L'esuberante, a volte indomabile, Macleaya cordata appare il ritratto vegetale perfetto per il funzionario, entomologo, collezionista e naturalista dilettante Alexander Macleay, un uomo che non conosceva le mezze misure. Nei suoi anni inglesi accumulò una collezione di insetti che era considerata la più bella e vasta del paese, forse del mondo; quando si trasferì in Australia come segretario coloniale, divenne una figura di spicco nella vita amministrativa, culturale, mondana e politica del Nuovo Galles del Sud. Sempre all'insegna del gigantismo: la sua casa di Elizabeth Bay, ancora oggi considerata la più bella dimora del periodo coloniale, era circondata da un giardino di 22 ettari, ricco di piante rare venute da tutto il mondo. Purtroppo non esiste più, ma l'impronta di Macleay rimane nelle strade della città, dove fioriscono le jacaranda da lui introdotte, nell'Australian Museum e soprattutto nel Macleay Museum di Sydney. Un burocrate della botanica Nel gennaio 1826, quando Alexander Macleay (1767-1848) sbarcò a Sidney, era alla soglia dei 60 anni; forse un po' tardi per iniziare una nuova vita, ma anche un'occasione da non perdere. In patria era stato in importante funzionario del Transport Board del Ministero della guerra; ma nel 1818, finite le guerre napoleoniche, il dipartimento era stato soppresso, ed egli era stato messo a riposo con una pensione di 750 sterline. Poco per un uomo dai gusti dispendiosi con un'enorme famiglia; così, quando lord Bathurst, che era stato il suo capo, gli propose il posto di segretario coloniale del Nuovo Galles del Sud, con uno stipendio di 2000 sterline e il mantenimento della pensione, dopo qualche esitazione accettò. Tra le diverse considerazioni, certo pensò anche che il Nuovo Galles del Sud era un terreno ideale per coltivare le sue passioni naturalistiche. Oltre che un abile burocrate, Macleay era infatti un naturalista dilettante, noto per la sua grande e raffinata collezione entomologica. Nato in Scozia in un'antica famiglia impoverita dalle guerre giacobite, era stato educato a una carriera commerciale e nel 1786 si era trasferito a Londra, dove avviò un commercio di vini. A un certo punto dovette entrare in contatto con l'ambiente scientifico e nel 1794 venne ammesso alla Linnean Society; il segretario Thomas Marsham e il reverendo William Kirby era due noti entomologhi e forse furono loro ad avviarlo alla raccolta e allo studio degli insetti. Nel 1795, forse grazie alla raccomandazione di Banks, venne assunto come primo capo dell'Ufficio dei prigionieri di guerra; in seguito, l'ufficio confluì nel Transport Board, e Macleay fece carriera, divenendo prima capo del dipartimento della corrispondenza ed infine segretario del Board, rendendosi utile a Banks per lo scambio di prigionieri francesi con scienziati britannici. A partire dal 1798, quando Marsham diede le dimissioni per diventare tesoriere, Macleay mise le sue capacità amministrative al servizio della Linnean Society, ricoprendo a titolo gratuito l'incarico di segretario fino alla vigilia della sua partenza per l'Australia. Manteneva la corrispondenza, curava l'edizione e la stampa delle Transactions, teneva informato il presidente James Edward Smith che viveva nel Surrey e raramente partecipava alle riunioni. Svolgeva tutti questi compiti con grande zelo ed efficienza, esattamente come i suoi doveri d'ufficio, dividendo le sue giornate tra il Ministero e la Linnean Society. Nella sua posizione di burocrate della scienza poté stringere molti contatti che gli permisero di arricchire rapidamente la sua collezione di insetti, cominciata con le escursioni entomologiche e gli scambi con gli amici; poi vennero gli esemplari ottenuti da una rete corrispondenti (come il pittore John William Lewin, che gli spedì insetti proprio dal Nuovo Galles del Sud) e gli acquisti alle aste. Tra il 1804 e il 1818, Macleay riuscì ad aggiudicarsi integralmente o in parte le collezioni entomologiche di Dru Drury, Edward Donovan, Thomas Marsham, John Francillon e del generale Thomas Davies, di grande rilevanza storica per la presenza di numerosi esemplari tipo. A questo punto la sua collezione era probabilmente la più ricca del paese; se ne servirono largamente Kirby e Spense per il loro An Introduction to Entomology, pubblicato nel 1815 con una dedica a Macleay. Si moltiplicarono anche i riconoscimenti scientifici: nel 1809 fu ammesso alla Royal Society, nel 1813 alla Reale accademia delle scienze svedese, nel 1818 all'Accademia delle Scienze di Torino. Gli insetti erano l'interesse preminente, ma non il solo: Macleay amava anche le piante e nella casa di campagna che aveva acquistato nel Surrey creò un giardino ricco di specie esotiche, che come segretario della Linnean Society a volte riusciva a procurarsi in anteprima: è il caso di uno dei primi esemplari di Wisteria sinensis, arrivato direttamente dalla Cina nel 1819. Tra le piante preferite le rose; quando partì per l'Australia, ne portò con sé 34 piedi, incluse tre noisette, all'epoca una novità. Collezionare insetti e possedere una elegante villa di campagna erano abitudini dispendiose per un funzionario ministeriale, sebbene di alto livello; anche di più era crescere uno stuolo di figli e figlie. Lui e la moglie Elisa Barclay ne ebbero diciassette; sette morirono prima di raggiungere l'età adulta; rimanevano quattro maschi, cui assicurare un'educazione universitaria in vista di carriere prestigiose, e sei ragazze cui trovare marito, come nel più classico romanzo di Jane Austin. Quando Macleay si trovò a disporre solo di una modesta pensione, arrivarono le difficoltà finanziarie, accresciute dal fallimento della banca privata del fratello di cui era azionista. Lasciare le amicizie e una posizione scientifica pazientemente coltivata per un quarto di secolo era doloroso, ma l'offerta troppo allettante. Così si risolse ad accettare e a partire per gli antipodi; che fosse una destinazione definitiva, lo dimostra il fatto che lo accompagnavano la moglie e le sei figlie (la maggiore, Frances Leonora detta Fanny, aveva 34 anni, la più piccola, Barbara, 12); nella stiva, la preziosa collezione di insetti (all'epoca, contava circa 9000 pezzo), la biblioteca e casse di piante. Uomo molto attivo, capace di lavorare anche 20 ore al giorno, di grandissima esperienza amministrativa, Macleay seppe rendersi indispensabile al governatore Darling. Dopo anni di incertezze finanziarie, ora godeva di un buon stipendio e ottenne anche vaste concessioni fondiarie, tra cui una di circa 22 acri a Elizabeth Bay, a circa due miglia ad est della città. La famiglia si stabilì nella casa assegnata al Segretario coloniale nei pressi dell'ufficio, ma fin dal 1827 Macleay cominciò a trasformare la proprietà di Elizabeth Bay in un giardino paesaggistico, sfruttando la splendida posizione affacciata sulla baia. Fece costruire un muro di sostegno, una strada d'accesso, delle stalle ingentilite da torrette e un cottage per il giardiniere. Affidò il progetto del giardino a Thomas Shepherd, il primo vivaista della colonia; era un seguace del giardino paesaggistico che propagandò nel suo Lectures of Landscape Gardening (1836), dedicato a Macleay "in segno di ammirazione per l'abilità consumata, la conoscenza e lo zelo nelle attività orticole". Mentre gli altri proprietari di giardini facevano tabula rasa della vegetazione spontanea per ricreare agli antipodi i giardini della madrepatria, Macleay chiese a Shepherd di preservarla; costituita da alberi di Eucalyptus tereticornis con il relativo sottobosco, divenne lo sfondo dove inserire sentieri sinuosi, laghetti, un ponte rustico, grotte, edifici romantici e piante esotiche fatte venire dall'Inghilterra, dall'India, dalla Cina e da altri angoli dell'Impero britannico. Così descrive il giardino Mrs Lowe, che lo visitò al momento del suo massimo splendore: "Il cammino che porta alla casa è tagliato attraverso rocce ricoperte dagli splendidi arbusti selvatici e dai fiori di questo paese, e qua e là c'è un immenso albero primordiale [...]