Clusia L. C. von Linné, Species Plantarum 1: 509, 1753
In onore di Carolus Clusius Se ne parla nel post Clusius, flora esotica e tulipani
Clusia è un genere esclusivo delle aree tropicali del Centro e Sud America (dalle isole Keys al Brasile); dà il nome alla famiglia Clusiaceae, conosciuta anche come Guttifereae poiché molte specie producono lattici e resine. Il numero di specie assegnate a questo genere varia molto da uno studioso all'altro (da 150 a 300). Si tratta di arbusti, liane e alberi di medie dimensioni (anche fino a 20 metri), con foglie sempreverdi, opposte, di consistenza coriacea; i fiori sono molto variabili per dimensioni, numero dei petali (da 4 a 9), forma, dimensione e numero degli stami. La caratteristica più saliente di questo genere è l'estrema versatilità (come sottolinea il titolo di un'importante monografia che gli è stata dedicata da Ulrich Lüttge: Clusia: a woody neotropical genus of remarquable plasticity and diversity). Non solo variano le dimensioni, l'habitus, molte caratteristiche dei fiori (e, come vedremo, le modalità di impollinazione), ma la grande capacità di adattamento permette loro di colonizzare gli habitat più vari, dalle coste alle montagne, dalle aree aride alla foresta pluviale. La maggior parte delle specie si concentra in queste ultime, ma alcune vivono in habitat decisamente aridi, come le restigas in Brasile, o povere di nutrienti, come gli inselberg granitici. Secondo i ricercatori, il segreto di tanta adattabilità consiste in due particolarità. In primo luogo, i semi possono germinare sia a terra sia in modo epifitico, molto spesso approfittando delle tasche di humus e di umidità di bromeliacee epifite o terrestri; questo permette loro di attecchire in ambienti proibitivi come le rocce costiere o la chioma degli altissimi alberi della foresta a galleria. Una volta germinata e sviluppata, la pianticella può emettere lunghissime radici aeree che si radicano fortemente al suolo, permettendole di svilupparsi come un grande arbusto o un vero e proprio albero, tanto che a volte soffocano e uccidono l'albero ospite (analogamente al cosiddetto ficus strangolatore). In secondo luogo, sono le uniche piante arboree dicotiledoni ad aver sviluppato due diversi metabolismi fotosintetici. Il primo è quello consueto nelle piante delle aree temperate, in base al quale la fotosintesi avviene di giorno, mentre di notte gli stomi restano chiusi e la pianta consuma ossigeno (vengono dette a C3, perché il primo composto organico della fotosintesi è una catena carbonosa a tre atomi di carbonio). Il secondo è la fotosintesi CAM (metabolismo acido delle crassulacee): di notte gli stami sono aperti per permettere l'ingresso dell'anidride carbonica, che in seguito a diverse reazioni andrà a formare acido malico, accumulato nei vacuoli; di giorno gli stomi si chiudono, per prevenire la perdita di acqua, mentre l'acido malico viene sintetizzato per produrre anidride carbonica. La fotosintesi CAM è un adattamento alle condizioni desertiche ed è solitamente presente nelle succulente delle famiglie Crassulacaee e Cactaceae e in alcune altre specie, tutte erbacee. Le Clusiae fanno eccezione in quanto legnose; inoltre alcune hanno fotosintesi a C3, altre fotosintesi a CAM, altre ancora adattano il meccanismo alle condizioni ambientali (C3 nella stagione umida, CAM in quella secca). Inoltre sono piante dioiche, che in base alla situazione possono utilizzare tanto la fecondazione eterogamica quanto l'autofecondazione. A seconda delle specie, l'impollinazione è effettuata da animali diversi, attirati da vari tipi di risorse. Le api frequentano le specie i cui stami sterili producono una resina che verrà utilizzata per costruire i nidi; altre specie, soprattutto quelle montane, producono nettare e sono visitate da vespe, falene, ma talvolta anche pipistrelli e colibrì. Altre specie ancora non producono né resina né nettare e vengono impollinate da coleotteri che si cibano di polline; i fiori di Clusia blattophila producono un fluido contenete un feromone che attira i maschi degli scarafaggi. Anche la grandissima varietà genetica (che si traduce in numerosissime specie diverse anche in aree relativamente ristrette) contribuisce al successo di questo genere, cui ha permesso di adattarsi a molte nicchie ecologiche. Il risvolto negativo di tanta esuberanza è l'invasività: Clusia major (= C. rosea), estremamente decorativa sia per il portamento sia per le belle foglie carnose sia per i grandi fiori appariscenti, introdotta come ornamentale nelle Hawaii e in altri paesi tropicali, si è naturalizzata, trasformandosi in una minaccia per le specie autoctone. Questa stessa specie è la più nota anche da noi, dove è coltivata come pianta da appartamento.
Uno sguardo su...
Clusia major L. è un albero originario dei Caraibi e della Florida. E' una semiepifita, che nello stadio giovanile germoglia sulle rocce o su altri alberi, per poi emettere lunghe radici e trasformarsi in un arbusto o in albero che, crescendo, soffoca la pianta ospite. Può raggiungere anche i 18 metri, ha chioma densa e espansa, con foglie obovate e coriacee, lunghe 7-11 cm, con apice arrotondato o troncato e base cuneata; la pagina superiore è verde scuro brillante e quella inferiore verde-giallastro. Una curiosità: queste foglie possono essere "scritte", con le unghie o un oggetto appuntito (rimuovendo lo strato superiore verde scuro, la scritta rimane visibile in verde chiaro); per questo C. major in inglese è chiamata autograph tree, "albero degli autografi". I fiori, molto attraenti, hanno corolla appiattita con 6-8 petali, bianchi o rosati, carnosi, ovoidali o quali orbicolari, carnosi, con l'apice arrotondato con una piccola rientranza. Si aprono di notte, per richiudersi al mattino (tranne nelle giornate nuvolose). I frutti sono una capsula globosa, verde giallastra, nera a maturazione, di 5-8 cm di diametro, contenente semi gialli avvolti in una polpa aranciata. Sono velenosi per gli esseri umani, ma molto attraenti per gli uccelli, che contribuiscono alla loro dispersione. Introdotto come ornamentale in diverse aree tropicali, nelle Hawai e in Sri Lanka si è rivelata una specie molto invasiva, capace di distruggere per soffocamento le piante delle residue foreste pluviali originarie. Da noi è coltivata come pianta d'appartamento (in vaso non supera i due metri); spesso è commercializzata come C. rosea Jacq. (una specie molto simile, originaria della stessa area). Sono disponibili anche varietà con dimensioni contenute ('Nana') e foglie variegate ('Variegata').
Clusia orthoneura Standl. è originaria della Cordigliera orientale in Colombia, dove vive tra 800 e 1700 metri. E' anch'essa una semi epifita che, dopo aver radicato a terra, diventa un grande arbusto o un piccolo albero (12-15 metri di altezza), con chioma irregolare, densa, globosa, con foglie semplici, coriacee, ovoidali, con nervature secondarie parallele tra loro e ravvicinate; le foglie contengono un lattice bianco. Le infiorescenze, portate agli apici dei rami e raccolte in brevi racemi, hanno fiori rosati, con una macchia più scura alla base, e petali quasi triangolari, con apici tozzi, di consistenza cerosa. I frutti sono capsule ovoidali inizialmente verdi, rosse a maturazione. Anche questa bella specie è stata introdotta come ornamentale nei giardini tropicali, sebbene sia ancora rara in coltivazione.