Nel 2022, in occasione dei 400 anni dalla nascita, la città natale e il Land Brandeburgo hanno dedicato un convegno internazionale e una serie di pubblicazioni a Christian Mentzel, medico personale del Grande Elettore Federico Guglielmo. Personaggio poliedrico, come medico ebbe un ruolo centrale nella creazione delle strutture sanitarie dello stato prussiano, come botanico fu autore di una flora locale di Danzica e di uno dei primi dizionari universali dei nomi delle piante, come chimico si occupò della pietra fosforica bolognese, come bibliotecario curò la redazione di alcune magnifiche opere illustrate; negli ultimi anni della sua vita fu in relazione con vari studiosi che vivevano o avevano vissuto in Asia e divenne uno dei padri fondatori dello studio della lingua e della civiltà cinesi. Plumier gli dedicò il genere Mentzelia, poi ufficializzato da Linneo. Una flora locale e un grande viaggio d'istruzione Il quattrocentesimo compleanno del medico, botanico e sinologo Christian Mentzel (1622-1701) è stato celebrato a Fürstenwalde, la sua città natale, con un simposio internazionale - culmine di una serie di iniziative in ricordo del poliedrico personaggio. La città sorge sul fiume Sprea, quasi a metà strada tra Berlino e Francoforte sull'Oder, e nel Seicento, grazie alla sua posizione sul fiume, era un importante nodo commerciale, rinomato anche come centro scolastico. Mentzel, che era figlio del sindaco, ricevette la prima eduicazione in casa poi nel 1630 fu ammesso al Ginnasio di Joachimsthal, una scuola d'élite da poco fondata e finanziata dall'elettore di Brandeburgo. Nel frattempo però era scoppiata la guerra dei Trent'anni; nel 1636 studenti e professori furono costretti a mettersi in salvo da un'incursione svedese durante la quale la scuola andò distrutta. Christian dovette interrompere gli studi e nel 1639 perse anche il padre, morto di peste. Si trasferì allora a Berlino per studiare al Köllnisches Gymnasium; studiò quindi medicina prima a Francoforte sull'Oder poi a Königsberg. Nel 1647 accompagnò l'ambasciatore del Brandeburgo a Varsavia e a Cracovia e nel 1648 fu assunto come lettore di anatomia e botanica presso il ginnasio accademico di Danzica. Si trovò così a collaborare ai progetti di riforma scolastica di Johann Raue (Ravius), ammiratore e seguace di Comenio, che davano maggiore spazio a uno studio non libresco della natura. Così le sue lezioni di botanica non si svolgevano solo in aula, ma anche nei prati, nei campi e nei boschi. Proprio come supporto didattico per i suoi studenti Mentzel scrisse il suo primo libro, Centuria plantarum circa nobile Gedanum ad elenchum plantarum gedanensis dom. Nicolai Oelhafii. L'esilissimo libretto (poco più di 20 pagine) elenca in ordine alfabetico 100 piante reperibili nell'area di Danzica; secondo quanto scrive l'autore, è il frutto di cinque mesi di escursioni: "Condussi per campi e foreste la più nobile adolescenza e quanto da ogni lato si offriva fiorente, lo sottoponevo ai loro occhi fedeli". Uno di quei nobili adolescenti era Jakob Breyne che proprio grazie a Mentzel si appassionò alle scienze naturali, Mentzel per lo più si rifà al precedente della prima flora di Danzica, anzi dell'intera area compresa tra Prussia e Polonia, Elenchus plantarum circa nobile Borussorum Dantiscum sua sponte nascentium (1643), del medico (e suo predecessore come insegnante di anatomia e botanica al ginnasio accademico) Nikolaus Oelhafen, estraendone solo le piante che ha effettivamente incontrato e presentandole in modo più sintetico, adatto a un "quaderno di campo" per adolescenti; elimina tra l'altro le indicazioni sugli usi medici. Ogni voce, brevissima, inizia con il nome latino per lo più ripreso dal Pinax di Caspar Bauhin, seguito dal nome tedesco e dai sinonimi in altri autori, dall'epoca di fioritura e dalla localizzazione (generica in latino, specifica in tedesco, ad esempio in littoris maris bei Zoppot). Nel 1650, forse poco dopo aver pubblicato il libro, Mentzel lasciò Danzica per un lungo viaggio di istruzione; imbarcatosi ad Amburgo, visitò l'Olanda, dove fu ad Amsterdam e Leida e forse strinse alcuni dei legami che gli sarebbero stati utili nella sua futura carriera; quindi continuò il suo viaggiò in nave, toccando le coste della Francia, del Portogallo e della Spagna. Proseguì nel Mediterraneo, toccando successivamente Maiorca, la Corsica, la Sardegna, le Isole Eolie, la Sicilia, Malta, Creta e Corfù, dalla quale raggiunse Venezia. Visitò Pisa, Firenze, Roma, Napoli, dove scalò il Vesuvio, quindi riprese gli studi di medicina a Bologna e a Padova, dove nel 1654 ottenne il dottorato in filosofia e medicina. Sulla via del ritorno, visitò ancora Verona, Vicenza, Trento, Innsbruck, Vienna, Augusta e Norimberga, dove incontrò il futuro presidente dell'Academia Naturae Curiosorum, Johann Georg Volkamer. Quindi si stabilì come medico prima a Fürstenwalde, poi a Berlino. Qui attirò l'attenzione del grande elettore Federico Guglielmo che lo nominò aiutante medico di corte e medico di campo. In questa veste partecipò alla campagna contro gli svedesi in Holstein; quindi accompagnò a Cleves e Königsberg l'elettore che nel 1660 lo promosse a proprio medico personale e membro del consiglio di corte. Bibliotecario e... editor Era un compito faticoso che spesso imponeva a Mentzel lunghi viaggi lontano da Berlino per accompagnare l'elettore nelle campagne militari e nelle visite diplomatiche o per assistere lui o i suoi famigliari in caso di malattia, come nel 1667, quando andò nei Paesi Bassi per recuperare la principessa Luise ammalata di tisi e riportarla in patria o nel 1674 quando non poté salvare dalla morte il giovanissimo principe Carl Emil, ammalatosi di febbri perniciose durante una campagna in Alsazia. Dal 1661 fu anche impegnato, con altri medici di corte tra cui Elsholtz, nella riforma del settore sanitario che sarebbe sfociata nell'editto medico del 1685. Per molti anni a causa di questi impegni pressanti e dei continui spostamenti non poté scrivere né soddisfare la sua passione per la botanica, anche se sappiamo che continuò ad osservare la flora e a probabilmente tenne un diario di campo dei propri ritrovamenti. L'elettore gli aveva affidato anche la sua biblioteca e intorno al 1660 gli chiese di occuparsi di una collezione di immagini di animali, piante e persone del Brasile olandese che gli era stata donata da Johan Maurits di Nassau Siegen in cambio della nomina a governatore di Mark e Cleves. Si trattava di due libri rilegati con immagini ad acquarello, noti come Libri principis, e di alcune centinaia di fogli sciolti, dipinti sia ad acquarello sia ad olio, questi ultimi presumibilmente opera di Albert Eckhout, oltre a diversi disegni e schizzi. Su richiesta dell'elettore, Mentzel riorganizzò gli oli in quattro volumi in folio con animali e piante; ciascuno è aperto da un frontespizio, con il titolo manoscritto Theatrum Rerum Naturalium Brasiliae e un sottotitolo specifico, racchiusi in una cornice miniata formata da animali; Mentzel figura come autore. Come dimostrano i numerosi fogli bianchi intercalati ai dipinti, egli progettò una rassegna completa della fauna e della flora del Brasile olandese (o Nuova Olanda); infatti anche i fogli bianchi sono numerati, hanno un titolo vernacolare brasiliano e spesso un rimando alle due principali opere scaturite dalla breve occupazione olandese del Nord est brasiliano: Historia Naturalis Brasiliae di Willem Piso e Georg Marcgraf e De Indiae utriusque re naturali et medica di Piso. Chiaramente, Mentzel aveva intenzioni di completare l'opera con ulteriori immagini, in gran parte copiate da queste opere. ma ciò non si realizzò mai, vuoi per i troppi impegni, vuoi per il costo insostenibile, vuoi per insormontabili problemi tecnici. Le immagini sono organizzate secondo un ordine che si vuole "naturale". Nel primo volume troviamo i pesci perché furono i primi ad apparire; nel