La Real Expedicion Botanica a Nueva España, l'ultima in ordine di tempo delle grandi spedizioni scientifiche promosse dalla corona spagnola nel Settecento, nasce da un ritrovamento e da una richiesta. Il ritrovamento è quello, parziale, dell'opera del botanico del Cinquecento Francisco Hernandez sulla natura messicana; la richiesta è quella del medico e botanico Martin de Sessé di creare a città del Messico un orto botanico con annessa cattedra universitaria. Ne nascerà una lunga avventura che, proprio negli anni a cavallo tra la rivoluzione francese e la nascita dell'Impero napoleonico, porterà un gruppo di avventurosi studiosi ispanici e messicani alla scoperta della flora e della fauna del Messico, con una sorprendente puntata in Canada e una coda in centro America, su un territorio che abbraccia 4 milioni di chilometri quadrati. Sorprendente per altro è anche il poco noto genere Sessea, dedicato al tenace Sessé, ideatore e capo della spedizione. Sulle tracce di un vecchio libro e di un nuovo orto botanico Fu intorno al 1780 che lo storico e cosmografo Juan Bautista Muñoz scoprì nella Biblioteca della Compagnia di Gesù di Madrid il manoscritto parziale della storia naturale del Messico di Francisco Hernandez; il re affidò la pubblicazione a Casimiro Gomez Ortega, direttore dell'orto botanico di Madrid. Era un compito complesso, vista la parzialità e la lacunosità del manoscritto; per venirne a capo, a parere di Ortega, sarebbero state opportune ulteriori ricerche nelle biblioteche messicane nella speranza di trovare altri manoscritti e disegni. Più o meno negli stessi anni, l'ex medico militare Martin de Sessé y Lacosta, che si era stabilito in Messico, scrisse a Ortega proponendo l'istituzione di un orto botanico a Città del Messico, con annessa cattedra di botanica, anche per rinfrescare la preparazione del personale sanitario del viceregno, spesso alle prese con preoccupanti epidemie. Unendo le due esigenze, nacque così il progetto, approvato dal re Carlo III nell'ottobre 1786, di una spedizione scientifica nel Viceregno di Nuova Spagna, che da una parte avrebbe dovuto gettare le basi delle due nuove istituzioni scientifiche proposte da Sessé, dall'altra avrebbe dovuto integrare il lascito di Hernandez con nuove ricerche e disegni dal vivo. Ortega curò personalmente la progettazione, inclusi gli aspetti finanziari, e scelse i partecipanti: lo stesso Sessé come capo della spedizione e direttore del futuro orto botanico, il naturalista José Longinos Martìnez e il botanico Jaime Senseve. La spedizione iniziò ufficialmente nel marzo 1787. Nel primo anno, le attività del gruppo furono rivolte essenzialmente alla creazione dell'Orto botanico, collocato in un piccolo giardino nel parco di Chapultepec e solennemente inaugurato di fronte alle autorità cittadine il 1 maggio 1788 con un discorso di Sessé. Contestualmente fu creata la cattedra di botanica, affidata allo stesso Sessé e al medico e farmacista Vicente Cervantes. Rimandando a un altro post le informazioni su queste istituzioni, seguiamo qui le vicende della spedizione sul campo. Mentre si dava da fare per creare l'orto e la cattedra, scontrandosi anche con l'ambiente scientifico messicano, che, ancora fedele al sistema di Tournefort, poco apprezzava quello di Linneo, nell'autunno del 1787 Sessé fece le prime escursioni nei dintorni della capitale; per la campagna del 1788, insieme a Longinos e Senseve, si stabilì prima nel villaggio di San Angel poi a San Augustin de las Cuevas, esplorando soprattutto le montagne in prossimità della capitale. Alla fine dell'anno il gruppo fu integrato da un altro botanico, Juan Diego del Castillo, farmacista dell'ospedale reale di Porto Rico, anch'egli scelto da Ortega, e da due pittori, due giovani messicani raccomandati dal direttore della Scuola di belle arti di San Carlos a Città del Messico: Juan de Dios Vicente de la Cerda e Atanasio Echevarría. La seconda campagna ebbe inizio nel