A volte, per entrare nella storia - se non altro in quella della botanica - è sufficiente raccogliere un fiore in un giardino. Almeno fu quello che capitò a Clas Alströmer, rampollo di uno dei più ricchi affaristi svedesi, allievo di Linneo, alla prima tappa del suo grand tour nell'Europa mediterranea, quando la magnifica Alstroemeria, stanca di essere scambiata per un'Hemerocallis o un giglio, si fece notare proprio nel giardino del console di Svezia a Cadice. A stretto giro di posta, l'annunciò arrivò a Uppsala, seguito dai semi, guadagnando al fortunato viaggiatore una delle dediche celebrative più veloci della storia. Mentre i suoi compagni di studio affrontavano le onde e le malattie tropicali, fu semplicemente facendo un viaggio di studio in Europa che Alströmer conquistò il fiore più bello tra quelli dedicati da Linneo ai suoi apostoli. D'altra parte, i suoi meriti scientifici non sono irrilevanti: fu un importante collezionista, e soprattutto un mecenate che finanziò i viaggi di molti condiscepoli, non ultimo Carl von Linné il giovane. Grazie a lui, almeno una parte dell'erbario linneano rimase in Svezia, invece di prendere la strada per Londra. Non ultimo merito, fu il protettore di Anders Dahl, il dedicatario del genere Dahlia. ![]() Un grand tour scientifico ricco di incontri A Uppsala, tra gli studenti che, tra il 1757 e il 1760, seguono i corsi di Linneo ce n'è uno con origini familiari molto diverse dai suoi compagni, in buona parte figli di poveri pastori di provincia, che nello studio cercano un'occasione di affermazione sociale. E' Cles Alströmer, uno dei figli minori di Jonas, pioniere della rivoluzione agraria e industriale in Svezia, promotore della diffusione della coltivazione della patata, proprietario di terreni, allevamenti e miniere, ma anche uno dei fondatori dell'Accademia delle scienze svedese. A Uppsala Cles studia agronomia, chimica e mineralogia con Wallerius, botanica con Linneo. E' compagno di studi di Solander, di cui è amico e al tempo stesso rivale. Nel 1760 parte per un grand tour che, per mete e interessi, si differenzia da quello d'obbligo per i rampolli dell'aristocrazia e della ricca borghesia europee; a richiamarlo più che l'arte sono il commercio e i progressi tecnici e scientifici. Nel corso di un triennio, nei vari paesi che visiterà, soprattutto grazie alla sua aura di allievo di Linneo, avrà libero accesso alle maggiori istituzioni scientifiche e conoscerà di persona i maggiori botanici del tempo, di cui ci ha lasciato brevi ritratti penetranti e privi di peli sulla lingua. Benché molte delle sue carte siano andate perdute in un incendio, a informarci su molti particolari del viaggio è il corposo carteggio con il maestro, cui spedì anche una cospicua collezione di piante e animali (oltre 2000 esemplari). La prima tappa fu la Spagna, dove per incarico del padre avrebbe dovuto carpire i segreti dell'allevamento delle pecore merinos, la cui lana era di gran lunga superiore a quella dei capi svedesi; Linneo a sua volta gli affidò la delicata missione di recuperare le collezioni e gli effetti personali di Löfling, morto tragicamente l'anno prima durante la spedizione nell'Orinoco. Partito in nave da Göteborg alla fine di febbraio 1760, Alströmer giunse a Cadice alla fine di aprile; qui fu ospite di Jacob Martin Bellman, il console svedese (nel porto iberico facevano tappa le navi della Compagnia svedese delle Indie orientali); nel giardino del consolato lo colpì una bellissima pianta con due fiori mai visti, nata da semi giunti dal Perù; di questa peregrina de Lima o azucena (ovvero "giglio") de Lima riuscì presto a procurarsi moltissimi semi, che inviò prontamente a Linneo. In Spagna sarebbe rimasto circa quindici mesi, alternando i soggiorni a Madrid e Cadice con puntate a Gibilterra, Siviglia, Granada e in Andalusia. Sorpreso dal maltempo mentre visitava i monti della Castiglia (forse la Sierra morena) si ammalò gravemente; più tardi egli avrebbe fatto risalire a questo incidente l'origine della grave