Almeno una piantina di Fittonia l'abbiamo coltivata o la stiamo coltivando tutti: con le sue foglie dalle mille sfumature di colore, le dimensioni contenute, la facilità di coltivazione è una delle piante di appartamento più frequenti e popolari. E se vi chiedete come mai una specie che non ha radici a fittone si chiami Fittonia, ecco la spiegazione: è anche questo un nome celebrativo. Le dedicatarie sono due sorelle irlandesi, Sarah Mary e Elizabeth Fitton, autrici di un libro di botanica per l'infanzia, oggi dimenticato, ma che ai suoi tempi fu un piccolo bestseller. Insegnare Linneo ai bambini (e alle bambine) La storia della botanica è fatta di grandi libri, ma anche di piccoli testi che hanno avuto la loro importanza per divulgarne la conoscenza presso il largo pubblico, compresi le donne e i bambini. Uno di questi piccoli libri è Conversations on botany, pubblicato per la prima volta a Londra nel 1817 dalla casa editrice Longman, specializzata in libri di divulgazione scientifica. Il filone era stato inaugurato nel 1805 da Conversations on chemistry di Jane Marcet (1769-1858), il cui pubblico è chiaramente dichiarato dal sottotitolo: Intended More Especially for the Female Sex, "destinato in modo particolare al sesso femminile". Le donne all'epoca non erano ancora ammesse all'università e solitamente la loro educazione non comprendeva né il latino né la matematica superiore, le due porte d'accesso al linguaggio scientifico. Materie come la chimica erano considerate poco femminili, e pubblicare un libro sull'argomento poco adatto a una signora. Infatti Marcet pubblicò il suo libro anonimo, e solo nel 1832 (si era ormai alla dodicesima edizione) accettò che sul suo nome venisse stampato sul frontespizio. Conversations on chemistry, come si dichiara apertamente nella prefazione, fornisce a Conversations on botany il titolo e la formula editoriale, quella delle "conversazioni": il contenuto scientifico è trasmesso attraverso un botta-risposta tra un adulto (nel libro di Marcet, una benevola istitutrice) e uno o più bambini (le bimbe Emily e Caroline). In Conversations on botany, i protagonisti diventano una mamma, buona conoscitrice delle piante e della botanica, e suo figlio, il piccolo Edward. Lo scopo e la destinazione del volume sono dichiarati nelle prime righe della prefazione: "L'obiettivo delle pagine che seguono è avviare i bambini e i giovani alla conoscenza dei vegetali del loro paese, introducendoli in modo familiare al sistema della botanica linneana". All'inizio dell'Ottocento, non era così scontato che il sistema di Linneo, basato sugli organi sessuali, fosse adatto alle giovani menti; e infatti si spiega subito che si farà riferimento alla versione purgata (e priva di riferimenti sessuali) di Arrangement of british plants di Whitering. Riprendendo poi le parole di un'altra divulgatrice e scrittrice per l'infanzia, Mary Edgeworth, la prefazione si conclude con una difesa del ruolo della botanica nell'educazione dei fanciulli (comprese bimbe e signorine): "Non è una scienza di parata, offre un'occupazione e una varietà infinita, non richiede la forza del corpo, può essere perseguita in privato, e non c'è pericolo che infiammi l'immaginazione perché la mente è intenta a cose reali. Permette di acquisire conoscenze esatte: e il piacere di conseguirlo è una ricompensa sufficiente". Dopo due "conversazioni" introduttive dedicate rispettivamente alla botanica in generale con le parti delle piante e all'introduzione del sistema di Linneo, ognuna delle conversazioni successive (sono in tutto diciotto) presenta una o due classi del sistema linneano attraverso l'esempio di una pianta molto nota della flora britannica, cui segue la trattazione di qualche pianta della stessa classe, di importanza economica o di comune