Approfittando di una breve periodo di pace durante le guerre napoleoniche e della sua amicizia con David Lance, direttore della factory britannica di Canton, Banks decise di inviare nel porto cinese un giardiniere, che soggiornandovi qualche anno, oltre ad inviare in patria le piante più desiderabili, potesse studiare le avanzate tecniche orticole del paese di mezzo. La sua scelta cadde su William Kerr, giovane e abile giardiniere di origine scozzese. Kerr rimase a Canton per otto anni, per poi essere nominato curatore dell'orto botanico di Colombo, nell'isola di Ceylon, dove sarebbe morto poco dopo; se la sua impresa sia stata un successo o meno, è motivo di discussione. Alcune fonti lo dipingono come un instancabile procacciatore di piante, cui si dovrebbe l'introduzione in Europa di 238 nuove specie. La sua morte in giovane età sarebbe dovuta a una di quelle malattie che tanto spesso decimarono gli europei nei paesi tropicali. Secondo John Livingstone, chirurgo della factory, che lo conobbe molto bene, la realtà sarebbe un po' meno rosea. Entusiasta e attivo nei primi tre o quattro anni, poi in seguito ad alcune "cattive abitudini", sarebbe diventato via via sempre più abulico, fino ad essere incapace di assolvere i suoi compiti. Per quanto Livingstone non lo dica in modo esplicito, gli studiosi ne hanno dedotto che Kerr fosse diventato oppiomane (e questa sarebbe anche la causa della sua morte). D'altra parte, i cataloghi di Kew ridimensionano di molto la quantità delle sue introduzioni; tuttavia si tratta quasi sempre di specie molto importanti, di secolare coltivazione in Cina, che egli si era procurato presso i vivai locali. Tra le altre, anche l'arbusto che porta il suo nome, Kerria japonica, di cui introdusse in Europa la forma a fiore doppio. ![]() A caccia di piante nei vivai cinesi Nel 1802 venne firmata la pace di Amiens tra Francia e Gran Bretagna; Joseph Banks, che dieci anni prima aveva dovuto registrare il fallimento dell'ambasciata Macartney, pensò che fosse giunto il momento di tentare un'altra strada per arricchire Kew di piante cinesi. Ogni tanto qualcuna arrivava grazie ai capitani e agli equipaggi delle navi della Compagnia Britannica delle Indie Orientali (British East India Company) che ogni anno facevano il lungo viaggio dal porto di Canton - l'unico aperto pur con molti limiti agli occidentali - ma egli sperava in risultati più eclatanti. Tanto più che il capo dell'emporio inglese (british factory) era un amico, David Lance. L'idea era di inviare a Canton uno dei giardinieri di Kew che, risiedendo sul posto per un periodo relativamente lungo, avrebbe potuto non solo procurarsi le piante più desiderabili (e desiderate), ma anche apprendere le tecniche orticole dei Cinesi, universalmente considerati maestri dell'agricoltura intensiva. Per la delicata missione Banks scelse un giovane giardiniere scozzese, William Kerr, che aveva potuto appezzare per la sua competenza, la sua passione e, cosa non secondaria, la robustezza fisica. Nell'aprile 1803, nell'atto di comunicargli la nomina a Giardiniere reale, nelle sue istruzioni gli raccomandò diligenza, sobrietà, frugalità, facendogli balenare la prospettiva di migliorare di molto il suo destino, se avesse ben meritato. Seguiva una lista minuziosa di richieste: avrebbe dovuto osservare il modo in cui i cinesi coltivano i frutti utili; scoprire il loro metodo per trarre concime dagli escrementi umani; studiare le modalità cinesi per fabbricare corde, le migliori del mondo; apprendere le tecniche per mantenere le piante nane (ovvero coltivare bonsai). Suo compito principale, ovviamente, era arricchire i giardini reali di piante "belle, curiose e utili", con particolare riguardo a quelle del nord della Cina che supponeva più adatte al clima inglese. Banks era ben consapevole che il suo giardiniere non avrebbe avuto libertà di movimento, anzi gli consigliava grande prudenza, vista la sospettosità dei cinesi; era tuttavia convinto che egli avrebbe comunque potuto procurarsi piante interessanti nei mercati e nei vivai aperti agli stranieri. Gli raccomandava, se possibile, di farsi assegnare un giardino, dove propagare le piante e prepararle per gli invii annuali, nel maggior numero possibile e pronte per affrontare il lungo e difficile viaggio in vasi e cassette appositamente allestiti. Seguiva poi una lunga e dettagliata lista di piante più o meno desiderabili, tanto per la loro utilità quanto per la loro bellezza, contrassegnate da un numero crescente di asterischi (da uno a cinque). Kerr dovette partire poco dopo, visto che era a Canton (o, se preferite, Guangzhou) all'inizio del 1804. John Livingstone, chirurgo nella factory britannica (uno dei tredici empori concessi agli europei) che fece il viaggio con lui lo descrive come un giovane entusiasta, un giardiniere e un botanico molto preparato, di notevole vigore fisico, tanto da affrontare scalate sotto il sole a picco, come dimostrò a Macao, l'ultima sosta prima entrare nel Fiume delle perle e unico territorio cinese dove fosse possibile studiare e raccogliere piante in natura, visto che gli stranieri non potevano muoversi liberamente al di fuori della piccola enclave costituita dagli empori. Arrivato in Cina, Kerr si mise subito al lavoro con solerzia, procurandosi piante nei mercati e nei bellissimi vivai che sorgevano sull'altra riva del fiume, a due o tre miglia dalla concessione. Aperti agli stranieri, anzi largamente pensati per soddisfare le loro esigenze, questi vivai di Canton, noti come Fa Tee, erano una delle meraviglie della città. Tra le numerose descrizioni che ce ne sono giunte, la più dettagliata si deve al famoso cacciatore di piante Robert Fortune, che li visitò negli anni '40: di piccole dimensioni, vi si vedevano centinaia e centinaia di piante in vaso, allineate su due file lungo sentieri pavimentati, scelte soprattutto tra quelle più vistose e apprezzate da cinesi e stranieri, come camelie, magnolie, peonie arboree; c'erano anche bonsai e fiori recisi, soprattutto per abbellire le chiatte e le case che sorgevano lungo il fiume durante le feste come il Capodanno. Un'altra possibile fonte di approvvigionamento erano i giardini privati dei grandi hong, i mercanti cinesi autorizzati a commerciare con gli europei; quelli più ricchi possedevano mirabili giardini, dove venivano coltivate piante difficilmente reperibili nei viavai. Sicuramente Kerr visitò quello di Pinkaqua II, cui, tramite Lance, Banks aveva fatto pervenire numerosi doni. Il mercante lo ricambiò con diversi oggetti di raffinato artigianato, un bonsai ultracentenario e alcune rare peonie moutan. A poche settimane dal suo arrivo in Cina, Kerr era già in grado di rispondere ad alcuni degli interrogativi di Banks e di predisporre un primo invio che partì già a febbraio a bordo della nave della compagnia delle Indie Henry Addington, dove era stata allestita una specie di serra viaggiante. Non fu un viaggio facile; infatti nel frattempo tra Francia e Inghilterra erano ricominciate le ostilità e le navi britanniche, che avevano fatto il viaggio di andata in tempo di pace ed erano prive di salvacondotti, il 14 febbraio, mentre incrociavano nel mar della Cina presso Pulo Aura, furono attaccate da un'imponente flotta francese e dovettero aprirsi la strada a cannonate. Dopo la lunga traversata, arrivarono ai Docks di Londra ad agosto; marinai e comandanti furono festeggiati come eroi nazionali e premiati con denaro e oggetti simbolici; quel che più conta per noi, molte piante "belle, interessanti e utili", come si sarebbe espresso Banks, andarono ad arricchire le aiuole di Kew. Ecco l'elenco (tra parentesi i nomi attuali): Gardenia spinosa (Catunaregam spinosa), Gardenia radicans (G. jasminoides), Pittosporum tobira, Lilium japonicum, Lililium tigrinum (L. lancifolium), Nandina domestica, Dianthus japonicus, Crataegus glabra (Photinia glabra), Aster hispidus, Sagittaria obtusifolia (Limnophyton obtusifolium), Begonia discolor (B. grandis subsp. grandis), Pinus lanceolata (Cunninghamia lanceolata), Juniperus chinensis, Taxus macrophylla (Podocarpus macrophyllus). Insieme a loro, viaggiarono le lettere di Kerr per Aiton e Banks (ho potuto consultare l'indice, ma non il testo), contenenti una lista delle piante inviate (che saranno state molto più numerose, se corrisponde al