Con la loro infinita gamma di colori e le fioriture che proseguono dall'autunno alla primavera inoltrata, le viole del pensiero sono tra i fiori più amati e più noti. Meno familiare è forse il nome botanico Viola × wittrockiana. Quel segno × ci dice che si tratta di un ibrido, anzi di un ibrido complesso, tra i cui genitori c'è certamente l'europea Viola tricolor, ma anche molte altre specie. L'eponimo è invece una dedica allo svedese Veit Brecher Wittrock, il quarto Professor Bergianus. Come studioso, la sua vita si divide nettamente in due fasi: prima di assumere l'incarico, fu assenzialmente un algologo, dopo allargò i suoi interessi soprattutto alle piante coltivate nonché alla storia della botanica. Il suo contributo più significativo è però forse il giardino stesso, di cui curò il trasferimento da Bergielund all'attuale sede di Frescati, trasformandolo in un orto botanico di concezione moderna. A ricordarlo il genere di alghe Wittrockiella e la Bromeliacea Wittrockia. ![]() Dalle alghe alle piante coltivate Dopo la morte di Johan Emanuel Wikström, l'Accademia delle scienze svedese scelse come suo successore sia come Professor Bergianus sia come curatore dell'orto botanico Nils Johan Andersson (1821-1880). Al contrario del suo stanziale predecessore, vantava un passato di viaggiatore. Tra il 1851 e il 1853, come botanico della spedizione, partecipò alla prima circumnavigazione svedese, a bordo della Eugenie, visitando le Hawaii e le isole dei mari del Sud, l'Australia, le Filippine, la California, molti porti del Sudamerica e facendo raccolte in Sudafrica. Al ritorno, fu nominato professore dell'Università di Lund e appunto, dal 1857, Professor Bergianus, nonché direttore del dipartimento di botanica del Museo di scienze naturali. Nei vent'anni in cui resse l'incarico, lavorò soprattutto sugli oltre 50.000 campioni raccolti in 30 paesi diversi durante il suo viaggio, ma pubblicò anche una serie di opere divulgative. E' onorato dal genere Anderssoniopiper, oggi ricondotto a Piper. Nel 1878 si ammalò e dovette lasciare prima l'incarico di curatore del dipartimento di botanica poi anche quello di Professor Bergianus. A sostituirlo nell'uno e nell'altro compito fu Veit Brecher Wittrock (1839-1914), prima come responsabile ad interim e professore associato, poi come titolare dal 1880. Wittrock era nato in una famiglia di origine tedesca immigrata dall'Holstein; si laureò in botanica a Uppsala e per tredici anni, dal 1865 al 1878, per mantenersi insegnò botanica, zoologia e lingua inglese in un ginnasio privato. Contemporaneamente, nel 1866 ottenne la libera docenza di botanica e dal 1873 tenne corsi di botanica a Stoccolma per conto dell'Associazione universitaria. Intanto aveva incominciato a farsi conoscere per i suoi studi sulle alghe, alle quali aveva già dedicato la tesi di dottorato. Nel 1867 pubblicò Algologiska Studier, in due parti, la prima dedicata alle alghe dei laghi e dei corsi d'acqua svedesi, la seconda alle alghe tropicali. Nel 1870 e nel 1874 fu la volta di due studi sulla famiglia Oedogoniaceae, seguiti nel 1877 dalla sua opera forse più importante sulle alghe (On the development and systematic arrangement of the Pithophoraceæ, a new order of algae) in cui stabilì l'ordine delle Pithophoraceæ e ne propose una sistemazione sistematica. Nel 1878 fu nominato professore associato dell'Università di Uppsala e poté lasciare l'insegnamento ginnasiale; poco dopo, in seguito alla malattia di Andersson, l'Accademia delle scienze gli chiese di occuparsi temporanemente delle collezioni di botanica del Museo nazionale; egli accettò e si trasferì a Stoccolma; l'anno successivo, come ho anticipato, succedette ad Andersson anche come Professor Bergianus. Anche se non abbandonò mai lo studio delle alghe (nel 1877 aveva cominciato a collaborare con Otto Nordstedt alla pubblicazione di una grande opera sulle alghe della Scandinavia, Algæ aquæ dulcis exsiccatæ, e avrebbe continuato a presiederla fino al 1903), il nuovo incarico impresse una svolta nei suoi interessi scientifici, che ora allargarono alle gimnosperme, con la monografia Skandinaviens gymnospermer (1887), e alle angiosperme; la sua opera più significativa di questi anni è probabilmente uno studio sulla flora dei ghiacci (1882). Nel 1885, nell'ambito del nuovo piano regolatore della città di Stoccolma, fu deciso di trasferire l'orto botanico dalla sede storica di Bergielund a Frescati, nella periferia nord della capitale. Wittrock condusse con abilità la vendita della vecchia sede e dei terreni annessi e con il capitale ricavato fu possibile creare un nuovo giardino di concezione più moderna, dotato di un dipartimento scientifico e di strutture all'avanguardia: l'Oragerie per le piante tropicali e un edificio per l'erbario, la biblioteca e gli uffici del personale. Nel 1899-1900 venne aggiunta una serra a cupola in vetro e acciaio per le ninfee, la Victoria regia e altre piante acquatiche e nel 1908, su espressa richiesta di Wittrock, una torre che avrebbe ospitato il suo studio e la sua collezione di semi e pigne. Nota come "torre di Wittrock" ancora oggi è una delle attrazioni del giardino. Anche se per qualche anno fu impegnato anche in politica (dal 1888 al 1890 fu deputato per il collegio di Stoccolma), a partire dal 1885 il giardino divenne il centro della vita professionale e privata di Wittrock, che di fatto mise fine ai viaggi e ne diresse da vicino la realizzazione, condotta in gran parte secondo i suoi progetti e vi contribuì generosamente anche con propri fondi privati. Un'altra importante innovazione fu nel 1890 la fondazione della rivista "Acta Horti Bergiani", sulla quale pubblicò una serie di studi descrittivi sulle piante coltivate nel giardino. Il più significativo è probabilmente quello dedicato alle viole del pensiero (1895-97), di cui stabilì la natura ibrida e la complessa genealogia. In riconoscimento del valore fondativo di questo contributo, nel 1925 Helmut Gams avrebbe denominato questa pianta Viola x wittrockiana. Wittrock si interessò anche di storia della botanica: ordinò una serie di ritratti di botanici e dal 1903 ne pubblicò il catalogo (Catalogus illustratus iconothecae botanicae horti Bergiani Stockholmiensis), arricchito da note biografiche e disegni dal vero; scrisse anche una biografia di Linneo, pubblicata nel 1907 in "Acta Horti Bergiani". Era membro di numerose società scientifiche: dal 1877 della Società delle Scienze di Uppsala, dal 1878 dell'Accademia delle Scienze, dal 1884 dell'Accademia di Agricoltura, dal 1901 della Società Fisiografica di Lund, dal 1908 della Società di Scienza e Letteratura di Göteborg. Nel 1909, seguendo l'esempio statunitense dei "fiori di stato", fu deciso di designare una pianta rappresentativa di ciascuna provincia svedese; una lista preliminare venne stilata da una commissione di insegnanti di botanica, ma quando non riuscirono a mettersi d'accordo sulla versione definitiva, l'incarico passò a Wittrock. Anche la sua lista non fu esente da critiche: in particolare a protestare violentemente furono la Scania e l' Hälsingland, che ottenero che le piante-simbolo fossero cambiate. In seguito ci furono ancora altri cambiamenti, ma la maggior parte delle piante delle province svedesi è ancora quella indicata da Wittrock. Attivo fino a tarda età, questi morì nel 1914, a settantacinque anni. ![]() Bromeliaceae dal Brasile Da entrambi i campi di studi nei quali si divise la sua attività di botanico è giunta a Wittrock la dedica di un genere valido. Come studioso di alghe è ricordato da Wittrockiella, un genere di alghe verdi della famiglia Pithophoraceae, di cui fu uno dei primi studiosi; come studioso di angiosperme, lo celebra Wittrockia, creato Carl Axel Magnus Lindman, che fu suo amico e collaboratore sia al Museo di scienze naturali sia all'Hortus Bergianus. Appartenente alla famiglia Bromeliaceae, questo genere comprende cinque specie endemiche del Brasile, in particolare della foresta costiera nota come Mata Atlantica, dove possono essere sia terrestri sia epifite. E proprio in Brasile Lindman raccolse la specie tipo, Wittrockia superba. Piuttosto grandi per gli standard di questa famiglia, hanno lunghe foglie raccolte in rosette anche di un metro di diametro. Spesso hanno i margini muniti di spine e macchiettature di colori contrastanti. L'infiorescenza, a forma di coppa e circondata da brattee, spesso vistosamente colorate, spunta per lo più direttamente al centro della rosetta, dove si raccoglie l'acqua piovana, formando una specie di vaso o nido. I singoli fiori, numerosissimi, e strettamente addensati, sono piuttosto piccoli e possono essere blu, viola o di altri colori, a seconda della specie. Dopo la fioritura, la pianta muore, ma prima, come altre Bromeliaceae, produce alla base ricacci più o meno numerosi. Probabilmente, l'unica specie usualmente coltivata è W. gigantea, introdotta con altri nomi dai vivai belgi fin dalla seconda metà dell'Ottocento; di dimensioni imponenti, ha foglie munite di spine marginali e infiorscenze circondate da brattee da rosa carico a viola, a seconda della varietà; tra queste ultime, si segnala 'Leopardinum' (introdotta come Canistrum leopardinum) con strette foglie lucide lunghe sino a 60 cm con macchiettature irregolari brune o verde scuro. Più recente l'introduzione di W. cyathiformis, caratterizzata da infiorescenze a coppa sorette da un lungo peduncolo e circondate da brattee rosa, Wittrockia è affine a Neoregelia, con la quale forma ibridi detti x Neorockia, caratterizzati da foglie dai colori brillanti come 'Golden Leopard’, verde lime con macchie più scure, o ‘Roasted Pheasant’, rosso magenta. Alcune specie, in precedenza assegnate a Wittrockia, sono state trasferite in altri generi: W. smithii è ora Nidularium amazonicum, W. paulistana è ora Canistrum paulistanum, W. spiralipetala è Neoregelia spiralipetala.
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Il botanico svedese Johan Emanuel Wikström fu benemerito soprattutto come redattore di una rassegna annuale delle pubblicazioni botaniche, un'impresa titanica che lo impegnò per un trentennio. Ma è a un'opera giovanile, una monografia sulla famiglia Thymelaeaceae, che deve la dedica del genere Wikstroemia, da alcune specie del quale si ricava la più pregiata delle carte giapponesi. Una dedica dunque azzeccata per un botanico "da scrivania" che più che la ricerca sul campo, frequentò erbari e biblioteche. ![]() Un botanico tra erbari e biblioteche Utilizzate nel restauro dei libri e di altri materiali cartacei, nell'arte e nell'artigianato, le carte giapponesi sono celebri per la loro altissima qualità. In Giappone sono dette washi, che significa appunto “carta giapponese”, in contrapposizione a youshi “carta occidentale”; fabbricate a mano secondo tecniche tradizionali, sono caratterizzate da estrema leggerezza e trasparenza, ma allo stesso tempo da notevole resistenza meccanica, grazie alle lunghe fibre; sono infatti costituite non dalla cellulosa ricavata da stracci, come nell'uso occidentale, ma dalle fibre ricavate dalla corteccia di diversi arbusti. La più raffinata, tanto da essere chiamata anche hishi “carta bella”, è la carta gampi, ottenuta dalle piante omonime, ovvero da diverse specie del genere Wikstroemia, la più importante delle quali è W. sikokiana, endemica delle foreste montane del Giappone centrale e meridionale. Il botanico che ha donato il suo nome a questo genere non visitò mai il Giappone, anzi uscì dai confini del suo paese natale solo due volte, per incontrare colleghi ad Amburgo e Copenhagen. Si tratta dello svedese Johan Emanuel Wikström (1789-1856), successore di Olof Swartz come secondo Professor Bergianus. I due, che come vedremo tra poco furono amici e collaboratori, condividevano l'ambiente sociale: entrambi nati nella Svezia meridionale, apparentenevano a famiglie benestanti ed erano figli di imprenditori. Obbedendo alla volontà paterna, nel 1806 il diciassettenne Wikström si iscrisse alla facoltà di legge dell'Università di Uppsala, conseguì la laurea e per qualche anno lavorò presso il tribunale distrettuale di Vänersborg. Non era però la sua vocazione: così tornò ad Uppsala per studiare medicina, conseguendo la laurea di primo livello nel 1815 e il dottorato nel 1817. Il più prestigioso dei suoi professori era Carl Peter Thunberg, che lo contagiò con la sua passione per la botanica e lo coinvolse nella sistemazione del suo erbario. Proprio con Thunberg discusse la tesi di dottorato, dedicata al genere Daphne (Dissertatio