ZenobiaZenobia (forma greca del suo nome, in aramaico Bath-Zabbai) nacque a Palmira intorno al 240 d.C.; il padre, denominato in alcune fonti Zanobi, in altre con i nomi greci Antioco o Achille, era governatore di Palmira; la madre forse era egiziana. Più tardi Zenobia diffonderà la leggenda di discendere da Cleopatra e dalla dinastia Seleucide. Di lei si dice che fosse molto bella, colta (parlava diverse lingue), abile a cavalcare e versata negli sport. Nel 258 sposò in seconde nozze Settimio Odenato, riconosciuto dai Romani re dei re di Palmira (dei Romani era il principale alleato in funzione antipersiana). Nel 266 la coppia ebbe un figlio, Vallabato; l'erede al trono però era Hairan, figlio di primo letto di Odenato. Padre e figlio nel 267 o 268 vennero assassnati da un parente, Maconio; secondo alcune fonti, la mandante sarebbe stata proprio Zenobia, desiderosa di governare e di assicurare la successione al figlio. In ogni caso, dopo la morte del marito assunse il potere a nome del bambino poco più che neonato.
Approfittando della grave crisi dell'Impero romano, i cui imperatori (prima Gallieno, poi Claudio il Gotico erano impegnati in Occidente contro i Goti), Zenobia concepì il progetto di rendersi indipendente, costruendosi un regno d'Oriente che rinverdisse i fasti della supposta ava Cleopatra. Affiancata da un abile generale, Zabdas e da consiglieri come l'ateniese Cassio Longino, nel 270 si autoproclamò Augusta; non solo riunì sotto la sua corona le terre formalmente romane, ma di fatto autonome, già governate dal marito (parte della Siria, Cilicia, Mesopotamia, parte dell'Arabia) ma attaccò terre romane come l'Egitto, la Giudea, l'Arabia romana; il suo regno raggiunse l'apogeo nel 271, quando giunse a controllare quasi tutto il Vicino Oriente dalla penisola anatolica all'Egitto. Nel 270 divenne imperatore Aureliano che, al momento impegnato nella guerra contro il regno indipendente delle Gallie, riconobbe il potere di Zenobia, concedendo al figlio Vallabato il titolo di dux Romanorum e alla stessa regina quelli di Augusta e Regina d'Egitto. Tuttavia nel 271, risolti i problemi in Occidente, volse le sue armi contro il regno di Palmira, deciso a cancellarne l'indipendenza. Dopo una serie di sconfitte, l'esercito palmireno fu costretto a arroccarsi nella capitale che venne posta sotto assedio. Aureliano offrì la resa a Zenobia, che rifiutò. Mentre la città continuava a resistere, la regina ne uscì cercando di raggiungere la Persia, dove sperava di trovare aiuto contro i Romani, ma fu raggiunta e catturata. Poco dopo (verso la fine del 272) la città si arrese. Forse ingannato dalla stessa Zenobia (la nostra fonte principale, la Historia Augusta, è piuttosto incline al leggendario), Aureliano ne fece giustiziare i principali collaboratori, ma salvò la vita alla regina, che fu condotta a Roma per essere esibita in catene nel trionfo dell'imperatore. Durante il viaggio, il figlioletto morì. Sulla fine di Zenobia possediamo due versioni nettamente divergenti. Alcune fonti affermano che morì poco dopo il suo arrivo a Roma, o decapitata dai Romani, o in seguito a uno sciopero della fame. Altre sostengono che Aureliano, ammaliato dalla sua bellezza e dalla sua raffinatezza, le donò una villa a Tivoli, dove essa sarebbe vissuta molti anni, diventando un personaggio di spicco dell'alta società romana, sposando un senatore e avendone diverse figlie che a loro volta avrebbero contratto matrimonio con membri dell'aristocrazia romana. La data della morte è dunque ignota. |
Fonti
G. Lovelli, Zenobia, la regina ribelle, https://mediterraneoantico.it/archivio-mag/zenobia-la-regina-ribelle/
G. Lovelli, Zenobia, la regina ribelle, https://mediterraneoantico.it/archivio-mag/zenobia-la-regina-ribelle/