marzo 1789 e portò i naturalisti ad esplorare il Messico centrale, con le aree di Cuernavaca, Tixla, Chilpazingo, Acapulco sull'Oceano Pacifico. Al rientro a dicembre, si registrò un cambio della guarda: Longinos, in disaccordo con Sessé, preferì fermarsi nella capitale per organizzare un Gabinetto di storia naturale, mentre Senseve fu distaccato presso l'università per aiutare Cervantes nelle dissezioni anatomiche. Al loro posto subentrarono due giovani messicani, il primo frutto dell'insegnamento dello stesso Cervantes: il botanico José Mariano Mociño e il chirurgo José Luis Maldonado Polo. Il loro ingresso diede al gruppo maggiori capacità di manovra, con la possibilità di dividersi in sottogruppi. I confini della spedizione si dilatano La terza campagna iniziò nel maggio 1790; questa volta i naturalisti si diressero a nord, esplorando ampie aree del paese, soprattutto nelle province di Michoacàn e Jalisco. Giunti a Gaudalajara, sostarono quattro mesi, sistemando e classificando il materiale raccolto: mentre i pittori realizzarono altre 100 tavole, i naturalisti sintetizzarono i risultati di tre anni di campagne nel manoscritto collettivo Plantas de Nueva España, che, nonostante il titolo, contiene anche importanti apporti sulla fauna, in particolare gli uccelli. A questo punto la spedizione si divise: Mociño, Castillo e Echeverría si incamminarono verso nord lungo le pendici della Sierra Madre, in direzione di Los Álamos; poi si addentrarono nella sierra di Los Tarahumaras , dove Castillo si ammalò gravemente, per proseguire nella provincia di Durango, fino a Aguascalientes, luogo fissato per l'incontro con l'altro gruppo. Quest'ultimo, formato da Sessé, de la Cerda e Maldonado, aveva invece percorso le province di Sinaloa e Ostumurí. Nuovamente riuniti a Aguascalientes, furono raggiunti dall'ordine del viceré di recarsi nell'isola di Nootka, di fronte all'odierna Vancouver; su questa parte della spedizione, che portò Maldonado, Echeverría e Mociño a percorrere il Pacifico fino al Canada, tornerò in un altro post. Sessé, Castillo e de la Cerda tornarono invece nella capitale, dove si fermarono più di un anno (dall'inizio del 1792 alla metà del 1793). A giugno morì Castillo, che non aveva mai recuperato la salute. Anche lui e il suo contributo alla spedizione meritano un post a parte, Da parte loro, anche i due "dissidenti" Longinos e Senseve nel 1791 avevano deciso di organizzare una spedizione in proprio; nel gennaio 1792 si imbarcarono alla volta della Bassa California, percorrendo poi l'intera penisola da Cabo San Lucas a Monterey; si reimbarcarono poi per la costa di Sinaloa e Sonora, da cui rientrarono a Città del Messico. In circa tre anni, percorsero così duemila leghe, raccogliendo importanti collezioni di piante, animali e minerali, nonché informazioni sulle popolazioni indigene. Al loro ritorno, i due dovettero in qualche modo rappacificarsi con Sessé, visto che li ritroveremo tra i partecipanti delle ultime fasi della spedizione. D'altra parte, dal gruppo uscì Maldonado che, dopo il rientro da Nootka, si stabilì nel dipartimento di San Blas dove divenne chirurgo. Intanto il gruppo di Sessé e Mociño nel 1793 aveva esplorato le regioni del sudest che si affacciano sul golfo del Messico, procedendo a volte insieme, a volte diviso in due squadre. Nel 1794 e in gran parte dell'anno successivo, Mociño e Echeverría sostarono nelle provincie di Tehuantepec e Tabasco, da cui inviarono a Città del Messico moltissimi esemplari di piante e animali. Nel giugno del 1794, con il rientro di Longinos e Senseve, gli effettivi era tornati al completo. Sessé riuscì ad ottenere dalla corona il permesso di prolungare la spedizione per altri due anni, visitando il Guatemala e le isole Sopravento. I naturalisti si divisero di nuovo in due sottogruppi: Mociño, Longinos e de la Cerda avrebbero esplorato il Guatemala, mentre Sessé, Senseve e Echeverría avrebbero visitato Cuba, Santo Domingo