coltivazione nei giardini. Privilegiare la flora indigena è una scelta di campo, intesa anche ad allargare il pubblico della botanica ai meno abbienti: nelle prime pagine del libro, a Edward che vorrebbe iniziare lo studio della botanica da un Geranium (oggi diremmo da un Pelargonium) la mamma replica: "i Geranium della serra non sono nativi dell'Inghilterra, ovvero non crescono nelle siepi e nei campi. Ed è meglio che ci limitiamo, almeno per un po', all'esame delle sole piante native. Anche se spesso sono considerate erbacce, molte di esse sono belle quanto i fiori dei giardini". Conversation on botany ottenne un buon successo, tanto che entro il 1840 ne uscirono nove edizioni; era graficamente curato e illustrato. Le tavole della prima e della seconda edizione furono incise da Thomas Milton, mentre dalla terza in poi furono affidate a un membro della famiglia Sowerby. Chi ha scritto questo libro? Ma chi ha scritto Conversation on botany? Proprio come Conversation on chemistry, l'opera uscì anonima e il mistero non fu svelato neppure nelle edizioni successive, tanto che la paternità (la maternità?) è stata erroneamente attribuita alla stessa Jane Marcet o anche a Elizabetha Jacson (la più nota scrittrice di botanica a cavallo tra i due secoli). Eppure il nome dell'autore, o meglio delle autrici, doveva essere un segreto di Pulcinella: è vero che non comparirà mai sul frontespizio di nessuna edizione, ma è stampato nero su bianco nel catalogo Longman a partire dalla terza edizione. Eccole dunque, le nostre misteriose autrici: si tratta di due sorelle irlandesi, Sarah Mary e Elizabeth Fitton. Purtroppo sappiamo poco della prima e quasi nulla della seconda. Le sorelle Fitton erano nate a Dublino, figlie del procuratore Nicholas Fitton e di sua moglie Jane Greene; in famiglia c'era anche un'altra sorella, Susanna, e un brillante fratello, William Henry. Ed è proprio grazie a lui se sappiamo qualcosa almeno della giovinezza di Sarah Mary e Elizabeth. A differenza delle sorelle, che come tutte le ragazze di buona famiglia saranno state educate in casa, William Henry (1780-1861) poté studiare al Trinity College dove si diplomò nel 1799. Avendo sviluppato un forte interesse per la geologia, nel 1808 si trasferì a Edimburgo e l'anno dopo a Londra dove studiò chimica e medicina. Accanto a lui, c'erano la madre e le sorelle Sarah Mary e Elizabeth (di Susanna ormai abbiamo perso le tracce). Non conosciamo la data di nascita di Elizabeth; Sarah Mary, nata intorno al 1796, era molto più giovane del fratello e al momento del trasferimento in Inghilterra era ancora una ragazzina. Sappiamo che negli anni irlandesi almeno una delle sorelle Fitton aveva studiato le piante locali e aveva creato un erbario, interessandosi soprattutto di crittogame. In Inghilterra, grazie al fratello che frequentava attivamente i circoli scientifici, anche le sorelle furono introdotte nell'ambiente; secondo Coemans (lo vedremo meglio tra poco) erano amiche di Robert Brown e il nome di Sarah Mary è citato nella corrispondenza di Darwin. Non sappiamo se le sorelle abbiano seguito William Henry anche a Northampton, dove egli praticò la medicina dal 1812, o se siano rimaste a Londra, dove del resto il fratello tornava spesso per prendere parte alle riunioni della Royal Society e della Geological Society (di cui qualche anno dopo sarebbe diventato presidente). La data certa è ovviamente il 1817, anno in cui uscì la prima edizione di Conversations on botany, che secondo il catalogo della British Library è opera di Sarah Mary Fitton "con l'assistenza di Elizabeth Fitton". Ma intanto si preparavano altri cambiamenti. Nel 1816 la signora Fitton morì e nel 1820 William Henry si sposò con un'ereditiera; poté così lasciare la professione medica e tornare a Londra per