secondo gli uccelli perché "proprio come i pesci tagliano l'acqua con le pinne, gli uccelli tagliano l'aria con le ali [...] e le somiglianze e le relazioni tra loro indicano chiaramente che Dio onnipotente li ha creati lo stesso giorno"; nel terzo gli indiani e altri abitanti del Brasile olandese perché "l'uomo è il padrone di tutta la creazione e deve essere il primo", seguiti da scimmie, gatti, conigli, volpi, per concludere con insetti e anfibi, la cui natura è considerata intermedia tra animali e piante. Queste ultime occupano il quarto volume, ma Mentzel non diede loro un particolare ordine, anzi sottolineò che ordinarle e classificarle era impossibile. I fogli di piante sono 106, intercalati con 206 fogli bianchi, ma titolati con nomi vernacolari brasiliani e con rimandi alle opere di Piso e Marcgraf; gli studiosi hanno identificato 162 piante vascolari e il fungo Copelandia cyanescens, cui se ne aggiungono altre 196 per i fogli intercalati. Nella maggior parte dei casi, si tratta di piante native del Brasile, ma ci sono anche una trentina di specie introdotte. Le date dei frontespizi dei quattro volumi ci dicono che Mentzel lavorò al Theatrum Rerum Naturalium Brasiliae tra il 1660 e il 1664, poi abbandonò il progetto e i volumi vennero riposti così come si trovavano nella biblioteca dell'elettore. Del resto era iniziato un nuovo ciclo di guerre, conclusosi solo nel 1679 con la pace di Saint Germain. Ora Mentezel non doveva più trascorrere lunghi periodi lontano da Berlino e poteva tornare a studiare e a scrivere. Nel 1675, mentre la seconda moglie dell,'elettore era in travaglio, approfittò dell'attesa per scrivere un saggio sulla cosiddetta pietra di Bologna, ovvero una pietra fosforescente di barite che nel Seicento attirò l'attenzione di molti studiosi, tra cui Fortunio Liceti, che era stato suo professore a Padova. Con questo saggio Mentzel iniziò una regolare collaborazione con l'accademia Leopoldina, cui fu ammesso quello stesso anno. Un lessico botanico e molte opere "cinesi" Tornò anche a occuparsi di piante, con un'opera singolare che fonde l'interesse per la botanica con quella per le lingue: un dizionario universale dei nomi delle piante. Proprio come la piccola flora di Danzica che aveva scritto da giovane, anche quest'opera della vecchiaia nacque da un intento didattico. Mentzel aveva tre figli maschi, ma, come scrisse - metà rassegnato metà sconsolato - all'amico Volkamer, nessuno dei tre aveva voglia di studiare. Infine però Johann Christian si convinse a seguire le orme paterne e a studiare medicina. Per avviarlo alla botanica, che continuava a considerare una competenza di base indispensabile per ogni medico, il padre gli assegnò il compito di leggere tutti i testi di botanica che gli capitassero sotto mano e compilare una lista alfabetica di tutti in nomi delle piante via via citate, in tutte le lingue. Da esercizio scolastico, l'idea si trasformò in un progetto editoriale cui padre e figlio lavorarono insieme a quattro mani; nel 1682 fu pubblicato sotto il titolo Pinax Botanōnymos Polyglōttos Katholikos o Index Nominum Plantarum Universalis. Come ci informa il chilometrico frontespizio, contiene i nomi delle piante in dozzine di lingue e dialetti, a iniziare dal latino e dal greco, per proseguire con le principali lingue europee, ma anche con idiomi più esotici dei quattri continenti: ebraico, caldeo, arabo, siriano, turco, tataro, malabarico, bramino e cinese per l'Asia, egizio, etiopico, mauritano, malgascio ecc. per l'Africa, brasiliano, virginico e messicano per le Americhe. In appendice, Mentzel volle aggiungere una breve selezione di piante rare (Pugillus rariorum plantarum), tanto appartenenti alle collezioni dall'ex allievo Jacob Breyne quanto incontrate nei suoi viaggi, illustrate da tavole calcografiche di buona qualità; aggiunse infine un indice delle piante del manoscritto brasiliano. L'opera era la prima nel suo genere e conobbe un certo successo, venendo ristampata nel 1696. Dal 1685 con la promulgazione dell'editto medico, come medico personale dell'elettore Mentzel entrò a fare parte di diritto del Collegium medicum. Più o meno nello stesso periodo l'elettore gli affidò la cura della sua biblioteca di libri cinesi. In quegli anni, in Europa l'interesse per la Cina, che incominciava ad essere conosciuta soprattutto grazie ai missionari gesuiti, era vivissimo. Molto vi aveva contribuito la recente pubblicazione di China illustrata di padre Athanasius Kircher (1667) che, con l'incoraggiamento dell'elettore, aveva spinto l'orientalista prussiano Andreas Müller a intraprendere lo studio del cinese e la stesura di una serie di opere, tra cui una Clavis sinica che avrebbe dovuto facilitare l'apprendimento degli ideogrammi e della lingua cinese. Federico Guglielmo incaricò Müller di catalogare i manoscritti orientali della biblioteca elettorale ma fu deluso dalla mancata consegna della Clavis sinica che aveva finanzaito e l'orientalista prometteva da diversi anni; nel 1685, quando Müller lasciò Berlino, l'elettore passò l'incarico a Mentzel. Quest'ultimo all'epoca era già sulla sessantina e non aveva alcuna conoscenza del cinese, ma ne affrontò lo studio con energia e entusiasmo. Inoltre, attraverso l'Accademia curiosorum leopoldina, era già in contatto con alcuni membri della Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) da cui poté per ottenere informazioni di prima mano, manoscritti e altri materiali, che andarono ad arricchure la biblioteca elettorale. I suoi corrispondenti più importanti furono Georg Eberhardt Rumpf (Rumphius) e Andreas Cleyer. Con il primo, naturalista al servizio della VOC nella remota Ambon nelle Molucche e come lui membro della Leopoldina, cominciò a corrispondere nel 1682 e scambiò numerose lettere, che poi pubblicò in forma di brevi articoli o notizie tra il 1682 e il 1698 nella Miscellanea curiosa sive Ephemerides dell'Accademia. Ancora più fruttuosa la corrispondenza con l'intraprendente Cleyer. Anche lui era membro dell'Accademia curiosorum ed era in contatto con l'orto botanico di Amsterdam. Durante in suoi due mandati come mercante-capo della factory di Dejima (1683-84 e 1685-86) riuscì ad acquistare uno splendido manoscritto con disegni di uccelli e piante e altri li fece eseguire da un pittore europeo; inviò i materiali a Mentzel che riunì le circa 1300 illustrazioni, precedute da un dedica all'elettore Federico III (era succeduto al padre nel 1688) e da una breve introduzione, in una Flora japonica in due tomi rilegati. Mai pubblicati, entrarono a far parte della collezione di illustrazioni naturalistiche della Biblioteca di stato di Berlino nota come Libri picturati con la sigla A41. L'edizione digitale della magnifica opera è consultabile qui. Egli stesso interessato alla farmacopea e alla medicina cinesi, oltre a contribuire di persona alla rivista dell'Accademia curiosorum con numerose osservazioni su questi argomenti, Cleyer fece pervenire a Mentzel testi medici cinesi per la biblioteca elettorale e altri materiali, che furono da lui uniti agli acquarelli e agli schizzi del dono brasiliano del principe di Nassau Siegen nel volume manoscritto noto come Miscellanea Cleyeri (Liber picturatus A38) e probabilmente custoditi nella sua casa. Confluito nella Biblioteca elettorale di Berlino, insieme ai Libri principis e al Theatrum rerum naturalium Braziliae, fa parte dei Libri picturati scomparsi durante la Seconda Guerra mondiale e ritrovati presso la Biblioteca Jagellonska di Cracovia. Ho già racconta questa storia in questo post. Già nel 1685 Mentzel fu in grado di pubblicare un piccolo lessico latino-cinese (Sylloge minutiarum lexici Latino-Sinico-Characteristici), in cui gli ideogrammi cinesi sono accompagnati dalla traslitterazione fonetica in caratteri latini. Entrato poi in contatto con il missionario gesuita belga Philippe Couplet, l'anno successivo pubblicò una cronologia della storia