e Porto Rico. Arrivato a Cuba nella primavera del 1795, Sessé stabilì fecondi contatti con le istituzioni scientifiche dell'isola e propiziò la nascita di un giardino botanico all'Havana. Raggiunto poi Porto Rico, vi si trattenne con i suoi compagni fino al maggio 1797, a causa del blocco del porto di san Juan da parte della flotta inglese. Dopo un secondo soggiorno a Cuba, tornò definitamente in Messico nel 1798. Quanto all'altro gruppo, Longinos, di nuovo in dissidio con gli altri, se ne andò da solo in Guatemala dove, proprio come aveva fatto a Città del Messico, si dedicò alla creazione di un gabinetto di storia naturale; solo quando vi si trovava già da cinque mesi fu raggiunto da Mociño e de la Cerda, cui si era unito il dissettore Julian del Villar Pardo; partiti qualche giorno prima di Longinos, lungo la strada avevano esplorato il sudest del Messico. Longinos riuscì ad imporre ai compagni come prioritaria la costituzione del Gabinetto, che fu inaugurato in gran pompa nel dicembre 1796. Subito dopo Mociño e de la Cerda ripartirono esplorando gran parte dell'America centrale; ma anche su questo ritornerò nel post dedicato a Mociño. Ormai la spedizione volgeva al termine; esauriti i due anni concessi dal re, nel 1797 Sessé scrisse a Longinos di far rientrare il gruppo "guatemalteco". Ritornarono in ordine sparso: prima de la Cerda, nel dicembre 1798, portando con sé oltre 2000 disegni; poi nel febbraio 1799 Mociño che in Guatemala e in Chapas, come medico, era anche stato coinvolto in attività umanitarie; invece Longinos, malato di tubercolosi, fu costretto a rimanere in Guatemala fino alla primavera del 1801, quando partì alla volta del Messico, morendo però durante il viaggio. Finita ufficialmente la spedizione, i naturalisti avrebbero dovuto tornare in Spagna, ma la guerra lo rese impossibile fino al 1803; nel frattempo, oltre a riordinare le collezioni e a riorganizzare il manoscritti della futura Flora mexicana, Sessé si era dedicato a un'altra impresa: la costituzione presso i due principali ospedali di Città del Messico di "sale di osservazione" ovvero di laboratori per lo studio e la sperimentazione delle virtù terapeutiche delle piante indigene. Un lascito imponente I risultati della spedizione furono imponenti: le specie raccolte in oltre un decennio di attività ammontarono a circa 3500, con 200 nuovi generi e oltre 1000 specie prima ignote alla scienza. Enorme anche il lavoro dei disegnatori (anche loro meritano un post a parte), con migliaia di disegni e acquarelli, soprattutto di soggetto botanico. La fondazione di nuove istituzioni come l'orto botanico e la cattedra di botanica a Città del Messico e i gabinetti naturali (precursori dei Musei di storia naturale) voluti da Longinos a Città del Messico e Città del Guatemala può quasi essere considerata l'atto di nascita degli studi naturalistici indipendenti nell'America Latina. Non stupisce dunque che molti membri della spedizione siano celebrati dalla nomenclatura botanica; hanno dato il loro nome a almeno un genere non solo i capi riconosciuti, Sessé e Mociño, ma anche Castillo, de la Cerda e Echeverría, nonché Cervantes, che, per quanto non abbia partecipato al lavoro sul campo, con la sua attività all'Orto botanico di Città del Messico e il suo insegnamento può esserne considerato un membro a tutti gli effetti. Su di loro tornerò in altri post. Qui vorrei concludere la vicenda di Sessé (per la cui vita rimando alla sezione biografie): tornato a Madrid nel 1803 portando con sé i disegni e un erbario di circa 7500 esemplari (copie dei disegni e doppioni delle piante rimasero, come oggetto di studio e conservazione, all'Orto botanico messicano), lavorò intensamente alla pubblicazione della Flora mexicana, ma morì nel 1808 prima di poterla completare. Lo studio delle piante raccolte durante la spedizione, proseguito brevemente da Mociño, finché questi non abbandonò la Spagna nel 1812, fu continuato da botanici