dedicarsi esclusivamente agli studi scientifici. Evidentemente, nel nuovo ménage non c'era più posto per le sorelle. Ignoriamo cosa abbia fatto a questo punto Elizabeth (da questo momento, su di lei si stende la nebbia dell'oblio); quanto a Sarah Mary, come racconta nel romanzo autobiografico How I became a governess (1861), "Come sono diventata istitutrice", andò in Francia a lavorare come istitutrice o governante. A un certo punto si trasferì a Parigi, dove all'inizio degli anni '50 abitava in Rue de la Ville l'Eveque. In questi anni, dopo una lunga interruzione, riprese a scrivere. Inviò vari racconti a Dickens per la sua rivista Household World; pubblicò almeno tre piccoli libri per l'infanzia e due testi di introduzione alla musica: Conversations on Harmony (1857), pubblicato sia in inglese sia in francese, e Little by Little (1866). Tra questi titoli, quello che mi ha incuriosito di più è Dicky Birds : A True Story In Words Of One And Two Syllables (1865): come sarà questa storia vera di un uccellino scritta usando solo parole di una o due sillabe? Il compito è più facile in inglese che in italiano, ma rimane pur sempre un tour de force. Ancora nel 1865 Sarah Mary tornò a scrivere di botanica con The Four Seasons: A short account of the structure of plants , dedicato al "mio eccellente vecchio amico William Jackson Hooker". Si tratta della trascrizione di una serie di conferenze tenute al Working Men's Institute di Parigi; benché cambino il destinatario e il formato, riprende ampiamente Conversations on botany, spesso parola per parola. La partecipazione a queste conferenze ci dice che la scrittrice doveva essere vicina agli ambienti filantropici se non socialisti, come testimonia anche l'amicizia con Eugene Sue, ricordata in una lettera di Elizabeth Barret Browning del dicembre 1851; la scrittrice racconta di essere stata invitata a un party natalizio con il marito e il piccolo figlio: "La signora della casa, un'inglese residente a Parigi, Miss Fitton, una donna già anziana, accorta e gentile, ha detto a Robert che gli sarebbe davvero piaciuto invitare anche Sue, se non fosse così birichino"; e in un'altra lettera aggiunge: "Non è sposata e ricca, per niente giovane, e sembra che in lei ci sia parecchio". L'ultimo testo pubblicato da Sarah Mary è del 1866; conosciamo anche la sua data di morte, avvenuta nella casa parigina il 30 marzo 1874, quando la scrittrice doveva essere vicina agli ottant'anni. Come ho anticipato, di Elizabeth invece non sappiamo nulla, neppure se rimase in Inghilterra o andò a vivere in Francia con la sorella. Una breve sintesi delle notizie disponibili sulla vita delle sorelle Fitton nella sezione biografie. Fittoniae dai mille colori E' bastato quel piccolo libro divulgativo (tra l'altro, piuttosto noioso e pedante) a far entrare le sorelle Fitton nell'Olimpo dei dedicatari di nomi botanici. Vissuta per decenni in Francia, Sarah Mary Fitton doveva essere relativamente nota nei paesi di lingua francese. Altrimenti non si spiegherebbe perché il botanico belga Henri Eugène Coemans pensò fosse degna di essere ricordata, insieme alla sorella, dal genere Fittonia. La motivazione è tanto semplice quanto inequivocabile: "Questo genere è dedicato a Elizabeth e Sarah Mary Fitton, autrici di Conversations on Botany e amiche del celebre Robert Brown". Il genere Fittonia, della famiglia Acanthaceae, comprende solo due specie, ma è notissimo a tutti gli amanti delle piante: non c'è fioraio o garden center che non offra almeno qualche varietà di F. albivenis (spesso commercializzata con vecchi sinonimi come F. argyroneura o F. verschaffeltii). Facile spiegare perché: si adattano bene alle nostre case, sono semplici da coltivare e da moltiplicare, la scelta di varietà e di colori è pressoché infinita. A