. In questo giardino ci sono piante di ogni clima: fiori e alberi di Rio, delle Indie Occidentali, delle Indie Orientali, della Cina e persino dell'Inghilterra. I bulbi del Capo sono splendidi, e se non le avessi viste non potrei credere quanto belle siano le rose. Gli aranci, i limoni, gli altri citrus e i guaiavi sono immensi, i melograni sono in piena fioritura. Mr Macleay ha anche un'immensa collezione di piante della Nuova Zelanda". Non abbiamo cataloghi del giardino, ma le semine e i trapianti sono documentati da due quaderni, di mano in parte di Alexander Macleay in parte del figlio William Sharp: Plants Received at Elizabeth Bay, ca 1826-1840, e Seeds Received at Elizabeth Bay, 1836-1857, che elenca semi di 3806 varietà. Era un autentico orto botanico con rarità di ogni tipo; tra i fornitori, oltre a Shepherd, troviamo il famoso vivaio londinese Loddiges, specialista in piante esotiche; qualche pianta arrivò da scambi con altri appassionati, come William Macarthur di Camden. Il giardino doveva già essere completato nel gennaio 1836, quando Macleay vi diede una splendida festa in onore degli ufficiali delle HMS Beagle e Zebra, in viaggio alla volta del Pacifico; c'erano le famiglie più in vista della colonia, per un totale di 200 invitati; ma non c'era il naturalista del Beagle Charles Darwin, che aveva approfittato dello scalo per un'escursione naturalistica sulle Blue Mountains. La festa si svolse sul prato antistante la villa la cui costruzione era iniziata l'anno prima; Macleay ne aveva affidato la progettazione a John Verge, il più rinomato architetto della colonia, che disegnò un edificio a due piani in stile classico, particolarmente notevole per la sala centrale ovale sormontata da una lanterna. Nobiltà e miseria di una casa e di un giardino Un giardino da favola, feste danzanti e una residenza alla moda, oltre a corrispondere al gusto del lusso che Macleay aveva già manifestato in Inghilterra, facevano parte della strategia per inserirsi nell'élite della società della colonia, costituita da emigrati che stavano facendo fortuna con l'allevamento delle pecore nelle terre ottenute in concessione dal governo (una speculazione a cui si dedicò egli stesso). Nonostante la sua figura di goffo arrivista fosse anche oggetto di caricatura, l'operazione riuscì abbastanza da assicurare ottimi matrimoni a cinque figlie su sei. Nel 1838 Macleay fu anche tra i fondatori dell'esclusivo Australian club. Ma c'erano circoli a cui teneva anche di più: quelli dei "gentiluomini naturalisti" di cui in Inghilterra aveva fatto parte nella posizione privilegiata di noto collezionista e segretario della Linnean Society, Tra i doveri d'ufficio del segretario coloniale, c'era la gestione dell'orto botanico. Era stato fondato nel 1816 dal governatore Macquaire, ma, anche se il primo sovrintendente Charles Fraser aveva incominciato a trapiantarvi le specie native raccolte durante le sue spedizioni, era ancora poco più di un orto in cui si coltivavano le verdure per la mensa del governatore. La riuscita del giardino di Elizabeth Bay, che aveva dimostrato le potenzialità di un terreno di per sé arido, sabbioso e poco fertile, sicuramente stimolò la coltivazione di fruttifere ed esotiche anche nell'orto botanico, cui Macleay donò numerose piante; tuttavia, il giardino non decollò fino alla fine degli anni '40, in seguito a una serie di vicende sfortunate tra cui la morte di Richard Cunningham e la rinuncia di suo fratello Allan. Macleay incontrò maggior successo nell'istituzione del Museo australiano. La creazione di un museo della colonia era stato il principale obiettivo della Philosophical Society of Australia, fondata nel 1821 da sette gentiluomini; erano stati raccolti o donati minerali, fossili, manufatti indigeni, custoditi proprio nell'ufficio del segretario coloniale, ma la società si era presto arenata. Macleay rilanciò il progetto e già nel 1827 convinse il governatore a stanziare 200 sterline per istituire il Museo coloniale, che nel 1830 fu trasferito in un capannone annesso all'ufficio dell'avvocatura, poi nel 1831 nell'edificio del Vecchio consiglio legislativo. Nel 1836 venne rinominato Australian Museum e, probabilmente su suggerimento di Macleay, posto sotto la giurisdizione del "Comitato di sovrintendenza del Museo Australiano e dell'Orto botanico", di cui facevano parte sia lui, nelle vesti di presidente, sia suo figlio William Sharp e diverse personalità della colonia che ne condividevano gli interessi scientifici, tra cui Phillip Parker King. Intanto Macleay continuava ad accumulare piante, insetti e altri oggetti naturali (i suoi interessi si erano estesi anche all'ornitologia e agli animali marini). Per quanto riguarda le piante, gli si attribuisce l'introduzione in Australia del glicine, che come abbiamo visto già coltivava in Inghilterra, e della jacaranda, oggi comunissima lungo i viali cittadini; nel 1836 è documentato l'arrivo di una Magnolia denudata. Tra gli apporti alla collezione entomologica merita segnalare diversi esemplari avuti da Raffles e le 192 diverse specie di insetti raccolte dal capitano King nel corso della ricognizione della costa australiana tra il 1818 e il 1822. Nel conferirgli l'incarico, l'ufficio coloniale aveva raccomandato a Macleay di non prendere iniziative personali e di non discostarsi dalle disposizioni del governatore; egli si era attenuto strettamente a questa direttiva, con il risultato che la crescente impopolarità di Darling ricadde anche su di lui; membro fin dal 1825 del Consiglio legislativo e del Consiglio esecutivo, per altro condivideva pienamente le scelte conservatrici del governatore, ostile a concedere pieni diritti politici agli ex-deportati. Anche Macleay fu oggetto di una violenta campagna di stampa che lo accusava di essersi fatto strumento del tirannico Darling per puro interesse personale; uno dei capi d'accusa più gravi era proprio la concessione della tenuta di Elizabeth Bay, che includeva una riserva aborigena sotto protezione governativa. A Londra arrivò la duplice richiesta di rimuovere tanto l'odiato governatore quanto il suo tirapiedi, ovvero il segretario coloniale. In effetti nel 1831 Darling, terminato il suo mandato, fu richiamato in Inghilterra ma la sua relazione sull'operato di Macleay fu così positiva che l'ufficio coloniale decise di mantenerlo al suo posto. Tuttavia le sue relazioni con il nuovo governatore Burke si fecero sempre più tese, finche nel 1835 quest'ultimo notificò all'Ufficio coloniale che era necessario nominare un nuovo segretario in vista dell'imminente pensionamento di Macleay, quasi settantenne. Il quale non era stato consultato in proposito e cercò di opporsi in tutti i modi, minacciando anche di adire le vie legali, finché all'inizio del 1837 fu costretto al ritiro. Come in Inghilterra vent'anni prima, si trovò di nuovo immerso nei debiti. Anche se con la sua strenua resistenza si era almeno garantito una buona pensione, la perdita del lauto stipendio diede il colpo di grazia a una situazione già problematica a causa dei debiti accumulati per costruire la casa o investiti in speculazioni avventate, proprio nel momento in cui il prezzo della lana crollava e il Nuovo Galles del Sud era investito da una grave crisi. Molti altri erano indebitati e Alexander Macleay cercò inutilmente di vendere una parte delle terre. A salvarlo dalla bancarotta fu il figlio maggiore William Sharpe Macleay (1792-1865), che era anche il maggiore dei suoi creditori; trasferitosi a Sydney nel 1839, nel 1844 si fece carico di parte dei debiti e provvide a saldarli vendendo la mobilia, la biblioteca, che contava circa 4000 volumi, diversi terreni. Per costringere il padre a un regime di stretta economia, lo convinse a trasferirsi con la moglie presso una delle sorelle sposate e si trasferì nella casa di Elizabeth Bay, dove visse fino alla morte. In queste tristi vicende, l'anziano Alexander era ancora impegnato in politica: nel 1843 fu eletto all'assemblea legislativa, di cui fu speaker fino al 1846. Morì nel 1848 in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale. Al funerale assistette una gran folla, a dimostrare che nonostante tutto era stato una personalità di primo piano nella vita della colonia. A ereditare la collezione entomologica fu William Sharp che la unì alla propria. Dopo essersi laureato a Cambridge, aveva intrapreso la carriera diplomatica, con primo incarico a Parigi, dove aveva frequentato tra gli altri Cuvier; quindi aveva approfittato di una missione a Cuba e di un viaggio negli Stati Uniti per incrementare la sua collezione di insetti, in parte raccolta di persona, in parte ottenuta attraverso scambi e acquisti. A differenza del padre, che non pubblicò nulla eccetto una monografia sul genere Passus, fu uno scienziato con ambizioni teoriche, creatore del sistema di classificazione quinario che godette di qualche successo tra i naturalisti britannici, un ambiente in cui era ben inserito (tra i suoi contatti, anche il giovane Darwin, che incoraggiò a pubblicare i risultati naturalistici del viaggio del Beagle). Continuò ad