Nonostante la sua breve vita, la figura di William Anderson, aiuto chirurgo della Resolution nel secondo viaggio di Cook e primo chirurgo nel terzo, ha destato interesse come prototipo del tipico chirurgo della Royal Navy che univa all'abilità professionale spiccati interessi naturalistici. Benché non avesse avuto un'educazione formale come naturalista, era una sicura promessa della scienza britannica, ma anche un "giovane sensibile" ricco di acume e umanità la cui morte destò grande rimpianto tra i suoi compagni d'avventura. A ricordarlo, grazie a Robert Brown, l'Ericacea australiana Andersonia, che tuttavia presiede in condominio con due omonimi: il giardiniere William Anderson e il botanico Alexander Anderson. Soprattutto quest'ultimo è una figura di notevole interesse. Apprendistato di un giovane uomo sensibile Il 3 o il 4 agosto 1778 sulla Resolution, la nave ammiraglia del terzo viaggio di Cook, ha luogo una mesta cerimonia: di fronte all'isola di San Lorenzo nello stretto di Bering viene sepolto in mare il chirurgo William Anderson. Non aveva ancora ventotto anni. La sua morte, preceduta da una lunga malattia, non è una sorpresa per nessuno, ma lascia tutti sgomenti. Cook, di solito freddo e riservato, scrive: "Era un giovane uomo sensibile, un compagno gradevole, molto preparato nella sua professione e aveva acquisito grande conoscenza in altre scienze; se fosse piaciuto a Dio di risparmiare la sua vita sarebbe stato molto utile nel corso del viaggio". Più toccanti e accorate le parole del comandante della Discovery, Charles Clerke (poco più di un anno dopo condividerà lo stesso destino): "La sua morte è il più sventurato colpo subito dalla nostra spedizione; la sua eminente abilità di chirurgo e la sua illimitata umanità lo rendevano il più rispettabile e il più stimato membro della nostra piccola società; la perdita della sua superiore conoscenza, soprattutto rispetto alla scienza della Storia naturale, ha lasciato un vuoto nel nostro viaggio che si farà molto rimpiangere". La grandezza della perdita è sottolineata da James King, secondo ufficiale della Resolution, che era aveva studiato astronomia ad Oxford: "Le sue conoscenze toccavano tutti gli oggetti naturali; la sua applicazione era costante e regolare, e di gran lunga eccessiva per la sua salute; la dedizione con cui studiava le diverse scienze della Storia naturale e le specie umane era tale da dare un vero piacere a ogni persona per bene e ogni uomo di scienza; era la persona più libera dalle ristrettezze di un spirito limitato che io abbia mai conosciuto". Il rimpianto dei suoi compagni d'avventura è condiviso da coloro che hanno studiato questa giovane promessa della scienza britannica. Molti riconoscono in lui il prototipo di una figura tipica della Royal Navy: il chirurgo di bordo che unisce alle capacità professionali una preparazione scientifica di buon livello e dedica qualcosa di più dei ritagli di tempo alla ricerca naturalistica. Come molti chirurghi della marina britannica, William Anderson era nato in Scozia, nel 1750, e tra i sedici e i diciotto anni aveva seguito i corsi della facoltà di medicina di Edimburgo, che includevano nozioni di botanica e scienze naturali. Forse per ragioni economiche, aveva però preferito diventare chirurgo, andando a studiare alla Surgeon Hall di Londra, dove si diplomò come aiuto chirurgo e chirurgo rispettivamente nel 1768 e nel 1770. Quindi si arruolò in marina e servì successivamente come aiuto chirurgo sulla Thunder e sulla Barfleur. Nel 1771 fu scelto come aiuto chirurgo della Resolution, la nave del secondo viaggio di Cook. Al momento dell'imbarco aveva 22 anni e l'esperienza fu sicuramente importantissima per sviluppare la sua competenza scientifica, anche se, poiché il suo diario è andato perduto, dobbiamo accontentarci di notizie indirette. Forse, almeno inizialmente, poté giovarsi in qualche modo dell'addestramento dei Forster, grazie alla mediazione del primo chirurgo James Patten, uno dei pochi che avesse rapporti accettabili con loro. Ma poi subentrò la rivalità e il sospetto. I termini in cui Georg Forster parla di lui nel suo resoconto (senza nominarlo espressamente) sono velenosi: "Uno degli aiuto chirurghi, che partecipò a questa escursione, raccolse una prodigiosa quantità di nuove e curiose conchiglie nell'isola di Ballabea, e ugualmente molte nuove specie di piante di cui non avevamo visto un singolo esemplare nei distretti che avevamo visitato; ma la più malvagia e più irragionevole invidia gli insegnò a nasconderci queste scoperte sebbene fosse del tutto incapace di usarle a profitto della scienza". L'episodio si colloca verso lo fine del viaggio, in Nuova Caledonia, in un momento in cui entrambi i Forster erano malati. Tutto dimostra che, al contrario, Anderson era invece più che capace di trarre profitto dalle sue scoperte. Compilò liste di vocaboli di diverse delle isole visitate, incluso un dizionario di 28 pagine del tahitiano che fu allegato a una delle edizioni del resoconto ufficiale. Solander, che visitò la Resolution subito dopo il ritorno in Inghilterra (ma non poté incontrare Anderson), parla delle sue collezioni in termini elogiativi. Unendo le competenze mediche con gli interessi scientifici, il giovane chirurgo studiò alcuni casi di avvelenamento causati dall'ingestione di pesci tossici e ne fece oggetto di una memoria che, sotto forma di lettera al Presidente della Royal Society John Pringle, ebbe l'onore di essere pubblicata nelle Philosophical Transactions nel 1776. Il terzo viaggio di Cook Nel 1775 il Parlamento britannico istituì un premio di 20.000 sterline a chi avesse scoperto il mitico passaggio a Nord-ovest. E proprio questo fu l'obiettivo non dichiarato del terzo viaggio di Cook: quello ufficiale era riportare in patria Omai, un polinesiano di Raiatea che era stato condotto in Inghilterra sulla Adventure. Alla spedizione parteciparono di nuovo due vascelli: la vecchia Resolution, ancora comandata da Cook, e la piccola Discovery, al comando di Clerke (che era stato il secondo ufficiale della Resolution nel secondo viaggio). Cook la intendeva come una spedizione esclusivamente geografica, e non volle scienziati a bordo (secondo i maligni, dopo la convivenza con i Forster ne aveva avuto abbastanza) e scelse personalmente gli ufficiali tra i veterani che avevano partecipato ai suoi viaggi precedenti. C'erano però un pittore paesaggista, John Webber, e un astronomo, William Bayly. Come primo chirurgo, Cook volle il nostro William Anderson, che in tal modo divenne il naturalista ufficioso della spedizione: rispetto ai "gentiluomini naturalisti", in quanto chirurgo di bordo, presentava l'indubbio vantaggio di essere soggetto alla disciplina militare. Accanto a lui, Banks riuscì tuttavia a insinuare come aiutante uno dei giardinieri di Kew, David Nelson. Purtroppo, la sorte di Anderson era già segnata. Nel breve intervallo tra i due viaggi aveva servito sulla fregata Milfort, dove aveva contratto la tubercolosi. Anche Clerke si trovava nelle medesime condizioni: essendosi offerto come garante di un fratello insolvente, era finito in carcere per debiti, e qui era stato infettato. Al momento della partenza, tuttavia, entrambi sembravano ancora in buona salute. La Resolution partì per prima nel luglio 1776, mentre la Discovery poté salpare solo all'inizio di agosto. Nell'intervallo tra i due viaggi, la nave di Cook non era stata adeguatamente riparata e presto incominciò a imbarcare acqua soprattutto attraverso il ponte principale; con il mare grosso, le cuccette degli uomini venivano inondate, destando la preoccupazione del coscienzioso Anderson per la salute dei marinai. A Cape Town fu raggiunta dalla Discovery ; mentre entrambe le navi venivano ricalafatate, Anderson si unì a Nelson in alcune escursioni botaniche. Dopo aver lasciato il Sud Africa, navigando in direzione sud-est Cook scoprì le isole del Principe Edoardo, quindi, seguendo gli ordini dell'ammiragliato, prese possesso delle desolate isole Kerguelen con una cerimonia che Anderson (possediamo i suoi diari relativi alla prima parte della spedizione) trovava ridicola; in tutto l'emisfero, era difficile trovare un posto più sterile e meno interessante per un naturalista. Eppure, oltre a studiare i pinguini, proprio qui fece la sua più importante scoperta botanica: il cavolo delle Kerguelen, Pringlea antiscorbutica. La tappa successiva fu la Tasmania, dove l'interesse di Anderson sembra essere stato attratto soprattutto dagli indigeni, miti e accoglienti verso i forestieri; tuttavia egli osservò anche le piante, in particolare gli onnipresenti eucalipti. Il viaggio proseguì per il Queen Charlotte Sound in Nuova Zelanda, quindi toccò le isole Cook (a Atiu gli indigeni sequestrarono le piante che Anderson aveva appena raccolto, ma il chirurgo fu tutto sommato divertito dalla possibilità di osservare dal vivo l'uomo allo stato di natura) e le Tonga. Anderson descrive con ammirazione i pesci che popolano la barriera corallina, osserva con occhio clinico le malattie che affliggono gli indigeni (compresa la sifilide, importata dai viaggiatori europei), esprime qualche critica - ma sempre nel rispetto delle gerarchie - sulle punizioni a suo parere sproporzionate inflitte agli indigeni. Intanto, gli effetti della malattia avevano cominciato a manifestarsi sia per Anderson sia per Clerke. A Anderson era chiaro che proseguire il viaggio e affrontare i gelidi mari del Pacifico settentrionale sarebbe stato fatale ad entrambi. A Tahiti, dove arrivarono il 12 agosto 1777 e si fermarono fino all'inizio di dicembre, i due decisero di dare le dimissioni e di chiedere di essere lasciati a terra, affidati alle cure degli indigeni. Tuttavia, il senso del dovere, la lealtà verso i compagni, l'incertezza della reazione di Cook, li fecero esitare e rimandare la comunicazione, finché fu troppo tardi; lasciata Tahiti, dopo aver toccato le Isole della Società, nella loro rotta verso la costa americana le navi si addentrarono infatti in acque inesplorate. La salute di Anderson incominciò a declinare. Il 21 dicembre accompagnò ancora Cook in una passeggiata di discreta lunghezza a Kauai, la prima isola delle Hawaii toccata dalla spedizione. Tuttavia, il 10 gennaio, giorno in cui le navi raggiunsero l'isola di Hawaii, l'astronomo Bayly annotò sul suo diario che tutto l'equipaggio era in buona salute "eccetto il chirurgo Mr. Anderson che è molto malato in stato di consunzione". Fu solo la forza della volontà a permettergli di continuare le osservazioni linguistiche ed etnografiche e forse anche le raccolte naturalistiche (non possediamo il suo diario dopo Tahiti). Dopo aver lasciato le Hawaii all'inizio di febbraio, le navi si diressero a nord, toccando terra il 6 marzo presso Capo Foulweather nell'attuale Oregon. Proseguendo verso nord, si ancorarono nella baia di Nootka, dove trascorsero circa un mese, dal 29 marzo al 26 aprile 1778. Quindi iniziarono ad esplorare e a mappare la costa, proseguendo fino allo stretto di Bering, nella speranza di individuare il passaggio a Nord-ovest. A maggio gettarono l'ancora nell'attuale Prince William Sound in Alaska e Anderson mise piede a terra forse per l'ultima volta, arrampicandosi con Cook su una collina. Fino alla morte, avvenuta tra le 3 e le 4 del pomeriggio del 3 agosto di fronte all'isola di San Lorenzo, non abbiamo altre notizie su di lui. Se fosse vissuto, oltre ad arricchire il risultati scientifici dello sventurato terzo viaggio di Cook, sarebbe sicuramente diventato qualcosa di più di una promessa della scienza britannica; probabilmente sarebbe stato ammesso alla Royal Society e sarebbe diventato uno degli uomini di Banks, al quale legò le sue collezioni. Una sintesi della sua breve vita nella sezione biografie. Ancora qualche riga per concludere il racconto. Ovviamente, Cook non trovò il passaggio a nord-ovest (sarà conquistato solo nel 1906 dal celebre esploratore polare Roald Amundsen) e divenne sempre più esasperato e intrattabile. Quindi ritornò alle Hawaii dove, come tutti sanno, il 14 febbraio 1779 trovò la morte. Clerke, che si era apparentemente un poco ripreso, assunse il comando della Resolution, mentre sulla Discovery gli subentrava John Gore, e riprese la ricerca del passaggio a nord-ovest. Ridotto a uno scheletro dalla tubercolosi, si spense in mare il 22 agosto 1779 (era il giorno del suo trentottesimo compleanno) e fu sepolto a Petropavlovsk in Kamčatka. Dopo diverse altre vicissitudini, una delle spedizioni più disastrose della storia della Royal Navy si concluse il 4 ottobre 1780 con il rientro in patria delle due navi. La stesura del resoconto ufficiale fu affidato al canonico John Douglas che per integrare il diario di Cook utilizzò ampiamente il diario del nostro William Anderson. Un genere per tre I materiali raccolti da Anderson rimasero inediti nella biblioteca