Nel 1703 il re Sole invia un'ambasceria all'imperatore d'Etiopia. Due anni dopo, a Sennar, nel Sudan, tutti i componenti della spedizione saranno massacrati per ordine del re locale. Tra loro anche un giovane medico e botanico di origini italiane, Augusto o Augustin Lippi. Il suo ricordo, ancora una volta, è affidato alle piante: l'aromatica Lippia e la sua sorella spinosa, Acantholippia. Diplomazia, religione e ricerca scientifica Nel 1699 un medico francese, Charles-Jacques Poncet, si recò a Gondar, la nuova capitale del regno d'Abissinia (o impero d'Etiopia), per curare l'imperatore Yiasu e suo figlio. Si aprì così uno spiraglio per stabilire relazioni diplomatiche tra la Francia e il paese africano, di cui il re Sole decise di approfittare inviando un'ambasceria ufficiale. Oltre che diplomatici, gli obiettivi erano religiosi (si sperava di potere inviare missionari che riconducessero la chiesa copta nel seno di Roma) e economici; si puntava all'accesso diretto a un mercato fino ad allora raggiungibile solo attraverso la mediazione dell'impero ottomano, anche in risposta agli empori aperti a Aden e Moka dalle compagnie olandese e inglese. Dopo una lunga e complessa preparazione (occorreva il benestare dell'Impero turco, di cui l'Egitto faceva parte, e l'assenso del papa per gli aspetti religiosi) la missione poté partire solo nell'agosto del 1703. A capeggiarla il viceconsole francese a Damietta, Lenoir du Roule: infatti il console, scettico e consapevole dei rischi, si era diplomaticamente defilato; lo accompagnavano due servitori e un interprete, un pittore-incisore e un medico-naturalista. Grazie all'intervento di Fagon, medico del re e grande patron del Jardin du Roy, la missione aveva infatti assunto anche il volto di una spedizione naturalistica; il pittore, Bayard, avrebbe disegnato piante, frutti, animali, paesaggi e ogni curiosità degna di nota; il naturalista avrebbe dovuto raccogliere esemplari interessanti soprattutto della flora di Egitto, Sudan e Etiopia, largamente sconosciuta alla scienza europea. E' così che entra in scena il nostro protagonista: Augustin (o Augusto) Lippi, un giovane medico di venticinque anni, di origini italiane (la sua famiglia era di Lucca, ma lui era nato a Parigi), molto dotto e assai versato nella chimica e nella botanica. Una missione difficile, un esito tragico Fin dall'inizio, la missione Lenoir du Roule fu segnata dal destino avverso. Ripetute tempeste rallentarono la navigazione nel Mediterraneo, costringendo i viaggiatori a lunghe soste forzate in diversi porti, tanto che giunsero al Cairo soltanto nel maggio del 1704. Vi trovarono un ambiente totalmente ostile; mercanti francesi e missionari francescani (contrari all'invio in Etiopia di missionari gesuiti, come caldeggiato dal re Sole) avevano contribuito a diffondere i più incredibili pettegolezzi sui veri intenti dei francesi: si diceva che gli inviati di Luigi XIV fossero in realtà consiglieri militari; che nei loro bagagli nascondessero cannoni; che du Roule fosse un figlio segreto del re Sole; ma soprattutto che tutti quanti fossero pericolosi stregoni capaci di tagliare il Nilo e impedirne le benefiche piene. L'ostilità della popolazione era tale, lamenta Lippi in una delle sue lettere a Fagon, che gli era stato impossibile esplorare le campagne per erborizzare. A luglio il gruppo partì in direzione sud, ora lungo il corso del Nilo ora attraverso il deserto. Alle difficoltà del viaggio (la carovana avrebbe dovuto percorre più di 2000 km) si aggiunsero ovunque segni di ostilità e diffidenza, che resero molto difficile il lavoro di Lippi. Ad agosto, mentre si trovavano a Asuit , a circa 300 km a sud del Cairo, vennero raggiunti dal primo interprete dell'ambasciata francese che, per incarico del Bey ottomano, ingiunse loro di tornare indietro: secondo le autorità turche, la missione era fallita in partenza per l'ostilità del patriarca copto e le calunnie diffuse dai francescani e li avrebbe esposti a morte sicura. Du Roule decise di proseguire; il gruppo si addentrò sempre più a sud nell'alto Egitto. A marzo dell'anno successivo, toccarono i confini dell'Egitto (da qui, prudentemente, Lippi inviò a Fagon l'ultimo pacco di piante e l'ultima parte del manoscritto). A maggio, seguendo il corso del Nilo Azzurro giunsero infine a Sennar, capitale del regno Fung. Dapprima l'accoglienza del re Badi III e del suo primo ministro apparve assai cordiale. Tuttavia, i mesi passavano senza che venisse accordato il permesso di proseguire il viaggio verso l'Etiopia. Esasperato, du Roule, tramite un mercante etiope, comunicò all'imperatore il suo arrivo a Sennar, chiedendogli di intervenire presso il re. Forse fu proprio questa mossa a scatenare la tragedia. Fossero i timori superstiziosi e xenofobi della popolazione, fosse il rifiuto di du Roule di pagare le mance richieste per ogni nonnulla, fosse l'ostilità delle donne dell'harem regale che non aveva trattato con sufficiente deferenza, fosse la mancata piena del Nilo (che venne attribuita ai malefici stregoni francesi), fosse soprattutto il desiderio di impadronirsi di tutti i loro beni e dei doni per l'imperatore d'Etiopia, il 10 novembre del 1705 il re di Sennar ordinò ai suoi servitori di organizzare una trappola e di uccidere tutti i francesi. Fatti uscire di casa con tutti i loro beni (con il pretesto di un trasloco in un'abitazione poco lontana), nella piazza principale vennero circondati dai soldati e fatti a pezzi. Solo l'interprete cercò di difendersi uccidendo due assalitori, ma presto dovette soccombere. Anche Lippi fu tra i caduti; l'unico sopravvissuto fu il pittore che, malato, non aveva mai raggiunto Sennar. I cadaveri, i vestiti, le carte vennero bruciati per eliminare ogni possibile sortilegio. L'aromatica Lippia Dopo questa storia terribile, torniamo alla botanica. Lippi (qualche notizia in più nella biografia) era un botanico preparato e diligente. Nel corso del suo viaggio, fin dalla sosta a Marsiglia e persino durante il tormentoso viaggio in mare, raccolse numerosi esemplari e li descrisse puntigliosamente in note inviate a Fagon. Anche se mancano le piante sudanesi (presumibilmente andate perdute per la sua tragica morte) ne risulta un'opera notevole (Table alphabétiques des plantes observées par M. Augustin Lippi), che passa in rassegna oltre 250 piante, una quarantina delle quali fino ad allora sconosciute, all'epoca la maggiore rassegna disponibile delle piante egiziane. Sebbene mai pubblicata, era comunque nota agli ambienti scientifici, tanto che nel 1730 Houstoun volle dedicare al giovane medico una delle nuove piante da lui raccolte in Messico, Lippia americana. Il genere sarà poi validato da Linneo nel 1753. Lippia è un genere della famiglia Verbenaceae che comprende circa duecento specie di arbusti diffusi nelle aree tropicali di tutto il mondo; la loro caratteristica più saliente è il fogliame profumato, per la presenza di diversi oli essenziali. La specie più nota è probabilmente Lippia graveolens, nativa del sud ovest degli Stati Uniti, del Messico e dell'America centrale, una pianta aromatica le cui foglie sono usate nella cucina messicana e tex-mex; è detta "origiano messicano". Anche nell'area esplorata da Lippi sono presenti varie specie del genere che gli sarà dedicato, come L. abyssinica o L. multiflora (una specie presente anche in Sudan con tradizionali usi erboristici); è possibilissimo dunque che lo sfortunato botanico abbia incontrato qualcuna delle piante che oggi portano il suo nome. Di alcune di esse si parla nella scheda. Curiosamente, non fanno più parte del genere Lippia le specie probabilmente più note - e spesso commercializzate - sotto questo nome: l'aromatica Lippia citriodora (oggi Aloysia citriodora), ovvero la limoncina o erba cedrina; la vigorosa tappezzante Lippia nodiflora (oggi Phyla nodiflora). E' invece da poco ritornata a farne parte il cosiddetto zucchero azteco Lippia dulcis, dopo essere stata assegnata anch'essa al genere Phyla come P. dulcis. A ricordare Lippi, concorre anche il piccolo genere Acantholippia (una rassegna delle specie nella scheda) che comprende sei specie delle regioni aride delle Ande e della Patagonia, che si distinguono dall'affine Lippia per essere piante xerofile con foglie ridotte, spesso munite di spine.
