Un filosofo illuminista radicale; un uomo ostinato che ha quasi sempre ragione ma è incapace di compromessi; un viaggiatore avventuroso; un pioniere dell'ittiologia; un cacciatore di piante instancabile; un linguista capace di imparare in poche settimane i dialetti della penisola arabica; il coprotagonista di un capolavoro della letteratura danese. Tutto questo è stato Peter Forsskål, il più scontroso ma forse il più affascinante apostolo di Linneo, che ha scritto nel suo diario di viaggio: "Per le scienze naturali, bisogna essere pronti anche a dare la vita". Lui la sua l'ha data, a trentun anni, e in cambio il suo maestro gli ha dedicato la pungente Forsskaolea. ![]() Dalla battaglia per la libertà di parola all'Arabia felice "Quanto più un uomo può vivere secondo le proprie inclinazioni, tanto più egli è libero. Per questa ragione, insieme alla vita stessa, non vi è nient’altro che sia più caro all’uomo quanto la sua libertà. Nessun essere dotato di ragione rinuncia ad essa o la limita a se stesso, a meno che non vi sia costretto dalla violenza o dal timore di un male maggiore." A scrivere queste parole non è Hume o Rousseau, ma un altro figlio dell'illuminismo, il finno-svedese Peter Forsskål, il decimo apostolo di Linneo. Naturalista, filosofo, ma soprattutto uomo libero, anch'egli morì giovanissimo nel corso di una spedizione naturalistica, ma ebbe la ventura di essere salvato dall'oblio da un grandissimo scrittore, il danese Thorkild Hansen. Nel 1962 Hansen, sulla base di molti documenti e in particolare delle lettere e dei diari dei suoi membri, scrisse Arabia felix, una ricostruzione romanzata ma non troppo delle vicende della sventurata spedizione danese in Yemen del 1761-67 che vide la morte di tutti i partecipanti, con una sola eccezione. Sebbene l'autore non nutra particolare simpatia per Forsskål sa fare emergere le ombre (l'ostinazione e l'arroganza) e le luci (l'amore per la giustizia e la verità, l'acuta intelligenza, l'instancabilità, la tenacia, la capacità organizzativa) dello scienziato svedese, ricostruendo un affascinante personaggio a tutto tondo. Una traduzione italiana di Arabia felix è stato pubblicata dalla benemerita casa editrice Iperborea. Dopo il deludente (almeno dal punto di vista di Linneo) viaggio di Rolander in Suriname, fino all'inizio degli anni '60 nessun "apostolo" fu coinvolto in una spedizione di rilievo. A dire il vero, nel 1758 quello che è considerato l'ottavo apostolo, l'estone Anton Rolandson Martin si era imbarcato su una nave baleniera ed aveva brevemente visitato le isole Svalabard; a sua volta Carl Fredrik Adler tra il 1748 e il 1761 in qualità di medico di bordo della Compagnia Svedese delle Indie orientali aveva toccato per quattro volte Canton (morendo nel corso dell'ultimo viaggio). Tuttavia nessuno dei due è ricordato da un genere di piante. Al contrario, il pugnace Forsskål fu tra i protagonisti di una grande spedizione che coinvolgeva tre università (Copenhagen, Uppsala e Gottinga) e, almeno sulla carta, avrebbe dovuto dare gloria alla Danimarca e al suo re, Federico V. Forsskål era probabilmente il più dotato tra i dotatissimi allievi di Linneo, e di certo il più versatile. I suoi interessi non si limitavano alle scienze naturali, ma includevano le lingue, la politica, la filosofia, l'economia. Dopo gli studi teologici e naturalistici a Uppsala, aveva studiato filosofia e filologia orientale a Gottinga; qui aveva trovato un'atmosfera ben più libera e stimolante di quella svedese. Nel 1759, al suo ritorno in patria, presentò una tesi di filosofia dal titolo De libertate civili in cui attaccava i privilegi e difendeva la libertà di pensiero e di stampa. Di fronte al rifiuto della facoltà, decise di pubblicarla a sue spese, in lingua svedese con il titolo Tankar om Borgerliga Friheten, "Pensieri sulla libertà civile". Nell'arco di ventiquattr'ore, la censura impose il ritiro e la distruzione dell'opuscolo; a eseguire l'ordine doveva essere il rettore della facoltà, cioè il nostro Linneo. Il previdente Forsskål, tuttavia, aveva già ritirato tutte le copie e le aveva distribuite ai suoi amici; Linneo - forse non troppo solerte - riuscì a recuperarne solo 79 su 500. L'atmosfera si era però fatta pesante per l'intrepido Forsskål - che d'altra parte non intendeva arretrare di un millimetro sulle sue posizioni - spingendolo ad accettare la proposta del suo professore di Gottinga, Michaelis, che aveva avanzato la sua candidatura come naturalista della spedizione danese in Yemen. Inizialmente riluttante (anche per la contrarietà del padre, che aveva già perso due figli), accettò a tre condizioni: il titolo di professore; una sostanziosa pensione vitalizia di cui usufruire in un paese a sua scelta; l'uguaglianza tra tutti i membri della spedizione (forse dettata, più che da amore per la democrazia, dal rifiuto di qualsiasi limite alla sua libertà). La corte danese sottoscrisse tutte le richieste e nel settembre del 1760 Forsskål raggiunse Copenhagen. Immediatamente il suo carattere impetuoso e alieno dai compromessi lo trascinò in un'ulteriore controversia; come medico della spedizione, venne nominato il neolaureato Christian Karl Kramer. Considerandolo del tutto inadeguato, Forsskål cercò di farlo sostituire da un altro allievo di Linneo, Johann Peter Falk, a suo parere molto più preparato di lui. Tuttavia si mosse con scarsa diplomazia e suscitò le ire del maestro di Kramer, il professor Kratzenstein (proprio quello che aveva aiutato il transfuga Rolander; la rivalità tra Uppsala e Copenhagen, a questo punto, è più che un sospetto!). Alla fine, i membri della spedizione furono sei, mal assortiti fin dall'inizio; due danesi, il professor Frederich Christian von Haven, in qualità di filologo, e Christian Karl Kramer, in qualità di medico; due tedeschi, il geografo e matematico Carsten Niebuhr e Georg Wilhelm Baurenfeind, in qualità di pittore; due svedesi, Peter Forsskål e il servitore Lars Berggren. I rapporti tra i due professori, von Haven e Forsskål, furono pessimi fin dall'inizio: uniti solo dall'alta opinione di sé, erano opposti per origine geografica e sociale, formazione culturale e carattere: un danese e uno svedese, un nobile e un borghese, un umanista e uno scienziato, un indolente e un iperattivo. Quali incidenti e quali scontri l'incompatibilità tra i due possano aver provocato in una convivenza forzata di quasi due anni e mezzo lo potete leggere nel libro di Hansen. Qui mi limito a sintetizzare l'itinerario: dopo aver raggiunto con una nave danese Costantinopoli (con brevi soste nei pressi di Marsilia e a Malta), il gruppo si imbarcò per l'Egitto, dove rimase circa un anno (prima ad Alessandria, poi al Cairo, infine nel Sinai); attraverso il Mar Rosso, si recò infine in Yemen, la meta principale della spedizione. Qui, a pochi giorni di distanza, i due professori morirono di malaria: il 25 maggio 1762 von Haven, l'11 luglio Forsskål; i superstiti si imbarcarono per Bombay, ma durante il viaggio in mare perirono anche Baurenfeind e Berggren; poco dopo lo sbarco in India, morì pure Kramer. Rimasto solo Niebuhr ritornò in Danimarca solo nel novembre del 1767 dopo un avventurosissimo viaggio a piedi attraverso la penisola arabica, la Persia e l'impero ottomano. Anche se l'obiettivo iniziale era soprattutto letterario-filologico, l'indolenza di von Haven e l'attivismo di