di Banks, finché Robert Brown molti anni dopo li esaminò mentre preparava il suo importante lavoro sulla flora australiana. Oramai avevano perso ogni carattere di novità, ma Brown volle rendere omaggio allo sfortunato chirurgo dedicandogli il genere Andersonia, con una interessante nota biografica: "L'ho denominato in memoria di William Anderson, chirurgo navale, che partecipò a due spedizioni di Cook e morì durante l'ultima; si dedicò quanto più poteva all'osservazione di uomini e animali e non trascurò la botanica. Nella biblioteca di Banks e nel suo catalogo rimangono diverse sue descrizioni di piante, soprattutto dell'isola di Demen [cioè la Tasmania]; tra di essi non ho trovato alcun genere inedito, ovvero Goodenia Sm., Corraea Sm., Bauera (Ms. Ramsay) e Eucalyptum L.Hérit." Brown tuttavia approfittò dell'occasione per ricordare altri due Anderson: "Alexander Anderson, prefetto dell'orto botanico dell'isola di Saint Vincent, e William Anderson, giardiniere abilissimo, solertissimo coltivatore e acuto osservatore di piante esotiche". Al momento della dedica erano entrambi viventi e sicuramente più noti dello sfortunato chirurgo di Cook. Alexander Anderson (1748-1811) era nato ad Aberdeen e aveva studiato all'università di Edimburgo senza completare gli studi, quindi si era trasferito a Londra dove aveva lavorato per qualche tempo al Chelsea Physic Garden sotto il suo conterraneo William Forsyth. Nel 1774 si spostò a New York, dove lavorò come giardiniere e spedì a Forsyth alcuni esemplari di piante raccolte a Long Island e York Island (oggi Manhattan). Fedele all'Inghilterra, durante la guerra di Indipendenza per sottrarsi all'arruolamento si trasferì prima in Suriname poi nelle Antille britanniche. Nel 1783 si trovava all'Ospedale militare di Saint Lucia come aiutante di George Young, che gli chiese di cercare piante medicinali locali, tra cui un antimalarico che si pensava potesse sostituire la china; tuttavia la pianta, conosciuta come Cinchona sanctaeluciae, benché amara, non contiene gli alcaloidi presenti nel genere Cinchona ed è stata trasferita nel genere Exostema quindi in Solenandra, come S. sanctaeluciae. Nel 1784, quando il dottor Young poté tornare a Saint Vincent (per qualche anno occupata dai francesi), lo accompagnò, quindi gli succedette come prefetto del giardino botanico dell'isola, specializzato nella coltivazione di piante tropicali. Era anche un attivo raccoglitore, in corrispondenza con Banks, su sollecitazione del quale nel 1785 redasse un catalogo delle piante coltivate nell'orto, nel quale elenca 348 piante diverse, soprattutto medicinali o di interesse commerciale. Intorno al 1800 ne compilò una seconda edizione, che contiene circa 2000 specie, dandoci la misura del grande lavoro compiuto da Anderson per ampliare le collezioni dell'orto, sia grazie alle raccolte sul campo, sia grazie alla rete di corrispondenti. Anderson fece raccolte non solo a St Vincent, ma anche nelle piccole Antille, nell'entroterra costiero del Messico caraibico, a Trinidad e Tobago e nelle Guiane. Ricevette molte piante da capitani di marina e da numerosi corrispondenti, risiedenti nelle tredici colonie e nelle Antille francesi. Fu così che grazie a lui numerose piante caraibiche furono introdotte in Europa. Ma l'orto botanico di Saint Vincent divenne anche un centro di diffusione delle piante tropicali che, attraverso Kew, giungevano da altre parti del mondo. La più famosa è l'albero del pane Artocarous altilis, che arrivò a Saint Vincent da Tahiti nel 1793; Anderson la moltiplicò e provvide a distribuirla nelle altre isole delle Antille britanniche. Egli fu anche un prolifico autore di contributi che inviava alla Royal Society e alla Linnean Society. Progettò inoltre di scrivere una Flora dei Caraibi, di cui rimangono solo poche pagine manoscritte inviate a Banks. Purtroppo non pubblicò nessuna delle almeno 100 piante caraibiche che aveva raccolto e il suo nome è ricordato appunto solo dalla dedica collettiva di Andersonia R. Br. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Veniamo infine al secondo William Anderson (1766-1846); anche lui era scozzese e dopo aver lavorato come giardiniere in alcuni vivai nei pressi di Edimburgo, negli anni '90 si trasferì a Londra dove divenne il giardiniere capo del facoltoso mercante James Vere, che a Kengsinton Gore possedeva una notevolissima collezione di piante tropicali, in particolare succulente. Gli è stato persino dedicato il genere Veraea / Vereia, oggi sinonimo di Kalanchoe. William Anderson si fece un nome come esperto di succulente e nel 1798 fu ammesso alla Linnean Society. Nel 1814 venne nominato sovrintendente del Chelsea Physical Garden che in quegli anni aveva perso molto del passato smalto. Anderson ne seppe risollevare le sorti; contribuì anche attivamente con numerosi articoli al Gardeners Magazine e alle Transactions della Horticultural Society. Anche su di lui, una nota biografica nella sezione biografie. Andersonia, viva la varietà! Andersonia R.Br. è un piccolo genere endemico dell'Australia sudoccidentale, della famiglia Ericaceae (precedentemente Epacridaceae). Brown lo stabilì sulla base di cinque specie che egli stesso aveva raccolto lungo il King George's Sound e di una specie raccolta a Lucky Bay. Oggi comprende una trentina di specie di arbusti che vivono soprattutto nelle boscaglie di ericacee, con alcune specie tipiche di habitat più sabbiosi o rocciosi. Anche se alcune specie sono di dimensioni maggiori, la maggior parte sono piccoli arbusti che non superano il metro, mentre le specie di ambienti rocciosi sono nane a cuscino. Una differenza legata ai diversi habitat, che vanno dalle zone con precipitazioni abbondanti a quelle semiaride. Sempreverdi, hanno foglie da piccole a minute, spesso aghiformi, alternate o disposte a spirale. I fiori possono essere solitari ma più spesso sono aggregati in infiorescenze terminali, con i fiori sotteso da una serie di brattee o bratteole. Il calice con cinque sepali o polisepalo è persistente e in genere eccede la corolla tubolare; bianco, rosa, viola o azzurro, spesso è più decorativo della corolla. Anche quest'ultima, tubolare o a urna, con lobi ricurvi o retroflessi, è piuttosto varia. Il gigante del genere è A. axillaris, un grande arbusto che può superare i tre metri. Presente solo sulle pendici superiori e sulle sommità delle cime occidentali del Stirling Range National Park, dove vive in suoli rocciosi in associazione a fitte boscaglie di ericacee, è una pianta ormai rara oggetto di progetti di reintroduzione. Tra le più piccole e più comuni, troviamo invece A. macranthera, una specie non più alta di mezzo metro che vive nelle pianure sabbiose dalla costa sud-occidentale, con minuscole foglie aghiformi e deliziosi piccoli fiori con sepali e corolla rosa-porpora. Altre specie sono ancora più decorative. A. grandiflora, una minuscola specie a cuscino presente in poche aree con suolo roccioso e sabbioso dei dintorni di Albany, ostenta sorprendenti fiori con calice bruno e corolla rosso-aranciato. Ma forse la più singolare è A. caerulea, una specie piuttosto diffusa, con portamento tappezzante o decombente; al momento della fioritura, produce fitte infiorescenze a spiga di fiori bicolori, con calice rosa-violaceo e corolla azzurra, da cui emerge un ciuffo di stami candidi. Altre informazioni nella scheda.
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Curioso destino, quello di Johann Reinhold Forster e di suo figlio Georg. Oggi il primo è considerato uno dei filosofi naturali più interessanti dell'ultimo Settecento, e il secondo uno dei padri dell'etnologia. Eppure, al loro tempo, l'uno e l'altro sono stati ostracizzati per motivi diversi. A rovinare la fama di Johann Reinhold è stato il suo pessimo carattere, che lo ha fatto definire da uno dei biografi di Cook un "incubo"; la reputazione di Georg è stata invece compromessa dall'entusiastica adesione alla rivoluzione francese, che gli è costata la condanna come traditore della patria, l'esilio, la morte precoce e il lungo oblio della sua opera scientifica. Entrambi parteciparono alla seconda spedizione di Cook, il padre come naturalista ufficiale, il secondo soprattutto come disegnatore e, al di là delle polemiche, si dimostrarono naturalisti solerti e capaci. A ricordarli nella terminologia botanica un genere di piante minuscole endemiche della Nuova Zelanda e della Tasmania, Forstera. A raccogliere il primo esemplare nei pressi di Cascade Cove fu Anders Sparmman che volle dedicarla al "mio compagno botanico" Georg Forster. Prima del viaggio: un erudito tedesco Anche ai suoi tempi, nessuno dubitava che Johann Reinhold Forster, il naturalista ufficiale della seconda spedizione Cook, fosse un uomo coltissimo e di grande competenza scientifica. Eppure la convivenza con Cook fu così disastrosa che, dopo quell'esperienza, il navigatore decise di non volere più alcun naturalista a bordo. Il giudizio del biografo di Cook J.C. Beaglehole è senza appello: "Niente può renderlo diverso da uno dei peggiori errori dell'ammiragliato. Dall'inizio alla fine del viaggio, e anche successivamente, fu un incubo. Si esita a descriverne le caratteristiche, nel timore che il ritratto passi per una caricatura. Dogmatico, privo di umorismo, sospettoso, pretenzioso, polemico, censorio, esigente, afflitto dai reumatismi: era un problema sotto qualsiasi punto di vista". Molto diversa è l'immagine che ne dà il biografo di Forster Michael E. Hoare, che ha anche curato la monumentale edizione del suo diario del viaggio della Resolution. Secondo Hoare, egli è stato uno dei grandi geni universali dell'ultimo Settecento e l'oblio che è caduto sulla sua figura è una grande perdita per l'antropologia, la linguistica, la geografia e la zoologia del Pacifico. Le incomprensioni e lo scontro con Cook, più che al celebre cattivo carattere dello studioso tedesco, sarebbero dovuti allo incontro impossibile tra due mondi e due visioni della vita: da una parte, un marinaio e un uomo d'arme, dall'altra un filosofo, anzi un "filosofo senza tatto", come lo ha battezzato lo stesso Hoare. Proviamo dunque a raccontarlo, questo personaggio impossibile. E con lui suo figlio Georg, allievo, compagno di viaggio, ragazzo prodigio da esibire, in una relazione padre-figlio che ricorda per molti aspetti quella tra Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart. Johann Reinhold Forster, discendente da una famiglia di origine scozzese emigrata in Germania, nacque all'estrema periferia del mondo tedesco, a Dirschau, nei pressi di Danzica. Dopo aver studiato teologia, lingue classiche e orientali all'Università di Halle, divenne pastore della chiesa luterana di Nassenhuben, un altro villaggio della Pomerania prussiana. Gli aneddoti riferiscono di un pastore riluttante: aveva speso gran parte dell'eredità paterna in libri, e tutto il suo tempo era dedicato allo studio; a preparare i sermoni dedicava solo qualche minuto e durante il servizio spesso era così stanco da cadere addormentato. Intanto si era sposato con una cugina, da cui ebbe ben otto figli. Durante la Guerra dei sette anni (1756-63), quando la sua parrocchia fu ripetutamente occupata dalle truppe russe, conquistò però la stima dei suoi parrocchiani difendendo con energia i loro interessi e le loro proprietà dalla rapacità degli occupanti. Insoddisfatto della sua posizione, fece sapere al residente russo a Danzica che era disposto a trasferirsi in Russia come pastore. Fu forse in seguito a questa richiesta che nel 1764 Caterina II lo incaricò di ispezionare gli insediamenti tedeschi lungo il corso del Volga, per dissipare le voci negative sulle condizioni di vita dei coloni. Lasciando il resto della famiglia a Nassenhuben, Forster partì per la Russia con il figlio maggiore Georg, all'epoca un bambino di dieci anni. Un bambino molto speciale: così appassionato di scienze naturali che il padre, per soddisfare la sua curiosità, acquistò le opere di Linneo e incominciò a studiare zoologia e botanica insieme a lui. Forster prese molto sul serio l'incarico, e ne approfittò per studiare la meteorologia e la storia naturale della regione. La zarina contava su una relazione edulcorata, invece Johann Reinhold presentò un rapporto fortemente critico; di conseguenza gli fu negato il salario promesso. Dopo qualche mese passato a San Pietroburgo cercando inutilmente di essere pagato (Georg ne approfittò per imparare decentemente il russo), quando tornò in patria scoprì che a causa della prolungata assenza era stato privato della parrocchia. Forster decise di andare a cercare fortuna in Inghilterra, forse anche per evitare ritorsioni da parte delle autorità russe. Lasciando nuovamente il resto della famiglia in Pomerania, nell'autunno del 1766 si trasferì a Londra con il piccolo Georg. Non riuscì a trovare impiego al neonato British Museum come