La famiglia Begoniaceae ha una curiosa particolarità: comprende due soli generi, opposti per ampiezza e diffusione. Da una parte c'è l'enorme (e notissimo) genere Begonia, con circa 1400 specie, di casa in una vastissima area tropicale che spazia dall'Asia all'America all'Africa; dall'altra il minuscolo genere Hillebrandia, con una sola specie, raro endemismo di alcune isole dell'arcipelago delle Hawaii. Da quando è stata scoperta nel 1865, Hillebrandia sandwichensis ha destato curiosità per diverse ragioni, non ultima il fatto che è tre volte più antica delle isole dove vive. Anche il suo dedicatario, il medico Wilhelm Hillebrand, è una figura fuori del comune: arrivato nell'arcipelago alla ricerca di un clima propizio alla sua salute, vi visse vent'anni e vi lasciò un'eredità che ha contribuito non poco a riplasmarne la demografia, l'economia e la stessa storia naturale. Pioniere dello studio delle piante delle Hawaii, è autore di una monumentale flora che ancora dopo oltre un secolo è considerata un testo di riferimento. Vent'anni nelle isole Nell'Ottocento la tubercolosi, di cui non si conoscevano ancora né le cause né la cura, era tanto diffusa da essere soprannominata "male del secolo". Uno dei pochi rimedi per provare a sfuggirvi era, letteralmente, cambiare aria: nei sanatori in montagna, nel clima mediterraneo (come fece inutilmente Chopin a Maiorca), nei mari del sud (come fece, anch'egli senza successo, Stevenson). Tra questi "viaggiatori della salute" c'è anche il medico tedesco Wilhelm Hillebrand (1821-86); dopo aver esercitato qualche anno la professione in patria, essendo appunto malato di tubercolosi lasciò la Germania per cercare salvezza in un clima più caldo e propizio. Provò in Australia, nelle Filippine, in California, finché alla fine del 1850 arrivò alle Hawaii. Notando un immediato giovamento, decise di fermarsi. Ci sarebbe rimasto vent'anni. Divenne un medico di successo, che contava tra i suoi pazienti la stessa famiglia imperiale, medico capo del Queen Hospital, membro del Dipartimento della Sanità, studioso di malattie tropicali, primo vicepresidente dell'Hawaiian Medical Society. Il suo coinvolgimento nella vita dell'arcipelago non si limitò al campo sanitario; dopo aver dato una costituzione al paese, il re Kamehameha V lo volle nel proprio Consiglio segreto. Nel 1865, quando con la famiglia intraprese un viaggio di piacere in Asia orientale, Hillebrand venne nominato Commissario all'immigrazione, con l'incarico di facilitare l'immigrazione di lavoratori asiatici che potessero sostituire i nativi decimati delle epidemie. Grazie al suo impegno, arrivarono così nelle isole le prime decine di cinesi (oggi gli asiatici costituiscono il 38,6% della popolazione delle isole, una delle più multietniche del globo). Durante questo viaggio, durato circa un anno, per incarico della Hawaiian Agricultural Society, che aveva deliberato un finanziamento di 500 dollari, ricercò piante e animali da introdurre nelle isole. Fu così che da Calcutta, Singapore e Ceylon, al sicuro nelle scatole di Ward, arrivarono pianticelle di arance, mandarini, litchi, jackfruit, Prunus mume, plumerie, banyan, eugenie, canfora, cinnamomo. Come gli esseri umani che Hillebrand contribuì a far giungere nelle Hawaii, anche le piante dal lui introdotte hanno mutato il volto dell'arcipelago; molte vi sono oggi largamente coltivate, come il litchi di cui le Hawaii sono uno dei massimi produttori mondiali o la plumeria, che delle isole è addirittura diventata il simbolo; altre si sono naturalizzate a discapito della flora nativa. Molte essenze tropicali Hillebrand le acquistò per il suo stesso giardino, che sorgeva alle porte di Honolulu in un terreno che nel 1853 gli era stato ceduto dalla regina Kalama perché vi costruisse