cinese (Kurtze chinesische Chronologia oder Zeit-Register), basata sulla Tabula chronologica dello stesso Couplet e su Sinicæ historiæ decas prima del gesuita italiano Martino Martini. Su consiglio di Couplet, riprese poi il progetto di Müller di una chiave per l'apprendimento del cinese (Müller da parte sua vi aveva rinunciato e prima di morire fece bruciare i propri manoscritti), basandosi per la grammatica su un manoscritto di Martini, per la pronuncia sul Vocabulario de letra China del domenicano spagnolo Francisco Díaz e per l'impostazione generale sul lessico cinese Zihui che organizzava gli ideogrammi in 214 radici. Tuttavia, non andò oltre prefazione (Clavis Sinica, ad Chinensium scripturam et pronunciotionem Mandarinicam) pubblicata nel 1698. Infatti Mentzel si era già imbarcato in un progetto ancora ambizioso: un dizionario cinese-latino (Chinensium Lexici characteristici inscripti 字彙 Cú-guéi) di cui redasse nove volumi, rimasti però inediti. Per l'intensità e la ricchezza di risultati, l'attività di Metzel come sinologo è tanto più stupefacente se pensiamo che negli ultimi anni della sua vita egli era gravemente malato. Nel 1686 fu colpito da un'emiparesi che gli lasciò un tremore costante degli arti; non poteva più scrivere e poté continuare a studiare e lavorare solo grazie al figlio, che poi gli succedette come medico di corte. Morì a Berlino nel 1701. Mentzelia, fiori notturni dalle Americhe Come botanico, ad assicurare una certa fama postuma a Mentzel fu soprattutto il suo Index Nominum Plantarum Universalis; in Nova plantarum americanarum genera Plumier lo onorò con la dedica del genere Mentzelia proprio ricordando quest'opera; quanto a Linneo, che riprese il genere fin da Hortus cliffortianus, in Bibliotheca botanica elenca il medico dell'elettore sia tra gli autori di flore locali (riferendosi ovviamente alla sua centuria sulla flora di Danzica) sia tra i lessicografi, e utilizzò ampiamente il dizionario di Mentzel come opera di riferimento. Menzelia L. (famiglia Loasaceae) è un genere di un cdntinaio di specie originarie delle Americhe, con centro di diffusione nell'America nord-occidentale; sono soprattutto erbacee annuali, biennali e perenni di breve vita, con qualche arbusto. La grande maggioranza vive in ambienti aridi o subdesertici, spesso disturbati o poveri. La caratteristica più costante sono le foglie munite di peli uncinati che per la loro capacità di attaccarsi a ogni cosa sono stati paragonati al velcro; presumibilmente hanno funzione difensiva, ma è stato anche ipotizzato che i numerosi insetti che vi vengono intrappolati, cadendo poi ai piedi della pianta, contribuiscano ad arricchire il suolo povero di nutrienti. Per la grande variabilità di forme tanto del genere quanto delle specie e per le affinitàmtra queste ultime, è considerato un genere tassonomicamente difficile. Tanto la forma delle foglie, in genere caratterizzate da margini ondulati, dentati o serrati, quanto la struttura dei fiori sono alquanto varie. I fiori, singoli o riuniti in infiorescenze termiali, possono avere da 5 a 10 petali, talvolta intervallati da brattee, stretti in alcune specie, ampi in altre, mucronati in altre ancora; le corolle sono biache, bianco crema, gialle, a volte rosse alla gola. Molto decorativi gli stami, molto numerosi. I fiori si aprono nel tardo pomeriggio o di sera per essere impollinati da falene e altri insetti notturni. Tra i caratteri distintivi più importanti, anche la superficie dei semi. Ad esempio, quelli di M. affinis, un'annuale distribuita tra California meridionale, Arizona, Nevada e a Baja California, hanno forma prismatica, quello di M. congesta sono angolati con lati concavi ricoperti di minute protuberanze, quelli di M. involucrata sono minuscoli, ruvidi e bianco-cenere. Il genere è particolarmente rappresentato negli Stati Uniti; porta il suo nome la rivista "Mentzelia", organo della Northern Nevada Native Plant Society. Alcune specie, in particolare la californiana M. lindley, sono talvolta coltivate come annuali da giardino. Una scelta di specie nella scheda.
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Il medico pomerano Peter Lauremberg, vissuto a cavallo fra Cinquecento e Seicento, è ancora un uomo rinascimentale per la cultura enciclopedica; ma come studioso aperto alla sperimentazione e alla verifica diretta è anche un figlio del secolo di Galileo. Insegnò molte materie in varie università e di molte materie scrisse nelle sue numerose opere. Ritornato nella città natale Rostock, ebbe diversi giardini e si appassionò di piante e orticoltura, cui dedicò un influente trattato. Prevedeva di completarlo con una trattazione approfondita delle piante da coltivare, ma poté scriverne e pubblicarne solo un volume, dedicato alle piante bulbose e tuberose. È il dedicatario del piccolo genere Laurembergia (Haloragaceae). Un influente trattato sulla coltivazione dei giardini Medico, professore universitario, poligrafo ed erudito universale, Peter Lauremberg (1585-1639) era nato in una famiglia di intellettuali della città baltica di Rostock. La madre Johanna Longolia era figlia dell'umanista Gisbert Longolius (Gijsbert van Langerack), il padre Wilhelm fu medico, matematico, professore universitario, più volte rettore del'università di Rostock, così come lo sarebbero stati Peter e due dei suoi fratelli, il più celebre dei quali fu Johann, matematico, cartografo, pedagogista e autore di poesie in latino e basso tedesco. Con questo background culturale, non c'è da stupirsi che già a undici anni Peter traducesse dal greco e dal latino e scrivesse poesie latine. Vissuto nell'epoca che Peter Burke ha definito "dei mostri di erudizione", adulto, dopo essersi laureato in medicina, avrebbe insegnato in varie università filosofia, matematica, fisica, medicina, retorica e poetica e scritto decine di trattati che spaziano dall'anatomia (tra l'altro, precedette Harvey nella descrizione della circolazione del sangue) all'astronomia, dalla matematica alla pedagogia. Fu autore di un'enciclopedia e degli Acerra Philosophica, una raccolta di 400 aneddoti o storie morali ed educative. Scrisse persino di musica e compose cinque brani per liuto. Dopo aver vissuto ed insegnato per molti anni ad Amburgo, nel 1624 Peter Lauremberg accettò la cattedra di poesia all'Università di Rostock e tornò nella città natale. Qui possedeva un giardino urbano e diverse proprietà suburbane; si occupava anche dei giardini degli amici e iniziò a corrispondere e a scambiare piante con altri appassionati di Rostock e altre città baltiche, fino a Lubecca e Stralsund, e a farsene arrivare da commercianti che operavano in Germania e in Olanda, nonostante lo stato di guerra che investì pesantemente la regione. Nel 1628 Rostock fu presa dalle truppe imperiali di Wallenstein e i giardini suburbani di Lauremberg furono devastati; nel 1631 toccò alla casa di città, saccheggiata dagli svedesi; il professore fu ben felice di essere riuscito a salvare almeno un rosmarino e dei cipressi portandoli a casa di un cognato. Per quest'uomo abituato a tradurre ogni esperienza in pagine scritte, anche la passione per piante e giardini si trasformò in occasione di scrittura. Nacque così Horticultura, stampato a Francoforte sul Meno senza data, forse nel 1631, come si evince dalla dedica, o l'anno successivo. L'opera è di grande importanza storica per essere la seconda dedicata alla progettazione e alla coltivazione dei giardini in terra tedesca, preceduta unicamente da Garten-Ordnung del pastore turingio Johann Peschel (1597). E' anche una delle fonti di Von Garten Bau di Elsholtz che ne riprese alcune illustrazioni e lodò Lauremberg per aver cercato di dare ordine alla materia, ma lo criticò per aver scritto in latino. La lingua non è il solo tratto tipicamente rinascimentale del trattato di Lauremberg; a quella civiltà ci riportano l'erudizione, i continui riferimenti al mondo classico, le