renderle attraenti, non sono i fiori, piccoli e insignificanti, ma le foglie, che possono essere in tutte le sfumature del verde, ma anche rosa, color rame, porpora, addirittura quasi nere, percorse da nervature in colore contrastante che disegnano un bizzarro mosaico (in inglese il loro nome è nerve plant o mosaic plant). Il grazioso portamento strisciante le rende particolarmente adatte ad essere coltivate in cestini appesi. Le Fittoniae sono originarie del sud America nord-occidentale, in particolare del Perù, dove vivono nelle foreste tropicali pluviali. Le piccole dimensioni hanno reso popolare soprattutto F. albivenis, mentre F. gigantea, pure essa notevolmente attraente ma più esigente, è molto meno coltivata. Qualche approfondimento nella scheda. Una gemella diversa: Afrofittonia L'americana Fittonia ha una sorellina africana, molto meno famosa. Per la sua somiglianza con Fittonia verschaffeltii (come abbiamo visto, oggi considerato sinonimo di F. albivenis), nel 1913 Gustav Lindau denominò Austrofittonia sylvestris una specie recentemente raccolta in Camerun. E' ancora oggi l'unica specie di questo genere monotipico della famiglia Acanthaceae. Anch'essa è un coprisuolo delle foreste pluviali delle foreste d'altura; relativamente abbondante in alcune stazioni sul monte Camerun, è ormai rara altrove e minacciata per la restrizione dell'ambiente naturale. Ha foglie obovate simili a quelle di Fittonia albovenis, anch'esse, con nervature in colore contrastante, fusti che radicano ai nodi e piccoli fiori malva. Nota con il nome locale mmeme, è utilizzata come digestivo e durante lo svezzamento. C'è uno strano parallelo tra il destino delle sorelle Fitton e quello dei due generi che le ricordano: come delle due sorelle, una è più nota e l'altra oscura, così Fittonia è ampiamente coltivata e notissima, mentre la "sorella" Afrofittonia è rara, minacciata nel suo ambiente naturale, e nota solo agli specialisti di Acanthaceae, tanto che in rete non è disponibile neppure un'immagine della pianta viva. Anche su questo genere, un breve profilo nella scheda.
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L'intrigante genere Genlisea ci fa scoprire un personaggio celeberrimo al suo tempo, Mme de Genlis, prolificissima autrice di più di cento volumi. Accusata a sua volta di essere un'intrigante, ma in un altro senso, capace di introdursi nel cuore e nella casa di un principe del sangue, cui avrebbe suggerito più o meno disastrose scelte politiche. Lasciati da parte i pettegolezzi, scopriamo una vocazione pedagogica, una "gradevole produzione" e altri "servizi" alla botanica, senza dimenticare le trappole della bella e insidiosa Genlisea. Una poligrafa pedagogica appassionata di botanica Amante di un principe reale, governante (anzi "governatore") del futuro re dei Francesi, "Rousseu in gonnella" creatrice di un nuovo metodo pedagogico, autrice di più di cento opere che ne fecero una delle prime scrittrici professioniste, Mme de Genlis non è certo un personaggio convenzionale. La sua lunga vita (nata nel 1746, morì nel 1830) le fece attraversare undici regimi politici, da Luigi XV a Luigi Filippo, passando per la Rivoluzione, il regime napoleonico, la restaurazione, e non certo da spettatrice passiva. Ai suoi tempi fu molto famosa; alcune sue opere furono immediatamente tradotte in varie lingue europee; fu considerata alla pari con la oggi ben più nota Mme de Stael. Mme de Genlis (il suo nome completo è chilometrico: Stéphanie-Félicité du Crest de Saint-Aubin contessa di Genlis) educò i suoi numerosi allievi (i figli di Filippo d'Orlèans, tra cui il futuro Luigi Filippo, le sue stesse figlie, alcuni nipoti e diversi figli adottivi) secondo un nuovo modello, in parte ispirato a Rousseau, che voleva coltivare insieme la mente, il