo gli alberi" che fu il primo atto pubblico della campagna. Il secondo fu una riunione convocata il 1 maggio 1900 da Hill e dal presidente dell'ateneo di Stanford David Starr Jordan nella biblioteca dell'Università, per discutere azioni concrete per salvare le sequoie. Durante la riunione emerse che i naturalisti dell'università avevano già individuato come area più adatta alla nascita di un parco naturale il Big Basin (molto più vasto e con alberi più grandi e antichi rispetto al bosco di Felton) e fu deciso di inviarvi in esplorazione un comitato, che includeva giornalisti, uomini d'affari e politici, presieduto da Hill e da Carrie Stevens Walter del San Jose Woman's Club. Due settimane dopo il gruppo visitò l'area e decise di costituirsi in associazione, denominata Sempervirens club dall'eponimo di Sequoia sempervirens, con un capitale iniziale di 32 dollari, raccolti facendo passare un cappello tra i presenti. Come presidente fu scelto l'avvocato di San Francisco Charles Wesley Reed, che contava diversi appoggi politici, affiancato da varie personalità più o meno eminenti come vicepresidenti onorari. A rappresentare la scienza, William Russell Dudley (1849-1911), capo del dipartimento di botanica sistematica di Stanford, che aveva partecipato al meeting del 1 maggio e da tempo denunciava i rischi di estinzione della sequoia della California. Dudley era cresciuto in una fattoria del Connecticut e fin da bambino si era innamorato della natura; ventunenne si iscrisse alla Cornell University, dove per qualche tempo si pagò gli studi mungendo le mucche della fattoria universitaria. Caso volle che suo compagno di stanza fosse David Starr Jordan che abbiamo già incontrato nelle vesti di presidente dell'università di Stanford; David divenne ittiologo, mentre Willie (come lo chiamavano in famiglia) scelse la botanica. Già prima di laurearsi fu lettore di botanica alla Cornell, che lo utilizzò anche come raccoglitore. Dopo essersi laureato nel 1876, si perfezionò per qualche tempo a Strasburgo e Berlino, dopo di che insegnò botanica alla Cornell fino al 1892, quando venne nominato a Stanford, dove prese servizio nell'autunno 1893, reclutato dall'amico Jordan che era appena stato scelto come presidente del neonato ateneo. Il dipartimento di botanica era tutto da inventare, non c'erano né strutture né laboratori, ma per Dudley, che fino ad allora si era occupato della flora degli Stati uniti orientali (i suoi principali lavori riguardavano le flore della contea di Cayuga, della contea di Lackawanna e del Wyoming) ogni fatica era ricompensata dalla ricchissima flora californiana. Il suo più grande amore divennero gli alberi, in particolare le conifere, di cui studiò le relazioni evolutive e la distribuzione geografica. Era facile incontrarlo con i suoi studenti in escursioni botaniche in varie parti dello stato, specialmente nella Sierra Nevada e nella Sierra Santa Lucia. Più conosceva la flora californiana, più crescevano le sue raccolte (oggi formano il nucleo principale del Dudley Herbarium dell'Università di Stanford) ma anche la consapevolezza della devastazione degli habitat naturali e la preoccupazione per gli alberi minacciati dalla speculazione. Nel 1892 fu uno dei primi membri del Sierra Club, una delle primissime associazioni ambientaliste, fondata da John Muir per proteggere la Sierra Nevada e i suoi boschi di sequoie giganti Sequoiodendron giganteum. Nel 1895, insieme allo stesso Muir e al geologo di Berkeley Joseph Le Conte, fu uno dei portavoce del club in un forum pubblico tenutosi a San Francisco sul tema "Parchi nazionali e riserve forestali", in cui sostenne che bisognava cessare di cedere a privati le terre demaniali, che andavano invece convertite in parchi nazionali. In un articolo pubblicato sul bollettino del Sierra club tra la fine del 1895 e l'inizio del 1896, riferì che le sue indagini sul campo dimostravano che i due milioni di acri di sequoie che un tempo si estendevano per cinquecento miglia lungo le colline costiere dell'Oregon e della California stavano scomparendo a un ritmo tale che l'antica specie rischiava l'estinzione. Insieme a un collega di Stanford, il docente di ingegneria civile Charles Wing, visitò e mappò l'area del Big Basin, scoprendo che i migliori boschi di sequoie erano stati venduti a compagnie di legname e decimati. L'unico modo per salvarli era acquistare i boschi e trasformarli in un parco statale, e l'area più adatta era proprio il Big Basin, che la distanza dalla ferrovia e le peculiarità topografiche avevano preservato pressoché intatto; tuttavia, i boscaioli avevano già iniziato il loro lavoro e, se non venivano fermati, scrisse in un articolo pubblicato nel marzo 1900, entro due anni "la regione, invece di un Eden, diventerà peggio del Sahara". Nella fatidica riunione del maggio 1900 nella biblioteca di Stanford, l'indignazione di Hill e la competenza di Dudley si incontrarono. Tra l'estate e l'autunno la campagna per salvare le sequoie del Big Basin prese il volo, con ogni membro del club impegnato a suo modo per smuovere l'opinione pubblica, coinvolgere altre associazioni, arruolare politici e convincere gli industriali che i turisti attirati dal parco avrebbero portato più soldi dello sfruttamento del legname. L'argomentazione fece breccia almeno su Henry L. Middleton che si dichiarò disposto a vendere i 14000 acri che la sua compagnia possedeva nel Big Basin offrendone al club l'opzione di acquisto per un anno. Dudley, che da tempo era membro dell'American Forestry Association, fece da tramite con il servizio forestale nazionale e ottenne l'appoggio del suo capo, Gifford Pinchot. Reed scrisse una proposta di legge per l'istituzione di un parco statale che nel gennaio 1901 fu presentata all'Assemblea dello Stato della California da un politico amico; respinta nella forma iniziale, che prevedeva lo stanziamento di 500.000 dollari per l'acquisto di 5000 acri, fu approvata quando venne ridotta a 250.000 dollari e a 2500 acri. Era una grandissima delusione per il Sempervirens club che puntava su un grande parco da 35.000 a 60.000 acri; anche Dudley riteneva che "per gli scopi scientifici, e anche per un buon parco pubblico" il minimo fossero 35.000 acri. L'istituzione del California Redwood Park (dal 1927 avrebbe mutato nome in Big Basin Redwoods State Park) venne approvata dal senato con voto quasi unanime nel marzo 1901. Per presiedere alla sua realizzazione, venne creata una commissione, formata dal governatore e da quattro membri di sua nomina, tra cui il professor Dudley, che ne fu il segretario fino allo scioglimento nel 1905. Finalmente, nel settembre 1902, con l'acquisto di 2500 acri di foresta, più 800 acri di chaparral e 500 acri di terreno da riforestare donati da Middleton, il parco divenne realtà. Molto più piccolo di quanto sperato, era comunque un inizio, nonché il primo dei circa 280 tra parchi statali e riserve naturali che oggi esistono in California. Il Sempervirens Club non si sciolse, ma continuò la sua battaglia per estenderne i limiti. Negli anni successivi arrivarono piccole donazioni di altri terreni e nel 1916 il parco incorporò quasi 4000 acri convertiti da terre federali, estendendosi così fino alla costa. Oggi la sua estensione è di 10,800 acri (44 Km2). Oltre ad ospitare il più grande gruppo di Sequoia sempervirens a sud di San Francisco, include una varietà di ambienti che vanno dalle foreste miste di sequoie, altre conifere e querce al chaparral, ai canyon umidi, alla vegetazione costiera, estendendosi dal livello del mare a circa 600 metri di altitudine. Purtroppo nell'agosto 2020 è stato catastroficamente investito dagli incendi che hanno devastato la California settentrionale; sono andate distrutte tutte le strutture del parco e almeno 15.000 alberi, principalmente abeti di Douglas. Anche alcune sequoie sono cadute, ma la maggior parte di quelle più antiche sono rimaste in piedi. Dopo essere rimasto chiuso per due anni, oggi il parco è di nuovo aperto, sebbene in modo limitato. Il paesaggio ha mutato volto ma, secondo gli esperti sta lentamente recuperando. La maggior parte delle sequoie è sopravvissuta, e dai tronchi anneriti dall'incendio stanno rispuntando ciuffi di fogliame. Non è certo la prima volta che questi antichi giganti affrontano il fuoco: si sono evoluti con gli incendi e si riprendono molto più facilmente di altre specie, grazie alla corteccia spessa più di 30 cm che protegge gli strati più interni dal fuoco, ai tannini che proteggono le eventuali ferite dagli attacchi di funghi e insetti, alle gemme dormienti sia alla base sia lungo il tronco e i rami che permettono loro sia di emettere germogli basali sia di rigermogliare dai rami e dallo stesso tronco. ![]() Perché i botanici cambiano i nomi: il caso di Dudleya Ma è ora di ritornare al prof. Dudley che tanto fece per far nascere il parco. Anche negli anni successivi continuò ad impegnarsi nelle battaglie ambientaliste. Nel 1904, insieme all'amico Jordan e alla botanica Alice Eastwood, partecipò a una manifestazione indetta a San Francisco dal California Club per bloccare la vendita di 1000 acri di foresta contenenti antiche sequoie ai piedi del Monte Tamalpais. Era un insegnante innamorato della sua materia e amato dagli studenti e nei suoi 18 anni di insegnamento a Stanford formò intere generazioni di eccellenti botanici; era uno studioso coscienzioso, ma forse fin troppo autocritico e forse per questo le sue pubblicazioni californiane si limitano ai numerosi articoli, dedicati soprattutto alle foreste e agli alberi della California, che egli pubblicò tra il 1889 e il 1910 sul Bollettino del Sierra Club e su The Forester, la rivista dell'American Forestry Association. Progettò a lungo un lavoro complessivo sulle conifere degli Stati Uniti occidentali, ma il progetto non andò mai oltre lo stadio di manoscritto incompleto. Nel 1908 andò Persia per esplorarne le foreste; in Egitto contrasse una grave bronchite che degenerò in tubercolosi, che nel 1910 lo costrinse a lasciare l'insegnamento e nel 1911 lo portò alla morte. Grande esploratore della flora californiana, è ricordato dall'eponimo di vari funghi (fu anche micologo) e di piante come gli endemismi Triteleya dudleyi, Pedicularis dudleyi e Polystichum dudleyi. Nel 1903 Britton e Rose gli dedicarono il genere Dudleya, endemico di ambienti rocciosi lungo la costa pacifica, dall'Oregon meridionale alla Baja California settentrionale, con una laconica nota: "Nominato in onore del prof. William R. Dudley della Stanford University". Questo genere di una cinquantina di piante succulente della famiglia Crassulaceae è caratterizzato da una grande varietà morfologica (dalle piccole geofite decidue alte pochi cm alle grandi sempreverdi con rosette di 50 cm di diametro), con fiori a stella simili a quelli di Sedum, oppure tubolari o amcora pendenti e campanuliformi come quelli di Echeveria. Solo recentemente tanta varietà è stata ricondotta a un unico genere, mentre i primi botanici che si occuparono di queste