Nel 1755 l'Isle de France (ovvero Mauritius) è il teatro dello scontro tra due uomini di piante, o forse due modi di intendere la botanica coloniale: da una parte c'è Pierre Poivre, intenzionato a trasformare l'isola nell'avamposto francese della coltivazione delle spezie; dall'altra Jean Baptiste Christophe Fusée-Aublet, impegnato a sperimentare coltivazioni utili non solo per la Compagnia delle Indie, ma anche per gli abitanti. Poivre, anni dopo, quando tornerà nell'isola come sovrintendente delle Mascarene, riuscirà davvero a farvi prosperare alberi di noce moscata, cannella e chiodi di garofano, ma per ora le poche piante che è riuscito faticosamente a procurarsi soccombono una dopo l'altra. Di chi è la colpa, se non di Fusée-Aublet, geloso dei suoi successi? E' stato lui, ne è certo, a sabotarli, avvelenandoli o innaffiandoli con acqua bollente. Le accuse di Poivre non vengono prese troppo sul serio dalla Compagnia delle Indie, ma bastano a costringere il suo rivale a lasciare l'isola e da quel momento saranno una macchia incancellabile sulla sua reputazione, tanto che nel suo capolavoro, Histoire des plantes de la Guiane françoise, pubblicato vent'anni dopo il fattaccio, si vedrà ancora costretto a confutarle. Inutilmente, almeno nel web, dove ancora oggi domina la versione di Poivre, e il venticello delle sue calunnie continua a far "l'aria rimbombar". E' ora di rendere giustizia a Fusée-Aublet, un grande botanico, la cui sola colpa probabilmente fu amare la verità e l'umanità, al punto da essere uno dei primissimi abolizionisti. Nonché l'autore di un'opera di riferimento per la flora sudamericana, in cui, anticonformista anche in questo, i nomi dei nuovi generi sono per lo più tratti dalle denominazioni locali. Un soggiorno tempestoso e una leggenda nera dura a morire Il 20 settembre 1761 il farmacista e botanico Jean Baptiste Christophe Fusée-Aublet (1723-1778) lascia definitivamente l'Isle de France (oggi Mauritius), dove per nove anni ha diretto il laboratorio farmaceutico e il giardino sperimentale della Compagnia francese delle Indie. Tre giorni prima, ha accompagnato a visitarlo l'astronomo Guy Pingré. Nelle sue memorie di viaggio, quest'ultimo descrive con ammirazione il giardino e traccia un ritratto memorabile del suo ospite: "Credo questo chimico-naturalista un uomo onesto e intelligente, ma è troppo sincero; non può tenere per sé nessuna verità, la diffonde ovunque; ma, come dice il proverbio, non tutte le verità devono essere dette. All'Isle de France si è fatto quasi altrettanti nemici quanti abitanti". Tra le verità che è meglio non dire ci sono soprattutto le sue convinzioni sui neri e sulla schiavitù, che lo mettono in urto con i coloni dell'isola, che traggono le loro ricchezze dalle piantagioni lavorate da schiavi. Ed è stata probabilmente una verità di troppo a farlo diventare la bestia nera di Pierre Poivre. Ma andiamo con ordine, per inquadrare meglio la personalità di Aublet, indubbiamente un uomo anticonformista e dal carattere spigoloso, anche se non il caratteriale che talvolta viene dipinto. Quando arriva all'Isle de France, nel 1752, è sulla trentina ed ha già alle spalle molte esperienze. Figlio di un farmacista di Salon, in Provenza, fin dall'infanzia è stato "quasi dominato da una grande passione per le diverse parti della Storia naturale, e specialmente per le piante". Come il conterraneo Tournefort prima di lui, spesso marina la scuola per erborizzare nelle campagne, ma le piante provenzali non gli bastano. Quando viene a sapere che a Tolone si sta armando una flotta diretta in Spagna, scappa dal collegio e si imbarca, senza informarne la famiglia. Giunto a Granada, per un anno è apprendista del farmacista Antonio Sanchez Lopez, da cui apprende l'arte