de Daphne). Nella prefazione, egli ringrazia tra gli altri Olof Swartz per avergli messo a disposizione le sue collezioni e la biblioteca di Bergielund; aveva infatti preso l'abitudine di trascorrervi le vacanze. Da Swartz forse ancor più che da Thunberg apprese il metodo di lavoro, interessandosi come lui a campi all'epoca poco battuti, come i licheni, cui dedicò Museum naturalium academiæ upsaliensis (1813), una storia della letteratura lichenologica svedese. Dopo la laurea, iniziò a lavorare come medico in un ospedale di Stoccolma; continuava però a frequentare assiduamente Bergielund, divenendo una sorta di assistente volontario di Swartz. Nel 1818 la morte improvvisa di questi cambiò per sempre la sua vita: l'Accademia delle scienze gli propose di assumere la direzione dell'orto botanico Bergius e di succedere al defunto anche come curatore della sezione botanica del Museo svedese di storia naturale. Wikström accettò e per la seconda volta cambiò mestiere, divenendo botanico a tempo pieno. Trasferitosi a Bergielund, gestì con successo il giardino e insegnò nella annessa scuola di orticoltura, tenendo anche dimostrazioni pratiche; dal 1821, a titolo gratuito ("per amore della scienza e della gioventù") divenne anche insegnante di storia naturale al Ginnasio di Stoccolma. Sono di questi anni un'ampia monografica sulla famiglia Thymelaeaceae (1818) e uno studio sul genere Rosa (1821). Nel 1821 fu ammesso all'Accademia svedese delle Scienze, che proprio quell'anno decise di pubblicare resoconti annuali delle ricerche e dei progressi scientifici, affidandoli a diversi accademici. A Wikström fu affidata la rassegna e la recensione delle pubblicazioni botaniche svedesi e straniere. Fu l'inizio di un lavoro gigantesco che lo avrebbe impegnato per più di trent'anni: i 32 volumi di Översikt av botaniska arbete och adverbör för aråden 1820-51, usciti tra il 1822 e il 1855, coprono il periodo che va dal 1820 al 1854, per un totale di 1200 pagine; di grandissimo valore, ottennero risonanza europea e furono in parte pubblicati anche in tedesco. Wikström vi lavorò da solo fino al 1842, poi fu affiancato da J. Müller e in parte da C. T. Beilschmied. Anche se era curatore del giardino da ben cinque anni, fu nominato Professor Bergianus solo nel 1823. Come prima, continuò a vivere in modo modesto a Bergielund, dividendo il suo tempo tra la gestione del'orto botanico, l'insegnamento e la ricerca. Dai contemporanei è stato descritto come un nerd, che trovava piacere solo nel lavoro. Oltre alla rassegna bibliografica, già di per sè estremamente impegnativa, scrisse quella che è considerata la prima storia della botanica svedese, Conspectus litteraturae botanicae in Suecia, che, partendo dagli inizi, copre il periodo fino al 1831. Inoltre, come curatore della sezione botanica del Museo di scienze naturali, riorganizzò l'erbario, che comprendeva le importantissime raccolte degli allievi di Linneo Thunberg, Sparrman e Osbeck, corredandole di note di notevole valore. A parte la partecipazione i due brevi viaggi a quali ho già accennato (nel 1820 e nel 1847) non si allontanò mai da Stoccolma e dai suoi dintorni, esplorandone a fondo la flora. Frutto di queste ricerche fu Stockholms flora (1840) che copre le prime 13 classi di Linneo. Alla flora esotica dedicò però due articoli pubblicati sui resoconti dell'Accademia delle scienze, uno sulla flora di Saint-Barthélemy (1825), l'altro su quella della Guadalupa (1827), basati rispettivamente sui materiali raccolti dai viaggiatori svedesi B. A. Euphrasen (1756-1796) e J. E. Forsstrom (1775-1824). Scrisse anche articoli su nuove specie di equiseti e felci. Nel 1832 fu tra i fondatori della Società svedese di orticoltura; era inoltre membro di diverse società scientifiche straniere, tra cui l'Accademia leopoldina. La sua salute, malferma fin dall'infanzia, negli ultimi anni andò deteriorandosi al punto da costringerlo quasi sempre a letto. Morì nel 1856. A succederli come Professor Bergianus fu Nils Johan Andersson (1821-1880), che fu anche il suo primo biografo. ![]() Wikstroemia ovvero gampi, pianta della carta A Wikström sono stati dedicati successivamente tre generi Wikstroemia: nel 1821 da Sprengel (non accettato, è sinonimo di Critonia, Asteraceae); lo stesso anno da Schrader (da respingere, è sinonimo di Gordonia, Theaceae); infine nel 1833 da Endlicher (Thymelaeaceae). Benché sia l'ultimo venuto, è questo il genere accettato (nomen conservandum). Nel creare il genere ("intermedio tra Daphne e Lagetta") Endlicher ricorda il nostro come autore della citata monografia sulla famiglia Thymelaeaceae. Egli si basò su una specie raccolta nell'isola di Norfolk da Ferdinand Bauer, W. australis. Altre specie erano già note, ma erano state assegnate ad altri generi, a cominciare da W. indica, pubblicata da Linneo come Daphne indica. Oggi al genere sono assegnate una novantina di specie, con due centri di diversità: da una parte l'Asia orientale con un'ottantina di specie, distribuite dal subcontinente indiano alle isole del Pacifico, con centro di diversità in Cina, con quasi 50 specie, di cui una quarantina endemiche; dall'altra un centro di diversità secondario alle Hawaii, con una dozzina di specie, note con il nome akia o akea. Un'unica specie, W. subspicata, è presente nella provincia del Capo orientale in Sudafrica. Le Wikstroemia sono prevalentemente arbusti o suffrutici, talvolta piccoli alberi e raramente erbacee perenni (W. linoides), in genere molto ramificati, con foglie sempreverdi o decidue opposte o alternate. I fiori sono raccolti in infiorescenze terminali o subterminali (spicate, racemose, umbelliformi o capitate, più raramente in pannocchie composte); hanno calice tubolare o cilindrico, giallo o verde, più raramente viola, rosso o bianco, con 4-5 lobi. Le specie hawaiane sono dioiche. Il frutto è una bacca succulenta, più raramente secca. Le specie di questo genere contengono una grande varietà di composti chimici e alcune sono fortemente tossiche; d'altra parte, hanno anche usi medicinali. W. indica, una specie di ampia diffusione (India, Cina meridionale, Sud est asiatico, Filippine, Australia), è una delle 50 erbe fondamentali della medicina tradizionale cinese; le ricerche hanno confermato proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie e potenzialmente antitumorali. Diverse specie trovano impiego nella fabbricazione della carta anche al di fuori del Giappone; oltre alla già citata W. sikokiana, ricordiamo W. trichotoma, utilizzata in Cina, Corea e Giappone, dove è chiamata ki gampi; W. canescens, utilizzata in Cina, Nepal e Pakistan; W. chamaedaphne, impiegata in Cina. La carta migliore rimane quella ottenuta da W. sikokiana; ma è anche la più costosa. Infatti questa specie si adatta difficilmente alla coltivazione e deve essere raccolta in natura; cresce molto lentamente e sono necessari da 5 a 7 anni perché raggiunga dimensioni sufficienti per la raccolta dei rami, dalla cui corteccia vengono ricavate le fibre; inoltre ha una resa molto bassa: occorre un quintale di corteccia di gampi per produrre da 3 a 5 kg di carta. Essendo insufficiente la produzione nazionale, si ricorre all'importazione della corteccia di altre specie, soprattutto W. retusa dalle Filippine, di qualità buona ma discontinua. Le caratteristiche che rendono unica la vera carta gampi sono la morbidezza setosa, la lucentezza e il naturale colore avorio; inoltre è naturalmente resistente all’acqua anche senza collaggio. È dunque soprattutto la carta degli artisti e dei calligrafi; fu anche la prima carta giapponese conosciuta in Europa, importata fin dal Seicento dalla Compagnia olandese delle Indie Orientali, l’unica autorizzata a commerciare con il Giappone; tra i suoi estimatori lo stesso Rembrandt che ne apprezzava la capacità di mantenere la linea inchiostrata con sorprendente chiarezza e profondità e la usò per le proprie acqueforti. Prima attivissimo esploratore dall'occhio di lince della flora della Giamaica e di altre isole delle Antille, poi autore di testi decisivi sia sulle piante di quell'area, sia di gruppi in precedenza poco studiati (orchidee, felci e licheni), Olof Swartz fu il più importante botanco svedese della generazione post linneana. Il suo apporto alla storia della tassonomia gli ha guadagnato il singolare onore di essere uno dei quattro botanici la cui sigla d'autore è di soli tre caratteri, Sw. A ricordarlo anche il bello e singolare genere neotropicale Swartzia. ![]() Dalla flora delle Antille alle orchidee e alle felci Nelle pubbblicazioni scientifiche (ma talvolta anche divulgative, come le schede di questo blog) i nomi botanici, sempre in corsivo, sono seguiti da un sigla in tondo, che indica l'autore di quell'entità. E' un accorgimento necessario per identificare quest'ultima con precisione, visto che le omonimie sono più frequenti di quanto si pensi: ad esempio, il binomio Potentilla adscendens è stato usato quattro volte da altrettanti autori per piante diverse: P. adscendens Waldst. & Kit. ex Willd, (1809), P. adscendens Lapeyr. (1813), P. adscendens Baumg. (1816), P. adscendens Zimmeter (1884); ovviamente, secondo la regola della priorità, solo il primo nome è legittimo, mentre gli altri sono illegittimi, ma non di meno esistenti. Per indicare il nome dell'autore si usano abbreviazioni standard, che possono essere costituite dal cognome intero (come Zimmeter, ovvero il botanico austriaco Albert Zimmeter), ma più spesso da una sigla: ad esempio Waldst. sta sta per Franz de Paula Adam von Waldstein, Kit. per Pál Kitaibel, Willd. per Carl Ludwig Willdenow. Secondo le regole del codice internazionale, nessuna sigla può avere meno di due caratteri. La più corta, e la sola che ne ha effettivamente due, è L., corrispondente al papà del sistema binomiale, Linneo ovvero Carl von Linné. Quattro soli autori, tutti importantissimi, hanno il privilegio di averne tre: Augustin Pyrame de Candolle (DC.), Elias Magnus Fries (Fr.), James Edward Smith (Sm.) e Olof Peter Swartz (Sw.). Tutti gli altri ne hanno quattro o più. Abbiamo già incontrato in questo blog James Edward Smith, che certamente si è guadagnato la curiosa esclusiva sia per i numerosi nomi pubblicati, oltre 1600, sia come fondatore della Linnean Society, dunque in un certo senso come erede diretto di Linneo; de Candolle, con i suoi oltre 17.000 taxa, è l'autore di gran lunga più prolifico; Fries deve il riconoscimento soprattutto al suo ruolo come padre fondatore della micologia (ha pubblicato "appena" 500 nomi di piante); quanto a Swartz, è anch'egli autore di oltre 1600 nomi, e soprattutto ha lasciato un'impronta indelebile nella classificazione di specifici gruppi di piante, come le orchidee e le felci. Nato a Nordkoping in Svezia, Olof Swartz ( 1760-1818 ) per ragioni anagrafiche non fu allievo diretto di Linneo, ma si formò alla sua scuola. Nel 1778, quando arrivò a Uppsala diciottenne per studiare medicina e scienze naturali, il vecchio Linneo era morto da pochi mesi; così il suo primo professore fu il figlio di Linneo Carl junior. Ma il suo vero maestro fu Carl Peter Thunberg, che nel 1779 ritornò dai suoi viaggi in Sudafrica e Giappone e per qualche anno fu dimostratore di botanica a Uppsala, per poi assumere la cattedra alla morte di Carl junior nel 1784. Da lui, con il quale strinse una duratura amicizia, Swartz apprese i metodi del lavoro sul campo con una serie di spedizioni estive in varie province della Svezia, la più impegnativa delle quali nel 1780, insieme ad altri studenti lo portò in Lapponia, ripercorrendo l'itinerario di Olof Rudbeck e Linneo; l'anno successivo fu nell'isola di Åland e visitò anche Gotland. In queste spedizioni per così dire casalinghe dimostrò il suo occhio di lince con una serie di prime segnalazioni per la Svezia e qualche nuova scoperta. Il suo interesse principale andava ai muschi, un gruppo di piante poco studiate; nei pressi di Uppsala scoprì una nuova specie, Jungermannia sertularoides, che fu pubblicata dal figlio di Linneo con l'annotazione "Scoperta da Ol. Swartz, studioso di botanica di ottime speranze". E proprio ai muschi nel 1781 dedicò la sua dissertazione di primo livello, De Methodo Muscorum, di fatto il primo testo svedese sulle briofite. Nel 1783 superò l'esame come candidato di medicina. Era deciso a partire e a fare nuove esperienze. Poteva farlo a spese proprie (anche se non lautamente), avendo ereditato dal padre, un manifatturiere di successo, un piccolo patrimonio. Poco dopo l'esame, lasciò Uppsala per Goteborg; in