vero l'affermazione di Livingstone che solo una pianta su 100.000 aveva la speranza di arrivare viva in Inghilterra) e note sui bonsai, la fabbricazione di corde, il giardinaggio cinese e il giardino di Pinkaqua, il metodo per preparare il terriccio per la coltivazione in vaso, l'uso del letame. Un altro invio raggiunse l'Inghilterra l'anno successivo, a bordo della Winchelsea; per il 1805 gli invii registrati nel catalogo di Kew sono solo tre: Mussaenda pubescens, Nymphea pigmaea (N. tetragona), Corchorus japonicus (Kerria japonica). ![]() Un destino e una fine misteriosi Un invio tanto modesto sarà da imputare alle vicissitudini del viaggio per mare, ma altri segni ci dicono che qualcosa doveva cominciare a non funzionare. Sappiamo dal diario di viaggio di Kerr, l'unico conservato, che nel febbraio 1805 egli partì da Macao per l'isola di Luzon nelle Filippine, dove si trovò coinvolto in infinite discussioni con le autorità per avere il permesso di inviare in Inghilterra semi e piante vive; si trattenne nell'isola fino alla fine dell'estate, visitando varie località e raccogliendo diversi esemplari, di cui quasi nulla arrivò vivo in patria. Lo stesso anno dovette visitare anche Giava, ma non abbiamo informazioni precise in merito. Questo viaggio potrebbe essere indizio del crescente disagio della sua situazione a Canton, Secondo il dottor Linvingstone, che è la nostra principale fonte sul soggiorno cinese di Kerr, la sua posizione sociale fece di lui un disadattato. La rigida stratificazione in classi della società britannica del tempo vigeva anche nelle factories di Canton; da una parte c'erano i gentiluomini: gli impiegati di alto livello della Compagnia delle Indie, i mercanti accreditati, i capitani e gli ufficiali delle navi, i visitatori ricchi e altolocati; dall'altra c'era la bassa manovalanza di impiegati, nonché uno stuolo di servitori cinesi. Nonostante l'altisonante titolo di Giardiniere di sua Maestà britannica, Kerr era fuori posto con gli uni e con gli altri; inoltre il suo stipendio di 100 sterline annue, buono per un giardiniere in patria, era poca cosa in Cina, dove tutto era carissimo; non gli bastava neppure per rinnovare il guardaroba, tanto che per la sua estrema povertà cominciò ad essere guardato con disprezzo dai suoi stessi servitori cinesi. Sempre secondo Livingstone, dopo tre o quattro anni in cui si mostrò solerte e attivo, incominciò a cambiare carattere; era svogliato, procrastinava ogni cosa; avendo contratto "cattive abitudini estranee al suo carattere" cominciò a incorrere in frequenti cadute, riportando ferite e contusioni che lo rendevano inabile al lavoro per giorni. Qualche studioso ha pensato all'alcool, ma l'indiziato più accreditato è l'oppio. Questa tesi è stata abbracciata con entusiasmo dal romanziere Amitav Ghosh nel suo Il fiume dell'oppio, dove uno dei personaggi, il giardiniere cinese Ah Fey, si vanta di essere stato il fornitore di Kerr tanto per le piante quanto per l'oppio. Quello che è certo è che gli invii documentati dal catalogo di Kew si fanno sempre più magri: nel 1806, a bordo della Hope arrivano Gardenia macrantha (Euclinia longiflora) e Lonicera japonica e a bordo della Wilmer Caske Paederia foetens. Nel 1807, a bordo della Cuffnells è la volta diRosa banksiae, nella forma bianca a fiori doppi, e di una Camellia sasanqua; in date che non è possibile precisare, si aggiungono Cupressus pendula Thun. e Bletia hyacinthina (Bletilla striata). Oltre che in patria, Kerr dovette inviare qualche pianta anche al giardino botanico di Calcutta; sappiamo inoltre che fece eseguire da alcuni artisti cinesi delle illustrazioni di piante, che per qualche anno furono custodite nel Museo della Compagnia delle Indie. Secondo il Gardener Magazine, gli si devono inoltre l'introduzione di diverse varietà di crisantemi, di alcune peonie arboree e di Enkianthus quinqueflorus. Come si vede, siamo lontanissimi dalle 238 specie attribuitegli da molte fonti. Del resto, non risulta alcun invio dopo il 1807, anche se Kerr rimase a Canton fino al 1812. Nel 1810, per volontà di Banks, nell'Isola degli schiavi presso Colombo (Sri Lanka) era stato fondato un giardino botanico e quell'anno Kerr ne venne nominato primo soprintendente. Una decisione che può stupire, se davvero egli era divenuto oppiomane, abbandonando la vita di dedizione al lavoro e sobrietà tanto raccomandata da sir Joseph. Tuttavia è possibile che Banks, sempre molto corretto verso i suoi dipendenti e sollecito verso i suoi protetti, possa aver visto in questo incarico un modo per salvare Kerr, allontanandolo dalle cattive abitudini. Ma ormai era tardi. Il giardiniere morì a Ceylon già nel 1814, poco più di un anno dopo aver assunto l'incarico. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Per concludere, una piccola curiosità: una distilleria di Hawick, il paesino dei Borders scozzesi dove Kerr era nato in una data imprecisata, gli ha dedicato il William Kerr's Border Gin; inutile dire che l'azienda presenta Kerr come un eroe locale, raccoglitore instancabile che introdusse in Europa 238 piante, di cui si vuole celebrare "il coraggio e il senso di avventura, senza menzionare l'esploratore interiore che è in tutti noi". ![]() Kerria, simbolo di primavera e di cadicità Quando ero bambina, nel giardino di mia nonna c'erano grandi cespugli dai fiori gialli che lei chiamava Corchorus. Solo più tardi ho scoperto che si trattava di Kerria japonica (quei cespugli ci sono ancora, e uno lo vedete nella fotografia qui accanto). Nel 1771, sulla base di un esemplare d'erbario, Linneo aveva attribuito questo arbusto di apparente origine giapponese, con fiori bianchi simili a quelle delle fragole, al genere Rubus con il nome R. japonicus. Nel 1784, Thunberg, sulla base di un esemplare d'erbario da lui raccolto in Giappone, presumibilmente mal conservato, lo ribattezzò Corchorus japonicus; una solenne cantonata, se si pensa che i veri Corchorus sono Malvaceae. A rimettere le cose a posto pensò de Candolle che nel 1817 in una comunicazione alla Linnean Society lo assegnò correttamente alla famiglia Rosaceae e lo attribuì a un genere proprio, Kerria, in onore di "William Kerr che, secondo la testimonianza di Robert Brown, ha introdotto in Europa dalla Cina un gran numero di piante, tra cui in particolare proprio quella di cui ci stiamo occupando". Per chissà quale strane ragioni, il vecchio sinonimo di Thunberg si è insinuato nei cataloghi dei vivai, dove a volte è ancora usato. Kerria japonica (L.) DC. è l'unica specie del genere Kerria. E' di origine cinese, ma deve essersi naturalizzata in Corea e in Giappone da tempi immemorabili. Nei giardini è comune soprattutto 'Pleniflora', la varietà a fiori doppi, simili a pon-pon dorati; di origine orticola, era coltivata da secoli in Cina quando Kerr la importò in Europa, avendola presumibilmente acquistata in un Fa-Tee. La forma selvatica ha invece cinque petali e arrivò in Europa qualche decennio più tardi. Meno vigorosa della sorella a fiori doppi, continua ad essere meno comune nei giardini, così come la forma con foglie variegate, 'Variegata' (detta anche 'Picta'). Ne esiste anche una forma con fiori bianchi, 'Alba'; è rara ed è improbabile che l'esemplare su cui lavorò Linneo vi appartenesse; più facilmente, come ipotizzò de Candolle, i fiori originariamente gialli si erano scoloriti seccando (del resto, i fiori di Kerria tendono a sbiadire al sole, motivo che consiglia di scegliere per loro una posizione un poco ombreggiata). In ogni caso, soprattutto nella forma doppia, continua ad essere uno degli arbusti più popolari nei giardini, anche perché è adattabile e capace di prosperare per decenni quasi senza cure. I fiori sono di un colore fin troppo sfacciato, accettabile tuttavia come solare araldo della primavera. Ha un ruolo importante nella cultura giapponese, che con il poetico nome di Yamabuki ("brezza di montagna") la celebra con liriche e dipinti e le ha assegnato connotazioni simboliche contraddittorie. Fiore della primavera dal colore dell'oro, associato dunque al rigoglio e alla ricchezza, è anche simbolo malinconico di caducità, di transitorietà: la sua ricchezza è soltanto un'illusione, poiché i suoi fiori non danno frutto (nella forma doppia è infatti sterile). Nella scheda qualche notizia in più su altre varietà.
