La grande Caterina, per dare lustro alla scienza russa e conoscere le risorse dell'immenso territorio che governa, finanzia generosamente una grande spedizione, guidata dallo zoologo tedesco Pallas; tra i capi della spedizione, anche il depresso apostolo di Linneo Johan Peter Falk. Anche se il suo maestro pensava che il moto e l'amore per la natura fossero il miglior rimedio per il più nero degli umori neri, la ricetta con Falk non funziona. E lo studioso si rivelerà il peggior nemico di se stesso, più pericoloso del freddo siberiano e dei ribelli di Pugačev. Il transito di Venere e la Spedizione dell'Accademia Nel 1761 e nel 1769, in occasione dei due "transiti" ravvicinati di Venere (ovvero dell'interposizione del pianeta tra la Terra e il Sole) le grandi monarchie europee organizzarono importanti spedizioni scientifiche. Fu anche uno dei primi casi di collaborazione scientifica internazionale, con il coinvolgimento di astronomi e scienziati di molti paesi. L'imperatrice di tutte le Russie Caterina II volle dare prestigio alla nascente scienza russa partecipando in grande stile all'impresa. Se nel 1761 nell'impero russo le osservazioni erano state deludenti a causa delle avverse condizioni atmosferiche, nel 1769 Caterina (che si era impadronita del potere nel 1762) non si fece cogliere impreparata: con un anticipo di alcuni anni, vennero predisposte le attrezzature e organizzate non una, ma una serie di spedizioni, in punti diversi del paese. Cinque furono concentrate nella durata e negli obiettivi, essenzialmente astronomici e geografici, ma la sesta (nata inizialmente come impresa collaterale) assunse proporzioni grandiose: gli scienziati avrebbero dovuto esplorare estensivamente la Russia orientale e meridionale, il Caucaso e la Siberia; oltre ad individuare i luoghi più favorevoli per l'osservazione del transito di Venere, avevano il compito di raccogliere quante più informazioni possibili sulle potenzialità economiche, gli usi e i costumi, le piante, gli animali e le ricchezze naturali dell'immenso impero russo. La grande spedizione venne organizzata dell'Accademia delle scienza russe, di cui coinvolse molti membri; a capeggiare l'impresa venne chiamato un brillante zoologo tedesco, Peter Simon Pallas, donde i due nomi con cui è nota: "spedizione dell'Accademia" e "spedizione di Pallas". Giunto a Pietroburgo all'inizio dell'estate 1767, Pallas impiegò un anno a pianificare accuratamente gli itinerari, la logistica e gli obiettivi scientifici, partendo tra l'altro dallo studio approfondito delle spedizioni precedenti, la più importante delle quali è la cosiddetta Grande spedizione del Nord degli anni 1733-1743. Venne deciso di suddividere l'esplorazione tra cinque corpi di spedizione indipendenti, tre dei quali avrebbero avuto come fulcro la regione di Orenburg (avamposto della colonizzazione della Siberia, sul fiume Ural) , la più promettente anche dal punto di vista economico; due la regione di Astrachan' (sul fiume Volga, da cui muoveva invece l'espansione verso il Caspio e il Caucaso). A capo di ciascun gruppo furono nominati prestigiosi scienziati, tutti stranieri con una sola eccezione; i tre gruppi di Orenburg furono guidati rispettivamente dallo stesso Pallas (che aveva anche il coordinamento generale della spedizione); da Ivan Ivanovič Lepëchin, russo ma formatosi all'Università di Strasburgo; da Johan Peter Falk, svedese e allievo di Linneo. I corpi di spedizione di Astrachan' furono capeggiati dal tedesco Samuel Gottilieb Gmelin e dal lettone Johann Anton Güldenstädt (suddito russo di lingua e cultura tedesca). Oltre a un numero variabile di servitori, cuochi, cacciatori, guide, li accompagnavano studenti e assistenti russi: il tal