spagnoli come Casimiro Gomez Ortega e Mariano Lagasca, nonché dallo svizzero de Candolle, ma le turbolente vicende politiche del regno iberico ottocentesco fecero sì che si giungesse a una pubblicazione solo negli anni '80 dell'Ottocento; alcuni manoscritti della spedizione vennero anche pubblicati in Messico tra il 1887 e il 1894, in particolare la silloge Plantae novae hispaniae (1883). Una Solanacea arborea Il primo omaggio a Sessé venne già nel 1794 (quindi quando la spedizione era ancora in pieno svolgimento) da parte di Hipolito Ruiz e José Antonio Pavon, ovvero dai protagonisti di un'altra delle grandi spedizioni iberiche del secondo Settecento, quella in Perù, che gli dedicarono Sessea. In epoca molto posteriore, nel 1917, Emile Hassler ne staccò Sesseopsis (ma oggi entrambe le specie di questo genere sono state assegnate a Cestrum). Sessea è un genere della famiglia delle Solanaceae che comprende una ventina di specie distribuite soprattutto nell'America andina, in particolare in Perù, Ecuador e Colombia. Per le fioriture è molto simile a Cestrum, da cui si distingue per i frutti (bacche con semi angolati per quest'ultimo, capsule con semi alati per Sessea). Sorprendentemente per questa famiglia, comprende veri e propri alberi (in alcune specie raggiungono anche i 25 metri); rare e poco studiate, la maggior parte delle specie sono endemismi di limitatissime aree delle foreste nebulose delle Ande settentrionali; proprio per questo sono poco conosciute, oltre ad essere a rischio di estinzione, come S. sodiroi, un piccolo albero di cui sono note solo quattro stazioni in Ecuador. Altre specie si spingono invece nelle foreste umide della costa atlantica brasiliana. Qualche approfondimento nella scheda. Concludo con una curiosità: una ditta di distillati madrilena ha voluto dedicare a Martin Sessé un gin prodotto artigianalmente; è un voluto omaggio alla grande avventura della Real Expedicion Botanica, come si racconta in questa pagina.
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Le storie della botanica riservano continue sorprese. Nel periodo ancora eroico di inizio Ottocento poteva capitare che un giovane botanico, partito da Ginevra e dal lago Lemano, finisse la sua vita nel fiume San Fernando in Messico. Non senza avere cacciato, nel frattempo, orsi e bisonti insieme ai temibili indiani Comanche ed essere diventato consulente militare di un futuro presidente, grazie alla sua conoscenza ineguagliabile del territorio e ai suoi studi pionieristici sulle tribù indiane stanziate lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico. Questo fu il destino di Jean Louis Berlandier, allievo di de Candolle, trasformatosi per una serie di circostanze in un vero botanico della frontiera. E' giustamente endemico dell'area che esplorò il genere Berlandiera, la cui specie più nota, con il suo profumo di cioccolato, è perfetta per un ginevrino, anche se preferì dichiararsi prima francese, poi messicano. Incidenti di frontiera Nel 1821, al momento dell'indipendenza, faceva parte del territorio messicano anche il Texas, un'area tanto vasta quanto spopolata; i coloni non erano più di 3500, concentrati a San Antono e La Bahia. Per incoraggiare il popolamento, nel 1824 il governo messicano emanò la Ley General de Colonisation, che concedeva una terra a qualsiasi capo famiglia disposto a trasferirsi in Texas, quale che ne fosse la nazionalità, la religione, lo status di immigrazione. A rispondere all'appello furono sì messicani e spagnoli, nonché qualche altro europeo, ma soprattutto statunitensi. Bastarono pochi anni perché la crescente penetrazione di cittadini statunitensi, presto organizzata da imprenditori senza scrupoli, destasse la preoccupazione del governo messicano, tanto più che i confini stessi tra i due stati non erano ben definiti e si faceva sentire un'altra ingombrante presenza: quella dei nativi, in particolare i temibili Comanche. Questi ultimi, grazie alle