aveva sperato, ma nella primavera del 1767 fu assunto come insegnante di lingue moderne e scienze naturali alla Warrington Academy, una scuola non conformista con un curriculum innovativo. L'incarico durò poco: non per la scarsa qualità dell'insegnamento (Hoare, che ha studiato i materiali delle lezioni, ne sottolinea la profondità e l'alto livello) ma per il "caratteraccio" di Forster, accusato di aver inflitto "misure disciplinari violente" a uno studente; senza contare i debiti contratti con molti fornitori. Dopo aver insegnato lingue per un altro anno in una Grammar School della stessa località, Forster tornò a Londra, dove si mantenne con traduzioni sue e del figlio, specializzandosi nei racconti di viaggio: tradusse tra l'altro in inglese le relazioni degli allievi di Linneo Kalm, Loefling e Osbeck e il Viaggio intorno al mondo di Bougainville. Inoltre era redattore di una rivista specializzata in letteratura internazionale. Presentando diversi lavori su svariati soggetti alla Società degli Antiquari e alla Royal Society riuscì a farsi una solida reputazione come naturalista; inoltre era in corrispondenza con molti scienziati in Inghilterra e all'estero, incluso Linneo. Nel 1771 pubblicò A Catalogue of the Animals of North America, accreditandosi come zoologo. Lo stesso anno fu ammesso alla Royal Society. Così, quando praticamente da un giorno all'altro Banks e Solander rinunciarono a partire per il secondo viaggio di Cook, Forster sembrò indiscutibilmente il candidato ideale. Tanto più che l'avrebbe accompagnato suo figlio, un disegnatore di talento, "senz'altro molto utile in questa parte della faccenda", come scrisse il lord dell'Ammiragliato, lord Sandwich. Per tagliar corto con la burocrazia, il re autorizzò il pagamento di una discreta somma per l'acquisto delle attrezzature e in dieci giorni i Forster erano pronti a partire. Prima del viaggio: un erudito tedesco Anche ai suoi tempi, nessuno dubitava che Johann Reinhold Forster, il naturalista ufficiale della seconda spedizione Cook, fosse un uomo coltissimo e di grande competenza scientifica. Eppure la convivenza con Cook fu così disastrosa che, dopo quell'esperienza, il navigatore decise di non volere più alcun naturalista a bordo. Il giudizio del biografo di Cook J.C. Beaglehole è senza appello: "Niente può renderlo diverso da uno dei peggiori errori dell'ammiragliato. Dall'inizio alla fine del viaggio, e anche successivamente, fu un incubo. Si esita a descriverne le caratteristiche, nel timore che il ritratto passi per una caricatura. Dogmatico, privo di umorismo, sospettoso, pretenzioso, polemico, censorio, esigente, afflitto dai reumatismi: era un problema sotto qualsiasi punto di vista". Molto diversa è l'immagine che ne dà il biografo di Forster Michael E. Hoare, che ha anche curato la monumentale edizione del suo diario del viaggio della Resolution. Secondo Hoare, egli è stato uno dei grandi geni universali dell'ultimo Settecento e l'oblio che è caduto sulla sua figura è una grande perdita per l'antropologia, la linguistica, la geografia e la zoologia del Pacifico. Le incomprensioni e lo scontro con Cook, più che al celebre cattivo carattere dello studioso tedesco, sarebbero dovuti allo incontro impossibile tra due mondi e due visioni della vita: da una parte, un marinaio e un uomo d'arme, dall'altra un filosofo, anzi un "filosofo senza tatto", come lo ha battezzato lo stesso Hoare. Proviamo dunque a raccontarlo, questo personaggio impossibile. E con lui suo figlio Georg, allievo, compagno di viaggio, ragazzo prodigio da esibire, in una relazione padre-figlio che ricorda per molti aspetti quella tra Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart. Johann Reinhold Forster, discendente da una famiglia di origine scozzese emigrata in Germania, nacque all'estrema periferia del mondo tedesco, a Dirschau, nei pressi di Danzica. Dopo aver studiato teologia, lingue classiche e orientali all'Università di Halle, divenne pastore della chiesa luterana di Nassenhuben, un altro villaggio della Pomerania prussiana. Gli aneddoti riferiscono di un pastore riluttante: aveva speso gran parte dell'eredità paterna in libri, e tutto il suo tempo era dedicato allo studio; a preparare i sermoni dedicava solo qualche minuto e durante il servizio spesso era così stanco da cadere addormentato. Intanto si era sposato con una cugina, da cui ebbe ben otto figli. Durante la Guerra dei sette anni (1756-63), quando la sua parrocchia fu ripetutamente occupata dalle truppe russe, conquistò però la stima dei suoi parrocchiani difendendo con energia i loro interessi e le loro proprietà dalla rapacità degli occupanti. Insoddisfatto della sua posizione, fece sapere al residente russo a Danzica che era disposto a trasferirsi in Russia come pastore. Fu forse in seguito a questa richiesta che nel 1764 Caterina II lo incaricò di ispezionare gli insediamenti tedeschi lungo il corso del Volga, per dissipare le voci negative sulle condizioni di vita dei coloni. Lasciando il resto della famiglia a Nassenhuben, Forster partì per la Russia con il figlio maggiore Georg, all'epoca un bambino di dieci anni. Un bambino molto speciale: così appassionato di scienze naturali che il padre, per soddisfare la sua curiosità, acquistò le opere di Linneo e incominciò a studiare zoologia e botanica insieme a lui. Forster prese molto sul serio l'incarico, e ne approfittò per studiare la meteorologia e la storia naturale della regione. La zarina contava su una relazione edulcorata, invece Johann Reinhold presentò un rapporto fortemente critico; di conseguenza gli fu negato il salario promesso. Dopo qualche mese passato a San Pietroburgo cercando inutilmente di essere pagato (Georg ne approfittò per imparare decentemente il russo), quando tornò in patria scoprì che a causa della prolungata assenza era stato privato della parrocchia. Forster decise di andare a cercare fortuna in Inghilterra, forse anche per evitare ritorsioni da parte delle autorità russe. Lasciando nuovamente il resto della famiglia in Pomerania, nell'autunno del 1766 si trasferì a Londra con il piccolo Georg. Non riuscì a trovare impiego al neonato British Museum come aveva sperato, ma nella primavera del 1767 fu assunto come insegnante di lingue moderne e scienze naturali alla Warrington Academy, una scuola non conformista con un curriculum innovativo. L'incarico durò poco: non per la scarsa qualità dell'insegnamento (Hoare, che ha studiato i materiali delle lezioni, ne sottolinea la profondità e l'alto livello) ma per il "caratteraccio" di Forster, accusato di aver inflitto "misure disciplinari violente" a uno studente; senza contare i debiti contratti con molti fornitori. Dopo aver insegnato lingue per un altro anno in una Grammar School della stessa località, Forster tornò a Londra, dove si mantenne con traduzioni sue e del figlio, specializzandosi nei racconti di viaggio: tradusse tra l'altro in inglese le relazioni degli allievi di Linneo Kalm, Loefling e Osbeck e il Viaggio intorno al mondo di Bougainville. Inoltre era redattore di una rivista specializzata in letteratura internazionale. Presentando diversi lavori su svariati soggetti alla Società degli Antiquari e alla Royal Society riuscì a farsi una solida reputazione come naturalista; inoltre era in corrispondenza con molti scienziati in Inghilterra e all'estero, incluso Linneo. Nel 1771 pubblicò A Catalogue of the Animals of North America, accreditandosi come zoologo. Lo stesso anno fu ammesso alla Royal Society. Così, quando praticamente da un giorno all'altro Banks e Solander rinunciarono a partire per il secondo viaggio di Cook, Forster sembrò indiscutibilmente il candidato ideale. Tanto più che l'avrebbe accompagnato suo figlio, un disegnatore di talento, "senz'altro molto utile in questa parte della faccenda", come scrisse il lord dell'Ammiragliato, lord Sandwich. Per tagliar corto con la burocrazia, il re autorizzò il pagamento di una discreta somma per l'acquisto delle attrezzature e in dieci giorni i Forster erano pronti a partire. Seconda parte: Nuova Zelanda-Spithead A giugno le due navi ripartono verso nord per esplorare il Pacifico centrale. Il 15 agosto raggiungono Tahiti, che impressiona fortemente Georg, forse influenzando le sue future idee politiche. Johann Reinhold, che è di cattivo umore per essere stato ferito durante una manovra, lamenta che ancora una volta sono arrivati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Dopo una breve sosta, il viaggio riprende attraverso le isole della Società. Qui, all'inizio di settembre, nell'isola di Raiatea, avviene la rottura tra Cook e Forster. Durante un'escursione a terra, vedendo che un indigeno cerca di impadronirsi del moschetto di suo figlio, Forster padre spara e lo ferisce. Un incidente che potrebbe costare molto caro, come ben sa il comandante, che rimprovera aspramente il naturalista; i due si scambiano male parole, finché Cook lo spinge fuori dalla sua cabina con violenza. Tre giorni dopo si rappacificano e si stringono la mano, ma qualcosa si è rotto per sempre. Da quel momento, agli occhi di Forster Cook è l'uomo egoista che non ha alcun interesse per la scienza e pensa solo alla sua gloria personale. Per il comandante, Forster è sempre più una mina vagante che, oltre a rendere irrespirabile l'atmosfera a bordo, può causare devastanti conflitti con gli indigeni. Il viaggio continua. A ottobre vistano alcune isole delle Tonga. Qui non ci sono molte nuove piante, ma in compenso ad attrarre entrambi i Foster sono i costumi degli abitanti delle isole, la loro musica, le loro lingue, che Georg studia e mette a confronto. Quindi tornano a sud; nuovamente una tempesta separa le due navi, che non si congiungeranno mai più. Il 3 novembre la Resolution è di nuovo nel Queen Charlotte Sound. Rispetto alla prima visita, ci sono molte più fioriture. Tra le piante in fiore c'è Phormium tenax (oggi forse la pianta più nota della Nuova Zelanda) e diverse orchidee, tra cui Thelymitra longifolia. In tutto le specie raccolte sono una trentina, ma Johann Reinhold è deluso perché si aspettava di trovare più animali. Dopo tre settimane di attesa, Cook si convince che l'Adventure sia naufragata durante la tempesta e decide di ripartire. In realtà, Furneaux ha raggiunto anch'esso la Nuova Zelanda in un altro punto, ma, avendo perso diversi uomini in seguito a un attacco maori e essendo a corto di provviste, ha deciso di rientrare in Inghilterra. Come l'estate precedente, anche quella del 1773-4 è dedicata all'esplorazione delle regioni antartiche. La Resolution riprende a percorrere e ripercorrere quei mari gelidi. Il 30 gennaio 1774 incontra un immenso campo di ghiaccio; Cook sospetta si estenda fino al Polo. Ci troviamo a 71° 10' di latitudine sud, il punto più meridionale mai toccato da una nave prima di allora. Forster soffre atrocemente di reumatismi, e ancora più lo angustia la sua personale ossessione: "Ci siamo affaticati per diciotto mesi, ma non abbiamo visto nulla che non sia già stato visto prima. Da parte mia credo che le poche piante e i pochi animali che abbiamo potuto incontrare durante le nostre brevi soste sono probabilmente già state osservate da Mr. Banks e dal dr. Solander". E' ora di tornare in acque più calde. La Resolution ora punta a nord e completa il periplo del Pacifico. Dopo quasi cinque mesi passati ininterrottamente in mare, il primo scalo, a marzo, è l'isola di Pasqua. Quindi si fa rotta per le Marchesi, Tahiti e nuovamente Raiatea. Durante il secondo soggiorno a Tahiti, nella speranza di trovare almeno qualche pianta che sia sfuggita a Banks e Solander, Forster padre scala le colline che coronano Matavai Bay accompagnato da un ragazzo del posto; il cammino è insidioso; sotto la pioggia cade e si procura una lussazione che lo farà zoppicare per anni. L'unica consolazione è aver trovato otto piante che molto probabilmente Banks e Solander non hanno mai visto. Cook esplora e cartografa le isole che portano il suo nome. A Niue (che di conseguenza Cook ribattezzerà isola selvaggia), Sparmann e Georg non fanno in tempo a sbarcare che vengono accolti da una sassaiola. Nelle isole Tonga, Cook proibisce ai naturalisti di scendere a terra, suscitando le prevedibili proteste di Forster. A Tanna, nelle Vanuatu, il naturalista mette le mani addosso a un indigeno che secondo lui voleva imbrogliarlo; dopo aver cercato inutilmente di fermarlo, il secondo ufficiale Charles Clerk ordina a una sentinella di sparargli se non la smette. Forster reagisce mettendo mano alla pistola. Tutti e due vanno a protestare da Cook, che sembra non credere né all'uno né all'altro. E' poi la volta di Vatoa, l'unica isola delle Fiji visitata, e delle Nuove Ebridi, sempre con soste ridotte al minimo che rendono furioso Forster: "Il denaro pubblico è andato sprecato e la mia missione, che consiste nel raccogliere nuove