attesa di un imbarco fece visita a Alströmer a Christinedal e strinse amicizia con i suoi assistenti Fagraeus e Dahl. , anche loro discepoli di Linneo e attivi nel Gabinetto di storia naturale del possidente. Finalmente ad agosto si imbarcò su una nave mercantile diretta a Boston, dove arrivò ad ottobre. Vi si trattenne circa otto settimane, facendo qualche raccolta e visitando l'accademia di Cambridge (ovvero la futura università di Harvard) che lo deluse. La vera meta era la Giamaica. Lasciata Boston alla fine di novembre, vi arrivò il 5 gennaio 1784. La flora dell'isola era già stata esplorata da importanti botanici, a partire da Sloane per arrivare a von Jacquin; ciò nonstante, nell'anno e mezzo in cui la esplorò in quasi ogni angolo, dalla cosiddetta Cickpit Country ad ovest alle Blue Mountains ad est, scoprì centinaia di specie nuove per la scienza; lavorava metodicamente, raccogliendo un numero impressionante di campioni di erbario (oltre 6000) e prendendo note accurate; artista di talento, disegnò inoltre dal vero numerose piante. Visitò anche Haiti, Cuba e alcune isole minori. Oltre alle piante, raccolse anche insetti e uccelli, ma i campioni andarono in gran parte distrutti nel corso di un uragano. Affrontò anche una grave malattia. Infine nell'autunno del 1786 salpò per Londra, dove aveva già spedito due casse di materiali, portando con sé il grosso del suo erbario. Londra, dove si trovavano gli erbari di Sloane, di Patrick Browne e altri botanici che prima di lui avevano esplorato le Antille, era una tappa obbligata nel suo progetto di scrivere una flora sistematica delle isole. Banks gli mise a disposizione la biblioteca e le sue collezioni e rimase fortemente impressionato dalla sua competenza; scrisse a Smith: "Swartz è il miglior botanico che abbia mai visto dai tempi di Solander" e gli propose un posto come "botanico itinerante" (ovvero cacciatore di piante) della Compagnia delle Indie. Swartz desiderava tornare in Svezia e rifiutò; mise a frutto il soggiorno londinese scrivendo Prodromus descriptionum vegetabilium: maximam partem incognitorum quæ sub itinere in Indiam Occidentalem annis 1783-87, che poi fu pubblicato a Stoccolma subito dopo il suo ritorno in Svezia nell'autunno 1787. L'opera contiene la descrizione di 61 generi e 955 specie, molte delle quali nuove per la scienza. Tra i generi di nuova introduzione, la maggior parte è tuttora valida; sono Alchornea, Ardisia, Brosimum, Chloris, Cranichis, Ernodea, Evolvulus, Gymnanthes, Hoffmannia, Labatia, Lacistema, Leersia, Marattia, Marila, Microtea, Ochroma, Picramnia, Rochefortia, Tanaecium, Tetranthus, Trixis, Wallenia. Le specie tuttora accettate sono centinaia. Priva di immagini e con un testo succinto, limitato a una breve diagnosi e, per le specie note, ai rimandi bibliografici, era concepita da Swartz come un semplice Prodromus, preliminare a una pubblicazione più sostanziosa, cui cominciò a lavorare immediatamente. Completata già nel 1788, non poté essere stampata fino al 1791, da un editore tedesco, con il titolo Observationes Botanicae. Presentata come supplemento all'edizione di Murray (1784) del Systema Vegetabilium di Linneo per le Indie occidentali, era caratterizzata da diagnosi molto più dettagliate e comprendeva anche undici incisioni tratte da disegni dello stesso Swartz. Al momento del suo rientro in Svezia, egli non aveva alcuna posizione accademica, anche se durante la sua assenza, grazie a Thunberg, era stato dichiarato dottore in medicina. Poté però dedicarsi interamente alla botanica vivendo, sia pure assai parcamente, dell'eredità paterna. Inoltre nel 1789 il re lo nominò curatore delle collezioni di storia naturale di Drottningholm. Lo stesso anno fu ammesso all'Accademia svedese delle scienze. A mutare drasticamente la sua vita fu il generoso dono dei fratelli Bergius che istituì l'orto botanico Bergianus e la connessa cattedra; nel suo testamento Peter Jonas Bergius raccomandò che a ricoprire l'incarico fosse appunto Swartz, con il quale corrispondeva da molto tempo. La sua volontà fu rispettata dall'Accademia delle scienze e nel 1791 egli divenne il primo professor Bergianus. Da quel momento divise la sua vita tra la casa di città dove trascorreva l'inverno, e la residenza di Bergielund, dove si trasferiva nei mesi estivi. Prese molto sul serio il compito di curatore del giardino, trasformandolo in un giardino modello, tenendo lezioni e pubblicando articoli di orticoltura e giardinaggio; inizialmente l'Accademia delle scienze gli versava l'affitto del giardino, ma ciò comportava obblighi onerosi, che sottraevano tempo al lavoro scientifico. A partire dal 1796 rinunciò all'affitto e si trasferì permanentemente a Bergielund, mantenendo però lo stipendio come professor Bergianus. Come botanico, era attivissimo. Tra il 1788 e il 1807 fece numerose spedizioni in Svezia, spesso coronate da nuove scoperte. Ma soprattutto scrisse e pubblicò moltissimo. Il primo progetto cui diede mano fu una flora complessiva delle Indie occidentali, che avrebbe dovuto essere illustrata da tavole a colori tratte dai suoi disegni; si rivolse ancora una volta all'editore di Erlangen che aveva pubblicato l'opera precedente, ma la guerra dilatò i tempi. Molti disegni andarono perduti in mare e i 200 che egli spedì nel 1796 non furono mai pubblicati. Alla fine, Flora Indiae Occidentalis venne pubblicata in tre volumi tra il 1797 e il 1806, ma senza illustrazioni; solo 13 furono pubblicate nei due fascicoli di Icones plantarum incognitarum (1794 e 1800). Rispetto alle due opere giovanili, è un ulteriore ampliamento che, oltre a tenere conto delle ricerche di altri botanici, include un gran numero di specie nuove; particolarmente significativa la trattazione delle orchidee, che passano dai sette generi del Prodromus a 13, con 37 specie. Insieme ad esso, è considerato una pietra miliare delle studio delle orchidee tropicali. A partire dal 1802, fu coinvolto nella grande flora svedese illustrata Svensk botanik diretta da Johan Wilhelm Palmstruch, per la quale scrisse alcuni testi; dopo la morte Conrad Quensel, ne divenne il principale redattore; collaborò inoltre all'opera gemella Svensk Zoologi. Scrisse infatti anche di zoologia, sebbene il suo interesse principale sia rimasto sempre la botanica. Oltre alla flora delle Antille, i suoi contributi più incisivi riguardano le orchidee e le felci. Tra il 1799 e il 1800 sulla rivista dell'Accademia delle scienze pubblicò una serie di articoli sulla classificazione delle orchidee, probabilmente i primi esclusivamente dedicati a questa famiglia, con un'analisi dettagliata della struttura dei fiori e la distinzione in due gruppi, orchidee con due antere (24 generi) e con due antere (un genere, Cypripedium). Fu anche l'atto di fondazione di generi come Cymbidum, Dendrobium, Disperis, Oncidium, Stelis. Scritti in svedese e poi tradotti in inglese e latino, guadagnarono a Swartz il titolo di "padre dell'orchidologia". Nel 1805 gli articoli furono ripubblicati in latino con il titolo Genera et species Orchidearum systematice coordinatarum. Nel 1806 pubblicò Synopsis filicum, un manuale sulle felci, in cui, basandosi sui criteri di classificazione elaborati da James Edward Smith, ovvero la forma e la caratteristiche dei sori e dell'indusio, trattò 33 generi e circa 700 specie; anche se diversi generi erano molto ampi e innaturali, la sua trattazione fu quella più seguita per almeno una trentina di anni, fino alla profonda revisione operata dal boemo Presl. Un altro campo in precedenza poco battuto cui Swartz diede un notevole contributo fu lo studio dei licheni. Nel 1811 pubblicò Lichenes americani, con la descrizione sia dei licheni raccolti durante la spedizione nelle Antille, sia provenienti da altre aree dell'America; le pregevoli illustrazioni sono di sua mano. L'opera ispirò le ricerche di Erik Acharius; Swartz gli mise a disposizione le sue collezioni e lo sostenne nello sviluppo di un nuovo sistema di classificazione. Un altro giovane scienziato profondamente influenzato da lui fu Elias Fries, che incoraggiò nello studio delle crittogame e dei funghi. Nel 1811 divenne segretario permanente dell'accademia delle scienze, incarico che andava a sommarsi a quelli di curatore delle collezioni reali e di Professor bergianus. Il carico di lavoro divenne molto pesante, ma egli lo svolse con la consueta dedizione e serietà, da una parte rafforzando la reputazione della scienza svedese all'estero (egli stesso era membro di 22 società scientifiche), dall'altro sostenendo giovani ricercatori come il già citato Fries, Wahlenberg e Hartman. Già Cavaliere dell'Ordine di Vasa dal 1808, nel 1814 fu nominato Commendatore dell'Ordine della Stella Polare. Morì nel 1818, ad appena 58 anni, in seguito ad un'infreddatura contratta durante un'escursione. Oltre che per la sua incredibile capacità di lavoro, era riconosciuto per il carattere aperto e la generosità con cui cedeva i doppioni delle sue raccolte e metteva a disposizione di altri studiosi le sue collezioni, in base alla profonda convizione che il progresso scientifico nasca dalla collaborazione e non dal genio del singolo. ![]() Alberi tropicali per un esploratore della flora americana Come esploratore della flora delle Antille e studioso di orchidee, Swartz è ricordato dall'eponimo di numerose specie, come Dendropanax swartzii o Dendrobium swartzii. Nel 1791, due botanici tedeschi, Johann Christian Daniel von Schreber e Johann Friedrich Gmelin, gli dedicarono due generi Swartzia, Quello è accettato è quello di Schreber, il quale non aggiunse alcuna motivazione, ma vi inserì alcune specie descritte da Swartz nel Prodromus. Swartzia Schreb., famiglia Fabaceae, comprende poco meno di 200 specie esclusive dell'America tropicale, diffuse principalmente nelle foreste pluviali di bassa quota, ma presenti anche in altri ambienti, come le savane, le foreste premontane e le foreste stagionalmente aride. E' distribuito dal Messico e dai Caraibi alla Bolivia e al Brasile meridionale, con il centro di diversità è l'Amazzonia dove nella stessa area possono convivere anche una decina di specie. Per la presenza in ambienti così vari e la differenziazione in così tante specie spesso di limitata diffusione è considerato un esempio di "evoluzione esplosiva". Sono principalmente alberi, da quelli di piccole dimensioni che vivono nel sottobosco ai giganti le cui chiome emergono nello strato superiore o canopia. Le specie della savana sono invece per lo più arbustive. A caratterizzare questo genere è soprattutto la peculiare morfologia dei fiori; nella maggior parte delle specie presentano un singolo petalo di grandi dimensioni, eretto in funzione vessillifera, bianco o giallo; nelle specie della sezione Terminales, i petali mancano. Gli stami sono numerosissimi e si presentano in due forme: la maggior parte sono brevi e si appressano nel centro del fiore; pochi altri, in numero variabile secondo la specie, sono molto più lunghi, ricurvi e protrusi all'esterno. I fori sono riuniti in infiorescenze che possono nascere direttamente dal tronco. I frutti sono follicoli o legumi, per lo più deiscenti che contengono da uno a più semi avvolti in un arillo. Tra le specie più notevoli, S. panacoco, nota con il nome comune di ebano brasiliano, un albero della Guiana il cui legame duro e durevole, di un colore dal bruno oliva scuro al nero, è usato in ebanisteria; purtoppo, come spesso accade in questi casi, è a rischio per l'eccessivo sfruttamento. S. simplex è invece una specie di ampia diffusione (dal Messico al Brasile) delle foreste pluviali, di altezza media (da 5 a 15 metri), con una chioma di forma irregolare quando cresce nel sottobosco, di forma regolare e più ricca di foglie quando cresce in aree dove riceve più luce; oltre che per il legname è utilizzata localmente per i frutti che contengono semi circondati da una polpa edule. La specie più bella è considerata S. macrosema (sin. S. auresosericea), endemica delle foreste montane amazzoniche tra Ecuador, Perù e Colombia; i suoi fiori sono caratterizzati da un grande vessillo giallo-oro, che ricorda quasi un ventaglio plissettato, da numerisissimi piccoli stami raggruppati al centro e da quattro stami protrusi, uno dei quali lunghissimo. I fiori di Swartzia sono impollinati da imenotteri, in particolare appartenenti ai generi Xylocopa e Trigona. A più riprese, trasportati dalle navi della Compagnia svedese delle Indie orientali che fanno scalo al Capo di Buona Speranza di ritorno dalla Cina, arrivano a Linneo