cuore e le mani, senza fare distinzioni tra maschi e femmine. La sua "pedogagia dell'oggetto" utilizzava disegni, modellini, osservazione diretta, lavoro manuale, ma non mancavano letture e storie. Fu così che creò un teatro didattico e una nuova formula di narrativa pedagogica in cui un'esile trama narrativa fa da cornice alla trasmissione di valori morali e dei più diversi contenuti educativi. Soprattutto quando fu costretta all'emigrazione e quando, dopo il rientro in Francia sotto Napoleone, si trovò priva di mezzi, diventò una poligrafa capace di scrivere di qualsiasi argomento. Tra i tanti, compare sotto diverse vesti la botanica, che doveva essere una passione antica. Nel Settecento, in effetti, anche grazie a Rousseau, era di moda tra le dame tenere un erbario, avere un'infarinatura di botanica e magari coltivare con le proprie mani un giardino. Nel programma di studi dei figli del duca d'Orlèans non mancavano dunque nozioni di base di scienze naturali, la coltivazione di un piccolo giardino e, come "ricreazione", passeggiate dedicate allo studio dal vivo della piante. Questa esperienza pedagogica ritorna in Les jeux champêtres des Enfants (1821, "I giochi campestri dei bambini") la cui protagonista è una sorella maggiore che per tenere a bada una sorellina ingenua e un fratellino pestifero insegna, sotto forma di gioco, come creare un erbario e trasmette una manciata di nozioni su alcune comuni piante dei campi. L'amore per le piante e la vocazione pedagogica si uniscono nel curioso Herbier moral, ou Recueil de fables nouvelles (1801, "Erbario morale o Raccolta di nuove favole") in cui sulla falsariga di La Fontaine Genlis raccoglie alcune favole in versi, brevi apologhi morali i cui protagonisti non sono animali ma piante . I versi sono un po' pedestri e le storie poco originali, ma qualcuna è animata da un guizzo d'umorismo, come "I due tassi", in cui il tasso di un parco, colmo di disprezzo per il suo vicino, cresciuto sul bordo della strada, alla mercé della polvere e delle intemperie, viene inopinatamente trasformato in una grottesca figura d'orso da un giardiniere maniaco dell'arte topiaria: una scena che riflette tutto l'orrore, in un momento in cui ormai dominava la moda del giardino naturale all'inglese, per il vecchio giardino alla francese, creato a colpi di forbici da un orribile "giardiniere dalla faccia atrabiliare". E' invece un vero e proprio manuale di economia domestica e di agricoltura La Maison rustique pour servir à l'éducation de la jeunesse: ou, Retour en France d'une famille émigrée (1810, "La casa rustica destinata all'educazione dei giovani: o, Ritorno in Francia di una famiglia emigrata") in cui il pretesto narrativo è il rientro in Francia di una famiglia di nobili immigrati che trovano le loro terre abbandonate e devastate; pagina dopo pagina, in tre pedanti volumi, si spiega come ricostruire la casa, come arredarla, come dotarla di una cappella, una biblioteca, un gabinetto di curiosità naturali, come allestire un giardino e un orto, come impiantare e far prosperare ogni genere di coltivazione, dai cereali alla vigna. Una "gradevole produzione" e una rosa Il maggior contributo di Mme de Genlis alla divulgazione in questo campo è tuttavia La Botanique historique et litteraire (1810, "La botanica storica e letteraria"). Al di là del titolo, non si tratta veramente di "botanica", ma piuttosto di una raccolta di aneddoti, curiosità, informazioni antiquarie sulle piante citate nella Bibbia, negli autori classici e più raramente moderni, divise in alberi, arbusti, piante da fiore; non mancano capitoli sulle piante favolose e sugli alberi d'oro citati nella storia e nella letteratura. Di tutto, di più (in 400 pagine in dodicesimo, un quarto delle quali occupate da una novella o romanzo