Nel 1751, l'arrivo a Madrid di Pehr Loefling, discepolo prediletto di Linneo, scuote lo stagnante ambiente della botanica spagnola. Finalmente nella capitale nasce un orto botanico, destinato a diventare la più importante istituzione botanica del paese; con tatto e consumata abilità diplomatica, Loefing riesce ad appianare le ostilità iniziali. Della sua strategia di avvicinamento fa anche parte la dedica da parte del maestro di quattro nuovi generi ad altrettanti botanici spagnoli. Ed ecco nate Queria (ma - ed è appena giusto - il nome non è più valido), Minuartia, Ortegia e Velezia. In difesa dell'onore botanico della Spagna Nel Settecento, il progresso delle nazioni passa anche attraverso la botanica. Per la valorizzazione economica del territorio, è indispensabile la rilevazione delle risorse naturali, in primo luogo botaniche, tanto per un'agricoltura più produttiva e razionale quanto per una pratica medica e farmaceutica più efficace. Anche la nuova dinastia dei Borboni, installatasi in Spagna proprio all'inizio del secolo e riconosciuta dalle potenze europee nel 1714 con la pace di Utrecht, è coinvolta in questo processo. Sebbene il paese iberico nel Rinascimento fosse stato all'avanguardia nel campo della botanica, da almeno un secolo gli studi naturalistici sono stagnanti. Non mancano certamente né studiosi né investigatori sul campo, ma sono legati a modelli del passato: contrariamente a quanto è avvenuto almeno da un cinquantennio in Inghilterra come in Francia, in Olanda come in Svezia, la botanica in Spagna non è ancora una scienza autonoma, rimane un'ancella della medicina e anche più della farmacia (tutti i personaggi che incontreremo in questa storia sono farmacisti-raccoglitori, più che botanici). A metà del secolo, anche il modello teorico dominante, che è quello di Pitton de Tournefort, è decisamente superato. Ecco perché José de Carvajal, segretario di stato di Ferdinando VI, decidendo di aggregare una squadra di scienziati alla spedizione che doveva fissare i confini tra Spagna e Portogallo in America meridionale (Expedition de Limites de Orinoco) pensò di chiedere l'aiuto dell'astro delle scienze naturali europee, Carlo Linneo. Fu così che Pehr Loefling, giovanissimo e brillante allievo del luminare svedese, fu catapultato in Spagna, con il duplice compito di capeggiare l'équipe dell'Orinoco e di convertire i botanici spagnoli al metodo del maestro. Questo post è dedicato al secondo aspetto; un secondo sarà dedicato a Loefling e al suo contributo alla conoscenza della natura in Spagna e Venezuela. Il compito, per così dire diplomatico, del giovane naturalista svedese non era semplice: l'ambiente dei botanici spagnoli gli era decisamente ostile, e non senza responsabilità di Linneo stesso. Con il suo solito tono tronfio, nel 1736 in Bibliotheca botanica aveva dichiarato che la flora spagnola era tanto ricca quanto misconosciuta a causa dell'enorme "barbarie botanica" che imperversava nel paese. Ce n'era abbastanza per pungere l'orgoglio nazionale dei botanici spagnoli, in particolare del loro decano, José Quer y Martinez (1695-1764), che si affrettò a rispondere con un'apologia della scienza spagnola intitolata Discurso analítico sobre los métodos botánicos e rincarò la dose con il Catálogo de los autores españoles, que han escrito de Historia Natural in cui esaltò il contributo degli scienziati iberici alla conoscenza della flora e della fauna del nuovo mondo. Di fronte ai posteri, Quer ha pagato cara la sua ostilità a Linneo: medico e farmacista, era un ottimo raccoglitore e conoscitore di piante (il suo erbario, oggi conservato a Ginevra, comprende circa 2000 esemplari); tuttavia, mancava di metodo e si ostinò fino alla fine a non utilizzare la denominazione binomiale nella sua Flora española, che nacque già obsoleta. Di conseguenza, un po' ingiustamente è passato alla storia come il medico e botanico pasticcione e passatista che si è opposto a grande Linneo. La nascita del Real Jardin botanico de Madrid Diversamente dal collega, un atteggiamento non pregiudizialmente ostile verso Loefling e Linneo assunse il secondo uomo della botanica iberica, il farmacista Joan Minuart (Quer e Minuart saranno rispettivamente primo e secondo professore di botanica al Real jardin botanico); in effetti, la botanica catalana era la più avanzata del paese, grazie soprattutto alla famiglia Salvador che aveva collaborato con Tournefort e i Jussieu e manteneva contatti con gli ambienti scientifici d'oltralpe. Anche Minuart, allievo di Jaime Salvador, si era formato nel credo tournefortiano, ma era un uomo di animo buono e aperto che fece un'ottima impressione su Loefling; ammise che il metodo di Linneo era molto interessante, ma non faceva per lui: era troppo vecchio per cambiare, e la sua vista ormai indebolita gli impediva di mettersi a contare cose così piccole come stami e pistilli. Altre notizie su di lui nella biografia. Erano ovviamente i più giovani a vedere nell'arrivo di Loefling, giunto a Madrid nel 1751, un'opportunità per svecchiare la botanica del paese. La favorevole circostanza spinse il farmacista reale Josè Ortega a proporre al ministro Carvajal la trasformazione in Hortus Regius del piccolo giardino botanico privato creato nel 1744 dal duca di Atrisco, a partire da semi raccolti nei suoi viaggi in Spagna, Italia, Francia. "Un orto botanico o una scuola reale di botanica - scrisse nell'esposto - introdurranno la deliziosa scienza nel paese e, di conseguenza, da una parte lavorerà il gruppo madrileno, mentre dall'altra lo svedese potrà far mostra delle grandi cose che offre". E' il primo passo per la fondazione del Real jardin botanico inaugurato nel 1755, a Migas Calientes, alla periferia di Madrid. José Ortega aveva una buona conoscenza dell'Europa perché il re Ferdinando VII lo aveva inviato in varie capitali europee per raccogliere informazioni al fine di creare una Reale Accademia delle Scienze. Accolse Loefling calorosamente e si mostrò assai aperto al metodo linneano: "il più affamato di tutti", lo definisce Loefling. Una vera amicizia nacque poi con Cristobal Velez, un quarantenne farmacista madrileno che aprì allo svedese la sua casa e la sua biblioteca; purtroppo morì precocemente nel 1753. Bisogna attendere però la generazione successiva per la definita affermazione del metodo linneano in Spagna, soprattutto grazie a Casimiro Gomez Ortega, nipote di José Ortega e figura eminente della botanica spagnola di fine secolo. Qualche notizia in più su Ortega e Velez nella sezione biografie. Minuscole piante spagnole Per vincere la resistenza degli spagnoli, oltre alla simpatia personale, alla pazienza e alla dimostrazione quotidiana della competenza come naturalista, che ne faceva un esempio vivente della validità del metodo del maestro, Loefling seppe anche sfruttare la vanità umana. Ormai la parola di Linneo negli ambienti scientifici europei aveva la pregnanza di un oracolo e ottenere la dedica di una pianta in Species plantarum (a cui stava giusto lavorando e che uscirà nel 1753) era la più o meno confessata aspirazione di tutti i botanici europei. In una lettera di quell'anno al medico e naturalista tedesco Ludwig, Linneo espresse grande entusiasmo per alcune "minutissimae plantae Hispanicae" (minuscole piante spagnole) che gli erano state inviate dall'allievo; e su suo suggerimento, le incluse nell'opera, creando i quattro generi Queria, Minuatia, Ortegia e Velezia. Oggi sono tutti annoverati nella famiglia Caryophyllaceae/Dianthaceae. Con una certa giustizia poetica, Queria è un nome non valido (le sue specie sono ora incluse Minuartia); Ortegia è un genere monospecifico con la specie O. hispanica; Velezia è un piccolo genere di due specie, V. rigida e V. quadridentata. Quindi, alla fine, l'omaggio maggiore è toccato al buon Minuart, con il genere Minuartia, uno dei più vasti della famiglia, ben conosciuto dagli amanti della flora alpina per i suoi cuscinetti di fitte foglioline che ricordano il muschio, trapuntati dalle minute stelline bianche dei fiori. Per maggiori informazioni sui tre generi, si rimanda alle rispettiva schede.
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Nel 1753, in uno dei momenti di massima chiusura della Cina dei Qing, il pittore cinese Lang Shining (che in realtà tanto cinese non è) dipinge un bonsai di una pianta che arriva dal Sud America. La spiegazione del mistero sta nell'astuzia di un gesuita e botanico francese, Pierre d'Incarville, che grazie alle curiose proprietà di quella pianta riesce ad ingraziarsi l'imperatore e a farsi aprire i cancelli dei favolosi giardini imperiali. Spedisce tanti semi in Europa da cambiare per sempre l'aspetto di viali, parchi e aiuole del vecchio continente; nel fatidico 1789, con un gesto non troppo rivoluzionario, il nipote del suo maestro gli dedica il genere Incarvillea. La pianta dell'Occidente che dice il tempo Nel Museo Nazionale di Taipei è conservato un singolare dipinto da Lang Shining, al secolo Giuseppe Castiglione, padre gesuita e pittore alla corte di tre imperatori cinesi, eseguito nel 1753. La curiosità non sta nel soggetto (un bonsai in un vaso azzurro), ma nella pianta protagonista: è una sensitiva, Mimosa pudica. E' una pianta che molti conoscono per una curiosa proprietà: quando se ne sfiorano le foglie, queste si chiudono. Dato che è originaria dell'America latina, è ovvio chiedersi come sia giunta nella Cina del Settecento, all'epoca un paese notoriamente chiuso in se stesso. E' qui che entra in scena un altro gesuita, il francese Pierre d'Incarville; era arrivato in Cina nel 1740, in un periodo in cui il nuovo imperatore Qianlong praticava una politica di ulteriore restrizione