numerosissime citazioni di autori antichi, il taglio speculativo-filosofico di alcuni capitoli; l'esempio più evidente sono i capitoli 6-9 del primo libro sulla natura delle piante in cui Lauremberg, rifacendosi a Cesalpino e più in generale alla scuola filosofica aristotelica, discute se le piante abbiano o no un'anima, e in tal caso quale sia la sua sede. D'altra parte Lauremberg è anche un figlio del Seicento per la propensione alla sperimentazione e per il taglio pratico, direi manualistico, dei capitoli sulle tecniche di coltivazione, che per altro occupano la maggior parte del testo. Il volume, di poco meno di 200 pagine, dopo la dedicatoria al medico personale di Gustavo Adolfo, è aperto da un'ampia prefazione in cui Lauremberg espone i benefici donati dalle piante, dal cibo agli abiti al materiale da costruzione alle medicine fino al ristoro dei sensi e dell'animo. La prevalenza dell'utilità (commodum) sul mero piacere è ribadita dal capitolo iniziale del primo libro, in cui - proprio mentre in Olanda imperversa la tulipomania - Lauremberg scrive "E' sciocco spendere 500 o 1000 fiorini per un solo fiore che non si caratterizza né per profumo né per utilità, ma solo per l'apparenza e la novità, e dura appena otto giorni". Con il secondo capitolo si entra nel merito delle tecniche di coltivazione, trattate in modo più o meno analitico: la conoscenza e il miglioramento del suolo (Cap. 2); gli attrezzi (Cap. 3, con una bella tavola che sarà ripresa da Elsholtz); la vangatura (Cap. 4); la concimazione (Cap. 5); la natura e la fisiologia delle piante, viste in termini ancora essenzialmente filosofici (Capp. 6-13); la propagazione, trattata in modo molto dettagliato (Capp. 14-27); i trapianti (Cap. 28); la potatura (Capp. 29-30); l'irrigazione (Cap. 31); il diserbo, la cura degli alberi e le sarchiatura (Capp. 32-34); avversità e parassiti (Cap. 35-36); siepi, pergolati e topiaria (Cap. 37); i pulvilli (gli spazi destinati a una singola pianta e quindinl'organizzazione delle aiuole, Cap. 38). Di particolare interesse, il Cap. 9 ("La simpatia e l'antipatia tra le piante") in cui Lauremberg è tra i primissimi a trattare le consociazioni vegetali e il fenomeno che oggi chiamiamo allelopatia; e i diversi capitoli dedicati alla potatura e alla topiaria, arricchiti anche da bellissime tavole. Il secondo libro, articolato in appena otto capitoli e molto più breve del primo, è dedicato alle quattro parti del giardino: il frutteto e l'arboreto (pomarium, Capp. 1-4), il giardino dei fiori (florilegium, Capp. 5-6), l'orto (olitorium, Cap. 7), l'orto dei semplici (phytiatricum, Cap. 8). Come si vede anche da questo schema, la funzione ornamentale del giardino è ancora in secondo piano rispetto a quella produttiva, garantita da frutteto, orto e giardino dei semplici. Bulbi e tuberi in giardino e nell'orto Lauremberg ha allegato a ciascuna delle quattro parti del giardino liste di piante consigliate; si tratta però di semplici elenchi senza altre indicazioni. Progettava infatti di approfondire la trattazione delle singole piante in almeno altri due volumi, intitolati Apparatus plantarius e concepiti come parte integrante di Horticultura, di cui l'unico volume pubblicato riprende infatti il frontespizio. Per varie ragioni, inclusa la morte, sopravvenuta nel 1639, egli riuscì a completare e pubblicare un solo volume (Apparatus plantarius Primus, 1632), diviso in due parti o libri, dedicati rispettivamente alle piante bulbose e tuberose; si tratta presumibilmente della prima monografia su questo gruppo di piante. Graficamente molto curato, il volume è diviso in 38 capitoli (24 sulle bulbose, 14 sulle tuberose), molti dei quali sono preceduti da una tavola con il titolo e un'incisione di ottima fattura di Matthäus Merian, che aveva disegnato e inciso anche le tavole di Horticultura; questo famoso pittore e incisore era il padre di Maria Sybilla Merian. I capitoli seguono una struttura ordinata: nomen, la denominazione latina e tedesca; differentia, le varietà o meglio i cruteri di differenziazione; species, le specie o meglio i tipi; vires et usus: le virtù e gli usi, distinti in familiari (culinari o di altra natura) e medici; cultura: la coltivazione; corollarium: una sorta di appendice, in cui Lauremburg inserisce ogni sorta di informazioni erudite, soprattutte tratte dagli autori antichi. Anche per i nomi si attiene per lo più a quelli antichi, veri o presunti, e per le specie di nuova introduzione talvolta ne crea di propri, ad esempio chiama Adenes canadensis il topinambur Helianthus tuberosus e Adenes virginianus la patata Solanum tuberosum, ricavando il nome dal greco adén "ghiandola". Tuttavia nessuna della sue denominazioni è stata ripresa da altri botanici. Per compilare il suo volume, Lauremberg si rifà ai botanici precedenti, in particolare Dodoens e Clusius ma, soprattutto per la coltivazione, anche alle esperienze personali, anche se certamente non coltivò tutte le piante citate, molte delle quali anche per lui dovevano essere puri nomi citati da questo o quell'autore. Nel primo libro, dedicato ai bulbi, dopo una capitolo iniziale sulle caratteristiche generali delle piante bulbose, tratta 23 generi o meglio gruppi di piante, in ordine alfabetico. Si inizia con Allium, l'aglio, di cui, oltre a Allium sativum, l'aglio comune, elenca altri 9 tipi; non sempre è facile identificarli, visto che qui come nei capitoli successivi solitamente Lauremberg si limita ai nomi, talvolta accompagnati da qualche epiteto descrittivo; ad esempio, Allium campestre tenufolium caninum. Grazie a una descrizione per una volta più precisa, riconosciamo però in Allium aegyptiacum la cipolla egiziana Allium x proliferum. Dopo l'aglio, viene Cepa, la cipolla, con 5 varietà. Segue Colchicum, il colchico, che, oltre ad essere coltivato per le proprietà mediche (e temuto per la tossicità letale) nei giardini rinascimentali e barocchi era apprezzato per il "fiore elegantissimo"; Lauremberg cita tre varietà primaverili, due delle quali potrebbero corrispondere a Bulbocodium vernum, e dieci varietà autunnali, presumibilmente corrispondenti a Colchicum autumnale e forse C. bizantinum. E' poi la volta della Corona imperiale (Fritillaria imperialis) che Lauremberg vorrebbe ribattezzare Archityrsus, ovvero "scettro regio"; provenente dall'impero ottomano, era ancora una novità, ma egli ne conosce sei varietà, con corolle gialle (la più comune), rosse ("molto più elegante della precedente"), aranciate, con corona duplice (è la varietà 'Prolifera' o 'Crown on Crown') o triplice ("è comune a Costantinopoli, da noi è rarissima"). Egli osserva che le ultime due non sono specie a sè, ma "un divertimento della natura scherzosa"; al secondo o al terzo anno di coltivazione la corona ritorna infatti semplice. Molto ampia è la rassegna di Crocus, suddivisi in vero (lo zafferano, Crocus sativus, "amico delle cucine, non solo per il profumo e il sapore, ma perché rallegra il cuore e corregge il cibo cattivo"), autunnale (4 varietà), primaverile a foglia larga e stretta (rispettivamente 9 e 7 varietà, con fiori bianchi, viola, gialli, unicolori o striati). Del dente di cane (Dens Caninus, ovvero Erythronium dens-canis), cui dedica un capitolo brevissimo, conosce invece due sole varietà, violetta e bianca. Erano al contrario molto popolari nei giardini rinascimentali e barocchi le Fritillaria, nome che Lauremberg condanna ("non è neppure latino, e non lo usa nessuno degli eleganti scrittori antichi") e vorrebbe sostituire con Gaviana o "fiore dei gabbiani" perché i fiori macchiettati di Fritillaria meleagris ricorderebbero le uova di questi uccelli. Anch'essa era un'introduzione recente (la prima descrizione di F. meleagris risale al 1554 e si deve a Dodoens), ma già fioriva un vivace mercato di importazioni dall'impero ottomano e dai Pirenei e dalla Francia, dove secondo Lauremberg ne erano abbondantissime le campagne di