malattia che lo colpì nella maturità. A Madrid frequentò i botanici del Real Jardin Botanico, esprimendo un giudizio molto positivo sull'ormai anziano Minuart e parecchie riserve sulla Flora española o historia de las plantas que se crían en España dell'antilinneano Quer y Martinez, uscita proprio quell'anno. A causa della malattia e poi della morte di José Ortega, fallì l'intento di recuperare gli effetti di Löfling (con una punta di malignità, Alströmer ricorda che i botanici spagnoli consideravano provvidenziale la morte precoce di quel giovane eretico, di cui si diceva si fosse convertito al cattolicesimo in articulo mortis). Ottimo fu invece il rapporto con due vecchi compagni di Löfling: l'astronomo francese Louis Godin, che aveva viaggiato con lui in Portogallo, e il medico Miguel Barnades, che lo aveva guidato alla scoperta della flora madrilena; importante fu poi l'incontro a Cadice con un giovane José Celestino Mutis, sul punto di partire per l'America. Grazie alla mediazione di Alströmer, Mutis entrò così in contatto con Linneo, di cui sarebbe divenuto uno dei principali informatori sulla flora sudamericana. Mentre si trovava in Spagna, Alstroemer ricevette la notizia della morte del padre; dopo aver pensato per un attimo di rientrare in patria, decise invece di continuare il viaggio. Alla fine del 1761 si spostò a Montepellier dove, grazie alle lettere di raccomandazione fornite dal maestro, fu ricevuto da François Boissier de La Croix de Sauvages e Antoine Gouan (che non lo impressionarono né poco né punto). Passò quasi subito in Italia (purtroppo molti dettagli ci sfuggono, a causa della perdita di molte lettere), dove sicuramente fu a Firenze, Pisa, Roma, Napoli, Bologna, Ferrara, Venezia, Padova, Verona, Mantova, Milano e Torino. Ovunque visitò orti botanici, gabinetti scientifici, collezioni e ambienti naturali - dalle pendici del Vesuvio dove raccolse pietre vulcaniche al monte Baldo dove sotto la guida del farmacista Giulio Cesare Moreni fece incetta di semi. Ovunque incontrò botanici a collezionisti, agli occhi dei quali divenne un vero e proprio ambasciatore di Linneo: a Firenze, dove fu ammesso alla Società botanica, Giovanni Targioni Tozzetti e Antonio Durazzini; a Pisa Giovanni Lorenzo Tilli; a Napoli Domenico Cirillo, che gli chiese l'indirizzo di Linneo; a Roma Giovanni Francesco Maratti con il quale discusse a proposito del genere Romulea; a Venezia collezionisti come il vescovo Marco Giuseppe Corner e Filippo Farsetti; a Padova Giovanni Marsili ("un botanico mediocre") e Antonio Vallisneri II ("non è come il padre"); a Milano Vandelli; a Torino Allioni. Gli toccò anche di resistere a seccatori come Saverio Manetti che ad ogni costo avrebbe voluto la dedica di un genere da parte di Linneo. All'inizio del 1763, via Ginevra, giunse a Parigi dove Bernard de Jussieu gli fece grande impressione; guardò invece con una certa perplessità al titanico tentativo di Michel Adanson di creare un sistema naturale e alle ricerche di Buffon sui mammiferi. Fu poi la volta di Londra, dove si fermò circa due mesi, divenendo un'habitué della casa di lady Monson, di cui caldeggiò, questa volta senza alcuna remora, la dedica di un genere botanico da parte del maestro, come ho raccontato in questo post. Dopo un breve passaggio ad Amsterdam, dove visitò i Burman, rientrò infine in Svezia nell'estate del 1764. ![]() Collezionista e mecenate Da quel momento la sua vita fu quella di un importante mercante e imprenditore, in società con il fratello Patrick e poi con il suocero, Niclas Sahlgren, direttore della Compagnia delle Indie Orientali. Quest'ultimo lo coinvolse anche nelle sue attività benefiche, come la fondazione di un orfanotrofio e dell'ospedale di Göteborg (Sahlgrenska Hospital); per valorizzare le sue proprietà agricole e minerarie, fece costruire una strada che collegava la sua proprietà di Alingsås e Göteborg (ancora oggi detta strada degli Alströmer). Nel 1768 fu nobilitato, con il titolo di barone. Nel 1770 divenne presidente dell'Accademia