0 Comments
Da qualche anno incontra un crescente successo anche nei nostri giardini Muhlenbergia capillaris, una graminacea a fioritura tardiva, abbastanza insignificante fino a fine stagione, quando esplode in una sorprendente nuvola di aerei fiori rosa. Potrebbe essere un involontario ritratto vegetale del reverendo Henry Muhlenberg, placido pastore luterano e pioniere della botanica americana, che scelse la via del modesto raccoglitore della flora locale (mettendo insieme un catalogo di oltre mille specie, tutte rigorosamente raccolte nel raggio di tre miglia da casa) e propugnò il progetto di una flora nazionale, nata dalla collaborazione e dal confronto tra i botanici. Solo in tarda età, quando vide che a prevalere erano invece l'ambizione e le rivalità personali, si decise a pubblicare un lavoro che considerava poco più di un indice di quella flora cooperativa. Addirittura postuma uscì la sua opera più importante, dedicata alle sue piante preferite: carici e graminacee. E' dunque giusto che a celebrarlo siano le graminacee del genere Muhlenbergia, i cui numerosi rappresentanti negli Stati Uniti sono chiamati affettuosamente muhly. ![]() Conflitti tra vocazioni Dopo le turbolente vicende di Frederick Pursh, parlare di Henry Muhlenberg è come contemplare un placido lago dopo aver affrontato le rapide di un torrente. Anche lui vantava un doppio nome ed era di origine tedesca, ma le analogie finiscono qui. Il suo nome ufficiale era Gotthilf Heinrich Ernst, ma preferiva il più colloquiale Henry. Apparteneva a una delle famiglie più influenti della importante comunità tedesca e olandese della Pennsylvania; il padre Henry Melchior (nato Heinrich Melchior Mühlenberg, 1711-87) era il fondatore e il patriarca della Chiesa luterana negli Stati Uniti; i due fratelli maggiori, John Peter Gabriel e Frederick August, furono importanti uomini politici; il primo, generale dell'Armata continentale, era un eroe nazionale, la cui popolarità presso gli "olandesi" di Pennsylvania era seconda solo a quella di Washington. Anche nelle generazioni successive, fino ai nostri giorni, questa famiglia ha continuato ad essere illustrata da uomini di Chiesa e politici, scienziati, architetti e filantropi (se vi incuriosisce, qui trovate l'albero genealogico). Quando aveva solo nove anni, Henry fu mandata a studiare in Germania, a Halle, insieme ai fratelli maggiori, per ricevere un'adeguata istruzione che li avrebbe preparati alla carriera ecclesiastica cui li destinava il padre. Qui rimase dieci anni e studiò lingue antiche, filosofia, teologia; anche se la città vantava un prestigioso orto botanico e una secolare tradizione medica, non sembra che al momento il ragazzo se ne interessasse. Rientrò in patria nel 1770 e fu immediatamente ordinato sacerdote (aveva solo 17 anni), divenendo prima assistente del padre poi pastore a Filadelfia. Nel settembre del 1777 la città fu occupata dalle truppe britanniche; temendo rappresaglie per l'impegno patriottico dei fratelli maggiori, Henry preferì rifugiarsi nella casa paterna a Trappe, dove trascorse un anno di esilio forzato durante il quale incominciò a interessarsi delle piante locali. Uomo prudente e metodico, prese ad annotare le sue osservazioni in un diario di campo (scritto in grafia minutissima in un misto di tedesco colloquiale, inglese e latino, ha messo a dura prova gli studiosi) e a confrontarle con quanto poteva leggere nella letteratura sulla flora americana. Questo studio da autodidatta continuò quando venne nominato pastore a Lancaster, una località a circa 100 km da Filadelfia, dove servì fino alla morte per ben trentacinque anni. Inizialmente il suo interesse andava soprattutto alle piante medicinali, di cui sperimentava le virtù su se stesso, la sua numerosa famiglia (ebbe otto figli) e la comunità. Esplorava le campagne dei dintorni, raccogliendo semi che poi seminava nel giardino di casa, sempre annotando scrupolosamente le sue osservazioni. Si attirò così anche i rimproveri del padre, che avrebbe preferito si occupasse meno delle piante e più dei parrocchiani. La botanica era vista come un hobby, una passione un po' frivola, che non doveva distoglierlo dai compiti pastorali e didattici (nel 1789 divenne il primo presidente del Franklin College). Per almeno un decennio, Muhlenberg continuò ad osservare e analizzare la flora locale, sempre più consapevole del rischio di errori di identificazione vista la carenza di testi di riferimento. Infatti a quel tempo erano disponibili ben poche opere sulla flora delle colonie americane, nessuna delle quali si occupava specificamente della Pennsylvania: Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands di Mark Catesby (1729-31), Flora virginica (1739-1743) di Gronovius, cui nel 1788 aveva fatto seguito Flora Caroliniana (1788) di Thomas Walter. Il pastore-botanico giunse così a compilare un Calendario delle fioriture delle piante locali e una lista di circa 1100 piante spontanee e coltivate che crescevano nel raggio di 3 miglia da Lancaster, presentata nel 1791 alla American Philosophical Society. Molte potevano essere specie nuove, ma per saperlo con certezza era necessario entrare in contatto con gli studiosi europei che, avendo accesso ai grandi erbari, avrebbero potuto aiutarlo a identificare e denominare correttamente i suoi esemplari. Determinante in questa decisione fu l'incontro con Johann David Schoeppf; questi, medico militare delle truppe dell'Assia stanziate presso New York durante la guerra d'indipendenza, dopo la fine del conflitto aveva ottenuto il permesso di rimanere nel paese e nel corso di vari viaggi esplorò la flora da New York alla Florida. Incontrò anche Muhlenberg, che lo accompagnò in alcune escursioni e condivise con lui le sue osservazioni sulle piante medicinali. Tornato in patria, Schoeppf pubblicò Materia medica americana (1787), senza neppure ringraziarlo. Tuttavia lo mise in contatto con il celebre naturalista Johan Christian Schreber, più tardi presidente dell'Accademia Leopoldina (cui anche Muhlenberg fu ammesso poco dopo), il quale a sua volta lo inserì nella rete dei grandi naturalisti europei, con i quali Muhlenberg scambiava piante, semi, esemplari e osservazioni naturalistiche. ![]() Un progetto di flora cooperativa A suscitare l'interesse dei corrispondenti europei erano soprattutto le nuove specie di briofite, caricacee e graminacee scoperte dal nostro pastore. I suoi invii furono determinanti ad esempio per gli studi sulle felci di Olaf Schwartz. A capire pienamente il valore delle sue ricerche fu però soprattutto Willdenow, il direttore dell'Orto botanico di Berlino, che nel 1801 pubblicò negli annali della Società di scienze naturali una serie di osservazioni di Muhlenberg sui generi Juglans, Fraxinus e Quercus, accompagnati dalle proprie descrizioni e note in latino: in tal modo, queste denominazioni di Muhlenberg, a differenza di quelle della lista del 1791, prive di descrizioni, risultano pienamente valide e sono entrate nella tassonomia botanica. Nel 1803 seguì un altro saggio sui salici. Numerose sono poi le specie segnalate da Muhlenberg pubblicate da Willdenow nella sesta edizione di Species plantarum (1798-1826) , tra cui numerosi carici. La fama e il prestigio di Muhlenberg in Europa è testimoniata anche dalla visita che gli fecero Humboldt e Bompland nel 1804, al ritorno dal loro viaggio in Sud America. Se nella prima parte della sua vita, la rete di corrispondenti di Muhlenberg includeva soprattutto studiosi europei, dopo l'indipendenza divennero sempre più numerosi gli americani, nell'ambito di un grande progetto che egli riuscì solo in parte a realizzare. In un discorso letto nel febbraio 1791 alla American Philosophical Society propugnò una Flora della nuova nazione che avrebbe dovuto nascere non dal lavoro di un singolo, geniale, studioso, ma dalla collaborazione di molti raccoglitori e uomini di scienza: "Ripeto il desidero che ho già espresso: alcuni connazionali istruiti dovrebbero unirsi nelle ricerche botaniche, e spedire alla nostra Società le loro Flore per essere esaminate e eventualmente pubblicate; in tal modo, dall'unione delle Flore di ciascun stato, potremmo avere una Flora degli Stati Uniti, basata su osservazioni valide e certe". Raccolse qualche adesione: tra le più entusiastiche, quelle di un altro pastore, Manasseh Cutler, che contribuì con le sue ricerche in varie aree del New England; William Baldwin, con