dell'accesso agli stranieri e di ostilità aperta al cristianesimo. Da più di un secolo, tuttavia, i gesuiti erano riusciti a crearsi uno spazio a corte, non come missionari ma come tecnici e scienziati il cui sapere era altamente apprezzato. Lo stesso d'Incarville lavorava per la vetreria imperiale. La sua formazione e la sua inclinazione andavano però alla botanica; fin dal suo arrivo nel paese, si era reso conto che la Cina era uno scrigno inesauribile di tesori botanici ma che accedervi era praticamente impossibile. I pochi esemplari e i semi che poteva procurarsi in città, nelle brevi ed occasionali escursioni nei dintorni e dai venditori di sementi erano poca cosa e dopo pochi anni erano sempre gli stessi; molto frustrante, pensando che dentro le mura degli immensi giardini imperiali c'era un inaccessibile tesoro di piante! Avendo scoperto che l'imperatore, uomo di fine cultura, era amante dei fiori - l'arte del giardinaggio, del resto, in Cina era secolare e aveva raggiunto risultati di estrema raffinatezza - elaborò una strategia (come scrisse in una lettera al suo maestro e corrispondente Bernard de Jussieu, dimostratore del Jardin Royal di Parigi) che mirava a farsi riconoscere in primo luogo come "curioso dei fiori", quindi come "botanico". Chiese quindi sia al maestro sia a Cromwell Mortimer, segretario della Royal Society di Londra, di inviargli bulbi e semi di piante "occidentali" interessanti, con le indicazioni di coltivazione. Dopo averli amorosamente coltivati nel giardino della residenza e nella sua stessa stanza, pensava di farne omaggio all'Imperatore destandone la curiosità. Il piano riuscì, proprio grazie alla Mimosa pudica. Quando d'Incarville gliene presentò due pianticelle e lo invitò a sfiorarne le foglie, il figlio del cielo rimase meravigliato e divertito. Gradì talmente il dono (che egli considerava, secondo lo stile cerimoniale in auge alla corte del Celeste impero, un omaggio dell'Occidente alla sua augusta persona) da ordinare a Castiglione di ritrarre la meravigliosa pianta; al dipinto volle unire una poesia da lui composta e scritta di suo pugno in cui la sensitiva viene chiamata "Pianta dell'Occidente che dice il tempo"; l'imperatore aveva infatti constatato che le foglie si riaprivano dopo cinque minuti al mattino e dopo dieci alla sera. Il perseverante gesuita ottenne così quanto si era ripromesso: gli vennero aperte le porte dei giardini imperiali, venne messo in contatto con i direttori di tre giardini e con il "Mandarino delle serre"; inoltre, venne chiamato, come botanico imperiale, a progettare il giardino all'occidentale che circondava i padiglioni in stile europeo creati da Castiglione nei Giardini della perfetta Chiarezza. Rimane ancora da chiedersi come fossero arrivati a d'Incarville dei semi di una pianta sudamericana; l'ipotesi più probabile, secondo Jane Kilpatrick che ha studiato i primi scambi botanici tra Europa e Cina, è che gli fossero stati inviati da Mortimer o da altri corrispondenti inglesi con cui questi lo aveva messo in contatto, in particolare Peter Collinson, il celebre collezionista e mercante di piante che nel 1751 ricevette proprio da d'Incarville i primi semi di Ailanthus altissima. Fonte: Yu-Chi Lai, "Overview the Network of European Botany in the Imperial Palace of Qing Dynasty via Giuseppe Castiglione’s “Time-telling Plant from the West”, Academia Sinica of Modern History, ASDC E Newsletter, 6, 10/06/2015 Pierre d'Incarville mediatore botanico Il ruolo di mediazione di Pierre d'Incarville è stato duplice: non solo ha fatto conoscere alla Cina piante coltivate in Occidente (l'elenco inviato a Jussieu include papaveri dai grandi fiori, tulipani, ranuncoli, anemoni, garofani, narcisi, fiordalisi, nasturzi, gigli), ma, nonostante tutti gli ostacoli, con ripetuti invii di semi è alla base dell'introduzione nei giardini d'Europa e America di piante oggi molto comuni e popolari. Oltre al già citato ailanto, l'elenco comprende tra l'altro sofora del Giappone (Styphnolobium japonicum), seminata nel 1747 da Jussieu al Jardin des Plantes di Parigi dove ancora vive; Koelreuteria paniculata; Gleditsia chinensis; giuggiolo (Ziziphus jujuba); astro della Cina (Callistephus sinensis); cuor di Maria (Lamprocapnos spectabile); goji (Lycium chinense); indaco giapponese (Persicaria tinctoria). Con viaggi lunghi e complessi (una lettera scritta da d'Incarville a Pechino nel novembre 1751 viene letta da Mortimer alla seduta della Royal Society del giugno 1753) i semi da lui inviati raggiungono Parigi, Londra (e attraverso Collinson, Philadelphia e Baltimora), San Pietroburgo (per mezzo delle carovane di mercanti russi che ogni tre anni potevano raggiungere Pechino per scambiare pellicce siberiane con balle di tè). D'Incarville inviò a Jussieu anche i suoi erbari; alcuni sono andati perduti per la distanza, i naufragi, gli eventi bellici; uno ragguardevole (con 144 esemplari raccolti a Macao e 149 nella regione di Pechino) è conservato al Jardin des Plantes, ma è stato studiato e pubblicato solo alla fine dell'Ottocento. Anche le sue lettere ai numerosi corrispondenti (dal 1751 è membro corrispondente estero della Académie royale des Sciences) contribuiscono alla conoscenza della flora cinese: nel 1740, ancora a Macao, vede e descrive una pianta di Kiwi (Actnidia chinensis); qualche mese dopo, a Canton, dove si ferma in attesa del necessario permesso imperiale per raggiungere Pechino, è la volta di una pianta di tè in fioritura; nella citata lettera a Mortimer, descrive tra l'altro l'albero della lacca (Toxicodendron verniciflua), alcune piante usate per fare la carta e il giuggiolo. Inoltre il gesuita inviò all'Académie diverse memorie, tra cui una sui bachi da seta selvatici (bombice dell'ailanto). Compilò vari cataloghi di piante cinesi, il più ampio dei quali nell'Ottocento era conservato nella Biblioteca del Museo asiatico di San Pietroburgo. Per risolvere il problema dell'identificazione delle piante (spesso doveva accontentarsi di inviare semi o esemplari secchi con indicazioni come arbor cinesorum incognita "albero sconosciuto dei cinesi") curò la realizzazione di due copie del Yuzhi bencao pinhui jingyao, un catalogo delle piante medicinali cinesi con circa quattrocento disegni a colori, una con la traduzione dei testi, l'altra con le sole tavole accompagnate dal nome in cinese; tuttavia, a parte poche tavole, l'opera è andata perduta. Altre notizie nella biografia. Incarvillea, una bignonia terrestre Tra le piante contenute nell'Erbario inviato a Bernard de Jussieu una era identificata come "Bignonia". Una quarantina di anni dopo, nel 1789, un altro Jussieu, il celebre tassonomista Antoine-Laurent, nel suo Genera Plantarum riconosce la sua appartenenza a un nuovo genere, che chiama Incarvillea con la seguente motivazione: "Ne ho ricavato le caratteristiche da un esemplare secco dell'erbario inviato nel 1743 a Bernard de Jussieu dal Padre d'Incarville, missionario gesuita a Pechino, esperto di botanica, insieme a moltissimi semi di nuove piante, in particolare degli astri della Cina (= Callistephus chinensis), prima di allora sconosciuti in Europa". Anche se non può certo rivaleggiare in popolarità con la sua compagna di viaggio (conosciuta anche come Regina Margherita) l'Incarvillea è una perenne dalle splendide fioriture, con i grandi fiori a imbuto tipici della famiglia delle Bignogniaceae (nota soprattutto per le magnifiche rampicanti). E' un piccolo genere nativo dell'Asia centrale e orientale, per lo più dell'area himalayana; la specie più nota è Incarvillea delavayi che ricorda un altro gesuita missionario in Cina: Jean-Marie Delavay (1834-95), grande viaggiatore e scopritore di piante nella seconda metà dell'Ottocento. Informazioni sulle specie più coltivate di questa splendida pianta da bordura e giardino roccioso nella scheda. L'aspetto del mondo dipende anche dagli occhi che lo guardano. Due allievi di Linneo, Olof Torén e Pehr Osbeck, si trovano nello stesso momento in Cina e percorrono la stessa rotta nel viaggio di ritorno, ma uno ne ricava (oltre alla malattia mortale di cui sarà vittima) qualche curiosità etnografica e ben poche osservazioni naturalistiche, l'altro riempie la sua cassa da marinaio con decine di esemplari e dà un contributo fondamentale alla conoscenza delle piante cinesi, di cui diventa la principale fonte per Species Plantarum di Linneo. Torna a casa con le tasche vuote, ma si guadagna il diritto di essere ricordato dall'Osbeckia, una pianta bella e misconosciuta quasi come il suo dedicatario. Mentre gli altri giocavano, io esaminavo le erbe Pochi mesi dopo Olof Torén, iniziava il suo viaggio verso la Cina Pehr Osbeck, il quinto apostolo di Linneo. Infatti nel 1750 la SOIC (Compagnia Svedese dell'Indie Orientali) aveva deciso di raddoppiare la posta, inviando due navi alla volta della Cina: oltre alla Götha Leijon, partita in primavera per sperimentare la nuova rotta con scalo a Surat, in inverno salpò la Prins Carl che seguì la consueta rotta diretta. Il suo cappellano era un altro allievo di Linneo, appunto Pehr Osbeck. Nell'estate e nell'autunno del 1751 entrambi i vascelli erano a Canton e fecero insieme il viaggio di ritorno. Al contrario di Torén, che raccolse pochi esemplari e lasciò come testimonianza solo alcune lettere al maestro, Osbeck seppe sfruttare quella che lui stesso probabilmente considerava la grande avventura della sua vita, mettendo insieme una collezione naturalistica stupefacente per grandezza e qualità: oltre 500 piante (tra cui 26 specie e due generi descritti per la prima volta) oltre a centinaia di uccelli, pesci, insetti, minerali. Il documentatissimo Dagbok öfwer en ostindisk