Forsskål e Niebuhr spostarono ben presto il baricentro della spedizione sul versante geografico e naturalistico. Oltre alle importantissime rilevazioni astronomiche e cartografiche del matematico tedesco, anche le ricerche naturalistiche di Forsskål furono di grande rilievo: nell'arco di due anni e mezzo, raccolse oltre 2000 piante (di cui 693 nello Yemen); esplorò sistematicamente la fauna e la flora del Mar Rosso (fu tra l'altro tra i primi a cogliere la natura animale dei coralli); raccolse una massa di informazioni economiche e etnologiche (tra cui un'importante farmacopea cairota); descrisse per la prima volta piante oggi ben note come l'Adenium obesum. Il suo atteggiamento verso la cultura farmaceutica e naturalistica locale fu innovativo e rispettoso: quando individuava nuovi generi o nuove specie manteneva il nome locale, appena latinizzato per adattarlo alle convenzioni della nomenclatura binomiale: ad esempio, battezzò il qāt, un arbusto le cui foglie vengono masticate come stimolante, Catha edulis. Affidò le sue osservazioni al diario di viaggio ma anche a diverse opere scientifiche che furono preservate e pubblicate dopo la sua morte da Carsten Niebuhr (anche se purtroppo errori e refusi ne diminuirono il valore scientifico). I suoi studi sono considerai pionieristici nei campi della biologia marina, della migrazione degli uccelli, della distribuzione geografica delle piante e dell'iterazione tra piante e territorio. ![]() L'unico ricordo è un'ortica? Dopo la morte dell'allievo, Linneo ne onorò la memoria con la dedica di una delle piante che egli aveva scoperto. Me scelse una nata nell'orto botanico di Uppsala da semi che Forsskål gli aveva spedito dal Cairo e la chiamò Forsskaolea tenacissima, per ricordare la determinazione e la tenacia che il giovane allievo aveva dimostrato anche nelle situazioni più difficili. Ma forse la dedica non è così innocente; lasciamo la parola a Thorkild Hansen: "Linneo la battezza Forsskaolea e aggiunge le indicazioni descrittive tenacissima, hispida, adherens, uncinata. Quando Carsten Niebuhr sente di questa scelta, monta su tutte le furie [...]. Ma, anche se la scelta di Linneo non è causale, non è detto che quelle caratteristiche debbano essere ritenute così insultati come pensava Niebuhr. Linneo merita di essere elogiato piuttosto che scagionato. Non c'è niente da perdonargli. Non ha fatto che dire la verità. Conosceva Forsskål. Sapeva che non era tipo cui rendere omaggio con rose o orchidee. Né crescevano fiori ricercati sulla solitaria tomba nei pressi di Yerim. La memoria di Forsskål non poteva essere legata a un profumo, a bellezza; ma a qualcosa che corrode, che brucia. I quattro famigerati aggettivi - tenacissima, hispida, adherens e uncinata - significano tenacissimo, selvatico, caparbio e spigoloso. L'unico ricordo che sopravvive di Peter Forsskål, morto a Yerim nell'Araba Felice, la pianta Forsskaolea, è un'ortica". La conclusione di Hansen (come si conviene alla sua amara visione della vita) è forse troppo pessimistica. Intanto, i risultati scientifici di Forsskål sono oggi rivalutati e appaiono più incisivi ed importanti di quanto non sembrasse sessant'anni fa. Negli anni '70, il suo diario di viaggio è stato utilizzato come punto di partenza del ricercatore inglese John Wood che ha potuto ritrovare piante che non erano più state descritte da duecento anni. Buona parte della tassonomia dei pesci del Mar Rosso si basa ancora sui suoi studi. Anche la sua battaglia per la libertà non fu né donchiosciottesca né inutile se pochi anni dopo la sua morte la Svezia - primo tra i paesi europei - approvò una legge sulla libertà di stampa. In occasione del 250 anniversario della pubblicazione dell'opuscolo sulla libertà civile, l'Università di Gottinga ha voluto onorare Forsskål con una targa; gli sono stati dedicati convegni in Svezia, in Finlandia, in Danimarca e in Germania; è nato un sito dove potete trovare molto materiale su di lui e soprattutto il testo di Pensieri sulla libertà civile in molte lingue, tra cui anche l'italiano. Come sempre altre notizie nella sezione biografie. Quanto alla Forsskaolea, è davvero una cugina della nostra ortica, un piccolo genere delle famiglia Urticaceae di sole sei-sette specie, presenti in un'area che va dalle isole Canarie all'India occidentale attraverso il Nord Africa e il Vicino Oriente. F. tenacissima si è adattata a vivere dove ben poche altre specie sopravviverebbero: suoli aridi, sassosi, fessure tra le rocce. F. angustifolia è invece una specie endemica delle Canarie, dal portamento arbustivo, che non è difficile vedere visitando l'arcipelago. Altre informazioni sul genere Forsskaolea nella scheda. Forsskål è inoltre ricordato dal nome specifico di diverse piante (e animali) da lui descritti per la prima volta; tra le più notevoli Salvia forsskaolei, una salvia azzurra della penisola balcanica che Forsskål raccolse in Turchia. Dato che il suo cognome può essere scritto in vari modi, accanto all'epiteto specifico forsskaolei, si trovano anche forskalianus (come Sansevieria forskaliana) o forskohlii (come Coleus forkohlii, oggi Plectrantus barbatus, che a sua volta ha dato il suo nome alla forskolina, un integratore alimentare di moda).
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Anche se le sue speranze di una nuova era per la scienza svedese si riveleranno infondate, Linneo volle ringraziare il re Gustavo III per il dono della collezione naturalistica del Suriname dedicandogli la pianta più bella della raccolta: Gustavia augusta, un dono regale dalla bellezza e dal profumo di paradiso. ![]() Il despota illuminato assassinato a un ballo in maschera Come ben sanno gli appassionati di opera lirica, la vicenda del Ballo in maschera di Verdi è ispirata all'assassinio del re di Svezia Gustavo III, avvenuto nel 1792; la censura borbonica, allarmata dalla rappresentazione di un regicidio, obbligò compositore e librettista a trasferire la storia nell'America coloniale e a trasformare il re di Svezia in un improbabile governatore di Boston. Gustavo III è un personaggio importante e discusso della storia svedese, che segnò profondamente con le sue scelte politiche e culturali. Salito al trono nel 1771, l'anno successivo con un colpo di stato mise fine alla cosiddetta "Epoca della libertà" (1720-1772), restaurando l'assolutismo monarchico; nel periodo precedente, il re di Svezia era di fatto privo di potere, mentre le decisioni erano prese dal Consiglio della corona e dalle assemblee degli stati. Da quel momento governò secondo i principi del dispotismo illuminato: introdusse riforme economiche e giuridiche volte a contrastare la corruzione; concesse la libertà religiosa e una limitata libertà di stampa; rilanciò la potenza militare del paese; promosse il teatro, la musica, l'architettura (creando lo stile gustaviano che fonde rococò e neoclassicismo). Inizialmente la società svedese - in particolare i piccoli proprietari terrieri e la borghesia - vide con favore la politica dell'energico monarca, che a molti sembrava preferibile alla corruzione e all'immobilismo del Parlamento, paralizzato dai conflitti tra i "berretti" filorussi e gli aristocratici "cappelli" filofrancesi. Più tardi, la determinazione di Gustavo a governare senza il parlamento, le eccentricità della sua vita privata, le spese crescenti e una politica estera sempre