della distillazione, finché viene scoperto e riportato a casa. Dopo un breve soggiorno a Salon, eccolo a Montpellier per seguire i corsi di chimica di Fitzgerald e di botanica di Boissier de Sauvages; quindi passa qualche mese a Lione, dove frequenta la bottega di Christophe de Jussieu, fratello maggiore dei botanici del Jardin du roi. Anche da lui c'è molto da imparare, ma l'inquieto desiderio di viaggiare spinge Aublet ad arruolarsi nell'esercito dell'infante Filippo (ovvero il futuro Filippo I di Borbone-Parma), impegnato nel teatro italiano della guerra di successione austrica. Vi resiste per due campagne, ma scopre presto che "questo lavoro essendo molto tumultuoso e poco istruttivo, non favoriva quanto avevo sperato il mio gusto per la ricerca di piante". Così lascia l'esercito e nel 1745 è a Parigi, dove lavora all'ospedale della Charité, stringe amicizia con il chimico Gabriel François Venel e segue corsi di chimica e botanica al Jardin du roi, legandosi particolarmente con Bernard de Jussieu (che definisce un'enciclopedia vivente); frequenta anche i salotti parigini e trova qualche protettore, tra cui il barone d'Holbac. A Parigi rimane fino al 1752, divenendo un eccellente chimico-farmacista e un ottimo botanico; progetta di andare in Prussia a studiare con il celebre chimico Johann Heinrich Pott, quando, su raccomandazione del ministro della marina Berryer, viene assunto dalla Compagnia delle Indie per fondare un laboratorio di chimica e un giardino sperimentale all'Isle de France. Entrambi avrebbero dovuto fornire medicinali e cibo per rifornire le navi della Compagnia che facevano scalo a Mauritius sulla rotta dell'Oriente, Con il titolo di botanico e primo compositore-farmacista della Compagnia della Indie, parte da Parigi nel dicembre 1752; per mantenersi in esercizio e prepararsi al nuovo compito, si reca al porto di Lorient a piedi, facendo raccolte lungo la strada. Arriva all'Isle de France nell'agosto 1753 e quando sbarca senza bagagli, se non i suoi strumenti scientifici, suscita subito i sospetti dei locali: contrariamente all'uso, non ha approfittato del viaggio per portare con sé, come tutti fanno, la cosiddetta "paccottiglia", ovvero mercanzie da commerciare a proprio vantaggio. Crea il laboratorio e un primo giardino a Pamplemousses, ma presto iniziano gli scontri con i vicini, che lo accusano di usare troppa acqua e passano alle vie di fatto, tagliando al piede le sue piante. Così, pur mantenendo a Pamplemousses un orto, in autunno trasferisce il giardino sperimentale e il laboratorio a Le Réduit nel quartiere di Moka, una dozzina di km più a sud, in un luogo protetto e naturalmente fortificato. Vi si è appena trasferito quando il suo destino si incrocia con quello di Pierre Poivre, che è riuscito a convincere la Compagnia, piuttosto scettica e riluttante, a inviarlo in missione segreta nelle Filippine e nelle Molucche, da dove conta di contrabbandare piante o semi di noce moscata e chiodi di garofano da acclimatare a Mauritius, per spezzare il monopolio olandese delle spezie; dopo diverse vicissitudini, a Manila, è riuscito a procurarsi 32 piante di noce moscata (Myristica fragrans), mentre è fallito il suo tentativo di contrabbandare piante di chiodi di garofano (Syzigium aromaticum). Durante il viaggio, le piante muoiono una dopo l'altra; quando infine nel dicembre 1753 Poivre sbarca all'Isle de France, ne rimangono in vita solo cinque, una sola delle quali vigorosa e di buona qualità. Nella quasi totale indifferenza della Compagnia, le affida a tre coloni e a maggio riparte per una seconda missione. Che è un totale fallimento: le Filippine sono in guerra e non ha modo di procurarsi le piante che gli erano state promesse; quanto alle Molucche non gli è neppure