piante le attribuirono variamente ai generi Echeveria, Cotyledon e Sedum. Queste incertezze sono perfettamente testimoniate da Dudleya cespitosa, una geofita tuberosa endemica della California meridionale, la prima ad essere descritta. Nel 1803 Haworth la pubblicò come Cotyledon cespitosum, mentre nel 1811 von Jacquin la classificò come Sedum cotyledon e Aiton come Cotyledon linguiformis. Altre due specie, Dudleya pulverulenta e D. lanceolata, furono invece pubblicate nel 1840 da Nuttall come Echeveria pulverulenta e E. lanceolata. All'inizio del Novecento una vera rivoluzione fu attuata da Nelson e Rose che sistemarono questo gruppo di piante in ben tre nuovi generi: Dudleya, cui attribuirono una sessantina di specie, 40 delle quali descritte da loro per la prima volta, Stylophyllum con 12 specie, e Hasseanthus con 4 specie. Negli anni '30, Alwin Berger li ritenne tutti e tre superflui, spostando Dudleya e Stylophyllum in Echeveria e Hasseanthus in Sedum, i due generi da cui riteneva si fossero rispettivamente evoluti. Le sue conclusioni furono largamente accettate dai botanici fino alla metà del Novecento, quando incominciarono ad apparire le prime analisi filogenetiche molecolari. Nel 1942, Reid Moran separò nuovamente Dudleya e Stylophyllum da Echeveria, riunendoli in Dudleya come sottogeneri; mantenne Hasseanthus come genere distinto, ma strettamente imparentato. Fu il punto di partenza delle ricerche successive che hanno dimostrato che Dudleya si è evoluto in epoca relativamente recente (5 milioni di anni fa) da Sedum, non da Echeveria, come si riteneva in precedenza, e va assegnato alla tribù Sedoideae. Anche se rimangono molti punti da chiarire, oggi al variabile genere Dudleya sono assegnate circa 50 specie, divise in tre sottogeneri: Dudleya (Eududleya secondo la terminologia di Moran), caratterizzato da rosette di foglie appiattite e fiori con petali saldati in un tubo; Stylophyllum, caratterizzato da foglie strette che assomigliano a dita o più raramente da foglie piatte, e petali non fusi che si allargano al centro; Hasseanthus, caratterizzato da cormi sotterranei, piccole foglie che cadono dopo la fioritura, fiori ampiamenti diffusi. Le Dudleya in genere si presentano come succulente da piccole a grandi con foglie carnose, in alcune specie appiattite, in altre tubolari, in altre ancora orbicolari, riunite a rosetta; in diverse specie sono ricoperte da un rivestimento ceroso, detto farina, generalmente bianco, gessoso o farinoso; in poche specie a proteggere le piante dal sole è un sottile strato oleoso e appiccicoso. Il colore del fogliame varia dal verde al grigio. Le rosette possono essere solitarie o cespitose, con diverse rosette che partono da un caudex centrale. Mentre, ad eccezione delle specie più grandi, nel resto dell'anno rimangono piuttosto nascoste nelle fessure delle rocce che sono il loro habitat tipico, al momento della fioritura al centro delle rosette emergono uno o più robusti gambi carnosi che in genere si dividono all'apice in divesri rami, ciascuno dei quali portano 10-15 piccoli fiori (o più) comunemente bianchi o gialli, ma anche rosa, arancio o rossi. Nelle specie di maggiori dimensioni, come D. brittonii (non ha caso nota come "giant Dudleya"), la rosetta raggiunge i 50 cm di diametro e l'infiorescenza può arrivare anche a un'ottantina di cm, mentre nelle minuscole specie del sottogenere Hasseanthus come D. brevifolia le foglie rimangono quasi sepolte nella terra e il peduncolo florale non supera i 4 cm. A differenza di Echeveria, con il quale è ancora spesso confuso, Dudleya non è ancora largamente coltivato, ma purtroppo ha attirato fin troppo l'attenzione dei collezionisti: uno dei pericoli maggiori per la sopravvivenza di molte specie, endemiche di aree piuttosto ristrette, è la raccolta indiscriminata in natura di quelle più rare, che vendono vendute a carissimo prezzo soprattutto sul mercato asiatico. Una recente legge ha introdotto una multa di 5000 dollari per ogni esemplare di Dudleya raccolto su suolo pubblico, che salgono a 40.000 alla seconda infrazione. A minacciare le Dudleya sono anche l'espansione degli ambienti urbani e sempre più i cambiamenti climatici, ed in particolare la siccità invernale: ad differenza di altre succulente, sono per lo più originarie di aree con piogge invernali, che è anche la stagione del loro massimo rigoglio, mentre l'estate, quando la temperatura supera i 30°, è la stagione del riposo. Ancora negli anni '80 del Novecento, quando ormai era in pensione, era ben noto ai botanici che affluivano da ogni parte del mondo in Sudafrica per studiare la sua flora, che una visita da non perdere era quella alla piccola casa di Elsie Elisabeth Estrerhuyzen a Città del Capo. La sua competenza era tale da farla considerare un'enciclopedia vivente, mentre il suo contributo alla raccolta di nuove specie, soprattutto di alta montagna, l'aveva resa leggendaria: le è infatti accreditata la raccolta di ben 36.000 esemplari d'erbario. Eppure Elsie, come la chiamavano tutti, non era affatto una Indiana Jones della botanica in gonnella: era una piccola esile donna amante dei gatti e della montagna, che non guidava e si muoveva dappertutto in bicicletta; così modesta, che, una volta studiato a fondo un genere e, "colmati i vuoti" dell'erbario Bolus, dove lavorò per decenni, preferiva lasciare ad altri la pubblicazione. La ricordano due generi endemici delle montagne delle Provincie del Capo, che esplorò metodicamente per decenni: Esterhuysenia (Aizoaceae) e Trieenea (Scrophulariaceae). ![]() Raccogliere piante per "colmare i vuoti" Nel giugno 2006, nella sala conferenze dell'orto botanico di Kirstenbosch si riunì una piccola folla per dare l'ultimo saluto a Elsie Elizabeth Esterhuysen (1912-2006) che si era spenta all'inizio di quell'anno a 93 anni. John Rourke, curatore del Compton Herbarium e presidente della Botanical Society of South Africa, aprì il suo ricordo con queste parole: "Oggi siamo qui per celebrare la vita di una leggenda, perché Elsie era una leggenda, certamente lo era per la comunità botanica locale". A renderla tale non era solo la sua età venerabile, né una personalità indubbiamente fuori del comune, ma le sue incredibili raccolte botaniche: con 36.000 esemplari d'erbario, è stata uno dei più prolifici raccoglitori di sempre. Eppure non c'era nulla di eroico in questa piccola ed esile donna. Elsie era nata a Cape Town in una famiglia di avvocati; dopo aver studiato alla Wynberg Girls’ High School, si iscrisse all'Università di Cape Town dove nel 1933 conseguì la laurea di primo livello (Master of Arts) in botanica con una tesi sull'anatomia di Myrothamnus flabellifolius, una pianta xerofila nota come "resurrection plant" per la sua capacità di rinverdire alla prima pioggia anche quando sembra totalmente disseccata. Ma alle ricerche di laboratorio già allora preferiva di gran lunga quelle sul campo. Dopo aver lavorato per poco tempo nel Dipartimento educativo, nel 1935 grazie a una borsa di studio poté studiare la rigenerazione del fynbos a Kirstenbosch dopo l'eliminazione di piante aliene. La sua aspirazione era entrare a far parte del gruppo di ricerca che, guidato da Pole Evans, stava mappando la flora del Sudafrica, ma la sua domanda fu respinta per la semplice ragione che era una donna. Così nel 1936 accettò un posto di assistente al McGregor Museum di Kimberley, diretto dalla geologa e botanica Maria Wilman, che in quegli anni stava dirigendo un progetto di ricerca sulla flora del Griqualand occidentale. Dato che l'area da esplorare era vasta, per raggiungere i luoghi più remoti la direttrice insistette che imparasse a guidare. Ma un giorno Elsie Esterhuysen rimase bloccata a un passaggio a livello: si spaventò talmente che da quel giorno non guidò più. In compenso, si procurò una bicicletta e divenne una provetta ciclista. Nel 1938 tornò a Cape Town e cominciò a lavorare per il Bolus Herbarium, dove avrebbe trascorso tutta la sua vita professionale. Per ben 18 anni, però, non fece parte ufficialmente dello staff, venendo pagata di volta in volta con la cassa per le piccole spese; solo nel 1956, su insistenza del nuovo curatore, Ted Schelpe. fu creato per lei un posto di ricercatrice, con uno stipendio fisso. Grande appassionata di montagna, fin dal 1935 si era iscritta al club alpinistico del Sudafrica (MCSA). Conoscendo questa passione, le fu affidata la ricognizione della flora di alta quota delle montagne del Capo, che all'erbario era documentata in modo irregolare. Insomma, come lei stessa si espresse, il suo compito era "colmare i vuoti". Quasi ogni week end, approfittando del passaggio di qualche membro del MCSA, esplorava un angolo di quelle montagne, e tornava a valle con un sacco nero pieno di piante. Durante le vacanze, approfittava delle escursioni organizzate dal club per erborizzare in altre aree, come il Drakensberg. Non bisogna però pensare che raccogliesse a caso. Per "colmare i vuoti" concentrava la sua attenzione su un genere rappresentato in modo inadeguato e quando individuava una specie che poteva essere nuova, ritornava più volte nell'area per studiarne i tempi di fioritura e l'ecologia, raccogliere semi e frutti; esplorava i dintorni per mapparne la distribuzione e studiare specie affini, a volte per anni. Metteva a confronto le proprie raccolte con il materiale d'erbario e con le pubblicazioni, e, quando aveva finito, il genere era perfettamente documentato nelle sue schede, con gli esemplari ben montati nell'erbario e la loro tassonomia pronta per la pubblicazione. Un compito che però lasciava volentieri agli "accademici". Così, anche se scoprì almeno 150 taxa, pubblicò pochissimo. La maggiore eccezione è costituita dalle Restionaceae, di cui pubblicò una cinquantina di specie, soprattutto grazie alle insistenze del botanico svizzero Hans Peter Linder, uno dei tanti giovani studenti e perfezionandi che impararono ad amare e conoscere la flora sudafricana grazie alla sua generosità e disponibilità. Insieme a T. M. Salter, pubblicò inoltre alcune specie di Erica. Tra le sue scoperte più sensazionali, quella di Protea nubigena, una specie molto rara che vive solo nei pascoli ad alta quota dell'uKhahlamba-Drakenberg nel Natal. Nel 1989 l'Università di Città del Capo le conferì la laurea honoris causa (Master of Science). La lettera di accettazione al rettore la dice lunga sulla sua modestia: "Grazie per la sua cortese lettera del 9 gennaio. Accetto la laurea onoraria e apprezzo l'onore. Tuttavia mi chiedo se lo staff dell'erbario Bolus è stato consultato. Se la questione non fosse riservata, vorrei farlo io stessa, perché non mi sembra che il mio lavoro meriti questo grado. Spero che il Consiglio [di facoltà] non sia caduto in errore pensando che la scoperta di nuove specie sia chissà che risultato, perché non lo era. A parte questo, ho lavorato come tecnico mantenendo l'erbario in ordine e aggiornato". Altri tratti della sua singolare personalità - che dovette colpire profondamente chiunque la