Resa åren 1750, 1751, 1752 ("Diario del viaggio nelle Indie Orientali", pubblicato nel 1757), steso sulla base del diario di viaggio poco dopo il ritorno a casa, riesce ad unire la precisione delle descrizioni naturalistiche al fascino dell'avventura, conditi da un pizzico di ironia. Tra l'altro è una delle prime opere in cui vengono utilizzate le denominazioni binomiali, riprese dalla recentissima prima edizione del Systema Naturae (1753). Lo stesso Linneo sarà stupefatto dei risultati del viaggio dell'instancabile Pehr, tanto da chiedersi come avesse fatto a raccogliere così tanti esemplari in così poco tempo. La spiegazione sta nella curiosità e nell'attivismo di Osbeck. In effetti, dice lui stesso nella prefazione, in un viaggio così lungo, terminate le incombenze ordinarie ("leggere le preghiere della mattina e della sera, confessare, somministrare la cena del signore, catechizzare, visitare gli infermi, officiare i funerali, predicare la domenica e i giorni di festa") gli rimane molto tempo per lo studio. Durante i lunghi mesi di navigazione ci sono pesci, uccelli, alghe; un'eclissi di luna all'andata e una di sole al ritorno; i crostacei rimasti attaccati all'ancora, l'acqua di mare fosforescente e persino i parassiti che guastano l'acqua e i viveri di bordo sono ottimi oggetti di studio. Lo dirà in alcuni versi tracciati nel registro della parrocchia dove servirà al ritorno in patria: "Gli altri bevevano, io rimanevo sobrio; gli altri dormivano, io vegliavo; gli altri giocavano, io esaminavo le erbe; quando gli altri sono morti, ho pensato alla morte, ma ora non mi fa paura". Appassionato di ogni ramo delle scienze naturali, ma soprattutto botanico, quando è a terra Osbeck sa approfittare al massimo delle soste, brevi o lunghe che siano. A parte la Cina, nel corso del viaggio il vascello attracca solo quattro volte, due all'andata e due al ritorno. Il primo lungo scalo è a Cadice, dove gli svedesi si fermano per dieci settimane. Appena può, indossati abiti spagnoli per non dare nell'occhio, un paio di forbici in tasca (l'uso dei coltelli era vietato dalle autorità), una scatola per gli insetti e fogli di carta per le piante sotto un braccio, il nostro animoso Pehr parte in esplorazione. E' incantato dai patios dove le passiflore crescono fino al secondo piano, dalle terrazze ornate di vasi di garofanini e violaciocche, dal profumo dei fiori degli agrumi "che farebbero resuscitare un morto", dai boschetti di Chamaerops humilis e dalle siepi di Agave americana, ma anche dalla più umile delle erbacce. Percorre la campagna esplorando i bordi delle strade, i giardini, le vigne, i terreni coltivati o gli incolti; un giorno, mentre sta tornando da Puerto de Santa Maria (una località a una decina di km da Cadice che ama esplorare, perché molto più ricca di acqua e di vegetazione dell'arido capoluogo) viene sorpreso da una pioggia torrenziale; nonostante la strada allagata, continua a osservare e a raccogliere piante. E' così che si imbatte in un'erba che non è mai stato descritto prima di lui: una rara solanacea oggi conosciuta con il nome di Triguera osbeckii. Quando arriva alla locanda, è bagnato fino alle ossa; giusto il tempo di cambiarsi ed è di nuovo in strada, insieme ad alcuni amici che vanno ad acquistare limoni. Il secondo scalo è a Giava, dove la nave, sia all'andata sia al ritorno, fa provviste d'acqua e viveri freschi. La vista delle rive fiorite dell'isola per Pehr è un supplizio di Tantalo: "fui costretto a languire come una persona affamata che vede il cibo solo da lontano". Quando la nave finalmente si ancora al largo, Osbeck si precipita a terra sulla lancia che va a caricare i rifornimenti, assicurando il comandante che ritornerà appena avrà bisogno di lui. La sosta è brevissima, ma Pehr potrà in parte rifarsi nel viaggio di ritorno, quando al seguito del carpentiere di bordo si addentra affascinato e turbato insieme nella foresta pluviale e studia attentamente le piante epifite che vivono sull'albero abbattuto: tra gli altri, un Asplenium nidus (è il primo a descriverlo) e l'orchidea Phalenopsis amabilis. Sulla spiaggia invece raccoglie bulbi di Crinum asiaticum, che trapianta nella sabbia e riesce a far arrivare vivi in Svezia. Persino la breve sosta alla brulla isola di Ascension (secondo scalo del viaggio di ritorno), giudicata da Osbeck il luogo più sgradevole che avesse mai visto, gli frutta la scoperta di un'ignota graminacea, Aristida adscensionis, oltre a una bella descrizione della riproduzione delle testuggini. Il mare dei Sargassi poi gli darà occasione di importanti osservazioni scientifiche. Erborizzando a Wampoa Ma è ora di parlare del soggiorno in Cina. Alla fine di agosto 1751, la Prins Carl attracca all'isola di Wampoa, a una ventina di km da Canton (per i grandi velieri, il Fiume delle perle non era navigabile oltre quel punto). Qui venivano ancorate le navi europee e vivevano i marinai durante le lunghe e complesse operazioni di carico e scarico delle merci; gli ufficiali e gli agenti della SOIC soggiornavano invece a Canton, nella factory svedese situata nell'enclave europea. Qualche giorno dopo, arriva anche la Götha Leijon, proveniente da Surat. Il soggiorno in Cina di Osbeck dura poco più di quattro mesi, alternando periodi nella factory e sulla nave. In base alle regole della compagnia, quando due navi si trovavano insieme in Cina, un pastore rimaneva a officiare a Wampoa, mentre l'altro stava a Canton. Questo spiega perché Osbeck e Torén non abbiamo mai erborizzato insieme. D'altra parte, le personalità dei due non potevano essere più diverse. Se l'uno mette insieme ben pochi esemplari (di cui non documenta neppure la provenienza), l'altro nonostante le difficile condizioni in cui opera un cappellano svedese in Cina riesce a raccogliere ben 244 specie di piante cinesi (nonché animali e altre curiosità naturali), di cui 11 mai descritte prima di lui. Spinto dal suo attivismo, ancora una volta approfitta di ogni occasione. Quando è a Canton, visita mercati, giardini e farmacie - anche se le barriere linguistiche e la diffidenza dei cinesi gli impediscono quasi del tutto di raccogliere informazioni sulla farmacopea cinese. Quanto ai sobborghi della città e alla campagna fuori delle mura, è una missione quasi impossibile: sebbene formalmente non fosse ancora vietato agli europei allontanarsi dalla factory (il divieto verrà introdotto pochi anni dopo, nel 1757), farlo era già praticamente impossibile per i "diavoli stranieri". Osbeck ci prova più di una volta, ma appena fuori dall'area frequentata dagli europei è circondato da torme di bambini che urlano e chiedono soldi; un'altra volta si salva da un invasato che gli mette le mani addosso grazie a due ambigui personaggi, forse agenti di polizia; un'altra ancora, non avendo pagato la mancia pretesa, viene preso a sassate. Per altro non si arrende; approfitta persino del funerale di un alto funzionario olandese (gli unici a non essere seppelliti nei pressi di Wampoa) per osservare la flora del cimitero mentre si attende l'arrivo della salma. Molto più proficui sono i soggiorni sull'isola di Wampoa, dove gli stranieri potevano muoversi senza rischi; organizza anche brevi puntate nelle vicine isole dove attraccano le navi francesi e danesi. E' da qui che arriva la maggior parte degli esemplari raccolti; altri sono stati acquistati, come una Camellia japonica dagli splendidi fiori bianchi e rossi comprata da un venditore ambulante cieco che, a guardarla meglio, si rivela un imbroglio: i fiori sono stati presi da un'altra pianta e accuratamente fissati alle corolle con chiodi di bambù. Osbeck conclude filosoficamente che in Cina bisogna stare molto attenti e comunque è facile prendersi delle fregature... E quando tornerà in Svezia, non gli sarà rimasto un soldo: la già scarsa paga (Pehr ha scoperto che i suoi omologhi danesi sono pagati il triplo!) è stata investita in onore della scienza. La grande cassa acquistata in Cina - oggi è parte di una collezione privata - si riempie sempre più di preziosi esemplari secchi, di scatole di insetti, di animali conservati nel brandy spagnolo. Per la conoscenza in Occidente della flora cinese, il viaggio di Osbeck è una tappa fondamentale. Prima di lui, solo i missionari gesuiti - che per altro godevano di ben altre possibilità di muoversi nel paese, di cui parlavano la lingua e conoscevano profondamente la cultura - avevano fatto conoscere agli europei tante piante del Celeste impero. Gli esemplari forniti dall'industrioso allievo arrivano a Linneo appena in tempo per essere inclusi - sebbene solo in parte - in Systema plantarum: su un centinaio di piante asiatiche, almeno una settantina si devono presumibilmente a lui (anche se Linneo non sempre lo cita esplicitamente). In una sola cosa Osbeck delude il suo maestro: neanche lui riesce a portargli la tanto sospirata pianticella di tè. In realtà, il diligente allievo se ne era procurata una, ma andò perduta in modo tragicomico. Quando la Prins Carl finalmente salpa, il 4 gennaio 1752, tutti sono euforici e saltano sul ponte, mentre vengono sparati i rituali colpi di cannone; com'è come non è, il vaso di Camellia sinensis dal ponte scivola in mare prima che Osbeck se ne accorga e possa salvarlo. Sebbene avesse deciso di non fare altri viaggi, la vita di Osbeck dopo il ritorno in Svezia fu ancora lunga e attiva; altre informazioni nella biografia. L'Osbeckia, questa sconosciuta Proprio in occasione della gita in cui Osbeck e i suoi compagni vengono soccorsi dai due poliziotti, scendendo da una collina dove hanno visitato una pagoda Pehr osserva un cespuglio dai bei fiori rossi che rimangono aperti di notte, che Linneo chiamerà