Wilibald Besser e il giardino di Kremenc', ovvero come nacque, fiorì e fu distrutto un orto botanico10/11/2023 Fondato nel 1806, l'orto botanico del Liceo di Kremenec' fu il primo nel territorio dell'attuale Ucraina, e nell'arco di pochissimi anni si impose come uno dei più ricchi dell'intero impero russo. Merito dei suoi due creatori: il giardiniere paesaggista irlandese Denis McClair che lo progettò e il botanico austriaco Wilibald Besser che lo diresse per più di vent'anni e lo arricchì di migliaia di piante, native ed esotiche. Prima di arrivare a Kremenec', il giovane Besser aveva già all'attivo molte ricerche e un libro sulla flora della Galizia, e nei trent'anni che trascorse in Volinia e in Ucraina divenne uno dei maggiori esperti della flora delle regioni sudoccidentali dell'Impero russo. Il magnifico giardino che aveva fatto crescere con amore e sapienza durò meno di trent'anni e al povero Besser toccò l'ingrato compito di presiedere al suo smantellamento, atto di forza e di vendetta dell'imperialismo russo. A ricordarlo il bellissimo genere messicano Bessera. Antefatto: un liceo prestigioso e un orto botanico Nel 1803, lo zar Alessandro I autorizzò la fondazione di un istituto scolastico desinato alla formazione dei giovani della parte sud-orientale dell'ex Confederazione polacco-lituana, passata sotto il dominio russo con la spartizione del 1795, e ne affidò la realizzazione al pedagogista Tadeusz Czacki, importante esponente dell'illuminismo polacco, membro della Commissione d'educazione nazionale all'epoca dell'indipendenza e ora direttore dei distretti scolastici dei governatorati di Volinia, Podolia e Kiev. Czacki individuò il luogo ideale in Kremenec' (Krzemieniec in polacco) nella regione storica della Volinia, che offriva il vantaggio di non essere lontana dalla frontiera con la Galizia austriaca, da cui sperava di attirare studenti di lingua madre polacca. La scuola fu sistemata negli edifici del precedente collegio gesuitico e in un palazzo della famiglia Wiśniowiecki; offriva corsi dalle elementari alle secondarie e ammetteva anche allievi ebrei. Inizialmente fu chiamata Ginnasio della Volinia, per poi diventare dal 1819 Liceo di Kremenec'; ma il suo prestigio era tale che per molti era semplicemente l'"Atene della Volinia". Impartiva un insegnamento laico e aperto in lingua polacca e polacchi erano tutti i suoi insegnanti, ad eccezione di uno che presto conosceremo. Sovvenzionata da molti donatori, che vedevano nel liceo di Kremenec' un modo per preservare almeno l'eredità culturale della nazione polacca, cancellata e divisa dalle spartizioni, avendo potuto incorporare le collezioni dell'ultimo re di Polonia Stanislao Poniatowski, la scuola vantava una biblioteca di quasi 35.000 volumi, era ben dotata di attrezzature e forniva un vasto programma educativo che comprendeva anche l'insegnamento della lingua inglese ed offriva agli studenti migliori la possibilità di perfezionarsi a Edimburgo o in altre università britanniche. Il particolare legame con il mondo anglosassone era visibile in un altro dei fiori all'occhiello del prestigioso istituto: l'orto botanico. Fondato nel 1806, fu disegnato dal giardiniere paesaggista irlandese Denis McClair (1762-1853) e posto sotto la direzione dal primo docente di botanica del liceo, il polacco Franciszek Scheldt, che in precedenza aveva diretto l'orto botanico di Cracovia. L'avventurosa storia dell'uomo che importò in Polonia e in Ucraina il giardino paesaggistico all'inglese merita una piccola digressione. McClair era figlio di un fittavolo che, avendo partecipato alla Rivolta dei Whiteboys del 1777, fu condannato a morte; per salvarsi, fuggì e si arruolò prima nell'esercito prussiano poi in quello polacco dove fece una discreta carriera, divenendo maggiore di artiglieria. Nonostante la situazione difficile, il giovane Denis studiò botanica e scienze naturali all'Università di Dublino, poi si trasferì a Londra dove incominciò a lavorare come giardiniere, lavorando anche per il duca di Bedford. Dopo altre avventure, nel 1790 incontrò la principessa Izabela Lubomirska, venuta appositamente nella capitale inglese per ingaggiare un abile giardiniere paesaggista. Anche nella speranza di ritrovare il padre, McClair accettò il suo invito di seguirla in Polonia e, anche se non incontrò mai il genitore (questi nel frattempo aveva approfittato di un'amnistia e era ritornato in Irlanda, dove sarebbe morto in un'altra rivolta, quella del 1798), incominciò ad essere sempre più apprezzato dai committenti polacchi. Creò vari giardini sia a Varsavia sia in altre località polacche. In Volinia arrivò nel 1792, quando il principe Lubomirski gli affidò la realizzazione del parco "Palestina" a Dubno; nonostante fossero gli anni difficili che portarono alla terza spartizione della Polonia e all'annessione sia di questa regione sia della Podolia da parte della Russa, i grandi proprietari polacchi conservarono le loro terre e McClair - che in Polonia era diventato Dionizy Mikler - continuò a lavorare per loro; nell'arco di oltre trent'anni progettò una cinquantina di parchi nelle terre dell'attuale Ucraina occidentale. Tra di essi appunto l'orto botanico del Liceo di Kremenec', il più antico dell'Ucraina. Nel 1805 McClair ricevette da Czacki l'incarico di progettarlo, nel 1806 il giardino fu inaugurato, ma fu completato solo nel 1809; si estendeva su 4.5 ettari, comprendeva un parco all'inglese, un roseto, tre arancere, serre e le vere e proprie aiuole didattiche, con piante medicinali; nei primi tre anni della sua esistenza (1806-1809) conteneva 760 specie esotiche e 460 specie