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In un divertente romanzo inglese, un personaggio si chiede perché Adam Buddle dovrebbe essere ricordato da una targa blu: in fondo anche suo zio ha la passione del giardinaggio e ha scritto un libro mai pubblicato; e la pianta che porta il suo nome, la Buddleja, non l'ha scoperta lui, anzi manco l'ha mai vista. Ma se la merita, Buddle, questa targa blu? Giudicate un po' voi. Muschi, ma non solo Nel 1688, con la Gloriosa Rivoluzione (gloriosa non perché segnata da particolari atti eroici, ma perché avvenuta senza spargimento di sangue), Giacomo II Stuart deve cedere il trono d'Inghilterra e Scozia a Guglielmo III e Maria II; è l'inizio della monarchia costituzionale. L'anno successo l'Atto di Tolleranza concede la libertà di culto ai protestanti non conformisti. Il Parlamento stabilisce tuttavia che i membri del parlamento stesso, tutti i pubblici ufficiali e i membri del clero dovranno giurare fedeltà ai nuovi monarchi, pena la decadenza dai loro uffici. L'arcivescovo di Canterbury, un certo numero di vescovi e circa 400 ecclesiastici rifiutano di giurare, considerando ancora valido il loro giuramento al re precedente. E' l'apertura di un piccolo scisma nella chiesa anglicana, che si trascinerà per qualche decennio. Tra coloro che perdono il posto per essersi rifiutato di giurare c'è anche Adam Buddle, da qualche anno fellow del St Catharine's College di Cambridge; solo qualche anno più tardi, nel 1702, dopo aver cambiato idea e prestato giuramento, prenderà i voti e percorrerà una modesta carriera ecclesiastica, che si concluderà con il ben remunerato (e poco impegnativo) incarico di lettore della Cappella del Gray Inn di Londra. D'altra parte, al centro degli interessi di questo ecclesiastico riluttante non c'era né la politica, né la religione, ma piuttosto la botanica. Fin da studente, aveva incominciato a creare un erbario, con un occhio di riguardo per due gruppi di piante ancora scarsamente conosciute e poco studiate: le graminacee (oggi diremmo Poaceae) e i muschi. Benché poco informati sulla sua vita prima che prendesse i voti, sappiamo che entrò in contatto con molti botanici influenti, non solo inglesi: in gioventù fu in corrispondenza con Ray e più tardi con Tournefort; a partire dal 1699 ebbe stretti contatti con Sloane, futuro presidente della Royal Society e, soprattutto dopo essersi trasferito a Londra, fece parte di un gruppo di botanici - legati all'ambiente dei farmacisti e del Chelsea Physic Garden - che erborizzavano insieme nei dintorni della capitale e si incontravano in diverse taverne, per scambiarsi comunicazioni scientifiche tra un boccone di pernice e un sorso di birra. Tra di loro c'erano Samuel Doody, curatore del giardino, e il farmacista e collezionista James Petiver. L'erbario di Buddle era così ricco e ben organizzato, la sua reputazione come esperto di briofite così grande, che spesso i colleghi ne chiedevano parti in prestito (con grande ansia del proprietario, qualche foglio se ne andò fino a Parigi, da Pitton de Tournefort). L'opera della vita di Buddle fu la compilazione di una Flora inglese, che terminò nel 1708; le piante erano classificate secondo un metodo creato da Buddle stesso fondendo i due principali sistemi dell'epoca: quello dell'inglese Ray e quello del francese Tournefort; in una lettera a Sloane si dice consapevole che in tal modo avrebbe probabilmente scontentato i seguaci dell'uno e dell'altro: previsione che si avverò, visto che alla sua morte, avvenuta nel 1715, il testo non era ancora stato pubblicato. E così rimase, nonostante le raccomandazioni della vedova a Petiver e Sloane (ques'ultimo entrò in possesso dei suoi scritti e dell'erbario, tuttora conservato nel Natural History Museum, in ottimo stato di conservazione e ragguardevole per il montaggio e la precisione di descrizioni e note di raccolta). Qualche notizia in più nella biografia. Buddleie, farfalle e... qualche danno Insomma, nel vivace ambiente della nascente botanica inglese a cavallo tra Seicento e Settecento, Buddle fu senz'altro un nome di rilievo; e di lui si ricordò un quindicennio dopo la sua morte lo scozzese William Houstoun, dedicandogli uno dei suoi nuovi generi americani, Buddleja. Il genere era nuovo (e sarà validato in Species Plantarum, 1753, da Linneo, cui si deve anche l'errore ortografico: a rigori la pianta dovrebbe chiamarsi Buddlea o Buddleia); ma non era nuova la pianta; la specie descritta da Houstoun, oggi B. americana, era stata già stata descritta proprio da Sloane, che l'aveva raccolta durante il suo soggiorno in Giamaica (1687-1689) e l'aveva pubblicata nel 1697 con il nome-descrizione Verbasci folio minore arbor, floribus spicatis luteis, seminibus singulis oblongis in singulis vasculis siccis (ovvero "Albero con piccole foglie simili al verbasco, con spighe di fiori gialli, semi singoli oblunghi in singole capsule secche"). Amico di Sloane, è molto probabile che Buddle ne conoscesse l'opera e magari avrà letto la descrizione e osservato l'illustrazione di questa pianta, senza sapere che proprio ad essa sarebbe stata affidata la sua unica chance di immortalità. Non poteva conoscere invece la più famosa di tutte le Buddlejae, B. davidii, scoperta in Cina da Henry nel 1887 e battezzata in onore del celebre missionario naturalista Armand David. Il genere, appartenente a una famiglia propria (Buddlejaceae, ma Scrophulariaceae secondo altre classificazioni), comprende oltre 100 specie, tra erbacee, arbusti e alberi, originarie sia dell'Asia orientale, sia dell'America centrale e meridionale, con qualche rappresentante in Africa. Pianta amatissima, è oggetto di collezione da parte di appassionati che non si accontentano di B. davidii e delle sue numerose (e magnifiche) varietà orticole, ma vanno alla ricerca anche di specie più inconsuete. Quanto a B. davidii, è amatissima tanto dai giardinieri per le sue incomparabili fioriture e per la facilità di coltivazione quanto dalle farfalle, che attira come una calamita, guadagnandosi il nome di "pianta delle farfalle"; ma anche odiatissima per la sua capacità di crescere ovunque, anche dove non è desiderata. Si calcola che nella sola Gran Bretagna la cifra sborsata ogni anno dall'erario per la manutenzione degli edifici storici e dei monumenti nazionali soggetti a danni da Buddleja superi il milione di sterline. Altri approfondimenti nella scheda. E' noto il ruolo del "commercio triangolare", ovvero del traffico di schiavi, nel lancio economico della Gran Bretagna. Con la storia di William Houstoun, medico di bordo su una nave negriera e all'occasione contrabbandiere, scopriamo qualche macchia anche tra i cacciatori di piante che all'inizio del Settecento tanto contribuirono alla conoscenza e all'introduzione di nuove piante. Per una volta, la gentile bellezza in miniatura dell'Houstonia non è proprio in