cesti e cassette con il gradito dono di piante, bulbi, insetti sudafricani. Il donatore è il governatore Ryk Tulbagh, abile e solerte funzionario coloniale appassionato di scienza. E Linneo lo ricambierà con la dedica dell'odorosa ma bellissima Tulbaghia. ![]() Dalla gavetta a padre della Colonia Il 22 febbraio 1751, la Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) nominò governatore della Colonia del Capo il cinquantenne Ryk Tulbagh (1699-1771) che assunse il suo incarico il seguente 15 aprile. Era il culmine di una carriera partita dalla gavetta. Nato in una modesta famiglia di Utrecht, che durante la sua infanzia si era trasferita a Bergen-op-Zoom, vi frequentò le scuole e imparò il suo latino; quindi a sedici anni si imbarcò su una nave della VOC diretta al Capo, con un contratto di cinque anni come apprendista, che poteva comportare di "imbracciare un moschetto o impugnare una penna". Diligente, industrioso e di buone maniere, si fece presto notare dai superiori; a diciannove anni fu nominato assistente segretario del Consiglio di Polizia, e tre anni dopo fu promosso impiegato capo e segretario del Consiglio. Era un compito di responsabilità che comportava una stretta relazione sia con il governatore, che presiedeva quell'organismo, sia con la direzione della VOC (i famosi, o famigerati, 17 signori). Nel 1725 sposò Elizabeth Swellengrebel, sorella di un membro del Consiglio, Hendrik Swellengrebel. Nel 1728 ottenne il rango di mercante junior (al di là del nome, si trattava di un grado gerarchico che non implicava necessariamente compiti di compravendita), un seggio nella corte di giustizia ed entrò a fare parte del Consiglio con diritto di voto. Nel 1732, fu promosso mercante senior. Nel 1737 alla morte del governatore Adriaan van Kervel, il Consiglio dovette affrontare una decisione difficile. La consuetudine voleva che fosse nominato governatore il secunde, ovvero il funzionario di più alto rango dopo il governatore stesso; a rivestire questo ruolo era Hendrik Swellengrebel, il cognato di Tulbagh. Tuttavia il fiscale Daniël van den Henghel rivendicava per sè l'incarico, in quanto mercante senior da un numero maggiore di anni. Quando si passò ai voti, i due candidati risultarono in parità. Si decise perciò di ricorrere al sorteggio, che favorì van den Henghel. La decisione definitiva però spettava ai 17 signori; appena furono informati, censurarono l'operato del Consiglio e stabilirono che van den Henghel tornasse al ruolo precedente, Hendrik Swellengrebel fosse promosso governatore e Ryk Tulbagh secunde, ruolo che ne faceva il presidente dell'Alta corte e gli apriva la strada di futuro governatore. Tulbagh affiancò il cognato per 14 anni e quando questi lasciò l'incarico per stabilirsi in Olanda, gli succedette puntualmente. Fu poi governatore per un ventennio (fino alla morte, avvenuta nel 1771), segnando profondamente la vita della Colonia. Con trent'anni di esperienza amministrativa, conosceva perfettamente tutti i problemi di affrontare. Privo di figli, e rimasto vedovo fin dal 1753, poteva dedicare tutto il suo tempo e le sue energie ai suoi amministrati, che presero a chiamarlo affettuosamente "papà Tulbagh ". La più celebre delle sue iniziative, tuttavia, certo non fu gradita a tutti: sul modello già imposto a Batavia, introdusse una legge suntuaria che vietava gli abiti di velluto, di seta o con strascico, le carrozze ornate con stemmi, le ostentazioni durante i funerali e l'uso di ombrelli parasole retti da schiavetti (erano uno status symbol). Né tutti avranno approvato il Codice Tulbagh emanato nel 1754, che rendeva meno dura la condizione dei neri: quelli nati liberi (Fryswartes) ottenevano la parità legale, mentre agli schiavi era concesso di praticare un mestiere per mantenersi ed acquistare la propria libertà; la pena di morte rimaneva solo per chi avesse ucciso il proprio padrone, mentre per reati minori era previsto il lavoro forzato. A conquistare l'affetto degli abitanti della colonia furono invece certamente la costruzione di nuove strade e di nuove aree urbanizzate, l'installazione di prese d'acqua nelle vie cittadine per combattere tempestivamente gli incendi, la creazione di una stazione di polizia, le misure sanitarie contro le ricorrenti epidemie di vaiolo, l'apertura della prima biblioteca pubblica. Durante il suo mandato, riprese anche l'esplorazione del territorio. Nel 1752 ricorreva il centenario della creazione della Colonia, Oltre a celebrarlo con una solenne cerimonia e con un banchetto cui furono invitati i borghesi della città e gli ufficiali delle navi straniere che in quel momento erano all'ancora nella Baia, Tulbagh volle solennizzarlo con una spedizione, la più vasta dai tempi di Simon van der Stel nel 1685. Il primo scopo era comprendere meglio la situazione ai confini orientali della colonia, che non erano mai stati definiti con esattezza. In teoria il confine era il Great Fish River, ma da tempo gruppi di cacciatori e allevatori lo avevano superato e non erano mancati tragici scontri popolazioni locali, soprattutto con i Bantu, che a loro volta muovevano verso sud e verso occidente alla ricerca di nuovi pascoli. La spedizione si svolse tra il febbraio e il novembre 1752 e coinvolse ben 71 persone e un convoglio di undici carri, sotto il comando dell’insegna August Frederik Beutler; oltre a un cartografo, un diarista ufficiale e un chirurgo, c’era anche un addetto alla raccolta delle piante, il sorvegliante del granaio della compagnia Hendrik Beenke. Muovendosi verso nord est, il gruppo esplorò i territori dei Thembu e degli Xhosa fino al Qora River. Una spedizione anche più imponente avvenne una decina di anni dopo. Nel 1760 il fattore Jakobus Coetse fu autorizzato a una spedizione di caccia agli elefanti; dopo aver attraversato le Copper Mountains, piegò a nordest e dopo dodici giorni giunse al Gariep, o “Grande fiume” (qualche anno dopo sarebbe stato ribattezzato Orange River) e ne seguì il corso per un tratto. Al ritorno, ne parlò con il capitano Hendrik Hop. Questi propose a Tulbagh di inviare una spedizione ad esplorare il territorio scoperto da Coetse. Diretta dallo stesso Hop, essa si svolse tra il luglio 1761 e l’aprile 1762 e vide la partecipazione sia di una trentina di coloni volontari (tra cui Coetse) sia della VOC, che fornì tre carri, armi, materiali e una cinquantina di portatori ottentotti e personale tecnico: un topografo, un esperto di metallurgia e il capo giardiniere Johann Andreas Auge. Il gruppo si mosse lungo l’itinerario già percorso l’anno prima da Coetse e dopo aver attraversato il fiume, si spinse a nord fino all’attuale Warmsbad in Namibia dove giunse in dicembre; l’estrema aridità di questa regione li costrinse a ritornare sui loro passi. In seguito a queste spezioni, nel 1770 Tulbagh fissò i confini della colonia al distretto di Swellendam a est e ai monti Swartberg a nord. Di fatto, non furono mai rispettati né dai coloni né dai Bantu, Veniamo ora alla politica culturale di Tulbagh che, nonostante la sua limitata formazione, era un uomo colto che padroneggiava perfettamente il latino e il francese; di mente aperta, abbandonò il tradizionale atteggiamento di chiusura e di sospetto con il quale la VOC guardava agli stranieri. Poco dopo la sua nomina, arrivò dalla Francia l’abate Louis-Nicolas de Lacaille (o La Caille, 1716-1772), inviato dall’Accademia delle Scienze a fare osservazioni astronomiche e geodetiche. Tulbagh fece costruire per lui un osservatorio, attrezzato con gli strumenti che questi aveva portato dalla Francia. Nell’arco di circa due anni (aprile 1751-marzo 1753), l'abate fece straordinarie osservazioni: catalogò circa 10.000 stelle del cielo australe, determinò la longitudine dell’insediamento, misurò la lunghezza di un grado di latitudine e corresse la carta del territorio fino a St Helena Bay. Durante il suo soggiorno, mandò periodicamente a Parigi esemplari naturali, inclusi semi e bulbi, e al suo ritorno portò con sé un erbario per il Jardin des Plantes. Come abbiamo visto, durante le spedizioni, e certamente anche al di fuori di esse, venne promossa la raccolta di esemplari di piante e animali; gli archivi attestano che membri della Compagnia erano regolarmente inviati alla ricerca di piante, erbe e insetti. Il più attivo di questi raccoglitori era certamente Johann Andreas Auge (1711-ca. 1805) che Tulbagh promosse sovrintendente del giardino della VOC al Capo. Le raccolte erano destinate al giardino stesso, ma anche agli orti botanici di Leida e Amsterdam, nonché a scienziati europei. Il più noto di questi corrispondenti è indubbiamente Linneo, con il quale il governatore probabilmente entrò in contatto intorno al 1760 attraverso il capitano Ekeberg. Nel 1761 gli inviò circa 200 piante, diversi uccelli impagliati, una collezione di bulbi e una cinquantina di tipi di semi, presumibilmente raccolti da Auge. Linneo espresse la sua soddisfazione con una lettera di ringraziamento che purtroppo non ci è pervenuta. Tulbagh replicò con l'invio di una cassa con 63 tipi di bulbi da fiore, un cesto con 82 tipi di semi e una cassetta dei "migliori insetti che offre questo paese" (lettera del 25 aprile 1763). La risposta di Linneo (lo vedremo meglio più avanti) fu la dedica del genere Tulbaghia, annunciata con una lettera datata 30 giugno 1764. La corrispondenza continuò negli anni successivi, ma tutte le lettere sono andate perdute, tranne quella inviata da Tulbagh il 20 marzo 1769 in cui promette l'invio di altri bulbi e di un "libro di piante secche", ovvero un erbario. Forse esso non avvenne mai: Tulbagh sarebbe morto poco più di un anno dopo, e anche la salute di Linneo aveva cominciato a declinare. Poté però approfittare degli invii del governatore per descrivere numerose piante sudafricane in Mantissa plantarum altera (1771), una delle quali è appunto quella dedicata al generoso governatore, T. capensis. ![]() Bulbose in technicolor Torniamo dunque a quella lettera del 1764 in cui Linneo annuncia la creazione del genere Tulbaghia, accludendo anche un disegno della pianta che, confida, "sarà un monumento duraturo a Vostro Onore finché perdurerà la tribù dei vegetali"; chiede poi di inviargliene qualche bulbo, "affinché possa essere propagata e diffusa in tutti i giardini d'Europa, così da rendere il vostro nome familiare a tutti gli amanti delle piante rare e belle". Quindi si congratula con Tulbagh per abitare (e governare) un vero paradiso terrestere, e conclude: "Se potessi scambiare il mio destino con quello di Alessandro Magno, di Salomone, di Creso o di Tulbagh, senza esitazione preferirei quest'ultimo". Oggi il genere Tulbaghia (famiglia Amaryllidaceae) comprende 28 specie di bubose, distribuite principalmente nella Provincia del Capo orientale. La loro caratteristica più evidente è il pronunciato odore agliaceo delle foglie, da cui il nome comune wild garlic, o anche society garlic, forse perché tendono a formare gruppi fitti e compatti, oppure perché il loro odore, meno pungente di quello dell'aglio, li rende adatti ad essere consumati in società. Sono per altro piante molto belle, spesso con fiori dal colore insolito e con una struttura singolare, data da sei tepali più o meno stretti e da una piccola "corona centrale", a volta in colore contrastante. La specie più rustica e più frequentemente coltivata da noi è T. violacea che nel corso dell'estate produce splendidi fiori viola ametista che, a dispetto dell'odore delle foglie, sono anche piacevolmenti profumati. Vale però la pena di menzionare almeno T. acutiloba, con fiori a tromba con tepali bianco-verdastro e corona aranciata, la candida T. cominsii, la gialla T, dregeana, la rossa T. capensis che profuma di notte. Qualche approfondimento nella scheda. Ad aprire a Linneo e ai suoi allievi il ricco terreno di raccolta della Colonia del Capo, fino ad allora gelosamente riservato ai botanici olandesi, furono l'intraprendenza e l'abilità diplomatica del capitano Carl Gustav Ekeberg, che riuscì a instaurare eccellenti contatti con il governatore Tulbagh. Grazie a lui le navi della Compagnia svedese delle Indie orientali poterono fare scalo a Table Bay e all'apostolo di Linneo Anders Sparrmann fu concesso di stabilirsi per qualche tempo al Capo. Proprio Sparmann volle ringraziarlo con la dedica del genere Ekebergia. ![]() Un capitano scienziato e artista La triangolazione Svezia - Cina - Capo di Buona Speranza, che abbiamo incontrato a proposito della raccolta di piante sudafricane donata da Grubb a Bergius fu resa possibile