piante, di cui queste isole sono piene, è stata resa del tutto inutile. Che senso ha vedere due o tre isole in più? senza conoscere di quell'isola i prodotti, la natura del suolo, la disposizione degli abitanti, tutto ciò che non può essere imparato osservandola dal largo". Mai il contrasto di obiettivi tra marinai-geografi e naturalisti è stato espresso in modo più netto. Eppure le scoperte geografiche sono eccezionali: prima di tornare per la terza volta in Nuova Zelanda, Cook scopre la Nuova Caledonia e l'isola Norfolk. Il 19 ottobre, getta nuovamente l'ancora nel Queen Charlotte Sound. E' di nuovo una sosta di tre settimane, durante la quale Sparrman e i Forster raccolgono qualche pianta, ma senza entusiasmo: lo scalo è sempre quello, non c'è molto di nuovo da scoprire. L'11 novembre si riparte, questa volta per tornare a casa. Tenendosi approssimativamente a 50° di latitudine, la Resolution attraversa il Pacifico in direzione est e il 18 dicembre raggiunge il Sud America. Natale sarà festeggiato nella Terra del Fuoco. Il 21 marzo 1775 sono a Cape Town, dove Sparrman si separa dagli amici e la Resolution viene rimessa in sesto per affrontare l'ultimo tratto. Il 30 luglio 1775, poco più di tre anni dalla partenza, getta l'ancora a Spithead, in Inghilterra. Dal punto di vista geografico e oceanografico, è una delle spedizioni più importanti di tutti i tempi, con buona pace dell'inquieto Forster. Che, tuttavia, può vantare la raccolta di 260 nuove piante e circa 200 nuovi animali; l'erbario conta migliaia di esemplari di 785 diverse specie, di cui 119 della Nuova Zelanda, la zona dove sono state fatte le raccolte più cospicue. Molto notevole è anche la raccolta di oggetti e manufatti etnografici. Dopo il viaggio: altri guai Gli scontri non sono finiti. Forse in base ad accordi orali con l'ammiragliato, Forster è convinto che gli sarà affidata la redazione del resoconto ufficiale della spedizione, un incarico che invece Cook rivendica per sé. Lord Sandwich tenta un compromesso: Cook scriverà la parte relativa alla navigazione e alle scoperte geografiche, Forster quella naturalistica; i ricavi verranno divisi a metà. Sembra funzionare: Forster prepara un capitolo di prova e lo presenta a Sandwich, che, insoddisfatto della forma linguistica, lo restituisce con molte correzioni e propone di affidare la revisione a un curatore madrelingua. Apriti cielo! Forster lo vive come un oltraggio, un tentativo mascherato di censura. Si impunta e non ascolta ragioni, finché lord Sandwich affida la redazione del resoconto al solo Cook. Forster, che sperava anche in un buon riscontro finanziario (come sempre, è pieno di debiti), cerca di batterlo sul tempo. Suo figlio Georg, che non ha alcun impegno formale con l'Ammiragliato, scriverà a tempo di record la sua versione, utilizzando i diari propri e del padre. E così nel marzo 1777 esce A voyage around the World di Georg Forster, anticipando di sei settimane lo scritto di Cook. E' uno sgarbo istituzionale: in Inghilterra molti pensano che il vero autore sia Johann Reinhold. E, oltre tutto, vende pochissimo: per tirare avanti, i Forster sono costretti a vendere parte della collezione etnografica e, quel che è peggio, i disegni di Georg. A aggiudicarseli è Banks, che sta diventando sempre più la bestia nera dei due naturalisti tedeschi. Georg incomincia a lavorare all'edizione tedesca, Reise um die Welt (1778-80), che, al contrario della controversa versione inglese, avrà un'accoglienza trionfale. Con la sua prosa non solo scientificamente accurata, ma anche vivace, coinvolgente, di facile lettura, è considerato un caposaldo della letteratura di viaggio, che ha grandemente influenzato la letteratura tedesca. Particolarmente importante la parte etnografica, che fa di Georg un precursore dell'etnografia e una delle fonti più importanti sulle lingue, le religioni, la musica, i costumi e l'economia dei popoli polinesiani. In Germania, di colpo, i Forster diventano eroi nazionali. Nel gennaio 1777 Georg, che adesso ha ventitré anni, viene ammesso alla Royal Society. Quindi va in Germania, nella speranza di trovare una sistemazione accademica per il padre; la situazione finanziaria di quest'ultimo è infatti sempre più compromessa, tanto che rischia il carcere per debiti. Con sorpresa, Georg scopre che il prestigioso Collegium Carolinum di Kassel preferisce assegnare la cattedra di storia naturale a lui anziché al padre. Allora va a Berlino a perorare la causa paterna; grazie all'interessamento dello stesso Federico II, infine Johann Reinhold viene nominato professore di storia naturale e ricerca mineraria presso la sua alma mater, l'Università di Halle. Il duca di Brunswick si offre graziosamente di estinguere i suoi debiti. Dopo tante inquietudini, la vita di Johann Reinhold sfocia in una tranquilla carriera accademica: insegnerà ad Halle per vent'anni (1779-1798), diventerà un riconosciuto membro dell'establishment universitario, verrà ammesso a molte accademie in giro per l'Europa. Ma non riuscirà a finire o a vedere pubblicate le varie opere che aveva progettato. La più importante, Descriptiones animalium, uscirà solo nel 1844, molti anni dopo la sua morte. La vita di Georg fu più movimentata e più tragica. In corrispondenza con molti intellettuali del tempo, divenne una figura di punta dell'illuminismo tedesco. Insieme a Georg Christoph Lichtenberg, che insegnava a Gottinga, fondò e pubblicò la rivista letteraria Göttingisches Magazin der Wissenschaften und Litteratur. Innamoratosi di Therese Heyne, che sarebbe divenuta una delle prime scrittrici tedesche, nel 1784 per poterla sposare accettò di trasferirsi all'Università di Vilnius, sempre come professore di scienze naturali. L'anno successivo si laureò in medicina a Halle, con una tesi sulle piante del Pacifico meridionale. L'ambiente di Vilnius lo lasciava insoddisfatto, e nel 1787 ruppe il contratto, nella speranza di partecipare a una spedizione russa intorno al mondo, che tuttavia venne annullata. Si trasferì quindi a Magonza come capo bibliotecario dell'Università. Nel frattempo aveva continuato a scrivere di argomenti diversi, anche se la cronica mancanza di denaro l'aveva spesso costretto a privilegiare brevi lavori occasionali e traduzioni. Tra gli allievi di suo suocero Christian Gottlob Heyne a Gottinga c'era anche il ventenne Alexander von Humboldt che ammirava molto Reise um die Welt (anni dopo confesserà che fu proprio questa lettura a fargli scoprire la sua vocazione di naturalista-viaggiatore); il giovane strinse amicizia con Forster e nel 1790 i due viaggiarono insieme in Renania, quindi visitarono Bruxelles, L'Aia, Amsterdam, Londra, Parigi. Forster raccontò questo viaggio in Vedute del Basso Reno, Brabante e Fiandre, in tre volumi, un libro che impressionò grandemente lo stesso Goethe. Di notevole importanza la parte dedicata alla storia dell'arte, con la prima riscoperta dello stile gotico. A Parigi Forster poté seguire le vicende iniziali della rivoluzione francese, cui guardava con entusiasmo. Nel 1792, quando le truppe francesi occuparono Magonza, si unì al locale Club giacobino e partecipò attivamente alla fondazione della Repubblica di Magonza; divenne vice-presidente dell'amministrazione provvisoria, deputato alla Convenzione nazionale tedesca e redattore del Nuovo giornale di Magonza o L'amico del popolo, che anche nel titolo si ispirava alla omonima rivista di Marat. Cosciente che la neonata repubblica non sarebbe stata in grado di reggersi senza il sostegno francese, il 23 marzo 1793 la Convenzione decise di inviare a Parigi tre delegati (Georg Forster, Adam Lux e Potocki) per chiedere l'adesione alla Francia. Tuttavia poco dopo le truppe prussiane invasero la repubblica e presero Magonza dopo un lungo assedio; Forster fu proscritto come traditore della patria. Costretto a rimanere a Parigi, assisté al Terrore. Tra le vittime anche il suo collega Adam Lux, ghigliottinato per aver scritto un'apologia di Carlotta Corday. In miseria e sempre più malato, Georg Forster morì di polmonite nel gennaio 1794, prima di compiere quarant'anni. Una sintesi della vita dei due Forster nella sezione biografie. Le idee politiche condannarono Georg Forster all'ostracismo postumo. Il suo ricordo fu recuperato dalla Repubblica democratica tedesca, ma la sua importanza per la cultura tedesca ed europea ha incominciato ad essere pienamente riconosciuta solo negli anni '70 del Novecento. Come padre fondatore dell'etnologia tedesca, la Fondazione Humboldt gli ha intitolato un premio e una borsa di studio. Minuscoli endemismi delle isole Nel 1776, Johann Reinhold Forster inviò a Linneo, di cui era grande ammiratore, dieci nuove piante raccolte durante la spedizione, con le relative descrizioni e i nomi binomiali, perché le validasse e le pubblicasse. Le descrizioni erano state redatte presumibilmente da Sparrman, ma il testo era stato organizzato da Georg e rivisto da Johann Reinhold. Linneo fece in tempo a preparare il manoscritto di Decas plantarum, ma non a pubblicarlo, a causa della malattia che lo portò alla morte. A provvedere alla pubblicazione fu nel 1780 suo figlio Carl junior. A causa di questa intricata vicenda, la paternità del genere Forstera in passato è stata attribuita a Linneo figlio, mentre oggi viene riconosciuta a Georg Forster attraverso Linneo padre. Tra quelle dieci piante c'è anche il dono d'amicizia di Sparrman; Georg, sempre devoto al padre, volle che l'omaggio fosse esteso anche a lui, sebbene questa tenera pianticella sembri più adatta a lui com'era nei suoi vent'anni che all'ipocondriaco e rancoroso Johann Reinhold. Il genere Forstera, della famiglia Stylidiaceae, comprende sette specie di erbacee perenni, sei endemiche della Nuova Zelanda e una della Tasmania; sono piante alpine o subalpine che crescono in terreni sciolti ma con umidità costante. Le specie della Nuova Zelanda hanno portamento decombente, con steli più o meno ramificati che tendono a formare densi tappeti, strisciando a livello del terreno, con foglie rivolte verso l'alto agli apici e spesso si addensano e si sovrappongono; nelle zone esposte tuttavia gli steli sono eretti e molto più brevi, non più lunghi di 2 cm. L'unica specie tasmana, F. bellidifolia, ha invece foglie basali raccolte a rosetta e steli eretti. I fiori, generalmente solitari, talvolta in gruppi di due-tre, sono portati all'apice di lunghi e sottili scapi che emergono al di sopra del fogliame; a forma di coppa, con breve tubo e sei petali, sono per lo più bianchi, talvolta con gola rosata, rossa o arancio. Un elenco delle specie e qualche approfondimento nella scheda. Anche in un secolo che non difetta di avventurieri, la vita inquieta del principe Charles Henri Othon (o, se preferite Karl Heinrich) di Nassau-Siegen è decisamente sopra le righe. A poco più vent'anni lo troviamo tra i compagni di Bougainville intorno al mondo; quindi sarà successivamente al servizio di Francia, Spagna, Polonia e Russia, con imprese militari spericolate, qualche successo e clamorosi disastri. Ovunque accumulando una montagna di debiti e collezionando duelli e conquiste femminili. Il suo incontro con le piante sta all'inizio e alla fine del percorso esistenziale: giovane volontario della spedizione Bougainville, viene contagiato dall'entusiasmo di Commerson e collabora attivamente alle sue raccolte, arrampicandosi con Baret sulle più ardue pendici dello stretto di Magellano; anziano proprietario terriero, sperimenta innovazioni agricole nelle sue terre in Ucraina. Sono le escursioni al seguito di Commerson a guadagnargli l'affetto del burbero botanico, e la dedica dell'intrigante genere Nassauvia. A vent'anni con Bougainville e Commerson Secondo il principe di Ligne, che lo conobbe quando era ammiraglio di Caterina II, fu l'incertezza delle sue origini a alimentare nel giovanissimo Charles-Henri Othon di Nassau Siegen il desiderio di gloria e la sete di avventure. Nato a Parigi e educato in Francia nella tenuta dei nonni materni, il ragazzo aveva ereditato dal padre, di cui era rimasto presto orfano, un'intricata vicenda familiare. Il nonno, Emanuele Ignazio di Nassau Siegen, era l'ultimo figlio del principe dell'impero Giovanni Francesco Desiderato. Nato da un matrimonio morganatico, venne escluso dalla successione e dal titolo principesco (di cui continuò a fregiarsi arbitrariamente). Trasferitosi in Francia, sposò la bella contessa Charlotte de Mailly, da cui ebbe due figli morti bambini; poi si separò dalla moglie. Diversi anni dopo, Charlotte ebbe un terzo figlio, Massimiliano Giuseppe. Il principe inizialmente ne riconobbe la paternità, ma più tardi, poco prima di morire, la rigettò, dichiarando il bimbo figlio adulterino della moglie. Seguì una serie infinita di processi e sentenze contrastanti; il parlamento francese riconobbe Massimiliano come legittimo, al contrario della giustizia