linea con il suo avventuroso (e poco scrupoloso) dedicatario. Tratta degli schiavi e contrabbando Nel 1713, con la pace di Utrecht, la Gran Bretagna strappò alla corona spagnola l'asiento de negros, ovvero il monopolio dell'importazione degli schiavi neri nelle colonie spagnole delle Americhe. Per la durata di trent'anni (1713-1743) solo le navi inglesi sarebbero state autorizzate ad attraccare in sette porti del centro e sud America per vendere fino a 4800 "pezzi" l'anno; in uno di questi porti, ciascun anno, a una singola nave (detta navìo de permìso) con un tonnellaggio massimo di 500 tonnellate sarebbe stato inoltre concesso di vendere le sue merci senza pagare le imposte che gravavano sui prodotti spagnoli. La corona inglese, a sua volta, cedette il monopolio del traffico con le Americhe spagnole a una società per azioni, la South Sea Company (protagonista nel 1720 di un celebre scandalo finanziario: la South Sea Bubble) che, nel corso di 25 anni, realizzò 96 viaggi che coinvolsero 34.000 schiavi. Caricati nei depositi della Giamaica e delle Barbados, essi venivano trasportati nei porti autorizzati (Cartagena, Veracruz, Panama, Porto Belo, Buenos Aires, L'Avana e Santiago de Cuba), dove venivano smerciati da mediatori spagnoli; gli inglesi non erano autorizzati a scendere a terra né a commerciare, ma potevano acquistare vettovaglie e beni di prima necessità. Di fatto, per questa via si aprì un enorme contrabbando (tanto che a partire dal 1734 le navi annuali non furono più autorizzate). Vendere e acquistare merci di contrabbando divenne una prarica usale, in primo luogo da parte degli ufficiali di bordo che potevano così arrotondare le tutt'altro che laute paghe. Fu sicuramente grazie ad esso - e in parte approfittando delle erbe, dei frutti e delle piante curative che venivano imbarcate come vettovaglie e medicinali per la ciurma e gli schiavi - che il medico scozzese William Houstoun poté mettere insieme una ragguardevole collezione di piante essiccate e di semi. Tra il 1729 e il 1733 egli lavorò come medico di bordo di una delle navi negriere della Sout Sea Society, la Don Carlos; facendo base in Giamaica, nel corso di vari viaggi toccò Cuba, Cartagena, l'area del Campeche in Messico e soprattutto Veracruz, da dove provengono la maggior parte dei suoi esemplari. Amico di Philip Miller, capo giardiniere del Chelsea Physic Garden, gli inviò ripetutamente piante nuove per l'Europa, che Miller introdusse in coltivazione (Houstoun è spesso citato nel celebre The Gardeners Dictionary come il principale fornitore di specie dai Caraibi e dall'America centro-meridionale); una di quelle piante dovrebbe essere la prima Fuchsia giunta un'Europa (presumibilmente F. triphylla); anche la prima introduzione della Buddleja si deve a lui. Destinatario degli invii di piante essiccate fu anche Gronovius (Houstoun si era laureato all'Università di Leida dove si era anche formato come botanico). Nuovi generi dall'America latina All'inizio del 1731, Hans Sloane, presidente della Royal Society, lesse una lettera che nel dicembre dell'anno precedente Houstoun gli aveva inviato da Kingston, in Giamaica. Il medico scozzese informava i soci di aver individuato molte piante che, a quanto gli risultava, erano sconosciute alla scienza europea. Seguendo "una pratica oggi autorizzata dal costume" si era permesso di battezzare, oltre a diverse nuove specie di generi già noti, una quindicina di nuovi generi con il nome di illustri botanici. Univa un pacco di semi e alcune comunicazioni: sulla preparazione del colorante ricavato dalla cocciniglia, sulla gialappa (Ipomoea purga) e sulla "contrayerba" (Dorsteina brasilensis), un'erba considerata efficacissima contro i morsi dei serpenti. Tuttavia, dato che in colonia aveva a disposizione ben pochi libri di botanica, sottoponeva le sue assegnazioni al giudizio degli illustri soci. L'anno dopo Houstoun rientrò in Inghilterra; fu presentato da Miller a Sloane e assistette ad alcune riunioni della Royal Society. Le sue conoscenze botaniche e la lunga esperienza tra mar dei Caraibi e porti del centro America lo fecero scegliere per un nuovo incarico: avrebbe dovuto visitare diversi porti dell'America spagnola per cercare piante tropicali e subtropicali da introdurre in Georgia (la colonia era stata fondata proprio quell'anno), in particolare piante medicinali e tintorie; durante il viaggio, avrebbe dovuto fare tappa a Madeira, per studiare la produzione vinicola locale; quindi, avrebbe dovuto impiantare e curare un giardino di acclimatazione a Savannah, in Georgia. Con un contratto di tre anni e uno stipendio di 200 sterline all'anno (in gran parte messe insieme da ricchi sponsor, come lord Petre o da scienziati come Sloane, che contavano sui suoi invii per incrementare i loro erbari e i loro giardini), Houston ripartì alla volta della Giamaica, fermandosi, come da contratto a Madeira, dove si procurò anche barbatelle da importare in Georgia; ma poco dopo il suo arrivo in Giamaica morì, lasciando in eredità all'amico Miller l'erbario, disegni e manoscritti. Qualche anno più tardi, entrarono in possesso di Joseph Banks, che li pubblicò nel 1794 con il titolo Reliquiae houstonianae. Ma il manoscritto era già conosciuto, tanto che Linneo se ne servì come fonte per Species Plantarum e validò nove dei quattordici nuovi generi creati da Houstoun: Ammannia, Buddleja, Gronovia, Justicia, Lippia, Martynia, Petrea, Randia, Richardia. Tutti sono tuttora validi, e qualcuno merita senz'altro un post. Una sintesi della vita di Houstoun nella sezione biografie. I fiori azzurri di Houstoun C'è uno strano legame tra il dr. Houstoun, che trascorse buona parte della sua vita adulta solcando i mari, e il colore azzurro. Azzurrissimi sono i petali dell'Houstonia coerulea, la specie tipo del genere Houstonia che Gronovius volle dedicare al medico scozzese, per ricambiare la dedica di Gronovia (si tratta di una delle piante ricevute dalla Virginia da Clayton). Anche questi genere fu validato da Linneo in Species plantarum (1753). Non meno azzurri quelli di Ageratum houstonianum, una delle più note annuali a fioritura estiva; il nome specifico è un omaggio di Miller, che ne ricevette i semi dall'amico e la introdusse nei giardini britannici. Houstonia è un genere di piccole erbacee perenni originarie dell'America settentrionale della famiglia Rubiaceae; le sue venticinque specie si distribuiscono dal Canada al Messico (qualcuna vive anche nell'area di Veracruz, da dove proviene buona parte delle piante osservate da Houstoun). Talvolta alte pochi centimetri, tanto da poter essere coltivate nelle fessure tra le pietre dei selciati, d'aspetto delicato, hanno graziosissime corolle tubolari con quattro lobi a stella in colori pastello: azzurro, violetto, lavanda, bianco o rosa. La specie più nota, talvolta reperibile anche nei nostri vivai, è H. caerulea, originaria dei terreni boschivi del Canada e degli Stati Uniti orientali, con fiori azzurri (ma anche bianchi o rosa) e centro giallo, di prolungata fioritura. Qualche approfondimento nella scheda. Al medico scozzese che, come abbiamo visto, aveva visitato Madeira nell'intento di creare l'industria vitivinicola in Georgia, è stato tributato anche un altro insolito omaggio: nel 1952 un barman statunitense ha battezzato in suo onore "William Houston" un cocktail che ha tra i suoi ingredienti whisky (non so se scozzese) e vino madera. Sulla strada non di Damasco ma della Virginia, Catesby si converte da gentiluomo di modesti mezzi in raccoglitore e illustratore naturalista. Il frutto di undici anni di