Nella storia della Real Expedición Botánica a Nueva España l'arrivo di José Mariano Mociño segna uno spartiacque; grazie al suo dinamismo, alla sua conoscenza del territorio, alla sua curiosità insaziabile, dal Messico centrale dove fino ad allora si era mossa la spedizione, gli orizzonti si allargano. E proprio Mociño sarà il protagonista delle due tappe più lunghe e ambiziose: quella che nel 1792 lo porterà fino all'isola di Nootka (oggi nella canadese Columbia britannica) e quella, lunghissima e inedita, che tra 1796 e il 1799, lo vedrà esplorare la Capitania General de Guatemala, ovvero non il solo Guatemala, ma l'intera America Centrale, con un percorso di oltre 4000 miglia. Scienziato completo e vero figlio dei Lumi, Mociño fu anche un medico impegnato nel sociale, in Sudamerica come in Spagna, che pagò carissima la coerenza e la fedeltà alle proprie idee. Morto in povertà e in disgrazia, senza poter vedere pubblicati i risultati dell'immenso lavoro suo e dei compagni, fu anche sfortunato da un altro punto di vista. Per una ragione o l'altra, nessuno dei generi che gli furono dedicati al suo tempo è sopravvissuto; ma, per una volta, a rimediare a tanta ingiustizia ha provveduto poco più di vent'anni fa un botanico conterraneo, incoronandolo con gli allori del monospecifico Mocinnodaphne. Dal Messico al Canada Nel 1787, José Mariano Mociño, giovane creolo imbevuto di idee illuministe, si laureò in medicina. In quello stesso anno iniziarono le attività della Real Expedición Botánica a Nueva España, il cui primo atto fu la fondazione dell'Orto botanico di Città del Messico, con annessa cattedra di botanica. A seguire quei corsi, tenuti da Vincente Cervantes, tra i tanti giovani entusiasti c'era anche il nostro protagonista, che con l'amico José Maldonado si segnalò a tal punto che il maestro propose a Sessé di cooptarlo nella spedizione. Sessé accettò di buon grado, e, come ho già accennato in questo post, Mociño partì immediatamente con lui e i suoi compagni alla volta del Messico settentrionale; quando i naturalisti si divisero in due sottogruppi, insieme a Castillo e al pittore Echevarría visitò le zone più impervie e inesplorate del Messico nordoccidentale, negli attuali stati di Jalisco, Nayarit, Sinaloa e Sonora, raccogliendo vaste collezioni di piante e animali prima sconosciuti alla scienza. Quando si ricongiunse con Sessé a Aguascalientes, scoprì di essere stato designato, insieme a Maldonando e Echevarría, per accompagnare la spedizione dell'ammiraglio Bodega y Quadra all'isola di Nootka. La nomina, voluta dal viceré, veniva anche a rimediare un groviglio burocratico. In effetti, mentre Sessé aveva accolto con entusiasmo l'ingresso di Mociño e Maldonado, in sostituzione dell'inefficiente e incapace Senseve, quest'ultimo aveva fatto ricorso alla corona per essere reintegrato; inoltre era ostile alla nomina dei due messicani pure Longinos, che li considerava dei semplici e inadeguati studenti; e anche per questo motivo si era giunti a una rottura tra lui e Sessé. Mentre i membri della spedizione erano già nel nord del paese, arrivò da Madrid l'ordine di reintegrare Senseve e allo stesso tempo venne annunciata la spedizione dell'ammiraglio Bodega; ordinando che Mociño,Maldonado e Echevarría lasciassero la Real Expedición Botánica e si integrassero a quest'ultima, il viceré prendeva i classici tre piccioni con una fava: obbediva a Madrid, destituendo Mociño e Maldonado; essi però avrebbero continuato a percepire una paga come membri della nuova spedizione e, inoltre, i limiti della Real Expedición Botánica si sarebbero allargati alla California e all'isola di Nootka. Ho già raccontato altrove le circostanze che nell'estate del 1789 portarono la Spagna e la Gran Bretagna sull'orlo di una guerra per un lembo di terra nell'isola di Nootka (Nutca in spagnolo), di fronte all'attuale isola Vancouver, nella Columbia britannica (Canada). La crisi diplomatica più assurda della storia si risolse poi con un accordo, che doveva però essere perfezionato sul posto da due plenipotenziari, il capitano Vancouver per i britannici e l'ammiraglio Juan Francisco de la Bodega y Quadra per gli spagnoli. Bodega era il comandante della base di San Blas sul Pacifico e aveva una lunga esperienza di navigazione lungo le coste di quell'oceano; nel 1791 ricevette la nomina a Commissario per la questione di Nootka e nel 1792 salpò per l'isola con una piccola flotta che