la sua casa. Il medico tedesco lo trasformò in un raffinato giardino botanico, dove accanto alle piante native crescevano quelle portate dai suoi viaggi, con boschi, cascatelle, spazi per gli animali esotici. Nel 1884, quando capì che non sarebbe più tornato alle Hawaii, Hillebrand lo vendette alla famiglia Foster, che continuò a sviluppare il giardino. Nel 1930, l'ultima proprietaria, Mary E. Foster, lo lasciò in eredità alla città a condizione che diventasse un parco pubblico. Oggi, con il nome Foster Botanical Garden, è il più antico degli orti botanici delle Hawaii, famoso soprattutto per la sua collezione di orchidee. Nell'estate del 1871, per permettere al figlio maggiore di seguire una scuola preparatoria negli Stati Uniti e poi l'università in Germania, Hillebrand lasciò le Hawaii con la famiglia; trascorse l'inverno successivo a Cambridge Massachussets dove Asa Grey lo aiutò a identificare le specie che aveva raccolto nel ventennale soggiorno nell'arcipelago, in vista della pubblicazione di quella che sarebbe diventata la sua Flora of Hawaiian Islands. Dopo qualche anno tra Svizzera e Germania, la salute malferma della moglie lo spinse a trasferirsi per qualche tempo a Madeira quindi a Tenerife. Nel 1877 ritornò definitivamente in Germania, continuando fino alla morte a lavorare alla sua opera. Rimase comunque in contatto con le Hawaii; in particolare, trovandosi a Madeira proprio mentre imperversava l'epidemia di peronospora, che aveva lasciato centinaia di viticoltori sul lastrico, promosse il trasferimento nelle Hawaii di molte famiglie. Lo stesso fece poi anche dalla Germania. Una sintesi della sua vita nella sezione biografia. La monumentale opera di una vita Fin dal suo arrivo nell'arcipelago, Hillebrand, che già si interessava di botanica e aveva raccolto piante durante il breve soggiorno in Australia, fu colpito dalla ricchezza e dalla diversità della flora dell'arcipelago. Incominciò così a raccogliere campioni di erbario, che inizialmente inviò all'orto botanico di Melbourne (alcuni sono preziosissimi perché costituiscono l'unica testimonianza di specie che nel frattempo si sono estinte), quindi a Berlino (in gran parte purtroppo perduti durante la Seconda Guerra Mondiale). Decise quindi di esplorare in modo sistematico l'arcipelago, con l'obiettivo di scrivere una flora il più possibile completa delle specie autoctone e introdotte. Nell'arco di vent'anni, spesso accompagnato dal figlio maggiore William Francis - che sarebbe divenuto un chimico di fama mondiale - visitò tutte isole maggiori dell'arcipelago (Hawaii, Kauai, Oahu, Molokai, Lanai, Maui). Era anche in contatto epistolare con molti botanici, soprattutto statunitensi, che grazie al suo esempio furono stimolati ad interessarsi di questa flora così peculiare. Dopo vent'anni di ricerca sul campo e altrettanti di studio dei materiali raccolti, Hillebrand riuscì a completare il suo opus magnum proprio alla vigilia della morte, intervenuta, inattesa, nel 1886. In quel momento, parte del manoscritto si trovava nelle mani dello stampatore, che ne aveva tirato qualche foglio di prova. Ad assumersi il compito di curane la pubblicazione postuma fu così il figlio William Francis, con l'aiuto di un amico del padre, il professor Askenasy di Heidelberg. Rimase in parte incompleta proprio l'introduzione, un interessantissimo saggio in cui Hillebrand analizza le peculiarità della flora hawaiiana, frutto dell'isolamento, del vulcanismo e di un clima quanto mai favorevole; non mancano i paralleli con altre due flore insulari ricche di endemismi, quelle di Madeira e delle Canarie. Secondo i suoi calcoli, su 999 specie recensite, ben 653 erano endemiche (una percentuale quasi senza paragoni), 207 native ma presenti anche altrove, 24 introdotte dagli