più avventurosa, che sfociò nel conflitto con la Russia del 1788-90, fomentarono una crescente opposizione, fino alla congiura aristocratica in cui doveva perdere la vita. Tra gli ammiratori di Gustavo III va certamente annoverato anche Linneo. Egli non si interessava di politica, ma parlando con i suoi allievi espresse il rammarico di non poter vedere il radioso futuro che si preparava per la scienza svedese. Conosceva bene il nuovo sovrano fin da ragazzo: negli anni '50 era stato uno dei suoi tutori e gli aveva impartito lezioni di storia naturale; negli anni '70, collaborò con lui alla gestione dell'Università di Uppsala, di cui Gustavo era Cancelliere e Linneo rettore; in questa veste, ottenne l'assenso all'acquisto di alcune opere molto costose. Dunque non fu né per prudenza (Linneo era un monumento nazionale che poco poteva avere da temere dalla svolta autoritaria di Gustavo) né per piaggeria che nel 1775 in Plantae Surinamenses gli dedicò la pianta più bella della collezione del Suriname donata da Gustavo all'Università: la spettacolare Gustavia augusta. Tuttavia le speranze di Linneo - e di molti suoi connazionali - non erano così fondate. Dopo la morte di Linneo stesso (1778) e di Wargentin (1783), segretario dell'Accademia Svedese delle Scienze e direttore dell'Osservatorio Astronomico di Stoccolma, la scienza svedese incominciò a perdere il ruolo centrale che aveva acquisito in Europa nel cinquantennio precedente. Emblematica è la vicenda delle collezioni linneane: messe in vendita dalla vedova dopo la morte precoce del figlio Carl junior, nel 1784 furono acquistate da James Edward Smith e trasferite a Londra. Gustavo III espresse il suo rammarico, ma non fece nulla di concreto per trattenere i preziosi materiali in Svezia. Quasi per fare ammenda, nel 1787 su richiesta di Thunberg donò all'Università di Uppsala il giardino del castello reale e altri terreni per ampliare l'orto botanico, accollandosi le spese; volle partecipare di persona alla cerimonia di inaugurazione, che avvenne nella massima solennità con lo sparo di 128 salve di cannone. Al centro degli interessi culturali del re, d'altra parte, erano soprattutto la letteratura, il teatro, la musica, tanto che nel 1786 egli fondò, sul modello dell'Acadèmie Française, l'Accademia di Svezia, la prestigiosa istituzione che ogni anno assegna il Nobel della letteratura. Gustavo stesso avrebbe invece potuto concorrere al premio IG-Nobel: nel 1771, al fine di verificare se il caffè e il tè fossero dannosi alla salute, promosse un esperimento utilizzando come cavie due gemelli monozigoti. Si trattava di due delinquenti condannati a morte; la pena fu commutata all'ergastolo, con l'obbligo per uno di bere ogni giorno tre tazze di tè, per l'altro tre tazze di caffè. L'esperimento fu seguito da due medici; il primo a morire fu il bevitore di tè (nel 1792, a 83 anni), ma lo avevano già preceduto entrambi i medici e lo stesso re, morto, come si è ricordato all'inizio, in seguito a un attentato durante un ballo in maschera. Approfondimenti sulla sua vita nella biografia. ![]() La regale Gustavia Il genere dedicato da Linneo al suo re è indubbiamente degno di un sovrano. Gustavia, rappresentante della piccola famiglia delle Lecythidaceae, comprende una quarantina di specie di alberi e arbusti tropicali, endemici del centro e sud America. Bastano i nomi assegnati ad alcuni generi per evocarne la bellezza fastosa: Gustavia augusta, G. speciosa, G. superba... A renderli spettacolari sono i grandi fiori con una vistosa corolla dai petali carnosi con al centro una corona di stami; la forma ricorda il loto, tanto da aver guadagnato alla Gustavia il nome inglese di Heaven Lotus tree, "albero di loto del Paradiso". I fiori emanano un profumo dolce e delicato; delicatissimi anche i colori, che vanno dal bianco appena toccato di rosa al rosa carico. Curioso è anche il portamento della pianta, con un ciuffo di foglie sulla cima dell'unico tronco o, nella piante mature, dei pochi tronchi, tanto che da lontano possono ricordare una palma. Molte specie di Gustavia sono endemismi di piccole aree delle foreste tropicali umide o aride e a causa della fragilità degli ecosistemi in cui vivono sono a rischio; tuttavia alcune, in particolare la più nota G. superba, sono abbondanti nelle foreste secondarie, da Panama all'Ecuador. Per la bellezza delle fioriture, inoltre, sono state introdotte come piante ornamentali in altre zone tropicali, soprattutto in Asia e Oceania. Altre informazioni nella scheda. Questa è una storia di metamorfosi: al centro c'è un uomo di medicina nero, che per gli europei è il "celebrato grand'uomo Quassi" e per i discendenti dei neri l'arcitraditore Kwasimukamba. Poi c'è la Quassia amara, per due secoli rinomato tonico, digestivo, antiemetico, oggi un antiparassitario naturale. E scopriamo che Linneo non era razzista, ma forse un po' ingenuo. Con un'appendice sul medico Blom e la Blomia. ![]() Quassi il grand'uomo o Kwasimukamba il traditore? Tra le malattie tropicali che mietevano vittime tra gli indigeni ma soprattutto gli europei c'erano le misteriose "febbri maligne", etichetta un po' vaga che copriva affezioni diverse; una delle più devastanti era la malaria, per altro diffusissima anche in molte regioni dell'Europa. E' evidente che quando Carl Gustav Dahlberg presentò a Linneo una pianta del Suriname raccontandogli che se ne ricavava un infuso in grado di debellarle, ne destò l'immediato interesse, anzi l'entusiasmo. Anche la storia del medicamento non poteva che affascinare un figlio del Settecento, un secolo dominato dall'esotismo: in Suriname, raccontò Dahlberg, si chiama kwasi-bite ("amaro di Kwasi") perché è stato scoperto da un guaritore nero, Kwasi o Quassi, che ne ha ricavato un decotto efficace contro le febbri maligne; inizialmente la usava per curare i suoi compagni, ma, poi vedendone l'efficacia, anche i bianchi hanno incominciato a richiedergli la medicina. Kwasi ha però sempre mantenuta segreta la ricetta, finché, per amore della famiglia della suocera di Dahlberg (era stata la sua padrona) ha rivelato solo a lui che l'ingrediente è appunto la corteccia sminuzzata dell'arbusto presentato a Linneo. Quest'ultimo si innamorò del nuovo medicinale, tanto che per una volta venne meno alle sue abitudini: battezzò seduta stante la pianta Quassia amara (che in fondo è una traduzione del nome indigeno qwasi-bite) e dedicò il nuovo genere non a uno studioso europeo, ma a un guaritore popolare, per di più nero (con grande delusione di Dahlberg, che probabilmente sperava che la dedica toccasse a lui). Si affrettò anche a scrivere l'opuscolo Dissertatio botanico-medica, sistens lignum qvassiæ in cui esponeva le proprietà farmaceutiche dell'infuso di legno quassio; nello stesso 1763 fu discusso come tesi dall'allievo di Linneo Carl Magnus Blom. La sorprendente dedica (che sembra in contraddizione con il precetto di Linneo di non usare per la denominazione generica "nomi barbari") probabilmente va inquadrata nel dibattito sull'abolizione della schiavitù che nacque proprio nel Settecento e trovò ampia risonanza soprattutto nei paesi protestanti; anche gli Illuministi - molti dei quali erano corrispondenti di Linneo - denunciavano l'immoralità e l'ingiustizia dello schiavismo. Inoltre contò sicuramente anche il fascino dell'esotico, lo stesso che rese rapidamente popolare