dall'intraprendenza di un capitano della Compagnia svedese delle Indie orientali (SOIC). In precedenza, poiché la Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) non ne vedeva di buon occhio la concorrenza, le navi della SOIC in rotta per e dalla Cina, non facevano scalo al Capo, preferendo piuttosto Sant'Elena o il Madagascar. A mutare la situazione, fu in primo luogo nel 1751 la nomina a governatore della colonia del Capo di Rijk Tulbagh (1699-1771), che mise fine all'"autarchia naturalistica", accogliendo volentieri scienziati europei in visita in Sudafrica. Di questa nuova disponibilità poté approfittare appunto il capitano Carl Gustav Ekeberg (1716–1784), accreditandosi agli occhi di Tulbagh come scienziato e cartografo. Ma andiamo con ordine. Ekeberg è celebre come capitano e cartografo, ma ebbe una formazione insolitamente ampia e varia. Tra il 1726 e il 1729 studiò chimica all'università di Uppsala; in questo periodo potrebbe aver conosciuto Linneo, che vi arrivò a come studente nel 1728, ma la loro amicizia probabilmente iniziò qualche anno dopo. Infatti già nel 1730 Ekeberg si trasferì a Västerås per iniziare l'apprendistato di sei anni come farmacista presso G. Wessel; completò poi l'apprendistato a Turku, dove poi fu farmacista per due anni. Contemporaneamente studiò anche medicina all'università di Turku, tanto che nel 1738 lo troviamo nelle vesti di medico di bordo in due viaggi su navi mercantili dirette in Spagna. Avido di assorbire nuove conoscenze, ebbe così modo di imparare le tecniche di navigazione. Nel 1742 passò al servizio della SOIC per la quale avrebbe lavorato per oltre trent'anni, partecipando a non meno di dieci viaggi sulla rotta cinese e divenendone il capitano più celebre. Il suo primo ingaggio fu come quarto ufficiale della Drottningen af Swerige; fu un viaggio difficile che ebbe il sapore di una vera e propria iniziazione. Lasciata Göteborg il 10 gennaio 1742, dopo appena due settimane di navigazione la nave urtò uno scoglio sulla costa norvegese. La falla fu riparata, ma rallentò la navigazione. A Cadice, dove abitualmente le navi svedesi facevano scalo per scambiare il ferro e altre merci con l'oro necessario per gli acquisti in Cina, il secondo ufficiale disertò mentre il primo ufficiale fu arrestato. Tutti questi contrattempi rallentarono il viaggio; solo a novembre, la Drottningen af Swerige raggiunse l'isola di Hainan nel mar cinese meridionale, dove fu costretta a sostare per sei mesi; a marzo ripartì, ma mancò la rotta, finendo nelle isole Marianne. Solo ad aprile raggiunse Macao e da qui Canton. Le disavventure non erano finite: in un incendio, scoppiato nei magazzini della compagnia parte delle merci già scaricate andò perduta; ad agosto il capitano Peter von Utfall morì e il nostro Ekeberg venne promosso sul campo secondo ufficiale, ricoprendo questo ruolo nel viaggio di ritorno, finalmente senza contrattempi. Il 25 luglio 1744 la nave toccava le coste svedesi; nonostante tanti guai, il carico di tè e altre merci cinesi diede agli azionisti un dividendo del 105% sul capitale investito. Fu invece come terzo ufficiale che nel 1745 Ekeberg si imbarcò sulla Stockholm; fu un viaggio brevissimo e sfortunato: partita il 9 gennaio, tre giorni dopo la nave, insieme alla Drottningen af Swerige, naufragò al largo delle isole Shetland. Ekeberg riuscì a raggiungere la riva aggrappandosi a parti del relitto, ma al mattino i suoi capelli erano diventati bianchi; quindi rimase nelle isole per tre mesi e ne approfittò per fare osservazioni naturalistiche e etnologiche. La terribile avventura non era tale da scoraggiare il nostro, che il 27 dicembre 1746 era di partenza per il suo terzo viaggio, nelle vesti di secondo ufficiale della Götha Leijon; la SOIC, per incrementare le entrate, aveva deciso di saggiare le potenzialità del mercato indiano; così, prima di raggiungere Canton, la nave fece un lungo scalo a Surat; anche se non ci furono incidenti, il viaggio si protrasse dunque per quasi tre anni, concludendosi nel giugno 1749. Nel 1750 Ekeberg ebbe finalmente il suo primo comando sulla Freden; il suo compito era però un po' triste: dopo due viaggi in Cina, la nave non teneva più bene il mare e si trattava di portarla a Cadice per essere venduta. Così fu; quindi, conclusa la vendita Ekeberg e l'equipaggio tornarono a casa a bordo di un'altra nave. Nel dicembre 1751, Ekeberg riparti per il suo terzo viaggio cinese, come primo ufficiale della Hoppet. Nel 1755 fu promosso tenente dell'Ammiragliato. Lo stesso anno lo ritroviamo sulla rotta cinese come primo ufficiale della Princessan Sophia Albertina (gennaio 1755-agosto 1756) e finalmente come comandante della Prins Friedric Adolph (febbraio 1759- agosto 1760). Nel frattempo aveva cominciato a farsi conoscere negli ambienti scientifici; a partire dal 1749, presentò all'Accademia delle scienze il diario del viaggio a Canton del 1746-49, quindi i diari dei viaggi a Cadice del 1750-51 e a Canton del 1751-54 e del 1755-56. Le sue osservazioni furono giudicate utili dall'Accademia delle scienze che nel 1757 lo premiò con una medaglia d'oro. Per cinque volte ancora avrebbe percorso la rotta per la Cina, ormai sempre come comandante, anzi come il più reputato e mitico dei comandanti della SOIC: della Finland dal febbraio 1762 all'agosto 1763 (durante questo viaggio, la nave rimase incagliata in un banco di sabbia nello Stretto di Bangka, ma Ekeberg riuscì a risolvere l'incidente con abilità); della Stockholms Slott dal dicembre 1765 all'agosto 1767; ancora della Finland dal dicembre 1769 al giugno 1771; infine della Drottning Sophia Magdalena dal gennaio 1774 al giugno 1775 e dal gennaio 1777 al giugno 1778. Oltre ad essere un abilissimo marinaio, era reputato per il buon umore, le battute pronte e la capacità di trattare i suoi uomini in modo severo ma umano, evitando le punizioni corporali. Intorno al 1760, Ekeberg investì i proventi dei viaggi in Cina nell'acquisto di una proprietà terriera nell'Uppland; si trovava in questo modo ad essere vicino di Linneo, con cui condivideva anche l'appartenenza all'Accademia delle scienze, alla quale fu ammesso nel 1761. Gli si rese utile da una parte portandogli piante e altri oggetti naturali dalla Cina (tra cui le prime desideratissime piante di tè, che purtroppo non superarono i rigori del primo inverno svedese); dall'altra favorendo l'imbarco di allievi di Linneo come pastori o medici di bordo sulle navi della SOIC. Così, a bordo della Stockholms Slott troviamo il giovanissimo Anders Sparmann, come aiuto medico o assistente dello stesso Ekeberg. Ma forse ancora più importante fu aver aperto a Linneo e ai suoi apostoli le porte della Colonia del Capo. Forse fin dal viaggio della Prins Friedric Adolph Ekeberg cominciò a fare regolarmente scalo a Table Bay, contrariamente alle abitudini degli altri comandanti della SOIC. A renderglielo possibile fu la sua abilità di cartografo, altamente apprezzata da Tulbagh; egli disegnò per lui diverse mappe, inclusa una di False Bay. Inoltre il governatore era un ammiratore di Linneo e Ekeberg si trasformò in una sorta di corriere tra lui e il luminare svedese, suo ottimo amico; in almeno due occasioni, nel 1761 e nel 1763, Tulbagh gli affidò lettere, insetti, piante, bulbi e semi per Linneo, in totale circa 200 specie. Fu sempre grazie alla mediazione di Ekeberg che nel 1772 le autorità olandesi concessero a Anders Sparrman di fermarsi in Sudafrica. Ekeberg era un uomo di vasti interessi scientifici, Probabilmente il suo contributo maggiore è dato dalle misurazioni dell'inclinazione magnetica in mare, effettuate durante il viaggio da e per Canton nel 1766-67 con un inclinatorium per uso marittimo, costruito da J. C. Wilcke. Il risultato fu pubblicato negli Atti dell'Accademia nel 1768; inoltre, grazie alle sue osservazioni, Wilcke poté pubblicare la prima mappa dell'inclinazione magnetica. E' possibile che questi studi siano stati ispirati a Ekeberg dai contatti con Tulbagh; a interessarsi del problema, e a fare analoghe misurazioni durante il suo viaggio per e da Città del Capo era stato prima di lui l'abate Lacaille, che tra il 1750 e il 1754 visse al Capo dove il governatore fece costruire per lui un osservatorio astronomico. Tra un viaggio l'altro, e poi definitivamente dopo il ritiro nel 1778, Ekeberg divise il suo tempo tra la conduzione di una fattoria e la scrittura. Come proprietario terriero era aperto alla sperimentazione ed era in corrispondenza, tra l'altro, con i fratelli Bergius sulla coltivazione di cereali e foraggio. A partire dal 1760, acquistò tre fattorie che riunì in un'unica grande fattoria detta Altomta. L'edificio principale, con quattro ali, esiste ancora; al piano terra, la "Sala Ekeberg" ha conservato l'aspetto che aveva al tempo del capitano, con i colori, i serramenti di legno e la stufa di maiolica originali; incastonati in pannelli murali, ci sono sette dipinti a olio che raffigurano eventi e luoghi dei suoi viaggi. Dato che era un abile pittore, potrebbero essere di mano dello stesso Ekeberg. Non ci sono più le collezioni di carte, oggetti naturali e cineserie che davano un carattere orientale a questa casa dell'Uppland. Come scrittore, la sua opera più importante è il diario di viaggio Ostindisk resa 1770-71 (pubblicato nel 1773), illustrato con incisioni calcografiche di Olof Årre, ricavate da suoi disegni. Il suo dipinto più drammatico raffigura la Finland alle prese con una tempesta. Intorno al 1820 Jacob Hägg ne trasse ispirazione per il suo quadro "La Finland durante la tempesta". L'episodio è stato raccontato in toni altamente emozionanti dal mercante Jacob Wallenberg che era a bordo e riferì il viaggio in Min son på galejan ("Mio figlio in galera"), divenuto un classico dei libri di viaggio svedesi, rendendo popolare la figura del vecchio capitano che, con i suoi capelli d'argento, camminava avanti e indietro sul ponte sfidando gli elementi. ![]() Alti alberi africani Fu Sparmann, per riconoscenza verso colui che aveva reso possibile la sua avventura africana, a dedicare al capitano Ekeberg il genere Ekebergia, ricordandone i viaggi dalla Cina e il contributo alla botanica, in particolare come introduttore in Svezia delle prime piante di tè. Appartenente alla famiglia Meliacee, questo genere comprende quattro specie di alberi o arbusti distribuiti nell'Africa tropicale e meridionale. Dioiche, hanno foglie composte imparipennate e piccoli fiori dal dolce profumo raccolti in cime panicolate. La specie di più ampia diffusione è E. capensis (dal Sudan e dall'Etiopia al Capo occidentale in Sudafrica). E' un alto albero che può raggiungere i 30 metri di altezza e un metro di diametro, con corteccia quasi nera, fortemente fessurata, e forti radici a contrafforte; vive in ambienti stagionalmente aridi, per lo più ai margini delle foreste montane, tra 600 e 2600 metri. Trova uso anche come ornamentale in parchi e giardini. Fiorisce in estate, producendo cime pendule di piccoli fiori bianchi o lievemente rosati dolcemente proumati. Le bacche che fanno seguito ai fiori sono apprezzate da uccelli, scimmie e altri mammiferi. Le foglie di diverse specie hanno usi officinali. In una storia di Esopo, si parla di una cornacchia che per farsi bella provò a rivestirsi con penne di pavone, finendo per venire scacciata tanto dai pavoni quanto dalle cornacchie. Almeno per un po', il gioco riuscì invece benissimo al mercante svedese Michael Grubb, che riuscì a gabellare per sua una collezione di piante sudafricane che sia era limitato a comprare. Per questo un botanico sudafricano l'ha soprannominato "il perfido Grubb". Ma, come scopriremo, aveva fatto ben di peggio. ![]() Come fare soldi in Cina Come abbiamo visto in questo post, per Descriptiones plantarum ex Capite Bonae Spei Jonas Peter Bergius si basò su una raccolta di piante sudafricane che gli era stata donata dal mercante Michael Grubb (1728-1808). Non solo gli dedicò l'opera, ma lo elogiò con lodi sperticate, e ovviamente gli dedicò uno dei suoi nuovi generi, Grubbia. Era certo convinto che quelle piante Grubb le avesse raccolte di persona, spinto dal suo amore per la scienza. La verità emerse qualche anno dopo, quando, durante il suo soggiorno sudafricano, Carl Peter Thunberg conobbe Johann Andreas Auge, il sovrintendente del giardino della Compagnia olandese delle Indie a Città del Capo, che gli avrebbe fatto da guida nella spedizione del 1772-73. Egli infatti scoprì che a raccogliere le piante era stato lo stesso Auge e che Grubb si era limitato