comprendeva due fregate, una scuna e due golette; a bordo, anche i nostri naturalisti, che da Aguascalientes si erano affrettati a raggiungere san Blas per l'imbarco. Il 29 aprile la flotta spagnola giunse a Nootka, dove si sarebbe trattenuta tutta l'estate; Vancouver a sua volta arrivò ad agosto. Sebbene sul piano diplomatico le trattative si fossero ben presto arenate, tra i due comandanti si strinse un'intesa personale, che portò spagnoli e britannici a collaborare nell'esplorazione dello Stretto di Juan de Fuca e dell'intrico di fiordi che si estende tra la Columbia britannica e l'Alaska. Per Mociño e i suoi compagni fu l'occasione per incrementare il loro bottino naturalistico (l'erbario di Mociño e i disegni di Echevarría destarono ammirazione e una punta d'invidia in Menzies, il botanico della spedizione Vancouver), ma l'inesauribile curiosità del naturalista messicano si volse anche alle questioni economiche, ai costumi degli indigeni e alla loro lingua. Trascorso l'inverno 1792-93 a Monterray in California (dove ancora una volta Bodega accolse e ospitò l'amico Vancouver), nella primavera del 1793 la Commissione rientrò a San Blas, dove Maldonado decise di stabilirsi come medico, uscendo così dalla Real Expedición Botánica. Insieme a Bodega e a un ufficiale inglese che doveva essere inviato in patria per avere istruzioni (mentre Vancouver proseguiva il giro del mondo) Mociño e Echevarría tornarono invece a Città del Messico. Qui nel 1794 Mociño pubblicò Noticias de Nutka, importante soprattutto per le informazioni sui costumi delle popolazioni dell'isola. L'esplorazione dell'America centrale Non rimase comunque a lungo inoperoso. Sessé era riuscito a convincere la corona spagnola a prolungare la spedizione e ad allargarla alla Capitanìa di Guatemala, ovvero all'intero Centro America. Più ancora del Messico, quest'area appariva promettente sul piano botanico, in quanto la più fertile del Viceregno, con molte specie medicinali di grande importanza anche per la bilancia dei pagamenti del Regno iberico. Era anche un territorio quasi inesplorato (solo l'area costiera intorno a Realejo era stata toccata nel 1791 dalla spedizione Malaspina). Mentre riservava a se stesso le isole delle Antille Sopravento, Sessé affidò il comando della sottospedizione in Guatemala a Longinos, con il quale si era in qualche modo rappacificato, e ordinò a Mociño e all'altro pittore, Vicente de la Cerda, di unirsi a lui. Mociño ne fu desolato e inizialmente cercò di sottrarsi: Longinos lo aveva sempre trattato con disprezzo, mai aveva avuto una parola di considerazione per lui; tuttavia alla fine, per amore della scienza, si convinse. In ogni caso, rimasero i contrasti con Longinos, che se ne andò direttamente in Guatemala in nave, mentre Mociño e de la Cerda, cui si era unito il farmacista Julian del Villar, si muovevano più lentamente via terra scendendo a sud lungo la strada del Pacifico. Partiti verso la metà del 1795, a novembre erano a Oaxaca (qui Mociño aveva vissuto a lungo in gioventù, sposando anche la nipote del vescovo della città) e a febbraio 1796 a Tehuantepec. Nel frattempo però erano rimasti in due: Julian del Villar, considerato privo di titoli sufficienti per partecipare alla spedizione, fu infatti richiamato a Città del Messico. In Chiapas (regione che faceva già parte della Capitanìa) furono poi trattenuti oltre il loro desiderio da un'epidemia di vaiolo. Giunsero finalmente a destinazione ad aprile. A Città di Guatemala si ricongiunsero con Longinos che, proprio come a Città del Messico, era intento a costituire un gabinetto naturalistico, in pieno accordo con le autorità locali. Si riprometteva a questo scopo una serie di viaggi che in realtà non poté affrontare per la salute sempre più declinante. I suoi occhi e le sue mani divennero così quelle di Mociño e la Cerda che all'inizio del 1797 lasciarono Città del Guatemala per esplorare in modo estensivo il Centroamerica. Iniziarono dall'area più popolata e meno rischiosa della spedizione, il settore sudoccidentale della Capitanìa lungo la costa del Pacifico. Di lì proseguirono verso sud lungo la cosiddetta "Via de Nicaragua" che congiungeva il Guatemala con la Costa Rica passando attraverso Salvador e Nicaragua, sempre muovendosi grossomodo lungo la costa. Benché frequentata da secoli, era tuttavia una strada accidentata, che attraversava paludi e aree selvagge. Lasciato l'attuale Guatemala, si mossero