Melastoma octandrum. Lì vicino trova un'altra pianta, simile alla prima per i fiori, ma diversa da ogni altro genere per l'aspetto generale. Linneo "ritenendo che le mie fatiche fossero meritevoli di qualche ricordo ha pensato di chiamare questa pianta Osbeckia chinensis". Entrambe le specie appartengono alla famiglia delle Melastomaceae, anzi oggi Melastoma octandrum L. è considerato sinonimo di Osbeckia octandra DC. Il genere Osbeckia comprende erbacee, suffrutici ed arbusti di una fascia tropicale che va d'India al Sud est asiatico, con qualche presenza in Australia. Alcune specie hanno proprietà medicinali. Sebbene si tratti di piante assai attraenti, sia per le foglie ovali profondamente venate sia i per i vistosi fiori con quattro o cinque petali dai colori vivaci (bianco, rosa carico, rosso) le Osbeckia sono poco note al di fuori dei paesi d'origine e raramente coltivate. Dunque, almeno per la fama postuma, lo sventurato e depresso Torén ha avuto più fortuna dell'attivo e vincente Osbeck. Ma forse è la pianta giusta per lui: intelligente, industrioso, ironico, di bella presenza, dopo il ritorno in patria visse una vita sempre attiva e proficua, ma lontana dalle luci della ribalta. Altre informazioni su Osbeckia nella scheda. Non come naturalista, ma come cappellano di bordo Olof Torén, il quarto apostolo di Linneo, si imbarca per l'India e per la Cina. Al servizio della Compagnia Svedese delle Indie Orientali, compie due viaggi con destinazione Canton, il secondo attraverso lo scalo indiano di Surat. Rientrato in patria gravemente ammalato, scrive sette lettere-relazione al suo maestro, ricche di notazioni etnografiche, religiose ed economiche più che naturalistiche. In suo onore Linneo battezza Torenia asiatica una piantina che gli ha portato dalla Cina. Le rotte asiatiche della SOIC Nell'agosto 1749, proprio nei giorni in cui Peter Kalm toccava la sua meta in Canada, il terzo apostolo di Linneo Fredric Hasselquist partiva dalla Svezia alla volta dell'impero ottomano. Come abbiamo già visto in questo post, il suo viaggio era destinato a concludersi tragicamente. Il quarto apostolo, Olof Torén, era appena tornato dalla Cina e si apprestava a un secondo viaggio, che avrebbe pagato con la vita. Le piante cinesi continuavano ad esercitare il loro richiamo su Linneo - che sognava addirittura di acclimatare il tè in Svezia - e sull'Accademia svedese delle Scienze. Impensabile una vera spedizione scientifica come quelle di Kalm in America o di Hasselquist in Medio Oriente: i cinesi limitavano l'accesso agli europei alla piccolissima enclave della stazione commerciale di Guangzhou (meglio nota in occidente con il nome di Canton). L'unica via praticabile era aggregare un naturalista, come medico o cappellano di bordo, al viaggio annuale di una delle navi della Compagnia Svedese delle Indie Orientali che facevano la spola tra Gothenborg e Canton. La Compagnia Svedese delle Indie Orientali (SOIC, Svenska Ostindiska Companiet) era stata fondata nel 1731 a Gothenburg, ultima tra le grandi compagnie commerciali europee. Anche in Svezia bere il tè o possedere porcellane e lacche cinesi era diventato un irrinunciabile status symbol; l'importazione di questi prodotti, che raggiungevano la Svezia attraverso i commercianti inglesi o olandesi, pesava negativamente sulla già misera bilancia dei pagamenti del paese, grandemente impoverito da un secolo di guerre. Gli Svedesi cercarono così di inserirsi nel commercio verso la Cina (e in misura minore l'India) in modo da importare senza intermediari questi prodotti tanto desiderati. La SOIC nei sui 82 anni di vita (dal 1731 al 1813) organizzò 131 viaggi, con 37 vascelli. Ogni anno nell'arsenale della Compagnia a Gothenborg una o più navi erano addobbate per il viaggio. Si salpava intorno a gennaio o febbraio, con un carico di ferro e rame; la prima tappa era solitamente Cadice, dove questi metalli e altre merci erano scambiati con argento spagnolo che sarebbe servito per acquistare i prodotti cinesi: infatti i Cinesi non erano interessati alle merci europee, mentre le leggi svedesi vietavano l'esportazione d'argento. Dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza, si arrivava allo stretto di Giava verso luglio o agosto; con il monsone favorevole, il viaggio verso la Cina richiedeva un altro mese. La meta finale era Guangzhou dove si trovava lo stabilimento (o factory) della Compagnia. Dopo una sosta di non più di quattro mesi, verso Natale si era pronti per il viaggio di ritorno, con le stive cariche di tè (da solo costituiva il 90% del carico), porcellane, spezie, sete e suppellettili (mobili, oggetti di lacca, tappezzerie). Facendo a ritroso la stessa strada, se non c'erano imprevisti, dopo 7-8 mesi, verso luglio o agosto, si era di nuovo a casa. In tutto 17-18 mesi; ma bastava qualche contrattempo per essere costretti a sostare per lunghi mesi in attesa del monsone favorevole ; e allora il viaggio poteva durare anche due anni e mezzo (un ritardo che si poteva pagare con la vita, come successe a Tärnström e a molti suoi compagni di viaggio). In queste condizioni, le possibilità di esplorazione per un scienziato, imbarcato come medico o cappellano di bordo, non erano molte. Senza contare gli impegni dovuti al suo incarico, il tempo passato a terra era in realtà ridotto a poche settimane. Per quanto riguarda la Cina, inoltre, gli occidentali erano rigorosamente confinati nelle factory ed era vietato viaggiare nell'interno del paese; per questa ragione, le prime piante cinesi conosciute in Europa furono essenzialmente specie coltivate che gli europei acquistavano attraverso i loro comprador (cioè i mediatori cinesi) nei grandi vivai che sorgevano nei pressi di Canton. Le lettere-testamento di Torén Ma torniamo a Olof Torén e ai suoi due viaggi. Come Tärnström era stato ordinato pastore e fu assunto dalla SOIC come cappellano di bordo. Il primo viaggio, sulla nave Hoppet, durò dal gennaio 1748 al luglio 1749 ed ebbe come destinazione Canton; dovette svolgersi senza particolari intoppi, seguendo la rotta descritta sopra, ma Torén non ne ha lasciato alcuna documentazione. Siamo invece ben documentati sul secondo viaggio, perché Torén stesso ne riferì in sette lettere a Linneo, scritte poco dopo il ritorno in patria e pubblicate dopo la sua morte in appendice al giornale di viaggio di Pehr Osbeck. La rotta seguita fu in parte diversa; poiché i guadagni sembravano in calo, la Compagnia cercò di inserirsi nel commercio indiano, prevedendo uno scalo a Surat. Partita a febbraio 1750 da Gothenborg, la nave Götha Leijon si diresse alla volta di Madeira, dove fece brevemente scalo per approvvigionarsi di acqua e viveri; dopo aver circumnavigato l'Africa e aver toccato il Madagascar, raggiunse Surat, dove sostò cinque mesi. Quindi proseguì lunga la rotta consueta e raggiunse Canton, dove rimase sei mesi. Il viaggio di ritorno avvenne attraverso lo stretto di Giava e il Capo di Buona Speranza, con un breve rifornimento nell'isola di Ascension e rientro a Gothenborg nel luglio del 1752. Proprio nel corso del viaggio di ritorno Torén si ammalò, forse di tubercolosi, e morì dopo circa un anno. Qualche notizia in più nella biografia. Le lettere a Linneo furono scritte durante l'anno di malattia (l'ultima due mesi prima della morte) e forse questo spiega il loro tono rassegnato, malinconico. Le notizie di carattere economico, etnografico e religioso dominano, mentre le notazioni naturalistiche sono sorprendentemente scarse; niente escursioni in mezzo alla natura come quelle di Kalm! Gli animali e le piante di cui sui parla sono quelli che si possono vedere nei giardini, negli orti, nelle piazze cittadine, al massimo sui bordi degli abitati. D'altra parte, per la maggior parte del tempo, Torén è dovuto rimanere a bordo. A Surat, si lamenta, su cinque mesi di permanenza, ha trascorso a terra 23 giorni in tutto. Le uniche piante indiane citate sono il baniano (Ficus benghalensis) e un ibisco (Hibiscus surattensis) che cresceva nel giardino della factory svedese. Qualche pianta in più vede a Queda, nello stretto di Malacca: cita tamarindo, papaya e mangrovie. La parte dedicata alla Cina (e scritta quando la malattia era già molto avanzata) contiene soprattutto notazioni etnografiche ed economiche, con alcune pagine sulla coltivazione del riso e sui sistemi di irrigazione. Eppure in Cina Torén ha sicuramente raccolto qualche esemplare e si è procurato una pianta di tè (che tuttavia non è sopravvissuta al viaggio). Le allegre fioriture estive della Torenia Almeno una pianta cinese raccolta da Torén è conservata nell'erbario di Linneo; arriva da Canton e, poiché era sconosciuta, lo studioso svedese (in Species Plantarum 1753) la battezzò in suo onore Torenia asiatica. Molte specie di questo genere sono originarie della Cina e del Sud est asiatico e vivono in terreni disturbati, vicino agli abitati; in base alla testimonianza di Osbeck, un altro allievo di Linneo che era in Cina contemporaneamente a Torén, la si trovava sia alla periferia di Canton sia a Wampoa, dove erano ormeggiate le navi svedesi. In ogni caso, ora il ricordo dello sfortunato quarto apostolo è preservato da una delle più graziose ed esuberanti regine dei balconi estivi. Il genere Torenia (un tempo famiglia Scrofulariaceae, ora Linderniaceae) comprende una cinquantina di erbacee di una fascia tropicale che va dal Madagascar al Sud Est asiatico - area in cui vivono i due terzi delle specie; la più comune in coltivazione è T. fournerii, una perenne sensibile al freddo coltivata come annuale. Con il suo portamento compatto, tendenzialmente ricadente, le foglie lucide e soprattutto le lunghissime fioriture è la