delle scienze. Creò una biblioteca, un gabinetto scientifico e un'importante collezione naturalistica (in gran parte andata perduta, insieme ai suoi manoscritti, in un incendio che devastò la sua proprietà nel 1779). Prima a Kristinedal, la tenuta ereditata dal suocero, poi a Gåsevadholm, dove si era trasferito dopo il fallimento, creò anche un orto botanico; a curare le sue collezioni chiamò Jonas Theodor Fagraeus e, a partire dal 1776, Anders Dahl. Su suo incarico, per arricchire le collezioni quest'ultimo viaggiò sia in Svezia sia all'estero e più tardi divenne il curatore dell'erbario che Alströmer ricevette dal figlio di Linneo. Ma andiamo con ordine: insieme ai suoi fratelli, Alströmer fu un importante mecenate che finanziò i viaggi di naturalisti come Afzelius, Thunberg e Retzius. Nel 1781, tre anni dopo la morte del padre, il figlio, Carl Linnaeus il giovane, desiderava andare all'estero, in particolare a Londra, per raccogliere il materiale necessario al completamento dell'opera paterna; a finanziare il viaggio fu ancora una volta Alströmer, al quale, in cambio il giovane Carl - che era stato suo condiscepolo e amico - cedette il proprio erbario, che includeva anche i doppioni della collezione paterna. Dopo la morte precoce di Carl, la madre (come ho raccontato qui) si affrettò a vendere a James Edward Smith i materiali linneani che presero la strada di Londra; a rimanere in Svezia fu solo l'erbario acquisito da Alströmer, che ne affidò la catalogazione a Dahl. Oggi il "piccolo erbario" (herbarium parvum) è custodito presso il Museo di scienze naturali di Stoccolma. Fin dal suo rientro in Svezia, Alströmer fu afflitto da una misteriosa malattia che consisteva in una graduale paralisi dei muscoli, presumibilmente una forma di distrofia muscolare, del tutto ignota ai medici del tempo. Perse progressivamente ogni mobilità, fino ad essere costretto su una sedia a rotelle. Gli ultimi anni furono anche afflitti da problemi finanziari, in seguito alla bancarotta della società creata con il fratello. Morì nel 1794, a 58 anni. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. ![]() Alstroemeria: fiori di seta alla conquista delle aiuole Quando prima le descrizioni entusiatiche di Alströmer e poi i semi del "giglio di Lima" raggiunsero Uppsala, Linneo ne fu estasiato: era sicuramente una pianta magnifica, e apparteneva a una specie ignota alla scienza, sebbene strettamente affine a due altre già descritte da padre Feuillée come Hemerocallis. Egli poté così stabilire un nuovo genere che si affrettò a battezzare Alstroemeria in onore dell'affezionato allievo che, intanto, continuava a percorrere l'Europa diffondendo il verbo linneano e rifornendo l'orto botanico di Uppsala con continui invii di semi. La pubblicazione avvenne già nel 1762 nell'opuscolo Planta Alstroemeria, che assegnato come tesi di laurea a Peter Falk, fu poi incluso in Amoenitates academicae. Linneo vi descrisse tre specie: A. peregrina, A. ligtu e A. salsilla, oggi Bomarea salsilla. E' curioso notare che A. peregrina, la pianta "scoperta" da Alströmer e subito nota come giglio del Perù, giglio degli Inca, in realtà è un endemismo cileno; tuttavia fu passando attraverso i giardini di Lima che i suoi semi pervennero in Spagna, per rallegrare il giardino del consolato svedese a Cadice. Lo spettacolare genere, un tempo assegnato alla famiglia Liliaceae, fa oggi parte di una famiglia propria, Alstroemeriaceae, insieme ai generi Bomarea, Drymophila e Luzuriaga. Comprende da cinquanta a ottanta specie distribuite in due aree discontinue dell'America meridionale: da una parte il Brasile (con zone adiacenti in Paraguay e Argentina) e dall'altra il Cile (con zone adiacenti in Perù, Bolivia, e Argentina). Sono erbacee perenni rizomatose (ad eccezione della cilena A. graminea, un'annuale del deserto di Atacama) con grandi fiori isolati o a mazzi con sei tepali che possono superare i 5 centimetri, in una vasta gamma di colori che include il rosso, il rosa, il lilla, l'arancio, il