modo la spedizione fu anche un'eccezionale esperienza di formazione sul campo, da cui uscì un'intera generazione di scienziati. In corso d'opera, gli obiettivi si fecero più ambiziosi; dagli iniziali quattro anni, si passò a sette anni (1768-1774), con un ampliamento dell'area esplorata che si estese dal Mare del Nord al Caucaso, dal Volga alla Siberia orientale. Con una spedizione ottimamente pianificata da Pallas e finanziata da Caterina II senza badare a spese, i viaggiatori (almeno rispetto alle vicissitudine di tanti esploratori contemporanei) poterono far fronte con relativo successo alle indubbie difficoltà ambientali: il caldo torrido d'estate, il fango dopo il disgelo e dopo le piogge autunnali, ma soprattutto il proverbiale freddo siberiano; il termometro di Pallas gelò, mentre un assistente di Güldenstädt perse le dita dei piedi per assideramento. I pericoli vennero piuttosto dai fattori umani. Georg Moritz Lowitz, uno degli astronomi impegnati nell'osservazione del transito di Venere, incappò nella rivolta di Pugačev e fu impiccato dai ribelli; Gmelin fu catturato da un signorotto locale nella zona di Derbent (Dagestan) e morì in prigionia, mentre attendeva il pagamento del riscatto. Anche il destino di Falk, il dodicesimo apostolo di Linneo, si concluse in modo tragico. Il difficile viaggio di Johan Peter Falk Quando venne decisa la spedizione, Falk si trovava in Russia da qualche anno in veste di dimostratore dell'orto botanico di Pietroburgo. Inizialmente non si pensò a lui: aveva già più quarant'anni e, soprattutto, praticamente da sempre soffriva di ipocondria e depressione. Soltanto alla fine dell'estate 1768, quando gli altri gruppi erano già partiti da mesi, si decise di aggregare Falk alla spedizione, probabilmente per la sua competenza botanica e in quanto allievo di Linneo; per classificare le specie vegetali si decise infatti di applicare il sistema sessuale linneano. Dopo aver trascorso l'inverno a Mosca, nel maggio 1769 Falk raggiunse Pallas a Samara e per due settimane viaggiarono insieme. Quindi Falk si mosse verso sud, lungo il Volga, toccando Syzran, Saratov, Carycin (Volgograd), dove svernò. Nella primavera, fu ricevuto dal khan dei calmucchi, stanziati a occidente di Astrachan'. Già a Samara aveva dato segni di depressione, risentendo negativamente della responsabilità di dover dirigere una spedizione scientifica, tanto che l'accademia delle Scienze decise di affiancargli un giovane chimico tedesco, Johann Gottlieb Georgi, che lo raggiunse nel giugno 1770 a Uralsk. Insieme i due si recarono ad Orenburg dove rimasero fino alla fine dell'anno. A quanto sembra, Georgi non poté fare molto per alleviare i problemi di Falk, tanto più che i loro rapporti erano abbastanza tesi (lo svedese sospettava il giovane collega di volersi impadronire dei suoi risultati scientifici). All'inizio del 1771, si separarono: Falk si mosse a est lungo la linea fortificata che proteggeva Orenburg dalle incursioni dei nomadi, mentre Georgi esplorò la Baschiria e gli Urali meridionali. I due si ricongiunsero a Čeljabinsk nella Siberia meridionale, dove Georgi trovò Falk ammalato. Quando si fu rimesso, insieme, sempre spostandosi verso est, raggiunsero Omsk. Da qui attraverso la steppa di Barabinsk si mossero verso gli Altai settentrionali, esplorando la zona mineraria di Barnaul. Quindi si diressero verso nord, raggiungendo Tomsk, dove intendevano trascorrere l'inverno. Le condizioni di Falk erano però sempre più compromesse; a Tomsk, Georgi ricette l'ordine di raggiungere la spedizione di Pallas che affidò al suo assistente Anton Valter il compito di accompagnare Falk a Pietroburgo. Da questo momento la spedizione-Falk venne sciolta e i suoi