pianta ideale per balconette e cestini appesi; negli ultimi trent'anni, grazie allo sforzo di grandi produttori di sementi statunitensi e giapponesi e agli ibridi creati quasi a getto continuo, la Torenia è diventata un'alternativa sempre più popolare a annuali più consuete. Come sempre, approfondimenti nella scheda. Il destino di alcuni scienziati è collaborare alle ricerche di colleghi più celebri, che forse senza di loro non avrebbero mai raggiunto i risultati che li hanno resi universalmente noti, per poi essere dimenticati o al massimo ricordati in una nota a piè di pagina. A condividere questo destino è anche il medico-scienziato Jean-François Gaultier, versato in molti settori delle scienze naturali e collaboratore di Duhamel du Monceau, Réaumur e Guettard. Il suo nome sarebbe caduto nell'oblio se un giorno dell'estate del 1749 a Québec non fosse giunto un viaggiatore che arrivava dalla Svezia, il puntiglioso Pehr Kalm. Grazie a lui, la memoria di Gaultier è preservata dal genere Gaultheria. Il nostro agente a Québec Il momento più proficuo del viaggio di Pehr Kalm in nord America furono i due mesi trascorsi ad erborizzare intorno al fiume San Lorenzo, spesso in compagnia di Jean François Gaultier cui l'aveva affidato il compiacente governatore La Galissonière. La scelta era ottima: Gaultier non era solo un medico, ma anche uno scienziato polivalente, una figura tipica dell'età dei lumi. A Parigi aveva probabilmente seguito le lezioni dei de Jussieu, i luminari del Jardin des Plantes; poco dopo il suo arrivo in Canada con l'incarico di medicin du roi (ovvero di responsabile della sanità nella colonia) era stato ammesso all'Accademia delle scienze come membro corrispondente, sotto la protezione di influenti scienziati come Duhamel de Monceau, Réaumur, Guettard. Il suo incarico in Canada, infatti, prevedeva anche la raccolta e l'invio a Parigi di materiali e dati scientifici. Come corrispondente di Guettard, i minerali e i fossili da lui inviati furono essenziali per permettere al geologo francese di pubblicare la prima carta geologica e mineralogica del Canada (1756), nonché di mettere a punto la sua teoria sulla struttura geologica dei continenti. Gualtier creò la prima stazione meteorologica del Canada e fu anche grazie alle sue osservazioni che Réaumur perfezionò il termometro, per renderlo capace di registrare temperature molto basse. Come medico e corrispondente di Duhamel de Monceau, la botanica era però il principale oggetto di indagine di Gaultier. Al momento del conferimento dell'incarico nella "Nouvelle France", gli vennero affidati i materiali raccolti da Michel Sarrazin, suo predecessore come medico reale nella colonia, con il compito di redigere una flora della Canada. Le sue ricerche furono inoltre sostenute appassionatamente dal governatore La Galissonière, a sua volta botanofilo, e redattore (insieme a Duhamel du Monceau) delle Instructions pour le transport par mer des plantes, semences et animaux ("Istruzioni per il trasporto marittimo di piante, semi e animali"), rivolte ai comandanti delle navi francesi, cui era fatto obbligo di inviare a Parigi ogni possibile esemplare di flora e fauna esotica. Nell'ambito delle sue funzioni mediche, Gaultier era attento ai contributi della medicina popolare e indigena; raccomandava l'uso del "tè dei boschi" per rafforzare l'organismo e i decotti di Adianthum pedatum contro le malattie polmonari. Come corrispondente dell'Accademia delle Scienze, redasse diverse memorie; di queste e altri contributi scritti, che ammontavano a oltre 1000 pagine, solo un decimo furono effettivamente pubblicati. Tra le altre, una memoria sull'estrazione e la preparazione dello sciroppo d'acero. Ogni anno, a bordo delle navi che collegavano la colonia con la madre patria, era suo compito inviare a Parigi per il Jardin des plantes semi, bulbi e piante raccolte nei mesi precedenti. Il giardino dell'intendenza di Québec assunse così la funzione di vivaio di transito, dove Gualtier creò una collezione permanente di piante canadesi. Quanto alla progettata flora del Canada, rimase inedita. Si tratta di un manoscritto di circa 400 pagine (oggi conservato nel fondo Jean-François Gaultier della Biblioteca nazionale di Québec) che tratta circa 175 specie, concentrandosi soprattutto sugli alberi e gli arbusti, in particolare sulle specie non ancora descritte dagli studiosi che l'avevano preceduto, come Sarrazin. Un interesse particolare va alle essenze utilizzabili nelle costruzioni navali; tra l'altro Gaultier fu il primo a distinguere le quattro specie di pini del Canada orientale (Pinus strobus, P. resinosa, P. banksiana, P. rigida). Diverse copie del manoscritto pervennero a Duhamel du Monceau che se ne servì per la redazione della sua Pomologia (Traité des arbres et arbustes qui se cultivent en France, 1755). Tuttavia circostanze che non conosciamo - molto probabilmente la guerra dei sette anni e la morte precoce dell'autore - ne impedirono la pubblicazione. L'ottimo medico morì infatti sul campo, una delle tante vittime dell'epidemia di tifo importata in Canada dall'equipaggio della nave Le Léopard nel 1756. Una curiosità: tra i personaggi minori nel classico della letteratura canadese The Golden Dog di William Kirby (1877) compaiono Pehr Kalm, il governatore La Galissonière e il nostro dottor Gaultier, presentato come "uno scapolo ricco, generoso e sapiente... era accolto da tutti con segni di stima e affetto. Possedeva un'anima simpatica e affettuosa". Peccato che nelle righe che seguano il medico scienziato, corrispondente dell'Accademia delle scienze e collaboratore dei più bei nomi della scienza illuminista, venga trasformato in un astrologo... Altri approfondimenti sulla sua vita nella biografia. Dal thé de Bois alla Gaultheria Il diario di viaggio di Kalm ricorda molte volte Gaultier, definito "uomo di grande sapere in medicina e botanica". E' grazie a lui - medico di quelle istituzioni - che egli può visitare non solo l'ospedale militare, ma persino i conventi femminili, altrimenti chiusi al sesso forte. Il medico francese mette a disposizione di Kalm, che le trascrive diligentemente, persino le sue osservazioni meteorologiche; inoltre lo accompagna in diverse escursioni, tra cui quella in cui il botanico finlandese tocca il punto estremo della spedizione, il Cap aux Oyes. Quale pianta dedicargli, tra le tante inedite che il finlandese ha incontrato in Canada? La scelta cade sul tè dei boschi (thé des bois, thé de montaigne, thé du Canada, wintergreen, eastern teaberry), un arbusto strisciante che cresce abbondante nelle foreste canadesi di cui Gaultier apprezzava le numerose proprietà mediche. Così nel 1753, nella prima edizione di Species plantarum di Linneo la piantina diventa Gaultheria procumbens (il cognome del medico francese veniva scritto in vari modi e Kalm usò la grafia Gaulthier). Il genere che rende omaggio al poliedrico medico del re appartiene alla famiglia delle Ericaceae e comprende circa 150 specie di arbusti sempreverdi, nativi non solo del Nord e Sud America, ma anche di Asia e Australia. Fino a qualche anno fa, le specie sudamericane erano assegnate al genere Pernettya, ma recentemente i due generi sono stati unificati. Proprio la Pernettya del Cile (Gaultheria mucronata) è probabilmente la specie più nota; questo arbustino dalle foglie sempreverdi e dalle belle bacche rosse, bianche o rosa da qualche anno è diventata popolare nel periodo natalizio grazie a colori festosi. Gaultheria procumbens, oltre ad essere una magnifica tappezzante per terreni acidi, è utilizzata in erboristeria; se ne ricava un olio essenziale, chiamato olio di wintergreen, usato sia in profumeria sia in campo medico per le sue proprietà antidolorifiche, date dall'altissima concentrazione di salicilato di metile, che ne fa un rimedio efficace ma da usare con estrema cautela. Altri approfondimenti sul genere Gaultheria nella scheda. Verso la metà del Settecento, l'Accademia svedese delle Scienze decide di inviare un botanico esperto alla ricerca di piante da naturalizzare per il rilancio dell'economia del paese. La scelta cade su Pehr Kalm, botanico finnico preparato e di forte fibra; la meta, scelta con la consulenza di Linneo, sarà il Canada settentrionale. Per due anni Kalm erborizza da New York al Canada, scoprendo che il clima americano è più freddo di quello europeo alla stessa latitudine; raccoglie moltissime nuove piante e, finalmente placato il suo irascibile maestro, diventa il dedicatario del più ambito degli arbusti americani da fiore: la Kalmia. Nuove piante per rilanciare l'agricoltura svedese Nel Settecento, la dottrina economica dominante è la fisiocrazia che vede nella produzione agricola la fonte della prosperità della nazione. In Svezia se ne fa portavoce il nobile Sten Carl Bielke che è convinto che il paese uscirà dalla sua cronica povertà se potrà raggiungere l'autosufficienza alimentare grazie a un'agricoltura più produttiva; l'introduzione di nuove specie di piante potrebbe essere la carta vincente. Se ne convince soprattutto dopo un viaggio in Russia, compiuto insieme a un promettente giovane botanico di origini finlandesi, Pehr Kalm, del quale ha finanziato gli studi. Membro dell'Accademia delle Scienze svedese, propone all'Istituzione di inviare Kalm in Siberia alla ricerca di piante adatte al clima scandinavo. A questo punto viene consultato Linneo che è entusiasta dell'idea, ma propone un'altra meta: l'America settentrionale. Le specie che stanno arrivando grazie agli importatori britannici sembrano molto promettenti, e, oltretutto, il viaggio costerebbe molto meno, tanto più che i contatti già ci sono e lungo il fiume Delaware c'è