incrementare la collezione anche in Australia; al momento della sua morte nel 1865, unita a quella del padre, occupava 480 cassetti e contava tra 100.000 e 150.000 esemplari. William Sharp diede un grande contributo anche al giardino. Al suo arrivo nel 1839 portò con sé molti bulbi che si era procurato durante lo scalo a Città del Capo; altre 88 varietà gli furono invite l'anno dopo da Nathaniel Wallich, suo corrispondente e sovrintendente dell'orto botanico di Calcutta. Nel 1841 ricevette una visita speciale: quella di Joseph Dalton Hooker, figlio del direttore di Kew, di passaggio in Australia come naturalista dell'Erebus; Hooker fu entusiasta del giardino e lo descrisse come il paradiso dei botanici: "La mia sorpresa fu sconfinata per le bellezze naturali del luogo, il gusto inimitabile con cui i giardini erano disposti e il numero e la rarità delle piante che vi erano raccolte". Macleay gli restituì la visita sull'Erebus e passò un'intera giornata ad ammirare gli esemplari raccolti da Hooker nei mari antartici. Alla sua morte lasciò la collezione al cugino William John Macleay e la casa al fratello minore George (un altro personaggio sopra le righe, noto come esploratore, viaggiatore e bon vivant) che suddivise la proprietà in lotti, ne vendette gran parte e affittò la casa al cugino. William John Macleay (1820-1891) era arrivato in Australia insieme al cugino William Sharp che lo aveva iniziato all'entomologia. Anche lui era un appassionato collezionista; nel 1862 fondò e presiedette l'Entomological Society. Dopo aver ereditato la collezione di Alexander e William Sharp, decise di ampliarne la portata, trasformandola in una raccolta zoologica a 360°. Nel 1874 fu tra i soci fondatori e primo presidente della Linnean Society del Nuovo Galles del Sud. Finanziò diverse spedizioni; nel 1875 guidò quella del Chevert in Nuova Guinea, la prima spedizione scientifica australiana in un altro paese. Ormai le collezioni erano così grandi che dovette far costruire un nuovo edificio per ospitarle ed assumere un curatore nella persona di George Master. Nel 1889 ne fece dono all'Università di Sydney; nacque così il Macleay Museum, uno dei più importanti musei naturalistici dell'Australia. Alla morte di George la casa passò agli Onslow, discendenti di Rosa Roberta, una delle figlie di Alexander; nel Novecento fu semiabbandonata, ristrutturata, smembrata in appartamenti finché nel 1963 fu acquistata dal Consiglio della Contea. Restaurata e riportata allo splendore originale, oggi è un museo inserito dall'Unesco nella lista del patrimonio dell'umanità. Il giardino aveva cessato da tempo di esistere. Macleaya, splendide e invadenti Robert Brown era stato ammesso alla Linnean Society nel novembre 1798, pochi mesi dopo l'elezione a segretario di Alexander Macleay. Dopo il suo ritorno dall'Australia, la società lo assunse come impiegato e bibliotecario; si trovò così a lavorare quasi quotidianamente con Macleay. Tra i due dovette svilupparsi una stretta amicizia. Nell'autunno nel 1814, Brown soffrì una brutta infreddatura e il suo capo lo invitò a trascorrere le vacanze natalizie con la sua famiglia nella villa del Surrey. Fu un momento molto piacevole per il botanico, trascorso in dotte conversazioni con il padrone di casa e con William Sharp, all'epoca studente a Cambridge, ma anche con la ventunenne Fanny, la più grande delle ragazze di casa. Come le sorelle, aveva ricevuto un'eccellente educazione scientifica, aiutava il padre a tenere in ordine le collezioni, era una brillante conversatrice (lo dimostrano le belle lettere che scrisse da Sydney al fratello quando questi si trovava all'Avana) e una dotatissima pittrice botanica. Per farla corta, Brown (che aveva il doppio dei suoi anni) credette di aver trovato l'anima gemella. Non sappiamo se si limitò a un corteggiamento, o ci fu una richiesta ufficiale; sappiamo invece che a opporsi fu la madre (in Australia aveva fama di essere una vera arpia), che sentenziò che Fanny si sarebbe sposata prima o poi, ma ora doveva aiutarla ad allevare i fratellini e le sorelline. Del resto, Brown come innamorato le pareva decisamente freddo (e con pochi soldi, aggiungo io). Così l'idillio finì, senza intaccare l'amicizia tra i Macleay e Brown. Anche quando Fanny viveva in Australia, lei e il vecchio innamorato continuarono a corrispondere, scambiando disegni ed esemplari, ma senza alcuna nota romantica. Fanny fu l'ultima delle sorelle Macleay a sposarsi addirittura nel 1836, ma morì sei settimane dopo il matrimonio. Quando il vedovo partì per Londra, Alexander Macleay (che forse era all'oscuro di tutto) ebbe la brillante idea di munirlo di una lettera di raccomandazione... proprio per Robert Brown. Al quale doveva, se non altro, la dedica del genere botanico Macleaya istituito da Brown nel 1826, poco dopo la partenza dell'amico per l'Australia, con queste parole: "Al mio molto stimato amico Alexander Macleay, Segretario della colonia del Nuovo Galles del Sud, i cui meriti come naturalista generale, profondo entomologo e botanico pratico sono ben noti". Brown separò il nuovo genere da Bocconia contro il parere di altri autorevoli botanici; la separazione, oggi confermata dalle analisi molecolari, ha prevalso solo nel 1920. Macleaya R.Br. è un piccolo genere della famiglia Papaveraceae cui appartengono due sole specie, M. cordata e M. microcarpa. La prima, originaria di Cina e Giappone, è abbastanza diffusa nei nostri giardini. E' una vigorosissima erbacea perenne capace di superare i due metri d'altezza, con grandi foglie lobate, molto decorative, tra grigio verdi e verde azzurro. I piccoli fiori sono riuniti in grandi pannocchie piumose bianco-camoscio. Dove trova le condizioni ideali, tende a formare molti polloni e può essere piuttosto invadente. M. microcarpa, endemica della Cina centro-orientale, è simile, ma con fiori più piccoli, rosati all'esterno e bronzei all'interno. Sono disponibili anche cultivar con fiori più rosati o rossastri, nonché un ibrido tra queste due specie, M. x kewensis, con pannocchie da camoscio-crema a rosate.
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Quando il suo professore gli propose una tesi sul genere Solanum, Michel Félix Dunal probabilmente non immaginava che la famiglia delle patate e dei pomodori avrebbe segnato la sua carriera scientifica. Invece è proprio per i suoi contributi allo studio delle Solanaceae, culminato con la loro trattazione nel Prodromus di de Candolle (era lui il suo maestro), che egli è ancora noto nella storia della botanica. A celebrarlo non poteva che essere un genere di quella famiglia, Dunalia. Dalle Solanacee alle Solanacee Nel sostenere l'utilità anche pratica del suo sistema naturale, Antoine-Laurent de Jussieu aveva osservato che piante che si assomigliano devono condividere anche le proprietà medicinali; a partire da questa osservazione, Augustin Pyrame de Candolle, che nel 1807 era stato nominato professore di botanica e direttore dell'Orto botanico di Montpellier, suggerì alla facoltà di medicina di assegnare come tesi monografie su gruppi di piante. A fare da apripista fu il suo allievo più promettente, Michel Félix Dunal (1789-1856), con la tesi Histoire naturelle, médicale et économique des Solanum, et des genres qui ont été confondues avec eux, discussa e pubblicata nel 1813. Così, nel doppio segno di Solanum e di de Candolle, iniziò la carriera scientifica di Dunal; e così sarebbe terminata, con la trattazione della famiglia Solanaceae del Prodromus di de Candolle nel 1852. Michel Félix Dunal apparteneva a una ricca famiglia della borghesia calvinista di Montpellier. Il padre era un banchiere e lo costrinse ancora adolescente a lasciare gli studi per lavorare con lui in banca; il ragazzo obbedì, ma sognava altro: di carattere ardente e romantico, si era innamorato della botanica leggendo le Lettres sur la botanique di Rousseau. Alla fine riuscì a convincere il padre a permettergli almeno di seguire come uditore qualche lezione di botanica e anatomia. Le gite nelle Cevenne con il suo primo maestro Guillaume-Joséph Roubieu gli confermarono che quella era la sua strada. L'arrivo a Montpellier di de Candolle segnò la svolta definitiva; finalmente libero di seguire la sua vocazione, Dunal si iscrisse a medicina e divenne l'allievo preferito del professore ginevrino. Nel 1811, fu uno dei suoi compagni in una lunga escursione che toccò le Cevenne, il Vivarais, il Velais, l'Alvernia, il Périgord, il Médoc, il Bourbonnais e la Sologne. Quindi accompagnò il maestro a Parigi, dove, grazie a lui poté frequentare