possibile avvicinarsi. Così, quando nel giugno 1755 rientra nel porto dell'Isle de France, nelle stive della sua nave, oltre a un carico di noci moscate e chiodi di garofano, c'è solo una misera cassetta con una giovane pianta di noce moscata e una noce germinata. Le notizie cattive non sono finite: chiamato ad esaminare il carico, Aublet constata non solo che le noci e i chiodi di garofano sono troppo vecchi per germinare, ma anche che l'albero e la noce germinata non sono di noce moscata, ma di palma di Betel (Areca catechu). Una "verità" che Poivre non è disposto ad accettare; quando poi scopre che durante la sua assenza tutte e cinque le piante portate dal primo viaggio sono morte, gli è chiaro che deve esserci un colpevole, e quel colpevole è Aublet, che avrebbe volutamente sabotato l'introduzione delle spezie a Mauritius per non vedere smentita la sua tesi che l'isola è inadatta alla loro coltivazione, o peggio, perché è in combutta con il direttore Duvelaër, chiaramente un traditore dato quel cognome che suona olandese. Anche se cerca di rifiutarsi, sapendo che la sua morte gli verrebbe imputata, la pianta superstite viene affidata a Aublet, e muore anche quella. Nei mesi successivi, prima a Mauritius, che lascia nell'aprile 1756, poi a Parigi, Poivre moltiplica le denunce e le memorie inviate ai vertici della Compagnia, a dire il vero senza ottenere il minimo credito. Ma intanto il venticello della calunnia ha incominciato a soffiare, e all'Isle de France è alimentato dall'ostilità generale dei coloni contro il farmacista-botanico. E' efficiente, attivo, competente ed ha trasformato il giardino del Réduit in un paradiso, colmo di piante da frutto e di piante "utili, rare o curiose, venute da ogni parte del mondo", ma ha una grave colpa: la totale mancanza di pregiudizi contro i neri. Ha imparato ad apprezzarli lavorando a fianco a fianco con loro; quando un tifone devasta l'isola, per settimane è stato impegnato a creare nuove strade "dormendo nei boschi" con una squadra di schiavi malgasci "intelligenti, energici, pieni di risorse"; ne riconosce anche la sapienza etnobotanica e li consulta per individuare piante medicinali o alimentari utili. Quando i coloni, per tagliare i viveri ai maroons e impedire che gli schiavi fuggano per unirsi a loro, chiedono al Governatore di distruggere il songo, una specie di taro che fornisce loro cibo, Aublet si oppone, sottolineando che la pianta sarà utile a tutti in tempi di carestia. Tra le verità che sarebbe meglio tenere per sé c'è il convincimento, come proclamerà a chiare lettere in "Observations sur les Nègres Esclaves", pubblicato in appendice a Histoire des plantes de la Guiane françoise, che "non è vero che i negri, in generale, siano pigri, mascalzoni, bugiardi, dissimulatori; queste caratteristiche sono frutto della schiavitù, non della natura". La schiavitù va abolita, tanto per rispetto dell'umanità quanto per convenienza economica: "Se restituirete loro la libertà non saranno più mentitori, ladri o disonesti della gente agiata delle città europee. Li vedrete economi, abili e intelligenti in tutto ciò che vorranno intraprendere per il loro proprio profitto". Tra i suoi nemici ci sono anche i farmacisti locali, che lo accusano di non fornire loro i medicinali richiesti (in effetti, preferisce le meno costose e più efficaci medicine locali che ha imparato a riconoscere proprio dai disprezzati schiavi neri), nonché i chirurghi delle navi della Compagnia, a cui fornisce solo quelli necessari, impedendo loro di fare la cresta rivendendo il sovrappiù. Come racconta nella autobiografia premessa a Histoire des plantes de la Guiane françoise, nell'atmosfera avvelenata dell'isola il risentimento di Poivre trova terreno fertile: "Mentre