hawaiani in tempi remoti, 115 di recente introduzione; proprio queste ultime si sarebbero rivelate un pericolo mortale per le specie autoctone, molte delle quali, da quando Hildebrand le segnalò, sono scomparse proprio a causa della pressione antropica, inclusa l'introduzione di piante aliene (e, come abbiamo visto, il nostro ben intenzionato dottore diede il suo contributo forse più di ogni altro). Benché privo di figure, se si escludono le mappe delle isole, il ponderoso volume fu una pietra miliare nello studio della flora hawaiana, un'opera di riferimento imprescindibile per tutti gli studiosi successivi, tanto da essere ancora ristampata (con l'aggiunta di immagini e previa la modernizzazione della nomenclatura) nella seconda metà del Novecento. I misteri di Hillebrandia E' ovvio che questo pioniere dello studio della flora delle Hawaii sia ricordato da diverse piante di quelle isole, come Embelia hillebrandii, Isodendrion hillebrandii, Suttonia hillebrandii, Pritchardia hillebrandii. Nel 1865 nell'isola di Maui egli raccolse una curiosa Begoniacea; ne informò il direttore di Kew, W.J. Hooker; fu così che Daniel Oliver, curatore dell'erbario di quel giardino botanico, poté studiarla e assegnarla non solo a una specie nuova, ma a un nuovo genere con il nome Hillebrandia sandwichensis. Si tratta dell'unica rappresentante di questa famiglia a non appartenere al genere Begonia (che di specie ne comprende più di 1400). Le differenze principali riguardano l'ovario libero nel suo terzo superiore, la presenza di tepali raccolti in due serie di verticilli nei fiori femminili, nonché alcune particolarità dei frutti e del polline. Un tempo era presente nelle isole di Kaui, Maui e Molokai, oggi è limitata alle prime due, dove sta diventando sempre più rara. Il suo habitat - simile a quello di molte Begoniae - sono gli ombrosi e umidi burroni della foresta pluviale di montagna, tra 900 e 1800 m. Nota nelle isole con il nome aka'aka'awa', è un'erbacea rizomatosa di raffinata bellezza, alta oltre un metro con grandi foglie palmate e grappoli di delicati fiori bianco-rosati, con 8-10 tepali a simmetria radiale. Recenti studi filogenetici hanno confermato la sua appartenenza a un genere proprio. A fare discutere è la sua origine: è l'unica rappresentante della sua famiglia a vivere nell'arcipelago e, per la sua struttura, risulta più arcaica delle sue sorelle Begoniae, da cui si ritiene si sia separata tra 51 e 65 milioni di anni fa. Da dove, quando e come è arrivata nelle Hawaii, che, almeno nel loro stadio attuale, sono di 20 milioni di anni più giovani? Considerando che le isole di oggi sono il risultato di sollevamenti della crosta terrestre e di eruzioni vulcaniche relativamente recenti, ma devono essere state precedute da isole più antiche, oggi livellate e scomparse, l'ipotesi più verosimile è che la nostra pianta relitta, dopo essere giunta dall'area Maleso-Pacifica, dove era nata ed oggi è scomparsa, vivesse in isole del Pacifico oggi sommerse e sia riuscita a sopravvivere a tanti sconvolgimenti e catastrofi trasportata da un'isola all'altra sulle ali (o meglio sulle zampe) degli uccelli che anche oggi provvedono alla dispersione dei suoi semi. Qualche approfondimento nella scheda.