imperiale. In Francia egli era un principe dell'impero, erede delle terre dei Nassau-Siegen; nel Sacro Romano Impero, un signor nessuno. Figlio di Massimiliano Giuseppe, il giovane Charles (per farla breve, lo chiameremo così; ma è altrettanto noto con il nome tedesco Carl Heinrich Nikolaus Otto) crebbe con questa storia alle spalle. Aveva appena quindici anni quando si arruolò tra i dragoni prendendo parte alle ultime fasi della Guerra dei sette anni come aiutante del maresciallo de Castries. Alla fine della guerra, si congedò con il grado di capitano. A Parigi e a Versailles si diede a una vita così dispendiosa e accumulò tanti debiti che gli amici gli consigliarono di cambiare aria; forse c'era di mezzo anche una relazione con una cantante che la famiglia voleva interrompere a tutti i costi. Fu così che, ventunenne, si imbarcò come volontario sulla Boudeuse per partecipare all'impresa di Bougainville. Sorprendentemente, durante il viaggio si dimostrò un ottimo acquisto: partecipò attivamente alla ricognizione delle coste e all'esplorazione delle isole, negoziò abilmente con i nativi e, come vedremo meglio tra poco, collaborò con Commerson. Ovunque, si interessò a tutto e dimostrò una buona attitudine al comando, come riconobbe lo stesso Bougainville. L'avventura più clamorosa gli capitò quasi all'inizio del viaggio. Durante la sosta all'estuario del Rio della Plata, forse nel gennaio del 1767, mentre cavalcava lungo la spiaggia con un gruppo di ufficiali, fu sorpreso con i suoi compagni da un giaguaro che gettò a terra il cavaliere d'Oraison, uno dei luogotenenti di Bougainville; prontamente, Nassau estrasse la pistola e freddò la belva con un colpo ben mirato. La scena, qualche anno dopo, fu immortalata dal pittore Jean-Baptiste Le Paon (ne esiste anche una replica lievemente modificata di Francesco Casanova, fratello di Giacomo). Sicuramente, dopo il ritorno in Europa il principe ne fece un pezzo forte dei suoi racconti durante le serate mondane, tanto da farsi una reputazione di eroico domatore di mostri. E qualche biografo ci ricamò su, favoleggiando una mai avvenuta partita di caccia alla tigre in Africa. A Tahiti dimostrò buone capacità diplomatiche, riuscendo a ricucire i rapporti con i tahitiani quando un gruppo di soldati francesi assassinò un indigeno. In assenza di una lingua comune, lo fece con doni, gesti, buone maniere, atteggiamenti amichevoli; che per riuscirci abbia sedotto la moglie di un capo (e tanto meno la "regina" di Tahiti, che i francesi non incontrarono), è di nuovo un volo pindarico dei biografi successivi. Sicuramente, come i suoi compagni, fu affascinato dall'isola e dai costumi dei suoi abitanti, portando il suo contributo all'edificazione del mito di Nuova Citera: "Lasciammo a malincuore questa isola la cui natura e i cui abitanti di concerto avevano reso il nostro soggiorno così gradevole e che Venere, alla quale non cessano di immolare nuove vittime, sembra aver scelto come proprio rifugio". Curioso di tutto, Nassau fu contagiato dall'entusiasmo di Commerson per la botanica e spesso lo accompagnò a erborizzare; in particolare, lo troviamo sulle sponde dello stretto di Magellano insieme al botanico e Jeanne Baret ad affrontare condizioni proibitive per procurarsi il maggior numero possibile di esemplari. Tra di essi, anche la pianticella che Commerson battezzerà in suo onore Nassauvia magellanica. Una vita romanzesca Al ritorno in Francia, si trovò ad essere uno degli eroi del giorno: riprese a frequentare salotti, a sedurre dame, a battersi in duello, e ad accumulare debiti. Aveva mantenuto ottime relazioni con Bougainville che nel 1772 fece da padrino alla figlia Sophie, nata fuori dal matrimonio. Di certo, si annoiava, al punto di sognare di ritagliarsi un regno personale nell'Africa centrale; l'impresa ovviamente fallì prima di cominciare. Al principe non restava che rientrare nell'esercito, prima come colonnello del reggimento di cavalleria Royal-Allemand poi nella marina miliare. Intanto, dal 1778 la Francia era di nuovo in guerra contro la Grand Bretagna. Per mettere fine agli attacchi pirati che partivano da Jersey, l'anno successivo Nassau propose all'ammiragliato un'impresa temeraria: occupare l'isola con un colpo di mano, approfittando dell'effetto sorpresa. Il tentato sbarco fallì per la pronta reazione britannica. Nel 1780 partecipò all'assedio di Gibilterra, come comandante di una delle batterie galleggiati. Collocate in posizione infelice, furono tutte distrutte dai proiettili incendiari britannici durante l'attacco generale del 13 settembre 1782, compresa quella comandata da Nassau. Tuttavia, con la batteria già avvolta dalle fiamme, egli continuò l'azione finché non fu costretto a mettersi in salvo a nuoto, tanto che il re di Spagna premiò il suo coraggio con una gratifica di tre milioni di franchi e il titolo di grande di Spagna. Siglata la pace, l'irrequieto principe, che nel 1780 aveva sposato la contessa polacca Karolina Gozdzka, raggiunse la moglie a Varsavia, dove il re Stanislao Poniatowski gli fece concedere la cittadinanza dal Parlamento e lo decorò con gli ordini di San Stanislao e dell'Aquila bianca. Il nuovo mirabolante progetto di Nassau era aprire una via commerciale alle merci polacche attraverso il Dniestr e il mar Nero; per questo si recò prima a Istanbul, poi nella Russia meridionale per incontrare Grigorij Potëmkin, il potente favorito di Caterina II. Potëmkin fu conquistato dal vulcanico principe franco-tedesco e lo coinvolse nella preparazione del viaggio trionfale dell'imperatrice. Caterina era prevenuta nei confronti di Nassau Siegen, che aveva fama di essere un pazzo totale, ma quando lo conobbe anch'essa ne fu affascinata, al punto da farlo entrare al suo servizio con il grado di contrammiraglio. La sua carriera alla corte russa iniziò nel segno della vittoria e terminò nel disastro. Nel giugno 1788 il principe sconfisse la flotta turca a Ochakov, e un mese dopo sbaragliò quanto ne restava. I suoi successi gli guadagnarono il grado di viceammiraglio, ma anche la gelosia di Potëmkin. L'imperatrice gli affidò varie missioni diplomatiche presso le corti europee quindi lo nominò capo della flotta del Baltico. In questa veste nell'agosto 1789 egli sconfisse pesantemente la flotta svedese nella prima battaglia di Swensksund, tuttavia un anno dopo, nel luglio 1790, subì la disastrosa sconfitta della seconda battaglia di Swenskund, in cui la flotta russa venne totalmente annientata. L'autostima del principe crollò a zero; appena poté diede le dimissioni e lasciò la Russia. Nel 1792 lo troviamo a Coblenza, dove il principe di Brunswick stava organizzando un'armata controrivoluzionaria e si ammassavano i nobili francesi emigrati. Nassau li aiutò generosamente, vendendo persino la sciabola d'oro tempestata di brillanti che gli era stata donata da Caterina II al tempo delle sue vittorie; ma dovette allontanarsi precipitosamente quando si scoprì che passava informazioni militari ai russi. Nel 1802, dopo la pace di Amiens, rientrò in Francia; delusa l'aspettativa di ricevere un comando da Napoleone, si rassegnò infine a tornare in Russia a fare il gentiluomo di campagna nelle sue terre di Tynna, nell'attuale Ucraina. Qui morì nel 1808, preceduto dall'amata moglie. Nella sua vita spericolata aveva affrontato decine di duelli e aveva rischiato più volte la vita in battaglia, ma senza mai ricevere neppure una ferita. Il solito principe di Ligne lo chiamava l'Invulnerabile. Nel testamento, un ultimo guizzo di eccentricità: istituì un lasciato per provvedere annualmente la dote di due fanciulle, che per un anno avrebbero rifornito di fiori freschi la sua tomba, per poi celebrare le nozze il giorno anniversario della sua morte. Nassauvia o dell'eroismo delle piante Come Linneo, anche Commerson amava trovare un legame tra i suoi generi celebrativi e i dedicatari, di cui la pianta avrebbe dovuto essere quasi un ritratto vegetale. Eppure è davvero difficile trovare qualche analogia tra Nassauvia magellanica e l'esuberante principe, che nel suo diario Commerson descrive mentre percorre le rive dello stretto di Magellano avvolto in un vistoso mantello rosso che suscita l'ammirazione dei Tehuelche. Questa pianticella endemica della Patagonia meridionale e della Terra del Fuoco è infatti un piccolo cardo, che si è adattato a vivere nelle condizioni proibitive di questa terra gelida e battuta dai venti: piuttosto variabile in base alle condizioni che trova, cresce tra sabbie e rocce, formando cuscinetti più o meno estesi e densi di coriacee foglie a rosetta, da cui emergono capolini per nulla vistosi. Forse l'unica esuberanza sta nel profumo, che ha fama di richiamare quello del cioccolato (tanto che è nota come flor de chocolate). Ma è forse proprio nella resilienza, nella capacità di adattamento che consiste l'eroismo delle Nassauvia. Oggi a questo genere della famiglia Asteraceae è assegnata una quarantina di specie, distribuite tra l'America andina, dalla Bolivia all'Argentina, la Patagonia e le isole Falkland. Talvolta sono arbustini bassi e striscianti, più spesso sono erbacee perenni a cuscinetto con molte rosette di foglie coriacee. Possono crescere come cespi isolati tra le rocce, ma non di rado formano tappeti che possono anche ricoprire aree piuttosto vaste come specie dominante. La caratteristica più singolare del genere è data dalla grande variabilità delle infiorescenze: in alcune specie i capolini sono piccoli e solitari, ma nella maggior parte dei casi essi si aggregano fittamente in grandi infiorescenze terminali o ascellari a spiga, globose o cilindriche, che in alcune specie sono discretamente disposte lungo lo scapo, ma in altre sono decisamente vistose e insolite, poste come sono all'apice di scapi fittamente ricoperti di foglie che possono richiamare un serpente o la coda di un animale (alcune specie sono note localmente come "coda di armadillo"). La specie più diffusa è N. axillaris, presente lungo la catena andina dalla Bolivia al Cile e all'Argentina centrale fino alla Patagonia nelle comunità delle steppe alpine. E' un arbustino con foglie glauche e fusti eretti, poco ramificati, con graziose infiorescenze ascellari a spiga. Ben più vistosa la singolare N. revoluta, una specie alpina adattata a condizioni aride della cordigliera centrale di Cile e Argentina, che forma cuscini laschi da cui emergono gli scapi florali eretti ricoperti di foglie glauche e coronati da vistose infiorescenze bianche che qualcuno ha paragonato a un piccolo cavolfiore. Degna di nota è anche N. lagascae, una specie nana di alta quota del Cile e dell'Argentina, con fusti scultorei ricoperti di foglie profondamente solcate e numerosi fiori globosi. Ma forse la più graziosa è la minuscola N. gaudichaudii, endemica delle Falkland / Malvine, che forma bassi cuscinetti di piccolissime rosette da cui emergono capolini singoli delicatamente profumati di miele. Qualche approfondimento e una selezione di specie nella scheda. Trasportati dalle correnti dell'Oceano Indiano, i giganteschi semi del cocco di mare, o coco de mer, una rara palma endemica delle Seychelles, approdano talvolta su rive lontane, dove le loro curiose forme anatomiche, del tutto simili a un bacino femminile, insieme all'origine misteriosa, non hanno mancato di alimentare leggende. Rari ed ambiti, divennero anche un ricercatissimo oggetto di collezione. Il mistero della loro provenienza fu svelato solo nella seconda metà del Settecento quando i francesi esplorarono e colonizzarono l'arcipelago. Commerson, che poté studiare alcuni semi portati a Mauritius, fu il primo ad assegnarla ad un genere proprio, Lodoicea, cui accoppiò l'inconsueto epiteto callypige, "dalle belle natiche". Tuttavia i più pudibondi botanici ottocenteschi lo abbandonarono, preferendo, per una serie di circostanze, una denominazione geografica derivata non dal luogo dove cresce, ma da uno dei tanti approdi dei suoi semi, le Maldive. La palma delle Seychelles porta dunque il nome fallace Lodoicea maldivica. Resta da chiarire l'etimologia del generico Lodoicea; in mancanza delle note di Commerson, andate perdute, non resta che affidarsi alle ipotesi. La più probabile è che si tratti di una dedica al re Luigi XV che di Commerson, in quanto botanico del re, era anche il datore di lavoro. Sarebbe la più banale delle dediche encomiastiche, se non fosse proprio quell'epiteto imbarazzante. Che, però, vista la scandalosa vita privata del sovrano, forse non è per nulla fuori posto. Una pianta leggendaria Lodoicea maldivica è una rara palma endemica delle Seychelles, nota come cocco di mare, o anche coco de mer, una denominazione che riflette antiche credenze sulla sua origine. Quando i frutti delle piante che crescono sulla riva del mare cadono in acqua, molto pesanti e densi (pesano tra i 15 e i 20 kg) affondano e si adagiano sul fondale; dopo parecchio