conobbe -emergono dai ricordi pubblicati in occasione della sua commemorazione. Ogni giorno, sulla sua fida bicicletta faceva la spola tra l'erbario e la sua modestissima casa, doveva viveva con alcuni adorati gatti; guidava studenti e perfezionandi in gite in bicicletta, distaccando anche i più giovani; detestava le ingiustizie ed era socialmente impegnata; ma il suo vero ambiente era la montagna, con la quale aveva un contatto così intimo che preferiva dormire all'aperto, su un giaciglio improvvisato di paglia ed erbe, piuttosto che in una tenda. Per celebrare i suoi ottant'anni, insieme agli amici del Club alpino, scalò lo Sneeuberg, la cima maggiore del Cederberg (2027 metri). ![]() Tante specie e due generi A questa formidabile raccoglitrice, i tanti botanici con cui collaborò hanno dedicato una trentina di specie e due generi validi. Ad esempio, il suo "capo" Louisa Bolus le dedicò non meno di sette Aizoaceae, tra cui Delosperma esterhuyseniae e Gibbaeum esterhuyseniae; Compton Erica esterhuyseniae; Hilliard Selago elsiae (una specie oggi estinta) e Selago esterhuyseniae; Pillans Restio esterhuyseniae. Ci sono anche dediche più nascoste: alludendo alla sua passione per le montagne, dove si muoveva con l'agilità delle antilopi saltarupi Oreotragus oreotragus, E G. H. Oliver le dedicò Erica oreotragus. Con lo stesso gioco di parole, Karis pensava a lei nominando Monticapra ("capra di montagna") una sezione del genere Disparago. I generi dedicati a Elsie Esterhuyen sono tre, due in modo diretto, uno anch'esso in modo indiretto ed allusivo. Ad aprire le danze fu una delle sue colleghe al Bolus Herbarium, Frances Margaret Leighton, specialista dei generi Ornithogalum e Agapanthus, che nel 1944 le dedicò Elsiea con una motivazione semplice ed eloquente: "Il nome del genere onora Miss Elsie Esterhuysen del Bolus Herbarium, le cui raccolte hanno dato un valido contributo alla conoscenza della flora delle montagne più alte del Capo sudoccidentale". Il genere, stabilito sulla base di una specie raccolta quell'anno dalla stessa Esterhuysen, Elsiea corymbosa, è considerato sinonimo di Ornithogalum, e la specie è stata rinominata Ornithogalum esterhuyseniae. Nel 1967 Louisa Bolus, che, come abbiamo già visto, aveva già dedicato molte specie alla più prolifica dei suoi raccoglitori, le dedicò anche un genere, Esterhuysenia (Aizoaceae). Laconica (e tecnica) la dedica: per Elsie Elizabeth Esterhuysen, raccoglitrice del tipo, Provincia del Capo, nel distretto di Worcester; Hex River Mountains, Milner Peak, versante est, sulle sporgenze, 5,500-6,000 piedi, dicembre 1948. La specie in questione è Esterhuysenia alpina, una delle sei di questo piccole genere endemico di un'area relativamente ristretta della Provincia del Capo occidentale (distretti di Caledon, Ceres, Robertson, Worcester); sono piccoli arbusti nani, spesso a cuscinetto, che crescono tra le rocce intorno ai 2000 metri di altitudine. Hanno foglie carnose, tra quadrangolari a cilindriche, caratterizzate da un apice mucronato, fiori per lo più solitari con numerosissimi petali (in realtà staminoidi) bianchi, rosa o viola; i frutti sono capsule con cinque loculi, come quelli degli affini Ruschia e Lampranthus, di cui si distinguono perché mancano sia degli opercoli del primo, sia delle ampie ali del secondo. Tutte le specie sono rare, spesso limitate a aree molte ristrette, ma le loro popolazioni sono stabili. Anche il terzo genere dedicato a Esterhysen si deve a una botanica sudafricana, Olive Mary Hillard, nota soprattutto per aver fatto risorgere l'allora quasi moribondo orto botanico di Edimburgo, a sua volta una notevolissima raccoglitrice. Trovandosi già impiegati i possibili e più ovvii nomi ricavati da nome personale e cognome, Hillard dovette ricorrere a un vero e proprio gioco enigmistico: il suo Trieenea allude infatti alle tre E che formano le iniziali di Elsie Elisabeth Esterhuysen. Anch'esso endemico della Provincie del Capo occidentale e meridionale, questo genere della famiglia Scrophulariaceae comprende erbacee perenni o piccoli arbusti, più raramente annuali, che vivono in habitat montani; sette specie su dieci sono endemiche del Cedarberg, alcune note solo dagli esemplari d'erbario, altre ristrette ad aree molto limitate. Ha invece un areale relativamente più esteso T. glutinosa, in precedenza Phyllopodium glutinosum, che si spinge anche nella Provincia del Capo orientale. E' un piccolo arbusto che vive nelle spaccature delle rocce, con fusti eretti, foglie lievemente carnose con lamina quasi triangolare e margini dentati, piccoli fiori bianchi raccolti in brevi infiorescenze. Tra le specie del Cederberg, T. elsiae ricorda anche nell'eponimo Elsie Esterhuysen che la scoprì sul Sandfontein Peak, nel Cedarberg meridionale, il 5 aprile 1947. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, anche in Sud Africa alle donne si apre la carriera accademica. La prima ad insegnare botanica in istituto universitario sudafricano fu la statunitense Bertha Stoneman, che era stata una delle primissime laureate in scienze naturali del suo paese. La sua allieva Augusta Vera Duthie fu la prima persona formata in Sudafrica ad ottenere un lettorato di botanica, nel 1902, all'università di Stellenbosch. All'epoca aveva solo 21 anni. Come lettrice, poi come lettrice senior, vi avrebbe lavorato per quasi quarant'anni, dedicando le sue ricerche principalmente alle piante e all'ecologia degli Stellenbosch Flats, la pianura alluvionale dove sorge la città. A preservare almeno in parte questa flora ricca di endemismi, provvede la piccola riserva naturale che le è stata dedicata. Suo merito anche aver gettato le basi dello Stellenbosch Botanical Garden, il più antico orto botanico universitario del Sudafrica. A ricordarla la rara iridacea Duthiastrum linifolium. ![]() Esplorare la flora... del campus universitario Il primo orto botanico universitario sudafricano, quello dell'Università di Stellenbosch, nacque nel 1902, e a fondarlo fu la botanica Augusta Vera Duthie (1881-1963), che fu anche la prima persona educata in Sudafrica ad ottenere un lettorato di botanica in un'università del paese. Augusta (ma in famiglia la chiamavano Avie) aveva trascorso l'infanzia nella tenuta di Belvidere, posta in splendida posizione panoramica sulla laguna di Knysna (Provincia occidentale del Capo) che apparteneva alla sua famiglia da oltre un secolo. Come i suoi fratelli, fu inizialmente educata in casa, finché a 17 anni si iscrisse all'Huguenot College di Wellington per studiare matematica e fisica. A indirizzarla verso la botanica fu una straordinaria insegnante, Bertha Stoneman (1866-1943), la prima donna in assoluto ad insegnare in un istituto universitario sudafricano. Nata negli Stati Uniti, nel 1894 Stoneman si era laureata in scienze naturali alla Cornell University di New York, specializzandosi in micologia (era una delle primissime donne a farlo). Dopo alcune esperienze di insegnamento in patria, nel 1897 accettò un incarico di un anno come lettrice di botanica all'Huguenot College, che era stato fondato appena due anni prima e fu il primo istituto sudafricano di istruzione superiore riservato alle ragazze. A convincerla a trasformare quell'incarico temporaneo nella sua occupazione per la vita furono, da una parte, la straordinaria ricchezza della flora sudafricana; dall'altra il suo impegno a favore dell'educazione scientifica femminile. Stoneman creò praticamente dal nulla il dipartimento di botanica del College, dotandolo di un erbario con le piante che raccoglieva nelle escursioni cui dedicava il tempo libero. Per le sue allieve nel 1906 pubblicò Plants and their Ways in South Africa che per molti decenni fu uno dei manuali scolastici più diffusi nel paese. Eccellente insegnante, formò generazioni di allieve preparate, tra le quali oltre a Avie Duthie, vale la pena di citare l'illustratrice Olive Coates Palgrave, autrice insieme al figlio Keith Coates Palgrave di Trees of Southern Africa; la micologa Averil Maud Bottomley, che lavorò presso il dipartimento delle crittogame dell'erbario nazionale di Pretoria, cui contribuì con importanti raccolte di funghi; e soprattutto la micologa e batteriologa Ethel Doidge, la prima donna ad ottenere un dottorato in Sudafrica, autrice del monumentale The South African fungi and lichens e di ricerche fondamentali sui patogeni di diverse colture agricole. All'inizio del Novecento, l'Hugenot College non assegnava ancora diplomi; così Augusta Duthie completò gli studi all'Università di Città del Capo e nel 1901 fu una delle prime allieve di Stoneman ad ottenere il diploma di Bachelor of Arts; l'anno dopo (aveva appena 21 anni) fu nominata lettrice di botanica presso il Victoria College (oggi Università di Stellenbosch). Come la sua maestra all'Huguent College, dovette creare dal nulla il dipartimento di botanica: aveva una stanza per le lezioni, ma non c'era né un laboratorio, né un erbario, né un orto botanico dove mostrare le piante agli allievi; per non parlare di microscopi e tanto meno di assistenti. Fortunatamente, però, benché sorgessero in una delle zone del Sudafrica più battute fino dal Seicento (Stellenbosch si trova a una cinquantina di km ad est di Cape Town), proprio attorno agli edifici universitari c'era molto da scoprire. Posta ai piedi dei rilievi della Stellenbosch Mountain, la città si trova in una pianura alluvionale (Stellenbosch Flats) con suolo argilloso e una vegetazione diversa da quella delle dune sabbiose dei Cape Flats di cui costituisce la continuazione. E' una zona di confine tra il fynbos granitco di Boland e il renosterveld dello Swartland, dove non mancano le piante rare o endemiche. Anche se era oberata dal lavoro (era costretta a supplire i magri proventi dello stipendio di lettrice con lezioni di inglese, storia e botanica in una scuola media), Duthie incominciò ad esplorare questo ricco terreno di caccia per creare un erbario e accanto all'edificio principale del Campus allestì alcune aiuole didattiche, il primo nucleo del futuro orto botanico. Per tre anni di seguito, il suo dipartimento riuscì a vincere il premo assegnato dal Dipartimento per l'educazione del Capo al miglior erbario montato e classificato, grazie al quale poterono essere acquistati libri, dieci microscopi e un microtomo. Nel 1904, l'erbario aveva raggiunto i 500 esemplari. Nel 1909, venne finalmente assunto un assistente part time, anche se in compartecipazione con il dipartimento di zoologia. Intanto Augusta aveva continuato a studiare e nel 1910 conseguì la laurea magistrale (Master of Arts) all'Università del Capo. Nel 1912 fu affiancata da un secondo lettore di botanica, l'inglese Sidney Garside, che si era laureato all'università di Manchester ed era specializzato in fisiologia vegetale. Duthie ne approfittò per ottenere un anno di congedo di studio, che trascorse in Inghilterra all'Università di Cambridge. Al suo ritorno in Sudafrica, nel 1913, riprese immediatamente ad occuparsi dell'espansione del dipartimento: entro