di flora locale, raccolte da McClair. Lo sappiamo dal primo catalogo del giardino, Catalogue des plantes du Jardin botanique de Krzemieniec en Volhynie, pubblicato nel 1810 dal vero protagonista di questa storia: il botanico e entomologo austriaco Wilibald Swibert Joseph Gottlieb von Besser (1784-1842). Dalla flora della Galizia a quella dell'Ucraina Senza una duplice disgrazia, il destino di Wilibald Besser sarebbe stato totalmente diverso. Nato a Innsbruck, nel 1797, quando aveva appena 13 anni, perse in un'epidemia entrambi i genitori, Samuel Gottlieb Besser e Josepha von Lansenhoffer; a occuparsi del piccolo orfano fu un parente della madre e suo padrino, il botanico Swibert Burkhard Schiverek (1741-1806). Questi, dopo aver insegnato per vari anni chimica e botanica all'università di Innsbruck (dove aveva posto mano a una Flora Tyrolensis, mai completata), in seguito alla soppressione di questa nel 1783, era stato trasferito all'Università di Leopoli di cui fu il primo professore di chimica e botanica. Egli prese con sé il ragazzo, lo fece studiare al Liceo di Leopoli e poi alla facoltà di medicina dell'Università, di cui era anche rettore. Soprattutto, gli trasmise la passione per le scienze naturali, in particolare per botanica e entomologia. Schiverek, più che insegnare ex cathedra, amava guidare i suoi studenti in escursioni sul campo. Lo aveva fatto a Innsbruck, lo faceva a Leopoli e lo avrebbe fatto a Cracovia, la sua terza sede, dove nel 1805, quando anche l'università di Leopoli venne chiusa, fu trasferito come curatore dell'orto botanico e direttore del dipartimento di storia naturale. Inutile dire che Besser (ora diciannovenne) era con lui. Purtroppo l'anno successivo Schiverek morì e Besser perse un secondo padre. Trovò però un altro validissimo maestro nel suo successore alla cattedra di botanica, Josef August Schultes. Se da Schiverek aveva assorbito l'amore per piante e insetti e aveva imparato come muoversi sul campo, con Schultes perfezionò la competenza tassonomica. Già a Leopoli, da solo o con l'aiuto di amici, aveva raccolto una vasta collezione di piante galiziane, che andava ad aggiungersi al notevole erbario ereditato da Schiverek, e a Cracovia lo ampliò ulteriormente grazie alle escursioni organizzate da Schultes, che toccarono anche i Carpazi. Notevolissima anche la sua collezione di insetti. Besser si laureò in medicina nel dicembre 1807 e quasi immediatamente fu assunto come assistente presso la Clinica universitaria di Cracovia. Benché fosse un bravo medico (esercitò la professione per tutta la vita ed era apprezzato dai suoi pazienti), la sua vera vocazione era la botanica. Così quando nel 1808 Czacki gli offrì la cattedra vacante di professore di botanicae zoologia e il posto di direttore dell'orto botanico del liceo di Kremenec' (Scheldt, il primo titolare, era morto nel 1807), egli non esitò ad accettare, nonostante le due condizioni poste dal governo russo e da Czacki: che egli prendesse la cittadinanza russa e si impegnasse a insegnare in polacco. Del resto, l'offerta era generosa. Prima di assumere il suo incarico a Kremenec', egli fu infatti inviato a Vienna e gli furono forniti i fondi per pubblicare un'opera sulla flora della Galizia austriaca, basata sulle raccolte proprie e di Schiverek (Primitia Florae Galiciae Austriacae utriusque in due volumi). In cambio, doveva attenersi alle precise istruzioni scritte di Czacki: praticare gli ambienti scientifici, acquistare libri aggiornati per la biblioteca del Liceo, contattare un artigiano cui commissionare modelli didattici di piante, frequentare la comunità polacca per perfezionare il suo polacco, che aveva appreso dal vivo vivendo in Galizia fin dall'adolescenza. Il soggiorno viennese duro quasi un anno, e permise a Bessere anche di approfondire gli studi di entomologia sotto la guida di Franz Anton Ziegler. Dopo questa fruttuosa parentesi, il giovane professore (aveva 25 anni) iniziò a svolgere i suoi compiti a Kremenec' nell'agosto 1809. Poiché si è conservato il programma delle sue lezioni, sappiamo che si teneva aggiornato sugli sviluppi della biologia (tra l'altro, illustrò ai suoi allievi le tesi di Lamarck) e che era attento alle relazioni tra piante e substrato, come dimostrano le sue lezioni su piante alofile come Salsola e Chenopodium. Si innamorò subito della varia vegetazione dei dintorni di Kremenec' e dedicò tutta la sua passione arricchimento dell'orto botanico. I progetti del suo predecessore Scheldt erano stati presto interrotti dalla malattia e dalla morte e probabilmente anche le collezioni di McClair gli parevano insufficiente, se questi nel 1811 questi fu inviato a procurarsi altre piante in un lungo giro in cui toccò San Pietroburgo, Danimarca, Finlandia, Svezia e Inghilterra. Grazie a questa ampia spedizione, le piante coltivate a Kremenec salirono a 2270 specie, come ci informa la seconda edizione del catalogo e i suoi supplementi, pubblicati da Besser tra il 1811 e il 1815. Finita la collaborazione con McClair nel 1811, Besser continuò ad incrementare le collezioni con scambi con altri orti botanici e con doni di appassionati e dei proprietari terrieri che finanziavano copiosamente il liceo. Riuscì anche ad ottenere dal conte Rumjancev le piante raccolte durante la spedizione Kotzebue. Nel 1830, alla vigilia della sua soppressione, il giardino misurava 20 ettari e ospitava 12000 piante. Quel gran numero si doveva anche alle raccolte dello stesso Besser che, come aveva fatto a Leopoli e a Cracovia, esplorò a fondo la flora prima dei dintorni della città e dei monti Kremenec', quindi estese sempre più