viaggio e di venti anni di lavoro di penna, pennello e bulino è la prima opera illustrata mai dedicata alla natura delle colonie britanniche d'America. A ricordarlo tanti nomi specifici e il "curioso" genere Catesbaea. Da gentiluomo di campagna a raccoglitore In un'epoca in cui non esisteva la fotografia, saper disegnare era un'abilità essenziale per un naturalista. Solo uno schizzo dal vero poteva rendere quei particolari che, una volta essiccata la pianta o preparato l'animale per la conservazione, sarebbero andati irrimediabilmente perduti. Le grandi spedizioni, finanziate dalle monarchie o dalle istituzioni scientifiche, comprendevano sempre almeno uno o due pittori; ma la maggior parte degli esploratori-cacciatori di piante si muoveva da solo, o con pochissimi compagni, e doveva saper fare da sé. Le note sul campo dei naturalisti del Settecento sono piene di schizzi e figure, talvolta di notevole qualità (basti pensare ai delicati acquarelli di Rudbeck il giovane o alle lussureggianti tavole di padre Plumier). Ma anche in questo contesto l'opera di Mark Catesby spicca per resa artistica e originalità della concezione. Tanto che Cromwell Mortimer, segretario della Royal Society, ebbe a definire la sua The Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands, "la più bella opera che io conosca da quando è stata inventata l'arte della pittura". Nel 1712, Catesby, un inglese di buona famiglia, giunse a Williamsburg, allora capitale della Virginia, in visita a una sorella, sposata con un medico stabilitosi nella colonia. Vi sarebbe rimasto sette anni, ospite del cognato e dei suoi facoltosi amici; nel 1714 visitò anche brevemente le Antille. Folgorato dall'esuberanza di una natura pressoché ignota agli europei, dedicò buona parte del suo tempo, da solo o accompagnato da qualche amico (tra cui John Clayton), alle escursioni naturalistiche, alla raccolta di piante, semi e animali, agli schizzi dal vero. Al momento, non era molto di più di passatempo, anche se egli spedì semi e piante essiccate o in vaso ad alcuni "amici curiosi". Dopo il suo rientro in Inghilterra, nel 1719, furono proprio alcuni di loro a proporgli di trasformare la sua passione in una vera e propria attività. Nel 1721, grazie al farmacista e botanico dilettante Samuel Dale, cui aveva donato il suo erbario, fu presentato alla Royal Society. La qualità dei suoi disegni e il suo talento di naturalista convinsero un gruppo di influenti membri della prestigiosa istituzione, tra i quali spiccano Hans Sloane (futuro presidente della RS), William Sherard e Charles Dubois, tesoriere della compagnia delle Indie, a finanziare una vera spedizione nelle colonie britanniche americane. A questi sottoscrittori si unirono anche gentiluomini e ricchi collezionisti (come lord Chandos, il celebre protettore di Händel), studiosi e istituzioni di altri paesi (come Gronovius e il Jardin des plantes di Parigi), ma soprattutto il governatore della Carolina del Sud, Francis Nicholson, che gli garantì una pensione di 20 sterline annue per tutto il periodo che avrebbe trascorso nella colonia. Così nel 1722 Catesby attraversò di nuovo l'Oceano nei panni di raccoglitore e illustratore. Esplorò estensivamente la Carolina, dalla costa fino agli Appalchi, raccogliendo e ritraendo ad acquarello piante, alghe, animali, uova, conchiglie. Ritrasse anche animali marini, ma il suo soggetto di gran lunga preferito erano gli uccelli. Il suo tempo si divideva tra la raccolta degli esemplari, la loro preparazione per la spedizione ai suoi sponsor, la pittura degli acquarelli (spesso in più copie, una per sé e le altre per i suoi esigenti clienti, che chiedevano avidamente sempre nuovi invii, ma non erano altrettanto solleciti a spedirgli i soldi necessari per acquistare la carta, i colori, i materiali indispensabili per la conservazione e la spedizione). Esplorò anche parte della Georgia e nel 1725 passò nelle Bahamas, dove trascorse nove mesi, ospite dal governatore Charles Phinney. L'one man show di Mark Catesby Al suo ritorno in Inghilterra nel 1729, Catesby incominciò a lavorare a un'opera dedicata agli animali e alle piante osservati durante i suoi viaggi; suoi sarebbero stati sia i testi sia le illustrazioni. Sarebbe stata scritta non in latino, ma in inglese e in francese, perché destinata non ai dotti, ma ai "curiosi"; e avrebbe avuto un grande formato (in folio) per valorizzare al meglio le illustrazioni. Insomma, un progetto ambizioso e costosissimo, che, ancora una volta richiedeva il sostegno di ricchi sponsor. Nel mercato editoriale britannico era usuale il metodo della sottoscrizione; dopo un primo fascicolo di lancio, la pubblicazione di un'opera editoriale proseguiva a fascicoli periodici, che venivano inviati a scadenze prestabilite agli abbonati o sottoscrittori (Catesby chiamerà i suoi encouragers). Catesby lanciò la sua opera con un primo fascicolo che comprendeva 20 tavole, che egli presentò personalmente nel maggio 1729 alla regina Caroline, appassionata di giardinaggio. Gli altri avrebbero dovuto seguire al ritmo di uno ogni quattro mesi. Ma occorreva denaro liquido; a prestarglielo senza interessi fu il ricco mercante Peter Collinson; ma poiché la cifra non era sufficiente per pagare un incisore che trasferisse i disegni dagli acquarelli su lastre di rame, Catesby imparò la difficile tecnica e si sobbarcò anche questa parte dell'impresa, che si andava sempre più trasformando in un one man show: come naturalista aveva osservato sul campo piante e animali e scritto le note che ora si andavano trasformano nei testi bilingui in francese e inglese, come artista aveva dipinto gli acquarelli da cui traeva le incisioni; ma non basta: dopo la stampa, ciascuna copia (in bianco e nero) doveva essere colorata a mano. Da chi? Già sapete la risposta: dal solito Mark Catesby! Poiché i sottoscrittori (ci è giunta la lista) furono poco meno di 160 e ogni fascicolo, lo abbiamo detto, aveva 20 tavole, ogni quattro mesi l'indaffaratissimo Catesby doveva colorare uno per uno 3200 fogli ad acquarello (cioè circa 27 fogli al giorno). E intanto proseguire le ricerche consultando la ricca biblioteca di Hans Sloane e mantenersi lavorando come giardiniere presso diversi vivai. Unica collaborazione esterna quella di Sherard, che scrisse i nomi-descrizione latini (al tempo la denominazione binomiale linneana era di là da venire). Inizialmente il lavoro proseguì abbastanza rapidamente; tra il 1729 e il 1731 uscirono 5 fascicoli, con un totale di 100 tavole (la maggior parte delle quali ritrae uccelli) che costituiscono il primo volume, di Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands, dedicato ancora una volta alla regina Caroline. Arrivò anche il riconoscimento scientifico, con l'ammissione alla Royal Society. Con il secondo volume, le cose si complicarono. Catesby si rese conto che, per completare l'opera, non erano sufficienti i materiali raccolti durante i suoi due viaggi. Poiché amava disegnare dal vero, fece appello a John Clayton (e più tardi a John Bartram) perché gli inviasse nuovi esemplari, soprattutto semi per il suo giardino o per i vivai in cui lavorava. Importante fu anche la frequentazione dei giardini dei suoi ricchi protettori, dove poteva vedere dal vivo, ormai rigogliose e ben ambientate, molte specie che aveva contribuito a diffondere in Gran Bretagna con i suoi invii di semi fin dagli anni in Virginia. Dovette comunque rassegnarsi a chiedere la collaborazione di altri artisti: l'amico George Edwards (che sarebbe stato il suo esecutore testamentario e avrebbe dipinto a mano le tavole della