ero impegnato in queste attività, la presentazione di un supposto albero di noce moscata e di noci da parte del signor Poivre mi causò molti fastidi, perché non potei né volli riconoscere in questo albero e in queste bacche le vere noci moscate. Ne informai la Compagnia con una memoria, e questa condotta mi procurò molti nemici, che si vendicarono calunniandomi". Nel 1761 l'atmosfera si è fatta così pesante che Aublet decide di lasciare l'isola e di rientrare in Francia; ma prima di partire, coerente con le sue idee, affranca tutti i suoi schiavi, tra cui una giovane donna, Armelle Conan, che ha riscattato dalla Compagnia; ne ha avuto un figlio e in patria diventerà sua moglie. In Francia, però, lo hanno preceduto anche le voci diffuse da Poivre che, quando questi diventerà Intendente delle Mascarene e trasformerà in realtà il vecchio sogno di coltivarvi le spezie, diventeranno la vulgata, la verità ufficiale. Smentita dalla ricerca (si segnala in particolare questo documentatissimo articolo), la leggenda nera di Fusée-Aublet distruttore di alberi resiste imperterrita nel web. Basti fra tutti (ma gli esempi sono innumerevoli, e non manca qualche sito italiano) la versione francese di Wikipedia, alla voce "Poivre, Pierre", in cui non c'è quasi una parola vera: "Al suo ritorno all'Isle de France nel 1755, con 3000 [sic!] noci moscate, piante di spezie e frutti diversi, scopre le sue prime piante di noce moscata morte. Quando anche le nuove piante muoiono, un'inchiesta [mai avvenuta] rivela che Fusée-Aublet, che pretendeva che la noce moscata non poteva essere naturalizzata all'Isle de France, aveva volontariamente ucciso le giovani piante innaffiandole con acqua bollente". Un botanico eroico nelle foreste della Guyana Aublet è da poco tornato in Francia ed ha fatto appena in tempo a fare una scappata a Salon, dove intende creare un giardino d'acclimatazione con le piante tropicali che ha portato con sé, quando il Ministro della Marina, il duca di Choiseuil, lo invita a recarsi in Guyana come farmacista-botanico del re. Il botanico, che ha superato la quarantina e , dopo l'avventura di Mauritus, ne ha abbastanza delle colonie, esita, ma quando gli viene assicurato che gli verrà lasciato mano libera per erborizzare a suo piacimento, si lascia convincere: alla prospettiva di essere il primo esploratore di quella flora quasi sconosciuta dimentica tutti i problemi e la sua passione per le piante si riaccende irresistibile. Il suo compito sarà niente meno che "vedere ed esaminare tutto ciò che può essere relativo alle vostre conoscenze sui prodotti della nuova terra; farne delle buone memorie e rendere conto di tutto ciò che si può fare per un paese che merita più attenzione di quanto ne abbia finora ricevuta". Insomma, un programma immenso, ma in un certo senso illuminista che non manca di solleticare il suo amor proprio. Imbarcatosi nel porto militare di Blaye alla fine di maggio, già a luglio sbarca in Guyana. Inizialmente è ospite della piantagione gesuita di Loyola, presso Cayenne, la capitale della colonia. I gesuiti, installati in Guyana fin dal secolo precedente, vi hanno creato molte missioni, controllano le maggiori proprietà ed esercitano un vero e proprio monopolio spirituale sugli indios. La loro mediazione è indispensabile a Aublet per entrare in contatto con questi ultimi, che gli sono necessari come guide, portatori e detentori di conoscenze sulle piante e i loro usi. Il momento non potrebbe essere peggiore: la Francia è nel pieno della campagna che nel 1764 porterà all'espulsione dei gesuiti dal regno; anche in Guyana, l'effettiva presa di possesso della colonia da parte francese passa attraverso l'esautoramento della Compagnia di Gesù. Aublet cerca di destreggiarsi, facendo mostra