il campo delle sue ricerche ce spaziarono dalla Polesia al mar Nero, dalla Volinia e dalla Podolia fino alla riva destra del Dnepr; in queste raccolte seppe anche coinvolgere tanto i suoi studenti quanto un gruppo di amici e appassionati, per i quali scrisse in polacco Przepisy do układania zielników ("Regole per la compilazione di un erbario" , Vilnius 1826). Il più attivo dei suoi collaboratori fu A. L. Andrzejowski, che divenne il suo assistente e lo accompagnò in molti viaggi, aiutandolo a raccogliere un ricchissimo materiale d'erbario, ampliato ed esteso anche grazie agli scambi con altri botanici. Besser non mancò di fare raccolte anche nei dintorni di Vilnius in Lituania, dove si era recato per confermare il titolo di dottore in medicina in modo da poter esercitare la professione in Russia; infatti al suo rientro ottenne l'incarico di medico cittadino di Kremenec', che andò ad aggiungersi all'insegnamento, alla direzione dell'orto botanico e all'attività scientifica. Nel 1821 pubblicò un articolo sulla flora di Vilnius; nel 1822 uscì la sua opera più importante (Enumeratio plantarum hucusque in Volhynia, Podolia, Gub. Kiioviensi, Bessarbia Cis-Tyraica et circa Odessam collectarum), dedicata alle piante raccolte nel corso dei suoi viaggi nelle regioni sud-occidentali dell'Impero russo; nel 1834 il più breve saggio Über die Flora des Baikal. Tra il 1832 e il 1834, a Besser toccò il più doloroso dei compiti: liquidare lo splendido giardino cui aveva dedicato tanto amore e tanti sforzi. Dopo la morte di Alessandro I, che lo aveva favorito e protetto, il Liceo di Kremenec' cominciò a declinare e ad attirare i sospetti del rigido successore Nicola I, che vi vedeva sempre più un covo della resistenza polacca al dominio russo. Così la rivolta polacca, iniziata nel novembre 1830, segnò la fine dell'Atene della Volinia. Il liceo venne chiuso e nel 1834 la biblioteca e molti professori vennero traferiti all'ateneo di Kiev, contestualmente fondato dallo zar. Tra di loro c'era anche Besser, primo titolare della cattedra di botanica. Ma prima di trasferirsi nella capitale ucraina, dovette presiedere allo smantellamento dell'orto botanico; nel 1832 il giardino fu chiuso e fu decretato il trasferimento delle piante più preziose a Kiev. Espiantate, imballate e preparate secondo le indicazioni di Besser, circa 500 piante lasciarono Kremenec' in un lungo convoglio di carri sotto scorta militare, come si faceva per i deportati e i condannati. Per i polacchi, era uno sfregio e un gesto di vendetta, tanto più che a Kiev non c'era alcun orto botanico ad accoglierle. Così esse furono temporaneamente sistemate nel giardino imperiale. Per la nascita ufficiale dell'orto botanico dell'Università di Kiev si dovette attendere il 1839, ma a occuparsi del trapianto delle esuli di Kremenec' non fu Besser. Egli infatti rimase a Kiev solo tre anni, dal 1834 al 1837. Era sempre stato un grande lavoratore, ma il compito di creare dal nulla il dipartimento di botanica comportò un super lavoro che finì per minare la sua salute; inoltre, mentre parlava fluentemente polacco, non conosceva il russo ed era costretto a fare lezione in latino. Così nel 1837 diede le dimissioni e tornò nell'amata Kremenec', dove sarebbe morto nel 1842. Prima di lasciare Kiev, donò la sua vasta collezione di insetti all'università che, dopo la sua morte, avrebbe acquistato dalla vedova il suo vastissimo erbario e la sua notevole biblioteca. Besser dedicò gli ultimi della sua vita principalmente agli studi tassonomici, campo in cui era così reputato che l'orto botanico di Berlino chiese il suo aiuto per la classificazione di generi controversi; era uno specialista di Asteraceae ed in particolare di Artemisia, cui dedicò otto monografie che molto contribuirono a chiarire questo difficile genere, tanto che de Candolle adottò quasi integralmente la sua sistemazione nel Prodromus. Forse vi piacerà scoprire che l'orto botanico di Kremenec' esiste di nuovo: nel 1990, alla vigilia dell'indipendenza, il Consiglio dei Ministri dell'Ucraina decretò la ricostruzione del giardino, anche se i lavori veri e propri iniziarono nel 2001 quando esso passò sotto la gestione del Ministero dell'ecologia e delle risorse naturali dell'Ucraina. Certo, con le sue 2000 specie e varietà è ben lontano dalle passate glorie, ma è comunque una realtà importante, con un arboreto di oltre 200 specie, una collezione di piante native, undici delle quali elencate nella lista rossa delle piante in pericolo da salvare, e diversi dipartimenti scientifici che riprendono la tradizione interrotta di Besser. Il giardino - che, com'era un simbolo della resilienza polacca a inizio '800 ora è un simbolo dell'identità e dell'orgoglio nazionale ucraino - non dimentica i suoi due fondatori: Besser è ricordato da un monumento, McClair da un cippo commemorativo; nel nome di quest'ultimo è in atto un progetto di collaborazione con diversi partner irlandesi, tra cui l'orto botanico nazionale di Dublino, ed è stato realizzato un "angolo irlandese" con specie provenienti dalla sua patria. Bessera, una fantasmagoria di colori Autorevole esponente della comunità scientifica tanto germanica quanto russa, Besser fu membro tra l'altro della Società imperiale dei naturalisti di Mosca, della Società medica imperiale di Vilnius, dell'Accademia Leopoldina e, come socio corrispondente, della Royal Society e dell'Accademia Imperiale delle Scienze di San Pietroburgo. Nel 1828 fu ammesso alla nobiltà del Governatorato di Volinia e aggiunse al cognome l'ambita particella von. Ad attestare la stima in cui era tenuto è anche la quadruplice