in Europa il decotto di legno quassio, usato essenzialmente come amaro-tonico digestivo, stimolante dell'appetito, atto a sopprimere il vomito e le febbri e privo degli effetti drastici di altri potenti tonici allora in voga. D'altra parte la figura di Quassi divenne piuttosto nota in Europa, quasi l'incarnazione del "buon negro". Intelligente, colto, intraprendente, da schiavo era riuscito a riconquistare la libertà e a diventare egli stesso un ricco piantatore. Il capitano Stedman, che tra il 1772 e il 1777 visse in Suriname e partecipò alle spedizioni contro i maroon, lo definisce "il celebrato Granman Quassi" e lo presenta come un guaritore e indovino venerato dalla sua gente quasi come un Dio: l'appellativo Granman significa "grand'uomo" ed era attribuito a capi tribù e guaritori-sciamani. Secondo Stedman, Quassi ebbe un decisivo ruolo di mediatore tra bianchi e neri, altrimenti incapaci di trovare un accordo. Nel suo libro The Narrative of a Five Years Expedition against the Revolted Negroes of Surinam (pubblicato nel 1796) compare anche un ritratto, in cui Quassi indossa gli abiti europei donatigli dallo statolder d'Olanda nel 1776, in occasione della sua visita ufficiale ad Amsterdam a spese della compagnia olandese delle Indie occidentali; all'epoca Quassi aveva 84 anni. Questa la storia di Quassi vista dagli europei. Grazie a ricerche del secolo scorso, conosciamo anche l'altra campana. Nel 1979, R. Price, un ricercatore dell'Università di Leida, ha studiato le tradizioni orali dei Saramaka, un gruppo etnico discendente dai maroon, in cui un certo Kwasimukamba compare nelle vesti del traditore per eccellenza. Era un nero venduto ai bianchi, così perfido che, dopo essersi introdotto in un villaggio facendosi passare per guaritore, era ritornato tra i bianchi e li aveva guidati in una spedizione punitiva; i Saramaka erano riusciti ad uccidere i bianchi, ma per spregio avevano risparmiato Kwasimakumba mutilandolo dell'orecchio destro (simbolo della dignità e della virilità). Guardate attentamente il ritratto di Quassi: avete visto? l'orecchio destro non c'è! Conclusione: il buon guaritore Quassi e l'arcitraditore Kwasimakumba sono la stessa persona, un nero che i bianchi definivano "uno dei più straordinari del Suriname o forse del mondo" e i neri consideravano l'incarnazione stessa del tradimento, tanto da farne il sinistro protagonista di ballate popolari e uno spauracchio per i bambini. Si rimanda alla biografia per altre informazioni sulla vita, comunque interessante, dell'ambiguo personaggio. ![]() Il legno quassio da digestivo a insetticida Naturalmente, di tutto ciò Linneo sapeva ben poco: per lui Quassi era semplicemente un grande botanico, non importa se nero, che aveva scoperto le virtù di una pianta prodigiosa che poteva salvare molte vite. Ma neppure questo era vero: le virtù della Quassia erano note da secoli alla popolazione indigena, gli arawak; era da loro che il futuro dresiman ("guaritore") aveva tratto le sue conoscenze mediche che poi aveva saputo sfruttare abilmente per diventare un uomo libero e ricco. Ma in questa storia di equivoci, anche la Quassia fa la sua parte. La quassia del Suriname, Quassia amara, appartiene al genere Quassia, della famiglia tropicale Simaroubaceae, di cui secondo alcuni autori è l'unica specie; è un arbusto o piccolo albero nativo della costa atlantica del centro e Sud America, dalla Costa Rica al nord dell'Argentina, con bellissimi fiori rossi raccolti in pannocchie. E' oggi raro e oggetto di programmi di protezione. Qualche approfondimento nella scheda. In erboristeria, tuttavia, con il nome quassia sono commercializzate (sotto forma di minuti trucioli di legname o in polvere) sia Quassia amara, sia una specie affine, la quassia della Giamaica, Picrasma excelsa Lindl., nota anche come Quassia excelsa Sw. e Simarouba excelsa DC, meno rara, più grande, quindi meno costosa. I decotti di quassia sono estremamente amari, a causa della quassina, un composto organico cinquanta volte più amaro del chinino; da qui nomi come il tedesco Bitterholz, il francese bois amer, l'inglese bitter wood, bitter ash. Mentre inizialmente veniva usato per combattere le febbri maligne intermittenti (cioè la malaria), in Europa - forse proprio a causa del gusto amaro - il legno quassio si affermò soprattutto come tonico e digestivo, atto a riaccendere l'appetito e a stimolare i succhi gastrici e le secrezioni biliari. Era impiegato anche come disinfettante intestinale, vermifugo e insetticida (contro i pidocchi e per preparare la carta moschicida). Se gli altri usi sono oggi per lo più abbandonati, nell'agricoltura biologica continua ad essere raccomandato come insetticida naturale preferibile al piretro. Nella scheda dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica, oltre ad altre informazioni, è proposta la ricetta di un preparato di legno quassio efficace contro afidi ed altri insetti, non tossico né per l'uomo né per le api. Inoltre, la quassina (o estratti di quassia) è usata nell'industria alimentare - ad esempio in prodotti come bitter, amari, caramelle e acqua tonica - sebbene gli studi sulla sua tossicità siano considerati insufficienti. Negli Stati Uniti è ritenuta "sicura per la salute umana" e non sottoposta a limiti; al contrario, l'Unione Europea nel 2009 ha proposto una revisione al ribasso dei tenori massimi consentiti. ![]() Blom, Miranda e il genere Blomia Prima di concludere questa storia, dobbiamo ritornare su una delle sue comparse, quel Karl Magnus Blom che come tesi di laurea discusse lo scritto linneano sulle proprietà del legno quassio. Sebbene non sia annoverato tra gli apostoli, fu un eminente allievo di Linneo che viaggiò in Olanda e in Danimarca. Dopo essersi laureato in medicina, esercitò la professione medica come medico provinciale per circa trent'anni nella Delecarlia; insomma, fu uno di quegli ottimi medici di provincia a cui Nils Dalberg voleva affidare la riforma della medicina pubblica in Svezia. Linneo gli dedicò il nome specifico di una tortricide, Tortrix blomiana (oggi Acleris hastiana). Ma anche a Blom, alla fine, è toccato un pizzico di gloria botanica (per altre notizie vedi la biografia). Nel 1953 il botanico messicano Faustino Miranda, grande esploratore della flora del Chapas, si ricordò di lui e della sua tesi, dedicandogli un genere che aveva appena scoperto, Blomia, della famiglia Sapindaceae (Simaroubaceae e Sapindaceae sono famiglie imparentate, dell'ordine Sapindales). E' un piccolo genere monospecifico rappresentato unicamente da Blomia prisca (= B. cupanioides), un albero della foresta umida presente in Messico, Guatemala e Belize. Questa specie, il cui nome maya è tzol, è uno degli alberi più belli del parco di Tikal, in Guatemala. Non ho trovato molte notizie (raccolte nella scheda), ma ho almeno scoperto che delle sue bacche sono ghiotti i coatì, i simpatici procioni di Tikal. Quanto a Faustino Miranda, grande uomo e grande botanico, chissà che anche lui non sia, prima o poi, il protagonista assoluto di una delle nostre storie. Tra i corrispondenti di Linneo, ci sono due Dalberg o Dalhberg (usarono entrambe le grafie): Carl Gustav Dahlberg (1720/21-1781), patrono di Rolander, e Nils Ericsson Dalberg (1736-1820), medico personale del re di Svezia Gustavo III. Per iniziativa del figlio di Linneo, Carl junior, condividono la dedica