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Sulle orme di Carlo Bertero, che ne visitò l'isola maggiore nel 1830, fornendo la prima ricognizione scientifica della sua flora, raggiungiamo l'arcipelago delle Juan Fernandez, un gruppo di isole oceaniche al largo del Cile, caratterizzate da un eccezionale numero di endemismi, purtroppo a grave rischio di estinzione. E scopriamo che proprio qui visse quattro anni da naufrago Alexander Selkirk, corsaro scozzese le cui vere vicende ispirarono a Defoe le avventure immaginarie di Robinson Crusoe. A ricordare i due personaggi, quello reale e quello fittizio, oltre ai nomi ufficiali delle due due isole principali, oggi rispettivamente Robinson Crusoe e Marinero Alejandro Selkirk, anche due rari generi nativi delle isole: Robinsonia e Selkirkia. Un paradiso botanico a rischio L’arcipelago delle Juan Fernández, al largo del Cile, a circa 670 km dalla costa, più o meno alla latitudine di Valparaiso, è formato da tre isole, più alcuni isolotti: l’Isla Más a Tierra (quella più vicina alla costa), che dal 1966 si chiama ufficialmente Robinson Crusoe; l’Isla Más Afuera (l'isola più esterna), che è stata ribattezzata Marinero Alejandro Selkirk; l’Isla Santa Clara. Come sanno i cultori del romanzo di Defoe, Alexander Selkirk è il personaggio reale a cui si ispirò lo scrittore inglese per le avventure del suo personaggio fittizio: dall’ottobre 1704 al febbraio 1709, egli visse nell'isola che oggi porta il nome del suo “doppio” romanzesco, dopo asservi stato abbandonato dal capitano della nave corsara su cui prestava servizio. Cosa c’entra tutto questo con la botanica? Intanto, quella nave faceva parte della flotta comandata da William Dampier, che oltre ad essere un corsaro era anche un appassionato naturalista, tanto da meritarsi la dedica del genere Dampiera (la sua storia è raccontata qui); ma soprattutto, queste isole così remote, proprio come le più celebri Galapagos, sono caratterizzate da una fauna e una flora molto particolari, con molte specie che vivono solo qui, tanto è vero che nel 1977 sono state proclamate dall’UNESCO Riserva mondiale della Biosfera. Le isole oceaniche sono ambienti allo stesso tempo unici e fragili. Sono unici perché da una parte l'isolamento crea le condizioni per linee evolutive separate, con la nascita di specie esclusive; dall'altra la distanza dal continente fa sì che non si siano risentiti gli effetti delle grandi estinzioni di massa, preservando piante e animali altrove estinti. Sono fragili perché sono estremamente sensibili ai mutamenti climatici e soprattutto all'invasione di specie continentali, introdotte in modo volontario o accidentale dall'uomo. Di origine vulcanica, le tre isole e i numerosi isolotti che le attorniano sono le cime di una catena sottomarina. Non sono mai state collegate al continente, il che significa che gli antenati di tutte le piante e di tutti gli animali che vi vivono sono arrivati qui trasportati dalle onde del mare o dall'aria. Ecco perché non ci sono né rettili né mammiferi terrestri. Anche i semi delle piante sono stati portati qui dalle onde o dal vento, evolvendosi poi in modo separato, tanto che oggi il 60% delle specie vascolari autoctone sono endemiche. In particolare l'isola Robinson Crusoe (la cui superficie è circa la metà di quella dell'isola d'Elba) presenta più piante endemiche per km quadrato di ogni isola del mondo (93 specie, ovvero 1,9 per km quadrato). In totale nell'arcipelago si annoverano una famiglia (Lactoridaceae), 12 generi e 132 specie vascolari endemiche. Il maggior numero di endemismi si incontrano nei boschi montani alti (tra 350 e 650 m sul livello del mare) e bassi (tra 220 e 410 m) dove raggiungono rispettivamente il 75 % e del 65%. Le due comunità sono dette Mirtiselva, per l'importanza delle piante della famiglia Myrtaceae. Nel bosco endemico montano d'altura le specie dominanti sono gli alberi endemici Myrceugenia fernandeziana (luma di Más a Tierra) e Drimys confertifolia. Nel sottobosco le specie più comuni sono la felce arborea Dicksonia berteroana, Coprosma oliveri (olivillo de Juan Fernandez), la palma Juania australis, e, tra le erbacee, Gunnera peltata e diverse specie del genere endemico Robinsonia. Nei boschi più bassi si aggiungono Fagara mayu (naranjillo) e, a Más Afuera, Myrceugenia