dedica di un genere Bessera: in ordine cronologico troviamo infatti nel 1809 Bessera (Boraginaceae) da parte del suo maestro Josef August Schultes, oggi sinonimo di Pulmonaria; nel 1815 da parte di K.P.J. Sprengel Bessera (Phyllanthaceae), sinonimo di Flueggea; nel 1829 Bessera (Nyctaginaceae) da parte del brasiliano Vellozo, sinonimo di Guapira, e Bessera (Asparagaceae) da parte di Julius Hermann Schultes, figlio di Josef August. Poiché per un motivo o l'altro le altre denominazioni sono illegittime, a essere valido è quest'ultimo. Ne era ben consapevole Schultes junior che creò questo genere sia per rispettare la volontà paterna, sia per evitare che un botanico tanto stimabile rimanesse privo di un genere celebrativo; nella dedica, sotto forma di lettera a D.F.L. von Schlechtendal, egli infatti scrive: "Poiché il genere Bessera fondato da mio padre non è stato accettato e quello di Sprengel è stato emendato dallo stesso autore, ho creato un nuovo Bessera in onore del dottore e professor Besser, ottimo amico di mio padre e benemerito dello studio delle piante, come è noto a te e a tutti i botanici". Non scelse una pianta a caso, ma una specie di grande bellezza (Schultes la definisce pulchra "bella") appena giunta dal Messico, Bessera elegans. Oggi a questo piccolo genere di geofite tuberose sono assegnate quattro-cinque specie, tutte endemiche del Messico. Come Brodiaea, di cui ho scritto in questo post, appartiene alla sottofamiglia Brodiaeoideae delle Asparagaceae. Fino a pochi anni fa, le specie riconosciute era solo due: appunto B. elegans, con una vasta distribuzione nel versante pacifico del Messico (dal Sinaloa al Durango nella Sierra Madre Occidental, alla parte meridionale del Deserto di Chihuahua e alla Sierra Madre del Sur nell'Oaxaca), e B. tuitensis, un endemismo della Sierra de El Cuale nello stato di Jalisco. Nel 2021, lo studio di 21 popolazioni di B. elegans e delle loro variazioni morfologiche ha portato all'individuazione di altre due specie, B. ramirezii e B. elegantissima. Incerto è invece lo status di una eventuale quinta specie, B. tenuiflora. a seconda se si include o meno in Bessera il genere Behria. Plants of the World on line sposa la prima posizione e denomina questa specie Bessera tenuiflora, mentre il sito della Pacific Bulb Society, sulla base degli studi dei botanici dell'Università di La Paz in Baja California, mantiene separati i due generi e riporta la specie come Behria tenuiflora. Si tratta della posizione più convincente a cui mi atterrò anch'io. Le Bessera posseggono cormi rivestiti da uno strato membranoso di minute fibrille, da cui emergono strette foglie lineari e lunghi scapi che terminano con un'ombrella di eleganti fiori penduli a campana dai colori vividi: le corolle sono rosso rubino in B. elegans, rosso chiaro, scarlatto, viola, magenta o fucsia in B. elegantissima, da rosa a lilla in B. tuitensis, viola scuro in B. ramirezii. Ma i colori non finiscono qui: in B. elegans il tubo è bianco e il pistillo, racchiuso tra lunghi filamenti rossi, è viola, mentre il polline è grigio. Questa fantasmagoria di colori e la forma dei fiori ci dicono che queste bellissime piante sono impollinate dai colibrì. Solo i cormi di B. elegans (in inglese la chiamano molto giustamente coral drops, gocce di corallo) sono talvolta disponibili da noi; poiché non è rustica e va mantenuta rigorosamente asciutta durante il riposo vegetativo, è consigliabile la coltivazione in vaso. Altre informazioni nella scheda.
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Situato all'estrema periferia occidentale dell'Impero russo, l'orto botanico di Tartu, in Estonia, nell'Ottocento giocò un sorprendente ruolo di primo piano nella conoscenza della flora russa e asiatica. Il merito di aver fondato quella importante scuola botanica fu di un baltico di lingua tedesca, Carl Friedrich von Ledebour. A celebrarne il ricordo, il genere africano Ledebouria. Rinasce un'Università, nasce un Giardino botanico Tartu, all'epoca meglio nota con il nome tedesco Dorpat, vantava una prestigiosa università di lingua tedesca e confessione luterana, fondata nel 1632 dal re di Svezia Gustavo Adolfo come baluardo conto il controriformismo polacco. Dopo diverse vicissitudini, già prima del passaggio dell'Estonia sotto il dominio russo, nel 1721, aveva cessato di esistere. Sotto l'impulso degli intellettuali baltici di lingua tedesca venne rifondata nel 1798 e consolidata nel 1802; dal punto di vista amministrativo e finanziario, dipendeva dalla corona russa, ma sul piano culturale era un'istituzione tedesca; in tedesco venivano impartite le lezioni e tedeschi, spesso balto-tedeschi, erano gli insegnanti. Nel 1803, ad affiancare l'insegnamento della medicina, delle scienze naturali e della farmacia, venne creato un orto botanico, inizialmente collocato in via Vanemuise, sotto la direzione di Gottfried Albrecht Germann; nel 1806 lo stesso Germann, con l'aiuto del capo giardiniere J. A. Weinmann, curò il trasferimento in una sede più idonea, sull'antico bastione di via Lai (dove il giardino si trova tuttora). Il duplice legame - da una parte con la Russia, protagonista in quegli anni di molte spedizioni scientifiche, con il suo immenso territorio in gran parte ancora inesplorato, dall'altra con la Germania e più un generale con la rete degli studiosi, degli orti botanici e delle università europee - fece dell'Università di Tartu/Dorpat un importante luogo di interscambio culturale e permise all'orto di crescere rapidamente. Un primo catalogo indica un patrimonio di 4300 specie. Germann era uno studioso polivalente, interessato