i circoli scientifici e stringere amicizie, soprattutto con Augustin de St. Hilaire e Carl Sigismund Kunth. Tornò quindi a Montpellier per preparare la tesi da cui ho preso le mosse, per la quale poté avvalersi, oltre che delle piante vive dell'orto botanico, dei disegni della spedizione di Sessé e Mociño, fortunosamente approdati nella città occitana come ho raccontato in questo post, il che gli permise di pubblicare numerose specie ancora ignote in Europa. La monografia si divide in due parti: la prima è dedicata alla storia e agli usi economici e medici del genere, con approfondimenti per la patata (trattata a proposito delle radici), la dulcamara e le morelle (trattate a proposito di fusti e foglie), la melanzana (trattata a proposito dei frutti); la seconda contiene la descrizione botanica di 2 specie del genere Witheringia, 6 del genere Lycopersicon, 199 del genere Solanum (che salgono a 235 aggiungendo le specie "non sufficientemente note"). A conclusione una breve lista di specie erroneamente assegnate al genere Solanum, tra cui Atropa belladonna. Numerose le specie descritte per la prima volta; ma soprattutto, Dunal tenta una classificazione del genere, dividendolo nei due gruppi Inermia (senza spine) e Aculeata (spinose) e in 12 "serie naturali" sulla base di caratteristiche morfologiche quali le foglie, le infiorescenze, il calice; alcuni dei gruppi individuati corrispondono a sezioni attualmente accettate. Ne risulta una voluminosa opera di oltre 300 pagine, che egli poté permettersi di far stampare in una curata veste tipografica e di corredare di 26 tavole disegnate da François Toussaint Node-Véran, l'artista dell'orto botanico di Montpellier. Conseguita la laurea, Dunal tornò a Parigi, dove si trattenne per circa un anno, finché nel 1814 l'invasione della Francia lo costrinse a tornare a Montpellier, dove come medico fu impegnato a contrastare l'epidemia di tifo. Contrasse la malattia, e dedicò la lunga convalescenza a una monografia sulle Annonaceae; anche in questo caso si tratta della prima trattazione sistematica di questa famiglia, cui Dunal assegnò nove generi, incluso Monodora, da lui istituito e tuttora riconosciuto; pubblicata nel 1817, anch'essa illustrata da Node-Véran, contribuì a consolidare la reputazione del giovane botanico. L'anno prima aveva dato alle stampe un'edizione rivista della tesi, Solanorum generumque affinium synopsis, in cui le specie di Solanum salgono a 320, ma senza grandi novità sistematiche. Intanto la politica aveva provocato un terremoto anche nella vita universitaria di Montpellier. De Candolle, considerato troppo allineato al regime napoleonico e inviso agli ambienti cattolici, nel 1816 diede le dimissioni e tornò a Ginevra, dove l'Accademia creò immediatamente una cattedra per lui. Delle due cattedre di botanica che teneva a Montpellier, quella della facoltà di scienze fu soppressa, mentre quella della facoltà di medicina rimase vacante fino al 1819. La facoltà di medicina nominò Dunal direttore ad interim della Scuola di botanica e dell'orto botanico. Certo egli si aspettava che gli fosse assegnata la cattedra, invece fu nominato Alire Raffeneau Delile (per ironia, ben più legato a Napoleone ben più di de Candolle e tanto più di Dunal, visto che era stato il botanico della spedizione in Egitto). Dunal, che in quel momento si trovava in Inghilterra a consultare erbari, accettò il fatto compiuto con grande signorilità. Contemporaneamente, la sua famiglia conobbe un rovescio di fortuna. Dunal si ritirò in campagna, affiancando al lavoro come medico la gestione di due aziende agricole; in questa veste inventò uno strumento che chiamò eno-alcolometro, utile per misurare la gradazione alcoolica del vino. Non aveva per altro lasciato la botanica: de Candolle gli affidò la trattazione delle Cistineae (oggi Cistaceae) nel primo volume del Prodromus (1824). Questa parentesi durò fino al 1829, quando la facoltà di scienze decise di ristabilire la cattedra di botanica e di assegnarla a Dunal. Per poterla assumere, egli provvide a laurearsi in scienze naturali, discutendo la tesi Considérations sur la nature et les rapports de quelques-uns des organes de la fleur, che si basa sulla teoria della metamorfosi degli organi vegetali e incontrò seguito limitato (come dimostra il fatto che il termine "lepali" che egli coniò per le appendici del ricettacolo non è entrato nella terminologia botanica). Dunal fu un professore molto amato dai suoi studenti, il più famoso dei quali è Jules Émile Planchon. Dal 1830, ai doveri didattici,ù si aggiunse l'incarico di decano della Facoltà, con tutta una serie di compiti amministrativi. Tra i suoi successi, l'acquisizione all'università di una serie di erbari, incluso quello del botanico dilettante e collezionista Bouché-Doumenq, prezioso perché contiene gli erbari di Magnol e Broussonet. Insieme a un altro botanico, Frédéric de Girard (1810-1850), progettò una Flora di Montpellier che però si arenò presto. L'ultimo lavoro che lo attendeva era un ritorno alle origini: Alphonse de Candolle gli affidò la trattazione delle Solanaceae per il Prodromus, di cui forma quasi interamente il 13° volume (1852), per un totale di poco meno di 700 pagine. A sentire Planchon, questo enorme lavoro ha pesato su di lui "come un fardello di cui solo il suo rispetto per de Candolle poteva alleggerire il peso". Con la salute ormai da tempo deteriorata, lontano dalle grandi biblioteche e dai grandi erbari, certo non fu facile per Dunal portare a termine il compito "ingrato", "spaventevole" (a definirlo così è ancora Planchon), se consideriamo che per il solo genere Solanum trattò oltre 850 specie (oggi sono oltre 1200). Ne risultò comunque una trattazione che rimase un punto di riferimento per oltre un secolo, se pensiamo che nessuno tentò più una sistematizzazione complessiva della famiglia prima di Solanaceae Biology and Systematics di William D'Arcy (1986). Oltre ad ampliare enormemente le specie trattate e a estendere il lavoro a tutti i generi della famiglia, Dunal approfondisce il tentativo di suddividere in sezioni il genere Solanum. I giudizi sui risultati sono quanto meno vari. Planchon sorvola, definendo la monografia "opera del declino"; altri, compreso lo stesso D'Arcy, ne riconoscono il ruolo pionieristico per essere stato il primo a presentare divisioni e suddivisioni come categorie gerarchiche formali; piuttosto duro il giustizio di C. V. Morton che in Taxonomic studies of tropical american plants scrive senza troppi peli sulla lingua: "Dunal era un lavoratore attento e le sue descrizioni sono un modello di accuratezza. Tuttavia il suo modo di concepire le relazioni non è affidabile, tanto che spesso nella sua trattazione specie correlate sono ampiamente separate. In effetti, la stessa specie è talvolta descritta sotto nomi diversi in sezioni differenti, La monografia è di difficile uso perché manca una chiave e le descrizioni non sono contrastive e non fanno emergere chiaramente i caratteri differenziali. Chiunque tenti di identificare un esemplare sconosciuto di Solanum per mezzo della monografia di Dunal si sente come se fosse perso in un labirinto di parole". Forse, come sostiene Planchon, l'immane lavoro logorò davvero Dunal, che un anno dopo averla terminata fu costretto a rinunciare alle lezioni e cedette appunto a lui la direzione del dipartimento di botanica. Come ricorda nel commosso elogio funebre lo stesso Planchon, cercò con le poche forze che gli rimanevano di seguire quanto possibile la vita della facoltà e mai rinunciò a partecipare alle escursioni botaniche, nonostante le difficoltà crescenti. Morì il 29 luglio 1856, due giorni dopo aver presieduto a una sessione d'esami. Una Solanacea andina Non poteva che appartenere alla famiglia Solanaceae il genere che lo celebra; a dedicarglielo fu Kunth, con un tributo insieme all'amico e al botanico: "L'ho denominato in onore di Michel Félix Dunal, dottore in medicina di Montpellier, per la soavità dei costumi a tutti caro e a me amicissimo, e per i lucidissimi scritti sui Solanum e le Annonaceae finora non trattati da nessun botanico". La fama di cui godette in quegli anni il giovane botanico occitano è dimostrata da altre due Dunalia, ovviamente non valide che gli furono tributate quasi contemporaneamente da Robert Brown e Curt Sprengel, cui dopo la morte si aggiunse un quarto genere omonimo, omaggio di Montrouzier. Gli è stata dedicata anche l'alga Dunaniella, che egli scoprì per primo negli stagni nei pressi della sua città. Dunalia Kunth è un piccolo genere di cinque specie