breve, "Les fleurs, ou les artistes"). Sfogliando quest'opera, che secondo l'autrice le sarebbe costata trent'anni di ricerche - l'ho sfogliata, non letta seriamente, subito annoiata dalla stile piatto, dall'accumulo caotico di informazioni senza gerarchia o criteri evidenti, dalla suprema superficialità del tutto - Mme de Genlis mi è sembrata una specie di Plinio di inizio Ottocento, un'accumulatrice acritica di curiosités, più che una studiosa con un progetto e una qualche capacità di interpretazione del reale. Da una parte sarà stata sicuramente un'opera "alimentare", una delle tante che la scrittrice cominciò a immettere nel mercato editoriale quando si trovò priva di altri mezzi finanziari; dall'altra parte, riflette la sua formazione eclettica e da autodidatta, guidata più dalla curiosità estemporanea che da un serio metodo scientifico. Mi sono ovviamente soffermata su un capitolo che sembra l'antenato di questo blog: Fleurs qui portent le nom de personnages qui ont existé, "Fiori che portano il nome di persone reali"; quattro pagine in tutto, per un totale di 11 piante (due sono nomi popolari che ricordano un personaggio biblico e, forse, un personaggio storico, tre arrivano dall'antichità classica, tre da Linneo e tre da Commerson). Nella loro sbrigativa superficialità, sono una perfetta epitome dell'intera opera. Eccoli qui "i services que Mme de Genlis a rendus à la botanique [...] avec cette agreable production" che secondo una pubblicazione del tempo avrebbero indotto M. de Saint Hilaire a dedicarle un genere di piante brasiliane. A dire la verità, la stessa fonte aggiunge un altro "servizio", più materiale. Prima della rivoluzione francese - non sono riuscita a ricostruire la data esatta, ma sicuramente tra il 1784, data della pace di Parigi, e il 1789 - Mme de Genlis visitò l'Inghilterra, ammirò debitamente i Kews Garden, fu ricevuta dalla regina e, grazie a lord Mansfield, conobbe la rosa muscosa. Il celebre e autorevole giudice, benché ottuagenario, ammaliato come tutti gli uomini dalla affascinante contessa, in occasione del suo compleanno gliene inviò un cesto intero; e alla sua partenza per la Francia gli fece dono di un piede, il primo ad essere coltivato nel paese. Non abbiamo ragioni di dubitare questa storia (anche se le memorie di Mme de Genlis abbondano di inesattezze, dimenticanze e episodi "aggiustati", quando non inventati di sana pianta), ma anche questo "servizio" è messo in dubbio dagli storici delle rose. La rosa muscosa è presumibilmente uno sport, ovvero una variazione spontanea, di Rosa centifolia, una rosa coltivata da secoli in Provenza (e infatti conosciuta come rose de Provence). Secondo la vivaista e esperta di rose antiche Anna Peyron la più antica muscosa (nota solitamente come 'Old Pink Moss' o 'Common Moss') sarebbe stata rinvenuta a Carcassonne nel 1696. Rose muscose furono poi coltivate in Olanda e negli anni '20 del Settecento arrivarono in Inghliterra, dove il primo a coltivarle sarebbe stato Philip Miller al Chelsea Physic Garden. Dunque è credibile che Mme de Genlis abbia portato un piede di rosa muscosa dall'Inghilterra, e forse avrà contribuito a diffonderla in coltivazione, ma non si trattava della prima mai vista in Francia. Ovviamente, c'è un capitolo sulle rose nella Botanique historique e litteraire, e la scrittrice non manca di inserire rose muscose in vari romanzi, considerandole una specie di marchio di fabbrica. In ogni caso, il celebre Vibert nel 1817 non mancò di dedicarle la "Comtesse de Genlis", una gallica presumibilmente perduta, descritta nei cataloghi del tempo "con bei fiori molto doppi, carnicino o grigio lino, ma variabili e prolifiche". Qualche notizia in più sulla lunga e romanzesca vita di mme de Genlis nella sezione biografie. Genlisea, le vittime