Nella soffitta della casa di campagna della sua famiglia, un bambino russo di otto anni scopre un tesoro: una raccolta di vecchi, polverosi libri di entomologia. Il più affascinante di tutti è un grande in folio, con meravigliose immagini dai colori vividi, che ritraggono piante esotiche dalle curve sinuose, tra le quali si insinuano, quasi in posa, bruchi, crisalidi, farfalle e altri insetti. Qual bambino si chiamava Vladimir Nabokov, da adulto diventerà uno scrittore famoso e, proprio grazie a quell'incontro, un esperto di lepidotteri. Quel libro era Metamorphosis Insectorum Surinamensium, "La metamorfosi degli insetti del Surinam", l'opera più celebre della pittrice e naturalista Maria Sibylla Merian. Giovinezza "normale" di un'artista All'epoca - siamo all'inizio del '900 - l'artista era da tempo dimenticata, al contrario dei suoi tempi, quando proprio quel libro le assicurò l'attenzione degli studiosi, ma soprattutto dei "curiosi", ovvero i collezionisti di oggetti naturali, di mezza Europa. E di oggi, quando, soprattutto grazie agli studi di genere, è stata riscoperta e esaltata come antesignana dell'ecologia e della scienza al femminile. Maria Sibylla, nata a Francoforte nel 1647 da una famiglia di artisti, ricevette la sua formazione soprattutto dal patrigno, il pittore Jacob Marrel, specialista in nature morte di fiori, perfezionatosi in Olanda. Non c'è niente di inconsueto nella sua giovinezza, almeno per una giovane donna del suo ambiente: a diciotto anni si sposò con un apprendista del patrigno, Johann Andreas Graff (specializzato invece in prospetti architettonici), ne ebbe presto una prima figlia, aiutò il ménage familiare dando lezioni di pittura e ricamo a ragazze di buona famiglia e dipingendo lei stessa il soggetto ritenuto più consono a un pennello femminile, ovvero i fiori. Convenzionale è anche la sua prima opera: Blumenbuch, pubblicato tra il 1675 e il 1680 in tre serie di 20 tavole ciascuna, poi ripubblicate tutte insieme nel 1680 sotto il titolo Neues Blumenbuch. Si tratta di un florilegio - dello stesso genere del Jardin du Roy di Pierre Vallet - che ritrae in modo piacevole e accattivante le più amate piante da fiore, in particolare bulbose, come modelli facili da riprodurre per ricamatrici e pittori dilettanti. Merian non ha pretese di originalità: molte tavole sono adattamenti di dipinti del patrigno oppure del pittore francese Nicolas Robert; il suo lavoro consiste soprattutto nel semplificare le linee e nel creare contrasti e gradazioni di colore più facili da rendere con ago e filo. E' un'opera commerciale (anche se non ne vennero tirate molte copie), venduta in un'edizione economica in bianco e nero e in un'edizione più costosa, con le tavole acquarellate a mano dall'autrice; anzi, pagando ancora un po' di più, erano disponibili copie realizzate secondo la tecnica della controstampa (ricavata posando un foglio su una stampa fresca, in modo da ottenere un'immagine specularmente invertita rispetto alla stampa, quindi riproducente la matrice). L'impressione realizzata con la controstampa è molto più sfumata e morbida rispetto a una normale stampa calcografica, particolarmente adatta per essere dipinta ad acquarello con i colori sfumati prediletti dalla pittrice. Niente di inconsueto, abbiamo detto. Tranne un particolare: fin dall'età di tredici anni Maria Sibylla coltivava una passione senz'altro singolare. Incuriosita dai bachi da seta che si allevavano nella sua città, cominciò a chiedersi se anche gli altri insetti condividessero quelle trasformazioni o "metamorfosi" (da uova minuscole a bruchi voraci a bozzoli setosi a farfalle); iniziò così a raccogliere, allevare e collezionare insetti. Siamo a metà Seicento e la scienza incominciava appena a sfatare l'opinione più diffusa, risalente niente meno ad Aristotele: quella della generazione spontanea, secondo la quale insetti, vermi e altri piccoli animali nascerebbero dal fango o da sostanze in putrefazione. Nonostante i bachi da seta e la loro "muta" fossero sotto gli occhi di tutti, bruchi, crisalidi e farfalle erano generalmente ritenuti animali diversi. Tra il 1662 e il 1669 Johannes Goedaert (anche lui, come Merian, naturalista e pittore-incisore, ma seguendo il cammino inverso, dalla scienza all'arte e non viceversa) in Metamorphosis et historia naturalis insectorum disegnò bruchi, pupe e insetti adulti, ma era ancora un assertore della generazione spontanea, convinto che nel passaggio dal bruco alla crisalide all'insetto adulto si verificasse una specie di trasformazione alchemica, con la morte dello stadio precedente e la rinascita, dai