addirittura una piccola colonia svedese. E' d'accordo con Bielke che la persona ideale sia Pehr Kalm (suo allievo a Uppsala): gode di buona salute, è stato allevato in povertà e non ha grilli per la testa, sa adattarsi a tutto ed è un naturalista completo ed entusiasta. La decisione è presa, ma prima della partenza passano ancora mesi. Niente viene lasciato al caso: Kalm è nominato professore di "oeconomie" (cioè economia agraria) all'Università di Abo/Turku che coprirà una parte delle spese; Bielke gli procura un servitore, il giardiniere Lars Jungström; Linneo mobilita la sua rete di contatti in Inghilterra e America; l'ambasciatore svedese a Parigi si assicura la benevolenza del ministro della Marina francese. L'itinerario predisposto dall'accademia, insieme a dettagliate istruzioni, prevede come meta principale la baia di Hudson, alla stessa latitudine della Svezia e della Finlandia centrale. Kalm dovrà cercare soprattutto piante utili in agricoltura e in medicina: querce, sassofrasso, aceri, l'ambito Morus rubra (si sogna un'industria della seta svedese), il riso selvaggio da acclimatare nei laghi finlandesi; dovrà anche raccogliere da indigeni e immigrati europei notizie sugli usi di queste e altre piante utili. Da Goterborg a Filadelfia Così nell'ottobre del 1747 comincia il viaggio del secondo apostolo di Linneo. La prima tappa è Londra, dove Kalm deve incontrare i corrispondenti britannici del maestro che gli procureranno a loro volta lettere per i loro contatti in America. La sosta londinese si prolunga più del previsto: Kalm rimane a Londra sei mesi, che impiega a studiare inglese e a visitare le personalità più in vista della botanica e del giardinaggio britannici. Il contatto più importante è Collinson, botanico e mercante di piante, che durante il viaggio di Kalm farà da raccordo tra Uppsala e Filadelfia grazie alla sua rete di corrispondenti americani, primi fra tutti Benjamin Franklin e John Bartram. Finalmente nel settembre del 1748 Kalm arriva a Filadelfia; sarebbe sua intenzione partire immediatamente per il Canada, ma i suoi nuovi conoscenti locali lo informano che sarebbe inutile perché a Nord la vegetazione è giù dormiente. Fine osservatore, capisce che hanno ragione, tanto più che si rende conto che le piante tanto desiderate da Linneo sono abbondantissime in Pennsylvania; dotato di una notevole competenza meteorologica, comprende che la costa atlantica americana è molto più fredda di quella europea; propone addirittura di cambiare l'itinerario previsto: in primavera partirà in esplorazione, ma non si spingerà più a nord del New England, perché è in questa zona che si trovano le piante adatte al clima svedese. Inutile dire che Linneo va su tutte le furie: gli scrive delle lettere così sgradevoli che Kalm, con tutto il rispetto, gli chiede di evitare di svergognarlo così (le lettere, prima di arrivare a lui, passavano dalle mani di Collinson a Londra e di Bartram a Filadefia). Ma, come Garibaldi, ubbidisce. Le spedizioni botaniche Dopo aver trascorso l'inverno a Raccoon, una comunità svedese del New Jersey, Kalm e il servitore Lars nella primavera del 1749 partono alla volta del Canada. Da New York si dirigono a nord lungo il corso dell'Hudson fino ad Albany; toccano il territorio canadese al forte St. Frédéric. Con gioia, Kalm scopre che il lavorio diplomatico ha dato i suoi frutti: sono attesi e il governatore La Galissonière ha dato ordine che siano aiutati in ogni modo; il viaggio sarà a carico della corona francese; saranno accompagnati da guide locali, saranno a loro disposizione imbarcazioni e poi una carrozza; un piccolo esercito viene addirittura mobilitato per raccogliere semi e esemplari. Sempre spostandosi verso nord, Kalm esplora le rive del lago Champlain e del fiume Richelieu; ad agosto giunge a Québec, dove incontra più volte La Gallissonière, nipote di Bégon e come lo zio appassionato botanofilo. Per ordine del governatore, ora è accompagnato dal miglior botanico della colonia, il francese Jean François Gaultier, con il quale erborizza fino alla fine di settembre. Si rende però sempre più conto che il clima canadese è più freddo di quello svedese e incomincia a dubitare che le piante raccolte possano acclimatarsi in patria. Vorrebbe ancora visitare la zona dell'Ontario e sulla via del ritorno le cascate del Niagara: il permesso gli viene negato dal nuovo governatore generale La Jonquière (il disponibile La Galissonière è stato richiamato in Francia a metà agosto), a causa delle tensioni di frontiera tra francesi e britannici. Rientra quindi a Filadelfia per la stessa strada seguita all'andata. Anche il secondo inverno trascorre a Raccoon ed è allietato da una parentesi rosa: giusto a Capodanno del 1750 Kalm si sposa con Anna Margareta Sjöman, vedova del pastore della comunità. Approfitta della sosta per riordinare gli appunti e per spedire le prime raccolte di semi ed esemplari al collerico Linneo, che nel frattempo ha avuto modo di accusarlo di essere infingardo e parolaio. Nell'estate dello stesso anno riesce ad ottenere il sospirato permesso di visitare le cascate; ne trarrà un resoconto che sarà immediatamente pubblicato da Benjamin Franklin, suo ottimo amico. Ma è giunto il momento di tornare a casa; lasciata l'America nel febbraio 1751, dopo un viaggio tempestoso e un breve soggiorno a Londra, la giovane coppia rientra a Stoccolma alla fine di maggio, accolta a braccia aperte da Linneo. Ben a ragione: i risultati sono imponenti: dozzine di specie descritte per la prima volta (sono una novantina quelle che ricordano Kalm nel nome specifico), semi da acclimatare in Svezia e Finlandia, accurate descrizioni scientifiche di una zona nota agli europei ma mai prima esplorata con tanta competenza. Il diario di viaggio di Kalm En Resa til Norra America ("Un viaggio attraverso il Nord America"), presto tradotto in francese, olandese, tedesco e inglese, è importantissimo non solo per la storia naturale, ma anche come documento etnografico e storico; allo sguardo preciso dello scienziato, Kalm sa unire freschi tocchi poetici; innamorato della natura, è anche uno dei primi a cogliere l'impatto negativo della colonizzazione. Da Kalm alla Kalmia: un onore reciproco Kalm sognava di scrivere una flora del Canada; a causa degli impegni universitari (se ne parla nella biografia) rinunciò al progetto, ma i suoi appunti fornirono a Linneo una fonte di grande qualità per le piante americane pubblicate nella prima edizione di Species Plantarum (1753). In questa opera il collerico scienziato dedicò a quello che a questo punto considerava il suo allievo prediletto un genere magnifico, Kalmia (Ericaceae), che comprende spettacolari arbusti da fiori nativi dell'America settentrionale tanto accuratamente esplorata dal suo dedicatario. Kalmia latifolia era già nota (ovviamente con altri nomi) in Europa; era tra le piante più richieste dalla ricca clientela di Bartram e Collinson e la dedica a Kalm suscitò qualche malumore. Linneo veniva accusato di distribuire nomi celebrativi tra amici e allievi secondo le sue personali simpatie. In questo caso, però, le polemiche sono davvero fuori luogo. Quella di Kalm è la prima descrizione scientifica della pianta, accompagnata da accurate notazioni etnografiche sui suoi usi pressi i nativi e esatte notazioni sulla tossicità delle foglie; ma è anche un inno alla bellezza della natura: quando è in fiore "la sua bellezza rivaleggia con quella degli alberi più belli", i suoi fiori rosa che sbiadiscono in bianco "assomigliano a coppe antiche". Egli considerava un particolare gesto di amicizia e gentilezza da parte di Linneo avergli dedicato una pianta così bella. Concordo con Diana Wells: "Si potrebbe pensare che è stata la pianta ad essere onorata da una così bella persona. Peter Kalm era una persona eccezionale e bella proprio come l'arbusto che lo celebra". Kalmia latifolia - approfondimenti sul genere Kalmia nella scheda - è stata scelta come simbolo vegetale del Connecticut e della Pennsylvania. Nel 2011 la Finlandia ha coniato una moneta commemorativa del viaggio di Kalm, che reca sul recto l'immagine della pianta e sul verso le cascate del Niagara. Indirettamente Kalm ha dato il nome anche un'altra Ericacea, Kalmiopsis ("simile alla Kalmia"), nonché agli ibridi intergenerici x Kalmiodendron (ibridi tra Kalma e Rododendron) e x Kalmiothamnus (ibridi tra Kalmiopsis e Rhodotamnus). Approfondimenti sul genere Kalmiopsis nella scheda. Nel Seicento, epoca di padri fondatori, il medico e botanico di origini svedesi Elias Tillandz importa in Finlandia la scienza empirica, getta le basi dell'anatomia e della botanica finlandesi e crea il primo orto botanico. Per celebrarlo, Linneo gli dedica il genere Tillandsia, forse alludendo con un pizzico di umorismo al suo rapporto conflittuale con l'acqua. Il padre fondatore della botanica finlandese Per sette secoli, dal XII secolo all'inizio dell'Ottocento, la Finlandia fu una provincia svedese. E proprio in Svezia era nato colui che è considerato il padre fondatore degli studi naturalistici finlandesi, Elias Tillandz (1640-93). Può essere considerato per la Finlandia quello che Olof Rudbeck il vecchio (di cui seguì i corsi all'Università di Uppsala) è per la Svezia: importò nel paese baltico i metodici scientifici appresi in Olanda, all'università di Leida dove aveva seguito gli studi medici; fu il primo a eseguire una dissezione anatomica pubblica; fondò il primo orto botanico (a Turku, in svedese Abo); scrisse il primo libro dedicato alla flora del paese, Catalogus plantarum, tam in excultis, quam in cultis locis prope Aboam superiore aestate nasci observatarum (1673, "Catalogo delle piante che si osservano