ad acquistarle, senza farne parola né con Bergius né con altri. Per questo inganno, il botanico Peter MacOwan lo avrebbe definito "il perfido Grubb". In realtà, Grubb si era macchiato di perfidie ben peggiori. Egli apparteneva a una famiglia di mercanti e imprenditori (una delle sue sorelle, Catharina Elisabet Grubb, è celebre per aver creato una delle principali miniere di ferro dello Finlandia). La morte del padre, il mercante Nils Grubb, gli lasciò un capitale molto modesto, ma ottimi contatti sia a Stoccolma sia a Turku. Decise così di tentare la fortuna entrando al servizio della SOIC (Compagnia svedese delle Indie orientali) che da una ventina d'anni effettuava uno o due viaggi annuali in Cina. La rotta era ormai collaudata e alla fine degli anni '40, i mercanti di Stoccolma avevano incominciato ad interessarsene. Così Grubb nel 1750 arrivò per la prima volta a Canton a bordo della Adolph Fredrich, probabilmente come semplice passeggero o mercante di basso livello. Negli anni successivi - non tutti i registri sono conservati, e figurano solo gli ufficiali - dovette fare altri viaggi; verso la metà degli anni '50, fu tra i primi svedesi a rimanere in Cina tra un viaggio e l'altro, prolungando il suo soggiorno per oltre un anno. In questa prima fase, che potremmo definire esplorativa, incominciò a stringere relazioni sia a Canton sia a Macao, e a fare carriera nella SOIC. Nel 1758 lo troviamo nelle vesti di supercargo - l'ufficiale responsabile degli aspetti commerciali - della Prins Carl, comandata da Baltzar Grubb, presumibilmente uno dei suoi parenti. Da quel momento fino al 1764, quando sarebbe ritornato definitivamente in Svezia, rimase in Cina, spostandosi tra Canton (dove era possibile rimanere solo quando le navi straniere erano in porto) e Macao e stringendo molteplici contatti: mercanti cinesi in entrambi i porti, protestanti e cattolici, portoghesi, olandesi, britannici, persino armeni. Divenne un intermediario d'affari tra i diversi gruppi e si inserì nel commercio che legava la Cina all'Asia meridionale, a Giava, alle Filippine e al Giappone. Di fatto creò una propria compagnia commerciale privata, cosa all'epoca non ancora vietata - o almeno non espressamente vietata - dal regolamento della SOIC. Le sue giunche - di costruzione e con marinai cinesi - commerciavano seta giapponese, pigmenti, fili d'oro e d'argento, perle, oggetti di lacca. Ma la merce più richiesta e redditizia era l'oppio; l'importazione in Cina era vietata, ma bastava qualche mazzetta per fare chiudere ai funzionari tutti e due gli occhi. Accanto a questi traffici privati, Grubb continuava ad essere il principale agente della SOIC a Canton. Nel 1761, come supercargo della Fredric Adolph, arrivò dalla Svezia il più giovane Jean Abraham Grill (1736–1792); Grubb lo introdusse agli affari cinesi, quindi ne fece il suo socio. Gli affari andavano a gonfie vele, soprattutto grazie all'oppio: è stato calcolato che negli anni '60 Grubb e Grill siano stati responsabili del 20% delle loro importazioni. Ma c'erano anche altre modalità di guadagno. Durante la stagione morta, quando non c'erano navi e mercanti europei, i prezzi delle merci più richieste, in particolare del tè, crollavano, per poi risalire non appena la prima nave europea gettava l'ancora nel Fiume delle Perle. I due soci - e probabilmente non solo loro - grazie ai loro contatti locali acquistavano le merci durante la bassa stagione, per poi rivenderli attraverso intermediari alla SOIC a prezzi maggiorati. A Göteborg i vertici della compagnia incominciavano a nutrire qualche sospetto sulla fedeltà dei due; forse per stornarli, essi stessi proposero di istituire un fondo permanente per gli acquisti in bassa stagione. La proposta fu approvata dalla SOIC nel 1764, e contemporaneamente vennero formalmente vietati i commerci privati che entrassero in concorrenza con gli interessi della Compagnia. Ciò non impedì a Grill di rimanere in Cina fino al 1768 come supercargo permanente, divenendo ancora più ricco. Invece Grubb si era imbarcato per la Svezia nell'autunno del 1763. Ad aprile la nave su cui viaggiava gettò l'ancora al Capo di Buona Speranza; forse ne approfittò per qualche raccolta, ma soprattutto investì qualche soldo nell'acquisto di una collezione di piante sudafricane raccolte da Auge. Il munifico dono a Bergius, medico notissimo e stimatissimo, membro dell'Accademia delle Scienze nonché allievo di Linneo, faceva parte di una strategia ben pianificata per inserirsi nell'alta società svedese. All'inizio, le cose funzionarono. Nel 1766 Grubb divenne uno dei tre direttori della SOIC. Nel 1767 fu ammesso all'Accademia delle Scienze, che si era ingraziato con la donazione di uccelli del paradiso. Fu nominato consigliere commerciale e nobilitato con il titolo di cavaliere Grubbens. Poi il nostro si lanciò in una serie di investimenti meno abili dei suoi traffici cinesi. Nel 1769 fallì una prima volta, e fu costretto a dimettersi dalla direzione della SOIC. Con l'aiuto di un consorzio formato dalla società commerciale Anthoni Grill & Söner di Amsterdam, investì in una cartiera e una miniera d'allume, ma nel 1774 fece bancarotta per la seconda volta. Seguirono altri affari poco riusciti e una terza bancarotta negli anni '90. Nel 1783 fu cancellato anche dall'Accademia delle Scienze, insieme ad altri membri ritenuti "inutili". Morì nel 1808, ormai in povertà. Meglio che a lui andò al vecchio socio Jean Abraham Grill, che, tornato in patria nel 1776, investì i suoi milioni in modo molto più oculato, come proprietario terriero e industriale del ferro; anche lui fu ammesso all'Accademia delle Scienze, cui contribuì con comunicazioni sulla Cina, venendo eletto anche presidente per un mandato; membro dei più alti circoli sociali, era noto come collezionista di porcellane e fine musicista, tra i fondatori della Reale accademia svedese di musica. Morì però relativamente giovane, "in circostanze misteriose". ![]() Endemismi del fynbos Torniamo alle piante che, finora, in questa storia hanno avuto ben poca parte. Bergius nulla sapeva della vera origine della collezione donatagli da Grubb; non poteva che dimostrare la sua riconoscenza dedicando all' "uomo generoso e nobilissimo signore" tanto Descriptiones plantarum ex Capite Bonae Spei quanto uno dei suoi nuovi generi, Grubbia. E Auge? A risarcirlo pensò Thunberg, che ne aveva grande stima, con il genere Augea e la specie A. capensis; purtroppo il genere è stato ridotto a sinonimo di Zygophyllum, ma il ricordo del meritevole capo giardiniere rimane affidato all'eponimo di Z. augea. Dato che non c'è giustizia neppure in botanica, non Grubbia è invece validissimo, ma dà anche il nome a una famiglia propria, le Grubbiaceae. A dire il vero piccolissima, visto che ne è l'unico genere e comprende appena tre specie, tutte endemiche del Capo. Sono tipici arbusti del fynbos, la formazione sudafricana analoga alla nostra macchia mediterranea, ovvero arbusti con strette foglie sempreverdi aghiformi; quelle di G. rosmarinifolia, la specie tipo e anche la più diffusa, ricordano quelle del rosmarino; quelle di G. tomentosa, rivestite di un tomento biancastro, richiamano invece piuttosto quelli della lavanda. I piccoli fiori, in vari colori, sono raccolti in infiorescenze a cono. Tutte le specie hanno radici forti e profonde che le rendono adatte a prosperare nel suolo povero e arido del fynbos. G. rourkei è una specie rara, ristretta a cinque siti; si trovano però in un'area protetta e la popolazione è stabile. Non così alcune varietà di G. rosmarinifolia, una specie altamente variabile, in particolare G. rosmarinifolia subsp. gracilis è ristretta a tre siti e minacciata dall'espansione di piante aliene. L'orto botanico di Stoccolma ha una storia molto particolare. E' amministrato congiuntamente dall'Università e dalla Reale Accademia delle Scienze, alla quale nel 1790 fu donato con lascito testamentario dal medico Peter Jonas Bergius, che era stato allievo di Linneo, e l'aveva creato presso la sua casa di campagna insieme al fratello, il bibliofilo e storico Bengt Bergius. Lasciò anche un cospicuo capitale e la raccomandazione che a dirigere il giardino fosse un professore nominato dall'accademia che sarebbe stato allo stesso tempo un ricercatore. Dal 1791 al 2014 l'orto botanico è stato dunque diretto dal Professor Bergianus, a cominciare dal grande tassonomista Olof Swartz. Dato che non viaggiò al di fuori della Svezia, Bergius non è considerato un apostolo di Linneo, ma era molto stimato dal maestro che gli dedicò il genere Bergia. ![]() Un medico di successo appassionato di botanica I fratelli Bengt (1723-1784) e Peter Jonas Bergius (1730-1790) erano figli del governatore distrettuale Bengt Bergius e di sua moglie Sara Maria Dryselia. Quando il primo aveva sette anni e il secondo era un neonato, il padre morì, ma l'energica madre riuscì a tenere a galla la numerosa famiglia (c'erano altri cinque figli), fino a quando non morì anch'essa. I ragazzi vennero dispersi e affidati a diversi parenti, ma, grazie ad alcuni di essi, Bengt però poté studiare e laurearsi in filosofia all'università di Lund, dove insegnò per qualche tempo. Fin da studente, incominciò a raccogliere documenti sulla storia svedese, che divenne il suo campo di studi; celebre per la sua erudizione, fu autore di cronache su Carlo IX e su Gustavo Adolfo e di una imponente raccolta di documenti originali. Membro dell'Accademia delle scienze, ne fu per due volte presidente. Affidati a parenti diversi, per qualche tempo Bengt e Peter Jonas furono separati, finché si ritrovarono a Lund, dove il primo all'epoca era professore associato di storia e il secondo si iscrisse all'università sedicenne, ancora incerto sul proprio futuro. Avrebbe potuto diventare prete o avvocato, ma la balbuzie sconsigliava queste carriere basate sulla parola. Fu così che, su consiglio di Bengt, decise di trasferirsi a Uppsala per studiare medicina. Vi arrivò diciannovenne e scoprì la sua vera vocazione, grazie a un professore carismatico, ovvero il grande Linneo. Seguiva le sue lezioni private e pubbliche e partecipava alle celebri escursioni naturalistiche settimanali. Si appassionò di botanica e nel 1750 discusse la tesi preliminare De seminibus muscorum sulle spore dei muschi, eccezionalmente scritta almeno in parte da lui. Forse Linneo, che ne stimava grandemente l'intelligenza e la dedizione allo studio, pensava di farne uno dei suoi apostoli. Organizzò per lui due brevi spedizioni, la prima nel Dalarna, la seconda nel Gotland, con l'incarico di raccogliere coralli e fossili per il conte Tessin (era anche un modo per assicurare qualche guadagno all'allievo, promettente ma senza mezzi). Nelle sue intenzioni, erano forse il preludio a una spedizione nelle Indie Orientali, finanziata dalla regina Lovisa Ulrika, Il progetto però non si concretizzò. Anche se era interessato alle scienze naturali, Bergius desiderava essere soprattutto un medico e fu profondamente influenzato anche dall'altro professore di Uppsala, Rosén von Rosenstein, che indirizzò il suo interesse verso le malattie infettive. Proprio con lui nel 1755 concluse gli studi di medicina con una tesi sul vaiolo. Si trasferì quindi a Stoccolma dove iniziò una carriera medica di straordinario successo. Entrò a far parte del Collegium medicum e nel 1758 fu ammesso all'accademia delle scienze, di cui fu presidente tre volte. Nel 1761, quando il Collegium medicum istituì una cattedra di storia naturale e farmacologia, fu chiamato a ricoprirla. Come medico, era stimato e richiestissimo, e ciò gli permise di accumulare una discreta fortuna. La investì nell'acquisto di una residenza estiva, detta Bergielund, con un parco che nel 1777 fu ampliato a sette ettari. C'era ampio spazio per la biblioteca e la collezione di documenti di Bengt e per l'erbario di Peter Jonas che trasformò il parco in un vero e proprio orto botanico e in un giardino modello, soprattutto per gli alberi da frutto. Nei loro rispettivi campi, i due fratelli erano eruditi e scrittori prolifici. Si influenzarono anche a vicenda; grazie al fratello minore, Bengt incominciò ad interessarsi di agricoltura (scrisse, tra l'altro una memoria sulla gestione dei prati e delle erbe foraggere), mentre Peter Jonas non rifuggiva dal dare una dimensione storica ai suoi scritti di medicina, come la sua prolusione all'Accademia delle scienze in cui mise a confronto la Stoccolma dei suoi giorni con quella di duecent'anni prima. Peter Jonas Bergius scrisse molto sia di medicina sia