tempo, il guscio cade e l'enorme seme (il più grande del regno vegetale) incomincia a decomporsi producendo gas che lo fanno affiorare. Ora può galleggiare e, trasportato dalle correnti dell'Oceano indiano, approda a rive lontanissime dal suo luogo di nascita. A differenza del seme della noce di cocco, non è più vitale e la sua presenza in luoghi dove non c'è nessun albero che lo produca ha alimentato miti e leggende. In Malesia si credeva che fosse il frutto di un albero sottomarino, detto Pausengi, sulle cui fronde faceva il nido il mitico uccello Garuda, metà uomo e metà aquila, il cui equivalente nei paesi islamici è il colossale Roc. Consideriamo poi che questo seme è molto speciale non solo per le dimensioni: bivalve, ha una forma che evoca sorprendentemente la parte inferiore del corpo femminile: visto di fronte, il ventre e il bacino; di dietro, le natiche, come ci ricorda un'altra denominazione francese, coco-fesses, "cocco natiche". Gli strani semi si trovavano talora lungo le spiagge di India, Sri Lanka e Maldive. In India erano venduti per cifre altissime e contesi tra i potentati. Nelle Maldive erano considerati di proprietà del re e chi se ne fosse appropriato era passibile di pena di morte: i sovrani dell'arcipelago ne fecero oggetto di un lucroso commercio, vendendole in Indonesia, in Giappone e in Cina, dove si attribuivano loro proprietà mediche come antiveleno e afrodisiaco. Al loro arrivo nell'Oceano Indiano, anche gli europei ne furono colpiti. La prima testimonianza europea è quella di Garcia de Orta che nel 1563 in Colóquios dos Simples e Drogas he Cousas Medicinais da Índia [...] li descrive come coco das Maldivas. Anche Camoes li menziona nei Lusiadi. Pochi anni dopo l'imperatore Rodolfo II riuscì a procurarsene un esemplare per la sua Wunderkammer sborsando 4000 fiorini d'oro. Nel 1602 il sultano di Banten, per sdebitarsi con l'ammiraglio olandese Wolfert Hermanssen, che lo aveva aiutato contro i portoghesi, gli fece dono di una noce, ma prima ordinò che fosse privata della parte superiore, per non offendere la sua modestia. Nella seconda metà del Seicento, la storia dell'albero sottomarino venne riportata con il dovuto scetticismo nell'Herbarium amboinicum di Georg Everhard Rumphius, che battezzò la pianta Cocus maldivicus: ecco l'origine dell'epiteto che porta ancora, nonostante non cresca nelle Maldive. Come ho anticipato, la sua patria sono infatti le Seychelles. Oggi è presente soltanto a Praslin, la seconda isola per grandezza dell'arcipelago, e nel vicino isolotto di Cousin; in passato, la sua distribuzione era lievemente più ampia, ma non si è mai spinta oltre questo angolo delle Seychelles. Fino a quando non venne colonizzato dai francesi nella seconda metà del Settecento, l'arcipelago, situato a metà strada tra il Madagascar e le Mascarene, era disabitato, salvo offrire punti di sosta e rifugio temporaneo a mercanti e pirati. L'isola dove cresce la nostra palma nel 1744 fu cartografata dall'esploratore francese Lazare Picault che la battezzò appunto "isola delle palme", vedendo che era quasi interamente ricoperta da fitti palmeti; nel 1768 fu esplorata da Marion Dufresne che la rinominò Praslin, in onore del ministro della marina, César Gabriel de Choiseul-Chevigny, duca di Praslin (cugino del duca di Choiseul, il segretario di stato di Luigi XV). L'agrimensore della spedizione, un certo Barre, raccolse una trentina di noci e le portò con sé all'Ile de France; almeno alcune finirono nel gabinetto di curiosità di Poivre, dove le vide e le studiò Philibert Commerson. L'anno successivo, un altro membro della spedizione, Jean Duchemin, tornò nell'isola e raccolse una grande quantità di noci, che andò a vendere in India, determinando un crollo del loro valore. Le leggende, comunque, non erano finite: come molte palme, il cocco di mare è una pianta dioica. Il fiore degli alberi maschili è un lunghissimo spadice della forma fallica. Fu così che nacque la diceria che, nelle notti di tempesta, essi si sradicassero per raggiungere le femmine e accoppiarsi con loro. Ma guai a chi avesse assistito alla scena: sarebbe morto o avrebbe perso la vista. Non è finita: nel 1881 il generale inglese Charles George Gordon visitò le Seychelles e fu talmente colpito dall'esuberante vegetazione della Vallée de Mai nell'isola Praslin da concludere che questa era la vera sede del Paradiso terrestre. E la mela offerta da Eva ad Adamo era una noce di coco de mer. Dal che si conclude che Eva era molto forzuta, visto il peso di quel frutto (per altro privo di ogni pregio alimentare). Un eponimo che porta fuori strada Forse nel 1771 o nel 1772 Sonnerat visitò le Seychelles, ed ebbe modo di osservare, disegnare e descrivere il "grande palmizio dell'isola Praslin volgarmente detto cocco di mare". Egli era convinto appartenesse al genere Borassus e lo battezzò B. macrocarpus. Da parte sua, Commerson riteneva appartenesse a un genere proprio, e creò una denominazione molto originale, che commenterò più avanti: Lodoicea callypyge. Nel 1791 Georg Friedrich Gmelin pubblicò la pianta come Cocos maldivica, riprendendo la denominazione di Rumphius. Purtroppo la descrizione di Sonnerat non rispetta le regole e quella di Commerson è andata perduta; la sua denominazione fu pubblicata solo molti anni dopo, nel 1805, da Saint-Hilaire. Due anni dopo, La Billardière tentò di correggere il tiro rinominando la specie Lodoicea sechellarum, L. delle Seychelles. Purtroppo il danno era fatto: il primo eponimo valido era quello di Gmelin e in base alla legge della priorità nel 1887 Peerson ufficializzò il nome "sbagliato" che porta ancora, Lodoicea maldivica, L. delle Maldive. Spiegato l'eponimo, è ora di occuparci del nome generico. Come abbiamo visto, Commerson lo accoppiò a un nome specifico inconsueto: callypige, dal gr. calli- "bello" e pigé "natica", attributo di Venere dalle belle natiche. Basta osservare il famoso seme del coco de mer per capire perché. Del resto un aneddoto, non so quanto fondato, vuole che Bougainville, visitando il gabinetto di curiosità di Poivre a Parigi, abbia proposto di chiamarlo Cucul la Prasline. Da dove viene invece Lodoicea? Perdute le note di Commerson e senza altre testimonianze (contrariamente a ciò che scrivono alcuni, né Saint Hilaire né La Billardière si pronunciano in merito), dobbiamo affidarci alle ipotesi. La prima vuole che si tratti di un nome mitologico: evocherebbe Laodice, tirata in ballo come la "più bella delle figlie di Priamo". E' vero che Commerson non rifuggiva dai nomi derivati dal mito (è suo, ad esempio, Hebe), ma non si capisce come un ottimo latinista come lui abbia potuto stravolgere le leggi della fonetica e derivare da Laodice Lodoicea anziché *Laodicea; senza contare che in nessun testo antico si parla del lato B della bella principessa troiana. Un omaggio o uno sberleffo? Regolarissima è invece la derivazione di Lodoicea da Lodoicus, una delle forme latine di Luigi / Lodovico, in concorrenza con il più comune Ludovicus. Chi potrebbe essere questo Luigi se non il re cristianissimo, sua maestà Louis XV, ovvero il datore di lavoro di Commeson, botaniste du roi? Ovviamente le perplessità sono molte: intanto in medaglie e iscrizioni il sovrano ha sempre usato la forma Ludovicus; inoltre sembra oltraggioso, o per lo meno maldestro, accostare al regio nome un epiteto così scandaloso. Ricordiamoci però della personalità di Commerson: era un noto gaffeur, non aveva peli sulla lingua ed era uno spirito anticonformista. D'altra parte, la noce di coco de mer è stato per secoli un ambitissimo dono regale; le palme, poi, sono simbolo di vittoria e sono spesso associate ai sovrani, e da questo punto di vista Ladoicea maldivica, con la sua altezza che può superare i 30 metri e foglie lunghe più di dieci, certo non sfigura. Luigi XV non ha mai usato il nome Lodoicus, ma lo hanno fatto molti re di Francia prima di lui: è una forma un po' arcaica, ma perfettamente documentata, che potrebbe persino essere considerata un omaggio, la rievocazione di un passato glorioso. Potrebbe però anche essere uno sberleffo, se consideriamo alcuni aspetti della personalità del possibile dedicatario. E' noto che Luigi XV era poco interessato agli affari di stato, e combatteva la noia collezionando favorite ed amanti. La sua condotta sessuale era oggetto di pettegolezzi e pasquinate e a corte tutti sapevano che il modo migliore per fare carriera era contribuire alle regali distrazioni. Sicuramente era un intenditore di bellezze femminili, incluse le belle natiche. Nel 1752, il pittore François Boucher dipinse un nudo femminile, conosciuto come La jeune fille allongée ("La ragazza sdraiata") o L'odalisque blonde ("L'odalisca bionda") che ritrae un'adolescente formosa e indubbiamente callipigia. Si tratta di un ritratto della quindicenne Louise O'Murphy, che secondo la testimonianza di un ispettore di polizia che indagò sulla famiglia della ragazza, fu commissionato dal marchese di Marigny, il fratello minore di Mme de Pompadour. Quando il re vide il dipinto, chiese di conoscere l'originale, che trovò anche più bello del quadro. Per due anni, dal 1753 al 1755, Louise fu una delle sue petites maitresses, come venivano chiamate le amanti non ufficiali che non venivano presentate a corte e alloggiavano discretamente in una delle case del Parc-aux-Cerfs a Versailles. Questa storia Commerson doveva conoscerla meglio di noi: a riferirgliela, di prima mano, sarà stato proprio il marchese, che per un ventennio fu sovrintendente degli edifici e dei giardini reali; il botanico lo frequentò nei suoi anni parigini e gli dedicò il genere Marignia, oggi sinonimo di Protium. Naturalmente non è una prova, ma almeno un indizio. D'altra parte, Luigi XV tutto sommato un genere botanico se lo merita. Per quanto annoiato, frivolo e superficiale, era interessato alle scienze e finanziò, oltre al viaggio di Bougainville, altre spedizioni scientifiche, la più importante delle quali è sicuramente la Missione geodetica franco-spagnola. Inoltre, volle al Trianon un orto botanico che in pochi anni divenne uno dei più importanti del mondo. Anche questa è una storia interessante. Intorno al 1750, avendo saputo che uno dei suoi cortigiani preferiti, il duca di Noialles, aveva messo a disposizione del medico Louis Guillaume Le Monnier e del giardiniere Antoine Richard una parte del suo parco di Saint Germain en Laye perché sperimentassero nuove tecniche di coltivazione e creassero un orto botanico all'avanguardia, il re volle visitarlo. Ne fu ammirato e chiese di conoscere Le Monnier; senza nessun preavviso, il dottore fu convocato e quando si trovò di fronte al sovrano, svenne per l'emozione. Luigi XV lo nominò suo medico personale e, insieme a Richard, lo incaricò di creare un orto botanico al Trianon. Certo non disprezzava il Jardin des Plantes, creato dai suoi antenati; ma viveva a Versailles e da Parigi si teneva il più lontano possibile. Quest'uomo incostante e annoiato per una volta si appassionò: le serre si moltiplicarono e da tutto il mondo arrivarono piante rare che fecero crescere rapidamente il giardino, che arrivò ad accogliere 4000 specie, organizzate secondo il sistema linneano. Di Linneo, infatti, Luigi XV era un fervente ammiratore. Nel 1771, quando il principe ereditario di Svezia, il futuro re Gustavo III, gli fece visita, si congratulò con lui per avere un suddito tanto eminente e gli affidò i semi delle piante più rare (alcune fonti dicono che le raccolse di sua mano) da consegnare al grande botanico. Purtroppo quel giardino bellissimo ebbe vita breve. Alla morte del vecchio sovrano, il nipote Luigi XVI donò questa area del parco alla moglie Maria Antonietta, che fece spianare l'orto botanico per sostituirlo con un giardino all'inglese, a cornice del suo universo privato di finta pastorella. Come avrebbe reagito Luigi XV se fosse stato informato dell'insolita dedica (morì di vaiolo circa un anno dopo Commerson)? ne sarebbe stato indignato? o al contrario lusingato o addirittura divertito? E' inutile chiederselo: era un uomo impenetrabile e imprevedibile, oltre che pieno di contraddizioni. La storia l'ha condannato per aver disonorato la monarchia con la sua condotta scandalosa, per aver perso le colonie in guerre disastrose, per aver lasciato il potere in mano a cortigiani corrotti, per aver lasciato incancrenire i problemi sociali e finanziari del paese. Ma, almeno per la botanica, è un benemerito. Un suo breve profilo nella sezione biografie. Una palma patrimonio dell'Umanità Per concludere, ancora due parole su Lodoicea maldivica, unica specie del genere Lodoicea, famiglia Arecaceae. E' indubbiamente la pianta dei record: il suo frutto e il suo seme sono i più pesanti dal mondo (per lo meno, allo stato selvatico); il suo fiore femminile è il più grande tra le palme, mentre quello maschile è uno spadice di oltre