seconda edizione) e il celebre artista tedesco Ehret (che disegnò per lui tre tavole); qualche disegno fu ripreso (ma non si trattò quasi mai di una semplice copia) da opere già stampate. Il secondo volume, ancora formato da 5 fascicoli con 100 tavole, richiese 12 anni e fu completato nel 1743 (con dedica a un'altra regale appassionata, Augusta principessa di Galles); i soggetti si allargarono a mammiferi, insetti e animali marini, quasi sempre associati a una pianta. Prima della morte di Catesby (1749) uscirono ancora 20 tavole, vendute senza testo. Qualche approfondimento sulla sua vita nella sezione biografie. Una pittura "ecologica" L'opera di Catesby, che si era formato come autodidatta, è innovativa sotto molti punti di vista. Anche se alle volte le sue tavole sono ingenue, non rispettano le leggi della prospettiva (come l'immagine di un minuscolo bisonte su cui incombe una gigantesca Robinia pseudoacacia), sono poco accurate nei dettagli e piuttosto piatte, colpiscono per la freschezza; in particolare gli uccelli, il suo soggetto preferito, appaiono singolarmente vivi, come colti in un'istantanea. Prima di lui, le piante venivano ritratte secondo rigide convenzioni che risalivano a tempi di Fuchs; gli animali, evidentemente ritratti da esemplari morti, sembravano disposti in una vetrina di tassidermista. Fin dalla prima (un'aquila americana in picchiata che stringe tra le zampe la preda) Catesby porta vita e dinamismo nelle sue tavole; a partire dalla decima, incomincia ad associare ad ogni animale una pianta, scelta con criteri "ecologici": ad esempio, gli uccelli sono dipinti assieme alle piante dove fanno il nido o di cui si cibano. Si è detto che forse questa scelta nasce anche da esigenze pratiche (in tal modo, saranno necessarie la metà delle tavole, anche meno, visto che alle volte si aggiungono animali più piccoli, in particolare insetti); è molto probabile che sia stata influenzata dalle stupende immagini della pittrice Maria Sybilla Merian, la quale in Metamorphosis insectorum Surinamensium - una copia era posseduta da Sloane - unì una pianta da fiore e il suo insetto impollinatore. In ogni caso, il risultato è davvero straordinario, come potete vedere nella gallery qui sotto. E se volete sfogliare le pagine della sua opera e vedere tutte le tavole, visitate l'edizione elettronica a cura dell'Università della Virginia, completa di indici delle specie con i nomi binomiali aggiornati. Il contributo di Catesby alla conoscenza e alla diffusione della flora americana fu immenso, non solo grazie al suo libro. I suoi esemplari essiccati sono andati ad arricchire alcuni importanti erbari: quelli di Sherard e Dubois oggi conservati a Oxford, quelli di Dale e Sloane oggi al Natural History Museum londinese. Linneo si servì della Natural History come fonte per la tipizzazione e la denominazione di oltre 20 specie. Ma egli arricchì anche i giardini e i parchi d'Europa: grazie ai semi inviati da lui direttamente o ottenuti dai collaboratori americani, furono introdotte in Gran Bretagna, tra l'altro, Stewartia malacodendron, Kalmia latifolia e K. angustifolia, Catalpa bignonioides. Purtroppo alcune immagini di Catesby sono anche l'unica testimonianza di specie nel frattempo estinte, come il piccione migratorio, Ectipistes migratorius, scomparso all'inizio del XX secolo, ma comunissimo all'epoca di Catesby che lo descrisse come avido consumatore di ghiande (e infatti lo dipinse insieme a Quercus laevis (o quercia di Catesby). In occasione del tricentenario dell'arrivo di Catesby in Virginia, nel 2012 è stato fondato il Catesby Commemorative Trust, che gli ha dedicato un ricco volume commemorativo, The Curious Mr. Catesby, a cura di C. Nelson e D. J. Elliott. Il sito del CCT mette a disposizione video, immagini e articoli di approfondimento sull'interessante e poliedrico personaggio. Catesbaea e altri omaggi Fu Gronovius, il suo principale corrispondente europeo, a dedicare a Catesby il genere che l'avrebbe immortalato, Catesbaea: e ringraziando dell'omaggio, l'artista ritrasse C. spinosa nell'ultima tavola del primo volume di Natural History, insieme a una splendida farfalla. Nel 1753 Linneo ufficializzò la denominazione in Species plantarum. Molte sono poi le specie animali e vegetali che lo ricordano nel nome specifico: la rana toro, Lihobates catesbeianus, Lilium catesbaei, Gentiana catesbaei, Clematis catesbyana, Trillium catesbaei. Nel 1968, si è aggiunta Catesbya pseudomuraena, un pesce anguiforme che vive nelle acque delle Bahamas. Catesbaea è un genere della famiglia delle Rubiaceae che raccoglie una quindicina di specie originarie di una piccola area che include le isole Keys in Florida, le Antille e le Bahamas. E' una dedica perfetta per ricordare Catesby: egli fu il primo a descriverne una specie, appunto C. spinosa, e fu consapevole dei rischi dell'impatto ambientale dell'uomo sulla natura. Specie originarie di un ambiente molto particolare (i boschi aridi della fascia subtropicale), spesso endemiche di piccole aree, le Catesbaeae sono oggi minacciate dalla riduzione del loro habitat. La più nota è proprio la bella C. spinosa, un arbusto molto ramificato, nativo di Cuba e delle Bahamas, con rami quasi orizzontali, spinosi e fittamente ricoperti di piccole foglie che ricordano quelle del bosso e curiosi fiori penduli, gialli, a forma di imbuto con lunghissimo calice. Qualche notizia in più nella scheda. Funzionario convertito alla botanica, John Clayton raccoglie piante in Virginia per Catesby e Gronovius (che usa i suoi esemplari e le sue note per pubblicare, senza autorizzazione, Flora virginica). Rimarrà invece senza editori il suo catalogo, benché l'abbia riscritto studiando da autodidatta il sistema linneano. Il suo contributo alla conoscenza della flora nordamericana è essenziale, e ben riconosciuto dalla scienza del tempo. Linneo lo stima e gli dedica un genere soprattutto nordamericano, Claytonia. Pubblicazione mancata, stima internazionale Anche se la mancanza di scrupoli di Gronovius (lo abbiamo visto in questo post), ma forse soprattutto la lontananza dagli ambienti editoriali europei impedirono la pubblicazione della sua opera maggiore, John Clayton rimane una figura importante nella nascita della botanica americana, in particolare per il suo contributo alla conoscenza della flora dell'America nord-orientale e per la partecipazione ai circoli scientifici su entrambe le sponde dell'Atlantico. Formatosi in Inghilterra, era giunto in Virginia a circa 25 anni, come funzionario della contea di Gloucester; a questa attività, unì la conduzione di una piccola piantagione e le esplorazioni naturalistiche. Il suo interesse per la natura fu probabilmente stimolato da Mark Catesby, un naturalista inglese che visitò la Virginia tra il 1712 e il 1719 e in seguito avrebbe pubblicato Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands, il primo resoconto sulla flora e la fauna delle colonie americane; per lui Clayton raccolse esemplari di piante e uccelli. Quando Catesby rientrò in Inghilterra, Clayton continuò a spedirgli materiali e, nel corso degli anni '30 del Settecento, incominciò da esplorare sistematicamente il territorio della Virginia allo scopo di raccogliere il materiale per una propria flora di quella colonia. Clayton era un ottimo osservatore, capace di scrivere descrizioni accurate; ma era un naturalista autodidatta, formatosi sul campo, scriveva in inglese (non in latino, lingua che padroneggiava male, come ammise in una lettera a Linneo) e aveva una scarsa conoscenza della letteratura scientifica europea. Proprio