Orange e La Rochelle. Egli ne elenca 14 varietà, distinte in primaverili e tardive; oltre a F. melegaris con fiori viola e bianchi, riconosciamo F. persica "Gaviana ramificata, massima, purpurea, con steli plurimi e molti fiori" e F. pyrenaica "giunta dai monti, piccola e con piccoli fiori di colore verde cinerino". Del gladiolo Gladiolus Lauremberg elenca 10 varietà, distinte per il colore dei fiori viola o bianco, i fiori semplici o doppi, la provenienza; le specie citate provengono da varie parti del continente europeo (Francia, Italia, Austria, Creta), ma c'è già un gladiolo sudafricano ("Gladiolo massimo del Capo di Buona Speranza"), già presente con lo stesso nome nel catalogo di Swertius (1612). Sorvola invece su Hermodactylus ("non ne conosco né varietà né specie, perché gli autori differiscono pesantemente e disputano su quale pianta possa essere") e passa al grande capitolo di Hyacinthus, di cui elenca 67 tipi. Va considerato però che all'epoca sotto questa etichetta erano classificati diversi generi della famiglia Hyacinthaceae (o sottofamiglia Scilloideae delle Asparagaceae). Oltre ai veri e propri giacinti (Hyacinthus orientalis), che Lauremberg invita ad usare per "aumentare la bellezza e il decoro dei giardini", troviamo dunque specie oggi assegnate ai generi Leopoldia, Muscari, Dipcadi, Scilla, Hyacinthoides e anche qualche Allium. Nel capitolo successivo, Lauremberg tratta insieme le Iris bulbose (21 varietà, distinte in a foglia larga e a foglia stretta; tra queste ultime, Iris tuberosa praecox, che "alcuni ritegono il vero Hermodactylus"; è la bellavedova che oggi, dopo essersi chiamato Hermodactylus tuberosus, è Iris tuberosa) e non bulbose "innumerevoli per varietà, da raccomandare non solo per la varietà di colori e il bellissimo aspetto, ma anche per le virtù e la grandissima efficacia"; distinguendole di nuovo in a foglia stretta e a foglia larga, ne elenca 48 specie o varietà. Segue Leucojum (che Lauremberg scrive Leucoion) con 8 varietà distinte in primaverili ed estive. Ai gigli (Lilium), piante importanti oltre che la loro bellezza e maestosità, per i valori simbolici, Lauremberg riserva tre capitoli, dedicati rispettivamente a Lilium candidum, Lilium cruentum (ovvero L. croceum e altre specie a fiori rossi, in 10 varietà) e Lilium intortum seu cymbalum, ovvero L. martagon e altre specie con i petali retroflessi (15 varietà). Sotto la denominazione omerica e mitica di Moly egli riunisce invece 14 piccole bulbose sia indigene sia esotiche di difficile identificazione che potrebbero essere degli Allium mentre in Moly novum Hondianum (cioè ripreso da Petrus Hondius), grazie alla descrizione per una volta più precisa, riconosciamo la sudafricana Albuca bracteata. Ed eccoci giunti al vastissimo capitolo sui narcisi Narcissus, un altro dei grandi protagonisti dei giardini rinascimentali e barocchi; Lauremberg mettele mani avanti premettendo "le varietà di narcisi sono tante che è difficile individuare criteri di differenziazione certi e includere tutte le specie. Mi limiterò unicamente alle principali". Quindi ne elenca 50, divisi in a foglia larga semplici e doppi, a foglie di giunco semplici e doppi, esotici. In quest'ultimo gruppo troviamo specie oggi assegnate ad altri generi, come Narcissus indicus [...] Jacobaeus ovvero Sprekelia formosissima. Numerose anche le orchidee (Orchis seu Satyrion) che Lauremberg, seguendo Dioscorde, Gerard e Dodoens, divide in Cynosorchis ("con testicoli di cane"), Tragorchis ("con testicoli di capra"), Serapias, Moriones, profumate e nuove. L'interesse per queste piante (le specie o varietà elencate sono 33) non è orticolo - per la coltivazione Lauremberg si limita a scrivere "niente di particolare rispetto ad altri bulbi" - ma medico; avevano infatti fama di potente afrodisiaco. E proprio per condividere le stesse proprietà, oltre che una qualche affinità nelle infiorescenze a pannocchia, il medico tedesco aggiunge alla fine del capitolo quelle che chiama Orchides palmatae, orchidee con foglie palmate, pur ammettendo che non sono piante bulbose. Così, accanto a orchidee vere e proprie come Satyrion basilicum major, che dovrebbe essere Gymnadenia conopsea, troviamo Palma Christi, ovvero il ricino. Nel capitolo su Ornithogalum sono elencati 14 tipi con infiorescenza ombellata o spicata; è di nuovo un gruppo misto, dove accanto a Ornithigalum veri e propri come O. arabicum, già con questo nome, e "ornitogalo a foglie larghe etiopico del Capo di Buona Speranza", che potrebbe essere O. dubium, troviamo Gagea lutea e Drimia maritima. Veniamo poi a Orobanche (7 varietà) di cui Lauremberg conosce la natura parassita: "La natura di queste erbe è tale che raramente nascono da sole; per lo più richiedono la vicinanza di altre piante, cui si uniscono; spesso emergono dalle radici di altre piante, come fa la cuscuta o l'ipocisto [...] soffocandole o strangolandole". Con Porrum il porro (7 varietà) torniamo nell'orto. Solo tre le varietà di Scilla, piante tossiche con vari usi medici, tra cui riconosciamo Drimia (o Squilla) pancration. Ed eccoci finalmente giunti all'ultimo capitolo del libro sui bulbi con la superstar Tulipa, il tulipano. Erano gli anni cui già infuriava la tulipomania e Laurenberg non si sottrae e dopo aver dichiarato "le varietà di tulipani sono indicibili sia per la bellezza dei colori sia per il numero" ne elenca 144, precoci, tardivi, di uno o due colori, variegati, di colore misto, e dedica due pagine alle indicazioni di coltivazione, rifacendosi a una larga esperienza personale. Teminato l'ampio libro sui bulbi (più di 100 pagine), si passa all'assai più breve libro sulle piante tuberose. Dopo un capitolo introduttivo, si inizia con i tuberi propriamente detti, ovvero i tartufi, che per noi non sono piante, ma tali sono stati considerati per secoli, fino a Linneo ed oltre. Quindi, in ordine alfabetico, gruppi di piante tanto esotiche quando indigene, talvolta coltivate per bellezza, ma più spesso come orticole: Adenes canadiensis seu Flos solis glandulosus, ovvero il topinambur Helianthus tuberosus, apprezzatissimo in cucina; Adenes virginianum seu Halicacabus glandulifer, ovvero la patata Solanum tuberosum, che all'epoca non si era ancora imposta nelle tavole tedesche e Lauremberg guarda quasi come una curiosità; Arisarum (2 specie); Arum (4 specie); Asphodelus (6 specie, non tutte oggi assegnate a quel genere; in Asphodelus minor Phalangium narbonense riconosciamo infatti Ornithogalum narbonense); Asphodelus liliaceus o Liliasphodelus, ovvero Hemerocallis (3 varietà differenti per colore; nella Germania settentrionale era di recentissima introduzione, ma già mostrava "di moltiplicarsi spontaneamente grazie ai tuberi, e spesso più del desiderabile"); Bulbocastanum, ovvero Bunium bulbocastanum o castagna di terra, all'epoca coltivato per i tuberi; Cyclamen, il ciclamino (17 varietà, distinte per dimensioni, colore dei fiori e epoca di fioritura; erano apprezzati in giardino, ma avevano anche usi officinali); Glans terrestris ovvero Lathyrus tuberosus, che, fino al Settecento, prima della affermazione della patata, era coltivato in larga scala in Olanda e nella Germania settentriinale; Glans terrestris malacensis ovvero la batata Ipomoea batatas, detta malacensis perché introdotta attraverso Malaga; Gramen amigdalosum, ovvero Cyper esculentus, che Lauremberg è orgoglioso di coltivare nel suo orto ottenendone tuberi "di non minore perfezione di quelli di Verona", l'unico luogo in cui avrebbero prosperato secondo alcuni botanici; Radix cava ovvero Corydalis cava (6 varietà, distinte per dimensioni e colore dei fiori; era coltivata come ornamentale ma aveva anche usi medici) chiude la serie e il volume. Il genere Laurembergia Come abbiamo visto, Lauremberg dedicò Horticultura al medico di Gustavo Adolfo, Johannes Salvius. Era un gesto di opportunità politica, visto che Rostock nel 1630 era passata sotto il dominio