membri si aggregarono al gruppo di Pallas. Nella primavera del 1772, Falk iniziò il suo viaggio di ritorno, muovendosi con lentezza; a ottobre raggiunse Kazan, dove trascorse l'inverno; prima di proseguire per Pietroburgo, chiese e ottenne di potersi curare alle terme di Kizljar, apparentemente con buoni risultati. Tuttavia quando alla fine dell'anno rientrò a Kazan, le sue condizioni precipitarono: per settimane, fu costretto a letto, nutrendosi solo di tè e di pane svedese (avete presente quel pane croccante che vendono all'Ikea?), soffrendo di mal di testa, insonnia, crampi e dolori di varia natura che cercò di alleviare con l'oppio (l'uso del laudano, tintura alcolica di oppio, era a quei tempi abituale, veniva addirittura prescritto ai lattanti che soffrivano per la dentizione). Nel gennaio del 1774, quando lo ritrovò a Kazan, Georgi si trovò di fronte uno scheletro, con lo sguardo selvaggio, che quasi non parlava. Tuttavia, Falk sembrò riprendersi e quella che doveva essere la sua ultima giornata trascorse abbastanza calma, tanto che alla sera Georgi e un servitore, su sua richiesta, lo lasciarono solo. Ma al mattino li aspettava un macabro spettacolo: il cadavere di Falk ricoperto di sangue e sfigurato. Durante la notte si era tagliato la gola con un rasoio, quindi si era sparato alla testa. Nonostante i tormenti della depressione e le continue malattie, reali o immaginarie del povero naturalista svedese, sul piano scientifico la spedizione di Falk ottenne risultati rilevanti. Raccolse materiali etnografici sulla vita quotidiana dei Russi meridionali e sui popoli tatari, baskiri, kalmucchi e cosacchi. Si distinse nell'esplorazione delle risorse minerarie e nello studio delle acque, di cui diede anche una prima classificazione (che sarà perfezionata proprio da Georgi). Quanto alla botanica, mise insieme una notevole collezione della flora della steppa delle rive del Volga, degli Urali, della Siberia occidentale e dei dintorni di Kazan. Georgi, oltre a spedire a Pietroburgo i materiali raccolti da Falk, curò anche la pubblicazione dei suoi diari di viaggio (Beiträge zur topographischen Kenntniss des Russischen Reichs). Qualche notizia in più sull'infelice allievo di Linneo nella biografia. Falkia, una tappezzante antidepressiva La pianta che onora la memoria di Falk non arriva dalla Siberia o dalle steppe russe, ma dal Sudafrica. Ancora una volta fu Thunberg a dedicare al condiscepolo da poco perito tragicamente uno dei tanti nuovi generi che veniva scoprendo in quel paradiso dei botanici. Egli raccolse la pianta nel 1774 e la pubblicò nel 1781 in Nova genera plantarum (con la grafia Falckia); l'anno successivo fu pubblicata anche dal figlio di Linneo, a cui il genere è stato a lungo attribuito. Il genere Falkia, della famiglia Convolvulaceae, comprende tre specie, tutte africane. La più nota è Falkia repens, una tappezzante dalla graziosa fioritura che nei climi miti può essere utilizzata in alternativa al tappeto erboso, particolarmente apprezzabile in tempi di siccità e riscaldamento globale. Simile alla più nota Dichondra, meriterebbe di essere più conosciuta e coltivata: è adattabile a diversi tipi di suolo; cresce all'ombra come al sole; forma un denso tappeto verde, con graziose foglioline tondeggianti che assomigliano a orecchie (il nome afrikaans è infatti oortjies, "piccole orecchie"); può essere utilizzata anche come ricadente. E soprattutto, regala una pregevole fioritura di un delicato bianco-rosato. Se si considera che, al contrario del tappeto erboso, non occorre neppure falciarla, nessuna depressione a coltivare la Falkia! Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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