del genere Dalbergia, che comprende molte specie a rischio per l'eccessivo sfruttamento del suo legname pregiato: il palissandro. ![]() Carl Gustav Dahlberg, un avventuriero naturalista Nei nomi botanici celebrativi, solitamente quando c'è una doppia dedica il legame tra i dedicatari è molto evidente (abbiamo incontrato i casi dei Tradescant e dei Rudbeck, due coppie di padre e figlio). Nel caso dei Dahlberg/Dalberg la connessione è più sottile. Carl Gustav Dahlberg fu un affascinante avventuriero degno di Barry Lindon. Soldato di professione al servizio degli olandesi, quando arrivò in Suriname aveva in tasca letteralmente due monete. Fece carriera, ma soprattutto sposò una ricca vedova che lo trasformò da un giorno all'altro in un ricco piantatore. Possedeva diverse estese piantagioni e centinaia di schiavi neri; gli Olandesi, che avevano colonizzato l'area a partire dal Seicento, avevano infatti creato un'economia di piantagione basata sullo schiavismo (il rapporto tra bianchi e neri era di 1 a 25, il più alto dell'intera America). Appassionato di zoologia e botanica, nelle sue terre in Suriname Dahlberg aveva raccolto una notevole collezione che nel 1754, in occasione di un primo viaggio in Svezia, donò al re Gustavo III. Ritornò in colonia con Rolander e ne favorì in tutti i modi le ricerche naturalistiche, mettendogli a disposizione alcuni schiavi e procurandogli l'ospitalità di altri piantatori; in alcune spedizioni lo accompagnò di persona. Dopo la defezione dell'allievo di Linneo (che incassò con invidiabile fair play), continuò a raccogliere esemplari zoologici e botanici, conservati sotto spirito. Ritornò in Svezia nel 1761 e fece dono al re di questa seconda collezione (qualche esemplare fu donato anche alla zarina Caterina II). Anche Linneo fu beneficiato dai suoi doni; inoltre, negli anni '70 Gustavo III trasferì le collezioni all'Università di Uppsala. In tal modo Linneo poté studiare molti degli animali e delle piante originarie del Suriname di cui era stato privato dalla rottura con Rolander. Nel 1775, un altro allievo, Jacob Alm, discusse la dissertazione Plantae Surinamenses (scritta da Linneo stesso, secondo l'uso del tempo), in cui vengono descritte 148 specie in buona parte originarie del Suriname, risalenti alla raccolta di Dahlberg. Una di esse (se ne parla in questo post) fu dedicata al re, nessuna a Dahlberg che pure si aspettava questo onore da Linneo. Molte specie coincidono con quelle descritte da Rottboell sulla base dei materiali di Rolander; infatti erano evidentemente state raccolte negli stessi luoghi. Qualche notizia in più nella biografia. ![]() Nils Dalberg, il medico che non si piegava E' proprio la collezione di Carl Gustav a creare un legame con il secondo Dalberg, Nils. A quanto pare, fu lui ad adoperarsi perché fosse donata all'Università di Uppsala; Linneo lo ringrazia in una lettera del 1775 in cui esprime il suo entusiasmo per quegli esemplari conservati sotto spirito che permettevano di studiare particolari che nelle piante secche degli erbari andavano abitualmente perduti. In quel momento Nils era un personaggio influente della scienza svedese: medico personale di Gustavo III, presidente del Collegium medicum, due volte presidente dell'Accademia svedese delle scienze, membro di molte istituzioni scientifiche in patria e all'estero. Nell'impegno di Nils perché la collezione naturalistica del Suriname trovasse la giusta valorizzazione giocava anche l'orgoglio familiare: infatti era cugino di Carl Gustav (non suo fratello come sostengono fonti anche autorevoli). Il rapporto con Linneo era di lunga data: anche Nils era suo allievo; nel 1755 aveva discusso con lui una tesi di baccalaureato sulla "metamorfosi vegetale" e sempre a Uppsala si era laureato in medicina nel 1763. Dopo essere diventato medico personale di Gustavo, allora principe ereditario, lo aveva accompagnato in un viaggio a Parigi, dove era entrato in contatto con i filosofi e gli scienziati parigini. Fu quindi proprio lui a fare da intermediario tra questi ultimi e Linneo; ad esempio, in una lettera del 1773 quest'ultimo lo ringrazia per aver fatto pervenire i suoi libri a Rousseau. Come medico era un innovatore (divenne celebre per aver praticato la vaccinazione antivaiolosa al principe Gustavo e alla sua consorte) e si opponeva all'uso di salassi, purganti e droghe prediligendo vita all'aria aperta e cure termali. Come uomo, era noto per il suo carattere severo e la sua rettitudine morale che lo mise in urto con l'ambiente di corte; l'ostilità dei cortigiani e le critiche fin troppo esplicite alla vita libertina del re nel 1781 lo costrinsero alla dimissioni; per una decina di anni visse ritirato, finché fu richiamato - ma inutilmente - al capezzale di Gustavo III gravemente ferito nell'attentato che gli sarà fatale. Morì a 85 anni, nel 1820, lasciando alle istituzioni pubbliche i suoi beni e una notevolissima biblioteca. Per approfondimenti, si rinvia alla biografia. ![]() Legname pregiato dal profumo di rosa Benché Carl Gustav Dahlberg avesse fatto capire molto esplicitamente a Linneo che desiderava essere onorato dal nome di una pianta, lo scienziato svedese non lo accontentò. Fu suo figlio Carl junior a pagare il debito paterno dedicandogli Dalbergia L. f. in Supplementum Plantarum (1782); contemporaneamente onorò anche Nils, sicuramente per il suo ruolo nel far pervenire a Uppsala la collezione del cugino. Nel creare il nuovo genere riunì una specie del Sri Lanka, D. lanceolaris, e una del Suriname (raccolta da Carl Gustav), D. monelaria,. Forse non molti di noi hanno visto una Dalbergia, ma tutti conosciamo almeno di nome il legname che si ricava da alcune delle sue specie, il palissandro; è una parola che ci riporta in Suriname: attraverso l'olandese palissander, deriva infatti dal nome che gli davano gli indigeni della Guyana olandese. Altrettanto celebre e apprezzato è il bois de rose, detto "legno di rosa" per il profumo delicato e persistente. Dalbergia è un grande genere di oltre 200 specie (famiglia Fabaceae) che comprende alberi delle zone tropicali di tutto il mondo, notevoli anche per la bellezza del fogliame e delle fioriture; hanno legname duro e compatto, dai colori caldi, spesso con venature evidenti, profumato, utilizzato per mobili pregiati, ebanisteria, oggetti torniti. Compatto, duro, resistente all'umidità, è anche il materiale ideale per la costruzione di molti strumenti musicali che, a seconda della specie, vanno dai flauti alle chitarre, dalle tastiere ai tamburi. A causa dell'eccessivo sfruttamento alcune specie sono tuttavia in pericolo. Altre notizie per imparare a conoscere e ad amare queste belle piante (evitando di acquistarne il legname, che tra l'altro provoca allergie proprio per gli oli essenziali che lo rendono piacevolmente profumato) nella scheda. Per Linneo, i suoi apostoli erano davvero investiti di una missione sacra; attendeva con ansia le loro lettere, i semi, le piante, gli esemplari che gli avrebbero permesso di collocare al proprio posto un altro mattoncino del grande edificio del Systema naturae. Ma il settimo apostolo, Daniel Rolander, non gli permise di dare neppure un'occhiata al ricco bottino che aveva raccolto in Suriname. Da allora, per gli esegeti di Linneo, è un fallito, reso folle dal sole tropicale, un codardo irriconoscente; per dirla con Linneo, ingratus disciplus