soprattutto alla botanica e all'ornitologia. All'Università di Dorpat insegnava storia naturale, botanica, zoologia, mineralogia, entomologia e ornitologia. Come strumento didattico, creò anche un gabinetto di storia naturale, con collezioni di insetti, minerali e un erbario. Anche Weinmann era un personaggio notevole: prima di arrivare a Tartu aveva lavorato a Würzburg e Vienna, dopo Tartu lavorerà a San Pietroburgo e sarà ammesso all'Accademia delle scienze. Dalle rive del Baltico ai monti dell'Asia centrale Ma la vera svolta fu impressa dal secondo curatore dell'orto ( e secondo professore di botanica dell'Università). Morto Germann nel 1809, per qualche tempo i due incarichi rimasero vacanti, finché venne nominato a sostituirlo il giovane e dinamico Carl Friedrich Ledebour; nato a Stralsund, da parte di madre era anche lui un tedesco del Baltico, ma da parte di padre era svedese. E in Svezia era entrato in contatto con la scuola linneana nella persona di Carl Peter Thunberg. Arrivato a Tartu nel 1811, in piene guerre napoleoniche, dopo un avventuroso viaggio da Berlino, dimostrò subito la sua intraprendenza, riuscendo a ottenere dalle autorità russe la costruzione di una nuova serra, un notevole aumento dei fondi e l'ampliamento del giardino, che sotto la sua gestione raggiunse le dimensioni attuali di circa tre ettari. Ottimo didatta, riuscì a creare intorno a sé una prestigiosa scuola botanica, introducendo di fatto in Russia l'insegnamento della botanica sistematica; tra gli esponenti più noti, Johann Friedrich von Eschscholtz, che ritroveremo in questo blog come naturalista della spedizione Kotzebue; e i suoi stretti collaboratori Carl Anton von Meyer e Alexander Bunge. Era un eccellente tassonomista, ma non disdegnava la ricerca sul campo. Nel 1815 avrebbe desiderato partecipare come naturalista alla spedizione di Kotzebue nel mar Glaciale Artico e nel Pacifico, insieme al suo allievo Eschscholtz, ma dovette rinunciare per motivi di salute. Nel 1818 visitò brevemente la Crimea insieme a un altro allievo, Carl Anton von Meyer. Ma la grande avventura di Ledebour iniziò nel 1826, quando diresse una grande spedizione nei monti Altai e nelle steppe del Kirghizistan, questa volta con Meyer e Bunge. Per due anni, muovendosi separatamente, i tre botanici esplorarono a fondo una regione ancora poco nota, raccogliendo oltre 1600 specie di fanerogame; se la botanica costituiva il loro interesse principale, non mancarono raccolte di minerali e animali. Ledebour riservò a se stesso la parte orientale della catena; visitò Ridder, Zyryanovsk, esplorò la valle dell'Irtysh e raggiunse e sorgenti dei fiumi Uby, Charysh e Yeni. Quindi visitò Katun e si spinse fino ai confini con la Cina. Una relazione del viaggio è contenuta in Reise durch die Altaigebirghe und die Soongorische Kirgisen-Steppe ("Viaggio nei monti Altai e nella steppa del Kirgizistan), pubbicato in tedesco a Berlino tra il 1829 e il 1830. Al loro rientro a Tartu, i tre naturalisti scrissero insieme l'importante Flora Altaica, in quattro volumi, uscita tra il 1829 e il 1833, considerata la prima flora regionale del secolo. Tra le specie descritte per la prima volta Malus sieversii (con il nome di Pyrus sieversii) e Larix sibirica. Dei risultati della spedizione usufruì anche l'orto di Dorpat, che si arricchì di molte specie di piante siberiane e centro-asiatiche, divenendo anche il principale tramite per la loro conoscenza e diffusione in Europa, grazie agli scambi con la rete europea degli orti botanici. In tal modo furono gettate le besi della particolare vocazione dei botanici dell'Università di Dorpat, che in un certo senso si specializzarono nello studio della flora della Russia orientale e dell'Asia. Insieme ai due collaboratori e ad altri allievi, Ledebour iniziò quindi a studiare i materiali botanici raccolti da Chamisso, Wormskjold e Eschscholtz durante le spedizioni di Kotzebue (1815–1818 e 1823–1826), nonché i materiali raccolti nella Russia meridionale da Carl Eduard Eichwald (1825–1826) e da von Nordmanne e Th. Döllinger nel 1836. Su questa base, Ledebour iniziò a scrivere un'opera complessiva sulla flora russa: un' impresa impegnativa, che lo spinse nel 1836 a lasciare l'incarico universitario (lo sostituì Bunge) per dedicarsi ad essa a tempo pieno. Il risultato fu Flora Rossica, in quattro volumi, uscita tra il 1841 e 1853, la prima che copre l'intero territorio dell'Impero russo (Russia europea, Asia, Caucaso, Alaska), per un totale di circa 6500 specie; nonostante sia priva di immagini, questa prima descrizione completa della flora russa rimase per decenni un'opera di riferimento. Pur avvalendosi ancora una volta della collaborazione di diversi altri studiosi, Ledebour realizzò il grosso del lavoro, che completò letteralmente pochi giorni prima della morte. Qualche approfondimento sulla sua vita nella sezione biografie. Ledebouria, minuscoli gigli tigrati A ricordare Ledebour sono in primo luogo numerose piante da lui descritte per la prima volta (Lilium ledebourii, Trollius ledebourii, Lonicera ledebouri, Rhododendron ledebourii, Artemisia ledebouriana, ecc). Ma soprattutto, a questo grande esperto della flora siberiana e asiatica, è toccato di essere celebrato da un genere soprattutto africano. Fu Albrecht Wilhelm Roth nel 1821 (quando Ledebour era un apprezzato studioso dell'Università di Dorpat, ma non aveva ancora affrontato né la grande spedizione negli Altai né scritto le sue due opere principali) a dedicargli il genere Ledebouria, descrivendo la specie tipo, l'indiana L. hyacinthina. Il genere Ledebouria, della famiglia