nel colmo dell'estate nei luogo incolti e coltivati nei pressi di Abo"). Per ricordarne la memoria, l'Università di Turku ha dato il suo nome al premio che viene annualmente assegnato alla migliore pubblicazione in campo biomedico o naturalistico. Altre notizie su di lui nella biografia. Il cognome Tillandz (anche Til-landz) è legato a un curioso aneddoto. Originariamente sia chiamava Elias Enrici (figlio di Enrico) Tillander. Quando è ancora studente - anche se, come si conviene agli eventi semi-leggendari, non conosciamo la precisa collocazione nel tempo di questo viaggio - Tillander parte in nave da Abo per raggiungere Stoccolma. Durante il viaggio scoppia una terribile burrasca; il mal di mare è così terribile che Elias crede di morire, e fa un giuramento: mai più metterà piede su una nave. Sarà di parola: il viaggio di ritorno (una bazzecola di circa 1000 km) lo farà a piedi, percorrendo l'intero golfo di Botnia via terra (till Landz). Da quel momento per tutti sarà Elias Tillandz, Elias Via Terra. Tillandsia, una pianta figlia dell'aria Linneo (nell'Hortus Cliffortianus del 1737, quindi nella prima edizione di Species Plantarum del 1753) decise di onorare "il primo e unico botanico finlandese" dedicandogli il genere Tillandsia (famiglia Bromeliaceae). Secondo J. R. Grant e G. Zijlstra, la scelta è ironica: Linneo credeva che, come Tillandz, anche la Tillandsia detestasse l'acqua. Non è vero per nessuno dei due. Tillandz odiava i viaggi in mare, non l'acqua. Durante i suoi studi in Olanda aveva potuto apprezzare le cure idroterapiche, alle quali anzi dedicò la sua dissertazione di laurea. Ritornato a Abo/Turku, studiò le proprietà curative della fonte Kupittaa e vi costruì delle piccole terme. Tanto meno odia l'acqua la Tillandsia (famiglia Bromeliaceae), anche se Linneo poteva crederlo vista la mancanza di radici di molte specie. Si tratta di un genere molto vasto che si è adattato a habitat assai diversificati che vanno dalle foreste pluviali del Brasile alle cime delle Ande, dalle pampe della Patagonia al deserto di Atacama; alcune riescono a crescere persino sui fili dell'elettricità. Molte specie sono epifite: non vivono al suolo, ma sui rami o sul tronco di altre piante; quelle più caratteristiche sono le cosiddette aerofite ("piante dell'aria") che assorbono l'umidità e i nutrienti direttamente dall'aria attraverso strutture presenti sulle foglie, chiamate tricomi assorbenti. Essi hanno l'aspetto di squame a scudo dal colore grigio-argento; oltre a proteggere la pianta dall'eccessiva radiazione solare, catturano l'umidità e i sali minerali disciolti nell'aria, aprendosi quando la pianta è asciutta e chiudendosi quando è stato raggiunta l'umidità ottimale. Il colore grigio-argenteo delle foglie, dato dalla presenza di tricomi assorbenti, permette di distinguere facilmente le Tillandsiae provenienti dalle aree aride (foreste tropicali aride o addirittura deserti). Le specie provenienti dalle zone umide (in particolare dalla foresta pluviale) hanno invece foglie verdi, più grandi e morbide, e richiedono un alto grado di umidità ambientale. Sono soprattutto le Tillandsiae a foglia argentata ad essere diventate relativamente popolari negli ultimi anni; contribuiscono al loro successo, oltre alle forme spesso particolari e curiose, la loro adattabilità alle condizioni non ottimali delle nostre case, la possibilità di coltivarle su supporti fantasiosi e creativi, la fama di piante mangia-smog: infatti assorbono dall'aria non solo l'umidità atmosferica e i sali minerali, ma anche gli inquinanti. Ma, come tutti gli esseri viventi, neppure loro possono vivere senz'acqua; nelle nostre case l'atmosfera è spesso eccessivamente secca e bisogna apportare umidità sotto forma di acqua vaporizzata. Così la mia Tillandsa ionantha detta Tilly - la pianta più viziata della casa - ogni mattina si gode la sua spruzzatina; lei la pensa come Tillandz: l'acqua ci vuole, ma nella quantità giusta al momento giusto! Altri approfondimenti nella scheda. Da Uppsala, gli allievi di Linneo partono per esplorare il mondo; perfettamente addestrati dal loro maestro, sono in grado di studiare, descrivere, raccogliere, preparare e conservare gli esemplari di piante e animali che contribuiranno all'opera del loro mentore. Ma tra la metà e la fine del Settecento le esplorazioni scientifiche sono avventure pericolose: pochi di loro ritorneranno a casa. In un'isoletta del Vietnam finirà tragicamente il viaggio del primo di loro, Christoper Tärnström, che aveva sognato di raggiungere la Cina. Tardivamente, il figlio di Linneo lo compenserà con la dedica della Ternstroemia, una cugina della pianta del tè che lo sfortunato botanico avrebbe dovuto riportare dalla Cina. Gli apostoli di Linneo Nel bel racconto "L'allievo inglese" (in Specie rare, Dedalo 2013) la scrittrice americana Andrea Barrett immagina un Linneo sulla soglia della morte nella cui mente offuscata realtà e visione, passato e presente si confondono. E, compagni per l'ultimo viaggio, gli appaiono i suoi apostoli morti, allegri, chiacchieroni, senza rancore per le loro giovani vite stroncate. E ognuno di loro reca in mano una pianta, quella che gli è stata dedicata e lo ricorderà per sempre. Con il nome mezzo serio mezzo faceto di "apostoli" Linneo aveva l'abitudine di chiamare i suoi migliori studenti che inviò nelle capitali europee a diffondere il verbo linneano e nei cinque continenti in spedizioni scientifiche alla ricerca di animali e piante. Prima di partire, lo scienziato svedese - ottimo insegnante - li sottoponeva a un training che faceva di loro perfetti naturalisti raccoglitori, anche attraverso brevi spedizioni propedeutiche; aveva predisposto un codice di comportamento a cui attenersi: dovevano evitare di ubriacarsi, giocare d'azzardo, parlare di politica e offendere i governanti stranieri; ogni sera dovevano tenere un diario delle loro osservazioni scientifiche; raccogliere, disegnare e descrivere le piante; predisporre un erbario; raccogliere, preparare e conservare gli animali; studiare i costumi locali, facendo tesoro di tutte le conoscenze mediche, farmaceutiche, agronomiche che potessero essere utili alla Svezia. E, last but not least, durante il viaggio se possibile, e sicuramente al loro ritorno, inviare gli esemplari raccolti a Uppsala, al caro maestro. Naturalmente non tutti gli allievi di Linneo diventarono apostoli; molti, la maggioranza di loro, dopo gli studi a Uppsala divennero medici, insegnanti e preti di villaggio; solo i più dotati, i più devoti alla scienza, ma anche i più tenaci entrarono nel novero degli eletti. Sui loro nomi e sul loro stesso numero le fonti sono divise: chi dice dodici (tratto in inganno dal riferimento evangelico), chi ventidue, chi di più ancora. La fonte più autorevole, l'IK Foundation, che ha curato la pubblicazione in una splendida veste editoriale dei loro diari di viaggio, ne individua diciassette. Nel sito dedicato www.linnaeus.org si trovano mappe interattive dei viaggi e dettagliate schede bio-bibliografiche di questi splendidi e coraggiosi scienziati. Il viaggio del primo apostolo Diversi per età, origini sociali, provenienza geografica, temperamento, avevano in comune un metodo di lavoro e una passione inesauribile per le scienze naturali che li sostenne nelle terribili prove che molti di loro dovettero affrontare nel corso di viaggi che li portarono dalla Svezia alla Cina, all'Australia, alle Americhe, dalle terre artiche ai deserti dell'Arabia. Su diciassette, sette morirono prima di poter ritornare in Svezia, due poco dopo il loro ritorno, uno perse la ragione. Il primo fu anche uno dei più sfortunati. Christopher Tärnström (1711-1746) era un pastore luterano appassionato di scienze naturali. Già trentenne, era tornato a Uppsala appositamente per studiare con Linneo (di cui era più giovane di solo quattro anni) benché fosse sposato e avesse tre bambine. Il suo desiderio più grande era partecipare a un viaggio naturalistico; il suo maestro era perplesso: sia perché lo considerava troppo vecchio sia perché era padre di famiglia. Ma cedendo alle sue insistenze lo aiutò a trovare un imbarco come cappellano della nave Calmar, appartenente alla Compagnia svedese delle Indie orientali, che il 13 febbraio 1746 partì alla volta del porto di Canton in Cina. Linneo affidò a Tärnström una lista di quattordici desiderata, che comprendeva dei ciprini dorati per la regina Ulrika Eleonora e una pianticella (o almeno dei semi) di Camellia sinensis per sé; oltre a raccogliere animali e piante, gli chiese anche di effettuare precise misure della temperatura. Ma il povero Christopher in Cina non arrivò mai: infatti, dopo un viaggio abbastanza agevole, in ottobre la nave dovette fermarsi ad attendere il monsone favorevole nell'isola di Pulo Condor (Con Son), sulla costa dell'attuale Vietnam. Tärnström ne approfittò per erborizzare, ma a novembre si ammalò di febbri tropicali; quando la nave finalmente salpò, era così grave che non poté partire e morì il 4 dicembre. Fu sepolto nell'isola con altri svedesi colpiti dalla stessa malattia. Notizie più dettagliate nella biografia. La morte del suo primo apostolo fu un duro colpo per Linneo e comportò uno strascico assai sgradevole. Infatti la vedova, Brita Tärnström, lo accusò violentemente di averla resa vedova e di aver lasciato le sue figlie orfane e senza sostegno. Per stornare queste accuse, in parte ingiustificate visto che Tärnström era partito di sua volontà, Linneo si sentì obbligato ad assistere finanziariamente la donna e le bambine; ma, per evitare simili complicazioni in futuro, da qual momento inserì la regola che per le spedizioni scientifiche sarebbero stati