un metro in grado di produrre polline per dieci anni di seguito. Da record anche il cotiledone germinato, che può allungarsi fino a quattro metri. Produrre frutti e semi così grandi comporta un enorme dispendio energetico; ciascuna pianta in media non ne porta più di sette alla volta, e circa una centinaio in tutta la sua vita. Come abbiamo visto anche la sua altezza e la lunghezza delle fronde sono ragguardevoli: lunghe 10 metri e oltre, possono coprire un'area di dieci metri quadrati. Un'altra caratteristica di questa palma è la sua lentezza, e, correlata ad essa, la sua longevità. Prima di arrivare a maturità e fiorire, passano da 25 a 50 anni; ciascun frutto, per maturare, richiede da sei a dieci anni. Quando poi cade a terra, ci metterà almeno due anni a germinare. In compenso, a meno di essere distrutte dall'uomo o da eventi avversi, queste palme possono vivere e produrre fiori e frutti per 800 anni. Prima dell'arrivo degli europei, Lodoicea maldivica costituiva la specie dominante delle isole Praslin e Cousin e di altri isolotti circostanti, ed era presente in una varietà di habitat dalla costa fino alle zone più alte. Deforestazione, incendi, attività umane l'hanno fatta sparire nelle isole minori e ne hanno ridotta la presenza a una sola stazione a Cousin e a due a Praslin. La più importante, e la sola dove i palmizi formano ancora una foresta densa e continua, è la Vallée de Mai di Praslin, dove Gordon collocò l'Eden. Oggi è una riserva naturale, che a partire dal 1983 fa parte dei Patrimoni dell'Umanità Unesco. Qui Lodoicea maldivica cresce in formazioni miste con altre quattro palme endemiche (Deckenia nobilis, Phoenicophorium borsigianum, Nephrosperma vanhoutteanum e Verschaffeltia splendida) e alberi dicotiledoni endemici (Paragenipa wrightii, Canthium bibracteatum, Syzygium wrightii e Erythroxylum sechellarum). E' l'habitat di felci, briofite e licheni e di una sorprendente serie di endemismi animali: il pappagallo nero delle Seychelles Coracopsis nigra barklyi, cinque gechi dei generi Phelsuma e Ailuronyx, i due camaleonti Calumma tigris e C. seychellensis, la chiocciola Pachnodus praslinus. La salvaguardia della Vallée de mai riveste anche una grande importanza economica: è stato calcolato che il 40% dei turisti che visitano le Seychelles acquistano il biglietto d'ingresso alla riserva. Anche la vendita delle noci (oggi fortunatamente regolamentata, dopo che questo commercio aveva dato un ulteriore colpo alla sopravvivenza della specie) comporta un notevole giro d'affari. Il prezzo, ovviamente, è molto variabile in base alle dimensioni e alla qualità, e non è affatto economico, anche se non è paragonabile a quello che toccava prima della colonizzazione delle Seychelles, quando una sola noce poteva costare quanto una casa. Quando il suo nome viene proposto come naturalista della spedizione Bougainville, Philibert Commerson ha già 39 anni; non può più contare sulla forza fisica che, giovane, gli ha permesso di percorrere più volte, erborizzatore solitario, le Alpi e i Pirenei. Accetta solo a condizione di essere accompagnato da un servitore a carico della Corona. Così, all'imbarco dell'Etoile si presentano in due, Commerson e Baret. In definitiva, sarà questa scelta a impedire a Commerson di tornare in Francia, dove pure lo aspetta un bimbo, e a fare di lui il primo esploratore della flora delle isole Mascarene e di Madagascar. Inoltre, farà sì che le circostanze della sua vita privata incuriosiscano i posteri molto di più della pur formidabile attività scientifica: negli ultimi anni, non si contano i romanzi, le biografie, gli articoli dedicati a Baret, mentre di Commerson come naturalista si occupano solo gli specialisti. Nella nomenclatura botanica, le cose vanno all'opposto: il genere Baretia, che avrebbe dovuto ricordare Baret anche nel regno di Flora, non è valido, al contrario di Commersonia, omaggio di una coppia di colleghi altrettanto sfortunati. Giovinezza di un botanico fanatico Il 21 marzo 1773 l'Accademia delle scienze parigine ammette tra i suoi membri due botanici: il giovane Antoine-Laurent de Jussieu, che ha appena presentato una memoria sulla famiglia dei Ranuncoli, e Philibert Commerson, che, per quanto ne sanno gli accademici, è ancora a Mauritius a raccogliere piante. Non si potrebbero immaginare due modi più diversi di essere botanici, anzi di "vivere" la botanica. Jussieu, oltre che l'erede della più illustre famiglia di botanici di Francia, dunque un uomo di potere che sa usare tutti gli agganci per perseguire il successo personale, è un tassonomista, uno che passerà tutta la vita studiare esemplari d'erbario, a confrontare, a scrivere (e con quali grandiosi risultati!). Commerson, oltre ad essere un ousider, un eremita, un uomo isolato e fuori degli schemi, è soprattutto un instancabile raccoglitore, un erculeo creatore di erbari che ammassa esemplari a migliaia. Certo, ha scritto molto anche lui, ma senza mai pubblicare nulla, un po' per perfezionismo, un po' per sfortuna. Infatti, quando arriva quella nomina è già morto da otto giorni. Aveva appena 46 anni. Non solo i suoi manoscritti rimarranno incompleti, ma le sue raccolte andranno in parte disperse o saranno trascurate da chi avrebbe dovuto pubblicarle, non ultimo proprio Antoine-Laurent. L'ultima sventura di una vita difficile. Ma andiamo con ordine. Philibert Commerson è nato nel 1727 in una cittadina della Bresse; è il figlio maggiore di un notaio e maggiorente locale, che vorrebbe seguisse le sue orme. Ma Philibert, già innamorato della natura, vuole diventare medico e naturalista. Dopo uno scontro che non dovette essere facile, il padre cede e gli permette di studiare medicina a Montpellier. Qui le sue doti sono apprezzate da Antoine Gouan, ma il suo fanatismo, che lo spinge a saccheggiare l'orto botanico dell'università per arricchire il proprio erbario, spinge il conservatore, François de Sauvage, a vietargliene l'ingresso. Commerson continuerà a rifornirsi, scalando le mura del giardino nottetempo. Ma sull'esempio di Sauvage creerà uno splendido erbario di sole foglie delle piante che crescono nei dintorni di Montpellier. Dopo esserci laureato, prima di tornare a casa va a erborizzare tra Cevenne, Savoia e Svizzera. Passa da Ferney a fare visita a Voltaire, che vorrebbe assumerlo come segretario; ma Commerson rifiuta: quel filosofo ha una faccia da birbante; meglio tornare nella Bresse, raccogliendo piante lungo la strada. E' medico, ma non esercita la professione. A trent'anni, dipende ancora dai genitori. Nella casa paterna di Châtillon-les-Dombes crea un orto botanico privato, visita i giardini e gli orti botanici della regione, e intesse una rete di corrispondenti con cui scambia semi ed esemplari. Il suo nome incomincia ad essere conosciuto tanto che Linneo, anche grazie al suo buon amico Gouan, gli chiede di raccogliere e descrivere le piante marine, le conchiglie e i pesci del Mediterraneo per il gabinetto di curiosità della regina di Svezia; non sappiamo in che modo Commerson assolse l'incarico, ma al Museo di Stoccolma è ancora conservata la sua bella collezione di pesci. Un editore gli propone di pubblicare uno studio di ittiologia, ma Commerson declina. Tutto il tempo che può lo dedica alle raccolte sul campo, e lo fa nel suo solito modo eccessivo. Lasciamo la parola al suo futuro cognato, il curato François Beau: "Per otto o nove anni consecutivi, ha trascorso le estati alternativamente nelle Alpi e nei Pirenei per cercare piante e insetti in queste montagne che ha percorso almeno tre o quattro volte; viveva di pane e di latticini che acquistava dai pastori e dormiva sulla paglia nelle loro capanne". Al ritorno, alle fatiche della raccolta seguono, altrettanto forsennate, quello dello studio. A raccontarcelo è l'amico Lalande: "Passava settimane intere, giorni e notte, senza interruzione, senza sonno e senza riposo, concentrato nelle ricerche di botanico, nell'esame e nella sistemazione delle ricchezze che aveva raccolto erborizzando o che aveva ottenuto dai suoi corrispondenti. Spesso all'alba era ancora lì, con la sua lampada accesa, senza essersi accorto che era rinato il giorno". La famiglia pensa che è ora che metta la testa a posto e gli combina un matrimonio. La prescelta è Antoinette Vivante Beau, la figlia di un altro notaio. La coppia va a vivere nel villaggio di Toulon-sur-Arroux, nel Charolais, dove François Beau è curato. Il matrimonio è straordinariamente felice e Commerson sembra trovare un equilibrio tra la vita del medico di villaggio e la passione botanica. Ma dopo due anni, Antoinette muore dando alla luce il piccolo Archambault. Philibert cade nella depressione più nera, che alterna a fiammate di furore botanico. Intermezzo: lo svelamento di Baret A strapparlo al suo malinconico ritiro pensa un conterraneo e amico d'infanzia, l'astronomo Jêrome de Lalande, che sta facendo una brillante carriera scientifica nella capitale. Così nel 1764 Commerson si trasferisce a Parigi e va ad abitare non distante dal Jardin des Plantes, mentre il piccolo Archambaud, che adesso ha due anni, rimane al paese, affidato allo zio materno. Meno orso di quanto potremmo pensare, il botanico si inserisce abbastanza bene negli ambienti scientifici parigini: frequenta i naturalisti del Jardin des Plantes e Lalande lo introduce nei circoli dei matematici e degli astronomi. Gli fa conoscere l'accademico e medico Pierre-Isaac Poissonnier, ispettore della marina e delle colonie; probabilmente grazie a lui Commerson è scelto come naturalista della spedizione Bougainville. Per quest'ultima egli redige un programma di ricerche così articolato da apparire troppo ambizioso persino a lui, e si dimostra molto abile a negoziare le sue condizioni: la nomina a botanico del re, uno stipendio di tutto rispetto, un servitore a carico della corona. Durante una delle sue escursioni solitarie, è stato ferocemente morso da un cane e la ferita non è mai guarita del tutto; è claudicante e ha bisogno di assistenza per la raccolta e il trattamento degli esemplari. Riprendiamo dunque il filo del racconto dove lo avevamo lasciato nel post dedicato alla spedizione Bougainville. Commerson e Baret si imbarcano tra gli ultimi. Il botanico ostenta di non conoscere il giovane servitore: Jean Baret gli si è presentato a Rochefort e ha chiesto di assumerlo, spinto dal desiderio di avventura. I due si sistemano nella cabina ceduta dal capitano e durante la traversata ne escono raramente: Commerson soffre atrocemente di mal di mare, l'ulcera alla gamba si è aggravata e deve essere continuamente assistito. Sulle vicende successive, possediamo diverse versioni. Cominciamo da quella di Bouganville, non necessariamente la più vera, ma quella ufficiale. Come già sappiamo, durante gli scali in America Baret assiste instancabile Commerson, trasporta cibo, armi e munizioni, raccoglie e sistema gli esemplari. Si arrampica agile e audace sulle montagne dello Stretto di Magellano. Alla fine, le raccolte americane di padrone e servitore ammonteranno a 1800 esemplari. Il colpo di scena avviene a Tahiti. Non appena i due mettono piede a terra, sono circondati da una folla che grida: "Vahinè! Una donna!" e cerca di aggredire Baret; reimbarcato in tutta fretta, da quel momento non lascia più la nave. Turbato dagli eventi, Commerson fa poche raccolte; nei suoi taccuini, di Tahiti rimangono soprattutto alcuni disegni etnografici. Bougainville sembra prenderla con calma, ordina un'inchiesta discreta, e solo molti giorni dopo, mentre le navi sono ancorate di fronte a Espiritu Santu, va sull'Etoile a interrogare Baret, che, in lacrime ammette di essere una donna e gli propina una storia degna di un romanzo larmoyant. Nata in Borgogna, rimasta orfana, era stata ridotta in miseria da un processo; per sottrarsi ai suoi persecutori si era travestita da uomo e si era trasferita a Parigi dove aveva servito come lacchè un Ginevrino. Quando ha saputo della spedizione intorno al mondo, per desiderio di avventura e curiosità femminile si è presentata a Commerson poco prima della partenza; il suo padrone non sa nulla, lo ha ingannato nel desiderio di essere la prima donna a fare il giro del mondo. Bougainville la prende con filosofia, accontentandosi di separarla da Commerson facendola trasferire sulla Boudeuse. Secondo il chirurgo dell'Etoile, François Vivès (che detestava cordialmente Commerson), voci sulla vera natura di Baret circolavano già durante la traversata dell'Atlantico e in Sud America, ma lo smascheramento sarebbe avvenuto solo nella Nuova Irlanda, dove la ragazza sarebbe stata rapita e spogliata da un gruppo di marinai. Anche Nassau-Siegen e Duclos-Gouyot collocano lo svelamento in Nuova Irlanda, ma senza riferirne i particolari. D'altra parte, alcuni tahitiani riferirono a Cook, che visitò l'isola due anni dopo Bougainville, che tra i francesi c'era una donna, il