Asparagaceae, sottofamiglia Scilloideae (un tempo Hyacinthaceae) ha avuto una storia tassonomica complessa, venendo assegnata da botanici diversi successivamente ad altri generi affini (Hyacinthus, Lachenalia, Drimia, Scilla); nel 1970 è stato ristabilito da Jessop. Ancora incerto rimane il numero di specie assegnate (da circa 40 a 60); sono bulbose soprattutto sudafricane (almeno una trentina di specie), con qualche rappresentante anche in Madagascar e in India. Di dimensioni molto variabili, da minuscole a relativamente grandi, sono spesso caratterizzate da foglie più o meno carnose vistosamente macchiettate. Probabilmente la specie più nota da noi, spesso offerta da Garden center e specialisti di succulente, è la graziosa L. socialis (spesso commercializzata con il vecchio nome di Scilla socialis o S. violacea), originaria di aree sabbiose ma ricche di humus della zona di transizione tra il Capo orientale il Capo Occidentale in Sud Africa. E' caratterizzata da bulbi che crescono sopra il livello del suolo, protetti da tuniche di consistenza cartacea, da cui spuntano ciuffi di foglie oblunghe da verde a argentee, spesso densamente macchiettate, che le hanno guadagnato il nome inglese di Tiger lily, "Giglio tigre". Un'altra specie abbastanza diffusa in coltivazione è L. cooperi, con foglie lineari, lucide, erette, rigate, e graziose spighe di fiori rosa brillante. Per qualche informazione in più su qualche altra specie meno nota si rimanda alla scheda. Più che gli esseri umani - rappresentati dallo sfortunato farmacista e botanico Johann Sievers che, al servizio di Caterina II, negli ultimi anni del Settecento visitò la Siberia, la Mongola, il Kirghizistan e il Kazakhstan - le protagoniste di questa storia sono le piante. Una cercata appassionatamente e non trovata, il rabarbaro cinese; l'altra scoperta quasi per caso: il Malus siversii, ovvero il "papà delle mele". Ovviamente c'è anche il genere Sieversia e l'ormai obsoleto Novosieversia. Dal re dei lassativi... Come sa ogni spettatore del Malato immaginario di Molière, due erano le cure fondamentali della medicina del Sei-Settecento: i salassi e le purghe. Il purgante più ricercato, perché allo stesso tempo efficace e non drastico, privo di sgradevoli effetti collaterali, era il rabarbaro. Importato dalla lontana Cina, era apprezzatissimo e costosissimo: nell'Inghilterra del Seicento era tre volte più caro dell'oppio. Per giungere in Occidente, infatti, doveva fare una lunga strada; parte giungeva dall'impero Ottomano attraverso l'India, ma il migliore di tutti era il "rabarbaro russo", che in realtà era cinese. Il commercio del rabarbaro cinese attraverso le steppe russe datava fin dall'antichità, tanto che il nome stesso della pianta, in greco e latino Rheum, deriva da Rha, l'antico nome del fiume Volga, lungo le cui rive si trovavano i punti di smistamento delle vie carovaniere. Ma a farne una voce decisiva del bilancio russo fu Pietro il Grande. Nel 1696 impose su di esso il monopolio statale; dal 1727, come tutte le transazioni commerciali sino-russe, il suo commercio fu regolato dal trattato di Kiakhta. Dal 1730 l'importazione fu assegnata in esclusiva a una famiglia di Bukhari, che trasportavano fino a Kiakhta il rabarbaro acquistato in Cina; qui veniva esaminato da un farmacista russo: tutto quello di cattiva qualità era immediatamente bruciato, mentre quello che aveva passato la selezione veniva avviato a Mosca e a San Pietroburgo, dove era ulteriormente esaminato prima di essere esportato in Occidente. Grazie a questa trafila il rabarbaro "russo" si impose sul mercato come il migliore, sebbene gli alti prezzi ne facessero una medicina solo per ricchi. I profitti erano così alti che il ricavo di una sola transazione permetteva di mantenere l'esercito russo per un anno. Ai tempi di Caterina II - lei stessa fu curata con efficacia con il rabarbaro in seguito a una grave costipazione causata da una scorpacciata di ostriche - la situazione cominciò a mutare. Intorno al 1745, Olandesi e Inglesi invasero il mercato vendendo a prezzi stracciati il rabarbaro "indiano", certamente di qualità inferiore ma molto più abbordabile. Inoltre le relazioni con la Cina erano soggette ai malumori e alle scelte spesso xenofobe del Celeste impero; così, in seguito a incidenti di frontiera, tra 1764 e il 1768 la Cina ruppe le relazioni diplomatiche e proibì le esportazioni verso la Russia. Negli stessi anni, la grande spedizione dell'Accademia, guidata da Pallas, aprì nuove prospettive. Nel 1772 lo stesso Pallas visitò Kiakhta, ricavandone l'impressione negativa che, nel gioco commerciale, i soli a guadagnarci fossero i cinesi, che potevano imporre i loro prezzi a piacimento. Nella sua esplorazione delle regioni siberiane, inoltre, il naturalista tedesco scoprì diverse specie di Rheum; egli era convinto che il rabarbaro cinese fosse ottenuto da varie specie e che non fosse né diverso né superiore rispetto a quello reperibile sul territorio russo, che era di cattiva qualità solo perché coltivato e conservato con metodi sbagliati. Propose dunque un ambizioso piano di raccolta di semi, da coltivare negli orti botanici di Mosca, San Pietroburgo e eventualmente Irkutsk, selezionando le varietà migliori da ridistribuire per creare un'industria russa del rabarbaro. ... al papà delle mele Nel 1781 Caterina II eliminò un monopolio ormai in declino, liberalizzando il commercio del rabarbaro e puntando sulla sua coltivazione nel territorio nazionale. Ma prima bisognava scoprire se aveva ragione Pallas, e quale specie convenisse coltivare. L'imperatrice stabilì un premio per chi avesse scoperto