in territorio salvadoregno, poi, seguendo la costa del golfo di Fonseca, entrarono in Nicaragua, sempre muovendosi lungo la costa fino a Managua. Di qui si spostarono verso l'interno fino al lago Nicaragua, di cui percorsero la riva sudorientale fino all'isola Omeytepe. Proseguriono quindi verso Masaya e Granada, raggiungendo Nicaragua (oggi Rivas). Nel corso del viaggio, non solo incrementarono l'erbario e i disegni, ma realizzarono esperimenti scientifici e collaborarono in vari modi con le autorità locali. In Salvador e in Nicaragua Mociño si interessò della coltivazione dell'indaco, che rivestiva grande importanza economica, alla quale poi avrebbe dedicato un opuscolo. Non conosciamo esattamente l'itinerario successivo, ma le piante dell'erbario di Mociño fanno pensare che scendessero ancora più a sud, penetrando nell'attuale Costa Rica, fino a Cartago, punto più meridionale della spedizione. Da qui intrapresero la strada del ritorno; ma all'inizio del 1798 fecero una lunga tappa in Salvador, per studiare lo sciame sismico che aveva fatto seguito all'eruzione del vulcano Quzaltepec, avvenuta nel febbraio di quell'anno; gli esiti delle sue osservazioni saranno poi pubblicati da Mociño nella Gazeta de Guatemala. Ma intanto il tempo concesso dalla corona per l'esplorazione della Capatanìa era scaduto e alla fine del 1797 Sessé scrisse in tal senso a Longinos, ordinandogli di rientrare con i suoi compagni a Città del Messico. Mentre attendeva i salvacondotti necessari per il viaggio di ritorno, su sollecitazione dei commercianti locali, Mociño trovò ancora il tempo di redigere una memoria sulle potenzialità del commercio tra Messico e Guatemala. Infine, mentre Longinos, malato, si tratteneva ancora in Guatemala, Mociño e de la Cerda si incamminarono alla volta del Messico, muovendosi questa volta più all'interno. Toccata Huehuetenango, a giugno erano in Chapas, dove Mociño venne trattenuto dalle autorità locali, che gli chiesero aiuto prima per fronteggiare un'epidemia (forse di lebbra), poi per valutare la natura e il potenziale economico di alcuni minerali, mentre de la Cerda veniva sollecitato a rientrare a Città del Messico con gli esemplari e i disegni, in vista del ritorno a Madrid che si credeva imminente. Sarebbe arrivato a destinazione nel dicembre 1798; Mociño sarebbe stato di ritorno invece solo a febbraio dell'anno successivo, dopo un'assenza di oltre 4 anni. Portava con sé il manoscritto di una Flora de Guatemala, che tuttavia sarebbe stata pubblicata solo nel 1996. Epilogo: triste, solitario y final Contrariamente alle attese, dovevano ancora passare diversi anni prima che i membri superstiti della spedizione potessero lasciare il Messico, trattenuti dalla guerra e, nel caso di Mociño, anche da un complicato divorzio. Egli trascorse quegli anni sia a riordinare e classificare le collezioni in vista della pubblicazione, sia soprattutto lavorando come medico negli ospedali di Città del Messico, dove fu attivo sperimentatore degli effetti terapeutici delle piante indigene nei laboratori voluti da Sessé presso i principali nosocomi della capitale. Fu solo nel 1803 che Sessé si trasferì a Madrid, portando con sé l'immenso patrimonio delle collezioni naturalistiche e delle migliaia di tavole eseguite da de la Cerda e Echevarría. Mociño lo seguì poco dopo, e Sessé lo ospitò a casa sua. Pur continuando a lavorare con lui (e dopo la sua morte, avvenuta nel 1808, con l'allievo la Llave) alla redazione della Flora della Nuova Spagna e della Flora messicana, proprio come in Sud America, Mociño si lasciò coinvolgere in crescenti impegni medici e scientifici: nel 1804 lo troviamo a fronteggiare un'epidemia di febbre gialla nel sud del paese; divenne poi ispettore sanitario, professore e direttore del Gabinetto di storia naturale (tra i suoi allievi, appunto il botanico messicano Pablo de la Llave), presidente della Real Academia Medica Matritense. Benché fossero istituzioni prettamente scientifiche, bastò perché nel 1812, quando i francesi si ritirarono, fosse coinvolto nella caccia alle streghe contro i "collaborazionisti infranciosati". A settembre fu arrestato e rimase in carcere per circa due mesi; tornato a Madrid, riprese il suo lavoro al Gabinetto di Storia naturale, ma nel 1813, con la definitiva cacciata dei francesi dovette prendere la strada dell'esilio, portando con sé, in condizioni difficilissime, quanto poté salvare di disegni e manoscritti