della corona svedese. Anche se a differenza di altre città della Pomerania orientale, rimaste sotto il controllo svedese fino al Congresso di Vienna, dopo la pace di Westfalia recuperò la sua indipendenza, i legami commerciali e culturali con la Scandinavia rimasero vivi. Il trattato sull'orticoltuta di Lauremberg ebbe un notevole successo e dovette circolare anche in Svezia; se ne ricordò l'allievo di Linneo Peter Jonas Bergius che in Descriptiones plantarum ex Capite Bonae Spei (1767) creò in suo onore il genere Laurembergia con queste parole d'elogio: "Ho imposto al genere questo nome in onore di Peter Lauremberg, un tempo botanico esimio e restauratore di un'orticoltura più sana". Laurembergia è un piccolo genere della famiglia Haloragaceae (la stessa di Myriophyllum), con sette specie distribuite tra Sud America, Africa, Madagascar, Malesia e Giappone. Di piccole dimensioni e con fiori non cospicui, sono erbacee perenni, spesso decombenti, con rizomi striscianti che radicano ai nodi. Hanno foglie semplici, opposte o più raramente unite in verticilli di due o quattro, intere o dentate; i minuscoli fiori, con calice con quattro lobi e quattro petali, si ammassano in compatte infiorescenze ascellari di 3-11; quello centrale con picciolo più lungo è maschile o androgino, gli altri femminili. I frutti sono nucole. Vivono di solito in ambienti umidi, talvolta stagionalmente allagati. L. repens, una specie ampiamente diffusa nell'Africa tropicale e subtropicale e in Sudafrica, è presente in una varietà di ambienti che vanno dalla savana al Karoo al fynbos di succulente, specialmente ai margini dei corsi d'acqua, ma può adattarsi a una maggiore aridità grazie alle foglie succulente. L. coccinea, nativa di India, Sri Lanka e Indonesia, è invece una pianta montana (sopra a 1400 e fino a 3100 metri) che vive nelle praterie, lungo i margini delle strade e talvolta, come semiacquatica, lungo le rive lacustri d può essere semisommersa per una parte dell'anno. Von Garten Bau di Johann Sigismund Elsholtz ovvero come coltivare un giardino nel freddo Brandeburgo13/4/2024 Il medico Johann Sigismund Elsholtz fu una delle figure più versatili della scienza tedesca del secondo Seicento; scrisse infatti di chimica (a lui si deve la creazione del termine "fosforo"), di medicina, di dietetica - di cui fu un precursore -, di botanica... e di giardinaggio. Come direttore dei giardini di corte del grande elettore di Brandeburgo, dovette affrontare la sfida del difficile clima della regione di Berlino, caratterizzato da lunghi inverni dalle temperature molto basse (senza dimenticare i suoli poco fertili e la ventosità); fece tesoro di questa esperienza per scrivere Von Garten-Bau, probabilmente il più importando libro di giardinaggio dell'epoca, insuperato fino al dizionario di Miller. Nel trattato, così come nei giardini del tempo, che possono essere esemplificati dal Lustgarten ("giardino di piacere") di Berlino, si affiancano quattro tipi di piante, secondo il duplice criterio dell'utile e del diletto: le piante officinali, coltivate nell'hortus medicus, insieme a una selezione di specie del territorio; le piante orticole, coltivate nell'hortus culinarius, ovvero nell'orto vero e proprio; gli alberi, coltivati nell'arboreto e nel pomarius, il frutteto; le piante da fiore dell'hortus floridus, coltivate in piena terra nei parterre a ramages del giardino di piacere se rustiche o in vaso e protette dai rigori invernali nell'orangerie se delicate. Tra i diversi giardini di corte diretti da Elsholtz come praefectus hortorum c'era anche il primo nucleo del futuro orto botanico di Berlino; in ricordo del suo ruolo di padre fondatore, Carl Ludwig Willdenow, che avrebbe rifondato quel giardino, gli dedicò l'interessante genere Elsholtzia. Il Lustgarten di Berlino Nel 1646, mentre volge al termine la terribile Guerra dei trent'anni, che ha devastato la Germania ma ha anche segnato l'ascesa della Prussia come potenza regionale, il Grande elettore Federico Guglielmo ordina di trasformare l'orto adiacente al Palazzo di città di Berlino (Berliner Stadtschloss) in un giardino di piacere (Lustgarten). E' in un certo senso il suo regalo di nozze alla moglie Louise Henriette di Nassau che ha sposato proprio quell'anno; figlia di Guglielmo il Taciturno, intelligente e colta, è lei, con l'aiuto dell'ingegnere militare Johann Mauritz e del giardiniere di corte Michael Hanff, a presiedere alla trasformazione, inspirandosi ai giardini della sua patria, l'Olanda. Collocato a nord del palazzo residenziale, su terrazze in lieve pendenza e fiancheggiato da un porticato monumentale, il Lustgarten comprendeva eleganti parterre con siepi a ramages e piante da fiore (hortus floridus), voliere, statue e sculture affidate a artisti di fama, un pergolato, un arboreto e un frutteto (pomarius); a nord c'era un hortus medicus dove si coltivavano piante medicinali e un hortus culinarius sive olitorius per la coltivazione degli ortaggi destinati alla tavola del principe. Vi si coltivavano anche piante esotiche, tra cui la patata, che fu coltivata qui per la prima volta in Prussia nel 1649, grazie ad alcuni tuberi importati dall'Olanda; all'epoca era considerata una curiosità ed era coltivata per la bellezza dei suoi fiori, così come i pomodori. Nel 1650 l'architetto Johann Gregor Memhardt costruì un padiglione in stile olandese, che comprendeva anche una grotta artificiale seminterrata, e disegnò un giardino d'acqua con fontane, giochi d'acqua e peschiere. Per proteggere dai rigori invernali gli agrumi, i melograni e le altre piante esotiche che, coltivate in vaso, nella bella stagione, erano esposte all'esterno, nel 1652 fu costruita una limonaia che tuttavia nel 1655 andò distrutta in un incendio causato da un difetto dell'impianto di riscaldamento. Ricostruita l'anno dopo, fu demolita nel 1658, per fare posto a un bastione difensivo e a un fossato che collegava i due bracci della Sprea, tagliando in due il giardino. Di conseguenza, il Lustgraten dovette in parte essere ridisegnato. Come si presentasse nel breve intervallo tra la sua creazione e la trasformazione successiva al 1658, lo sappiamo grazie a Hortus berolinensis, opera scritta dal medico e naturalista Johann Sigmund Elsholtz (1623-1688) tra il 1656 e il 1657. Trasferitosi a Berlino nel 1653, nel 1656 egli ottenne il libero accesso al Lustgarten per le sue ricerche scientifiche e scrisse quest'opera a mo' di ringraziamento; divisa in due parti, comprende un'accurata descrizione del giardino e un catalogo delle piante che vi erano coltivate. Forse proprio perchè resa obsoleta dalla ristrutturazione del Lustgarten, non fu mai pubblicata, ma valse a Elsholtz la nomina a medico di corte, botanico di corte e prefectus hortorum, ovvero direttore del Lustgarten e dei giardini di corte. Studioso versatile e di vasti interessi, Elsholtz ha lasciato opere significative nei campi della botanica, della chimica, della medicina e dell'igiene, di cui è consideraro un precursore. Nato a Francoforte sull'Oder, inizò gli studi presso l'università della città natale, quindi li proseguì a Wittenberg e a Königsberg. Viaggiò poi nei Paesi Bassi, in Francia e in Italia. Nel 1653 conseguì il dottorato in medicina a Padova con una tesi in cui riassunse la letteratura contemporanea sulle proporzioni del corpo umano in termini di peso, massa e dimensioni; pubblicata nel 1654 sotto il titolo Anthropometria, l'opera contiene tra l'altro la più antica illustrazione nota di un dispositivo per misurare l'altezza degli esseri umani, detto anthropometron. Subito dopo la laurea, Elsholtz ritornò in Germania e si stabilì a Berlino dove aprì uno studio medico; dopo la nomina a medico di corte e botanico regio (1657), si fece un nome tra gli scienziati tedeschi per le sue ricerche di vario argomento; nel 1674 fu ammesso alla Leopoldina, sulla cui rivista Miscellanea curiosa pubblicò una quindicina di