di tatto e diplomazia, ma gli è presto chiaro che i gesuiti vedono in lui una spia, l'agente di un potere nemico, dunque cercano di sabotarlo, impedendogli di allontanarsi più di tanto da Cayenne e di entrare in contatto con gli indios. Solo ad ottobre riesce finalmente a visitare la missione di Kourou, a una sessantina di km a nord di Cayenne, all'imboccatura del fiume omonimo, dove scopre che i padri, oltre a sfruttare la manodopera indiana, praticano un vero e proprio commercio illegale con il Suriname olandese. Secondo la sua relazione al ministro Choiseuil, oltre a tenerlo lontano dagli indios, il padre O'Reilly li ha prevenuti contro di lui, facendo girare la voce che "sotto il pretesto di cercare fiori e simili, quando avrà visto tutto, farà venire dalla Francia una nave con soldati che ci prenderanno con le nostre donne e i nostri figli per venderci come schiavi del re di Francia". Nei mesi successivi le relazioni del botanico francese con i gesuiti giungono al punto di rottura, ma ora egli è in grado di muoversi senza di loro; nell'aprile 1763, lascia Cayenne in canoa, risalendo i fiumi Tour de l’Ile e Oyak, fino a raggiungere la prima settimana di maggio il territorio galibi; è l'inizio della vera e propria esplorazione della foresta, descritta in Histoire des plantes de la Guiane françoise come un mondo alieno, pericoloso ed ostile: "Solo le persone che sono entrate nelle foreste della Guyana possono farsi un'idea dell'estrema difficoltà che si incontra per penetrarvi, a causa delle liane, degli arbusti spinosi, delle erbe taglienti che occupano gli spazi tra i grandi alberi; perché, per poco che ci si allontani dalle abitazioni, non si trovano né sentieri né passaggi: bisogna aprirseli ad ogni passo. [...] Bisogna essere penetrati in queste foreste per comprendere il pericolo che si corre ad ogni istante di ferirsi, di storpiarsi, di essere attaccati da neri maroons o scappati e arrabbiati, o da animali feroci; di calpestare un serpente che si vendica in modo crudele, di cadere in profonde buche colme d'acqua, di rovi o altre piante, di melma, tanto che un uomo solo non riuscirebbe mai a cavarsene fuori". A confronto, sono solo fastidi le punture degli insetti, il caldo soffocante, le piogge improvvise e di un'intensità ignota in Europa, la scomodità dei bivacchi, la difficoltà stessa di raccogliere piante, fiori, frutti, semi in una foresta vergine (sempre che nel frattempo non siano appassiti, o siano stati distrutti da uccelli o insetti). Per superare tutto questo e resistere, il botanico viaggiatore (così si autodefinisce Aublet) deve essere animato da un invincibile ardore, una passione a tutta prova, indispensabile come le altre qualità che elenca puntigliosamente, un po' per costruirsi agli occhi del lettore una figura eroica, un po' per mettere sull'avviso i botanici che volessero imitarlo: una forte costituzione, una salute perfetta, senza difetti ereditari o acquisiti; fermezza d'animo, risolutezza, spirito gaio (la malinconia e la nostalgia sono un pericolo peggiore di calpestare un serpente), ardimento, sensi ben svegli e all'erta. Nel marzo dell'anno successivo Aublet continua la sua esplorazione risalendo il fiume Orapu e raggiungendo il Monte Kaw; quindi, risalendo il torrente Timoutou, raggiunge nuovamente il Tour de l’Ile, da cui inizia il viaggio di ritorno, che lo riporta di nuovo a Cayenne, con una puntata alle Iles du Salut. In tre anni di esplorazione, mette insieme raccolte eccezionali; oltre agli animali e alle piante vive e alle casse di minerali, conchiglie, insetti che invia regolarmente in Francia, lo testimoniano l'imponente erbario e le oltre 500 specie ignote alla scienza frutto delle sue erborizzazioni. Non avrebbe potuto raggiungere questo