il 1920, fu creato un laboratorio sperimentale e un museo botanico che presto divenne il più ampio del paese. Nel 1920, ottenne un secondo congedo per ragioni di salute, che trascorse in Australia ad erborizzare. All'inizio degli anni '20, al dipartimento di botanica ci furono molti cambiamenti: nel 1920 Garside tornò in Inghilterra; nel 1921 l'università decise di creare una cattedra di botanica, che però non fu assegnata ad Augusta Duthie, ma a uno dei suoi ex allievi, Gert Cornelius Nel, che dopo aver ottenuto la laurea di primo livello a Stellenbosch si era perfezionato a Berlino dove aveva studiato tra l'altro con Engler. Da quel momento, a Duthie, che era stata promossa lettrice senior, fu assegnato soprattutto l'insegnamento delle Crittogame e dei funghi; ma essendo venute meno molte incombenze amministrative, poté dedicare più tempo alle ricerche sul campo. Anche se fece raccolte pure nella zona di Knysna, si concentrò sulla flora degli Stellenbosch Flats che, grazie a una serie di articoli pubblicati da Duthie tra il 1924 e il 1940 sulla rivista dell'Università, Annale van die Universiteit van Stellenbosch, divenne la più studiata del paese. Il più ampio di questi lavori, Vegetation and Flora of the Stellenbosch Flats, pubblicato nel 1929 e presentato come tesi di laurea di dottorato all'Università del Capo, è un approfondito studio sull'intera ecologia dell'area e ancora oggi, dopo quasi un secolo, è un testo di riferimento. L'area è particolarmente ricca di bulbose e le sei specie di Angiosperme la cui scoperta e pubblicazione si deve a Duthie appartengono tutte alla famiglia Asparagaceae (generi Eriospermum, Ornithogalum e Drimia). Le sue ricerche toccarono però anche le crittogame dei generi Selaginella e Isoetes e i funghi Myxomyceti. Nel 1933 un evento tragico mutò la sua vita: in seguito alla morte dell'ultimo dei suoi fratelli, si trovò ad essere l'unica in grado di occuparsi della gestione della tenuta di famiglia. Alla fine del 1939, diede le dimissioni dal dipartimento di botanica e nell'agosto 1940 tornò a Knysna. Da quel momento non avrebbe più pubblicato e si sarebbe dedicata interamente all'azienda, dove morì ultraottantenne nel 1963. ![]() Omaggi floreali e non solo Augusta Duthie era un'insegnante preparata e trascinante, e diversi dei suoi allievi diedero un importante contributo allo studio della flora sudafricana. Era anche una persona colta e affabile, in rapporti di scambio scientifico e amicizia con colleghi botanici in patria e all'estero. Particolarmente stretta fu la sua relazione con un'altra grande botanica sudafricana, Louisa Kensit Bolus, la curatrice dell'erbario Bolus, che le dedicò un Impatiens, un'Erica e tre specie di Aizoaceae da lei scoperte: Membryanthemum duthieae (oggi Ruschia duthieae), Psilocaulon duthieae (oggi Mesembryantemum articulatum), Stomatium duthieae. Anche il genere che la ricorda le è stato dedicato da una botanica, Miriam Phoebe de Vos, a sua volta grande specialista di bulbose, che fu sua allieva a Stellenbosch. Nel 1975 le dedicò con il nome Duthiella linifolia una nuova specie di Iridaceae; il nome però era illegittimo, perché esisteva già un genere Duthiella (famiglia Leskeaceae, muschi dell'Asia orientale e dell'Australia settentrionale); così ripubblicò il genere come Duthiastrum, commettendo però un errore ortografico (a rigori, il nome dovrebbe essere Duthieastrum, grafia adottata da diversi repertori, compreso il sito del SANBI, South African National Biodiversity Institute). L'unica specie di questo genere monotipico è Duthiastrum linifolium, una geofita endemica del Karoo settentrionale (Provincia settentrionale del Capo). Affine al genere Sparaxis, è una piccola bulbosa dotata di cormo con lunghi fiori tubolari aranciati con sei lobi lunghi e stretti disposti a stella, da cui il nome, letteralmente "stella di Duthie". Di lunga durata, per diversi giorni successivi si aprono all'inizio del pomeriggio e si chiudono subito dopo il tramonto. Come alcune specie di crochi, una volta che il fiore è stato fecondato, lo stelo si piega in modo che l'ovario rimanga interrato e maturi i frutti sottoterra (geocarpia). A ricordare Augusta Duthie e le sue ricerche, ci sono però anche l'orto botanico di cui gettò le basi e una riserva naturale. Lo Stellenbosch University Botanical Garden era originariamente ubicato di fronte all'edificio principale (Main Building) al lato occidentale del campus. Nel 1922, il neonominato Nel riuscì a convincere l'università ad assegnare al giardino un terreno apposito non lontano dal centro cittadino; la pianta del nuovo guardino, ispirato all'orto botanico di Padova, previde quattro aiuole principali a cerchi concentrici, separate da quattro viali a croce, più aiuole didattiche con le piante disposte per famiglie. Vennero anche costruite alcune serre, per proteggere le piante delicate dalle piogge invernali e dall'eccessivo calore estivo. Il giardino fu inaugurato ufficialmente nel 1925 ed ebbe come primo curatore il tedesco Hans Herre, che si era formato a Dalhem con Engler. Viste le limitate dimensioni del giardino, egli decise di concentrare le collezioni sulle piante succulente e per popolarlo fece molte spedizioni soprattutto nel Namaqualand. Oggi il compito principale del giardino, oltre agli scopi didattici, è la conservazione della flora nativa della regione del Capo, anche se non mancano rarità esotiche e collezioni speciali. Quando l'università si trasferì della vecchia sede, fu deciso di trasformare una parte dei terreni in una riserva naturale, battezzata Duthie Nature Reserve in onore della botanica che aveva dedicato tanta parte della sua vita allo studio della sua rara flora. Ricchissima di specie rare ed endemiche (per farvene un'idea potete sfogliare questa gallery), è oggi uno dei pochissimi luoghi dove cresce ancora in natura il rarissimo Haemanthus pumilio, oggetto di un progetto di riproduzione e salvataggio dell'Università di Stellenbosch. Non è opportuno assumere una donna per questo scopo: Mary Agnes Chase ovvero una storia di genere31/3/2022 Ancora all'inizio del Novecento e anche negli Stati Uniti, sebbene le ragazze che si iscrivevano alle facoltà scientifiche fossero sempre più numerose, non era facile per loro fare ricerca; se riuscivano ad entrare in questa o quella istituzione, accedere ai finanziamenti era molto più difficile che per i colleghi maschi. Se poi non avevano neppure una laurea, le cose si complicavano ulteriormente. Per la botanica, la porta d'accesso più praticabile continuava a rimanere l'illustrazione, un settore in cui la presenza femminile era ormai sdoganata da tempo. Fu questa la strada percorsa dall'autodidatta Mary Agnes Chase che, grazie ad alcuni incontri fortunati, ma soprattutto a una tempra eccezionale riuscì a superare tutti gli ostacoli di genere e ad affermarsi come uno dei botanici più importanti del suo campo, l'agrostologia, ovvero lo studio delle graminacee. Animata da una forte coscienza sociale, non concepì la sua battaglia come una questione individuale, ma politica: ecco perché fu in prima fila nel movimento suffragista e non fece mancare il suo sostegno alle ragazze che intendevano seguire le sue orme. Esperta di graminacee di valore mondiale, è ricordata da ben tre piccoli generi di Poaceae: Agnesia, Chasechloa e Sinochasea. ![]() Come un'illustratrice divenne botanica Tra i 27 milioni di visitatori della Fiera Colombiana di Chicago del 1893, organizzata per celebrare i 400 anni dalla scoperta dell'America, c'erano anche una giovane donna e un ragazzo: Mary Agnes Chase (1869-1963) e Virginius Heber Chase (1876-1966), rispettivamente zia e nipote. A stupirli ed emozionarli furono soprattutto le collezioni botaniche, tanto che decisero di iniziare ad esplorare la flora dei dintorni della città. Mary Agnes aveva solo ventiquattro anni, ma aveva già alle spalle una vita difficile. All'età di due anni perse il padre, Martin Meara, un fabbro di origini irlandesi che lavorava per le ferrovie, e andò ad abitare a Chicago dalla nonna materna con la madre e i quattro fratelli. La famiglia era molto povera, e finita la scuola di base, dovette lavorare per contribuire al bilancio familiare. Trovò lavoro come tipografa e correttrice di bozze allo School Herald , una modesta rivista destinata agli insegnanti rurali, diretta da Willam Ingraham Chase; nonostante la notevole differenza d'età (lei aveva diciotto anni, lui trentaquattro) i due si innamorarono e presto si sposarono. Ma William era ammalato di tubercolosi e entro un anno morì, lasciando Mary Agnes vedova e oberata di debiti. Per tirare avanti, di notte lavorava come correttrice di bozze per il Chicago Inter Ocean e di giorno dava una mano nell'emporio del cognato, dove strinse una grande amicizia con il nipote Virginius. Sempre più affascinato dalla botanica, il ragazzino leggeva tutto quello che poteva sull'argomento e cominciò a trascinare la zia nelle sue scorribande. Raccoglievano piante, prendevano note, essiccavano i soggetti e imparavano a classificarli. Per saperne di più, Mary Agnes decise di seguire corsi aperti di botanica all'Università e al Lewis Institute, dove imparò a disegnare le piante. La botanica per ora era solo un hobby, qualche ora di pausa in una difficile vita di lavoro e di fatica. Durante un'escursione, un primo incontro fortunato cominciò a cambiare la sua vita: quello con un altro appassionato, il pastore presbiteriano Ellsworth Jerome Hill, che, ormai in pensione, poteva dedicare parecchio tempo alla raccolta e allo studio delle sue piante preferite, i muschi e le epatiche. Hill incoraggiò Chase a perseverare, le insegnò le basi della tassonomia e l'uso del microscopio e le chiese di illustrare (gratis) i suoi numerosi articoli. Queste illustrazioni, molto classiche per impostazione e notevoli per la precisione dei dettagli, attirarono l'attenzione di Charles Frederick Millspaugh, curatore di botanica del Field Museum of Natural History, che le chiese di illustrare (sempre a titolo gratuito) due pubblicazioni dell'istituto: Plantae Utowanae (1900) e Plantae Yucatanae (1904). Nel frattempo, la pratica del microscopio aveva permesso a Chase di trovare un lavoro meglio pagato nei laboratori di controllo dell'industria conserviera. Ma per lei era ora che la botanica da hobby si trasformasse in professione; sempre su suggerimento di Hill, nel 1903 presentò la sua candidatura come illustratrice botanica al Dipartimento di agricoltura (USDA). Vinto il concorso, si trasferì a Washington e per due anni lavorò alla Divisione delle piante da foraggio. Nel 1905 un secondo incontro fortunato impresse la svolta definitiva alla sua vita: il suo capo divenne Albert Spear Hitchcock, un botanico specializzato in agrostologia (ovvero lo studio delle graminacee). Egli apprezzò il suo talento e decise di farne la propria allieva e la propria assistente (lo divenne ufficialmente nel 1907). Chase cominciò così ad abbandonare gradualmente l'illustrazione a favore dello studio scientifico