della Flora messicana. Con la salute rovinata per sempre, semicieco, raggiunse infine Montpellier dove strinse amicizia con il grande botanico Augustin Pyramus de Candolle. Disperando di poter rientrare in Spagna e di giungere mai a veder pubblicati i frutti di tanti anni di ricerche, decise di affidare allo svizzero i manoscritti e i meravigliosi disegni di de la Cerda e Echevarría. Nel 1816, quando a sua volta de Candolle cadde in disgrazia e dovette lasciare Montpellier per rientrare a Ginevra, avrebbe voluto restituirli all'amico messicano, ma Mociño rifiutò, convinto di essere troppo vecchio e malato per riuscire a pubblicarli. L'anno dopo, tuttavia, quando finalmente gli fu concesso di rientrare in Spagna, scrisse a de Candolle perché gli restituisse i materiali. Lo svizzero, che aveva già cominciato a lavorare alla Flore du Mexique, ne fu desolato. Gli pesava soprattutto essere privato delle tavole, uno strumento di lavoro insostituibile e di altissima qualità; gli vennero in soccorso le sue amiche, le "dame ginevrine"; in una vera e propria lotta contro il tempo, le signore riuscirono a realizzare le copie di circa 1300 tavole. E' per questo che l'opera di de Candolle, uscita nel 1819, è nota anche con il soprannome "Flore de Dames de Génève". Quanto a Mociño, nel 1818 ritornò in Spagna e visse ancora due anni, cieco, infermo e in grande povertà a Barcellona, dove morì nel 1820. Era stato il primo e il più grande naturalista ispano-americano della sua epoca e aveva pagato cara la sua fede nella scienza e nell'umanità. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Mocinnodaphne ovvero Mociño sugli allori Scopritore di dozzine di specie di animali e piante inediti per la scienza, Mociño ha lasciato il suo nome a specie come Croton mocinoi, Columnea mocinoana, Calceolaria mocinoana. Per volontà dell'amico la Llave, ha dato il nome specifico alla perla dell'avifauna messicana, il quetzal, Pharomachrus mocinno. Più sfortunate invece le vicende tassonomiche dei diversi generi che gli sono stati via via dedicati. Il primo giunse addirittura già nel 1798, da parte di Casimiro Gomez Ortega che battezzò Mozinna (la grafia del cognome del nostro protagonista era assai oscillante) un'Euphorbiacea, pochi decenni dopo confluita in Jatropha. Nel 1816 fu la volta di Mariano Lagasca che denominò Mocinna un genere di Asteraceae, poi confluito in Galinsoga. Lo stesso nome (non valido per la regola della prorità) fu proposto nel 1832 da la Llave per un genere di Caricaceae, oggi Jarilla e nel 1839 da Bentham (è una semplice variante grafica del genere di Ortega). Non più fortunata fu la denominazione Mocinia, proposta nel 1838 da de Candolle (nome non valido perché sinonimo del precedente Stifftia J.C. Mikan). Insomma, già nella seconda metà dell'Ottocento, il più grande dei botanici messicani rischiava di trovarsi senza un genere celebrativo valido. Un'ingiustizia, che per altro condividerebbe con alcuni dei più grandi - i primi che mi vengono in mente sono Ghini e Siebold, ma perché no anche Menzies, recentemente scippato di Menziesia - se non fosse per uno scatto di orgoglio nazionalista del botanico messicano F.G. Lorea-Hernández che nel 1995 nell'ambito della revisione delle Lauraceae messicane ha creato il nuovo genere Mocinnodaphe ("lauro di Mociño"). Bella infatti la dedica di Lorea-Hernández all'illustre predecessore: "Il nuovo genere è dedicato a José Mariano Mociño, illustre botanico messicano, che con impegno e dedizione diede impulso, ormai due secoli fa, all'importante progetto che anche noi perseguiamo: la conoscenza della flora messicana. Questo nome, con un gioco di parole, serva come riconoscimento degli allori che ha sempre meritato". Questo genere monotipico comprende un'unica specie, M. cinnamomoidea, un arbusto o piccolo albero sempreverde che vive come altre Lauraceae messicane nella foresta nebulosa, in una piccola area della Sierra Madre del Sud nello stato di Guerrero. Piccole differenze nelle caratteristiche degli stami lo distinguono da altri generi affini, come Ocotea o Cinnamomum. Differenze dunque minuscole, la cui validità come criterio distintivo è stata messa in discussione da altri studiosi. Ma al momento il genere resiste, almeno finché il destino di sventura che accompagna il grande Mociño non ritornerà a colpire. Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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