raccolte in Georgia e Florida; Stephen Elliott, che contribuì per la Virginia occidentale. Ma, in generale, l'intuizione precorritrice di Muhlenberg cadde nel vuoto, mentre si moltiplicavano le flore scritte da botanici stranieri come Michaux, Pursh e Nuttall, in uno spirito di accesa competizione e di ricerca di gloria personale totalmente opposto al sogno "cooperativo" di Muhlenberg. Fu questa situazione, infine, a deciderlo a uscire dal riserbo e a pubblicare egli stesso Catalogus Plantarum Americae Septentrionalis or A catalogue of hitherto known native and naturalizes plants of North America, che include 3780 specie, raccolte grazie al contributo di 28 corrispondenti (scrupolosamente elencati nella prefazione). Nella speranza che mani più forti e abili delle sue, come ebbe a scrivere a Baldwin, completassero il lavoro, si tratta ancora una volta di una lista molto succinta, in cui utilizzò solo in parte il tesoro delle sue annotazioni botaniche, rimaste manoscritte. Unica eccezione, la parte dedicata alle amate graminacee e caricacee, pubblicata postuma dal figlio Frederick August in Descriptio Uberior Graminum et Plantarum Calamariarum Americae Septentrionalis Indiginarum et Cicurum (1817), un'opera di grande importanza storica perché numerose piante native vi vengono descritte per la prima volta. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. ![]() Le nuvole rosa di Muhlenbergia Dipinto dai suoi contemporanei come un uomo amabile, ospitale, generoso, pieno di humor e calda simpatia (tratti evidenti anche ai nostri occhi grazie alle sue numerosissime lettere), benché abbia pubblicato così poco Muhlenberg fu riconosciuto già dai contemporanei come il vero padre della botanica americana, salutata da Baldwin come "il Linneo del nostro paese". Non mancarono dunque i riconoscimenti: numerosi botanici, tra cui Elliott, Gray, Torrey, Grisebach e Schwarz, gli dedicarono almeno una specie e Schreber, il suo primo corrispondente tedesco, battezzò in suo onore Muhlenbergia un genere di Poaceae (1789), omaggio adattissimo a questo grande esperto di erbe. Questo grande genere di graminacee comprende circa 150 specie di erbe diffuse in Asia e nel continente americano, soprattutto nel Stati Uniti sudoccidentali e in Messico. Molte delle numerose specie nordamericane hanno grande importanza ecologica come specie dominanti di praterie e pascoli montani. Native per lo più di ambienti desertici e semidesertici, sono piante poco esigenti che si adattano a suoli poveri e alla siccità, caratteristiche che, unite al notevole impatto estetico durante la fioritura, le stanno rendendo sempre più popolari nei giardini. Da noi la specie più nota è sicuramente la vistosa M. capillaris, caratterizzata da aeree infiorescenze che a fine estate e a inizio d'autunno la trasformano in una nuvola rosa, purtroppo non del tutto rustica; altre acquisizioni più recenti che stanno raggiungendo anche i nostri giardini sono M. reverchonii, più piccola e meno vistosa della precedente, ma anche più rustica; M. lindheimeri con fogliame verde azzurro e una fontana di spighe verde-argento, decorativa anche in inverno per i semi persistenti; M. dumosa con fusti eretti e finemente ramificati che la fanno assomigliare a un bambù, tanto che in America è detta Bamboo muhly. Muhly è infatti l'affettuoso nomignolo con cui le specie di questo genere sono note negli Stati Uniti. Altre specie sono presentate nella scheda. Alla fine, le piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark non furono pubblicate né da B.S. Barton né da nessun altro botanico americano, ma in Inghilterra dal tedesco Frederick Pursh (nato Friedrich Pursch). Uno smacco per l'orgoglio nazionale degli Stati Uniti, appena usciti malconci dalla guerra del 1812 contro la perfida Albione. Insieme alla rivalità con altri botanici, primo fra tutti Thomas Nuttal, sta forse qui l'origine della leggenda nera che ha dipinto Pursh come mentitore seriale, plagiario, tassonomista mediocre e temerario, barbaro dalle fattezze tartare e, soprattutto, ubriacone senza speranza. Sicuramente la sua fu una vita inquieta e errabonda, conclusa precocemente nella miseria e nell'alcolismo. Rimangono a ricordarlo Flora Americae Septentrionalis, la prima flora del Nord America a comprendere specie continentali, raddoppiando il numero delle piante nordamericane fino ad allora pubblicate, e il genere Purshia, coraggioso e splendido ornamento dei monti e dei deserti del Nord America occidentale, il cui primo esemplare, ancora una volta, fu raccolto durante la spedizione di Lewis e Clark. Può essere ironico che, a celebrare un uomo accusato di essere troppo dedito alla birra, siano piante che non temono gli ambienti più aridi. ![]() Un inquieto botanico di talento Le vicende americane di Fredrick Pursh si intrecciano continuamente con quelle dei diversi personaggi che, in vario modo, ebbero a che fare con le piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark: Thomas Hamilton, Bernard McMahon, il professor Barton, lo stesso Lewis. E alla fine fu proprio lui a pubblicarle per primo, nei due volumi di Flora Americae Septentrionalis, usciti a Londra tra la fine del 1813 e l'inizio del 1814. Tedesco, era nato a Großenhain in Sassonia nel 1774 con il nome di Friedrich Trauttgott Pursch; si era poi trasferito a Dresda, come apprendista giardiniere del Reale orto botanico, dove aveva ricevuto ottime basi teoriche da Johann Heinrich Seidel. La collaborazione a una flora dei dintorni della città gli permise di acquisire anche qualche esperienza editoriale. Spirito inquieto e avventuroso, nel 1799 lasciò la Germania per gli Stati Uniti, dove servì successivamente come giardiniere presso diversi privati tra Baltimora e Filadelfia. Nel 1803 Thomas Hamilton lo assunse come giardiniere capo di Woodlands, in sostituzione di John Lyon. Poté così conoscere i numerosi naturalisti e botanici che frequentavano la casa, tra cui Henry Muhlenberg, William Bartram e Benjamin Smith Barton; desideroso di liberarsi del lavoro nelle aiuole per dedicarsi completamente all'esplorazione e allo studio delle piante, nel 1805 lasciò anche Hamilton per passare al servizio di Barton, come curatore dell'erbario e raccoglitore. Per suo conto, intraprese infatti alcune spedizioni, in cui si mosse a piedi, con la sola compagnia di un cane, la prima delle quali, tra aprile e novembre 1806, lo portò in Virginia e sulle montagne tra le Caroline e la Georgia. Nel frattempo, a Filadelfia incominciavano ad arrivare le piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark, gli essiccata affidati per volontà del presidente Jefferson alla American Philosophical Society in vista della pubblicazione da parte di Barton, e i semi a Hamilton e McMahon. Ma il lavoro di Barton, secondo la sua abitudine di molto progettare e poco concludere, non faceva alcun progresso. Fu così che, probabilmente dietro suggerimento di McMahon, nell'aprile 1807 Lewis incontrò Pursh e, impressionato dalla sua competenza, gli chiese di illustrare le "sue" piante, dietro il compenso di 60 dollari. Poco dopo, Pursh partì per la sua seconda escursione botanica, che lo portò sulle montagne tra Pennsylvania e Vermont in direzione dei grandi laghi. Di ritorno a Filadelfia a ottobre, si stabilì a casa di McMahon e lavorò tutto l'inverno ai disegni, e presumibilmente anche alle descrizioni, visto che da parte del professor Barton, che avrebbe dovuto occuparsene, non si registrava alcun progresso. Lo scontento di Pursh verso il dilatorio professore cresceva. Nel 1809, probabilmente anche in questo caso grazie alla raccomandazione di McMahon, fu assunto come curatore dell'Elgin Botanical Garden di New York, appena fondato da David Hosack. Lasciando Filadelfia, portò con sé i disegni, le descrizioni e i doppioni dell'erbario della spedizione (compreso qualche esemplare che aveva "sezionato" per avere un proprio campione), forse già con l'intenzione di pubblicare le piante in proprio, decisione probabilmente rafforzata dalla tragica morte di Lewis, avvenuta nell'ottobre 1809. Neppure a New York il nostro inquieto botanico si trattenne a lungo; nel 1810 visitò le Indie Occidentali, anche per ragioni di salute, e nel 1811, viste anche le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Gran Bretagna, che sarebbero sfociate nella guerra del 1812, partì per Londra. A spingerlo a questo passo, oltre alla speranza di trovare uno sponsor e un