di arbusti o piccoli alberi che vivono in ambienti aridi d'altura nel Sud America centro orientale, con centro di diversità in Perù e qualche specie che si spinge in Argentina e in Cile; è affine al più noto genere Iochroma, il maggiore della sotto tribù Iochrominae. Come adattamento all'aridità, in genere sono piante spinose con foglie più o meno coriacee per lo più riunite in verticilli; i fiori tubolari sono viola, molto stretti (presumibilmente sono impollinati da colibrì), mentre i frutti sono bacche carnose rosso aranciato. Purtroppo non sono disponibili studi recenti e in rete si trovano poche informazioni sulle singole specie, ad eccezione di D. spinosa, un arbusto estremamente spinoso e intricato che vive in biomi desertici dal Perù al Cile e all'Argentina settentrionale tra 500 e 2000 metri. I fiori, viola scurissimo quasi bruno, hanno corolla stretta con dieci brevi lobi dentati e sono seguite da bacche aranciate simili a pomodorini. E' una pianta medicinale, usata nella medicina tradizionale per curare varie affezioni; le analisi di laboratorio le hanno riconosciuto proprietà antimicrobiche. Inoltre c'è una certa confusione, perché in passato il genere era molto più ampio, comprendendo specie che poi sono state trasferite a generi affini; come capita in questi casi, i vecchi nomi sono ancora diffusi, quando non prevalenti. E' il caso di Iochroma arborescens, in passato Dunalia arborescens, e soprattutto di Saracha ferruginea, precedentemente Dunalia solanacea e di Eriolarnyx australis, in precedenza Dunalia australis. Il genere Eriolarnyx è affine a Dunalia, me se ne distingue per le corolle campanulate. Dopo la tulipomania, che nel Seicento bruciò tanti capitali, nel Settecento infuriò la giacintomania. Tra le sue vittime, sir James Justice, un legale scozzese che dilapidò tutta la sua fortuna per coltivare piante rare, tra cui appunto i preziosi giacinti doppi che acquistava a caro prezzo in Olanda. Grande sperimentatore di tecniche di coltivazione, fu probabilmente il primo a far fruttificare gli ananas in Scozia, creando per loro una serra riscaldata all'avanguardia. Un successo che gli guadagnò la quasi immediata ammissione alla Royal Society. Nell'arco di pochi anni, alle prese con debiti sempre più enormi, fu costretto a vendere la tenuta di Crichton dove aveva creato il più raffinato giardino di Scozia. Seguirono processi, un divorzio, l'ignominia del carcere per debiti, l'espulsione dalla Royal Society per morosità. Alla sua morte, alla vedova e al figlio bambino rimase un capitale di 60 sterline, ovvero il prezzo a cui veniva venduto al momento della sua apparizione il giacinto 'Gloria florum suprema'. A ricordare Justice rimangono il notevole The Scots Gardiners Director, ma soprattutto il genere Justicia, oggi il più vasto della famiglia Acanthaceae. Giacinti e giacintomania Il 22 ottobre 1730 la Royal Society ammise un nuovo membro, presentato dal presidente in persona sir Hans Sloane, dal capo giardiniere di Chelsea Philip Miller e da John Martyn, che due anni dopo sarebbe stato nominato professore di botanica a Cambridge. Il nuovo socio era un legale scozzese, sir James Justice (1698-1763), alto funzionario della corte di Edimburgo (Principal Clerk to the Court of Sessions), ma soprattutto appassionato giardiniere. Ad attirare l'attenzione di sponsor tanto prestigiosi erano stati i suoi esperimenti orticoli. Sfidando il rigido clima scozzese, nella sua tenuta di Crichton, a circa 20 km a sud di Edimburgo, egli si era fatto costruire una serra riscaldata all'avanguardia (tra l'altro, una delle poche all'epoca ad avere anche il tetto vetrato) dove era riuscito a fare fruttificare gli ananas. Vi coltivava anche banani, guaiave, piante del cacao e del caffè; era riuscito a far fruttificare anche queste ultime, che avevano dato semi fertili da cui erano nate pianticelle. Fu il momento di massima gloria di Justice, che per tutta la vita (anche quando, come vedremo, non ne aveva più diritto) fece sempre orgogliosamente seguire al suo nome la sigla FRS, Fellow of Royal Society. All'epoca aveva poco più di trent'anni e aveva cominciato i suoi esperimenti orticoli forse intorno al 1727. Apparteneva a una facoltosa famiglia di mercanti e legali scozzesi, la cui parabola - tanto per rimanere nei cliché - ricorda quella dei Buddenbrook. All'inizio, ovviamente, c'è un fondatore, in questo caso il mercante James Justice (morto nel 1711) che fu bailie (magistrato municipale) e prevosto di Edimburgo e acquistò la proprietà di Crichton. Il rappresentante della seconda generazione, anche lui James, entrò a fare parte della nobiltà di toga, aggiungendo un titolo baronale alla tenuta e divenendo Principal Clerk to the Court of Sessions, incarico che mantenne fino al 1727, quando vendette la carica e la riacquistò per il figlio; la terza generazione è appunto quella di James il botanico. Infine la dinastia si chiude con il quarto James, l'unico figlio sopravvissuto, militare noto come "Captain Justice", eccentrico quanto il padre (anche se la sua passione andava più alle fanciulle che ai fiori). La passione del padre James III per l'orticultura era nata in Olanda, dove era stato inviato a laurearsi in giurisprudenza, secondo una consuetudine abituale nella Scozia del tempo. Mentre non provava alcun interesse per la carriera legale, si innamorò dell'orticoltura e del vivaismo olandesi. Per impadronirsi delle tecniche di coltivazione più aggiornate, oltre a frequentare assiduamente i vivai di Haarlem, in un lungo grand tour orticolo dovette visitare anche la Francia ( dove si interessò soprattutto della coltivazione a spalliera di peschi e altri alberi da frutto) e l'Italia. Non conosciamo le date di questo viaggio, che probabilmente si protrasse per diversi anni. Al suo rientro in Scozia, Justice era un raffinato gentiluomo per padroneggiava l'inglese senza "scotismi", il latino, l'olandese e il francese, conosceva bene la letteratura botanica del tempo e le nuove tecniche orticole messe a punto nel continente. Era ansioso di sperimentarle per "migliorare" la tenuta di Crichton. Come il padre era infatti membro della Honourable Society of Improvers in the Knowledge of Agriculture in Scotland, che si proponeva di migliorare l'orticoltura scozzese introducendo tecniche che aumentassero le rese. Certamente piantò alberi e introdusse migliorie nella gestione della tenuta, ma soprattutto si concentrò sulla coltivazione delle esotiche, facendo costruire per loro una serra all'epoca quasi avveniristica. Il suo interesse principale dovette però transitare ben presto alle piante da fiore, in particolare le bulbose. Nel 1730 infatti lo troviamo a Bruxelles, per studiare le tecniche di coltivazione di François Beaulinx, specialista nella produzione di tulipani Bizard da seme. Altri contatti nelle Fiandre e in Olanda erano Jan van Leuwen di Rotterdam, famoso per i suoi Iris persica azzurri, e soprattutto i vivai van Zompel e Voorhelm di Haarlem. Questi ultimi furono all'origine della giacintomania che infuriò in Olanda nella prima metà del Settecento. I giacinti Hyacinthus orientalis all'epoca erano abbastanza diversi da quelli che coltiviamo oggi. Quelli a fiore singolo avevano pannocchie piuttosto rade, con fiori piccoli, ancora simili alle forme selvatiche; occasionalmente nascevano piante a fiore doppio, che inizialmente non suscitarono alcun interesse, anzi i vivaisti si affrettavano a scartarle perché sterili. Nel 1684 il vivaista di Haarlem Peter Voorhelm cadde ammalato, lasciando il vivaio per qualche tempo abbandonato a se stesso; quando poté occuparsi della cernita dei giacinti, ne trovò uno doppio particolarmente bello; scoprì anche che ai suoi clienti piaceva ed erano disposti a pagarlo di più degli altri. Continuò a coltivarlo e a sviluppare nuove varietà. La prima ad aver successo e a scatenare la giacintomania fu 'Koning for Groot Brittanien' (così chiamata in onore di Guglielmo d'Orange, re d'Inghilterra come Guglielmo III), con fiori bianchi e cuore rosa intenso, una robusta varietà ancora segnalata da Loudon all'inizio dell'Ottocento. Al suo apparire, nel 1702, un singolo bulbo costava l'equivalente di 100 sterline. I prezzi erano così alti perché i giacinti doppi erano rari, ci volevano cinque anni per portarli a fioritura, e con il loro insieme di colori eccitavano il gusto del bizzarro, proprio come i tulipani variegati all'origine della tulipomania. La giacintomania raggiunse il suo apice negli anni '20-'30 del 1700, ovvero esattamente nel periodo in cui Justice frequentò l'Olanda prima come