giallo, il salmone, l'albicocca, il verdastro, il bianco, con screziature e striature più scure o in colore contrastante. Le specie brasiliane hanno vegetazione estiva, quelle cilene invernale; incrociando i due gruppi gli ibridatori hanno creato ibridi praticamente sempreverdi, capaci di fiorire tutto l'anno. Se un tempo il loro uso principale erano i fuiori recisi, oggi le Alstroemeriae sono uscite dalle serre per diventare anche apprezzatissime piante da aiuola meno difficili da coltivare di quanto farebbe pensare la delicatezza dei loro fiori, simili a grandi farfalle di seta. La scelta è davvero enorme, con almeno 190 cultivar registrate. Qualche approfondimento nella scheda.
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Tra l'esimio anatomista Johann Goffried Zinn e il genere Zinnia, che Linneo gli dedicò nel 1759 come omaggio postumo, il legame è semplice e trasparente: nel catalogo dell'orto botanico di Gottinga, curato da Zinn, compare - anche se con altro nome - la prima immagine a stampa di quella che noi chiamiamo Zinnia peruviana. Ma forse tra Zinn e le zinnie c'è anche un secondo filo rosso, più sottile e misterioso, che ha che fare con gli occhi, lo sguardo e, forse, persino il malocchio. ![]() Una Zinnia sotto mentite spoglie Formatosi a Gottinga alla scuola di Albrecht von Haller, Johann Gottfried Zinn era un giovane e brillante anatomista; tuttavia, dopo essersi perfezionato a Berlino, dove divenne uno specialista della struttura anatomica dell'occhio, quando ritornò a Gottinga non gli fu possibile ottenere la cattedra di anatomia; grazie all'interessamento del suo influente maestro, nel 1753 gli fu tuttavia assegnata quella di professore straordinario di medicina, che includeva la direzione dell'orto botanico dell'università. Zinn prese molto sul serio l'incarico, cercando di stringere rapporti personali con i maggiori botanici europei, tra cui lo stesso Linneo, allo scopo di arricchire le collezioni del giardino. Del suo carteggio con Linneo ci rimangono sette lettere (non ci sono pervenute le risposte dello svedese), che testimoniano un attivo scambio di semi, piante essiccate, pubblicazioni, nell'arco di circa due anni e mezzo (febbraio 1756-settembre 1758). Zinn è particolarmente interessato al genere Salvia, a cui pensa di dedicare una pubblicazione (progetto mai realizzato probabilmente per la sua morte precoce); segnala a Linneo piante coltivate a Gottinga di cui non trova menzione in Speces plantarum; discute su alcune piante, tra cui - nella lettera del 1 ottobre 1757 - Chrysogonum peruvianum. Racconta del suo impegno per la stesura del catalogo dell'orto botanico di Gottinga, Catalogus plantarum Horti academici et agri gottingenis (1757), che sta assorbendo tutto il suo tempo. E' questa in effetti l'opera botanica più importante di Zinn (i restanti contributi sono brevi articoli, pubblicati sotto forma di memorie delle varie accademie di cui faceva parte). Si tratta della continuazione e dell'aggiornamento dell'analoga opera di Haller, Enumeratio plantarum hortii regii et agri gottingensis; entrambi non sono solo un catalogo delle piante coltivate nell'orto botanico universitario, ma anche una flora della regione. Lo scrupolosissimo lavoro di Zinn offre una bella testimonianza dello stato dell'arte, almeno in area tedesca, alla vigilia dell'affermazione del sistema linneano: è evidente che il giovane botanico tedesco ha letto con attenzione Systema naturae (moltissimi generi sono presi da Linneo), ma allo stesso tempo è rimasto fedele all'insegnamento del maestro von Haller, di cui adotta il metodo di classificazione (essenzialmente basato sul numero dei petali e sulle caratteristiche dei frutti) e mantiene i nomi-descrizione. La descrizione di ciascuna specie è in genere brevissima, essendo per lo più limitata al nome-descrizione (intorno a una riga di testo), seguito dai sinonimi usati da altri autori. A fare eccezione, quasi sul finire del libro, è una specie della classe delle Radiatae (uno dei diversi gruppi in