suoi resti, dello stadio successivo. La prima confutazione scientifica della generazione spontanea risale al 1668 e si deve a Francesco Redi (Esperienze intorno alla generazione degli insetti), con i suoi studi sulle mosche carnarie; è dell'anno successivo l'Historia generalis insectorum di Jan Swammerdam in cui per la prima volta vengono definite con precisione le fasi della vita degli insetto: uovo, larva, pupa, adulto. Medico e anatomista, Swammerdam basò le sue conclusione su approfondite indagini anatomiche, avvalendosi del microscopio. Erano tuttavia studi recentissimi, noti a pochi scienziati; l'opinione generale dell'ambiente in cui viveva Maria Sibylla era che gli insetti fossero creature demoniache, segni della collera di Dio, da tenere lontani con preghiere e esorcismi. La mania della ragazza di allevare questi flagelli era considerato dai suoi parenti, in particolare la madre, un passatempo inadatto a una rispettabile ragazza da marito o a una distinta madre di famiglia, sia pure di una famiglia di artisti. Ma lei continuò a coltivare questa passione e il suo amore per gli insetti, in qualche modo, fa capolino nel Blumenbuch: i protagonisti sono i fiori, ma in qualche tavola una farfalla si posa su una foglia di tulipano, un bruco si inarca su un petalo di giglio, una crisalide s'appoggia morbidamente su una peonia. Niente di innovativo, intendiamoci; accostare insetti e piccoli animali ai fiori faceva parte delle convenzioni della natura morta, anche se in genere l'artista vi attribuiva significati simbolici (la farfalla è la rigenerazione, il bruco un memento mori), mentre Maria Sibylla per ora era guidata soprattutto da ragioni estetiche (ad esempio, riequilibrare la composizione, aggiungere un tocco di colore, accentuare una linea). Maturità: da artista convenzionale a artista-naturalista Le novità, la rottura delle convenzioni, arrivano con il secondo lavoro. Nel 1679 Merian pubblica la prima parte di Der Raupen wunderbare Verwandelung und sonderbare Blumennahrung, "La meravigliosa trasformazione dei bruchi e lo straordinario nutrimento tratto dai fiori", seguito nel 1683 dalla seconda parte (l'editore è lo stesso marito, probabilmente convinto delle potenzialità commerciali della curiosa opera). Ora gli insetti sono i protagonisti assoluti: ciascuna delle 100 tavole (50 per ogni parte) ne ritrae una specie in tutti gli stadi della sua trasformazione, accompagnata dalla pianta (o da una delle piante) di cui si nutre. Altrettanto importanti sono i testi di accompagnamento, in cui Merian spiega dove ha raccolto l'animale, come l'ha osservato, come è avvenuta la metamorfosi. Per scrivere questo libro, infatti, la nostra pittrice si è ormai trasformata in una naturalista autodidatta sul campo: ha osservato gli insetti nel loro ambiente naturale, cercando di individuarne le abitudini alimentari, gli eventuali nemici, le interazioni con altre specie; ha raccolto e allevato i bruchi in apposite cassette, fornendo il cibo prediletto, osservandone e registrane con accuratezza la trasformazione in pupa e in adulto, disegnando dal vero ciascuna fase con estrema accuratezza nel suo quaderno di studio. Alcune tavole ricostruiscono una piccola nicchia ecologica con le sue catene alimentari: così, in quella dedicata alla Rosa centifolia, non solo vediamo tutti gli stadi di una falena nottuide, ma anche acari che vengono mangiati da una larva di sirfide, il pupario di quest'ultima e un adulto che visita un bocciolo. Sono questi dettagli che hanno fatto riconoscere a Maria Sybilla Merian il titolo di "prima ecologista". Ma nel frattempo, anche la vita privata dell'artista-naturalista stava mutando. Benché fosse nata una seconda figlia, il matrimonio scricchiolava. Dopo aver vissuto alcuni anni a Norimberga, nel 1681, alla morte del patrigno, Maria Sibylla ritornò a Francoforte per assistere la madre, raggiunta poco dopo dal marito, ma evidentemente qualcosa si era spezzato. La donna rifiutò di tornare a Norimberga come egli le chiedeva e nel 1685 si trasferì, insieme alla madre e alle figlie, in Frisia, in una comunità labadista (un gruppo calvinista che viveva in comunità, seguendo regole molto rigide), dove da tempo già viveva uno dei fratellastri, Caspar, anche lui pittore. Dietro questa scelta estrema, senza voler mettere in dubbio profonde motivazioni religiose, stava probabilmente anche il desiderio di separarsi dal marito, visto che, secondo le regole labadiste, i matrimoni con non adepti erano considerati nulli. Merian visse per alcuni anni nel castello di Walta, sede della comunità labadista; qui, come risulta dai suoi