scelti solo giovani scapoli senza famiglia. Ternostroemia, una cugina della pianta del tè Le ombre degli apostoli morti nel racconto di cui ho parlato all'inizio ostentano la pianta che è stata loro dedicata. In effetti, quasi tutti sono celebrati del nome di un genere; fanno eccezione solo Anton Rolandsson Martin, Fredrik Hasselquist e Carl Fredrick Adler. Il primo non ha lasciato contributi alla storia della botanica, perché il suo viaggio del 1758 aveva avuto per meta le gelide Spitsbergen. Federick Hasselquist tra il 1753 e il 1756 esplorò la Terrasanta alla ricerca delle specie citate nella Bibbia; morì durante il viaggio di ritorno, nei pressi di Smirne in Turchia. I materiali raccolti raggiunsero la Svezia e Linneo ebbe il doloroso compito di pubblicarli; gli dedicò il genere Hasselquistia, non riconosciuto (è sinonimo di Tordylium, un'Apiacea mediterranea). E' ricordato dalla specie Tordylium hasselquisti. Carl Fredrik Adler, uno degli apostoli più giovani, servì come medico sulle navi della Compagnia svedese delle Indie orientali e fece ben quattro missioni fino al porto di Canton; morì a Giava nel 1761, di ritorno dall'ultimo viaggio. Non gli è stata dedicata una pianta, ma una vespa delle galle (Adleria). Ma torniamo a Tärnström, il primo a partire e il primo a morire. Oltre a provvedere alla sua famiglia, il minimo che poteva fare Linneo sarebbe stato dedicargli una pianta. Ma non lo fece, forse per rancore nei confronti della combattiva vedova; a provvedere fu suo figlio Carl Jr. (Supplementa Acta Plantarum, 1791) sulla base di esemplari ricevuti da Celestino Mutis, capo della Real Expedicion Botanica del Nuovo Reino de Granada. Così il primo apostolo di Linneo, che avrebbe dovuto raggiungere la Cina per portare al suo maestro una piantina di tè, è celebrato dalla Ternstroemia, un albero o arbusto tropicale che, se non altro, fino a qualche anno fa era annoverato nella famiglia Theaceae (oggi è inserito in una famiglia specifica, Pentaphylacaceae, che ne è stata recentemente distaccata). E' un vasto genere diffuso in ampie aree tropicali e subtropicali di Asia, Africa e America; di grande valore ornamentale, le Ternstroemia sono coltivate per la bellezza sia delle grandi foglie coriacee sia dei fiori spesso raccolti in piccoli racemi. La specie più comune è Ternstroemia gymnanthera, originaria delle foreste dell'Asia orientale; questa ed altre specie sono presenti anche in Vietnam. Mi chiedo se Tärnström possa averne incontrata qualcuna mentre erborizzava nell'isola di Pulo Condor, che con il nome di Con Son sarebbe diventata tristemente famosa per aver ospitato un carcere ai tempi del colonialismo francese, poi della guerra del Vietnam. Oggi l'arcipelago di Con Dao, di cui Con Son è l'isola maggiore, è un sito riconosciuto dall'Unesco come patrimonio dell'Umanità, sia per i fondali marini ricchi di specie rare sia per le foreste con 300 specie di alberi, tra cui 44 endemismi. Altri approfondimenti su Ternstroemia nella scheda. Quando a un genere o a una specie vengono assegnati due o più nomi da botanici diversi, vale la legge della priorità: buona la prima! Ma qualche volta stabilire quale nome sia arrivato primo non è facile. Per decidere se un genere di splendide Asclepiadaceae deve chiamarsi Sperlingia o Hoya sarebbe occorso il fotofinish. Ma alla fine fu Hoya, preservando il ricordo del buon giardiniere Thomas Hoy, mentre al povero Sperling è rimasta l'onta di una morte ignominiosa. Atto primo: Copenhagen, 1804-1818 Nella lunga storia della botanica, capita abbastanza di frequente che due o più studiosi studino, descrivano e assegnino indipendentemente un diverso nome alla stessa pianta. E' per questo motivo che, accanto al nome ufficialmente riconosciuto, alcune specie siano identificate anche da uno o più sinonimi, comunque interessanti da un punto di vista storico. Ma ovviamente il nome scientificamente valido deve essere uno solo e per decidere qual è occorrono precise regole. Così nel 1867, organizzato da Alphonse Pyrame de Candolle, figlio del celebre tassonimista Augustin, si riunisce a Parigi il primo Congresso botanico internazionale, con lo scopo di individuare regole condivise; lo scopo è raggiunto con la pubblicazione delle Lois de la nomenclature botanique, redatte dallo stesso de Candolle. Nel caso di due denominazioni in conflitto, valide sotto ogni altro aspetto, vige la regola della priorità: il nome valido è quello che è stato pubblicato per primo in un testo a stampa o almeno divulgato in un'istituzione botanica i cui atti siano accessibili agli studiosi. Stabilire la priorità non è sempre semplice. Ad esempio, nel caso del genere che siamo abituati a chiamare Hoya ci troviamo di fronte a un piccolo giallo. E' certo che il primo nome assegnatogli non è Hoya, ma Sperlingia. Ad attribuirglielo fu Martin Vahl, allievo di Linneo: membro della Società di storia naturale (Naturhistorische-Selskabet) di Copenhagen, poco prima di morire nel 1804 aveva consegnato diversi articoli, tra cui quello in cui descriveva alcune specie di Sperlingia e ne stabiliva il nome, all'amico Niels Tonder-Lund che stava curando la pubblicazione del 6° volume del Bollettino della società. Sono gli anni delle guerre napoleoniche, la Società si dissolve con la morte di Vahl e la pubblicazione va a rilento: Tonder-Lund, funzionario governativo (per un periodo fu anche capo della polizia danese), ha mille incombenze; infine perisce in un naufragio mentre si sta recando a Christiania (oggi Oslo). Soltanto nel 1810 la rivista è pronta per la pubblicazione; lo zoologo Jens Rathke vi premette una prefazione con un lungo necrologio di Tonder-Lund, in cui alcuni passaggi contengono critiche al botanico Erik Viborg (rivale storico di Vahl, cui aveva "soffiato" la prima cattedra di botanica danese). Viborg chiede che i passi incriminati siano tagliati; tra un tira e molla e l'altro, finalmente la rivista, con l'articolo di Rathke epurato, esce nel 1818. Dalla morte dell'autore, sono passati 14 anni. Atto secondo: Londra, 1810 Nel frattempo, nel marzo del 1810 a Londra, l'attivissimo Robert Brown (tutti lo ricordiamo come scopritore del "moto browniano") pubblica il suo fondamentale Prodromus Florae Novae Hollandiae et Insulae Van Diemen, la prima descrizione sistematica della flora australiana. Nel volume, fra l'altro, distacca dalla famiglia delle Apocynaceae la nuova famiglia delle Asclepiadaceae e assegna al nuovo genere Hoya (che corrisponde alla Sperlingia di Vahl) alcune specie da lui individuate nel suo viaggio australiano intorno al 1802. Vuole così onorare un amico, come lui membro della Linnean Society, Thomas Hoy, capogiardiniere di Syon House "i cui meriti come coltivatore intelligente e di successo sono da tempo noti a tutti i botanici del paese". Ecco che la nostra pianta è diventata ufficialmente Hoya. Ma... in effetti c'è un ma. Nella Biblioteca botanica di Copenhagen si trova una copia, l'unica finora conosciuta, del sesto volume del Bollettino della società di storia naturale con la prefazione di Rathke non censurata; data di pubblicazione: 1810. Insomma, il nome legittimo potrebbe essere Sperlingia, anche se finora nessuno è riuscito a scoprire quante copie siano state stampate e esattamente in quale giorno. D'altra parte, alla fine del 1809 Brown aveva letto una memoria sulle Asclepiadaceae alla Linnean Society, dove già compariva Hoya. Con dati tanto incerti e visto che il nome Hoya è quello universalmente usato, la maggioranza dei botanici tende a considerarlo quello valido. Tanto più che il dedicatario di Sperlingia, il medico e botanico Otto Sperling (1602-81) è una figura maledetta, che finì i suoi giorni in carcere per alto tradimento, anche se probabilmente la sua unica colpa fu di essere intimo del cancelliere Ulfeldt (che di alto tradimento sia era macchiato veramente). Peccato per me: sarebbe stato più appassionante raccontare la sua vita, anziché la scarna biografia dell'ottimo e onesto giardiniere Thomas Hoy. E, come magra consolazione, la denominazione Sperlingia è stata assegnata a una delle sezioni del genere Hoya. Una tropicale con una foresta di sinonimi A guadagnarci naturalmente è lei, la bellissima Hoya R. Brown (= Sperlingia Vahl), cui la sorte e i pasticci dei curatori delle riviste di botanica hanno assegnato un nome breve ed eufonico. Il genere è originario del Sud est asiatico e dell'Australia; molto adattabile, vive in una varietà di habitat, che vanno dalle foreste pluviali alle pendici dell'Himalaya alle zone semidesertiche dell'Australia. Accanto alle rampicanti, che sono quelle a noi più familiari, contiene anche arbusti e ricadenti epifitiche. Appartiene alla sottofamiglia delle Asclepiadoideae (che con buona pace di Brown, i genetisti hanno declassato a sottofamiglia delle Apocynaceae). Le più note sono indubbiamente le rampicanti H. lanceolata subsp. bella e H. carnosa, ma oggi grazie a coltivatori ed appassionati altre specie incominciano ad essere reperibili anche da noi. Tuttavia, dato che si tratta di introduzioni recenti - dopo il 1990 - provenienti per lo più da habitat non del tutto esplorati delle foreste pluviali del sudest asiatico, il numero esatto delle specie non è noto; d'altra parte, spesso ogni introduttore assegna un proprio nome, creando una foresta di sinonimi che rendono la classificazione ancora più complicata. Ad esempio, la stessa specie può essere chiamata da diversi venditori H. gracilis, H. davidcummingammi, H. angustifolia. Del resto, niente da stupirsi, con una storia simile alle spalle! Come sempre, approfondimenti nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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