editore, la possibilità di consultare le biblioteche e gli erbari di numerosi botanici che avevano esplorato la flora nordamericana prima di lui. Nella capitale inglese Pursh trovò il protettore che cercava nella persona di Aylmer Bourke Lambert, vicepresidente della Linnean Society, grande collezionista di erbari e esperto di conifere (il suo nome è ricordato da Pinus lambertina). Dunque, con grande smacco dei botanici americani, le piante della grande spedizione "nazionale" di Lewis e Clark furono finalmente pubblicate a Londra da un tedesco. Prima di esaminare meglio Flora Americae Septentrionalis, un cenno alle successive vicende di Pursh. L'opera gli procurò una certa fama almeno in Inghilterra, se subito dopo gli venne affidata la cura dei cataloghi di alcuni giardini botanici; ma egli non era tipo da accontentarsi di un tranquillo lavoro editoriale. Desiderava ripartire e riprendere la ricerca sul campo. Nel 1814 respinse l'invito a dirigere il neo istituito orto botanico dell'Università di Yale; nel 1816 accettò invece quello di lord Selkirk di aggregarsi come botanico al nuovo insediamento del Red River in Canada. Partito dall'Inghilterra nel febbraio di quell'anno, si trovava già in Canada quando il progetto fallì in seguito all'assassinio del capo della spedizione, Robert Semple. Nei quattro anni che gli restavano da vivere, povero, senza alcun sostegno ufficiale e afflitto da problemi crescenti di alcoolismo, Pursh fece diverse escursioni botaniche nel paese, in particolare nel bacino del San Lorenzo e nell'isola di Anticosti, con l'intenzione di scrivere una flora del Canada. Aveva già raccolto circa 1000 esemplari, quando tutta la sua collezione fu distrutta in un incendio. Era l'ultimo colpo alle sue speranze. Morì a Montreal, ad appena 46 anni. Una sintesi di questa vita inquieta nella sezione biografie. ![]() Un'opera importante e molte polemiche Arrivato a Londra presumibilmente nel novembre 1811, ospite di Lambert, Pursh si mise immediatamente al lavoro. Già nel febbraio 1812 scrisse a James Edward Smith, proponendogli di pubblicare sulle Transactions della Linnean Society una relazione sulle piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark. Con l'incoraggiamento di Lambert, che gli fece aprire le porte delle biblioteche e delle collezioni di Banks e Smith, il progetto si ampliò a una flora dell'America settentrionale. Con una certa disinvoltura, senza il permesso dei raccoglitori, Pursh incominciò ad includervi non solo le specie di Lewis e Clark e quelle raccolte da lui stesso nel corso delle escursioni fatte al servizio di Barton e Hosack, ma anche le piante di cui era venuto a conoscenza grazie alla liberalità di Muhlenberg e di altri amici con i quali aveva erborizzato (senza né citarli né ringraziarli). Una disinvoltura che spiacque allo stesso Smith, il quale, a quanto pare, quando seppe in che modo Pursh era venuto in possesso degli esemplari raccolti da Lewis e Clark, non solo rifiutò di pubblicarli, ma evitò di venire a trovarsi nella stessa stanza con lui. Nella primavera del 1812, Pursh incontrò Nuttall, suo successore come raccoglitore di Barton, che gli mostrò le sue collezioni. Inoltre, in seguito a complesse circostanze, erano pervenuti a Lambert i duplicati delle collezioni dell'inglese John Bradbury, che nel 1811 aveva raccolto insieme a Nuttall lungo il fiume Missouri e poi da solo oltre Fort Mandan. Senza il permesso dell'autore (intrappolato dalla guerra negli Stati Uniti), Pursh decise di includere nella sua opera un'appendice con quaranta piante inedite raccolte da Bradbury. Anche Nuttall si lamentò in tal senso; tuttavia, poiché egli aveva ripercorso parte dell'itinerario di Lewis e Clark, raccogliendo le stesse piante, questa accusa è forse infondata. Tramontata la possibilità di pubblicare il suo lavoro sulle Transactions, Pursh si rivolse al Botanical Magazine, un mensile con il quale collaboravano sia lui sia Nuttall, in quella che divenne quasi una gara per la primogenitura. I due volumi di Flora Americae Septentrionalis uscirono ufficialmente il 10 gennaio 1814, ma poiché la stampa era stata completata qualche settimana prima, già a dicembre alcune copie vennero distribuite a personaggi influenti in vista della presentazione nella riunione mensile della Linnean Society. L'opera contiene la descrizione di 470 generi e 3076 specie, cui va aggiunto il supplemento con le 40 specie di Bradbury; tra di esse, quelle raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark sono 132; solo 24 sono illustrate da disegni eseguiti dallo stesso Pursh a Filadelfia. Benché preceduta di pochi anni da Flora Boreali-Americana di André Michaux (1803) e seguita quasi immediatamente da The Genera of North American Plants di Thomas Nuttall (1818), l'opera di Pursh riveste una notevole importanza storica. Rispetto alla flora del francese, che rendeva conto delle piante degli Stati atlantici, allarga il campo a molte specie continentali, sia delle Montagne rocciose sia della costa pacifica; inoltre la precedenza cronologica rispetto a Nuttall ha imposto molte delle sue denominazioni. Tra i generi da lui creati, vorrei ricordare Calochortus e soprattutto Lewisia e Clarkia, in onore dei due capi della celebre spedizione; tra le specie, Gaillardia aristata, Arbutus menziesii, Gaultheria shallon, Euphorbia marginata, Ribes sanguineum, Philadelphus lewisii, Linum lewisii. Inutile dire che i botanici americani non la presero affatto bene. Tra i più drastici, Constatine Samuel Rafinesque che nella sua recensione del 1819 segnalò 43 errori macroscopici e così si espresse: "L'ignoranza presiede tutta l'opera. Gli errori, gli spropositi, le denominazioni improprie che la costellano sono innumerevoli. Cambiare un nome buono con uno cattivo è un'assurda temerarietà. Eppure a tale temerarietà inclina Mr. Pursh; vorrei però avvisare tanto lui quanto chi volesse seguire la sua autorità, che sarebbe meglio tornasse a scuola, e imparasse l'abc della botanica, come fanno i bambini quando imparano l'alfabeto". Non mancarono dicerie sulla persona stessa di Pursh; già Barton aveva diffuso la fama della sua propensione all'alcool. John Francis, un amico di Hosack che soggiornò a Londra negli anni in cui vi viveva Pursh, disse di lui: "E' il peggiore nemico di sé stesso: è ubriaco al mattino, a mezzogiorno e alla sera". Un aneddoto, probabilmente falso, vuole che, per vedere Flora Americae septentrionalis finita, Lambert fosse costretto a chiuderlo a chiave nell'attico che gli aveva messo a disposizione con gli esemplari, libri, carta, inchiostro, cibo e birra. Un altro contemporaneo che lo incontrò a Montreal lo descrisse come un uomo brillante, sicuramente entusiasta della botanica, ma incolto, tagliato con l'accetta, con fattezze tartare, un barbaro nativo della Russia (una diceria che dovette essere diffusa, se si pensa che nei necrologi usciti in Canada è definito "il celebre botanico Frederick Pursh, nato in Russia"). ![]() Purshia, rose dei deserti Tra le piante della spedizione di Lewis e Clark, Pursh descrisse un arbusto raccolto lungo il Columbia River come Tigarea tridentata. Nel 1816, de Candolle riconobbe la sua appartenenza a un genere proprio, che battezzò Purshia in onore del nostro discusso botanico, la cui opera, al di là dei metodi disinvolti e degli innegabili errori, fu comunque una pietra miliare nella storia della botanica americana. Lo dimostrano anche le successive dediche di un genere Purshia da parte di due botanici tedeschi, Sprengel (1817) e Dennstedt (1818). A essere valido, per la regola della priorità, è quello di de Candolle. Purshia DC. della famiglia Rosaceae comprende 5-8 specie di arbusti endemici dell'America nordoccidentale, dal British Columbia in Canada al Messico settentrionale. Crescono in ambienti aridi sia di montagna sia delle steppe desertiche temperate. Sono arbusti o anche piccoli alberi con foglie piccole, profondamente lobate, e fiori molto decorativi con cinque petali più o meno separati bianchi, gialli o rosa e vistosi stami gialli. I frutti sono acheni piumati, che vengono facilmente dispersi dal vento. Molto resistenti alla siccità e adattabili ai suoli poveri grazie ai noduli sulle radici che ospitano i batteri azoto-fissatori Frankia, sono piante pioniere, spesso con un ruolo di specie dominante. Il genere oggi comprende anche le specie meridionali un tempo incluse in Cowania. La specie a più ampia