la pianta del "vero" rabarbaro e nel 1790 l'Accademia delle Scienze russa inviò alla sua ricerca il botanico e farmacista di origine tedesca Johann Erasmus (August Carl) Sievers. Egli doveva anche individuare le aree più adatte a un'eventuale coltivazione. La spedizione durò cinque anni. Nel 1791 Sievers esplorò i monti Yablonoi, una catena montuosa del sud-est della Siberia, situata tra la Mongolia e il lago Baikhal. Individuò le specie di rabarbaro segnalate da Pallas (oggi Rheum rhabarbarum e R. nanum), provò a seminarle, ma con risultati che lo convinsero che non si trattava del vero rabarbaro, a suo parere una specie esclusivamente cinese di cui al momento non erano note le caratteristiche. Nel 1792 proseguì le sue ricerche più a occidente, al di là del fiume Irtys, esplorando i monti Altai e la valle del fiume Bukhtarma. Nel 1793 fu il primo botanico a visitare i monti Tarbagatai, dove rischiò di morire di inedia; a salvarlo fu l'incontro con i membri di alcune tribù turco-mongole che lo ospitarono e lo guidarono alla scoperta delle valli e degli impervi versanti della catena; qui Sievers scoprì boschetti di alberi di mele, che all'assaggio si rivelarono dolcissime. Ne scrisse entusiasta a Pallas, che informava puntigliosamente delle sue scoperte botaniche e etnologiche. Raggiunto il lago Alakol, nel 1794 Sievers riuscì a passare in Cina, ma, presto rimandato indietro, non poté trovare l'oggetto delle sue ricerche. Nel 1795, a soli 33 anni, morì improvvisamente. Una sintesi della sua breve vita nella sezione biografie. Dopo la sua morte, Pallas pubblicò le sue lettere sotto il titolo Briefe auf Sibiren, "Lettere dalla Sibera", importanti sia per le notizie etnografiche, sia per il contributo alla conoscenza dalla flora di aree largamente inesplorate prima della spedizione di Sievers. Sulla base dell'erbario e delle note del naturalista defunto, più tardi Pallas pubblicò Plantae novae ex herbario et schedis defuncti Botanici Ioanni Sievers, Hannoverani, descriptae, "Nuove piante descritte sulla base dell'erbario e delle note del defunto botanico hannoveriano Johann Sievers". Sono numerose le specie raccolte o descritte per la prima volta: tra le altre, Ribes fragrans, Rheum nanum, Picea schrenkiana, Asclepias rubra, Bassia (=Kochia) scoparia, Artemisia sieversiana, e soprattutto Malus sieversii, il melo che Sievers aveva incontrato sulle pendici dei monti Tarbagatai. Questa particolare specie di melo ha acquisito grande notorietà qualche anno fa quando, in seguito alla descrizione completa del genoma delle mele coltivate e allo studio comparativo di tutte le specie del genere Malus, si è scoperto che proprio M. sieversii è il progenitore della maggior parte delle cultivar domestiche. Il "papà" delle mele (del resto, Alma-Ata, il nome sovietico della capitale del Kazakhstan, significa "padre delle mele") ha frutti particolarmente gustosi e grandi (diametro fino a 7 cm). All'origine delle mele, potrebbe anche essere il loro futuro: la ricchezza genetica e l'eccezionale resistenza alle malattie potrà essere utile per produrre nuove cultivar che non necessitino di pesticidi. Le aree del Kazakhstan, dove si trovano le foreste di meli di Sievers, gravemente minacciate dalla deforestazione, sono state proposte come patrimonio dell'umanità Unesco. La Sieversia, bellezza glaciale Per onorare lo sfortunato botanico, che quanto meno le pubblicazioni di Pallas avevano salvato dall'oblio, nel 1811 Willdenow creò il genere Sieversia, della famiglia Rosaceae, molto affine a Geum, da cui lo distingue lo stilo deciduo piumoso e privo di uncino. Per duecento anni, i botanici si sono divertiti ora a considerarlo un genere autonomo, ora un sottogenere o una sezione di Geum; a questo pingpong ha messo fine nel 2002 uno studio che, sulla base di dati genetici, ha stabilito l'indipendenza di Sieversia, ridotto tuttavia a due sole specie. Del resto lo stesso Geum è un gruppo geneticamente eterogeneo, un complex, che raggruppa presumibilmente più generi e deve essere indagato da studi più approfonditi. Le specie superstiti sono Sieversia pentapetala e S. pusilla. La prima è una graziosa perenne erbacea della tundra e degli ambienti montani, presente nella Siberia orientale, in Giappone e in Alaska, con cinque petali candidi che contrastano con gli stami giallo brillante; può essere una specie dominante che forma dense colonie. La seconda è un endemismo della Siberia orientale e della Kamchatka, simile alle precedente ma di dimensioni minori. Con le sue origini siberiane e montane, Sieversia è un omaggio quanto mai adatto a Sievers, esploratore della flora siberiana e tra i primi descrittori di Sieversia pentapetala (allora Dryas anemonoides). Qualche approfondimento nella scheda. Nel 1933 F. Bolle sottopose a revisione il genere Geum e ne distaccò diversi generi, tra cui Novosieversia, che includeva una sola specie, N. glacialis, una specie circumboreale con fiori gialli e stili piumosi. Oggi è per lo più considerato sinonimo di Geum glaciale. Ma, come si è detto, lo stesso genere Geum è tutt'altro che compatto, e non sappiamo quale svolta terminologica ci riserverà il futuro. Perché un botanico olandese ha dedicato una specie sudafricana a un botanico tedesco che lavorava in Russia? Un mistero mai risolto; ma la storia di Traugott Gerber, attivo e sfortunato pioniere delle ricerche botaniche in Russia, vale la pena di essere raccontata. E con i suoi fiori solari, la Gerbera, regina dei fiori recisi, continua a perpetuarne il nome, tanto che un grande coltivatore e collezionista di gerbere ha voluto dedicargli un piccolo museo. Un