Rolander "l'ingrato allievo Rolander". ![]() Il viaggio in Suriname Tra gli apostoli di Linneo, se Loefling, l'allievo prediletto, è Giovanni, allora Rolander è Giuda. I capi d'accusa contro di lui sono pesanti: infingardaggine, vigliaccheria, ingratitudine, follia, ubriachezza... Tuttavia nel 2008 la pubblicazione del suo Diarium Surinamense (rimasto manoscritto per oltre 250 anni) ha rimescolato le carte, tanto che viene di chiedersi se egli non sia stato piuttosto la vittima di una riuscitissima operazione di mobbing. Giudichiamo dai fatti. Nel 1754 alla corte di Svezia si presenta Carl Gustav Dahlberg, un ex militare che ha fatto fortuna in Suriname (Guyana Olandese), con una considerevole raccolta di esemplari botanici e zoologici che dona al re. Il personaggio entra in contatto con l'ambiente scientifico svedese, incluso Linneo. Quando fa girare la voce che intende assumere un giovane da portare con sé in Suriname come precettore delle figlie, Linneo propone il suo allievo Daniel Rolander: dato che di questo paese gli interessa soprattutto la fauna, in particolare gli insetti (tra cui la cocciniglia), Rolander, "entomologo fin dalla nascita", è la persona giusta. Dopo qualche titubanza l'affare va in porto; anzi Dahlberg, a sua volta appassionato naturalista dilettante, fa capire che - pur di lasciare il suo nome alla storia - il lavoro sarà una sinecura: Rolander potrà dedicarsi alle ricerche praticamente a tempo pieno. Linneo si dà da fare per raccogliere i soldi per il viaggio; tra i finanziatori, oltre a lui stesso, il celebre entomologo Charles de Geer. Nell'ottobre del 1754, Dahlberg e Rolander partono per l'Olanda, da dove si imbarcheranno per il Suriname. Tuttavia la partenza è ritardata da una malattia di Rolander; salpano solo nell'aprile del 1755 e giungono a Paramaribo in Suriname a giugno. Il loro arrivo coincide con una rivolta di schiavi neri; per circa un mese si fermano in città, per poi trasferirsi nella piantagione di Wajamo, di proprietà di Dahlberg. Veniamo al primo capo di accusa: secondo la vulgata linneana, in Suriname Rolander avrebbe combinato poco o nulla. In realtà, lavorò molto e con metodo: nel primo mese esplorò Paramaribo e i dintorni, poi per cinque mesi l'area della pianura, risalendo in barca fiumi come il Commevije e i suoi tributari e facendo tappa in diverse piantagioni. Infine, nel mese di gennaio 1756 tornò a Paramaribo, nelle cui vicinanze esplorò varie piantagioni. Si impose una ferrea routine: la giornata era dedicata alle ricerche, la sera alla preparazione degli esemplari e alla stesura degli appunti. I risultati furono imponenti per quantità e qualità, non solo nel campo dell'entomologia, ma anche della botanica; fu attento osservatore delle pratiche mediche dei neri e spettatore critico dello schiavismo. Mise insieme un erbario (raccoglieva molti esemplari per ciascuna pianta) che secondo un contemporaneo avrebbe potuto soddisfare tutti i botanici d'Europa. Fu tra i primi studiosi a comprendere il ruolo degli insetti nell'impollinazione delle piante. Quindi, l'idea di un Rolander instupidito dal clima tropicale che tralascia i suoi doveri è totalmente infondata. La seconda accusa è quella di codardia: Rolander sarebbe stato terrorizzato dai rumori, dai colori, dalla confusione e dalla violenza della natura tropicale; inoltre il timore di ammalarsi si sarebbe trasformato in un'ipocondria patologica. Qualcosa di vero c'è. In effetti, Rolander si era ammalato gravemente durante l'inverno trascorso ad Amsterdam; detestava il clima tropicale ed era molto critico sulle abitudini alimentari dei piantatori, in particolare quella di bere forte. La sua salute era malferma; un medico locale gli consigliò di cambiare mestiere; inoltre la paura di soccombere per una malattia tropicale non era così infondata, a giudicare dalla sorte degli altri apostoli. Se esplorò quasi esclusivamente le piantagioni, non fu per un terrore patologico degli animali della foresta, ma per la sollevazione degli schiavi fuggiti (maroon) che impediva di addentrarsi nel paese. Quando, dopo sette mesi, decise di rompere l'accordo con Dahlberg e di tornare a casa, la sua non fu quindi la fuga di un vile o di un folle ipocondriaco. In tono molto pacato, Dahlberg ne parla in una lettera a Linneo: "Quando gli ho chiesto di rimanere, prospettandogli la possibilità di esplorare le montagne, Rolander ha declinato accampando la cattiva salute, il clima ostile, la stanchezza per tanto lavoro, aggiungendo che ormai aveva visto tutto; forse pensa che il Suriname non sia così interessante come si crede". ![]() La rottura con Linneo e l'ostracismo Il viaggio di ritorno di Rolander fu complicato. Partito nel gennaio del 1757 da Paramaribo, il naturalista dovette fermarsi una decina di giorni nell'isola di St. Eustatius nelle Antille olandesi in attesa di condizioni favorevoli; sfruttò la sosta per integrare le sue raccolte con animali e piante dell'isola. Ad aprile era ad Amsterdam, ma sulla via di casa rimase bloccato per mesi ad Amburgo, ammalato e senza soldi. Solo ad ottobre riuscì a rientrare in Svezia, grazie al soccorso dell'Accademia delle Scienze svedese. Arriviamo così alla scena madre del dramma, e alla duplice accusa di ingratitudine e follia. Rolander e Linneo si incontrarono a Stoccolma; il maestro si offrì di ospitarlo a casa sua, ma l'allievo respinse l'offerta e gli negò l'accesso alle sue collezioni, promettendogli solamente il dono di un esemplare di Sauvagesia. Linneo, folle di rabbia, qualche giorno dopo si introdusse nell'abitazione di Rolander e sottrasse l'esemplare promesso. Ne seguì una rottura irrimediabile. Nelle biografie di Linneo, la colpa del fattaccio ricade sulle spalle di Rolander: la sua salute mentale, già vacillante in Suriname, sarebbe peggiorata, aggiungendo all'ipocondria la paranoia che lo induceva a sospettare di tutti, in particolare di Linneo (che, da questo momento in avanti, lo definirà "l'ingrato allievo Rolander"). Ma possiamo trovare motivazioni più razionali: probabilmente covava rancore verso il maestro che per mesi lo aveva abbandonato malato e senza mezzi ad Amburgo, mentre avrebbe potuto facilmente aiutarlo attraverso la sua potente rete di corrispondenti. Inoltre per Rolander, privo di mezzi e di appoggi familiari, l'unica risorsa erano le sue collezioni e il suo diario di viaggio: non era disposto a cederli per nulla, con il rischio che Linneo pubblicasse a proprio nome le scoperte che gli erano costate la salute e la giovinezza; in cambio voleva una cattedra universitaria o almeno risorse certe. D'altra parte Linneo considerava un suo diritto l'accesso alle collezioni dell'allievo che aveva formato, ospitato in casa sua e il cui viaggio aveva almeno in parte pagato di tasca propria. Dopo la rottura con Linneo, Rolander poté ancora contare su qualche appoggio. Inviò una cassa di insetti al barone de Geer e grazie a Abraham Bäck, medico, amico e corrispondente di Linneo, fu assunto come curatore del giardino dei semplici dell'ospedale Seraphim di Stoccolma. L'incarico avrebbe dovuto includere lezioni di medicina, ma Linneo avvertì Bäck che Rolander non ne aveva requisiti. Dopo qualche anno, vedendo che l'ostilità di Linneo impediva ogni carriera in Svezia, l'allievo ostracizzato si trasferì a Copenhagen. Neanche qui fu molto fortunato; dopo varie vicissitudini, grazie