diffusione è quella descritta da Pursh, Purshia tridentata, una specie montana con delicati fiori giallo pallido che può diventare un alberello alto fino a cinque metri. Il nome inglese antelope bush, antelope bitterbush sottolinea la sua importanza nell'alimentazione di Antilocapra americana e altri ungulati. Le radici amare erano usate dai nativi come medicinale, mentre dai semi veniva ricavata una tintura violacea. Di notevole importanza ecologica anche Purshia stansburyana, nativa dell'Ariziona e del Messico settentrionale, le cui fronde forniscono un'eccellente pastura a molti ungulati selvatici, inclusi alce, cervo mulo e bighorn del deserto. I suoi fiori bianchi dai grandi petali la fanno assomigliare a una rosellina; poiché il suo habitat preferito sono le rocce, su cui si abbarbica grazie alle profonde radici, è infatti detta cliffrose. Stansbury's cliffrose. Ulteriori informazioni sulle altre specie nella scheda. Subito dopo l'indipendenza, il più bel giardino d'America era Woodlands, alla periferia di Filadelfia, creato dal ricco proprietario terriero e collezionista d'arte William Hamilton che, a quanto pare, vi faceva coltivare circa 10.000 specie tra native ed esotiche. Jefferson, che ammirava Woodlands e lo considerava il solo giardino al di qua dell'Oceano a poter competere con quelli britannici, volle che nelle sue aiuole e nelle sue serre venisse coltivata e moltiplicata una parte delle piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark. Il nostro protagonista, tuttavia, non è Hamilton (gli furono dedicati ben tre generi, ma nessuno oggi valido), bensì il sovrintendente di Woodlands, il giardiniere scozzese John Lyon, che, dopo qualche anno trascorso a lavorare qui, si trasformò in un infaticabile cacciatore di piante indipendente, al quale Aiton in Hortus Kewensis attribuisce l'introduzione in Europa di oltre trenta specie. Tra le più note oggi, Phlox paniculata e Pieris floribunda. Assai affine a Pieris è Lyonia (Ericaceae), il genere che ne preserva il ricordo. ![]() Dalle aiuole alle montagne del Nord America Al ritorno da un viaggio in Europa, in gran parte dedicato a visitare parchi e giardini britannici, il facoltoso proprietario terriero e collezionista William Hamilton (1749-1813) decise di far ricostruire la casa padronale della tenuta di Woodlands, nei pressi di Filadelfia, secondo lo stile di Adam; anche il parco venne ridisegnato secondo i canoni del giardino paesaggistico d'oltre Oceano. In pochi anni, le collezioni di piante, native o fatte venire dall'Europa, dall'Asia e dal Sud Africa, giunsero a comprendere diecimila specie. Nel 1807 Jefferson, grande ammiratore di Hamilton (Woodlands sarà uno dei modelli di Monticello), chiese a McMahon, cui aveva affidato i semi raccolti durante la spedizione di Lewis e Clark, di dividerli equamente con lui, per aumentare le possibilità di riuscita, vista l'esperienza e i mezzi di Hamilton. Quest'ultimo, del resto, era già in relazione con i due esploratori, che nel 1804 gli avevano inviato da Fort Mandan alcune talee di Maclura pomifera (arancio degli Osagi). Sappiamo che Hamilton ricevette i semi di almeno 19 specie, che includevano diverse varietà di Ribes e il tabacco selvatico Nicotiana quadrivalvis. Un anno dopo, egli informava il presidente che non tutti i semi erano germogliati, mentre le piante di Maclura prosperavano. Dopo la morte di Hamilton, quella magnifica collezione andò rapidamente in rovina; una parte del parco fu venduta dagli eredi e intorno al 1840 molto di ciò che rimaneva venne trasformato in un cimitero rurale; è un luogo affascinante e caro ai cittadini di Filadelfia, ma certo molto diverso rispetto ai suoi anni d'oro. Molte informazioni sulla sua storia in questo sito. Ma il nostro protagonista non è Hamilton; certamente questo patrono dei giardini attirò l'attenzione dei botanici che gli dedicarono ben tre generi Hamiltonia: nel 1806 il conterraneo Muhlenberg, nel 1824 Roxburgh, nel 1838 Harvey; nessuno dei tre oggi è però valido. Dunque la nostra attenzione si sposta su una figura forse più interessante, e sicuramente più simpatica: il sovrintendente, o capo giardiniere, di Woodlands, lo scozzese John Lyon. Nulla sappiamo della sua vita prima che fosse assunto da Hamilton nel 1785; ignoriamo persino se si trovasse già in America, o se abbia incontrato il futuro datore di lavoro in patria. Ci mancano notizie anche sul primo decennio trascorso a lavorare a Woodlands; la nostra principale fonte informativa è infatti il suo diario di campo, che inizia nel 1799. E' probabile che in quei sedici anni egli già affiancasse alla cura del giardino - di cui fu evidentemente il principale realizzatore - escursioni nei dintorni, per incrementare le collezioni di piante native. Il primo viaggio documentato è proprio di quell'anno, quando Hamilton lo inviò sugli Allegheny della Pennsylvania alla ricerca di Pyrularia pubera, una pianta emiparassita con semi oleosi e tossici di potenziale interesse farmacologico, che il collezionista non era riuscito fino ad allora a far germinare. La spedizione si concluse con un nulla di fatto. E' possibile che già allora Lyon mordesse il freno; preparato, intelligente, industrioso e di spirito indipendente, incominciava a sentirsi soffocare al servizio di un uomo arrogante, esigente e imperioso, tanto più che la figura sociale del capo giardiniere in America non godeva della stessa considerazione sociale che forse aveva potuto sperimentare in patria. A partire dal 1802, e per i successivi dodici anni, non avrebbe mai cessato di viaggiare, dapprima per conto di Hamilton, poi in proprio. Erano viaggi faticosi e pieni di insidie, in zone spesso poco conosciute e non segnate sulle carte. Lyon si muoveva a cavallo, alloggiava talvolta all'aperto, ma più spesso in locande o presso case ospitali; portava con sé provviste minime, carta per gli esemplari pressati, mentre le collezioni di radici e semi andavano crescendo. Gli incidenti non mancarono: fu morso da un cane rabbioso e dovette curare da sé la ferita infetta cauterizzandola con un ferro rovente; si intossicò gravemente raccogliendo semi del velenoso Rhus michauxii; affrontò una bufera così forte da abbattere gli alberi; perse più volte il cavallo. Viaggiava per lo più da solo, ma spesso faceva tappa presso altri botanici o appassionati, che talvolta gli facevano da guida o lo accompagnavano per qualche tratto. I suoi viaggi, in tutto dieci, lo portarono ad esplorare buona parte degli Stati centrali e meridionali dell'America atlantica, in particolare, oltre alla Pennsylvania e alla Virginia, le due Caroline, la Georgia e la Florida settentrionale, con una predilezione per le montagne che fanno da confine tra North Carolina e Tennessee; solo un viaggio lo portò a Nord, verso i grandi laghi. Tra i luoghi ricorrenti, dove si fermava presso amici, cui spesso affidava le sue raccolte o preparava i materiali per le spedizioni, Silk Hope, in North Carolina, dove abitava l'amico Stephen Elliott, che fu anche suo compagno di viaggio in diverse occasioni; le città portuali di Savannah in Georgia e Charleston nella Carolina del Sud, da dove spediva per nave a Filadelfia le sue raccolte; Nashville e Asheville, rispettivamente in Tennessee e North Carolina, punto di partenza per l'esplorazione delle amate montagne; Lancaster, tappa obbligata sulla via del ritorno per visitare l'amico Henry Muhlenberg. Le spedizioni più ampie e importanti sono probabilmente quelle del 1803-1804 e del 1807. Durante la prima Lyon percorse 2250 miglia, giungendo fino in Florida e esplorando anche, oltre a diverse aree montane, buona parte della costa e delle isole della Georgia. Proprio durante questo viaggio, nel 1803, fu l'ultima persona a vedere in natura alcuni esemplari di Franklinia alatamaha (e potrebbe avere qualche responsabilità nella sua estinzione). Durante la seconda, percorse 2500 miglia, muovendosi lungo le montagne sui confini tra North Carolina e Tennessee (dove sarebbe tornato altre volte e sarebbe morto); tra i suoi ospiti, la colonia morava della Cherokee Country, e tra gli incontri notevoli, quelli con Moses Fisk, pioniere degli insediamenti nel Tennessee, e con il pastore e botanico Samuel Gottlieb Kramsch. Una narrazione più dettagliata dei suoi viaggi nella vita. ![]() Collezioni di piante e spirito imprenditoriale Lyon è una figura interessante anche perché si distacca dagli altri cacciatori di piante per