giardino dei semplici e tre spedizioni botaniche Il più antico orto botanico russo nacque nel 1706 per volontà dello zar Pietro il grande che, secondo la tradizione, sarebbe stato coinvolto di persona nell'impianto, mettendo a dimora tre alberi tra cui un Larix sibirica che ancora sopravvive. Sorgeva alla periferia settentrionale della città, presso la torre Suchareva, e fortunatamente, sebbene profondamente alterato, si è conservato fino ad oggi, come parte dell'Orto botanico dell'Università di Mosca. Come dice chiaramente il nome Moskovskij apotekarskij ogorod, "Orto moscovita dei farmacisti" , inizialmente apparteneva all'ordine dei farmacisti ed era destinato alla coltivazione dei semplici da utilizzare per la preparazione dei medicinali. Per alcuni anni, il giardino non ebbe una direzione scientifica, finché nel 1735, sotto la zarina Anna Ivanovna, venne assunto un giovane medico e botanico tedesco, Traugott Gerber, con l'incarico di dirigere e ampliare il giardino, trasformandolo in un'istituzione educativa. In quanto dimostratore dell'orto, Gerber doveva infatti illustrare le piante e le loro proprietà medicinali ai futuri medici e farmacisti. Egli ampliò notevolmente le collezioni, aggiungendo alla coltivazione dei semplici quella di piante locali e esotiche, sia nelle parcelle esterne sia nelle serre. Molti semi e piante gli giunsero attraverso contatti e scambi con botanici francesi, tedeschi e olandesi. Altre specie furono raccolte nelle spedizioni botaniche capeggiate dalle stesso Gerber, finalizzate alla ricerca di piante utili e medicinali. Il lavoro sul campo iniziò con l'esplorazione dei dintorni di Mosca; il frutto fu Flora Mosquensis, un manoscritto che descrive circa 200 piante. Nel 1739 guidò una spedizione lungo il bacino del Volga, seguendo l'itinerario Mosca–Murom–Nizny Novgorod– Kazan’–Samara– Saratov–Tsaritsyn (oggi Volgograd)– Voronez–Tambov–Ryazan’– Mosca; ne diede conto in Flora Wogensis, che include 225 specie. Infine nel 1741 organizzò una spedizione nel bacino del Don e in Ucraina, che fruttò 280 specie, descritte in Flora Tanaicensis (tutte queste opere non furono mai pubblicate e rimasero allo stadio di manoscritto). L'anno successivo, in seguito alla morte della zarina e alle complicate vicende della sua successione, il posto di curatore del giardino dei farmacisti fu soppresso (sarà ripristinato solo nel 1786). Gerber divenne medico militare e si trasferì a Vyborg nella Carelia russa, a nord di Pietroburgo, dove morì l'anno successivo all'età di soli 33 anni. Dopo la sua morte, il suo grande erbario (circa 2400 taxa) andò disperso. Una sintesi della sua vita breve ma intensa nella sezione biografie. Per iniziativa del vivaista, ibridatore e ricercatore tedesco Peter Ambrosius (che ha probabilmente creato la più vasta collezione di Gerberae del mondo), a Zodel, il villaggio della Slesia tedesca al confine con la Polonia dove Gerber nacque nel 1710, nel 2002 è stato fondato il Trautgott Gerber Museum, che raccoglie testimonianze sulla sua vita e sul suo tempo e comprende anche un piccolo giardino di erbe. Perché la Gerbera? Per un curioso scherzo del destino, il nome di questo botanico nato in Slesia, vissuto nella fredda Russia e morto nella glaciale Carelia, è oggi legato a un fiore che arrivò in Europa dal Sud Africa, la solare Gerbera. A dedicargliela fu, nel 1737, il botanico olandese J.F. Gronovius; il perché è un rebus per gli studiosi. E' assai probabile che i due si scambiassero piante (dall'Olanda arrivarono a Gerber piante per l'orto moscovita, e Gronovius era un accanito collezionista con una enorme rete di corrispondenti); secondo il sito ZAfrica, la dedica avrebbe coinvolto anche un fratello di Gerber (di cui si conoscono solo le iniziali, Fr.), a sua volta raccoglitore di piante nelle Antille; anche questa notizia è plausibile: Gronovius aveva molti corrispondenti che operavano in centro e nord America; ma non ne ho trovato conferma in altre fonti. Le prime ad essere descritte (non da Gronovius, ma dal suo amico Burman, in Rariorum africanarum plantarum decades) furono due specie sudafricane (oggi note come Gerbera linnaei e G. crocea). Linneo riprese e validò il genere nel 1758, ma più tardi cambiò idea e lo unì al panboreale Arnica. Il genere Gerbera fu ripristinato soltanto nel 1817 da H. Cassini, in uno dei primi studi complessivi sulla famiglia Asteraceae. Benché le specie più note (e quelle da cui sono nati gli ibridi oggi in commercio) siano sudafricane, il genere Gerbera, che comprende una trentina di specie, è presente anche in altre aree: l'Africa subsahariana tropicale, il Madagascar, la regione sino-hymalaiana, mentre l'attribuzione dell'unica specie sudamericana è discussa. L'area sudafricana è tuttavia quella di maggiore biodiversità, con 14 specie. Quelle che troviamo dai fiorai e che alimentano il mercato dei fiori recisi (è la quinta specie più venduta) sono per lo più gerbere ibride; la prima fu ottenuta nel 1890 da R. I. Lynch del Giardino botanico di Cambridge incrociando G. jamesonii con G. viridifolia. Da allora sono state prodotte e selezionate centinaia e centinaia di cultivar, variabili per dimensioni, forma (singole, semidoppie, doppie), colore del disco centrale e dei "petali" radiali (in realtà, come nelle altre Asteraceae, entrambi sono flosculi) in infinite sfumature di bianco, crema, giallo, rosa, violetto, rosso, arancio. Praticamente l'intero arcobaleno, eccetto il blu. Approfondimenti sulle altre specie e sulla storia degli ibridi nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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