cui nel sistema di Haller sono divise le nostre Asteraceae). Dopo il nome-descrizione Rudbeckia foliis oppositis hirsutis, calyce imbricato cilindrico, radii petalis pistillatis "R. con foglie opposte pelose, calice cilindrico imbricato, petali del raggio pistillati", Zinn aggiunge "così possiamo provvisoriamente definire una pianta che presumibilmente merita il nome di nuovo genere". Nel dubbio che si tratti non solo di una specie, ma di un genere nuovo (egli stesso afferma che è ben diverso dalle altre Rudbeckiae), aggiunge una descrizione dettagliata, l'unica del libro, come unica è l'immagine che l'accompagna (che a noi, con il senno di poi, toglie ogni dubbio; quella che vediamo è indubbiamente una Zinnia). Due anni dopo aver licenziato questo lavoro, Zinn morì appena trentaduenne presumibilmente di tubercolosi. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Linneo volle ricordarlo nella decima edizione di Systema naturae (1759) battezzando Zinnia peruviana la pseudo-Rudbeckia di Zinn, che presumibilmente coincide con la pianta che in Species Plantarum (1753) egli aveva chiamato Chrysogonum peruvianum. Zinn non fu dunque, come alcuni sostengono, il primo botanico ad aver descritto una Zinnia (che è lo stesso Linneo), ma il primo ad averne pubblicato un'immagine. ![]() L'anatomia dell'occhio e la pianta del malocchio Qualcuno però, forse poco soddisfatto di un legame in fondo così poco romanzesco, ha voluto trovare tra il medico-botanico tedesco e il genere che gli è stato dedicato una connessione più sfuggente, ma anche più affascinante. Ho già anticipato che Zinn, anche se dal momento in cui divenne direttore dell'orto di Gottinga si convertì in un botanico appassionato, era in primo luogo un grande anatomista. Prima a Berlino, poi a Gottinga continuò i suoi studi sulla struttura dell'occhio, pubblicando nel 1755 Descriptio oculi humani iconibus illustrata, un'opera capitale nella storia della medicina, in cui presentò la prima descrizione completa dell'occhio umano, tanto che rimangono legate al suo nome alcune delle sue strutture: la zonula di Zinn, ovvero l'apparato di legamenti sospensori del cristallino, e i legamenti stessi, noti come legamenti di Zinn. Importantissimo è anche l'apparato iconografico, di una bellezza e di una precisione a lungo insuperata. Ora, a quanto pare, anche la Zinnia avrebbe qualcosa a che fare con l'occhio, o lo sguardo. Zinnia peruviana, la specie di cui Zinn pubblicò per primo un'immagine, in Messico è nota con molti nomi, tra cui mal de ojo. Moltissimi testi - tutti anglosassoni - riportano questa storia: quando i conquistadores arrivarono in Messico, trovarono che questa pianta fosse molto brutta, quindi la chiamarono mal de ojo, ovvero "che fa male agli occhi"; altri aggiungono che sarebbe stato il calco del nome indigeno, in inglese eyesore, ovvero "obbrobrio". Non so a voi, ma a me questa storia sembra molto strana, per non dire sospetta. Tra le decine di testi che la ripetono (che includono siti on-line, libri a stampa, ma anche articoli scientifici) non uno cita la fonte originale; chi sarebbero questi "spagnoli" o "conquistadores" che trovarono tanto brutta questa pianta? quale era il nome azteco (nahuatl?) che corrisponderebbe a eyesore? D'altra parte mal ojo, mal de ojo non significa né obbrobrio, né male agli occhi, ma, come a noi italiani è chiarissimo, "malocchio", ovvero quel nefasto potere dello sguardo che, secondo una diffusa superstizione, sarebbe in grado di seminare disgrazie e malasorte. E' infatti in questa credenza popolare, e non nella pretesa bruttezza della calunniata zinniuccia (mi permetto di chiamarla così, come fanno in Perù dove la chinita - diminutivo di china, zinnia - è stata dichiarata patrimonio naturale della nazione) che va cercata l'etimologia del nome popolare messicano. Z. peruviana è un'annuale i cui piccoli capolini, con fiori ligulati rossi vivo che circondano un disco scuro, possono ricordare un occhio circondato dalle ciglia. E proprio come gli antichi greci - e i marinai di oggi - dipingevano un occhio sulla prua delle navi per difenderle dal malocchio, gli aztechi coltivavano questi fiori nei loro giardini come difesa dal malocchio, che temevano soprattutto nei confronti dei neonati e dei bambini piccoli. La credenza nel malocchio era ben nota anche agli spagnoli, che adottarono il nome e l'usanza. Dunque, non pianta orribile, la cui bruttezza fa male agli occhi, ma pianta protettrice, apotropaica, che combatte il malvagio potere dello sguardo nemico. D'altra parte, è assai improbabile che Linneo abbia scelto questa pianta per onorare Zinn come specialista dell'occhio, come qualcuno ha sostenuto. Come abbiamo già visto, il motivo è molto più semplice e prosaico. ![]() Zinnia, un'affermazione difficile Il genere Zinnia, della famiglia Asteraceae, comprende 22 specie di erbacee annuali, perenni e suffruttici originari delle radure e delle praterie aride di un'area che va dagli Stati Uniti Sudoccidentali all'Argentina, con maggiore centro di diversità in Messico. Oggi è tra le più note annuali da giardino, ma la strada per tanta gloria fu lunga e tortuosa. Z. peruviana, la prima specie descritta da Linneo, è anche quella con l'aerale maggiore, spaziando dallo stato di Chihuahua in Messico al Paraguay, passando dalle Antille e dalle Galapagos; fu inoltre la prima ad arrivare in Europa; sappiamo con certezza che 1753 il Jardin des Plantes ne distribuì i semi a molti botanici, tra cui presumibilmente Haller a Gottinga, Philipp Miller a Londra e Linneo a Uppsala (come e da dove fossero giunti a Parigi non sappiamo, forse dal Messico, forse dal Sud America, visto che Linneo la chiama "calendula del Brasile"). A fine secolo, la specie è coltivata sotto vari nomi anche a Kew e dai vivai Lee & Kennedy. Ma con i suoi piccoli fiori e il portamento da erbaccia non è certo popolare e passa piuttosto inosservata in mezzo a tante novità giunte da oltre oceano. A fine secolo entra in scena la messicana Z. elegans; descritta per la prima volta con questo nome da Sessé e Mociño nel 1789, e formalmente da Cavanilles come Z. violacea nel 1791, quindi di nuovo come Z. elegans l'anno successivo da Jacquin. In ogni caso, i semi arrivano a Madrid e Gomez Ortega ne dona alcuni alla marchesa di Bute, la moglie dell'ambasciatore britannico in Spagna (John Stuart, primo marchese di Bute, figlio di lord Bute, il primo creatore di Kew). Ed è proprio la marchesa a introdurne la coltivazione in Inghilterra intorno al 1796. Il successo non è immediato; in natura, anche questa specie non è molto appariscente, con un singolo giro di fiori del raggio di colore violaceo. Tuttavia nel 1829 un certo J.S. Mill presenta alla Horticultural Society una varietà a fiori rossi da lui ottenuta da semi che gli sono giunti direttamente dal Messico, nota come Z. violacea var. coccinea. In Inghilterra come in Francia e in Belgio incominciano ad interessarsene i vivaisti, per soddisfare la crescente domanda di semi a buon prezzo di piante di facile coltivazione. Nel 1858, grazie a semi attenuti dalle Antille, Grazau di Bagneres ottiene la prima varietà doppia fertile, che due anni dopo è commercializzata dal celebre vivaio Vilmorin. Il successo è notevole, ma di breve durata, tanto che già a fine secolo le zinnie sono considerate demodé. Negli ultimi decenni del secolo vengono selezionate molte nuove varietà, destinate però ad essere soppiantate dalle ricerche dell'ibridatore californiano John Bodger che a partire dagli anni '20 del Novecento crea varietà a grandi fiori come 'Giant Dahlia' e 'Mammoth', che domineranno la scena per qualche decennio, grazie a una scelta sempre più ampia di forme e colori. In anni più vicino a noi, a rinnovare le vecchie varietà sarà invece l'irruzione di altre specie dal portamento meno rigido e monumentale, in particolare Z. angustifolia e Z. haageana. Qualche approfondimento, come sempre, nella scheda. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
February 2025
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