articoli di argomento medico. In tutti i campi di cui si occupò, fu caratterizzato dalla propensione a sperimentare e a percorerre nuove strade. Come chimico, si occupò della distillazione dei coloranti e delle proprietà luminose del fosforo (del cui nome, letteralmente "portatore di luce", gli si attribisce l'invenzione). Come medico, è noto per i suoi esperimenti sulle iniezioni endovenose e sulle trasfusioni di sangue, esposti in Clysmatica nova (1667). Ma soprattutto è consideraro un precursore della dietetica e dell'igiene, grazie a Diaeteticon, pubblicata nel 1682, in cui compare per la prima volta in Germania il termine Hygiene ("igiene"). Ricca di suggerimenti pratici, comprese alcune ricette culinarie, come esplicita il sottotitolo fornisce istruzioni per mantenersi in salute attraverso una corretta alimentazione; inoltre Elsholtz vi sottolinea l'importanza di acqua e aria pulite e dell'igiene personale. Il libro incrocia anche la botanica, visto che cibi e bevante erano largamente ricavati da piante, di cui si analizzano le proprietà, facendo riferimento sia alla tradizionale teoria degli umori, sia all'analisi chimica. Va infine ricordato che, come medico dell'elettore, insieme al collega Mentzel ebbe un ruolo centrale nella stesura dell'Editto medico di Brandeburgo (1685) che poneva il settore sanitario sotto il controllo di un Collegium medicum e regolava professioni sanitarie e tariffe. Dalla botanica al giardinaggio Nella variegata ed eclettica opera di Elsholtz, le piante e i giardini occupano uno spazio privilegiato. Per circa trent'anni (dal 1657 alla morte) come prafectus hortorum presiedette ai giardini di corte, acquisendo una notevole esperienza anche pratica. Durante la sua gestione, il Lustgarten di Berlino si arricchì di molte piante, raggiungendo le mille specie, e fu aperto alla fruizione dei berlinesi, divenendo un popolare luogo d'incontro. Era il primo giardino pubblico della città che fino ad allora, come luoghi all'aperto, aveva conosciuto solo i mercati e le piazze d'armi. Dal 1685, il giardino ebbe nuovamente una limonaia (Pomeranzen Haus); costruita dall'architetto Johann Arnold Nering, era un imponente edificio con pianta semi circolare. Probabilmente uno dei primi compiti di Elsholtz appena assunto l'incarico fu il trasferimento dell'hortus medicus e dell'hortus culinarius, che occupavano l'area smantellata per fare posto al bastione e al fossato. Nel 1679 il Grande elettore ordinò di trasferirli a Schöneberg, in un'area precedentemente nota come Hopfengarten ("giardino del luppolo") perché fino a quel momento era adibita a questa produzione; si trattava soprattuto di un vasto orto e frutteto, ma poiché ospitava anche le piante medicinali, questa data viene di solito considerata quella di nascita del primo orto botanico di Berlino. In realtà, cominciò ad essere chiamato così e ad assumere realmente questa funzione molto più tardi, nel 1718, quando Elsholtz era morto da un pezzo e anche il Lustgarten di Berlino non esisteva più, spianato e trasformato in una piazza d'armi per ordine del re sergente Federico Guglielmo I. Oltre ai due giardini berlinesi, Elsholtz curava anche i giardini della residenza di Potsdam (anch'esso era dotato di una Pomeranzen Haus, l'unica struttura ancora esistente di quel periodo, anche se il solito re sergente ordinò di trasformarla in una stalla per un reggimento di cavalleria) e il giardino di piacere di Oranienburg. La storia di quest'ultimo merita qualche riga. Nell'estate del 1650, durante una battuta di caccia l'elettrice Louisa Henriette soggiornò a Bötzow, a nord di Berlino, e si innamorò del suo paesaggio che le ricordava l'Olanda. Qualche mese dopo, il marito le fece dono dell'uffico (Amt) di Bötzow con la tenuta e i villaggi annessi; al posto del vecchio casino di caccia venne costruito un castello completamente circondato da un fossato e, accanto ad esso, un giardino di piacere, entrambi in stile prettamente olandese. Preceduto da un elegante portico e fiancheggiato su due lati da un ambulacrum, che doveva fungere anche da limonaia, il giardino vero e proprio era rettangolare e comprendeva otto parterre a ramages; al centro, su una collinetta, sorgeva una casa di delizie, detta anche grotto. Lo spazio tra il giardino e il fossato del castello era occupato da un arboreto. In onore di Louisa Henriette, appartenente al casato Nassau Orange, il castello venne battezzato Oranienberg, nome poi esteso al villaggio e all'intero Amt. Nel 1663, Elsholtz pubblicò Flora marchica che è contemporaneamente il catalogo collettivo dei giardini di corte di Berlino, Potsdam e Oranienburg e una flora della marca di Brandeburgo. Le piante sono elencate in ordine alfabetico con il nome latino per lo più tratto dal Pinax di Caspar Bauhin, seguito dal nome volgare tedesco e spesso da sinonimi di altri autori; i più frequenti sono Clusius, Dodoens e Lobel, ma i testi citati sono moltissimi, dal vecchio Dioscoride fino al recente Hortus Eystettensis, a dimostrare un'ottima conoscenza della letteratura botanica e della pubblicistica sui giardini, ampiamente analizzata nella prefazione. Salvo qualche breve notazione occasionale (ad esempio, a proposito di Alnus nigra polycarpos, "L'ho trovato la prima volta sulle rive del fiume Stepenitz presso la città di Perleberg nel distretto di Prignitz"), Elsholtz si limita a un mero elenco: fa eccezione la voce dedicata a Agave americana (chiamata Aloe aculeata e amerikanische Aloe), che occupa quasi due pagine. Elsholtz racconta di averla vista in fioritura nel 1658 in un giardino di Stoccarda, rimanendo stupefatto per l'infiorescenza alta 23 piedi con un totale di 12.000 fiori. Su questa pianta che lo aveva tanto colpito e sulla storia delle sue fioriture in Europa, Elsholtz sarebbe tornato in Von Garten Bau ("Sull'orticultura"), in cui profuse tutto ciò che aveva imparato gestendo i giardini dell'elettore. Pubblicato in prima edizione nel 1666, è un vero e proprio trattato teorico-pratico sull'arte di disegnare e gestire un giardino, che fonde una profonda conoscenza della letteratura sull'argomento con una altrettanto profonda e vasta conoscenza pratica acquisita attraverso l'esperienza diretta. Come chiarisce il sottotitolo, "Lezioni di giardinaggio adatte al clima della Marca elettorale-Brandeburgo e agli stati tedeschli limitrofi", l'intento principale di Elsholtz è fornire indicazioni per affrontare in modo vincente la sfida costituita dal difficile clima della Germania settentrionale, con i suoi lunghi inverni resi ancora più rigidi dal vento. A differenza di De hortis Germaniae di Gessner, che pure è un precedente largamente citato, il trattato è scritto in tedesco; non si rivolge infatti a botanici e dotti, ma a giardinieri e progettisti. Fanno eccezione solo gli schemi riassuntivi che percorrono qua e là il libro, rendendolo parzialmente fruibile anche al di fuori della Germania. Ad aprirlo è una duplice dedica al Grande elettore e alla sua sposa, che però non è più Louisa Henriette, morta quarantenne sfiancata da innumerevoli parti ed aborti, ma la seconda moglie Sofia Dorotea di Schleswig-Holstein; la coppia è raffigurato nel frotespizio in veste di Apollo e Diana, mentre assisi sul carro del sole sorvolano il Lustgarten. Il trattato si articola in sei libri. Il primo è a sua volta un vero e proprio trattato generale sul giardinaggio; è aperto da un'introduzione che, dopo aver definito brevemente il ruolo e i compiti del giardiniere, presenta una breve storia del giardinaggio. Il primo capitolo, sulla scelta del luogo e della forma, è articolato attorno alla duplice funzione del giardino, il diletto e l'utile; la prima è assolta dall'hortus floridus (Blumen Garten) "con la Natura educata in modo che anche d'inverno mostri i fiori più belli", la seconda dall'orto vero e proprio (Kuchen-Garten), dal frutteto e dalla vigna per l'"utilitas alimentaria" e dall'hortus medicus per