superiori capacità militari ma anche all'abilità nel gestire i commerci a lunga distanza, avevano imposto il loro controllo sulle altre tribù; nei confronti dei coloni, alternavano l'approccio diplomatico con veri e propri attacchi, imposizione di tributi, sequestri di persona e saccheggi. Vista la scarsa presenza dell'esercito messicano, debole numericamente e privo di fondi, i coloni rivendicavano il diritto di creare proprie milizie di autodifesa contro gli attacchi indiani. Un altro motivo d'attrito con i coloni statunitensi era il possesso di schiavi, proibito o almeno ostacolato in Messico. Nel 1826, un impresario statunitense, H. Edwards, incominciò a sequestrare terre di messicani che non potevano esibire certificati di proprietà, per distribuirle ai coloni che faceva arrivare dagli Stati Uniti; di fronte alle rimostranze del governo messicano, con un gruppo di 30 coloni giunse a proclamare l'indipendenza. Il tentativo fu prontamente represso delle forze messicane, ma era un segnale decisamente preoccupante. In questa situazione esplosiva, fin dal 1825 fu decisa la creazione della Comision de Limites (Commissione della frontiera), con l'incarico di visitare il Texas per fare osservazioni astronomiche e meteorologiche, esplorare le risorse naturali, studiare la presenza indiana, censire gli insediamenti dei coloni nordamericani e determinare la linea di confine tra Messico e Stati Uniti tra i fiumi Sabina (Sabine) e Red River. Fortemente voluta dal ministro degli esteri Lucas Alamán, che aveva studiato in Europa e aveva una formazione scientifica, la commissione fu concepita come missione militare unilaterale, ma anche come una spedizione scientifica (la prima di uno dei neonati stati latinoamericani). Al comando vi era il generale Manuel de Mier y Terán, che, oltre ad essere un eroe della guerra d'indipendenza, era un uomo colto che ne curò attentamente la preparazione, procurando tra l'altro molti degli strumenti scientifici; oltre a una scorta militare, lo accompagnavano il suo segretario, il colonnello José María Díaz Noriega; il medico e tenente colonnello José Batres e il tenente colonnello del genio Constantino Tarnava, incaricati dei rilievi militari e geografici; un mineralogista, Rafael Chovell, un cartografo e disegnatore, José María Sánchez y Tapía e un medico-botanico, che avrebbe raccolto esemplari naturalistici e si sarebbe occupato della salute dei suoi compagni. Arrivava niente meno che da Ginevra; infatti Alamán, che aveva studiato con de Candolle, si era rivolto al suo maestro perché gli trovasse un naturalista che avesse anche competenze mediche; con il consenso della Società di storia naturale di Ginevra, la scelta di de Candolle cadde su Jean Louis Berlandier, allora ventitreenne, che aveva collaborato al suo Prodromus con un saggio sulle Grossulariaceae. Farmacista di formazione, Louis (come preferiva firmarsi) aveva conoscenze di base di medicina, una buona preparazione in sistematica ed era anche un ottimo disegnatore. Partito da Le Havre il 14 ottobre 1826, Berlandier circa due mesi dopo sbarcava nel porto di Tampico. Dopo circa quattro mesi trascorsi sulla costa del Golfo del Messico, da cui inviò due casse di esemplari a de Candolle, a maggio 1827 si spostò a Città del Messico, passando dalla regione di Huasteca. In attesa della partenza della spedizione, ne esplorò i dintorni, inviando ulteriori materiali a Ginevra. Nelle pianure del Texas La Commissione lasciò Città del Messico il 10 novembre 1827 per dirigersi verso i "paesi del nord". A febbraio raggiunse Laredo, sulla riva sinistra del Rio Bravo, dove era atteso dal Comandante delle Province interne del Nord, Anastasio Bustamante. Il gruppo iniziò a esplorare il territorio texano, arrivando alla fine del mese al fiume Medina, dove incontrò il generale Elosúa, che lo guidò fino a Béjar (oggi San Antonio), dove venne fissato il quartier generale. Tra marzo e maggio Berlandier raccolse esemplari