Nel 1753, in uno dei momenti di massima chiusura della Cina dei Qing, il pittore cinese Lang Shining (che in realtà tanto cinese non è) dipinge un bonsai di una pianta che arriva dal Sud America. La spiegazione del mistero sta nell'astuzia di un gesuita e botanico francese, Pierre d'Incarville, che grazie alle curiose proprietà di quella pianta riesce ad ingraziarsi l'imperatore e a farsi aprire i cancelli dei favolosi giardini imperiali. Spedisce tanti semi in Europa da cambiare per sempre l'aspetto di viali, parchi e aiuole del vecchio continente; nel fatidico 1789, con un gesto non troppo rivoluzionario, il nipote del suo maestro gli dedica il genere Incarvillea. La pianta dell'Occidente che dice il tempo Nel Museo Nazionale di Taipei è conservato un singolare dipinto da Lang Shining, al secolo Giuseppe Castiglione, padre gesuita e pittore alla corte di tre imperatori cinesi, eseguito nel 1753. La curiosità non sta nel soggetto (un bonsai in un vaso azzurro), ma nella pianta protagonista: è una sensitiva, Mimosa pudica. E' una pianta che molti conoscono per una curiosa proprietà: quando se ne sfiorano le foglie, queste si chiudono. Dato che è originaria dell'America latina, è ovvio chiedersi come sia giunta nella Cina del Settecento, all'epoca un paese notoriamente chiuso in se stesso. E' qui che entra in scena un altro gesuita, il francese Pierre d'Incarville; era arrivato in Cina nel 1740, in un periodo in cui il nuovo imperatore Qianlong praticava una politica di ulteriore restrizione dell'accesso agli stranieri e di ostilità aperta al cristianesimo. Da più di un secolo, tuttavia, i gesuiti erano riusciti a crearsi uno spazio a corte, non come missionari ma come tecnici e scienziati il cui sapere era altamente apprezzato. Lo stesso d'Incarville lavorava per la vetreria imperiale. La sua formazione e la sua inclinazione andavano però alla botanica; fin dal suo arrivo nel paese, si era reso conto che la Cina era uno scrigno inesauribile di tesori botanici ma che accedervi era praticamente impossibile. I pochi esemplari e i semi che poteva procurarsi in città, nelle brevi ed occasionali escursioni nei dintorni e dai venditori di sementi erano poca cosa e dopo pochi anni erano sempre gli stessi; molto frustrante, pensando che dentro le mura degli immensi giardini imperiali c'era un inaccessibile tesoro di piante! Avendo scoperto che l'imperatore, uomo di fine cultura, era amante dei fiori - l'arte del giardinaggio, del resto, in Cina era secolare e aveva raggiunto risultati di estrema raffinatezza - elaborò una strategia (come scrisse in una lettera al suo maestro e corrispondente Bernard de Jussieu, dimostratore del Jardin Royal di Parigi) che mirava a farsi riconoscere in primo luogo come "curioso dei fiori", quindi come "botanico". Chiese quindi sia al maestro sia a Cromwell Mortimer, segretario della Royal Society di Londra, di inviargli bulbi e semi di piante "occidentali" interessanti, con le indicazioni di coltivazione. Dopo averli amorosamente coltivati nel giardino della residenza e nella sua stessa stanza, pensava di farne omaggio all'Imperatore destandone la curiosità. Il piano riuscì, proprio grazie alla Mimosa pudica. Quando d'Incarville gliene presentò due pianticelle e lo invitò a sfiorarne le foglie, il figlio del cielo rimase meravigliato e divertito. Gradì talmente il dono (che egli considerava, secondo lo stile cerimoniale in auge alla corte del Celeste impero, un omaggio dell'Occidente alla sua augusta persona) da ordinare a Castiglione di ritrarre la meravigliosa pianta; al dipinto volle unire una poesia da lui composta e scritta di suo pugno in cui la sensitiva viene chiamata "Pianta dell'Occidente che dice il tempo"; l'imperatore aveva infatti constatato che le foglie si riaprivano dopo cinque minuti al mattino e dopo dieci alla sera. Il perseverante gesuita ottenne così quanto si era ripromesso: gli vennero aperte le porte dei giardini imperiali, venne messo in contatto con i direttori di tre giardini e con il "Mandarino delle serre"; inoltre, venne chiamato, come botanico imperiale, a progettare il giardino all'occidentale che circondava i padiglioni in stile europeo creati da Castiglione nei Giardini della perfetta Chiarezza. Rimane ancora da chiedersi come fossero arrivati a d'Incarville dei semi di una pianta sudamericana; l'ipotesi più probabile, secondo Jane Kilpatrick che ha studiato i primi scambi botanici tra Europa e Cina, è che gli fossero stati inviati da Mortimer o da altri corrispondenti inglesi con cui questi lo aveva messo in contatto, in particolare Peter Collinson, il celebre collezionista e mercante di piante che nel 1751 ricevette proprio da d'Incarville i primi semi di Ailanthus altissima. Fonte: Yu-Chi Lai, "Overview the Network of European Botany in the Imperial Palace of Qing Dynasty via Giuseppe Castiglione’s “Time-telling Plant from the West”, Academia Sinica of Modern History, ASDC E Newsletter, 6, 10/06/2015 Pierre d'Incarville mediatore botanico Il ruolo di mediazione di Pierre d'Incarville è stato duplice: non solo ha fatto conoscere alla Cina piante coltivate in Occidente (l'elenco inviato a Jussieu include papaveri dai grandi fiori, tulipani, ranuncoli, anemoni, garofani, narcisi, fiordalisi, nasturzi, gigli), ma, nonostante tutti gli ostacoli, con ripetuti invii di semi è alla base dell'introduzione nei giardini d'Europa e America di piante oggi molto comuni e popolari. Oltre al già citato ailanto, l'elenco comprende tra l'altro sofora del Giappone (Styphnolobium japonicum), seminata nel 1747 da Jussieu al Jardin des Plantes di Parigi dove ancora vive; Koelreuteria paniculata; Gleditsia chinensis; giuggiolo (Ziziphus jujuba); astro della Cina (Callistephus sinensis); cuor di Maria (Lamprocapnos spectabile); goji (Lycium chinense); indaco giapponese (Persicaria tinctoria). Con viaggi lunghi e complessi (una lettera scritta da d'Incarville a Pechino nel novembre 1751 viene letta da Mortimer alla seduta della Royal Society del giugno 1753) i semi da lui inviati raggiungono Parigi, Londra (e attraverso Collinson, Philadelphia e Baltimora), San Pietroburgo (per mezzo delle carovane di mercanti russi che ogni tre anni potevano raggiungere Pechino per scambiare pellicce siberiane con balle di tè). D'Incarville inviò a Jussieu anche i suoi erbari; alcuni sono andati perduti per la distanza, i naufragi, gli eventi bellici; uno ragguardevole (con 144 esemplari raccolti a Macao e 149 nella regione di Pechino) è conservato al Jardin des Plantes, ma è stato studiato e pubblicato solo alla fine dell'Ottocento. Anche le sue lettere ai numerosi corrispondenti (dal 1751 è membro corrispondente estero della Académie royale des Sciences) contribuiscono alla conoscenza della flora cinese: nel 1740, ancora a Macao, vede e descrive una pianta di Kiwi (Actnidia chinensis); qualche mese dopo, a Canton, dove si ferma in attesa del necessario permesso imperiale per raggiungere Pechino, è la volta di una pianta di tè in fioritura; nella citata lettera a Mortimer, descrive tra l'altro l'albero della lacca (Toxicodendron verniciflua), alcune piante usate per fare la carta e il giuggiolo. Inoltre il gesuita inviò all'Académie diverse memorie, tra cui una sui bachi da seta selvatici (bombice dell'ailanto). Compilò vari cataloghi di piante cinesi, il più ampio dei quali nell'Ottocento era conservato nella Biblioteca del Museo asiatico di San Pietroburgo. Per risolvere il problema dell'identificazione delle piante (spesso doveva accontentarsi di inviare semi o esemplari secchi con indicazioni come arbor cinesorum incognita "albero sconosciuto dei cinesi") curò la realizzazione di due copie del Yuzhi bencao pinhui jingyao, un catalogo delle piante medicinali cinesi con circa quattrocento disegni a colori, una con la traduzione dei testi, l'altra con le sole tavole accompagnate dal nome in cinese; tuttavia, a parte poche tavole, l'opera è andata perduta. Altre notizie nella biografia. Incarvillea, una bignonia terrestre Tra le piante contenute nell'Erbario inviato a Bernard de Jussieu una era identificata come "Bignonia". Una quarantina di anni dopo, nel 1789, un altro Jussieu, il celebre tassonomista Antoine-Laurent, nel suo Genera Plantarum riconosce la sua appartenenza a un nuovo genere, che chiama Incarvillea con la seguente motivazione: "Ne ho ricavato le caratteristiche da un esemplare secco dell'erbario inviato nel 1743 a Bernard de Jussieu dal Padre d'Incarville, missionario gesuita a Pechino, esperto di botanica, insieme a moltissimi semi di nuove piante, in particolare degli astri della Cina (= Callistephus chinensis), prima di allora sconosciuti in Europa". Anche se non può certo rivaleggiare in popolarità con la sua compagna di viaggio (conosciuta anche come Regina Margherita) l'Incarvillea è una perenne dalle splendide fioriture, con i grandi fiori a imbuto tipici della famiglia delle Bignogniaceae (nota soprattutto per le magnifiche rampicanti). E' un piccolo genere nativo dell'Asia centrale e orientale, per lo più dell'area himalayana; la specie più nota è Incarvillea delavayi che ricorda un altro gesuita missionario in Cina: Jean-Marie Delavay (1834-95), grande viaggiatore e scopritore di piante nella seconda metà dell'Ottocento. Informazioni sulle specie più coltivate di questa splendida pianta da bordura e giardino roccioso nella scheda.
0 Comments
Leave a Reply. |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
Categorie
All
|