quaderni, poté continuare le sue osservazioni naturalistiche; ma soprattutto, ebbe modo di vedere per la prima volta le sgargianti farfalle tropicali. Il gruppo aveva intenzione di fondare una comunità in Suriname, la recente colonia olandese a Nord del Brasile, e nei loro andirivieni alcuni membri ne avevano portato alcuni esemplari di insetti tropicali. In ogni caso, nell'estate del 1691, l'artista lasciò i labadisti insieme alle figlie, per trasferirsi a Amsterdam; forse, le regole troppo rigide di quella austerissima comunità le stavano strette, forse aveva altri sogni, altri progetti. Finì così la seconda fase della sua vita. Suriname: Maria Sibylla prende il volo Quando giunse ad Amsterdam (Maria Sibylla aveva 44 anni) era ormai una donna indipendente, capace di mantenere se stessa e le sue figlie, anch'esse due valide pittrici di fiori e nature morte, vendendo le sue opere ai ricchi borghesi e collezionisti olandesi. Entrò in contatto con molti di loro e ne poté visitare le prestigiose collezioni: quella di Nicolas Witsen, sindaco della città e direttore della Compagnia olandese delle Indie occidentali, e di suo nipote Jonas, che aveva sposato la figlia del proprietario di una piantagione in Suriname e ne aveva ereditato le collezioni naturalistiche; quella del famoso professo Frederick Ruysch; quella raffinatissima di Levinus Vincent e di suo moglie, Johanna van Breda. Maria Sibylla ne fu allo stesso tempo ammirata e delusa: ammirata per la bellezza degli splendidi insetti esotici custoditi nei loro gabinetti, delusa perché c'erano solo adulti; niente uova, niente bruchi, pupe o crisalidi. A quanto pareva, a nessuno interessava studiare e documentare le metamorfosi degli insetti esotici. La pittrice concepì così l'idea di partire per il Suriname per assolvere lei stessa questo compito, usando i metodi che aveva inventato per studiare gli insetti europei. Tutti cercarono di dissuaderla: in primo luogo, il clima era micidiale, del tutto inadatto a una donna europea di età già avanzata; i costi erano notevoli e lei, che si manteneva con il suo lavoro di artista, non aveva denaro; soprattutto, come pretendeva lei, una donna, un'autodidatta, senza alcuna formazione scientifica accademica, di intraprendere una spedizione che fino ad allora non era stata osata neppure da scienziati maschi ben più titolati? Maria Sibylla non si lasciò scoraggiare e pianificò la sua spedizione con il senso degli affari che la contraddistingueva fin dalla giovinezza: il viaggio sarebbe stato autofinanziato dalla vendita di esemplari rari di insetti, da lei raccolti e preparati (ricercatissimi dai collezionisti, si vendevano a caro prezzo) e del libro che intendeva ricavare dai dipinti dal vivo e dalle ricerche; per gli aspetti logistici, si sarebbe appoggiata sulla comunità labadista (per un certo periodo, infatti, soggiornò nella piantagione "Providentia", che apparteneva alla famiglia labadista Van Aerssen-van Sommelsdijk); l'avrebbe accompagnata la figlia minore (si è anche ipotizzato che essa, e forse anche la sorella maggiore, avessero preparato il viaggio materno visitando il Suriname prima di lei). Anche se è di moda il modello della donna incompresa, circondata dall'ostilità generale, in realtà l'ambiente degli scienziati e dei collezionisti olandesi non rimase indifferente; in particolare, Witsen riuscì a procurarle il prestito necessario a finanziare la spedizione. Così nel giugno 1699, all'età di 52 (ad ogni buon conto, prima di partire fece testamento) l'audace pittrice si imbarcò per il Suriname con la figlia Dorothea Maria. Rimasero in Suriname circa due anni, vivendo prima a Paramaibo poi a Providentia, 65 km nell'interno. L'ambiente delle giungla era impenetrabile e le piante ritratte da Merian sono per lo più esemplari coltivati nelle piantagioni, soprattutto di uso alimentare, talvolta introdotte. A procurargli gli insetti furono gli schiavi neri e gli indiani, i suoi principali informatori sull'ecologia degli animali, mentre i coloni olandesi (non pensavano che allo zucchero, secondo una scandalizzata Maria Sibylla) guardarono alla sua impresa con scetticismo e divertimento. Essa cercò di applicare gli stessi metodi usati in Europa, scoprendo che in quel clima così caldo e umido erano inefficaci: ad esempio, una volta raccolse (o più probabilmente fece raccogliere dagli schiavi messi a sua disposizione) più di cento bruchi e grandi quantità della loro pianta ospite; il giorno dopo erano tutti morti di fame, tranne uno, perché erano bastate poche ore a far seccare le foglie, rendendole dure e immangiabili. Molto prima del