botanici intorno a Béjar, Gonzales e San Felipe, quindi, dopo un breve viaggio nell'interno, durante il quale contrasse la malaria, ritornò a San Antonio. La sua attenzione si concentrò soprattutto sulle piante utilizzate dagli indigeni nell'alimentazione quotidiana o come medicinali, come Terania (oggi Leucophyllum) frutescens, che gli indiani usavano contro la sifilide, dedicata al capo della spedizione. Sviluppò anche un forte interesse per la vita e la cultura delle tribù indiane (ce n'erano circa una quarantina), in particolare per i due gruppi maggiori, gli Apache Lipane e i Comanche; con questi ultimi furono stretti rapporti cordiali, tanto che a novembre, con un gruppo di trenta soldati comandati dal colonnello José Francisco Ruiz, Berlandier poté partecipare a una battuta di caccia all'orso e al bisonte a nord ovest di San Antonio, accompagnato dai capi Comanche Reyuna e El Ronca. Alla fine dell'anno accompagnò Ruiz ad esplorare le miniere d'argento presso il fiume San Saba. Intanto il generale Mier y Terán si occupava della parte politica della missione: stabilire la linea di frontiera con gli Stati Uniti e, ancor più, visitare gli insediamenti degli immigrati statunitensi per valutare se la loro presenza fosse legale. Il risultato fu desolante: la popolazione messicana era in netta minoranza rispetta a quella anglosassone, costantemente accresciuta da un flusso di emigrati illegali, e tra i due gruppi c'era uno stato di tensione permanente. Quando, nel gennaio 1829 il generale rientrò a Città del Messico (fu richiamato per bloccare un tentativo di invasione spagnola), nel suo rapporto raccomandò di mettere fine all'immigrazione di statunitensi, costruire forti di confine, rafforzare le guarnigioni militari attorno agli insediamenti già esistenti, incoraggiando al contrario l'arrivo di coloni messicani e europei. Le misure vennero adottate troppo timidamente per essere efficaci: gli insediamenti statunitensi continuarono a crescere in modo esponenziale e nel 1836, dopo insurrezioni e battaglie, il Texas si rese indipendente, per poi aderire un decennio dopo agli Stati Uniti. Ma torniamo a Berlandier, che durante l'assenza di Mier y Terán capeggiò di fatto la commissione. A febbraio si unì a un distaccamento comandato da Antonio Elosúa, inviato a reprimere una sommossa contro il presidio militare di Goliad. Poi, in base agli ordini ricevuto da Mier y Terán, tornò a San Antonio per sistemare le proprie raccolte, da spedire a New Orleans e da qui in Europa. Secondo alcuni biografi, lo stesso Berlandier si sarebbe recato a New Orleans per mare per curare la spedizione; il viaggio è però negato da altri studiosi. Certi invece sono due fatti: il materiale giunto a Ginevra era immenso (tra il 1827 e il 1831, circa 52.000 esemplari di piante essiccate), ma invece degli elogi che si aspettava, dai de Candolle (Augustin Pyrame e suo figlio Alphonse) giunsero aspre critiche sul cattivo stato di conservazione dei materiali, a loro parere non adeguatamente preparati da Berlandier. Sarò stato forse questo a spingere il nostro botanico a decidere di rimanere in Messico; contò sicuramente anche il legame personale con il generale Terán, che, dopo aver respinto gli spagnoli a Tampico divenne un eroe nazionale; nominato comandante generale delle Province interne orientali, fissò il suo quartiere generale a Matamoros, nello stato di Tamaulipas. Qui lo raggiunse Berlandier che almeno fino al 1831 fu coinvolto in alcune missioni per conto del generale (come un'ispezione dello stato delle strade). Dopo la tragica scomparsa di Terán (che nel 1832 morì suicida), divenne medico e farmacista. Nella sua casa di Matamoros, custodì la monumentale collezione raccolta da lui stesso e dai suoi compagni, che includeva piante essiccate, animali imbalsamati, minerali, note naturalistiche sul campo, osservazioni meteorologiche e astronomiche, dati etnografici e oggetti materiali delle culture indigene