per questo, all'epoca non era in grado né di capire se le piante da lui raccolte erano nuove per la scienza o erano già state descritte, né di identificarle e denominarle correttamente. Fu così che si rivolse a Catesby per l'identificazione e che, attraverso Catesby, i fogli d'erbario di Clayton, arrivarono a Leida, dove furono studiati da Gronovius e Linneo. Nel 1737, in Hortus Cliffortianus, Linneo volle onorarlo dedicandogli uno dei generi di piante da lui scoperte in Virginia, Claytonia. Mano a mano che esplorava il territorio e acquisiva una conoscenza più approfondita della flora, Clayton prese a identificare le piante con più sicurezza e a creare proprie denominazioni (un esempio è Agastache); incominciò a stendere Catalogue of Herbs, Fruits, and Trees Native to Virginia, basato sul sistema di Ray che spedì a Catesby perché fosse tradotto in latino e pubblicato. Come si è visto parlando di Gronovius, questi lo rielaborò secondo il sistema linneano e lo pubblicò senza il permesso di Clayton. Inizialmente quest'ultimo (fosse per amore della scienza o per reverenza per un luminare europeo) la prese abbastanza bene, visto che negli anni successivi continuò a spedire a Gronovius altri esemplari che permisero all'olandese di pubblicare un secondo volume della sua Flora virginica con 300 specie aggiuntive. Successivamente, oltre alla Virginia, estese le sue esplorazioni al Canada (1746) e al bacino del Mississipi (1747 o 1748). Ma nel frattempo egli non aveva rinunciato al progetto di scrivere e veder pubblicata una propria flora, ma voleva farlo, a questo punto, secondo i criteri ormai imperanti nella scienza europea. A questo scopo si fece inviare dai suoi corrispondenti i libri più aggiornati, primi fra tutti quelli di Linneo. Intorno alla metà degli anni '50, stese così un secondo manoscritto che nel 1758 fu inviato a Collinson perché cercasse un editore; benché l'opera si avvalesse della collaborazione del famoso illustratore botanico Georg Dionysius Ehret, non trovò nessuno disposto a pubblicarla, perché il mercato era già saturato dalla seconda edizione della Flora virginica di Gronovius (uscita nel 1762). Collison gli consigliò allora di cercare di pubblicarlo in America, ma anche questa possibilità non si concretizzò. Quest'opera nata sotto cattiva stella non solo non vide mai la luce, ma persino il manoscritto andò perduto in un incendio nel 1787. Al di là di queste sfortunate vicende editoriali, Clayton fu una figura riconosciuta sia nelle colonie sia in Europa. Negli anni '40 iniziò una corrispondenza con il famoso botanico e raccoglitore John Bartram, con il quale scambiò per anni semi e consigli; grazie anche al materiale procuratogli dall'amico, poté così impiantare un notevole giardino botanico. Nel 1743, ancora grazie a Bartram, entrò a fare parte dell'American Philosophical Society, sorta proprio quell'anno, e presumibilmente entrò in contatto con Peter Collinson. Anche con il mercante inglese ci fu un proficuo scambio di semi (nel 1750 Clayton sperimentò sementi di grano procurate da Collinson). Collinson lo incoraggiò a estendere i suoi interessi ai muschi e ad altre crittogame; lesse alcuni suoi contributi alla Royal Society e ne pubblicò due sul Genteman's Magazine. Clayton fu in corrispondenza anche con Linneo (ci è rimasta una sola lettera, datata 1748), Kalm, Franklin e Thomas Jefferson. Nel 1747, su raccomandazione di Linneo, divenne membro della Reale Accademia Svedese delle Scienze. Nel 1773 fu eletto primo presidente della Virginian Society for the Promotion of Usefull Knowledge, ovvero la sezione locale dell'American Philosophical Society. Morì quello stesso anno. Una sintesi della vita nella sezione biografie. Gradisci un insalata di Claytonia? Gli esemplari dell'erbario di Clayton, giunti in Olanda tra gli anni '30 e '40, sono importanti per la storia della botanica, perché su di essi si basò Linneo per la descrizione di gran parte delle specie americane di Species Plantarum (1753); i duplicati ceduti da Gronovius entrarono a far parte dell'erbario di Linneo (ora conservato dalla Linnean Society di Londra); anche quelli appartenuti a Gronovius si trovano a Londra (furono acquistati da Banks e ora appartengono al Natural History Museum), dove sono andati recentemente a costituire il John Clayton Herbarium. La pianta che Linneo volle dedicare a Clayton (la dedica sarà ufficializzata appunto nella prima edizione di Species Plantarum) potrebbe essere uno di quei ritratti vegetali che tanto piacevano allo scienziato svedese. Claytonia virginica, la specie tipo, è ovviamente una pianta nativa (Clayton l'aveva raccolta nel 1735), piuttosto diffusa, un'erbacea di modesto aspetto, ma così splendida quando è in fioritura da essersi guadagnata il nome volgare springbeauty, "bellezza di primavera"; la fioritura estremamente precoce potrebbe alludere al ruolo dello stesso Clayton, pioniere della botanica americana. Il genere Claytonia, un tempo appartenente alle Portulacaceae, è stata recentemente assegnato alla piccola famiglia Montiaceae, ed è stato allargato a comprendere alcune specie staccate dal vicino genere Montia; comprende circa 25 specie erbacee, per lo più native del Nord America, con qualche propaggine a sud, in Centro America fino al Guatemala, e a est in Asia orientale. Sono piante erbacee perenni, talvolta annuali o perenni di breve vita; alcune specie, con foglie succulente, sono caratteristiche dei terreni montani ghiaiosi. Una di esse è la graziosissima C. megarhiza, una piccola alpina che produce densi racemi di fiorellini a 5 petali bianchi o fucsia che si dipartono da una rosetta di foglie succulente. Tra le più note C. sibirica (= Montia sibirica), diffusa dall'America settentrionale alla Siberia e ampiamente naturalizzata nelle isole britanniche; ha foglie succulente eduli, come C. perfoliata, nota negli Stati Uniti come "lattuga dei minatori" perché le sue foglie venivano consumate in insalata durante la corsa dell'oro in California. Di C. virginica si consumano invece i tuberi. Qualche notizia in più nella scheda. Perché un botanico olandese ha dedicato una specie sudafricana a un botanico tedesco che lavorava in Russia? Un mistero mai risolto; ma la storia di Traugott Gerber, attivo e sfortunato pioniere delle ricerche botaniche in Russia, vale la pena di essere raccontata. E con i suoi fiori solari, la Gerbera, regina dei fiori recisi, continua a perpetuarne il nome, tanto che un grande coltivatore e collezionista di gerbere ha voluto dedicargli un piccolo museo. Un giardino dei semplici e tre spedizioni botaniche Il più antico orto botanico russo nacque nel 1706 per volontà dello zar Pietro il grande che, secondo la tradizione, sarebbe stato coinvolto di persona nell'impianto, mettendo a dimora tre alberi tra cui un Larix sibirica che ancora sopravvive. Sorgeva alla periferia settentrionale della città, presso la torre Suchareva, e fortunatamente, sebbene profondamente alterato, si è conservato fino ad oggi, come parte dell'Orto botanico dell'Università di Mosca. Come dice chiaramente il nome Moskovskij apotekarskij ogorod, "Orto moscovita dei farmacisti" , inizialmente apparteneva all'ordine dei farmacisti ed era destinato alla coltivazione dei semplici da utilizzare per la preparazione dei medicinali. Per alcuni anni, il giardino non ebbe una direzione scientifica, finché nel 1735, sotto la zarina Anna Ivanovna, venne assunto un giovane medico e botanico tedesco, Traugott Gerber, con l'incarico di dirigere e ampliare il giardino, trasformandolo in un'istituzione educativa. In quanto