previsto, le precarie condizioni di salute (contrasse la malaria o la febbre gialla) la costrinsero al rientro. Aveva comunque potuto raccogliere materiale sufficiente per allestire la sua opera più celebre, Metamorphosis Insectorum Surinamensium, un sontuoso in folio con 60 incisioni (a differenza delle opere precedenti, l'artista non le incise essa stessa) che usci nel 1705 in due edizioni, in latino e olandese. Per ragioni di costi, Merian dovette però rinunciare a un secondo volume, che avrebbe dovuto essere dedicato a rettili e anfibi, come anche alle edizioni tedesca e inglese. In ogni caso, il volume (che dal punto di vista scientifico è di minor valore rispetto a quelli sugli insetti europei, perché non era stato possibile condurre ricerche ugualmente approfondite) le assicurò immediata fama e divenne un costoso e irrinunciabile ornamento di ogni biblioteca naturalistica. A partire dalle tavole originali, nel corso del Settecento ne uscirono ben cinque edizioni, anche in altre lingue, l'ultima in Francia nel 1771. Ma nella seconda metà del secolo, mano a mano che la scienza fissava i propri metodi e si dotava di strutture istituzionali, a Maria Sibylla Merian (donna, autodidatta, artista) incominciarono ad essere negati i meriti scientifici: mentre lei si era concentrata sulle relazioni orizzontali tra mondo vegetale e animale, agli scienziati che le succedettero interessava classificare e catalogare; le sue illustrazioni, che tanto erano piaciute ai contemporanei per la qualità estetica, ora, con l'affermarsi delle convenzioni dell'illustrazione scientifica, apparivano costruite, innaturali, troppo estetizzanti. Così, per oltre un secolo e mezzo venne dimenticata. L'interesse per la sua opera rinasce intorno all'ultimo quarto del Novecento, nell'ambito degli studi di genere sul ruolo delle donne nell'arte e nella scienza, ed è prorompente. Nel 1990 la Germania ne stampa l'immagine sulla banconota da 500 marchi. Le sue opere vengono ripubblicate e volgarizzate in decine di pubblicazioni, utilizzate per copertine di CD, libri, poster o gadget. A luglio di quest'anno, in occasione del trecentesimo anniversario della morte (avvenuta appunto nel 1717) si sta organizzando un grande simposio internazionale (molto ricco il sito che le è stato dedicato in vista dell'evento). Una sintesi della sua vita, passata attraverso tre stadi, come quelle degli amati insetti, nella sezione biografie. La spettacolare ma sconosciuta Meriania L'omaggio di un genere del regno vegetale arrivò a fine Settecento, quando la fama della pittrice-naturalista era da tempo in declino. A creare in suo onore il genere Meriania fu il naturalista svedese Olof Peter Schwarz, nella sua monografia dedicata alla flora delle Indie occidentali (Plantae Indiae occidentalis, 1791). Una dedica azzeccata: infatti, anche se la specie tipo di Schwartz, M. purpurea, è originaria delle Antille, alcune altre specie crescono anche nella Guyana, ovvero il Suriname della cui fauna e flora Maria Sibylla fu la prima studiosa. Appartenente alla famiglia Melastomataceae, questo genere neotropicale comprende 70-90 specie di arbusti o piccoli alberi dalle fioriture decisamente spettacolari, con grandi fiori purpurei o aranciati a 5-6 petali con stami curiosamente ripiegati tutti da una parte. Presenti dal Sud del Messico fino al Sudest del Brasile, passando per le Antille e l'America centrale, hanno il maggior centro di biodiversità in Colombia, con 36 specie. Bastano già i nomi specifici per farne intuire la bellezza sensazionale: splendens, nobilis, speciosa, pulcherrima, addirittura fantastica. Tuttavia, endemiche di piccole aree montane, spesso a rischio, sono ben poco conosciute al di fuori dei paesi d'origine; nonostante il grande potenziale decorativo, con una sola eccezione, sono coltivate solo negli orti botanici. L'eccezione è la specie più nota, M. nobilis, un alberello originario della foresta nebulosa colombiana, dove vive tra i 1900 e 2900 metri, godendo per tutto l'anno di un clima mite e costantemente umido. Questa specie, con grandi fiori porporini, considerata uno degli alberi più belli del pianeta, per prosperare richiede dunque condizioni molto particolari: non sopporta né gli inverni rigidi né le estati calde. Ciò spiega perché nonostante l'eccezionale bellezza è rimasta una pianta per collezionisti, raramente coltivata fuori dei confini patrii. Per qualche informazione in più su queste magnifiche piante che meriterebbero maggiore notorietà si rimanda alla scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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