delle piante, accompagnando Hill anche nelle sue spedizioni sul campo in varie parti degli Stati Uniti. Il primo frutto di questa collaborazione, che sarebbe durata trent'anni, furono due lavori a quattro mani sulle specie statunitensi del genere Panicum (1910 e 1915). Nel 1911 Hill partecipò alla ricognizione botanica di Panama finanziata dallo Smithsonian; al suo ritorno, chiese che i 54 $ che aveva risparmiato fossero assegnati a Mary Agnes Chase per continuare le ricerche. La risposta dello Smithsonian fu un netto rifiuto: "Spiace dire che non posso raccomandare di inviare la signora Chase nella Zona del Canale, sia perché dubito che la somma menzionata sia sufficiente sia perché dubito dell'opportunità di assumere una donna per questo scopo". Allo stesso modo, la stazione di Barro Colorado (che pure Chase aveva contribuito a installare) rifiutò l'accesso alle donne. Per Mary Agnes fu chiaro che non si trattava di una questione personale, ma politica. Fu così che, senza lasciarsi intimorire dalle conseguenze di questa scelta per la sua carriera, si impegnò attivamente nel movimento suffragista. Nel 1915 fu arrestata una prima volta mentre, insieme ad altre donne, manteneva acceso un falò dei discorsi di Wilson che contenevano le parole freedom e liberty (somma ipocrisia finché non c'era libertà per le donne). Nel 1918 fu tra le attiviste (le Silent Sentinels) che picchettarono la Casa bianca per ricordare al neoeletto Wilson la promessa di sostenere il suffragio femminile; arrestata e incarcerata, partecipò allo sciopero della fame che guadagnò al movimento il sostegno di parte dell'opinione pubblica e costrinse l'amministrazione a rilasciare le donne arrestate. Per le sue posizioni "incompatibili per un dipendente dello stato" rischiò anche il licenziamento; a salvarle il posto fu Hitchcock che dichiarò che gli era impossibile continuare le sue ricerche senza di lei. ![]() Viaggi e pubblicazioni della "signora delle graminacee" Non era un'esagerazione. Il programma di ricerca dei due botanici era niente meno che la mappatura di tutte le graminacee delle Americhe e dopo gli Stati Uniti intendevano estendere le loro ricerche all'America latina. Non potendo attingere a finanziamenti pubblici, Chase (abituata fin da bambina a vivere frugalmente) finanziò autonomamente i suoi primi viaggi e anche più tardi si appoggiò su organizzazioni e missioni femminili, a proposito delle quali scrisse: "I missionari viaggiano ovunque e come i botanici lo fanno spendendo il meno possibile". A partire dal 1906, dedicò molto del suo tempo libero a viaggi negli Stati Uniti (ne visitò ben 19) e nel Messico. Tutti autofinanziati, benché il suo stipendio fosse nettamente inferiore a quello dei colleghi maschi. Nel 1913 poté trascorrere diversi mesi in Porto Rico dove tra l'altro scoprì una nuova specie di felce; le sue raccolte di graminacee confluirono nel 1917 in Grasses of the West Indies, scritto in collaborazione con Hitchcock. Nel 1922 pubblicò il suo primo libro, illustrato da lei stessa, First Book of Grasses: The Structure of Grasses Explained for Beginners. Come è evidente dal sottotitolo, si rivolge non a botanici professionisti bensì "a studiosi seri ma dilettanti". Lo stesso anno partì per il suo primo viaggio in Europa, nel corso del quale visitò diversi erbari, tra cui quelli di Pisa e Firenze e l'Hackel Herbarium del Museo nazionale di Vienna, dove poté collaborare con Hackel alla raccolta di graminacee alpine. Anche grazie al successo del suo libro, nel 1923 fu promossa botanica assistente e nel 1925 botanica associata. Nel 1924, con il finanziamento di diverse organizzazioni, tra cui l'USDA e il Field Museum di Chicago e l'appoggio logistico delle missioni femminili, Chase partì per il Brasile. Incontrò i colleghi dell'orto botanico di Rio de Janeiro Paulo de Campos Porto e María de Carmo Bandeira, quindi per sei mesi percorse il Brasile orientale in treno, in autobus, in automobile, a dorso d'asino, a piedi, raccogliendo più di 500 nuove specie di graminacee e 19.000 altri esemplari. Insieme a Maria Bandeira, scalò persino il monte Itatiaia (erano le prime donne a farlo), da cui discesero "con le gonne piene di esemplari". Nel 1929, tornò in Brasile per una seconda spedizione di un anno. Nel 1935 uscì il magnum opus di Hitchcock, Manual of the Grasses of the United States, a cui le ricerche di Chase avevano dato un contributo decisivo. Ma nel dicembre di quell'anno il botanico morì all'improvviso sulla nave che lo riportava negli Stati Uniti da un lungo viaggio attraverso gli orti botanici e gli erbari europei. Nel 1936 Chase (che ora aveva 67 anni) le succedette come botanico senior, responsabile del dipartimento di agrostologia sistematica dell'USDA. Nel 1937, fu nominata anche curatrice del settore delle graminacee dell'Erbario nazionale. Nel 1939, andò in pensione, ma mantenne l'incarico all'erbario e continuò a lavorare allo Smithsonian come volontaria. Era ormai riconosciuta come la più importante specialista di graminacee del mondo. Nel 1940 fu invitata in Venezuela dal governo come consulente per un programma di sviluppo; anche se ormai aveva superato la settantina, ne approfittò per continuare le ricerche, raccogliendo 400 taxa di graminacee in ambienti diversi: le Ande, la savana e la foresta pluviale. Come già in Brasile, in Venezuela incontrò molti studenti e studentesse di botanica; per molti di loro, divenne una consigliera, un'amica e non fece mancare loro il suo sostegno concreto, aiutando decine di giovani promettenti ma privi di mezzi a continuare gli studi negli Stati Uniti. Per le ragazze, l'ostacolo era duplice: incoraggiare le giovani donne ad abbracciare la carriera scientifica divenne uno dei principali scopi dei viaggi che nel dopoguerra la videro ancora in America latina, in Canada e nelle Filippine. La sua casa, che soprannominò affettuosamente in spagnolo "Casa contenta", era sempre aperta alle studentesse e alle botaniche che passavano da Washington. Tra di loro la venezuelana Zoraida Luces de Febres (1922–2015), che grazie a lei poté entrare allo Smithsonian; tradusse in spagnolo First Book of Grasses, fu la prima donna venezuelana a laurearsi in scienze naturali e divenne a sua volta un'importante agrostologa. E' solo un esempio dell'impegno personale e politico di Chase per le cause in cui credeva. Oltre ad essere impegnata nel movimento femminista, come membro del Women's Party e della Women's Christian Temperance Union, aderì al Socialist Party, si batté contro la discriminazione razziale aderendo alla National Association for the Advancement of Colored People. Attiva e lucida fino in tarda età, nel 1951 pubblicò la seconda edizione di Manual of the grasses of the United States di Hitchcock. E finalmente anche l'establishment botanico le tributò gli onori che meritava: nel 1956 la Botanical Society of America la premiò con un certificato di merito definendola "uno dei più importanti agrostologi del mondo e preminente tra gli studiosi americani in questo campo"; nel 1958 (aveva appena compiuto 89 anni) ricevette la laurea honoris causa dall'università dell'Illinois e fu nominata membro onorario dello Smithsonian; nel 1961 divenne membro della Linnean Society. Nel 1962, ultranovantenne, in collaborazione con un'altra botanica, Cornelia D. Niles, riuscì ancora a completare il monumentale Index to grass species, in tre volumi. Morì l'anno dopo all'età di 94 anni, poco dopo essersi ritirata in una casa di riposo. Le sue raccolte sono custodite in diversi erbari. L'Hunt Institute for Botanical Documentation di Pittsburg ospita la Hitchcock-Chase Collection of Grass Drawings, una straordinaria collezione che comprende 2713 disegni - per lo più a china - di graminacee raccolti e in parte disegnati da Albert Spear Hitchcock e Mary Agnes Chase. ![]() Un giro del mondo in tre graminacee Alla "signora delle graminacee" non potevano mancare gli omaggi botanici. Le sono stati dedicati ben quattro generi, tre dei quali tuttora validi; non stupisce che tutti appartengano alla famiglia Poaceae. In ordine di tempo (1911), la prima dedica giunse dal sacerdote, chimico e botanico Julius Nieuwland che, nell'ambito di una revisione del genere Panicum, creò Chasea, prendendo le mosse dallo studio su questo genere pubblicato l'anno precedente da Hitchcock e Chase; non valido, è considerato un doppione di Panicum. Con i tre generi validi facciamo un piccolo giro del mondo, segno della reputazione internazionale di Agnes Mary Chase. Iniziamo dal Madagascar, con il genere endemico Chasechloa (1949), omaggio di una delle tante colleghe con cui Chase era in corrispondenza, la francese Aimée Antoinette Camus (che a sua volta, prima di diventare specialista di orchidee, si era occupata di graminacee). Comprende due sole specie, C. egregia e C. madagscarensis, in precedenza assegnate anch'esse al genere Panicum, a cui sono molto affini; tuttavia, le analisi filogenetiche ne hanno confermato l'indipendenza. Sono grandi erbe piuttosto rare limitate alle regioni nord-occidentali dell'isola. La seconda tappa è la Cina, con il genere monotipico Sinochasea (1958), dedica di Yi-Li Keng, uno dei tanti studenti stranieri che poterono giovarsi dell'aiuto della generosa botanica statunitense. Keng, infatti, dopo essersi laureato a Nanchino, si spostò all'università di Washington per la laurea di secondo livello, per la quale scrisse una tesi sulle graminacee cinesi. Come ricorda nella dedica "il nome è una combinazione di Sino, Cina, e Chasea, in onore della sig.a Agnes Chase, la nota agrostologa degli Stati Uniti, che mi aiutò molto nello studio delle graminacee cinesi". L'unica specie, S. trygina, è un'erba dei pascoli alpini della Cina, del Tibet e dei piccoli stati himalayani adiacenti. Concludiamo il viaggio in Amazzonia con un altro genere monotipico, Agnesia (1993). I due autori, l'argentino Fernando Omar Zuloaga e lo statunitense Emmet Joseph Judziewicz, con questa dedica vollero sottolineare quanto utile e ancora attuale fosse (e sia ancora) il lavoro di questa grande botanica: "Il genere è dedicato all'eccezionale agrostologa statunitense Agnes Chase, autrice del monumentalmente completo e utilissimo indice delle specie pubblicate di graminacee. Ancora oggi le sue note manoscritte sugli esemplari e sulle cartelle dell'erbario nazionale statunitense spesso forniscono suggerimenti benvenuti e permettono di risparmiare molto tempo nell'identificazione e nelle relazioni reciproche di molte graminacee". L'unica specie di questo genere, A. lancifolia, è un raro bambù delle foreste umide dell'area amazzonica. Nel 1996, la National Gallery of Victoria di Melbourne celebrava la grande artista botanica australiana Margaret Stones con una mostra che riuniva il meglio della sua produzione. Il titolo della mostra e del catalogo, curato da Irina Zdanowicz, Beauty in Truth, "Bellezza nella verità", sintetizza perfettamente le due caratteristiche principali della sua arte: da una parte, l'assoluta precisione dei