dimostratore dell'orto, Gerber doveva infatti illustrare le piante e le loro proprietà medicinali ai futuri medici e farmacisti. Egli ampliò notevolmente le collezioni, aggiungendo alla coltivazione dei semplici quella di piante locali e esotiche, sia nelle parcelle esterne sia nelle serre. Molti semi e piante gli giunsero attraverso contatti e scambi con botanici francesi, tedeschi e olandesi. Altre specie furono raccolte nelle spedizioni botaniche capeggiate dalle stesso Gerber, finalizzate alla ricerca di piante utili e medicinali. Il lavoro sul campo iniziò con l'esplorazione dei dintorni di Mosca; il frutto fu Flora Mosquensis, un manoscritto che descrive circa 200 piante. Nel 1739 guidò una spedizione lungo il bacino del Volga, seguendo l'itinerario Mosca–Murom–Nizny Novgorod– Kazan’–Samara– Saratov–Tsaritsyn (oggi Volgograd)– Voronez–Tambov–Ryazan’– Mosca; ne diede conto in Flora Wogensis, che include 225 specie. Infine nel 1741 organizzò una spedizione nel bacino del Don e in Ucraina, che fruttò 280 specie, descritte in Flora Tanaicensis (tutte queste opere non furono mai pubblicate e rimasero allo stadio di manoscritto). L'anno successivo, in seguito alla morte della zarina e alle complicate vicende della sua successione, il posto di curatore del giardino dei farmacisti fu soppresso (sarà ripristinato solo nel 1786). Gerber divenne medico militare e si trasferì a Vyborg nella Carelia russa, a nord di Pietroburgo, dove morì l'anno successivo all'età di soli 33 anni. Dopo la sua morte, il suo grande erbario (circa 2400 taxa) andò disperso. Una sintesi della sua vita breve ma intensa nella sezione biografie. Per iniziativa del vivaista, ibridatore e ricercatore tedesco Peter Ambrosius (che ha probabilmente creato la più vasta collezione di Gerberae del mondo), a Zodel, il villaggio della Slesia tedesca al confine con la Polonia dove Gerber nacque nel 1710, nel 2002 è stato fondato il Trautgott Gerber Museum, che raccoglie testimonianze sulla sua vita e sul suo tempo e comprende anche un piccolo giardino di erbe. Perché la Gerbera? Per un curioso scherzo del destino, il nome di questo botanico nato in Slesia, vissuto nella fredda Russia e morto nella glaciale Carelia, è oggi legato a un fiore che arrivò in Europa dal Sud Africa, la solare Gerbera. A dedicargliela fu, nel 1737, il botanico olandese J.F. Gronovius; il perché è un rebus per gli studiosi. E' assai probabile che i due si scambiassero piante (dall'Olanda arrivarono a Gerber piante per l'orto moscovita, e Gronovius era un accanito collezionista con una enorme rete di corrispondenti); secondo il sito ZAfrica, la dedica avrebbe coinvolto anche un fratello di Gerber (di cui si conoscono solo le iniziali, Fr.), a sua volta raccoglitore di piante nelle Antille; anche questa notizia è plausibile: Gronovius aveva molti corrispondenti che operavano in centro e nord America; ma non ne ho trovato conferma in altre fonti. Le prime ad essere descritte (non da Gronovius, ma dal suo amico Burman, in Rariorum africanarum plantarum decades) furono due specie sudafricane (oggi note come Gerbera linnaei e G. crocea). Linneo riprese e validò il genere nel 1758, ma più tardi cambiò idea e lo unì al panboreale Arnica. Il genere Gerbera fu ripristinato soltanto nel 1817 da H. Cassini, in uno dei primi studi complessivi sulla famiglia Asteraceae. Benché le specie più note (e quelle da cui sono nati gli ibridi oggi in commercio) siano sudafricane, il genere Gerbera, che comprende una trentina di specie, è presente anche in altre aree: l'Africa subsahariana tropicale, il Madagascar, la regione sino-hymalaiana, mentre l'attribuzione dell'unica specie sudamericana è discussa. L'area sudafricana è tuttavia quella di maggiore biodiversità, con 14 specie. Quelle che troviamo dai fiorai e che alimentano il mercato dei fiori recisi (è la quinta specie più venduta) sono per lo più gerbere ibride; la prima fu ottenuta nel 1890 da R. I. Lynch del Giardino botanico di Cambridge incrociando G. jamesonii con G. viridifolia. Da allora sono state prodotte e selezionate centinaia e centinaia di cultivar, variabili per dimensioni, forma (singole, semidoppie, doppie), colore del disco centrale e dei "petali" radiali (in realtà, come nelle altre Asteraceae, entrambi sono flosculi) in infinite sfumature di bianco, crema, giallo, rosa, violetto, rosso, arancio. Praticamente l'intero arcobaleno, eccetto il blu. Approfondimenti sulle altre specie e sulla storia degli ibridi nella scheda. Un po' dottor Jekyll, un po' mister Hyde, il botanico olandese J. F. Gronovius riconosce immediatamente il genio di Linneo, pubblica a sue spese la prima edizione di Systema naturae, gli procura un lavoro e lo inserisce nella sua estesa rete di contatti con naturalisti di mezza Europa. Ma non esita a impadronirsi dell'opera del botanico americano John Clayton, riscrivendola e pubblicandola senza il permesso dell'autore. Per ironia della sorte (o malignità di Linneo?) il genere che lo celebra mostra una curiosa somiglianza con il dedicatario. Il protettore di Linneo... Nel 1735, quando Linneo arrivò in Olanda per conseguire la laurea in medicina, uno dei primi scienziati che incontrò fu Jan Frederik Gronovius. Quest'ultimo già ne conosceva il nome per aver letto recensioni del suo viaggio in Lapponia su riviste tedesche; e quando il giovane svedese (all'epoca aveva 28 anni) gli mostrò il suo Systema naturae fu così impressionato che gli propose di pubblicarlo a proprie spese. Dato che Linneo dovette lasciare Leida per Amsterdam, non solo Gronovius sostenne le spese di stampa (con l'aiuto di un medico scozzese, Isaac Lawson), ma seguì personalmente la pubblicazione, fino a sobbarcarsi la correzione delle bozze. Si trattava per altro di un volumetto in 12 pagine, estremamente sintetico (in forma di tabella), pubblicato in due versioni: in alcune copie, infatti, il testo era stampato su una sola facciata, per permetterne la consultazione anche sul campo, durate le escursioni naturalistiche. Inoltre Gronovius, che era un naturalista dilettante ma estremamente conosciuto e con una vasta rete di conoscenze, introdusse Linneo presso Boerhave, il più stimato botanico olandese, e lo aiutò a trovare una sistemazione in un momento di difficoltà economica, raccomandandolo a George Clifford, un facoltoso appassionato anglo-olandese, di cui Linneo diventò medico personale e curatore del giardino di Hartekamp. Gli mise inoltre a disposizione la sua biblioteca e le sue cospicue collezioni naturalistiche, in particolare il proprio erbario, e lo aiutò a inserirsi nell'ambiente internazionale dei naturalisti, consigliandolo e fornendogli lettere di presentazione in occasione del suo viaggio in Inghilterra e in Francia (1736). Gronovius apparteneva a una illustre famiglia di intellettuali, legata da quasi un secolo all'Università di Leida, a partire del nonno omonimo (Johann Friedrich Gronow, 1611-1671, che latinizzò il proprio nome in Gronovius), un celebre filologo di origine tedesca; filologi erano ugualmente il padre Jacob (1645-1716) e il fratello Abraham (1695-1775), che fu anche direttore della biblioteca dell'università. Il nostro Jan Frederik era invece un medico e fu membro del senato cittadino e più volte sindaco di Leida. Ma soprattutto fu un appassionato naturalista, creatore di un notevole erbario e di un ricco gabinetto di curiosità, tappa obbligata per i visitatori dei Paesi Bassi. Già facoltoso grazie alle sua famiglia, con due successivi matrimoni acquisì un solido patrimonio che gli permise di dedicarsi all'arricchimento delle proprie collezioni