alla protezione di un professore tedesco, Christian Gottlieb Kratzenstein, riuscì a redigere il diario di viaggio (Diarium Surinamicum, quod sub itinere exotico conscripsit Daniel Rolander), ma non a farlo pubblicare. Alla fine per mantenersi fu costretto a cedere il diario a Kratzenstein e una parte dell'erbario a Rottboel, un altro botanico danese. Dopo il definitivo rientro in Svezia precipitò in una tragica spirale di indigenza e malattia, forse anche nell'alcolismo di cui lo accusa Linneo in una lettera del 1774. Qualche notizia in più nella biografia. ![]() Una pianta e una cimice La condanna postuma (i latini la chiamavano damnatio memoriae) ha continuato a perseguitare Rolander per più di due secoli; solo la pubblicazione nel 2008 di una traduzione inglese del Diarium Surinamicum nell'ambito del progetto dell'IK sugli apostoli ne ha riabilitato la memoria, permettendo la lettura diretta di questo notevole lavoro. I risultati delle sue ricerche sono rimasti fuori della storia della scienza, anche se per fortuna solo in parte: grazie alla cassa di insetti spediti a de Geer, Linneo poté studiare e includere nella decima edizione del Systema naturae un'ottantina di insetti del Suriname. Il diario e gli erbari furono utilizzati da Rottboel per diversi lavori; in Descriptiones rariorum plantarum (1777) egli pubblicò 12 specie raccolte da Rolander in Suriname, e gli dedicò il genere Rolandra, della famiglia delle Asteraceae. Invece il rancoroso Linneo, non contento di aver impedito a quello che considerava un giuda qualsiasi carriera accademica, si vendicò ulteriormente dando il suo nome a una cimice, Aphanus rolandri (dal greco aphantos, "oscuro, ignobile"); insomma, non un nome onorifico, ma un insulto. La ricompensa floreale toccata al travagliato allievo maledetto è un modesto contributo alla sua memoria; è una pianta che egli stesso aveva raccolto in Suriname, Rolandra fruticosa, unica specie del genere, nativa delle Antille e dell'America centrale e meridionale, dall'Honduras al Brasile. E' un'erbacea o un suffrutice dotato di proprietà medicinali, sfruttate nella medicina tradizionale. Altre notizie nella scheda. Pehr Loefling, inviato in Spagna da Linneo su richiesta del segretario di stato spagnolo, sfrutta il suo incarico per esplorare a fondo la natura della penisola iberica. Il potente ministro lo sceglie per guidare e formare una piccola équipe di naturalisti che accompagnerà la grande spedizione che deve stabilire i confini ispano-portoghesi nell'area dell'Orinoco. Anche questa seconda avventura sarà ricca di risultati naturalistici, ma porterà Loefling a una morte precoce. La minuscola Loeflingia non è forse così inadeguata a ricordarlo. ![]() Alla scoperta della flora iberica Sesto apostolo di Linneo e terzo Pehr della serie, Loefling è non meno formidabile dei suoi omonimi Kalm e Osbeck. Ma ben più sfortunato di loro, bruciò la sua breve vita nel volgere di poche stagioni. Ragazzo prodigio, arriva all'Università di Uppsala a 15 anni e a 20 si laurea in medicina. Linneo ne fa il precettore di suo figlio, il poco dotato Carl junior, il proprio segretario, l'allievo prediletto; quando si presenta l'occasione di inviare un apostolo alla corte di Madrid, la scelta cade senza esitazioni su di lui. Il maestro gli fa un master accelerato di botanica e zoologia, gli amici si quotano per procurargli un microscopio e la necessaria attrezzatura, la Compagnia Svedese delle Indie Occidentali gli offre un passaggio gratuito per Oporto. Partito dalla Svezia nel marzo del 1751, il ventiduenne Pehr Loefling a maggio arriva in Portogallo; a Lisbona incontra l'ambasciatore spagnolo per prendere accordi sul suo incarico; in effetti, è il primo discepolo di Linneo ad essere assunto ufficialmente come scienziato stipendiato (gli spettano anche vitto e alloggio gratuiti). Quindi si mette in cammino; sulla strada per Madrid approfitta per erborizzare in varie località dell'Estremadura. A Madrid arriva ad ottobre; istruito anche in questo da Linneo, si reca quanto prima all'Escorial, per incontrare il potente ministro Carvajal, dal cui favore dipende la sua carriera in Spagna. Come si è visto in questo post, all'inizio l'ambiente madrileno gli è ostile; ma la competenza, l'amore per la scienza e la simpatia naturale gli conquistano il rispetto e spesso l'amicizia dei botanici madrileni. Oltre ai quattro che abbiamo già conosciuto, va aggiunto Miguel Barnades, un medico e influente botanico con il quale stringe amicizia e che lo accompagna nelle sue esplorazioni della flora spagnola. Nei due anni in cui soggiornerà nella capitale iberica, con l'aiuto dei colleghi spagnoli, che lo accompagnano, scambiano piante con lui, gli indicano i luoghi più promettenti, Loefling riesce a raccogliere circa 1300 esemplari (un dato imponente, se si pensa che l'intera flora spagnola comprende circa 6000 specie). Impara rapidamente lo spagnolo, tanto che scrive in questa lingua articoli scientifici che firma con il nome di Pedro; su richiesta di Carvajal traduce anche testi dallo svedese, tra cui un estratto del viaggio di Kalm sulle piante utili del Nord America. Lettere e frequenti invii di semi e piante secche mantengono il cordone ombelicale con Uppsala e il maestro. ![]() La expedicion de limites de Orinoco Nel frattempo, in seguito al trattato ispano-portoghese del 1750, Carvajal sta organizzando la spedizione che deve stabilire i confini sudamericani tra le due potenze (Expedition de limites de Orinoco, "Spedizione dei confini dell'Orinoco"); si tratta di un'impresa imponente, al comando del capitano di marina José de Iturriaga, che coinvolge soldati, geografi, cartografi, missionari; in una Spagna che sta scoprendo l'Illuminismo, non può mancare anche una componente scientifica. Il ministro pensa dunque a Loefling per capeggiare e istruire la piccola equipe di naturalisti che affiancherà a la spedizione. Lo svedese accetta e nell'agosto 1753, è ricevuto all'Escorial insieme ai suoi due assistenti, i medici neolaureati Benito Paltor e Antonio Condal, e ai due disegnatori Bruno Salvador Carmona e Juan de Dios Castel. Al conferimento dell'incarico, vengono elencati gli scopi scientifici della missione, che include la raccolta di esemplari di piante e di animali e la ricerca di piante utili, tra cui un possibile surrogato americano della cannella. Nel novembre, la piccola equipe botanica arriva a Cadice; Loefling approfitta della attesa, che si prolunga per motivi organizzativi e burocratici, per esplorare la flora e la fauna dell'area gaditana; particolarmente importanti le ricerche sui pesci, per le quali si avvale dell'aiuto e dell'esperienza dei pescatori locali. Finalmente, il 24 febbraio 1724, a bordo delle fregata Immaculada Concepcion e del vascello Santa Ana la spedizione parte per il Venezuela. Dal porto di Cumaná dovrebbero risalire il corso dell'Orinoco, attraversare l'area non navigabile dei raudales di Atures e Maipures, risalire il Caño Casiquiare, quindi raggiungere il rio Negro dove è previsto il ricongiungimento con la spedizione portoghese. Si tratta in gran parte di aree inesplorate e dense di pericoli. Dal punto di vista scientifico, è la prima delle numerose spedizioni che la Corona spagnola organizzerà nell'ultima metà del XVIII secolo; è anche la prima volta che, dopo avventurieri e missionari, uno scienziato esplora e descrive