dettagli (in particolare quelli utili all'identificazione tassonomica del soggetto), dall'altra la capacità di catturarne la bellezza e la vita, con una perfetta disposizione nello spazio e una straordinaria purezza di colore. Un binomio che nella mostra organizzata dalla Louisiana State University nel 2020, in occasione del suo centenario, è stato espresso con la più banale formula "Arte e scienza". Nata e formata in Australia, ma vissuta in Inghilterra per mezzo secolo, Stones ha collaborato con i Kew Gardens e tra il 1958 e il 1983 è stata la principale illustratrice del Curtis's Botanical Magazine, per il quale ha realizzato 400 tavole. Due le sue opere principali, entrambe spettacolari: le illustrazioni di Endemic Flora of Tasmania di Winifred Curtis e di Native Flora of Louisiana. A riflettere i due aspetti che si congiungono nella sua arte anche i due generi che le sono stati dedicati: "scienza/verità" in Stonesia, "arte/bellezza" in Stonesiella. ![]() Dipingere piante in tre continenti Nel Novecento, probabilmente le personalità più note della botanica australiana al femminile sono state la botanica Winifred Curtis e la pittrice botanica Elsie Margaret Stones. Unite nella realizzazione di Endemic Flora of Tasmania, di cui la prima ha curato le descrizioni botaniche e il commento ecologico, la seconda le illustrazioni, hanno avuto entrambe in sorte una lunghissima vita: Curtis morì centenaria nel 2005, Stones (1920-2018) ci ha lasciati a novantotto anni. Nata a Colac, nello stato di Victoria, nella sua lunga carriera Stones ha lavorato in tre continenti. Dopo essersi formata presso lo Swinburne Technical College e la National Gallery Art School di Melbourne, iniziò a lavorare come disegnatrice commerciale; durante la seconda guerra mondiale, divenne infermiera. La scoperta della sua vera vocazione avvenne quasi per caso: contrasse la tubercolosi e dovette rimanere a letto per quasi un anno; per passare il tempo, incominciò a disegnare i fiori che le portavano gli amici. Il suo medico curante fu così colpito dai suoi acquarelli che li mostrò a John Turner, professore di botanica e fisiologia vegetale all'Università di Melbourne, che la invitò a seguire le sue lezioni e a partecipare alle escursioni estive da lui organizzate nelle Bogong High Plains sulle Alpi australiane. Nel 1946 arrivava la prima mostra. Nel 1951 Stones decise di traferirsi in Inghilterra; come ricorda lei stessa, non aveva alcuna prospettiva concreta. Acquistò un biglietto di sola andata per 95 sterline; gliene rimanevano 100 per vivere. Fortunatamente, incominciò a lavorare all'erbario di Kew come artista free-lance: un'esperienza importantissima, perché la obbligò a concentrarsi sulla struttura anatomica e sui dettagli. Sarebbe rimasta a lavorare a Kew per mezzo secolo, fino al 2002. Molto apprezzata per l'esattezza e l'accuratezza scientifica dei suoi disegni, illustrò molte monografie scientifiche dei botanici di Kew e di altre istituzioni scientifiche, come il British Museu, con precississimi disegni in bianco e nero che spesso richiedevano l'uso del microscopio. Nel 1956 pubblicò il primo disegno sul Curtis’s Botanical Magazine; dal 1958 al 1983, ne diventò l'artista principale, preparando per questa prestigiosa rivista, oltre a molti disegni di particolari in bianco e nero, ben 400 acquarelli. Poté così raffinare anche l'aspetto artistico del suo lavoro, e in particolare la disposizione del soggetto, complicata dal piccolo formato della rivista. Ora il suo nome incominciava ad essere piuttosto noto; fu così che Lord Talbot de Malahide, un collezionista che coltivava molte piante originarie della Tasmania nel suo giardino irlandese, le chiese di illustrare per lui 35 piante endemiche di quell'isola. Il progetto poi si allargò fino a diventare una grande serie di sei volumi in folio, The Endemic Flora of Tasmania (1967-1978). I testi furono commissionati alla botanica Winifred Curtis (che, in un certo senso, aveva compiuto il percorso inverso rispetto a Stones: nata in Inghilterra, si era infatti trasferita in Tasmania); Margaret andò in Tasmania a incontrare Winifred e in diverse occasioni lavorarono fianco fianco, ma per lo più una viveva a Londra, l'altra a Hobart. Le piante raccolte in Tasmania venivano spedite per via aerea e ogni mattino arrivavano sulla scrivania delle pittrice che doveva lavorare in fretta per sfruttare le poche ore di luce dell'inverno inglese (le stagioni in Australia sono invertite rispetto all'emisfero boreale); se non riusciva a completare il lavoro prima che l'esemplare appassisse, toccava aspettare l'anno successivo. Fu dunque un lavoro particolarmente complesso, che si protrasse per quasi quattordici anni. Alla morte di lord Talbot, erano usciti solo i primi quattro volumi; gli ultimi due furono finanziati da sua sorella Rose. The Endemic Flora of Tasmania è una pietra miliare della botanica del Novecento, sia per le ricerche e i testi di Curtis, sia per lo splendore delle illustrazioni di Stones, che, lavorando sul grande formato di un volume in foglio, poté ritrarre le piante a grandezza naturale e raggiunse il vertice della sua arte. L'accordo tra le due autrici era perfetto. Curtis scrisse di Stones: "Non c'era nessun bisogno di dirle quali parti o sezioni bisognasse disegnare per facilitare una corretta classificazione tassonomica: lo sapeva già". Stones era ancora impegnata in questa impresa quando, nel settembre 1975, la State University of Louisiana le commissionò l'illustrazione di sei piante native per celebrare il duecentesimo anniversario degli Stati Uniti che sarebbe caduto l'anno successivo. Fu l'inizio di un lavoro molto più impegnativo che andò allargandosi di anno in anno e alla fine diventò una ricerca sull'intera flora della Louisiana, che impegnò un gruppo di ricercatori e Margaret Stones per ben quattordici anni e si tradusse in un'altra opera spettacolare: Native flora of Louisiana, pubblicata nel 1991 con 224 acquarelli dell'artista australiana e testi di Lowell Urbatsch. Stones iniziò il lavoro in Inghilterra servendosi di piante coltivate a Kew o di esemplari che le venivano spediti per via aerea; ma presto scoprì che molte piante erano troppo fragili per sopravvivere al trasporto e che le piante coltivate differivano per dimensioni e altri aspetti da quelle selvatiche. Cominciò così a intervallare alla sua vita londinese uno o due lunghi soggiorni annuali a Baton Rouge per ritrarre le piante dal vivo; si trattava infatti di catturare l'essenza di ciascuna pianta, che è sempre diversa da ogni altra: "un buon disegno botanico deve essere vivo, ben disegnato e accurato. Le piante, come gli esseri umani, non sono sempre ben progettate, così l'artista girare attorno all'esemplare finché riesce a farne emergere l'aspetto naturale e tipico". Gli acquerelli originali per la Flora della Louisiana sono oggi custoditi presso l'università che li aveva commissionati; selezioni più o meno ampie furono presentate in mostre che toccarono le tre "patrie" di Stones, venendo esposte, oltre che in Louisiana, allo Smithsonian, a Oxford, Cambridge, Edimburgo e Melbourne. All'artista australiana sono anche toccati numerosi importanti riconoscimenti: medaglia Veitch d'argento nel 1976, membro dell'ordine dell'Impero britannico nel 1977, medaglia Veitch d'oro nel 1985, membro dell'ordine d'Australia nel 1988; laurea honoris causa da parte dell'Università di Louisiana (1986) e dell'Università di Melbourne (1989). Nel 2002, Margaret Stones andò in pensione e tornò in Australia, dove morì novantottenne nel 2018. Anche nella sua vecchiaia, continuava a disegnare e ad essere lucida ed attiva. Se volete conoscerla più da vicino, e sentirne anche la voce, potete ascoltare questa interessante intervista sul suo percorso artistico, rilasciata nel 2008. ![]() La scienza: Stonesia I due generi dedicati a Margaret Stones in due momenti lontani della sua vita riflettono non solo differenti fasi della sua carriera, ma in qualche modo anche le due caratteristiche che sapeva congiungere nelle sue illustrazioni botaniche: la precisione e l'accuratezza scientifica da una parte, la bellezza e l'arte dall'altra. Il primo genere, Stonesia, le fu dedicato nel 1953, quando Margaret era arrivata a Kew da poco più di un anno, da George Taylor, uno dei botanici del British Museum si giovò delle sue illustrazioni; la motivazione non potrebbe essere più eloquente: "Denominando questo genere Stonesia voglio esprimere la mia profonda gratitudine a Miss Margaret Stones le cui bellissime illustrazioni, completate con infinita cura e pazienza, sono state del massimo valore per chiarire la struttura fiorale microscopica di queste notevoli piante". Taylor pubblicò il nuovo genere nell'ambito di un articolo sulle Podostemaceae africane (Notes on Podostemaceae for the Revision of the Flora of West Tropical Africa, "Bulletin of the British Museum (Natural History)", Botany 1, 1953) al quale Stones aveva contribuito con quindici tavole di illustrazioni, in cui possiamo notare non solo l'estrema precisione del tratto, la cura dei dettagli, ma anche la scelta sapiente dei particolari, che documentano e rendono evidenti le caratteristiche distintive dei generi e delle specie esaminati, nonché le diverse fasi della vita di ciascuna pianta. Un lavoro di grande precisione, ma anche di sintesi, che richiese certamente molte sedute al microscopio. Le Podstemaceae in effetti sono una famiglia assai singolare, il più vasto gruppo di piante strettamente acquatiche tra le angiosperme; si trovano per lo più nei fiumi tropicali, in particolare nelle acque veloci di cascate e cataratte di corsi d'acqua caratterizzati da una forte stagionalità; si aggrappano alle rocce e al fondo con le radici e durante la stagione delle piogge sono totalmente sommerse nell'acqua corrente, mentre i fiori e i frutti emergono nella stagione secca, quando le acque recedono. In queste particolari condizioni ecologiche, hanno sviluppato caratteristiche uniche: in molte specie non c'è una netta differenziazione tra fusto e foglie; presentano invece un corpo vegetativo più o meno indifferenziato simile al tallo delle alghe, con ramificazioni dicotomiche estremamente sottili e sfrangiate; alcune sono dotate di piccole vescicole che permettono loro di fluttuare a pelo d'acqua. Tipiche sono anche alcune strutture dei fiori: prima dell'antesi sono racchiusi in una specie di piccolo sacco, detto spathella; i tepali, che possono essere più o meno numerosi, in molte specie sono ridotti a scaglie; gli stami per lo più sono due, retti da un unico filamento relativamente inspessito, detto andropodium. Il frutto è una capsula striata. La tassonomia della famiglia è piuttosto complicata perché, a parte poche eccezioni, comprende molti piccoli generi con poche specie, solitamente endemiche di aree ristrette, che si differenziano l'uno dall'altro soprattutto per le strutture dei fiori e le caratteristiche delle capsule. Ciò vale anche per Stonesia, endemico di due aree disgiunte