di botanica. Come medico fu tra gli iniziatori in Svezia dell'inoculazione del vaiolo, suggerendo anche misure legislative per estenderne la pratica; scrisse anche diverse memorie sull'argomento. Tra le sue opere mediche più importanti, uno studio commissionatogli dal Collegium medicum sulle cause dei decessi tra il 1754 e il 1756, che è considerato l'esordio dell'epidemiologia descrittiva in Svezia. A cavallo tra medicina e botanica si situa Materia medica (1778) in cui descrisse 571 erbe medicinali usate nella farmacologia svedese dell'epoca. Tra le opere di agronomia, la più importante è un "Discorso sui frutteti e la loro promozione nel nostro Regno", che può essere considerato un vero e proprio manuale pratico di frutticoltura, basato anche sulle sue esperienze a Bergielund. Non aveva mai cessato di corrispondere con Linneo (di cui era corrispondente anche il fratello) e, su sua influenza, a interessarsi di piante esotiche. Pubblicò una trentina di lavori di botanica, per lo più dedicati ad esse. Il più importante è Descriptiones plantarum ex Capite Bonæ Spei (1767), basata su una collezione di piante sudafricane ricevuta da Michael Grubb, futuro direttore della Compagnia svedese delle Indie Orientali. Bergius vi istituì 14 nuovi generi (9 dei quali tuttora validi) e descrisse 130 specie inedite, tra le quali potremmo citare almeno Erica verticillata, Dilatris corymbosa, Disa uniflora, Pelargonium crispum. Si tratta di un notevole contributo alla conoscenza delle piante sudafricane, ma soprattutto della prima opera su questa flora pubblicata posteriormente a Species plantarum, che come è noto segna il punto di partenza delle denominazioni botaniche. Nello stesso torno di tempo, Linneo stava scrivendo Mantissa plantarum [prima], che contiene un certo numero di piante sudafricane, alcune delle quali coincidono con quelle pubblicate da Bergius; ma poiché la sua opera uscì un mese dopo quella dell'allievo, in caso di conflitto ad essere valide sono le denominazioni di quest'ultimo. La collezione di Grubb costituì il primo nucleo dell'erbario di Bergius che, costantemente arricchito con acquisti e donazioni, giunse a comprendere 9000 specie. E' di notevole importanza storica perché contiene molti tipi di piante descritte dallo stesso Bergius e dai botanici che si succedettero nella fondazione da lui istituita. Provengono soprattutto dal Sudafrica, dall'America tropicale, dall'Oriente, dalla Cina e dalla Siberia. L'altra grande opera botanica di Bergius è il suo stesso giardino. Su stimolo di Linneo, nel 1753 il Collegium Medicum aveva istituito un giardino presso l'Ospedale Seraphim, dove venivano coltivate soprattutto le piante medicinali destinate all'ospedale stesso; nel 1761, dopo la sua nomina a professore, la direzione venne affidata a Bergius che lo ampliò trasformandolo in un vero orto botanico sul modello di quello di Uppsala. Per motivi finanziari, il giardino fu chiuso nel 1774, ma l'esperienza fu utile a Bergius per l'orto botanico che creò Bergielund. Negli ultimi anni della loro vita, i fratelli, scapoli e senza eredi, incominciarono a preoccuparsi della sorte del giardino e delle collezioni. Stabilirono di comune accordo di lasciarle all'Accademia della scienze, insieme a un cospicuo lascito. Il primo a mancare nel 1784 fu Bengt, lasciando in custodia al fratello superstite la biblioteca e la raccolta di manoscritti, che comprendeva un gran numero di lettere e documenti pubblici e privati. Peter Jonas lo seguì nel 1790. Il suo testamento legava all'Accademia quasi l'intero patrimonio suo e del fratello (che, oltre a un capitale liquido, comprendeva anche una ricca miniera), la biblioteca con i documenti - con la condizione, voluta da Bengt, non fossero resa disponibili per la ricerca prima di cinquant'anni -, l'erbario, la proprietà di Bergielund. Inoltre espresse la volontà che nel giardino venisse istituita una scuola di orticoltura e che a presiedere l'orto botanico fosse uno studioso a cui l'erbario e la biblioteca avrebbero offerto opportunità di ricerca. Indicò anche il nome della persona ideale in Olof Swartz. Nel 1791 le ultime volontà di Peter Jonas Bergius si tradussero nella creazione di una Fondazione e nella nascita ufficiale dell'Hortus Bergianus (Bergianska trädgården), amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. A dirigerlo il Professor Bergianus. Con la sua singolare commistione tra fattoria modello, orto botanico e istituto di ricerca, da allora avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella storia della botanica svedese. ![]() Piante anfibie Nel 1771, in Mantissa plantarum altera, Linneo dedicò al suo vecchio allievo il genere Bergia; purtroppo all'epoca non aveva più l'abitudine di indicare le ragioni delle sue dediche, ma è molto probabile che pensasse all'opera di Bergius sulla flora del Capo di Buona Speranza, visto che come unica specie indicò B. capensis, scrivendo "habitat in Capite Bonae Spei". In realtà, l'informazione è errata: questa specie, di ampia diffusione in altre zone dell'Africa, in Sudamerica, nell'Asia occidentale e centrale, in India, in Indocina, proprio in Sudafrica non c'è, al punto che è stato anche suggerito di sostituirla come specie tipo (cosa non possibile secondo le regole vigenti). Bergia è uno dei due soli generi della famiglia Elatinaceae (l'altro è Elatine); comprende circa trenta specie distribuite nel nord America, nelle Antille, in gran parte dell'Africa, l'Asia tropicale e subtropicale e l'Australia, con due centri di diversità, in Africa e in Australia. Sono erbacee annuali o perenni o suffrutici; possono essere sia terrestri sia acquatiche, e alcune si adattano ad entrambi gli ambienti: ad esempio, B. capensis quando cresce in acqua sviluppa radici verdi e fluttuanti che producono fotosintesi; quando cresce in terra, ha radici bianche, forti e ramificate. Sono dunque definite erbe anfibie. L'ambiente tipico sono aree stagionalmente allagate. Sono piante solitamente di piccole dimensioni. I fusti possono essere eretti o prostrati, molto ramificati; hanno foglie opposte, con margini serrulati, e numerosi fiori, raccolti in cime ascellari o raggruppati alle ascelle fogliari, per lo più minuscoli. I frutti sono piccole capsule che contengono semi oblunghi, lievemente ricurvi. Sempre più frequentemente troviamo donne alla testa di istituzioni come orti botanici e erbari centrali. Per fare solo qualche esempio, nel 2018 Carrie Rebora Barratt è diventata la prima presidente dell'orto botanico di New York e nel 2023 Gillian Brown la prima direttrice dell'erbario del Queensland. I casi sono moltissimi anche in Italia, da Consolata Siniscalco, direttrice dell'orto botanico di Torino dal 2012 a Barbara Baldan, prefetto dell'orto botanico di Padova dal 2015, e a Lucia Amadei, curatrice del Museo botanico dell'orto botanico di Pisa. In Svezia, ci sono voluti 223 anni perché una donna ricevesse il prestigioso titolo di Professor Bergianus, che all'epoca comportava anche la direzione dell'Hortus Bergianus. E' Birgitta Bremer, tassonomista specializzata nella famiglia Rubiacae, a cui appartiene anche il genere che la celebra, Bremeria. ![]() Una ricercatrice all'avanguardia Nel 1790, con il suo testamento il medico Peter Jonas Bergius donò all'Accademia delle scienze svedese l'orto botanico che aveva creato insieme al fratello Bengt, all'epoca concepito come parte di una scuola orticola; stabilì anche che le attività di formazione e ricerca fossero dirette da un professore che avrebbe "lavorato nella storia naturale, in particolare nella botanica, per la crescita e il progresso della scienza". L'anno successivo nacque così la Fondazione Bergius e venne creata la prestigiosa cattedra di botanica presso l'Università di Stoccolma nota come Professor Bergianus. Il titolare avrebbe dovuto congiungere la ricerca con la direzione del Bergianska trädgården o Hortus Bergianus, amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. Così è stato per 223 anni, fino al 2014, quando è stato deciso di separare i due incarichi. L'ultima persona a ricoprire entrambi i ruoli è stata la botanica Birgitta Bremer (nata nel 1950), nominata Professor Bergianus nel 2002, nona titolare e prima donna, dopo otto illustri colleghi. La nomina ha segnato il culmine di una brillante carriera accademica. Bremer è una tassonomista; si è formata presso l'Università di Stoccolma, dove nel 1980 ha conseguito il dottorato in botanica con una tesi sulla tassonomia di un genere di muschi. Ha quindi immediatamente iniziato a insegnare presso la sua alma mater, prima come assistente poi come lettrice di botanica sistematica. Nell'anno accademico 1985-1986 è stata ricercatrice associata presso il Missouri Botanical Garden. Ha poi proseguito la carriera presso l'università di Uppsala, prima come lettrice di biologia, poi come capo del dipartimento di botanica sistematica, infine come titolare della cattedra di sistematica molecolare delle piante. E' stata professor Bergianus, capo della Bergius Foundation, prefetto dell'Hortus Bergianus e capo del dipartimento di sistematica vegetale dal 2002 al 2014. Le ricerche di Bremer riguardano soprattutto le piante tropicali e subtropicali; ha partecipato a spedizioni in Sri Lanka, Malesia, Indonesia, Ecuador, Sudafrica, Africa orientale e Madagascar. Anche se ha studiato anche altri gruppi di angiosperme, approfondendo i sistemi di impollinazione, i modi di dispersione, le forme e i tassi di diversificazione, il suo campo di specializzazione è la grande famiglia delle Rubiaceae, di cui ha studiato le relazioni filogenetiche, i meccanismi di speciazione, le relazioni ecologiche con i diversi ambienti. Nei suoi studi ha combinato le analisi morfologiche e i dati molecolari; è stata una delle prime in Svezia a introdurre i metodi di biologia molecolare nella botanica sistematica. Ha pubblicato, da sola o in collaborazione, oltre 175 articoli. Dal 2009, è membro dell'Accademia svedese delle scienze. Durante la sua carriera, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, il più prestigioso dei quali è indubbiamente la medaglia d'oro Linneo, assegnatale nel 2014 dall'Università di Uppsala per essere riuscita a conciliare la ricerca, la responsabilità accademica e la direzione di un grande orto botanico. Un compito difficile, tanto è vero che, come ho anticipato, dopo il suo pensionamento nel 2014, l'Accademia delle scienze ha deciso di svincolare il Professor Bergianus dalla direzione dell'orto botanico, considerando orami impossibile conciliare la ricerca con le responsabilità amministrative e didattiche. Come professore aggiunto dell'Università di Stoccolma, il Professor Bergianus può ora dedicarsi interamente alla ricerca, senza altri compiti; che la decisione non sia stato semplice lo dice il fatto che la posizione è rimasta vacante per ben otto anni. Solo nel 2022 la micologa Hanna Johannesson è divenuta la decima titolare. Curatrice dell'orto botanico è stata nominata Gunvor Larsson, che in precedenza era stata la botanica responsabile della serra della Victoria amazonica per un ventennio. Il pensionamento di Birgitta Bremer (che è comunque rimasta attiva come ricercatrice e membro di vari comitati) ha dunque segnato la fine di un'era, con la definitiva separazione della ricerca e della gestione dell'orto botanico. ![]() Il genere Bremeria Tra i suoi numerosi lavori dedicati alla sistematica delle Rubiaceae, nel 1998 Bremer pubblicò, insieme a Mats Thulin, un importante studio in cui veniva ristabilita la tribù Mussaendeae come gruppo monofiletico; le loro conclusioni sono state confermate nel 2005 da un équipe internazionale formata da Alejandro, Razafimandimbison e Liede-Schumann, che ha ulteriormente delimitato Mussaenda, restringendolo alle specie africane e asiatiche, e ha creato il nuovo genere Bremeria per accogliere le specie dell'Oceano Indiano, ovvero malgasce e delle isole mascarene. Come caratteri distintivi vengono indicati la disposizione degli elementi florali nella gemma e gli stili densamente pubescenti. Bremeria Razafim. & Alejandro comprende 18 specie, 17 malgasce, una (B. landia) endemica di Mauritius e Réunion. Vivono nelle foreste sempreverdi umide e subumide. Sono arbusti o alberi di medie dimensioni, con foglie opposte, solitamente pubescenti e talvolta scabre. I fiori sono solitamente uniti in infiorescenze panicolate terminali, talvolta ridotte a un singolo fiore. Questi ultimi in genere sono grandi, con un tubo calicino variamente peloso, corolla imbutiforme con