schulzei. Altri alberi endemici meno abbondanti sono Rhaphithamnus venustus, Coprosma pyrifolia e Boehmeria excelsa. Nelle fasce più basse, l'introduzione di specie invasive dal continente ha quasi distrutto la flora nativa, mettendo a rischio endemismi ormai rari come Dendroseris litoralis, una stupefacente Asteracea arborea, o Sophora fernandeziana. Estinto ormai da un secolo è Santalum fernandezianum, un albero dal legname prezioso profumato di canfora; è stata invece dichiarata estinta nel 2004 Robinsonia berteroi. Ben il 75% delle specie endemiche delle Juan Fernandez è inserito nella lista delle specie a rischio. Questi dati ci dicono quanto preziose siano le ricerche di quei botanici che visitarono le isole prima che l'arrivo delle specie aliene ne alterasse così profondamente l'equilibrio e praticamente cancellasse la flora autoctona dei litorali e delle fasce inferiori. Di eccezionale importanza in particolare è il lavoro di Bertero, che nel 1830 visitò Más a Tierra insieme all'amico Alexander Caldcleugh, raccogliendo circa 300 specie (molte di esse oggi perdute per sempre). Alexander Selkirk, il vero Robinson Crusoe E' ora però di parlare dei protagonisti umani di questa storia, il reale Alexander Selkirk e il fittizio Robinson Crusoe, accomunati dall'aver dato il loro nome a uno dei generi delle isole, ovvero Selkirkia (Boraginaceae) e Robinsonia (Asteraceae). Entrambi furono stabiliti sulla base di esemplari raccolti e inviati in Europa da Bertero; già nel 1833 Robinsonia, creato da de Candolle e solo nel 1884 Selkirkia, stabilito da Hemsley riclassificando una specie che Colla nel 1835 aveva denominato Cynoglossum berteroi. Per completezza, bisogna dire che Selkirk era arrivato persino dopo Venerdì, cui nel 1882 Baillon aveva dedicato il genere Vendredia (ora considerato un doppione di Robinsonia). Non c'è bisogno di raccontare la storia di Robinson: tutti la conoscono, se non dal romanzo almeno da uno dei numerosissimi film che ne sono stati tratti. Nel 1719, Defoe, che era sempre a corto di soldi, pensò di sfruttare commercialmente la passione dei suoi contemporanei per i viaggi avventurosi per mare, ispirandosi alle memorie del marinaio scozzese Alexander Selkirk, raccolte dal capitano Rogers e pubblicate nel 1712. Come tutti sappiamo, fu un successo che continua dopo tre secoli. Proprio come Robinson, Selkirk veniva da una onesta famiglia protestante, ma rissoso, scapestrato e poco incline al lavoro, molto giovane si arruolò come corsaro e nel 1703 (all'epoca aveva 27 anni) partecipò alla spedizione nel Pacifico comandata da William Dampier, che comandava il St. George, mentre Selkirk era imbarcato sulla Cinque Ports, sotto il comando di Thomas Stradling. Ben presto i risultati deludenti e dispute sulla spartizione del bottino spinsero quest'ultimo a separarsi da Dampier. A ottobre 1704 la nave fece scalo a Más a Tierra per rifornirsi di acqua e viveri. Selkirk fece notare che lo scafo era in pessime condizioni e che sarebbe stato meglio ripararlo prima di riprendere il mare, aggiungendo che avrebbe preferito rimanere lì da solo piuttosto che sfidare le onde su quella bagnarola; cercò anche di convincere i compagni a disertare. Il capitano lo prese in parola: lo fece sbarcare con un moschetto, della polvere da sparo, un'accetta, strumenti da falegname, un coltello, un piatto da cucina, una Bibbia, un materasso e alcuni vestiti. Selkirk era convinto che il suo isolamento sarebbe durato ben poco, invece dovette trascorrere da solo in quell'isola disabitata quattro anni e quattro mesi. Va anche detto che ci aveva visto giusto: la Cinque Ports fece effettivamente naufragio; il comandante e alcuni marinai si salvarono ma, catturati dagli spagnoli, trascorsero anni in prigionia. Quanto a Selkirk, imparò