la flora e la fauna del Venezuela. Fin dall'arrivo a Cumaná, Loefling inizia a raccogliere i primi esemplari e a studiare gli animali della fascia costiera; in una lettera a Linneo, esprime il suo entusiasmo per l'esuberanza e i colori della natura tropicale. Per circa un anno, soggiorna in diverse località della costa (Barcelona, Piritu, San Bernardino, Tocuyo). In quest'ultima conosce il padre Antonio Caulin che lo aiuta nelle esplorazioni e lo assiste quando si ammala per la prima volta. Nel maggio 1755, mentre il resto della spedizione raggiunge in nave Guayana (base di partenza per risalire l'Orinoco), l'équipe dei naturalisti compie il viaggio via terra, attraversando la regione dei Llanos, allo scopo di raccogliere il maggior numero possibile di piante e animali; è un viaggio avventuroso e difficile, parte a piedi, parte in piroga, che li porta ad attraversare zone malsane. Molti di loro si ammalano. Inizia un periodo estremamente difficile per Loefling, che contrae la malaria con attacchi ripetuti di febbri, vomito, dolori addominali che spesso lo costringono a letto. Il 22 febbraio del 1756 (ha compiuto ventisette anni da pochi giorni) muore alla missione di San Antonio del Caroní, dove sarà sepolto ai piedi di un arancio. Con lui finisce anche la spedizione naturalistica: i suoi aiutanti disertano - come non capirli: a quel punto, oltre a Loefling, erano già morti metà dei membri della spedizione! - e i disegnatori si convertono in cartografi. Altre notizie sulla vita dello sfortunato naturalista nelle sezione biografie. Durante i due anni in Venezuela, Loefling raccolse una imponente collezione naturalistica e un erbario; scrisse note e inviò, quando era possibile, lettere al suo maestro. Alla sua morte, i materiali superstiti vennero spediti in Spagna; l'erbario, purtroppo, è perduto; arrivarono invece a Uppsala gli appunti. Integrandoli con le lettere da lui ricevute, Linneo redasse Iter hispanicum (pubblicato nel 1758), che raccoglie, oltre a una biografia dell'allievo, il diario dei suoi viaggi e diversi scritti di Loefling sulla flora e la fauna spagnole e venezuelane; inoltre si avvalse del materiale raccolto dall'allievo per le piante iberiche e venezuelane descritte in Species Plantarum e Systema naturae. Al Real Jardin Botanico di Madrid sono conservati altri manoscritti di Loefling e circa duecento disegni della spedizione dell'Orinoco, alcuni dei quali di mano sua. Chi volesse seguire più da vicino le tappe dei suoi viaggi, può curiosare nel blog bilingue (in spagnolo e svedese) Ruta Loefling, che comprende anche dettagliate Google Maps. ![]() Della Loeflingia e di altre piante Per il Venezuela, l'ardimentoso allievo di Linneo è un piccolo eroe nazionale; a Ciudad Guayana gli sono stati dedicati un parco (vi invito a un tour virtuale grazie a Google maps: è un luogo meraviglioso che rievoca le sensazioni provate da Loefling alla scoperta del mondo tropicale), una delle vie principali e un collegio privato dove ogni anno viene celebrata una "Settimana Loefling", con attività naturalistiche e ecologiche. Ovviamente Linneo gli dedicò un genere Loeflingia (Species Plantarum, 1753) ma la scelta cadde su una piccola, rara Caryophyllacea della penisola iberica che può sembrare molto modesta per quello che era pur sempre il suo allievo prediletto e uno dei migliori naturalisti della sua generazione. In realtà la dedica va inquadrata nella strategia messa in atto da Linneo e Loefling stesso per vincere le resistenze nell'ambiente botanico spagnolo: essa affiancò la parallela creazione dei quattro generi di cui si è parlato in questo post a sottolineare l'appartenenza a un'unica comunità scientifica; a Loefling, come più giovane di tutti, toccava ovviamente la pianta meno appariscente. D'altra parte, la giustizia poetica della botanica ha creato inattesi legami tra Loefling e la sua pianta. Molti anni dopo la morte di Linneo, negli Stati Uniti fu individuata una terza specie, L. squarrosa, che si aggiungeva alle iberiche L. hispanica e L. baetica; così, come la carriera botanica del suo dedicatario, Loeflingia si distribuisce tra penisola iberica e America (anche se non più a sud del Messico). Inoltre la breve vita della pianta, un'annuale delle dune sabbiose che germoglia alle prime piogge di primavera e si dissecca nell'arco di poche settimane sembra una metafora della vita del dedicatario. Qualche approfondimento nella scheda. Tra le tante piante scoperte o descritte per la prima volta da Loefling, diverse, distribuite giustamente nelle due aree che esplorò, lo ricordano nel nome specifico: Plantago loeflingii, Bonellia loeflingii, Janipha loeflingii, Campanula loeflingii, Combretum loeflingii, Manihot loeflingii, Corynostylis loeflingii; naturalista completo, molto versato in ittiologia e entomologia, ha dato il suo nome anche alla falena Aleimma loeflingiana. ![]() Un po' di gloria postuma: Condalia D'altra parte, Loefling non è stato l'unico membro della Spedizione dei confini dell'Orinoco a entrare nella nomenclatura botanica. Per i botanici spagnoli di fine Settecento, desiderosi di dimostrare la raggiunta parità scientifica della loro patria, come prima spedizione organizzata dalla monarchia iberica, essa assumeva un ruolo tutto particolare. Dunque i partecipanti spagnoli dovevano essere celebrati e ricordati, anche se, come abbiamo visto, dopo la morte di Loefling avevano abbandonato l'impresa e anche dopo non si erano segnalati in alcun modo. Fu così che nel loro Florae Peruvianae, et Chilensis Prodromus (1794) Ruiz e Pavón andarono a ripescare i due giovani medici, o più probabilmente studenti di medicina, che avevano accompagnato lo svedese come allievi e assistenti, entrambi catalani: Benedict Paltor (morto nel 1782) e Antoni Condal (1745-1804), dedicando loro rispettivamente Paltoria e Condalia. Qualche anno dopo, l'abate Cavanilles rincarò la dose, celebrando anche i due pittori Bruno Salvádor Carmona e Juan de Dios Castel, dedicatari di Carmona e Castelia. E per buon peso, aggiunse anche un secondo genere Condalia (suscitando per altro le ire dei due colleghi). Con una sola (e importante) eccezione, si tratta di generi oggi non accettati: Paltoria è sinonimo di Ilex, Carmona di Ehretia, Castelia di Pitrea. Condalia Ruiz & Pav. di Coccocypselum. L'unico genere attualmente accettato è dunque Codalia Cav, E per un oscuro medico catalano della cui vita dopo aver lasciato la spedizione - all'epoca avrò avuto circa ventidue anni - non sappiamo nulla, non è un omaggio da poco. Con una ventina di specie distribuite dagli Stati Uniti meridionali alla Patagonia, il genere Condalia, della famiglia Rhamnaceae, comprende arbusti spinosi nativi dei deserti e delle boscaglie xerofile dell'America subtropicale e tropicale. Di aspetto piuttosto vario, variano anche enormemente per diffusione: da una parte, abbiamo gli endemismi confinati in piccole aree, come la colombiana C. thomasiana, che vive solo in un'énclave arida della valle del Checua, nella regione andina di Cundinamarca; dall'altra, specie di vasta diffusione come C. buxifolia, che preferisce i suoli più umidi, e vive in habitat diversi in Bolivia, Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Qualche approfondimento nella scheda. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
February 2025
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