dell'Africa occidentale (Guinea e Cameron), che si distingue dai generi più vicini per il numero e la disposizione delle righe della capsula e per i fiori, caratterizzati da un andropodium e da tre tepali, due ad ogni lato dell'andropodium, il terzo posto alla forcella di quest'ultimo. ![]() e l'arte: Stonesiella Ci porta invece alla stagione di Endemic Flora of Tasmania il secondo genere che celebra Stones, Stonesiella (le è stato dedicato nel 1999 da Crisp e Weston separandolo da Pultenaea). E' un genere monotipico della famiglia Fabaceae endemico della Tasmania la cui unica specie, all'epoca ancora denominata Pultenaea selaginoides, fu raccolta nell'isola da Talbot di Malahide, decritta da Curtis e illustrata da Stones, che nel disegnarla ebbe modo di unire alla precisione (molto evidente nei particolari a grandezza naturale di foglie, petali, stami, frutti, collocati al piede della tavola) una vivace rappresentazione di questo arbusto che, sebbene un po' rigido, non manca di grazia. Molto raro (se ne conoscono solo cinque popolazioni, confinate in due ambienti specifici: da una parte, le brughiere più umide con arbusti alti e le boscaglie aperte di Eucalyptus, dall'altro le macchie arbustive su suolo arido), è alto circa due metri e ha portamento piuttosto sparso, con pochi rami eretti, spogli alla base e fittamente coperti di foglie raggruppate nella parte terminale; i fiori papilionacei giallo brillante bordati di rosso si dispongono in giri che si aprono in successione all'ascella delle foglie o all'apice dei rami. La pubblicazione di The Cactaceae dei botanici statunitensi Nathaniel Lord Britton e Joseph Nelson Rose segna una pietra miliare nella classificazione dei cactus e ne rivoluziona la tassonomia. I quattro volumi, editi tra il 1919 e il 1923 dalla Carnegie Institution for Science, sono anche una sontuosa opera d'arte, grazie ai disegni in bianco e nero e alle tavole a colori, di impressionante precisione, della pittrice britannica Mary Emily Eaton e delle sue collaboratrici; centinaia di fotografie in bianco e nero ne arricchiscono l'apparato iconografico. Anche se da allora le Cactaceae hanno subito numerose revisioni, almeno 50 dei 79 generi stabiliti da Britton e Rose rimangono validi, e i volumi di The Cactaceae sono ricercati da ogni cactofilo. L'opera nasce dalla stretta collaborazione tra Nathaniel Britton, all'epoca direttore del New York Botanical Garden, e Joseph Nelson Rose, un grande e metodico tassonomista al cui il destino ha riservato il ruolo dell'eterno secondo. A ricordarlo i generi Rhodosciadium (Apiaceae) e Roseodendron (Bignoniaceae). ![]() Una classificazione spinosa Come ben sanno gli appassionati di cactus, abituati a fare i conti con continue revisioni e cambi di nome, la classificazione delle Cactaceae è una faccenda spinosa; a ciò contribuiscono diversi fattori: citiamo soltanto la grande variabilità morfologica che spesso rende difficile distinguere specie da specie, specie da sottospecie, specie da varietà; l'alto grado di convergenza evolutiva di queste piante di habitat estremi che fa sì che piante lontane dal punto di vista genetico tendano ad assomigliarsi perché devono affrontare le stesse condizioni ambientali; la difficoltà di raccogliere, seccare e preservare esemplari d'erbario di queste piante spinose, con forme arrotondate e tessuti succulenti. Con la sola eccezione di Rhipsalis baccifera, si tratta di una famiglia esclusivamente americana, in cui gli europei si sono imbattuti con le scoperte geografiche. Probabilmente la prima specie ad arrivare in Europa, forse già con i viaggi di Colombo, fu il fico d'India (qui le Indie sono quelle occidentali) Opuntia ficus-indiae, ma la prima ad essere attestata è un Melocactus "cactus a melone" noto a Londra intorno al 1570. Qualche anno dopo nell'erbario di Tabaernemontanus vengono descritti sia cactus globosi, sia cactus colonnari, che il botanico tedesco chiama Cereus, ovvero "cero, candela". A cavallo tra Cinquecento e Seicento diverse specie sono descritte da altri botanici, come Clusius, L'Obel e Gerard. Pitton de Tournefort pubblica Melocactus e Opuntia, mentre Plumier riporta dai suoi viaggi nelle Antille Pereskia. Questa è la situazione prima di Linneo che nel 1753, in Species Plantarum, descrive 22 specie ma sorprendentemente le raggruppa nell'unico genere Cactus, nome che ricava dal gr. kaktos, una pianta spinosa di Teofrasto non meglio identificata. Più analitico di lui Philip Miller che nella quarta edizione di The Gardener's Dictionary (1754) descrive quattro generi: Cactus, Cereus, Opuntia e Pereskia. Tuttavia, nella nona edizione (1787) farà marcia indietro e si adeguerà alla posizione di Linneo. Poco dopo, nel 1789, Antoine Laurent de Jussieu crea la famiglia Cactaceae. A rimescolare le carte è Haworth che nel 1812 dichiara il genere linneano Cactus inutilizzabile, riservandolo al solo Cactus melocactus L., e lo smembra in Cactus, Cereus, Epiphyllum, Mammillaria, Opuntia, Pereskia e Rhipsalis (creato da Gaertner nel 1788). Nel terzo volume del Prodromus (1828) de Candolle opta per la prudenza, descrivendo sette generi e 174 specie, suddivisi nei grandi gruppi di cactus epifiti e cactus non epifiti. Il grande collezionista principe di Salm-Dyck, che nel suo castello nei pressi di Düsseldorf possedeva la più importante collezione di Cactaceae dell'epoca, in Cacteae in Horto Dyckensi Cultae (1850) pubblica 20 generi, dividendo la famiglia in due gruppi: Cacteae Rotatae, con fiori a disco, e Cacteae Tubulosae, con fiori tubolari. Nel corso del secolo, mano a mano che gli ambienti aridi del Nuovo mondo vengono esplorati e sempre nuove specie vengono scoperte e inviate ai giardini botanici ma anche ai vivai europei, si aggiunge una grande quantità di specie che i botanici tendono a riunire in pochi grandi generi. Nel 1891 nella sua revisione di Genera Plantarum, Otto Kuntze torna addirittura all'antico, ovvero a Linneo, riconoscendo solo tre generi: i piccoli Pereskia e Pterocactus e un super genere Cactus con oltre 1000 specie. La sistematizzazione più influente a cavallo tra i due secoli è tuttavia la monumentale Gesamtbeschreibung der Kakteen, "Descrizione generale dei cactus", di Karl Moritz Schumann, in tredici volumi pubblicati tra il 1897 e il 1898, con un appendice nel 1903. Rifacendosi soprattutto a Salm-Dick, egli accetta 21 generi e 640 specie. Divide poi la famiglia in tre tribù: Rhipsaloideae, Mammillarieae, Echinocactaceae. Una posizione in parte più aperta è quella di Alwin Berger, curatore dei giardini Hambury, che accetta 41 generi e propone di dividere il vasto genere Cereus in 5 1sottogeneri. E' questa la situazione quando entrano in scena i nostri protagonisti, Nathaniel Lord Britton e Joseph Nelson Rose. ![]() Un botanico taciturno, eterno secondo Britton e Rose incominciarono a studiare le Cactaceae nel 1904; entrambi conoscevano bene le flore degli Stati Uniti, dei Caraibi e del Messico e inizialmente il loro intento era pubblicare una revisione complessiva delle specie nordamericane. Solo più tardi, nel gennaio 1911, Daniel MacDougal, il direttore del Desert Laboratory di Tucson, suggerì loro di allargare le ricerche all'intera famiglia e di chiedere il sostegno finanziario della Carnegie Institution for Science. Di Britton ho già parlato in questo post; è ora di conoscere meglio Rose. Aaron M. Socha, un esperto di cactus che ha lavorato per il Giardino botanico di New York, lo ha definito "un individuo così spiccato che neppure Shakespeare avrebbe potuto renderlo universale". Era un uomo taciturno, riservato, modesto e disinteressato agli onori, ma allo stesso tempo determinato; come botanico, un ricercatore instancabile (qualcuno lo ha definito un "cavallo da tiro"), un descrittore minuzioso e un tassonomista di estremo rigore. Ripercorrendo la sua carriera, a me è sembrato un eterno secondo, un Bartali della botanica. E a Bartali assomiglia anche per la forza di volontà, la bontà d'animo, la generosità, la profonda religiosità. Nato nell'Indiana e rimasto presto orfano durante la guerra di Secessione, studiò nel piccolo college di Wabash; mentre seguiva i corsi post laurea di biologia, divenne assistente del suo professore di botanica, John Merle Coulter, che lo volle al suo fianco per studiare un'altra famiglia difficile, le Apiaceae (a quei tempi, si chiamavano ancora Umbellifere); la collaborazione tra professore e allievo iniziò con Revision of the North American Umbelliferae (1888) e, dopo una serie di articoli su vari generi, culminò con Monograph of the Umbelliferae (1900). Secondo i biografi, a fare il lavoro duro fu Rose, mentre Coulter ebbe piuttosto un ruolo di revisore. Nel frattempo, Rose si era sposato e si era trasferito a Washington per iniziare la sua carriera professionale nel Dipartimento di Agricoltura (USDA) come assistente di George Vasey, botanico capo dell'USDA e curatore dell'erbario nazionale. Rose lo affiancò nella pubblicazione delle raccolte di Edward Palmer in Messico e Centro America, con grande apprezzamento di quest'ultimo che nel 1897 lo invitò ad accompagnarlo in Messico; grazie a questa spedizione, Rose si familiarizzò con il lavoro sul campo e imparò le tecniche di raccolta e conservazione anche di piante difficili come le succulente messicane. Nel 1896 l'Erbario nazionale era passato sotto la giurisdizione dello Smithsonian, e Rose fu promosso assistente curatore di botanica, poi dal 1905 curatore associato. Fu questo il vertice della sua carriera, come notiamo anche dal ruolo di vice presidente - in armonia con il suo carattere e il suo destino - di associazioni attive nella capitale come Botanical Society, Washington Botanical Society, Washington Society, Washington Biological Society (di cui, a dire la verità, dopo essere stato il vicepresidente dal 1909 al 1917, divenne presidente nel 1918). Come assistente curatore dell'USDA, organizzò nove spedizioni in Messico e in Centro America, di cui pubblicò i risultati in Studies of Mexican and Central American Plants, 1897-1911. Intorno all'inizio del secolo, incominciò a corrispondere con Britton, cui inviò molti esemplari per il New York Botanical Garden; entrambi erano particolarmente interessati alle Crassulaecae e a partire dal 1903 incominciarono a scrivere vari articoli a quattro mani su questa famiglia, pubblicati per lo più sul Bollettino del New York Botanical Garden. I loro primi lavori comuni sulle Cacataceae risalgono al 1905. Il progetto suggerito da MacDougall fu presentato da Britton e Rose alla Carnegie all'inizio del 1911 e fu immediatamente approvato. Nel 1912 Rose prese un congedo non pagato dallo Smithsonian e fu nominato ricercatore associato della Carnegie, affiancato da due assistenti, W.R. Fitch e P.G. Russel. Britton, che continuava a dirigere l'orto botanico di New York, fu nominato ricercatore associato onorario (ovvero senza paga), mentre il suo collaboratore R.S. Williams fu incaricato di selezionare e preservare gli esemplari per le illustrazioni. ![]() Una