lungo tubo e cinque (talvolta sei) lobi, da bianca a rosata, o, in B. landia, verde alla base e all'apice e rossastra in mezzo. I frutti sono grandi drupe o bacche carnose, coronate dai lobi persistenti del calice; contengono molti semi. La specie delle Mascarene è nota fin dal Settecento, quando fu descritta da Poiret come Mussaenda landia; il nome locale è Quinquina Pays, ovvero albero della china del paese. Appartiene infatti alla stessa famiglia della Cinchona ed è raccolta dagli erboristi per le sue proprietà astringenti, toniche e febbrifughe. Cresce dal livello del mare fino a circa 1000 metri; ha un tronco diritto e poco ramificato, tranne in alto. E' oggi rara; viene talvolta piantata in parchi e giardini per la bellezza dei suoi fiori, piacevolmente profumati. Nel 2009 è stata immortalata in un francobollo di Mauritius. Situata all'estremo confine nordorientale del paese e delimitata dai bacini dei fiumi Paraná, che la separa dal Paraguay, e Uruguay, che la separa da Uruguay e Brasile, la provincia argentina di Corrientes è caratterizzata da una flora estremamente ricca e varia. Al suo studio ha dedicato tutta la sua vita la botanica Sara Graciela Tressens, sia con le sue ricerche sul campo sia con le sue numerose pubblicazioni. A onorarla è Tressensia, un genere monotipico endemico delle foreste di quella provincia. ![]() Studiare la flora locale La parola Mesopotamia evoca immediatamente una delle culle della civiltà, il territorio posto tra i due fiumi Tigri ed Eufrate dove fiorirono le civiltà sumerica, assira, babilonese. Ma c'è un'altra Mesopotamia, un'altra terra posta tra i fiumi: è la Mesopotamia argentina, e i fiumi in questione non sono due, ma tre: il Paraná ad ovest, l'Uruguay ad est e l'Iguazú a nord. Essa costituisce il settore più orientale del Nordeste argentino ed è divisa tra tre provincie: Misiones all'estremo nordest, Corrientes a nord e Entre Ríos a Sud; la ricchezza di acque e il clima subtropicale ne fanno uno scrigno di biodiversità. Corrientes, capitale della provincia omonima, è sede di un importante istituzione botanica, l'Instituto de Botánica del Nordeste (IBONE), presso la Facoltà di scienze agrarie dell'Universidad Nacional del Nordeste (UNNE), e del suo erbario, noto con l'acronimo CTES. Tra i ricercatori che hanno animato l'IBONE fin dalla fondazione troviamo la botanica Sara Graciela Tressens; nata nel 1944, e oggi ottantenne. continua a figurare nell'organico dell'istituto come "ricercatrice volontaria". Tressens è nata a Mercedes, una cittadina della medesima provincia; si è quindi trasferita a Corrientes per frequentare l'università. Nel 1966, ventiduenne, si è laureata in biologia presso la facoltà di scienze esatte e naturali, per poi ottenere la laurea di secondo livello in botanica nel 1972. Fin da questi anni universitari, ha fatto parte del gruppo di ricerca fondato intorno al 1966 da un'eccezionale coppia di docenti e studiosi, l'agronomo Antonio Krapovickas e sua moglie, la botanica Carmen Lelia Cristóbal, che sarebbe sfociato nell'IBONE, nato ufficialmente nel 1977. Allieva di Cristóbal, Tressens ne ha assorbito il metodo di lavoro e l'entusiasmo per la flora locale; dopo la laurea, è rimasta a lavorare all'Universidad Nacional del Nordeste, dove si è svolta tutta la sua carriera accademica (docente associata dal 1980, titolare ad interim dal 1988, ordinaria dal 1990, libera docente dal 2005 al 2007); come docente, ha seguito le tesi di innumerevoli studenti e ha partecipato attivamente a conferenze e simposi in Sud America e in Spagna. L'altro versante della sua attività è quello della ricerca. Tra il 1986 e il 1999 ha preso parte a numerosi progetti sostenuti dall'equivalente argentino del CNR, il CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas), spesso a fianco di Krapovickas. Nel 1990 è stata nominata ricercatrice aggiunta del CONICET presso l'IBONE. Soprattutto negli anni '90, ha diretto team di ricerca in varie aree dell'Argentina settentrionale. Studiosa della flora del Nordeste e dell'ecologia degli ambienti subtropicali umidi, da sola o più spesso con vari coautori, ha pubblicato una trentina di articoli su argomenti che spaziano dalle piante medicinali, alla tassonomia di generi di varie famiglie, alla pubblicazione di specie nuove. Ha collaborato a diverse opere sulla flora del Nordeste e a Flora of Argentina del Missouri Botanical Garden con capitoli sulle Lauraceae e le Sapotaceae. E' coautrice di Flora Iberá con un'altra botanica dell'università di Corrientes e dell'IBONE, María Mercedes Arbo. Pioniera dell'applicazione delle tecnologie informatiche alla botanica, ha partecipato alla creazione di una base di dati della flora dell'Iberá. Tra i suoi vari ruoli istituzionali, quello di curatrice aggiunta dell'erbario CTES, prima affiancando Carmen Lelia Cristóbal, poi sostituendola per un breve periodo dopo il pensionamento della sua maestra. Dal 2003 al 2009 ha diretto "Bonplandia", la rivista dell'IBONE. ![]() Endemismi di Corrientes Quella di Sara Graciela Tressens è una carriera accademica e scientifica lenta e senza scosse, che sembrerebbe testimoniare una raggiunta parità. In realtà, non è proprio così. In Argentina le ragazze costituiscono il 66% delle matricole universitarie e il 54% dei ricercatori sono donne. Tuttavia mano a mano che avanza il livello della carriera scientifica e accademica, la presenza femminile si riduce: sono circa il 27% sia tra i ricercatori di livello superiore sia nei ruoli di autorità delle organizzazioni scientifiche e tecniche. Dunque, sebbene non più eccezionale, una carriera come quella di Tressens è ancora un caso minoritario. D'altra parte, la studiosa argentina è una delle pochissime botaniche viventi a potersi fregiare della dedica di un genere botanico valido, che nel 2017 è venuta ad aggiungersi a quella di due endemismi di Corrientes, Ruehssia tressensiae e Sida tressensiae. La dedica arriva da un ricercatore dell'IBONE con cui spesso ha collaborato e può essere considerata una specie di oscar alla carriera: "Genere dedicato alla dottoressa Sara G. Tressens, botanica originaria della provincia di Corrientes, che ha fatto parte del gruppo di ricercatori che hanno fondato l'erbario CTES e l'Instituto de Botánica del Nordeste". Del resto, lo stesso anno ricorreva il quarantennale della fondazione dell'IBONE, e Tressens è stata una dei sei pionieri premiati in quell'occasione (quattro uomini e due donne; l'altra è la già citata María Mercedes Arbo). Tressensia è un genere monotipico della famiglia Apocynaceae, rappresentato unicamente da T. viridis, una rampicante volubile rinvenuta in frammenti di selva e boschi ripari dell'estremità nordorientale e sudorientale della provincia di Corrientes. L'eponimo fa riferimento al colore verde dei fiori. Caratteristica di ambienti umidi ed endemica di questa provincia, è una dedica perfetta per celebrare la carriera quarantennale di Sara Graciela Tressens. E se, per una volta, invece di parlare di botanici maschi morti, scrivessi di botaniche vive? Ecco allora un breve ritratto della statunitense Charlotte M. Taylor, grande studiosa dei generi Psychotria e Palicourea e più in generale delle Rubiaceae dell'America tropicale. Cui appartiene anche l'anagrammatico Tromlyca. ![]() Dare un nome alle piante Nel 2018 su "Taxon" uscì il primo articolo dedicato a un'analisi statistica del contributo delle donne alla pubblicazione di nomi botanici; le autrici, basandosi sui dati di International Plant Names Index (IPNI), che registra tutte le 624,682 specie descritte come nuove per la scienza tra il 1753 e il 2013, hanno verificato che solo il 3% è stato pubblicato da donne. La prima in assoluto fu la botanica e pittrice Elizabeth Blackwell nel 1757 con Amomum verum Blackw. Nell'Ottocento, il contributo femminile rimase episodico e solo all'inizio del Novecento toccò l'1% dei nomi pubblicati, per poi crescere lentamente nel corso del secolo, toccando il 10% negli anni '90. La percentuale attuale è appena sotto il 12%. Dei 500 autori di nomi di piante più produttivi, solo otto sono donne. La più produttiva di tutte fu la sudafricana Margaret Louisa Bolus (1877-1970), che pubblicò 1,494 nuove specie, seguita da Olive Mary Hilliard (1925-2022) dell'orto botanico di Edimburgo con 522. La terza è ancora in attività: è la statunitense Charlotte Morley Taylor, nata nel 1955: nel corso della sua carriera quarantennale, ne ha pubblicate più di 500. Sarà dunque lei la prima delle botaniche viventi e se possibile in attività alle quali ho deciso di dedicare i post di questo mese. Come ha raccontato lei stessa, l'interesse per le scienze naturali, è nato in famiglia, grazie ai suoi genitori, appassionati bird watcher; tuttavia, ha scelto la botanica che le offriva maggiore libertà di ricerca. Si è formata presso l'Università del Michigan, per poi conseguire il dottorato (PhD) presso la Duke University di Durham (North Carolina). Contemporaneamente, insegnava al Colegio Universitario de Cayey a Puerto Rico. Ha avuto così modo di studiare dal vivo la flora centro americana; come risultato della ricerca post-laurea, ha pubblicato una revisione del genere Monnina (Poygalaceee) in America centrale e un sommario del genere Palicourea (Rubiaceae). E proprio a questo genere, di cui poi è diventata una grande specialista, appartiene la prima specie da lei pubblicata (1984), P. spathacea. Dopo aver lavorato per tre anni all'università del Porto Rico, dal 1990 è entrata al Missouri Botanical Garden di cui oggi è curatrice; è inoltre professoressa associata dell'università del Missouri-St Louis e ricercatrice associata del National Tropical Botanical Garden (Hawaii). Il campo privilegiato delle sue ricerche è la grande famiglia delle Rubiaceae, cui appartengono piante economicamente importanti come quelle da cui si ricava il caffè e il chinino, ma soprattutto alcuni dei generi con il maggior numero di specie del regno vegetale, in particolare Psychotria e Palicourea. In un'intervista ha così spiegato il suo fascino per questi generi: "Hanno una vasta gamma di dimensioni e colori dei fiori, e modi di presentarli, così la varietà di forme non finisce mai; la maggior parte delle specie ha fiori vistosi che vengono impollinati dai colibrì, che sono belli e affascinanti". Il suo lavoro parte dall'osservazione dei campioni d'erbario e prosegue sul campo; le sue ricerche l'hanno portata in gran parte del centro America, ma anche in Perù, Cile e Bolivia. Ama viaggiare in paesi tropicali ricchi di biodiversità, collaborare con altri botanici e gustare cibi diversi; la gioia maggiore è però trovare piante che non riesce a identificare perché sono nuove per la scienza e non hanno ancora nome. Una gioia che, come abbiamo visto, si è ripetuta finora non meno di 500 volte. Oltre a numerosi studi sui generi delle tribù Palicoureeae e Psychotrieae, ha collaborato per la trattazione delle Rubiaceae a numerose flore dell'America centrale e meridionale (ma anche della Cina); insieme al marito Roy Emile Gereau (uno specialista della flora dell'Africa orientale), ha inoltre pubblicato relazioni sulle comuni spedizioni botaniche in America centrale. Per conoscerla più da vicino, niente di meglio che la bella intervista di Carlos A. Ordóñez-Parra, da cui emergono, da una parte, tutta la sua passione, dall'altro il suo rigoroso metodo di lavoro. ![]() Un nome anagrammatico Diverse piante rendono omaggio a Charlotte Taylor: Lepidium tayloriae, Palicourea tayloriae, Rondeletia tayloriae, Rudgea tayloriae, Breonia tayloriana, Randia tayloriana. Mancava però un genere. A rimediare ha pensato il botanico ungherese Attila Borhidi; ma quale nome usare (Taylor è un cognome comunissimo e esistevano già Tayloria, Tayloriella, Tayloriophyton)? Borhidi così ha pensato a un anagramma: da C. M.Taylor ha ricavato l'enigmatico Tromlyca (gli enigmi, le cacce al tesoro piacciono alla dedicataria). Non c'è quasi bisogno di dire che il nuovo genere appartiene alla famiglia Rubiaceae, tribù Palicoureeae; la sua unica specie, T. locellata, era in effetti stata descritta in precedenza proprio da Charlotte Taylor come Palicourea locellata. Si tratta di un endemismo delle foreste umide della Cordillera Oriental delle Ande colombiane; è un arbusto o un piccolo albero che si distingue da Palicourea per varie caratteristiche ed in particolare per la peculiarità delle stipole e dei frutti (pireni). |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
May 2025
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