non sono mai troppo piccole Nel 1833 il botanico Auguse de Saint-Hilaire, al ritorno dal suo lungo viaggio in Brasile, dedicò uno dei nuovi generi lì scoperti a Mme de Genlis, stabilendo il genere Genlisea, sulla base di quattro specie brasiliane. Al di là dei "servizi" di cui abbiamo parlato, a spingerlo in tal senso possono essere state altre circostanze. Intanto anche Saint Hilaire era un nobile (il suo nome completo, Augustin-François-César Prouvençal de Saint Hilaire, ha poco da invidiare a quello della dedicataria); entrambi vissero fuori dei confini francesi nei tempi difficili del Terrore e del Termidoro; il giovane Saint Hilaire conosceva e ammirava le opere della scrittrice e iniziò una corrispondenza con lei, ricevendone consigli che lo incoraggiarono ad abbandonare l'attività commerciale scelta per lui dalla famiglia per intraprendere studi scientifici. Può aver influito anche il recente rivolgimento storico: nel luglio del 1830, come è noto, la monarchia borbonica venne rovesciata e Luigi Filippo venne scelto come "re dei Francesi"; egli era rimasto legato da affetto e riconoscenza alla sua antica governante e quando questa morì, nel dicembre dello stesso anno, le tributò solenni funerali di stato. Dunque una dedica all'illustre scomparsa cadeva anche perfettamente opportuna dal punto di vista politico. Genlisea è un piccolo genere di singolari piante della famiglia Lentibulariaceae, che comprende 20-30 specie distribuite tra l'Africa tropicale e il Centro e Sud America. Si tratta di piante acquatiche, semi acquatiche o terrestri che vivono in una varietà di habitat accomunati dalla povertà di nutrienti. Per procurarsi questi ultimi si sono evolute come piante carnivore specializzate nella cattura di animali microscopici e protozoi; la cattura avviene per mezzo di trappole sotterranee che funzionano in modo simile a una nassa. Dal ciuffo di foglie a rosetta si dipartono lunghi organi biancastri che non sono radici (la piante ne è priva) ma foglie modificate dotate di strutture cave a Y, formate dall'unione di due sottili tubi; per tutta la lunghezza presentano strutture a spirale che consentono l'ingresso di microrganismi ospitati nel suolo o nell'acqua. Una volta entrati, essi non possono più uscire, perché le scanalature sono dotate di peli che obbligano a procedere verso l'apice della Y, dove le vittime vengono assimilate e digerite. Oltre ai protozoi, che sono le prede più comuni, le Genliseae si nutrono di una varietà di forme di vita microscopiche. E' stato dimostrato che almeno alcune specie producono particolari secrezioni di sostanze chimiche capaci di attrarre le vittime, inducendole a entrare nelle trappole. All'epoca di Saint Hilaire, questo meccanismo era ignoto. Già Darwin sospettò che si trattasse di piante carnivore, tuttavia non aveva idea di quali organismi si nutrissero e in quale modo. Solo nel 1975 la botanica inglese Yolande Heslop-Harrison individuò l'attività di enzimi digestivi in G. africana; in epoca ancora più recente, nel 1998, un gruppo coordinato da Wilhelm Barthlott dimostrò che G. margaretae attrae le sue prede per chemiotassi, li intrappola in trappole a forma di nassa (descritte anche come "trappole a cavatappi"), li digerisce grazie a enzimi e quindi ne assorbe i nutrienti. Per quanto tentata di trovare un parallelo con Mme de Genlis (abilissima manipolatrice e seduttrice, capace di attirare nelle sue trappole creature di dimensioni ben maggiori dei protozoi), devo ammettere che Saint Hilaire non è mai stato sfiorato da un pensiero così malizioso. Qualche approfondimento su questo curioso genere, che è pure dotato di graziose fioriture, nella scheda. |
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November 2024
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