studente poi come acquirente di bulbi. I Voorhelm continuavano ad essere il vivaio leader di questa produzione, ma ora erano affiancati da molti altri produttori che ogni anno immettevano sul mercato centinaia di varietà. Tuttavia, avevano imparato la lezione dal crollo della bolla dei tulipani, e nei loro cataloghi offrivano un'ampia gamma di giacinti dai prezzi diversificati, riuscendo a mantenere alti quelli delle novità più pregiate. Così due produzioni dei Voorhelm (molto ammirate da Justice) 'Gloria Mundi', azzurro chiaro con cuore blu scuro, e 'Gloria Florum suprema', bianco neve con cuore scarlatto, al loro apparire furono venduti rispettivamente a 500 e 600 fiorini a bulbo, cioè 50 e 60 sterline. I prezzi raggiunsero il picco tra il 1733 e il 1736, per poi crollare quasi all'improvviso: il mercato ormai era saturo, le varietà veramente di valore erano introvabili, e per vendere i vivaisti furono costretti a tagliare i prezzi. Nei cataloghi del 1738 vediamo 'Staaten General' passare da 210 a 20 fiorini e 'Gekroont Salomon’s Jewel' da 80 a 3. Rovinarsi per le piante In Olanda Justice si era innamorato dei giacinti e non se li fece mancare nel giardino di Crichton, in stile francese, considerato il più bello e raffinato della Scozia. Quanto avesse pagato i suoi giacinti e le innumerevoli altre bulbose che li affiancavano non sappiamo. Ma certo fu vittima, se non della sola giacintomania, della sua irresistibile passione per il giardinaggio. Non badava a spese per far venire bulbi dall'Olanda e per acquistare piante e semi tanto a Londra quanto in Scozia. I guai arrivarono presto; i debiti erano tanti che, per salvare il salvabile, il padre James II predispose un atto di successione a favore del nipote anziché del figlio e si risolse a vendere la tenuta. Nel 1738, poco più di un anno dopo la sua morte, la vendita fu infine conclusa dal nostro James III, con un ricavo di 7000 sterline. Egli tentò anche di impugnare l'atto paterno, ma vi rinunciò, vedendo che era insufficiente a tacitare i creditori. Pagati almeno una parte dei debiti, investì quanto gli rimaneva in una tenuta di minore estensione chiamata Ugston nella parrocchia di Channelkirk (Berwikshire) che da quel momento fu ribattezzata Justicehall. Anche qui piantò alberi e coltivò bulbose, tanto che uno studioso di storia locale ha raccolto la voce che facesse addirittura arrivare la terra dall'Olanda per offrire agli amati bulbi la terra natìa; la notizia è improbabile (come vedremo, tra i più importanti esperimenti di Justice vi era la produzione di terricci su misura per le varie coltivazioni), ma ci dice molto sulla fama di eccentricità del personaggio. A rovinare del tutto la sua reputazione, ai debiti si aggiunse lo scandalo: iniziò una relazione con una giovane domestica e la moglie chiese il divorzio. Ne seguì un'intricata vicenda processuale in cui Justice arrivò ad accusare un ex amico di aver tentato di assassinarlo. Erano condotte che la puritana società scozzese non era disposta a tollerare; così, nell'ottobre 1744 Justice se ne andò in volontario esilio nell'Inghilterra settentrionale, con il risultato di contrarre altri debiti. Tornato in Scozia nel novembre 1746, prese in affitto una casa con giardino ad Edimburgo; era sempre più perseguitato dai creditori (in una lettera li chiama "diavoli") e nel 1748 subì anche una breve incarcerazione per debiti, da cui fu liberato grazie alla malleveria di lord Milton, alto magistrato e suo lontano cugino; con il suo aiuto, cercò inutilmente di liberarsi dell'odiato lavoro in tribunale. Nel 1750 si sposò con la ragazza dello scandalo, che però presto si ammalò e dopo appena due anni lo lasciò vedovo. Seguì un terzo matrimonio, e nel 1755, ormai quasi sessantenne, gli nacque l'unico figlio superstite (il maggiore era morto nel 1750). Nel 1757, non avendo pagato da anni la quota associativa, subì lo smacco di essere espulso dalla Royal Society. Nel 1758 si trasferì nella sua ultima casa, nel distretto di Leigh, dove sarebbe morto nel 1763. Anche qui c'era un giardino, che riempì di fiori, tra cui una spettacolare collezione di auricola; erano piante di grande valore, su cui contava per garantire un gruzzoletto alla moglie e al figlioletto dopo la sua morte. Invece quando la vedova le mise in vendita, ne ricavò solo 20 sterline, un terzo dell'eredità che le rimaneva. Una guida per i giardinieri scozzesi Nel 1754, a suo dire cedendo alle pressioni di amici ed estimatori, Justice si risolse a mettere per iscritto quanto aveva appreso dalle sue esperienze trentennali in ogni campo dell'orticoltura, trasfondendole in una guida all'orto famigliare e al giardino, The Scots Gardiners Director. Anche se l'identità dell'autore era un segreto di Pulcinella, inizialmente la pubblicò anonima (era pur sempre un rispettabile funzionario); il nome compare nell'edizione del 1759, intitolata The British Gardener's New Director; nell'edizione riveduta del 1764 (uscita postuma) tutte le remore sono cadute: sir James arriva a reclamizzare e porre in vendita alcune delle sue produzioni. Il libro è interessante da diversi punti di vista. Era una delle prime pubblicazioni del genere in Scozia (grazie ad essa, Justice è stato definito il padre dell'orticultura scozzese) ed ebbe un notevole successo, venendo ristampato anche in Irlanda. Era anzi la prima ad essere concepito appositamente per il clima e i terreni della Scozia, tanto diversi da quelli della più temperata e fertile Inghilterra. Soprattutto, non aveva nulla di libresco e si basava su esperienze di prima mano, esposte dall'autore in modo dettagliato e potremmo dire generoso. Così, le pagine di The Scots Gardiners Director sono per noi una specie di macchina del tempo per conoscere le pratiche orticole del Settecento, i successi e i fallimenti di sir James e il mondo del vivaismo olandese (egli vi riportò interi cataloghi delle loro produzioni, in particolare quelle dell'amico Joris Voorhelm, autore a sua volta di uno dei primi trattati sui giacinti). Il volume è diviso i due parti. La prima è dedicata all'orto famigliare; è un orto-frutteto, un walled garden recintato da muri che lo proteggono dal rigido clima settentrionale. Justice fornisce dettagliate istruzioni sull'esposizione ideale, sulla scelta dei fruttiferi più adatti, sulla coltivazione a spalliera e la potatura; spiega come allestire lettorini caldi (incluso uno per i funghi) e muri riscaldati dotati di intercapedini dove far passare aria calda per far maturare l'uva e altri frutti che non riuscirebbero a farlo nel clima scozzese. Non dimentico del suo primo successo, non trascura la coltivazione degli ananas e offre ai lettori due progetti di serre calde. La prima parte si conclude con la rassegna delle orticole e delle erbe aromatiche. La seconda parte (è una novità non trascurabile) è interamente dedicata alla coltivazione dei fiori; si intitola etimologicamente Anthologia, selezione di fiori, e occupa un po' di più della metà del volume. Mentre le piante da aiuola, ad eccezione di poche specie, sono trattate spesso sommariamente, a fare la parte del leone sono le bulbose, che Justice espone seguendo il ritmo delle stagioni, iniziando con l'aconito d'inverno, ovvero Eranthis hyemalis, e i bucaneve, per terminare con i colchici autunnali. E così, con dovizia di indicazioni sulle varietà, la coltivazione, la semina, la preparazione dei terreni, ecco sfilare le epatiche, a proposito delle quali Justice confessa un insuccesso: ripetendo le semine per molti anni, è riuscito a ottenere diversi colori e forme semidoppie, ma mai le varietà doppie disponibili in Olanda; gli economici crochi che l'amico Voorhelm (ne propone 12 varietà) vende a 1 fiorino per 100 bulbi; gli aristocratici iris persiani, che si acquistano a Rotterdam ed è impossibile riprodurre da seme, ma possono essere forzati in vaso per ornarne la casa all'inizio della primavera; i narcisi, di cui ci sono innumerevoli varietà e tipi, da piantare in massa 100 alla volta; i ciclamini rustici; il colchico di Spagna, ovvero Bulbocodium vernum; il dente di cane Erythronium dens-canis. Su Fritillaria meleagris si dilunga per illustrare le tecniche di semina che gli hanno permesso di ottenere sette varietà del tutto nuove entrate a far parte del catalogo Voorhelm; segue la corona imperiale F. imperialis, gloria dei vivai olandesi che la chiamano William Rex e ne offrono almeno quindici varietà. Tra le rarità dei loro cataloghi c'è anche quello che chiamano Lilium persicum, in cui riconosciamo F. persica. A questo punto entrano in scena