risultato senza l'aiuto degli unici che sanno come percorrere quelle foreste impenetrabili: gli schiavi e gli indios che si è costretti ad assumere come guide e portatori; ma anche loro, si affretta ad aggiungere Aublet "sono un oggetto di inquietudine quasi continuo: bisogna indovinare le loro intenzioni, i loro complotti, fare in modo di farsi rispettare, temere ed amare, se ciò è possibile, in modo che non vi abbandonino in mezzo ai boschi, o magari vi uccidano". Bisogna anche armarli, e il nostro botanico, che sa bene come pesare torti e ragioni, aggiunge "un europeo viene così a trovarsi con dieci o venti persone armate che hanno tutte le ragioni di lamentarsi degli europei". Agli ostacoli fisici e psicologici, si aggiunge un ostacolo conoscitivo: il botanico deve fare i conti con una flora quasi totalmente ignota; per venirne a capo, non ci sono che due strade: da una parte, moltiplicare l'attenzione, tutto osservando, tutto annotando; dall'altro, immergersi in quell'ambiente naturale, frequentare gli indigeni, raccogliendo dalle loro bocche, e dal loro esempio, tutte le notizie possibili su quelle piante, il loro nome, i loro usi, le loro virtù e i loro pericoli. Aublet, malato, lascia la Guyana nel 1764. Di passaggio a San Domingo, vi si trattiene otto mesi su richiesta del governatore, il conte d'Estaing, che chiede il suo aiuto per l'insediamento nella colonia di un gruppo di rifugiati acadiani; come direttore della piazzaforte di Môle-Saint-Nicolas, collabora all'allestimento del sito di Bombardopolis, così chiamato in onore di uno dei suoi protettori parigini, il finanziere Pierre-Paul Bombarde de Beaulieu. Poi la salute, già compromessa, lo costringe a lasciare anche questo incarico, che considera onorifico e in qualche modo la prova che "le calunnie che erano state diffuse dai nemici che mi ero fatto all'Isle de France non avevano lasciato nemmeno i più leggeri sospetti su di me". Rientrato a Parigi all'inizio del 1655, dopo aver soggiornando per qualche tempo nel sud per recuperare la salute, dedica i dieci anni seguenti al compito non meno eroico di scrivere e pubblicare Histoire des plantes de la Guiane françoise, un'impresa che sarebbe stata impossibile senza l'aiuto del suo maestro e biblioteca vivente Bernard de Jussieu. Il risultato è imponente: quattro volumi, due di testi e due di figure, con la descrizione di 576 generi e 1241 specie, quasi metà delle quali nuove. L'opera, molto curata graficamente e certo costosa, rispetta tutti i crismi della scientificità (accurate diagnosi in latino, classificazione delle piante secondo il sistema linneano), ma vuole coinvolgere anche un pubblico più ampio di appassionati e curiosi; così Aublet adotta il francese non solo per la prefazione (in gran parte, un'autobiografia dai toni appassionati) e le appendici, ma anche per le descrizioni, sempre corredate del luogo di raccolta, dell'eventuale periodo di fioritura, del nome vernacolare e non di rado di indicazione dell'uso che ne fanno gli indigeni, il che ne fa anche uno dei primi testi di etnobotanica. Aublet creò circa 200 nuovi nomi generici (molti dei quali tuttora accettati) e, contrariamente all'uso dominante, non li trasse né dal latino né dal nome di personaggi illustri, ma (a parte pochi dedicati a persone che lo avevano aiutato in Guyana) per lo più dai nomi locali, soprattutto galibi (74 denominazioni). Tra i tanti, vorrei ricordare almeno Hevea, il genere cui appartiene l'albero della gomma, per il quale Aublet scelse il nome vernacolare in uso nella provincia di Esmeraldas in Ecuador. Le 400 tavole che formano il terzo e il quarto volume, basate almeno in parte su disegni dello stesso Aublet e affidate a diversi pittori e incisori, sono di eccellente qualità. Alla fine