del Texas e del Messico nordorientale, diari di viaggio, mappe e disegni (alcuni dei quali di sua mano). Lui vivo, a parte alcuni brevi articoli, venne pubblicato solo il diario di viaggio (Diario de viaje de la Comisión de Límites, 1850), scritto insieme a Chovell. Berlandier divenne cittadino messicano, si sposò con una messicana, da cui ebbe diversi figli, e anche dopo la rottura con de Candolle continuò i suoi viaggi e le sue raccolte, visitando sia il Texas (fu di nuovo a Goliad nel 1834) sia altre aree del paese. La sua profondissima conoscenza dei territori di frontiera divenne una risorsa strategica nel 1846, quando scoppiarono le ostilità tra Messico e Stati Uniti. Arruolato nell'esercito messicano con il grado di capitano, servì come cartografo e aiuto di campo del generale Mariano Arista (futuro presidente del Messico), disegnando le carte preparatorie della battaglia di Palo Alto (8 maggio 1846, la prima del conflitto), Terminata la guerra nel febbraio 1848 con la sconfitta messicana, nel 1850 Berlandier fu di nuovo nominato membro della commissione (questa volta internazionale) che doveva definire la frontiera tra i due stati nordamericani. Ma un incidente tragico mise fine alla sua vita nella primavera del 1851: annegò infatti mentre attraversava il fiume San Fernando. Una sintesi della sua vita, che conosciamo in realtà molto poco, nella sezione biografie. Con la sua morte, l'importantissimo materiale di cui era stato raccoglitore e custode rischiò di andare perduto. A salvarlo dall'oblio fu un ufficiale americano, Darius Nash Couch, che aveva partecipato alla guerra messicano-americana e nel 1853 era ritornato in Messico per contro dello Smithsonian Institute per esplorare la flora e la fauna del nordest messicano. Attraverso uno degli aiutanti di Berlandier, ne rintracciò la vedova, Beatriz María Concepción Villaseñor, e riuscì ad acquistare la collezione per 500 dollari per conto dello Smithsonian. Tuttavia, poiché l'istituzione statunitense era in un momento di difficoltà finanziaria e non si trovarono altri finanziamenti (un appello rivolto a Asa Gray cadde nel vuoto, poiché il celebre botanico condivideva i pregiudizi dei de Candolle sulla cattiva qualità degli esemplari di Berlandier), egli ne consegnò solo una parte allo Smithsonian - le note meteorologiche, le collezioni di minerali, piante e animali, nonché i manoscritti - rivendendo il resto a privati. Di grande importanza storica, oltre agli scritti di storia naturale, le osservazioni sulle tribù indiane, che fanno di Berlandier uno dei precursori dello studio etnografico di quelle culture; saranno pubblicate solo nel 1969 con il titolo The Indians of Texas in 1830. Un fiore dal profumo di cioccolato Nonostante le critiche, i de Candolle furono abbastanza generosi da dedicare all'infaticabile esploratore della flora texana il genere Berlandiera (nel quinto volume del Prodromus, 1836). A ricordare il botanico franco-messicano è anche il nome specifico di piante come Echinocereus berlandieri o Vitis bertlandieri e di animali come Gopherus berlandieri, la tartaruga del Texas. Il genere Berlandiera, della famiglia Asteraceae, comprende otto specie (inclusi tre ibridi naturali) di erbacee perenni o suffrutici distribuiti nelle aree aride degli Stati Uniti sudorientali e del Messico nordorientale. Morfologicamente molto variabili per dimensioni (da pochi centimetri a un metro) e forma delle foglie, sono caratterizzati da capolini i cui flosculi ligulati solitamente gialli contrastano con il disco di colore scuro. La specie più nota e più coltivata è B. lyrata, nota come chocolate flower per i suoi capolini gialli intensamente profumati di cioccolato. Molto decorativi sono anche i boccioli verde chiaro, il calice persistente dopo la caduta dei fiori e i frutti secchi. Qualche informazione in più nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2024
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