i giacinti "una delle principali bellezze della primavera". Justice - dichiara subito che sono la sua pianta preferita - dedica loro moltissime pagine, con dettagliate istruzioni su come trattare i bulbi giunti dall'Olanda, su come allestire una root-room per conservarli e moltiplicare i bulbi, sulle semine e sul terriccio ideale, che egli prepara secondo una ricetta di sua elaborazione che comprende sabbia, letame maturo e compost di foglie. Ne aveva già parlato nel suo primo scritto noto, Directions for propagating Hyacinths, pubblicato nel 1743 nelle Transactions della Hourable Society of Improvers. Per i giacinti Justice ha speso capitali, ma anche ottenuto grandi successi; mentre i suoi conterranei, sono costretti a sostituire continuamente i bulbi, lui grazie al suo terriccio e alle perfette tecniche di coltivazione riesce a mantenere i fiori grandi come il primo anno; non parliamo poi delle semine, che gli hanno permesso di ottenere novità di pregio. Nel 1764 Voorhelm gliene dedicherà una commemorativa, 'Mijnherr Justice', un bianco singolo con tocchi di rosa. Justice spiega anche come forzare i bulbi in caraffe di vetro, una tecnica messa a punto pochi anni prima in Svezia e introdotta nel Regno unito dal corrispondente Philip Miller. Per pagine e pagine, egli si profonde quindi nella descrizione di dozzine di varietà; quelle a fiore singolo (10 bianchi, 10 rosa, 16 blu scuro e 20 azzurro chiaro) ammette di averle coltivate tutte; ovviamente va pazzo (e sappiamo fino a che punto) per quelle a fiore doppio, ma forse neppure lui avrà sperimentato tutte le 86 varietà offerte nel 1752 da Voorhlem e van Zompel, che però descrive puntigliosamente, certo in più di un caso per conoscenza diretta. Tra di esse le costosissime 'Gloria mundi' e 'Gloria florum suprema. Ma a suo parere "i più belli dei doppi per il loro colore ammirevole" sono i rossi, di cui menziona 9 varietà. Dopo i giacinti, tocca ai tulipani. Forse sono stati una passione giovanile, e non li trascura, ma è chiaro che il suo cuore va ai giacinti, tanto che non hai mai provato a riprodurli per seme. A paragone, dedica più spazio ai ranuncoli, di cui invece ha praticato la semina su larga scala, ottenendo parecchie pregevoli varietà. Lasciate le bulbose, come si è detto la trattazione si fa più scarna, con qualche eccezione, come le primule orecchie d'orso (Primula auricola); negli ultimi anni della sua vita, quando non disponeva più dei larghi spazi delle tenute di campagna, ma solo di un piccolo giardino urbano, hanno sostituito nel suo cuore i giacinti e per ospitarle degnamente ha persino inventato un apposito scaffale con ripiani doppi. Un'altra eccezione è l'astro della Cina Callistephus chinensis; si trattava in effetti di una new entry nei giardini europei. I primi semi erano approdati dalla Cina al Jardin des plantes di Parigi intorno al 1730 (se ne attribuisce erroneamente l'invio a padre Incarville, che però all'epoca viveva in Canada); qui se li era procurati Philip Miller che aveva incominciato subito a seminarli e a sperimentare la creazione di diverse varietà, ottenendo dopo molti anni le prime doppie. Probabilmente Justice ottenne i semi da lui e ne sperimentò la semina ripetuta, separando i semi delle piante più promettenti, fino a riuscire a produrre addirittura una forma doppia bicolore, che secondo la sua biografa Priscilla Minay rivaleggia con le migliori varietà moderne. Un grande genere pantropicale Anche se ci è rimasta solo una delle lettere di Justice a Miller, scritta poco dopo l'amissione alla Royal Society, è probabile che i due abbiano corrisposto per molti anni; erano uniti dalle origini scozzesi e da un approccio molto simile all'orticoltura, fatto di prove ed esperimenti ripetuti con tenacia e caparbietà. Forse un conoscente comune era un terzo scozzese, il chirurgo William Houstoun; in un passo di The Scots Gardiners Director Justice mostra di conoscere le sue ricerche su Mirabilis jalapa, mentre Houstoun lo stimava abbastanza da dedicargli uno dei suoi generi di piante americane. Fatto proprio e validato da Linneo, Justicia è oggi il più vasto genere della famiglia Acanthaceae. Distribuito nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo, comprende al momento attuale oltre 900 specie di erbacee perenni, arbusti e suffrutici di morfologia piuttosto variabile; tra i tratti comuni, foglie con nervature molto evidenti e fiori tubolari caratterizzati da una corolla bilabiata con labbro superiore bilobato e labbro inferiore trilobato. Nella sua storia tassonomica, i confini di questo genere si sono più volte modificati. Nella prima metà del Novecento, prevaleva la linea di riconoscere come separati una serie di generi più piccoli, i più noti dei quali per giardinieri e appassionati sono Jacobinia e Beloperone. Nel 1988, uno studio di W. A. Graham ha inaugurato la linea opposta, con un vastissimo genere Justicia diviso in 16 sezioni e 7 sottosezioni, in cui sono confluiti molti generi minori. La soluzione continua a prevalere ed è stata confermata da studi recenti, ma è anche contestata sulla base di evidenze molecolari che dimostrano che Justicia nel senso di Graham è largamente parafiletico, ovvero artificiale. In attesa di cambiamenti che non mancheranno, godiamoci la bellezza di queste piante, apprezzate in natura da farfalle, api e colibrì e da tutti noi nei giardini o nelle serre (purtroppo, con l'eccezione parziale di J. americana, non sono rustiche). E' probabile che molti giardinieri e appassionati conoscano le due specie più note e coltivate sotto i vecchi nomi. La prima è Justicia carnea, in precedenza Jacobinia carnea, un arbusto di origine brasiliana (uno dei centri di diversità del genere) apprezzato per le spettacolari spighe di fiori tubolari rosa. La seconda è Justicia brandegeeana, in passato Beloperone guttata, nota nei paesi anglofoni con il curioso nomignolo shrimp plant, ovvero pianta gamberetto. A suggerirlo sono la forma e il colore delle brattee che sottendono i fiori sovrapposti come i segmenti della corazza di questo crostaceo. Comunque la si voglia chiamare, è un arbusto piacevole e dalle fioriture singolari, che dove il clima lo consente si protraggono per mesi. Tra le altre specie di questo numerosissimo genere, vale la pena di ricordare J. aurea, simile a J. carnea, ma con infiorescenze gialle; J. floribunda, un piccolo arbusto con fiori tubolari penduli bicolori gialli e scarlatti che qualcuno chiama molto impropriamente "fuchsia brasiliana"; la messicana J. spicigera, propria delle foreste aride, con brillanti infiorescenze aranciate, nota anche per le sue proprietà medicinali come depurativo e stimolante. Approfondimenti su queste e altre specie nella scheda. La bella Choisya ternata, o arancio del Messico, piuttosto coltivata anche da noi, ricorda il pastore evangelico, filosofo e botanico Jacques-Denis Choisy, che senza quella dedica sarebbe del tutto dimenticato. Eppure ai suoi tempi fu una figura molto attiva nella vita intellettuale e religiosa della sua città, Ginevra, nonché uno dei più produttivi collaboratori del Prodromus dei de Candolle. Pastore, filosofo, tassonomista Il Prodromus systematis naturalis regni vegetabilis di Augustin Pyramus de Candolle è una delle grandi opere della botanica ottocentesca, una pietra miliare della classificazione naturale, con le piante disposte in famiglie (all'epoca si chiamavano ancora ordines), secondo il sistema elaborato dallo stesso de Candolle. Egli ne aveva esposto i criteri fin dal 1813 in Théorie élémentaire de la botanique, ou Exposition des Principes de la classification naturelle et de l'art de décrire et d’etudier les végétaux. Ne diede una prima applicazione in Regni vegetabilis systema naturale, di cui pubblicò i primi due volumi tra il 1818 e il 1821. A questo punto si rese conto che l'impresa era temeraria e ripiegò su una presentazione più sintetica, convinto di riuscire a completare la classificazione descrittiva di tutte le spermatofite conosciute in pochi anni. Il ridimensionamento non fu sufficiente: alla sua morte, nel 1841, aveva completato sette volumi, ma moltissimo rimaneva da fare. A farsi carico della prosecuzione fu il figlio Alphonse, che già da tempo collaborava con il padre; egli curò la pubblicazione di ulteriori dieci volumi, l'ultimo dei quali uscì nel 1873, seguito l'anno successivo dal quarto e ultimo volume degli indici. Il progetto concepito da Augustin Pyramus era comunque incompleto: la trattazione aveva dovuto fermarsi alle dicotiledoni. De Candolle padre aveva scritto da solo circa due