rivoluzione tassonomica Quando Britton e Rose incominciano il loro lavoro, la situazione è confusa al massimo grado. Nel corso di un secolo, le specie di cactus, spesso introdotte direttamente non da botanici, ma da raccoglitori di piante al servizio di collezionisti e vivai, si sono moltiplicate a dismisura; e insieme si sono moltiplicati gli errori. Un caos perfettamente descritto dai due botanici nella prefazione del I Volume di The Cactaceae: "descrizioni interpretate scorrettamente, piante identificate in modo sbagliato, errori perpetuati; così la distribuzione geografica di molte specie è stata pubblicata in modo erroneo e le conclusioni basate su dati di questo tipo risultano inaffidabili. Non solo ci sono nomi specifici attribuiti a piante cui non spettano, ma i nomi generici sono diventati interscambiabili e le leggi della priorità sono state ignorate". Quella che Britton e Rose decidono di operare è una rivoluzione; il botanico Lyman Benson ha osservato che, se gli stessi criteri fossero stati applicati a tutte le piante "almeno un milione di piante avrebbero dovuto cambiare nome". Nei quattro volumi di The Cactaceae, i 21 generi accettati da Schumann esplodono e diventano 124, mentre le specie classificate sono 1325. Insomma, per la tassonomia delle Cactaceae, dopo un secolo di prudenza e di enormi super generi, è arrivata l'ora dell'audacia e della suddivisione in molti generi più piccoli, basati sia sulle evidenze morfologiche, sia sulla distribuzione geografica. Anche se i due botanici ottimizzano il tempo, dividendosi il lavoro sia di ricerca sia di scrittura e sono affiancati da una dozzina di collaboratori, il compito è immenso e i cinque anni previsti inizialmente si dilatano a dieci. Bisogna reperire e leggere tutte le descrizioni originali e verificarle quanto più possibile sugli esemplari tipo custoditi negli erbari, quindi confrontarle con le piante vive in coltivazione e/o in natura. Senza dimenticare che il lavoro (1912-1923) verrà a cadere a cavallo della Prima Guerra Mondiale e anche il Messico si chiuderà alle ricerche a causa della rivoluzione messicana. Le Cactaceae vivono nei deserti delle Americhe, ma nell'Ottocento sono state prevalentemente studiate e classificate da studiosi europei, commercializzate da vivai europei e collezionate da collezionisti europei. Ecco perché le ricerche di Rose, già nei primi mesi del 1912, si spostano in Europa. A Londra visita gli erbari di Kew, del Natural History Museum e della Linnean Society e a Parigi l'Hérbier National. Passa poi in Italia dove visita piccole collezioni pubbliche e private di Roma, Napoli, Firenze e Venezia. La tappa principale è però la Riviera, dove Rose va a trovare Alwin Berger; i due botanici corrispondono fin dal 1905, quando Rose aveva scritto a Berger per complimentarsi per il suo studio sulle Cactaceae. E' poi la volta della Germania con gli erbari e gli orti botanici di Monaco e Berlino, la collezione privata di Leopold Quehl ad Halle, il vivaio Haage & Schmidt a Erfurt e l'orto botanico di Darmstadt. Prima di imbarcarsi per gli Stati Uniti, Rose fa ancora un salto ad Anversa per esaminare la collezione privata di Frans de Laet. Le spedizioni sul campo iniziano l'anno successivo. Insieme a sua moglie Elizabeth Knight Britton, all'amica Delia West Marble, membro del Botanical Club, pittrice e fotografa, e al raccoglitore dell'orto botanico di New York John Adolph Shafer, Nathaniel Britton visita le Isole vergini americane, Porto Rico e Curaçao; Rose e i suoi assistenti percorrono Saint Croix, St. Kitts, Antigua e Hispaniola. Nel 1914, mentre in Europa si accendono i fuochi di guerra, Britton torna a Porto Rico per esplorare le isole dell'arcipelago, mentre Rose, accompagnato dalla moglie Lou Beatrice Sims, parte per il suo lungo giro in Sud America. Dopo due brevi tappe in Giamaica e Panama, nel 1915 esplora le zone ricche di cactus di Perù, Bolivia centrale, Cile settentrionale e centrale; come aveva fatto in Europa, a Santiago del Cile esamina le specie tipo raccolte il secolo precedente da Rodolfo Amando Philippi e le specie rare dell'orto botanico. Passa in Brasile, dove studia soprattutto le aree di Bahia e Rio de Janeiro, quindi in Argentina, dove si concentrata sulle province di Mendoza e Cordoba. Come in Europa e in Cile, visita botanici e collezionisti da cui ottiene esemplari e informazioni di prima mano. Nel 1916 Britton è a Cuba insieme a Percy Wilson, mentre Rose e sua moglie concludono il viaggio sudamericano con Curaçao e Venezuela. Per i due botanici è arrivata l'ora del lavoro da scrivania, tanto più che la guerra ora rende difficile gli spostamenti anche in America. Nel 1918, per Rose c'è ancora un viaggio (ad accompagnarlo questa volta è suo figlio Thomas) in Ecuador. Inoltre sono stati coinvolti altri raccoglitori, come J.K. Small inviato nel 1916 in Florida alla ricerca di rare specie di Opuntia o Shafer che nell'inverno 1916-17 fa importanti raccolte in Bolivia, Argentina, Paraguay e Uruguay. Altri esemplari furono inviati da collezionisti, curatori di orti botanici e erbari, studiosi e appassionati. Il primo volume, dedicato alle tribù Pereskieae e Opuntieae, uscì infine nel 1919; il secondo, dedicato alle sottotribù Cereanae e Hylocereanae della tribù Cereae, nel 1920; il terzo, dedicato alle sottotrbù Echinocereanae, Echinocactanae e Cactanae, seguì nel 1922; il quarto, dedicato alle sottotribù Coryphanthanae, Epipyllanae y Rhipsalidanae, completò l'opera nel 1923. Nel 1922 Rose era tornato una seconda volta in Europa, per consultare nuovamente Berger, con il quale aveva continuato a corrispondere, almeno finché la guerra non lo aveva reso impossibile. Ma appena il conflitto era finito, si era affrettato a inviare dall'opulenta America un ricco pacco di cibo all'amico e alla sua famiglia, alle prese con la fame nella Germania postbellica. Pubblicati dalla Carnegie Institution of Science senza badare a spese, oltre ad essere una pietra miliare della botanica, i quattro volumi di The Cactaceae sono una raffinata opera d'arte grazie al ricchissimo apparato iconografico con tavole a colori, disegni e fotografie in bianco e nero nel corpo del testo. A dipingere tre quarti delle 800 tavole fu la pittrice inglese Mary Emily Eaton, che all'epoca lavorava per l'orto botanico di New York; per la precisione del tratto e la vivezza dei colori questa eccellente artista fu definita dai contemporanei "la più grande pittrice di piante dal vivo". A coadiuvarla, un team tutto al femminile: Deborah Griscom Passmore, Helen Adelaide Wood, Kako Morita. Britton e Rose partirono dalle revisioni di Schumann e di Berger, ma si spinsero molto più in là, creando molti generi più piccoli; oltre a correggere le denominazioni di molte specie, ne pubblicarono numerose per la prima volta. Anche se nel secolo che è intercorso da allora la storia tassonomica della Cactaceae ha continuato ad essere travagliata e molte sono state le revisioni, è significativo della qualità del loro lavoro il fatto che ben 50 dei 79 generi da loro creati continuato ad essere accettati, anche se spesso ne sono stati ridefiniti i confini. Inoltre, anche grazie alla splendida veste editoriale, The Cactaceae ebbe anche il merito di destare l'interesse del grande pubblico per una famiglia di piante che all'epoca era ancora poco di moda. ![]() Modeste piante aromatiche e alberi d'oro Terminata l'impresa, Rose riprese il suo lavoro allo Smithsonian. Non cessò però la sua collaborazione con Britton; negli anni '20 i due botanici scrissero insieme la trattazione delle Mimosaceae e delle Caesalpinaceae per la North American Flora. Rose diede ancora prova delle sue grandi capacità di tassonomista ridefinendo il super genere Cassia, il cui status all'epoca era estremamente confuso. Egli morì nel 1928, sei anni prima dell'amico e compagno di avventura. Nella sezione biografie, una sintesi della vita di questo grande botanico, che il destino e l'ordine alfabetico collocano in seconda posizione anche come autore di The Cactaceae. Vorrei salutarlo con le parole di Alwin Berger che lo definì "uno degli uomini meno egoisti e di animo più gentile che io abbia mai incontrato". Come a Britton, anche a Rose furono dedicati numerosi generi (c'è anche una dedica comune, Brittonrosea Speg., oggi sinonimo di Echinocactus); a essere attualmente validi sono due: Rhodosciadium e Roseodendron. Come abbiamo visto, nella sua lunga carriera di tassonomista specializzato nel riportare ordine nella sistematica di famiglie complicate, i primi lavori di Rose furono dedicati alle Apiaceae. E proprio a questa famiglia appartiene Rhodosciadium, che nel 1889 gli fu dedicato dall'illustre botanico Sereno Watson. Il nome, un composto di rhodon, "rosa" e sciadeion "ombrello", si basa su un gioco di parole tra rose, "rosa" in inglese, e Rose, il cognome del nostro botanico e significa "ombrellifera dedicata a Rose". Il genere è distribuito tra Stati Uniti meridionali e Guatemala e gli sono attribuite da cinque a quindici specie. Sono erbacee perenni degli ambienti montani, con ombrelle rade con pochi fiori viola o giallo-verdastro. E' curioso che proprio Rose nel 1895 abbia separato dal genere dedicato a lui stesso alcune specie messicane, assegnandole al nuovo genere Deanea (oggi non accettato). In rete sono disponibili davvero poche informazioni su questo genere discusso; Rhodosciadium longipes (una specie pubblicata per la prima volta da Rose con il nome Deanea longipes) in Messico, dove è chiamata espico, è considerata una pianta medicinale. Una sintetica presentazione del genere nella scheda. Le ricerche di Rose prima in Messico e poi in Sud America ne hanno fatto una figura quasi leggendaria per i botanici dell'America latina. Non stupisce che Faustino Miranda, forse il più noto botanico messicano, nel separare da Tabebuia due specie abbia voluto dedicare a Rose il nuovo genere Roseodendron (1965), ovvero "albero di Rose". La denominazione di Miranda tuttavia fu presto respinta, e le piante furono assegnate a Cybistax, per poi ritornare a Tabebuia. Ricerche molecolari pubblicate nel 2007 hanno però dato ragione a Miranda, raccomandando di resuscitare Roseodendron. Appartenente alla famiglia Bignoniaceae, comprende due sole specie: R. donnell-smithii, e R. chryseum. R. donnell-smithii è la specie più diffusa; raccolta in Messico da Palmer, fu pubblicata proprio da Rose nel 1892 come Tabebuia donell-smithii. E' un albero magnifico che al momento della fioritura si ricopre di grandi fiori dorati; è nota con il nome colloquiale "primavera"; ha un areale abbastanza ampio (dal Messico meridionale al Guatemala) ma è anche frequentemente coltivata. R. chryseum è invece un endemismo delle foreste aride del Venezuela nordoccidentale e della Colombia settentrionale. Rispetto all'altra specie è di dimensioni minori e presenta infiorescenze meno compatte. Qualche approfondimento nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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