a vivere da solo nell'isola e a sfruttarne le risorse naturali, soprattutto dopo aver abbandonato la spiaggia dove aveva trascorso i primi mesi per trasferirsi più in alto, dove era più facile trovare cibo e rifugio. Proprio come Robinson, l'isolamento e la lettura della Bibbia operarono in lui un profondo mutamento interiore. In quel lungo periodo, solo due navi si avvicinarono all'isola, ma trattandosi di spagnoli, Selkirk dovette nascondersi per evitare di essere catturato e magari giustiziato come pirata, Quando nel febbraio 1709 giunse finalmente il sospirato soccorso, grazie alla nave corsara Duke, comandata Woodes Rogers, Selkirk era un giovane uomo di grande agilità e vigore fisico e dall'eccezionale pace interiore. Rogers ne fu così colpito da nominarlo ufficiale in seconda. Selkirk tornò così alla pirateria, a quanto pare anche con un certo successo economico. Ritornò in patria solo nel 1711, dopo un'assenza di otto anni. Rogers, cui aveva raccontato le sue avventure, ne pubblicò un resoconto in un libro sulla sua spedizione corsara, pubblicato l'anno successivo, destando molto interesse. A differenza di quella del suo doppio letterario, però, la conversione di Selkirk non resse; dopo aver nuovamente manifestato comportamenti violenti e asociali, si arruolò nella marina inglese, morendo di febbre gialla nel 1721 al largo della costa occidentale dell'Africa. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Selkirkia e Robinsonia, le piante del vero e del falso Robinson L'unica specie del genere Selkirkia originaria delle Juan Fernandez, S. berteroi, come ho anticipato, inizialmente fu assegnata al genere Cynoglossum, sulla base delle caratteristiche dei frutti. Dal momento in cui Hemsley lo creò nel 1884 fino a pochi anni fa, è stato ritenuto un genere monotipico e endemico dell'arcipelago delle Juan Ferdandez, rappresentato dalla sola S. berteroi. Nel 2016 un'équipe internazionale capeggiata da N. Holstein e H. Hilger, sulla base di evidenze filogenetiche, ha dimostrato che questa specie non è più "naufraga", unendovi tre specie continentali, prima assegnate due a Mapuchea e una a Cynoglossum. Le diversità nel portamento (S. berteroi è un arbusto, le altre sono erbacee) e nella morfologia generale sono dovute ai diversi habitat, spiegano i ricercatori, mentre il tratto comune sono i frutti con quattro nucule con peli (glochidi) barbati. S. trianae vive nel sottobosco della foresta nebulosa densa della Colombia e dell'Ecuador; S. limense e S. pauciflora sono originarie delle regioni del Cile a clima mediterraneo. Tutte sono piante rare (di cui non ho trovato neppure un'immagine), le prime due a rischio per riduzione dell'habitat. Un breve profilo nella scheda. Anche se è dedicata a un personaggio letterario e non a una persona reale, vale la pena di dedicare qualche riga al genere Robinsonia, un'Asteracea esclusiva delle Juan Fernandez, il secondo genere endemico dell'arcipelago, con otto specie, sette a Más a Tierra, una a Más a Fuera; il primo, con dodici specie, è Dendroseris, un'altra Asteracea piuttosto affine. Grazie a questa eccezionale radiazione, le Robinsoniae si sono adattate ad habitat piuttosto vari; ad esempio, R. evenia e R. gracilis crescono in situazioni aperte, su versanti scoscesi, aridi e rocciosi; R. evenia cresce nel sottobosco della foresta nebulosa, talvolta anche come epifita sulle felci del genere Dicksonia. Sono veri e propri alberi con esili fusti legnosi e foglie a rosetta. Alcuni studi recenti ne propongono la confluenza in Senecio, ipotesi respinta da altri ricercatori. Purtroppo due delle otto specie, R. berteroi e R. megacephala, sono considerata estinte. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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