l'"utilitas medicamentaria". Seguono capitoli sulle strutture, compresa la limonaia (Pomeranzen Haus), gli attrezzi, i vari tipi di coperture (dalle campane alle serrette ai lettorini), le tecniche di propagazione, i lavori e le tecniche colturali, gli accorgimenti per affrontare avversità meteoriche, parassiti e malattie. A partire dal secondo libro, Elsholtz analizza i cinque settori del giardino già individuati nell'introduzione, dedicando un singolo libro a ciascuno: l'hortus floridus (libro II); l'orto (libro III); l'arboreto e il pomario (libro IV); il vigneto (libro V); l'hortus medicus (libro VI). Ogni libro è solitamente diviso in due parti, la prima dedicata alla progettazione e alle attrezzature specifiche, la seconda a un'ampia scelta di piante consigliate, seguita talvolta da un calendario delle attività mese per mese. Ad esempio, relativamente al giardino dei fiori, vengono trattati argomenti come i pergolati, le piramidi, il disegno di aiuole, parterre, viali e sentieri, la disposizione delle piante nelle aiuole; segue poi il catalogo delle erbacee da fiore, distinte in "erbacee perenni che vanno protette d'inverno", "erbacee perenni con radici bulbose o rizomatose che sopportano l'inverno", "erbacee con radici fibrose che sopportano l'inverno", "erbacee annuali o da seme". Se in questo libro le piante sono di fatto organizzate sulla base della rusticità, le orticole, protagoniste del libro successivo, sono invece divise sulla base dell'utilità in "utili per le radici", "utili per le foglie", "utili per i frutti". Il criterio della rusticità ritorna nel libro su alberi e arbusti, divisi in "da proteggere in inverno", "che sopportano l'inverno", "spontanei". Il libro sulla vigna è forse il più dotto, con un excursus sulla sua coltivazione in Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Ungheria; ma poi nella scelta delle varietà si privilegiano quelle rustiche "nostrali" e non mancano capitoli sulla vinificazione. Il libro sull'hortus medicus, a parte una breve introduzione, è quasi integralmente costituito da un catalogo di piante non necessariamente officinali; dopo le piante medicinali dei giardini e le specie officinali spontanee, troviamo infatti un capitolo sulle piante spontanee senza proprietà medicinali e un'appendice sui cereali; questa presenza apparentemente incongrua è probabilmente spiegata dalla grande attenzione riservata alla flora locale dagli orti botanici tedeschi, che all'epoca erano ancora chiamati horti medici. Questo libro è dunque quello che assomiglia di più a Flora marchica; anche qui troviamo voci, solitamente brevissime, costituite dal nome latino, per lo più tratto dal Pinax, seguito dal nome tedesco, dai sinonimi in altri autori e, almeno per le specie officinali, da sintetiche indicazioni sugli usi, che solitamente non superano due o tre righe. Tra le poche eccezioni la voce Nicotiana major latifolia, ovvero il tabacco, che occupa circa due pagine. Come Agave americana, era ancora una novità e destava molta curiosità, senza dimenticare che all'epoca era ritenuta quasi una panacea. Il volume, di oltre 400 pagine, si conclude con un calendario riassuntivo dei lavori mese per mese e con gli indici latino e tedesco delle piante trattate. Scritto da un botanico che amava profondamente le piante e aveva una larga esperienza diretta di progettazione e gestione di giardini, Von Garten-Bau segna l'incontro tra la botanica e il giardinaggio; per la prima volta le piante da giardino sono determinate con precisione con il loro nome botanico. Anche se Elsholtz fa ampio riferimento alla letteratura specialistica contemporeanea, come il trattato di Ferrari sugli agrumi o quello di Lauremberg sulle bulbose, il suo trattato supera tutto ciò che è stato scritto in precedenza, con una profondità e una ricchezza di informazioni ineguagliata fino al The Gardeners Dictionary di Miller; Teichert lo ha definito "il miglior libro sui giardini del XVI secolo". Il libro colmava una lacuna e ottenne un notevole successo; già nel 1672 uscì una seconda edizione, sostanzialmente identica a parte l'aggiunta di alcune tabelle riassuntive in latino, seguita da una terza nel 1684. Una quarta edizione ampliata, intitolata Neu Angelegter Garten Bau, benché predisposta dall'autore, uscì postuma nel 1690. Elsholtz era infatti morto all'inizio del 1688, senza poterne curare di persona la pubblicazione. Piante utili e dilettevoli Anche se, come abbiamo visto, il giardino di Schöneberg ospitava anche piante medicinali, all'epoca di Elsholtz non era propriamente un orto botanico. Solitamente però il botanico prussiano è considerato il fondatore dell'orto botanico di Berlino e come tale nel 1790 è stato onorato da Willdenow, che di quel giardino sarebbe stato il rifondatore, con la dedica del genere Elsholtzia (Lamiaceae). Lo stesso anno, ma in data successiva, un secondo genere Elsholtzia (Lecythidaceae) venne creato da Necker; non valido, è oggi sinonimo di Couroupita. Elsholtzia Willd. è un genere di una quarantina di specie, distribuite prevalentemente nell'Asia orientale temperata o subtropicale, con centro di diversità nello Yunnan in Cina; sono per lo più erbacee annuali o perenni, ma non mancano suffrutici. Se il dedicatario l'avesse conosciuto, certamente l'avrebbe apprezzato dal punto di vista tanto dell'utilità quanto del diletto. Come altri generi della famiglia Lamiaceae, le Elsholtziae hanno foglie aromatiche, ricche di oli essenziali e diverse specie hanno usi officinali nella medicina tradizionale, come antibatterici, antivirali, antinfiammatori. Ad esempio, E. pendulifolia in Vietnam è utilizzata per curare febbri e raffreddori; E. rugulosa in Cina ha una lunga storia come pianta mellifera e come pianta officinale da cui si ricava un reputato tè di erbe usato per curare molteplici affezioni. Ma, per usare i termini di Elsholtz, oltre all'utilitas medicamentaria, a varie specie si aggiunge l'utilitas alimentaria: molte trovano impiego in cucina come erbe aromatiche; i semi di E. fruticosa sono utilizzati per aromatizzare il cibo e se ne ricava anche un olio alimentare. E non mancano altri usi: varie specie sono impiegate in profumeria e E. splendens, per la sua alta tolleranza al rame, in Cina viene piantata come pianta pioniera per bonificare i terreni contaminati delle miniere dismesse. Venendo poi al diletto, alcune specie sono coltivate per la bellezza della loro fioritura. La più notevole è indubbiamente E. stauntonii, un'alta erbacea perenne o un piccolo arbusto con belle foglie dentate e infiorescenze a spiga da rosa a viola pallido che si aprono dalla tarda estate all'autunno; come le sue consorelle, ha foglie aromatiche che ricordano la menta, ma con sentori agrumati e di cannella che possono essere usate per preparare una piacevole tisana o per aromatizzare piatti della cucina asiatica. Dopo tante lodi, una nota dolente. E. ciliata, un'erbacea annuale originaria della Cina e del Sud est asiatico (le sue foglie profumate di limone sono un ingrediente della cucina vietnamita), è stata introdotta come officinale e pianta da giardino in vari paesi europei e negli Stati Uniti; poiché produce molti semi e ha un alto tasso di germinazione, può formare rapidamente estese popolazioni a danno delle specie autoctone, soprattutto in aree disturbate. Per questo è stata inclusa in liste di piante potenzialmente invasive e il Connecticut ne ha proibito la coltivazione, la vendita e la diffusione. In Italia, dove potrebbe essere stata introdotta come specie officinale usata in erboristera, è stata segnalata la prima volta in Friuli Venezia Giulia nel 1991; in Lombardia è stata osservata a partire dal 2002 ed è considerata naturalizzata in incolti ruderali; non è inclusa in nessuna lista e il suo impatto sulla flora autoctona è considerato irrilevante. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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