la sua indipendenza e intraprendenza. Mentre i suoi colleghi erano finanziati da sovrani, istituzioni pubbliche, mecenati oppure, sempre più spesso, lavoravano per qualche ditta commerciale, Lyon era un libero professionista che si assumeva le spese e i rischi e provvedeva da sé alla vendita delle sue raccolte. Probabilmente lasciò Hamilton (per il quale tornò a lavorare occasionalmente anche in seguito, ma solo come giardiniere) nella seconda metà del 1803; nel frattempo era stato sostituito con Frederick Pursh. Da quel momento, Lyon prese a creare una propria collezione, con l'obiettivo di commercializzarla in Inghilterra. In natura raccoglieva piante vive (in quantità che a noi fanno accapponare la pelle, come le 200 radici di Podophyllum di cui fece incetta nel 1804 in Georgia), ma ancora più semi; questi ultimi erano destinati alla vendita, ma anche alla riproduzione. In effetti, alla fine del 1804 il giardiniere avrebbe voluto imbarcarsi per l'Inghilterra, ma non trovando un imbarco si fermò a Filadelfia per quasi un anno, dedicato a seminare e curare le plantule da portare con sé in patria. A tal fine, si appoggiò al vivaista David Landreth (fondatore nel 1784 della più antica ditta sementiera statunitense), da cui affittò una parte del vivaio. Alla fine del 1805 Lyon poté finalmente imbarcarsi per Londra, via Dublino. Nella capitale inglese dimostrò ottime capacità imprenditoriali; per vendere le sue piante, si affidò non solo a una clientela privata, ma a un'asta pubblica, pubblicizzata con annunci su sette giornali e con la stampa di un catalogo, in cui le piante nuove (sp. nova!) sono ben evidenziate. Forte di questo successo, ritornò subito in America, dove investì i guadagni in nuovi viaggi, che si mossero principalmente lungo le predilette montagne tra North Carolina e Tennessee. Dopo cinque anni di fatiche aveva creato una seconda, ancora più ricca, collezione, che portò con sé in Inghilterra nell'inverno 1811-12. La clientela inglese fu impressionata dalla qualità e dalla quantità dell'offerta, anche questa volta venduta con un'asta pubblica (ce n'è rimasto il catalogo). L'infaticabile Lyon tornò quasi immediatamente in America, dove fece ancora due viaggi nei luoghi prediletti; ammalatosi probabilmente di febbre gialla, si spense a Asheville (North Carolina) nel 1814. Non conosciamo il luogo della sua sepoltura, ma i parenti gli eressero una lapide nel cimitero di Dundee, dove è ancora conservata. Nelle testimonianze dei contemporanei, l'importanza del suo contributo all'introduzione delle specie americane in Europa appare imponente. Secondo la seconda edizione di Hortus Kewensis, redatto da William T. Aiton, le specie nuove messe in vendita nel 1806 e nel 1812 sono 31; spesso non si tratta davvero di novità (molte erano già arrivate in Europa, in particolare grazie ai Michaux che avevano raccolto nelle stesse aree), ma piuttosto di reintroduzioni, rese però disponibili da Lyon in modo ben più massiccio. Nell'elenco figurano tra l'altro (uso le denominazioni attuali) Desmanthus illinoensis, Amsonia tabernemontana var. salicifolia, Asclepias pedicellata, Calycanthus floridus var. glaucus, Dicentra eximia, Hamamelis virginiana, Iris fulva, Cliftonia monophylla, Calycocarpum lyonii, Tradescantia subaspera. Ho lasciato volutamente per ultime le introduzioni più importanti e durature: Phlox paniculata, Pieris floribunda e Magnolia macrophylla (ma potrebbe trattarsi di una specie affine che vive nelle stesse aree, Magnolia fraseri var. pyramidata). Entrambe sono oggi considerate relativamente rare in natura, forse anche a causa del contributo di Lyon, che nel suo viaggio del 1809 in North Carolina ne raccolse ben 3600 esemplari. Amabile Lyonia
In questo atteggiamento predatorio verso la natura, Lyon era un figlio del suo tempo, e lo perdoneremo, tanto più che, come abbiamo visto, pagò di persona il suo accanimento di cacciatore di piante indipendente con la fatica, le malattie, la solitudine e infine con la morte precoce. La puntigliosa registrazione delle entrate e delle uscite annotata nel diario ci dice anche che, se la sua impresa non fu in perdita, neppure gli assicurò un largo guadagno. Come al suo datore di lavoro, anche a lui furono dedicati tre omonimi generi Lyonia; nel 1808 da Rafinesque; nel 1817 dall'amico Elliott; nel 1818 da Nuttall. Per una volta ad essere accettato da botanici è il più recente. Questa la dedica: "Per commemorare il nome del fu Mr. John Lyon, un raccoglitore infaticabile del Nord America, che cadde vittima di un'epidemia perniciosa in mezzo a quelle montagne selvagge e romantiche che erano state tanto spesso teatro delle sue fatiche". Numerose sono poi le specie che lo ricordano nel nome specifico, come Chelone lyonii o Rosa carolina var. lyonii. Lyonia Nutt. (famiglia Ericaceae) comprende circa 35 specie di piccoli alberi o arbusti diffusi nelle boscaglie dell'area himalayana, in Asia orientale, nel Nord America e nelle Antille. E' molto affine a Pieris, in cui in passato è anche confluito (oggi studi molecolari ne confermano l'indipendenza). Decidue o sempreverdi, le piante di questo genere hanno foglie alternate, intere, coriacee e lucide e graziosi fiori penduli tubolari o a forma di urna raccolti in racemi terminali, solitamente bianchi. Tra le specie americane vale la pena di ricordare L. ligustrina, nativa degli Stati Uniti orientali dal Maine alla Florida, notevolmente adattabile ad ambienti diversi e capace, grazie ai rizomi, di resistere agli incendi (molto frequenti nelle pinete in cui vive abitualmente); L. mariana, sempre degli Stati Uniti orientali, usata dai Cherokee come pianta medicinale, e oggi minacciata in Pennsylvania e Connecticut; L. lucida, la specie più nota e diffusa, raccolta anche da Lyon, presente nelle pianure costiere degli Stati Uniti orientali dalla Virginia alla Florida e alla Louisiana e nell'isola di Cuba, con graziosi fiori penduli cilindrici portati su rami arcuati, bianchi, ma anche rosa o rossi. Sono tutti arbusti, mentre può diventare un vero albero l'asiatica L. ovalifolia, diffusa nell'India himalayana, in Cina e in Giappone. Una curiosità: un tempo Lyonia viveva anche in Europa. Alcuni frutti fossili di †Lyonia danica, attribuiti al Miocene medio, sono stati infatti trovati nello Jutland centrale (Danimarca). Qualche approfondimento nella scheda. Nei primi giorni di primavera, è in fioritura anche una vecchia ospite dei nostri giardini, la maonia, o meglio Mahonia aquifolium, una pianta che siamo talmente abitati a vedere che forse dimentichiamo che ben pochi altri arbusti sono così poco esigenti e capaci di rallegrare anche un giardino d'ombra durante tutto l'arco dell'anno; in primavera appunto con i fiori dorati e dolcemente profumati, in estate con le bacche blu profondo, in autunno con le foglie rossastre, in inverno con il fogliame sempreverde. Arrivò nei giardini europei nel 1822, pochissimi anni dopo che Lewis e Clark la scoprirono nelle Montagne rocciose; a darle il nome fu un altro esploratore della flora del Nord America, Thomas Nuttall, che volle così onorare un pioniere del giardinaggio americano, Bernhard McMahon. Vivaista a Filadelfia, egli produsse il primo catalogo di sementi del paese e scrisse il manuale di giardinaggio più letto negli Stati Uniti nella prima metà dell'Ottocento, un best seller il cui successo durò mezzo secolo. Tra i suoi clienti anche Jefferson, che lo stimava tanto da affidargli, perché li coltivasse e li moltiplicasse, i semi di numerose piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark. ![]() Un vivaista intraprendente Per volontà del presidente Jefferson, che considerava la botanica la "più utile delle scienze", le piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark non solo furono inviate alla American Philosophical Society e Benjamin S. Barton perché le studiasse (scelta infelice, come abbiamo visto in questo post), ma semi, radici e bulbi vennero affidati a abili giardinieri perché li coltivassero e moltiplicassero. Qualche specie rimase nelle aiuole di Monticello, la tenuta del presidente, ma il grosso venne distribuito tra il ricco piantatore William Hamilton, proprietario di un celebre orto botanico privato nei pressi di Filadelfia, e Bernhard McMahon, che nella stessa città gestiva un vivaio e una ditta di sementi. Emigrato dall'Irlanda nel 1796, McMahon fondò la sua impresa nel 1802; avendo lavorato per qualche tempo