di piante essiccate, animali e minerali. Nella prima metà del Settecento, Leida, dove Clusius aveva creato il primo orto botanico dell'Olanda, era un centro universitario di grande reputazione, che attirava in particolare studenti dalle isole britanniche. E' probabilmente grazie a queste frequentazioni che Gronovius apprese perfettamente la lingua inglese e poté stabilire duraturi contatti con ex studenti di Leida inglesi e scozzesi. La sua rete di corrispondenti (con i quali scambiava libri e esemplari) era alquanto vasta e comprendeva studiosi di mezza Europa, ma i rapporti più fruttuosi furono proprio quelli con il mondo anglosassone, in particolare con raccoglitori e studiosi che operavano nell'America settentrionale. Tra di loro troviamo Mark Catesby, che raccolse piante in Virginia e più in generale nelle colonie americane sud-orientali e nelle Antille; William Houstoun (o Houston) che esplorò Cuba, la Giamaica, il Venezuela e la regione messicana di Vera Cruz; il medico Cadwallader Colden e sua figlia Jane, la prima botanica americana; John Clayton, che ugualmente operò in Virginia. Tra i suoi corrispondenti inglesi, troviamo anche il mercante-collezionista Collinson, della cui rete egli si giovò per accedere alle piante raccolte da John Bartram. Un po' pirata, un po' naturalista... La rete americana di Gronovius è alla base di una vicenda decisamente inquietante. Nel 1734 e nel 1735, Clayton inviò a Catesby (che era rientrato in Inghilterra ed era considerato uno specialista della flora del nuovo mondo perché stava pubblicando Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands) due grossi carichi di esemplari raccolti in Virginia. Catesby non riuscì ad identificare molte piante; trattenne alcuni esemplari per il proprio erbario (a sua volta Collinson tenne per sé una parte dei semi) e inviò il grosso in Olanda a Gronovius, perché li identificasse. Di fronte all'enorme mole di materiale, Gronovius chiese l'aiuto di Linneo, che in quel momento lavorava per Clifford a Hartekamp. Nel frattempo, Clayton aveva scritto un catalogo delle piante da lui raccolte in Virginia, organizzate secondo il metodo di Ray; inviò anche questo a Catesby, chiedendogli di cercare un editore. Catesby spedì il manoscritto a Gronovius. L'olandese, con la collaborazione di Linneo, rivide completamente il testo e riclassificò le piante seguendo il metodo linneano; senza chiedere il permesso a Clayton, pubblicò il frutto del suo lavoro con il titolo Flora virginica (1739-1743). Se non di un plagio (come si vede dall'immagine, nel frontespizio compare anche il nome di Clayton, stampato più in alto e in corpo maggiore rispetto a quello di Gronovius), si tratta di una grave scorrettezza che di fatto privò Clayton della sua proprietà intellettuale. La natura dell'operazione salta agli occhi dalla lettura del titolo nella sua interezza: Flora virginica, exibens plantas quas Johannes Clayton in Viriginia observavit et collegit, easdem methodo sexuali disposuit, ad genera propria retulit, nominibus specificis insignivit, et minus cognitas descripsit Joh. Fred. Gronovius, "Flora della Virginia, in cui si descrivono le piante che John Clayton osservò e raccolse in Virginia, che J. F. Gronovius ha classificato secondo il metodo sessuale, ha assegnato al genere corretto, ha dotato di nomi specifici e di cui ha descritto quelle meno conosciute". Come si vede, Clayton, da autore, è stato ridotto a mero raccoglitore, mentre tutto il merito scientifico è attribuito a Gronovius; quest'ultimo, in effetti, non solo cambiò il metodo di classificazione, ma operò una totale riscrittura, sostituendo i nomi polinomiali proposti da Clayton (spesso ridotti a meri sinonimi) con altri attinti da opere precedenti o creati da lui stesso. Qualche anno più tardi, nel 1762, mentre Clayton, ovviamente assai insoddisfatto del trattamento subito, lavorava a una propria versione, il figlio di Gronovius avrebbe reiterato l'offesa pubblicando una seconda edizione, precludendo ogni possibilità di pubblicare all'americano, che non riuscì a trovare un editore per il proprio lavoro né in Europa né in America. Nonostante questa sgradevole vicenda, Flora virginica rimane un'opera importante, ed ebbe un rilevate ruolo storico. Oltre a essere la prima trattazione complessiva della flora della colonie americane, rimasta a lungo un testo di riferimento, fu la prima opera botanica ad adottare il sistema di classificazione di Linneo, di cui fu la principale fonte per le specie americane descritte in Species plantarum. Molte delle denominazioni assegnate da Gronovius alle piante americane furono validate da Linneo e sono tuttora in uso. Gronovius compilò anche una Flora orientalis, basata sull'erbario di Leonhard Rauwolf (1535-1596), che tra il 1573 e il 1575 viaggiò e raccolse piante in Levante e in Mesopotamia, in cui riclassificò, sempre seguendo il metodo linneano, circa 350 piante. Come si è visto in questo post, battezzò la Linnaea borealis in onore di Linneo; creò il genere Gerbera. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Anche suo figlio Laurentius Theodorus (1730-1777) fu un naturalista, soprattutto uno zoologo e un ittiologo; allo stesso modo in cui il padre aiutò il giovane Linneo, ebbe la ventura di essere tra i protettori di Carl Peter Thunberg, che proprio grazie al suo interessamento poté essere assunto dalla Compagnia olandese delle Indie Orientali e dare inizio ai suoi viaggi in Sud Africa e Giappone. Gronovia, l'arrampicatrice Fu un altro raccoglitore di piante americane a raccogliere e dedicare a Gronovius la pianta che ne avrebbe perpetuato il nome. Si tratta del chirurgo scozzese William Houstoun (o Houston) che nei suoi viaggi nelle Antille e in Messico raccolse molte nuove piante, tra cui una rampicante erbacea messicana che denominò Gronovia repens, in onore del corrispondente Gronovius il quale gli rese il favore creando il genere Houstonia. Entrambi furono poi validati da Linneo nel 1753 nella prima edizione di Species plantarum. Gronovia è un piccolo genere della famiglia Loasaceae, che comprende solo due specie: appunto G. repens, di ampia diffusione dal Messico al Perù settentrionale, e G. longiflora, endemica del Messico meridionale. Sono erbacee rampicanti a veloce crescita dei boschi aridi caducifogli, annuali che nascono alle prime piogge, per poi seccare al ritorno della stagione secca; sono caratterizzate da foglie profondamente lobate (che le fanno assomigliare un po' alla zucca matta, Bryonia dioica, tanto che in passato furono assegnate alle Cucurbitaceae), fusti dotati di peli in parte urticanti e in parte uncinati, e piccoli fiori bianchi o verdastri a cinque petali. G. repens, che cresce spesso in terreni disturbati, per la sua rapida crescita (può arrivare anche a 4 metri) viene considerata un'infestante dei coltivi. Insomma, un'erbaccia, in cui si rimane impigliati e che punge come un'ortica, come ci dicono alcuni dei suoi nomi comuni (ortiguilla, "piccola ortica", mala mujer, "donna malvagia, donnaccia", pega pega "acchiapparella"). Qualche approfondimento nella scheda. Forse Linneo avrebbe potuto scegliere qualcosa di più raffinato per onorare il suo antico protettore, ma volle giustamente rispettare la denominazione creata da Houstoun; e poi, in fondo, anche Gronovius, almeno nei confronti di Clayton, si comportò decisamente da erbaccia rampicante, pronto ad attaccarsi alle sue ricerche e a crescere soffocandone la carriera scientifica. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2024
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