del secondo volume sono riunite varie appendici (Memorie o osservazioni), dedicate a produzioni particolari (caffè, canna da zucchero, manioca, vaniglia, diverse palme), a informazioni etnografiche sui galibi, alla distillazione degli oli essenziali di erbe aromatiche, o ancora a qualche notizia sulla flora dell'Isle de France. Tra tutte spicca il già citato "Observation sur les Negres esclaves" in cui il botanico perora l'abolizione della schiavitù; citiamone ancora un passaggio significativo: abolendo la schiavitù "l'umanità non sarà più umiliata dai vizi che rimproverate a questi schiavi, e che sono in parte opera vostra, o l'effetto di circostanze che trasformano l'uomo naturalmente buono nell'essere più malvagio della natura. Voi risparmierete i rimproveri che il vostro cuore deve farvi per aver trattato o fatto trattare come bestie esseri che non differiscono in niente da voi, se non per circostanze che dovrebbero invece intenerirvi in loro favore". Davvero, non siamo molto lontani da Rousseau; e certo, anche se i particolari della loro relazione ci sono ignoti, i due dovettero conoscersi e frequentarsi, se una parte dell'erbario di Aublet passò al filosofo ginevrino. Il grosso, invece, alla morte del botanico, avvenuta nel 1778, fu venduto dalla vedova a Banks, e ora si trova al Natural History Museum di Londra. Dediche rischiose Per citare Lucille Allorge, "Come si può credere che un uomo così abbia scientemente distrutto gli pseudo-alberi di noce moscata di Poivre?". Speriamo che le celebrazioni del terzo centenario della nascita, che cade in questo 2023, gli portino finalmente giustizia. I botanici lo hanno fatto da un pezzo, ricordandolo con molti generi. Prima ancora che pubblicasse il suo opus magnum, nel 1771, il botanico del Jardin du roi Le Monnier, che insieme a Bernard de Jussieu lo aveva raccomandato per la missione in Guyana, gli dedicò un primo Aubletia, poi ripubblicato due anni dopo come Obletia (la grafia si rifà alla pronuncia), nome inutile perché sinonimo di Verbena. Qualche anno dopo, nel 1788, il botanico tedesco Joseph Gaertner gli dedicò un secondo Aubletia, un genere monospecifico della famiglia Lythraceae rappresentato solamente da A. caseolaris, che alla fine dell'Ottocento venne riclassificata come Sonneratia caseolaris: una vera beffa se si pensa che Sonnerat era nipote di Poivre, nonché il principale artefice dell'introduzione delle spezie all'Isle de France. Nel frattempo altri generi Aubletia erano stati creati in successione da Schreber, Loureiro e Persoon, tutti ugualmente illegittimi perché bloccati dalla denominazione di Gaertner. Né miglior sorte arrise a Aubletella Pierre, sinonimo di Chrysophyllum. Insomma, per un buon secolo il nostro eroico viaggiatore è stato un botanico senza Nobel, come chiamo i grandi botanici privi del riconoscimento di un genere valido. A riparare l'ennesima ingiustizia ha provveduto nel 2000 il botanico colombiano José Carmelo Murillo Aldana, con la dedica di Aubletiana (Euphorbiaceae), da lui istituito separando da Conceveiba, uno dei generi creati da Aublet, le due specie africane, di conseguenza rinominate A. lepstostachys e A. macrostachys. Anche se egli non lo dice esplicitamente, certo in tal modo l'autore, uno specialista della flora dell'Amazzonia colombiana, avrà anche voluto rendere omaggio a uno dei padri fondatori della botanica neotropicale. Le due specie, sulle quali non si trovano molte notizie, si differenziano da Conceveiba per essere monoiche anziché dioiche, non secernono latice e hanno semi elissoidali senza arillo. Sono alberi dello strato più basso della foresta tropicale del Gabon e del Cameron.
0 Comments
Leave a Reply. |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2024
Categorie
All
|