terzi della grandiosa opera, per un totale di 4300 pagine e 28,234 specie, il resto fu scritto da 34 botanici di otto paesi, tra cui, accanto al figlio Alphonse e al nipote Casimir, troviamo grandi nomi della botanica di quegli anni: tra di essi l'inglese George Bentham, il secondo contributore con 5044 specie, i tedeschi C.G. Nees von Esenbeck e Grisebach, l'italiano Parlatore. Il gruppo più consistente, con una decina di contributori, era ovviamente quello degli svizzeri, allievi, amici e colleghi dei de Candolle; a parte de Candolle figlio (5044 specie), i più prolifici tra di loro furono Carl Meissner (3043 specie) e Johann Müller d'Argovia (2729); in posizione intermedia si colloca Jacques-Denis Choisy, con 234 pagine e 1226 specie. Figura eminente della Ginevra ottocentesca, Choisy (1799-1859) è oggi piuttosto dimenticato, tanto da essere ignorato dal Dizionario storico della Svizzera, che pure dedica due voci ai nipoti Eugène e Albert. A preservarne la memoria sono la dedica del bel genere Choisya e una sintetica e commossa biografia commemorativa, scritta poco dopo la sua morte da Alphonse de Candolle. Choisy apparteneva a una famiglia di pastori protestanti ginevrini ed si mantenne fedele a questa tradizione; ma era un giovane di ingegno versatile, e contemporaneamente agli studi teologici, seguì corsi di filosofia, scienze umane, matematica e scienze naturali all'Accademia di Ginevra. Come uditore seguì anche i corsi di botanica di Augustin de Candolle, che lo affascinarono al punto che incominciò ad assisterlo con l'erbario e ad occuparsi seriamente di tassonomia. Nel 1821 fu ordinato pastore e pubblicò la sua prima opera di botanica Prodromus d'une Monographie de la famille des Hypérecinées (ovvero le attuali Hypericacae). L'anno dopo si trasferì a Parigi per completare gli studi di matematica e fisica, seguendo tra l'altro le lezioni di Cauchy e Biot. La raccomandazione di de Candolle e la monografia sulle Hypericaceae gli aprirono le porte dell'ambiente botanico; così poté frequentare l'erbario del barone Delessert e stringere amicizia con le giovani leve della botanica francese, da Adolphe Théodore Brongniart a Achille Richard; nelle lettere al padre, descrive con entusiasmo un'escursione botanica nel bosco di Fointainebleau insieme ad altri 15 botanici, e racconta con emozione di aver erborizzato con Antoine Laurent de Jussieu, che all'epoca aveva 79 anni. Ammesso alla Societé d'histoire naturelle, pubblicò sul bollettino della società la sua seconda monografia sistematica, dedicata alle Guttiferae (oggi Clusiaceae). Nel 1823 l'Accademia di Ginevra mise contemporaneamente a concorso tre cattedre: matematica, fisica e filosofia razionale. Choisy, rientrato a Ginevra, presentò la candidatura a tutte, presentando tra l'altro una memoria sui massimi e i minimi, e a soli 24 anni fu nominato professore di filosofia razionale, un insegnamento che escludeva la metafisica, era soprattutto incentrato sulla logica e aveva molte relazioni con la matematica. Mantenne la cattedra fino al 1848, quando i rivolgimenti politici toccarono anche Ginevra, con la conseguente ristrutturazione dell'insegnamento universitario e l'allontanamento per ragioni esclusivamente politiche di diversi professori, in particolare quelli legati alla chiesa evangelica, come Choisy, In quegli anni, egli era in effetti divenuto anche una figura centrale della chiesa ginevrina; secondo le regole vigenti all'epoca, il titolare della cattedra di filosofia doveva essere un pastore, membro di diritto del Consiglio dei pastori; per una decina di anni ne fu segretario, principale redattore del suo organo di stampa, Le Pasteur; più tardi fu uno dei pastori della città, per qualche tempo vicepresidente del Consiglio e per due volte moderatore. Come segretario, nel 1835 gli fu affidata l'organizzazione del tricentenario dell'introduzione della Riforma a Ginevra. Nel ventennio di insegnamento universitario, fu membro attivo di comitati su vari argomenti, dall'organizzazione scolastica alla regolazione delle acque, nonché rettore dell'Università per un biennio. Continuò ad occuparsi intensamente di botanica: nel 1833 pubblicò Description des Hydroleacés, tra il 1834 e il 1842 tre memorie sulle Convolvulaceae orientali (a proposito delle quali corrispose con Torrey), nel 1844 note sulle Convolvulaceae brasiliane, nel 1848 sulle Nyctaginaceae, infine, dopo il pensionamento, sulle Guttiferae, le Ternostroemiaceae e le Theaceae (1858). Parte di queste memorie, a partire dal 1824, confluirono nel Prodromus, in cui curò sette famiglie: Hypericineae, Guttiferae, Marcgraviaceae, Selaginaceae, Convolvulaceae, Hydroleaceae, Nyctaginaceae. Fu anche membro del consiglio di amministrazione dell'orto botanico ginevrino. Dopo l'allontanamento dall'insegnamento con una modesta pensione, intensifico l'attività pastorale; pubblicò alcune delle sue conferenze o sermoni in Conférences, ou Discours sur les influences sociales du christianisme (1848). Alphonse de Candolle ricorda anche alcuni viaggi, in Germania e in Inghilterra (uno dei suoi figli era pastore della Chiesa svizzera a Londra) dove visitò i giardini di Kew e incontrò Hooker. Gli ultimi anni furono funestati da una serie di malattie, da cui cercò di trovare sollievo con un soggiorno nel clima più favorevole di Pau; ma qui lo colse una congestione cerebrale che lo portò alla morte non molto tempo dopo il suo rientro a Ginevra, nel 1859, ad appena sessant'anni. Il profumatissimo arancio messicano Furono il lavoro giovanile sulle Hypericaceae e l'amicizia con Kunth a guadagnare a Choisy la dedica del genere Choisya (voi come lo pronunciate? com'è scritto, come se fosse una parola latina, o alla francese, tenendo conto del cognome del dedicatario?), con una sinteticissima motivazione: "Genere consacrato a J. D. Choisy, ginevrino, autore di una lucidissima monografia sulle Hypericaceae". L'aggettivo ci ricorda una qualità di Choisy sottolineata anche da Alphonse de Candolle: la chiarezza di parola e la lucidità di pensiero in tutte le sue attività, come predicatore, professore, botanico. Choisya Kunth è un piccolo genere della famiglia Rutaceae che comprende sei specie di arbusti sempreverdi diffusi tra gli Stati Uniti meridionali e il Messico, noti con il nome comune "arancio messicano" (i fiori in effetti ricordano da vicino quelli dell'arancio sia per la forma sia per il profumo). Hanno foglie aromatiche, palmato-composte, coriacee e lucide; i fiori, raccolti solitari e ascellari o raccolti in racemi terminali, hanno quattro-cinque petali bianchi a stella, numerosi stami gialli e un unico stimma verde. Non aspettatevi però arance: i frutti coriacei, divisi in due-sei capsule, non sono commestibili. In giardino la specie più nota è senza dubbio C. ternata. Originaria del Messico, è un piccolo arbusto dal portamento naturalmente arrotondato e dalle dimensioni contenute; fiorisce a fine aprile-maggio e talvolta ripete la fioritura in estate, ma è gradevole tutto l'anno per il fogliame lucido verde chiaro, I fiori gradevolmente profumati sono graditissimi alle api e agli altri impollinatori. Nonostante sia coltivato nei giardini europei da circa duecento anni, è molto stabile; se ne conosce una sola varietà, 'Sundance', uno sport con fogliame giallo oro scoperto in un vivaio inglese nel 1979. Le novità sono arrivate piuttosto dalle ibridazioni. A partire dalla fine degli anni '80 del Novecento, il vivaista inglese Peter Moon ha incominciato a incrociare C. ternata con la più rustica C. arizonica (spesso indicata con il sinonimo C. dumosa var. arizonica), caratterizzata da foglie palmate con sette foglioline molto strette ed allungate, forte resistenza al caldo e all'aridità, nonché alle basse temperature. Il primo risultato fu 'Aztec Pearl', commercializzata a partire dal 1989, estremamente fiorifera e dal portamento allargato e compatto. A questi ibridi è stato assegnato il nome botanico C. x dewitteana; altre creazioni di Moon sono 'White Dazzler' (Moon la commercializza con lo slogan 'Aztec Pearl è buona, White Dazzler anche meglio'), 'Goldfingers', con strette foglie giallo oro, 'Royal Lace', simile ma con portamento più compatto, 'Apple Blossom' con petali toccati di rosa. Anche 'Harrinora' è una creazione di Moon (il nome è ricorda i suoi genitori Harry e Nora), ma è un ibrido tra C. ternata e C. dumosa var. mollis; ha foglie grigio-verdi e richiede una protezione invernale. |
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November 2024
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