presso un giornale, era consapevole dell'importanza della stampa e decise di pubblicizzare i suoi prodotti con un catalogo, il primo del genere negli Stati uniti; Catalogue of Garden Grass, Herb, Flower, Tree & Shrub-Seeds, Flower Roots, &c, pubblicato nel 1802-03, comprende 720 specie e varietà di semi, nella maggioranza dei casi di piante di origine europee. Una maggiore attenzione alle piante native si nota già nella seconda edizione (1804). Uomo di notevole intraprendenza e intelligenza, McMahon cominciò anche a seguire le lezioni di Benjamin S. Barton, che, proprietario della prima serra della città, divenne uno dei suoi clienti. Appassionato raccoglitore oltre che coltivatore, spesso inviò al professore esemplari di piante interessanti trovate nei dintorni della città, che scambiava anche con altri botanici come Henry Muhlenberg. Intanto aveva incominciato a lavorare alla sua opera più nota, The American Gardener's Calendar: Adapted to the Climates and Seasons of the United States, la cui prima edizione uscì nel 1806; un testo di grande successo, come testimoniano le sue undici edizioni, l'ultima delle quali pubblicata quarantanni dopo la morte dell'autore. Modellato su analoghe opere britanniche, in particolare Gardener's Dictionary di P. Miller e Every Man his own Gardener di J. Abercrombie, segue la tradizionale presentazione dei lavori mese per mese, con indicazioni per la preparazione del suolo, le semine, gli impianti, le potature. Il capitolo "Ornamental Designs and Plantings", ritenuto il primo saggio sulla progettazione dei giardini paesaggistici pubblicato in America, contribuì largamente alla diffusione oltreoceano della nuova moda del giardino paesaggistico e naturalistico. Anche se la maggior parte delle piante illustrate nel calendario erano quelle tradizionalmente coltivate in Europa, McMahon incoraggiava i suoi lettori a imitare la natura e ad accogliere le specie americane, lodando in particolare la bellezza degli alberi, degli arbusti da fiore e dei fiori selvatici, di cui sottolineava la robustezza e la maggiore adattabilità alle roventi estati americane. In ciò incontrava le inclinazioni di Jefferson, che seguì le sue indicazioni quando creò la bordura fiorita e le aiuole ovali di Monticello; con il vivaista, divenuto anche il suo principale fornitore di piante e sementi, scambiò una cordiale corrispondenza e, come ho già anticipato, lo scelse per coltivare e custodire parte delle collezioni vive di Lewis e Clark. Tra i primi invii, giunti già nel 1805 da Fort Mandan, il "tabacco di Mandan", ovvero Nicotiana quadrivalvis, e Linum lewisii. Nel 1807, quando, in vista della pubblicazione del resoconto ufficiale della spedizione, si cercava un illustratore botanico, fu McMahon a suggerire il tedesco Frederick Pursh, che all'epoca lavorava per Barton come curatore dell'erbario e raccoglitore. Pursh si stabilì a casa sua, per poter ritrarre sia gli esemplari essiccati sia le piante coltivate nel vivaio, di cui scrisse anche le descrizioni; rimase ospite di McMahon fino alla fine del 1808, sempre più nervoso e impaziente mano a mano che capiva che probabilmente Barton non avrebbe mai scritto i capitoli sulla flora che Jefferson si attendeva da lui. Nella sua corrispondenza con il presidente, McMahon espresse grande entusiasmo per l'alta qualità dei semi ricevuti da Lewis; nel 1807 ne coltivava 20 nuove specie e 5 o 6 nuovi generi; particolarmente interessanti riteneva alcuni nuovi tipi di ribes e uva spina, tra cui il magnifico Ribes aureum, con fragranti fiori gialli. Nel 1808, acquistò 20 acri di terreno a Germantown Road per costruire un vivaio più ampio e un giardino botanico che, in onore di Linneo e della sua università, chiamò Upsal Botanic Garden; secondo la testimonianza di Muhlenberg, incominciò a impiantarlo l'anno successivo. Nel 1815, usciva una nuova edizione del catalogo di sementi. McMahon morì l'anno successivo, con un solo cruccio. Le piante che gli erano state affidate da Jefferson e coltivava con tanta dedizione erano di proprietà federale, non poteva né commercializzarle né pubblicarle; dopo la tragica morte di Lewis, non aveva esitato a restituire a Clark tutti gli esemplari essiccati depositati presso di lui, nella speranza che Barton, o qualche altro botanico americano, pubblicasse finalmente le piante raccolte durante la famosa spedizione; a farlo invece fu Frederick Pursh, che nel 1811 si era trasferito a Londra, portando con sé i disegni e le descrizioni, e nel 1813 vi pubblicò Flora America septentrionalis che contiene le immagini e le descrizioni di 130 delle specie raccolte da Lewis. Dopo la morte di McMahon (una sintesi della sua vita nella sezione biografie), il vivaio fu gestito dalla vedova Ann e più tardi dal figlio Thomas P., che continuò a rivedere e pubblicare il calendario (l'ultima edizione è del 1857). Berberis o Mahonia? Un dibattito secolare
Durante la spedizione nel nord-ovest erano stati raccolti tre arbusti che Pursh assegnò al genere Berberis, con i nomi B. aquifolium, B. nervosus e B. repens. Nel 1818 Thomas Nuttall in The genera of North America ne separò le prime due, creando per loro il genere Mahonia, in onore del nostro valente vivaista, con questa motivazione: "In memoria del fu Bernhard McMahon, la cui passione per la botanica e l'introduzione, coronata dal successo, di piante utili e ornamentali negli Stati Uniti rivendica la pubblica stima". Era l'inizio di un dibattito durato due secoli. Mentre le Mahoniae facevano la conquista dei nostri giardini, i botanici si combattevano a colpi di dotti articoli, assegnandole ora a un genere proprio ora includendole in Berberis. Le differenze tra i due generi sono sottili: i fiori sono identici, ma Berberis ha foglie semplici e fusti spinosi, Mahonia foglie composte e fusti privi di spine. Alla fine del XX secolo, la bilancia - con dolore di appassionati, vivaisti e giardinieri - sembrava propendere per un vastissimo genere Berberis, con circa 600 specie; i sostenitori di questa tesi, che non convinse l'intera comunità scientifica ma fu accolta dai maggiori repertori come Plant list o Plants of the World, sottolineavano come i due generi si incrociano tra loro, producendo gli ibridi x Mahoberberis (che però, va ricordato, sono tendenzialmente sterili). Tuttavia il dibattito continuava. Tra chi era meno convinto, i botanici cinesi - la Cina è il centro di diversità di Mahonia, con circa il 50% delle specie sul suo territorio; fu così che un'équipe dell'Università di Taiwan, diretta dal professor Yu, decise di studiare a fondo il gruppo di Mahoniae più problematico, quello che più si avvicina a Berberis, Mentre le altre Mahoniae vivono in aree boschive, l'habitat di questo gruppo sono i deserti tra Stati Uniti meridionali e Messico; hanno foglie composte ma sono dotate di spine. Dopo sette anni di lavoro sul campo e in laboratorio per le analisi del DNA, l'importante studio è stato pubblicato nel 2017, ribaltando la situazione. Mahonia viene ristabilito come genere indipendente, più antico di Berberis di cui è presumibilmente l'antenato; ma ne vengono separati due piccoli generi nuovi: Moranothamnus (prima Mahonia claireae) e Alloberberis (prima Mahonia sezione horridae). Dunque, finalmente Mahonia. Nei limiti in cui è stato ridefinito, diventa il secondo genere per numero di specie della famiglia Berberidaceae, con circa sessanta rappresentanti tra Asia orientale (31 specie in Cina, di cui 27 endemiche), Asia himalayana, America settentrionale e centrale. Sono arbusti, in genere alti e espansi, con foglie pinnate e fiori raccolti in racemi, solitamente gialli. Molti sono popolari piante da giardino, a cominciare da Mahonia aquifolium, la specie tipo, arrivata in Europa nei prima anni '20 dell'Ottocento, divenendo subito molto comune, tanto da spontaneizzarsi in diverse aree. Più recente, almeno da noi, il successo delle più imponenti specie asiatiche a fioritura invernale, come M. japonica e soprattutto l'ibrida M. x media, la cui cultivar più nota è probabilmente 'Charity'. Qualche approfondimento su queste e alcune altre specie nella scheda. |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
Avviso: a causa di un guasto, ho problemi a connetteremi. Spero di tornare al più presto!
Dal 1 dicembre, si può sfogliare il Calendario dell'Avvento 2024 "Spezie di Natale"
https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
February 2025
Categorie
All
|