che prova che il sesso di Baret era noto almeno a loro, e forse anche ai marinai. Alcuni commentatori hanno sostenuto che Bougainville scoprì chi era Baret già a Rio e per questo fece mettere agli arresti Commerson; è altamente improbabile: in tal caso avrebbe fatto sbarcare la ragazza, rispedendola in Francia con la prima nave disponibile. E' però verosimile che la sua versione sia stata concordata con Commerson o confezionata dallo stesso Bougainville per scagionare il più possibile il naturalista, che rischiava la carriera e anche un processo, visto che la legge proibiva a qualsiasi donna di trattenersi su una nave militare. Il racconto di Jean / Jeanne Baret in effetti è del tutto falso. Nata in un villaggio non troppo lontano da Toulon-sur-Arroux, era entrata al servizio di Commerson come domestica probabilmente dopo la morte della moglie di lui; intelligente e curiosa, ben presto imparò a preparare, organizzare e classificare gli esemplari, divenendo il braccio destro del suo padrone. E' assai probabile che ne sia divenuta anche l'amante, visto che quando Commerson si trasferì a Parigi e la portò con sé, era incinta di padre ignoto. Alla nascita, il bambino fu affidato all'assistenza pubblica e morì poco dopo. Una conferma inequivocabile del legame è nel testamento che Commerson dettò prima di partire per il giro del mondo, con cui lasciò a "Jeanne Baret, conosciuta con il nome di Bonnefoi, mia governante" la somma forfettaria di 600 lire. Resta da chiarire se l'idea di far travestire Jeanne da uomo in modo che potesse continuare ad assistere il suo padrone fu di lui, di lei o di entrambi. Lucile Allorge, che tende a presentare Commerson come un timido che gioca al cinico per nascondere la sua debolezza, ritiene che una scelta tanto audace vada ascritta totalmente a Jeanne, una donna coraggiosa, decisa, devota al suo Philibert fino all'abnegazione. In una lettera al cognato, Commerson sostiene di aver cercato di dissuaderla, sottolineando tutti i pericoli del viaggio. Certo, Jeanne era una donna ammirevole, come scrive apertamente lo stesso Bougainville: "Sarà la sola del suo sesso e io ammiro la sua risolutezza, tanto più che si è sempre comportata con la saggezza più scrupolosa. La Corte, credo, le perdonerà di aver infranto le ordinanze". Ma anche Commerson, lo abbiamo visto, non era tipo da farsi spaventare dalle convenzioni. Una destinazione non prevista: le Mascarene e Madagascar Come abbiamo visto, dopo Tahiti gli scali furono pochissimi e le raccolte di Commerson si limitano a una ottantina di esemplari della Nuova Irlanda, cui sia aggiungono poche piante raccolte a Giava. L'8 novembre 1768 la Boudeuse e l'Etoile gettano l'ancora all'Ile de France, oggi Mauritius. Qui, a togliere dall'imbarazzo Bougainville, Commerson e Baret, interviene una vecchia conoscenza parigina del naturalista: Pierre Poivre, che da poco più di un anno si è trasferito a Mauritius come Intendente delle isole di Francia e Borbon. Accanto alla sua residenza, sta creando il primo orto botanico dei tropici, il Jardin de Pamplemousses, un giardino di acclimatazione dove fa affluire piante provenienti dal maggior numero possibile di paesi tropicali, nella speranza di lanciare l'economia delle isole e di spezzare il dominio olandese delle spezie. Invita Commerson a rimanere per collaborare con lui; gli offre una casa e emolumenti maggiorati del 30 per cento. A sedurre il botanico, più dei vantaggi materiali, sono le collezioni di quel favoloso giardino e ancor più la prospettiva di riprendere l'esplorazione: oltre alle Mascarene, il Madagascar, dove Poire progetta una spedizione. Dunque, non può che accettare, tanto più che a Parigi potrebbe attenderlo un'inchiesta, forse addirittura un processo. Così, quando Bougainville riparte, a bordo non ci sono più Philibert e Jeanne. La piccola équipe scientifica della spedizione si è sciolta: sono rimasti a Mauritius anche l'astronomo Pierre-Antoine Véron, e l'ingegnere Charles Routier de Romainville, che presto ripartirà per colonizzare le Seychelles. Véron, che è figlio di un giardiniere, è divenuto l'amico più caro di Commerson, che nel 1770 apprenderà con grande dolore la notizia della sua morte a Timor, dove si è recato nella speranza di assistere al transito di Venere. Commerson riprende le raccolte con l'entusiasmo della giovinezza, anche se la forza fisica e la salute non sono più quelle; al suo fianco, assistente non più clandestina, c'è sicuramente Jeanne. Si interessa a tutto, e sostiene l'intraprendente Poivre in tutti i suoi progetti. L'Ile de France è di per sé un campo di ricerca appassionante, con la sua ricchezza di endemismi; ma è anche il punto di arrivo di piante esotiche portate da viaggiatori vecchi e nuovi, come l'Hortensia (oggi Hydrangea macrophilla), forse portata qui dal Giappone da marinai olandesi; o il seducente coco de mer, arrivato dalle Seychelle, che Commerson battezza audacemente Ladoicea callypige, per quel seme che evoca le natiche femminili. Quando la gotta non lo costringe a rimanere a letto, batte palmo palmo l'isola e erborizzando per monti e per valli raccoglie almeno mille esemplari. Ora lo affiancano ben due disegnatori, Paul Philippe Sanguin de Jossigny, un militare giunto nell'isola come aiutante del governatore, e Pierre Sonnerat, il nipote di Poivre. Il giovane è qui come segretario dello zio, ma si appassiona di scienze naturali e diventa di fatto l'allievo di Commerson cui mette a disposizione il suo talento di disegnatore. Dopo vari rinvii, dovuti soprattutto alla sua cattiva salute, nell'ottobre 1770 Commerson, insieme a Joissigny, si imbarca per il Madagascar, dove nello stesso periodo si trova anche Sonnerat, come scrivano di una nave militare. E' stupefatto della ricchezza e della varietà della flora dell'isola, che da sola gli sembra riunire più specie di quante ne abbiano descritte tutti i botanici, Linneo compreso. Jeanne è rimasta a Mauritius, ma come assistente Commerson si è procurato un giovanissimo schiavo nero, un bambino non più grande di suo figlio Archambaud. Anche se il soggiorno nell'isola è di soli due mesi e il botanico deve limitarsi ad esplorare il dintorni di Fort Dauphin, raccoglie quasi 500 esemplari. Una ferita lo costringere a rientrare, ma la nave su cui viaggia incappa in una burrasca ed è costretta a rifugiarsi a Bourbon (oggi La Réunion). E' un nuovo territorio da esplorare e ben accolto dai locali, Commerson prolunga il soggiorno per undici mesi, aggiungendo 600 esemplari alla sue collezioni. E' così instancabile che Jossigny scrive inutilmente a Poivre per essere esonerato; il bottino sarà di circa 600 esemplari. Il momento più memorabile è la grande spedizione al "Vulcano di Bourbon", oggi Piton de la Fournaise, insieme a Jossigny e al sedicenne Jean-Baptiste Lislet Geoffroy, un ragazzo nato a Bourbon che in seguito diventerà uno scienziato e il primo membro dell'Accademia delle scienze nato nelle colonie. Ritornato all'Ile de France all'inizio del 1772, Commerson ha il dispiacere di assistere alla partenza di Poivre, che è stato richiamato in Francia. E' ormai molto malato e non può unirsi a lui, tanto più che a bordo non c'è posto per le sue casse. Il nuovo sovrintendente, Maillard de Melle, che lo detesta, lo priva dell'alloggio e sopprime il suo stipendio e quello di Jossigny. Assistito da Jeanne, che è sempre rimasta al suo fianco, muore il 13 marzo 1773, all'età di 46 anni. Jeanne è rimasta senza mezzi; per qualche tempo lavora in una taverna, poi si sposa con un soldato. Forse nel 1774 o nel 1775 può ritornare con il marito in Francia, completando il suo giro del mondo. Porta con sé le 34 casse dei materiali di Commerson, che consegna al Jardin des Plantes. Quindi rivendica la sua parte di eredità e va a stabilirsi con il marito in Dordogna. Nel 1785, il re le concede una pensione con questa motivazione: "Jeanne Barré, grazie ad un travestimento, circumnavigò il globo su uno dei vascelli comandati da Bougainville. Si dedicò in particolare ad assistere Commerson, dottore e botanico, e condivise con grande coraggio il lavoro ed i pericoli di costui. Il suo comportamento fu esemplare e Bougainville le riconobbe numerosi meriti". Alla morte, nel 1807, lascia tutto ciò che possiede a Archambaud, il figlio di Commerson. Candida Commersonia di Natale Chi dovrebbe occuparsi di pubblicare i materiali di Commerson è proprio Antoine-Laurent de Jussieu, che ne ha per così dire ereditato la cura dallo zio Bernard. In altre faccende affaccendato, non lo farà mai, utilizzandone solo una piccola parte, molti anni dopo, in Genera plantarum (1789). In compenso, botanici e zoologi non si fanno troppi scrupoli a saccheggiare i materiali del botanico scomparso e a pubblicarli come propri. L'enorme erbario (più di seimila esemplari e 3000 specie) andò in parte disperso, in parte fu riordinato e pubblicato da Lamarck, in parte rimase inedito. Il giudizio di Cuvier sulla questione è una condanna inappellabile: "Commerson era un uomo infaticabile e della scienza più profonda. Se avesse potuto pubblicare le sue osservazioni, occuperebbe uno dei primi posti tra i naturalisti. Sfortunatamente, è morto senza poter completare la redazione dei suoi scritti e coloro a cui sono stati affidati i suoi manoscritti e i suoi erbari li hanno trascurati in modo colpevole". Commerson creò moltissimi generi botanici, molti dei quali dedicati a amici o studiosi che stimava; solo una piccola parte fu pubblicata, anche se ne rimangono validi circa quaranta. Tra quelli mai pubblicati e quindi non riconosciuti, anche i due generi che volle dedicare alle due donne della sua vita. Per ricordare la moglie, scelse un bellissimo albero del Madagascar con più fiori che foglie e frutti che racchiudono due noccioli uniti in forma di cuore e lo battezzò Pulcheria commersonia; il nome non è stato mantenuto nella nomenclatura botanica e la specie che designa non è stata identificata con certezza. A Jeanne, salutata come "Amazzone dei botanici", "fanciulla armata di arco e frecce come Diana, ma di condotta delicata e rigorosa come Atena", dedicò invece Baretia bonafidia, oggi Turraea casimiriana, un endemismo delle Mascarene. Anche questo nome dunque non è riconosciuto; solo di recente, nel 2012, un'équipe di ricercatori ha voluto rimediare con la dedica di Solanum baretiae, una specie scoperta in Ecuador caratterizzata da un numero variabile di foglie che allude alla scelta di Jeanne di infrangere le regole della sua epoca, facendosi uomo per amore dell'uomo amato e della scienza. A ricordare Commerson, oltre a un centinaio di specie con l'epiteto commersonii, ha pensato una coppia di botanici sfortunata quanto lui: Johann Reinhold e Georg Forster, i due botanici padre e figlio della seconda spedizione di Cook. Anche le collezioni di Forster padre andarono disperse, e la sua opera più importante fu pubblicata postuma molti anni dopo la sua morte. Quanto a Georg, morì giovane in modo tragico. I due pubblicarono insieme la specie tipo, Commersonia echinata (il nome attuale è C. bartramia), raccolta a Tahiti, ma secondo una lettera di Forster figlio a Voss, il padre non vi ebbe parte; fu Georg a completarne la descrizione insieme a Sparrman. Commersonia, della famiglia Malvaceae, è un genere di circa venticinque specie di alberi e arbusti la cui area di distribuzione coincide con almeno una parte del teatro delle ricerche di Commerson: è presente soprattutto in Australia, il centro di diversità con una ventina di specie, ma anche nelle isole del Pacifico, comprese Tahiti e le Vanuatu, nel sud-est asiatico e in Madagascar. La specie più diffusa è C. bartramia, presente in Australia, nelle isole del Pacifico, in Indocina e nella Cina meridionale; è un arbusto o un piccolo albero con chioma espansa, molto attraente per le foglie cordate simili a quelle del tiglio e i densi corimbi di piccoli fiori bianchi a stella. In Australia è chiamato kurrajong di Natale (questo nome di solito indica alberi del genere Brachychiton, un'altra Malvacea) sia per la stagione della fioritura sia per il colore candido. Come omaggio ai viaggi di Commerson, aggiungo C. obliqua, un endemismo delle Vanuatu (l'arcipelago dove Bougainville ebbe il colloquio rivelatore con Baret), e C. madagascariensis, l'unica specie malgascia. Altre notizie nella scheda. La grande avventura dei viaggi scientifici del secolo dei lumi inizia nel novembre 1766 con un viaggio intorno al mondo destinato a fare scuola e ad incidere nell'immaginario collettivo. A guidarlo è un comandante d'eccezione: marinaio, uomo d'armi, eroe di guerra, ma anche matematico, frequentatore dei circoli illuministi e scrittore dalla penna facile: Louis-Antoine de Bougainville. E' un'avventura felice, senza drammi (l'abile comandante riuscirà anche a tenere a bada il temibile scorbuto, perdendo solo sette uomini su oltre trecento) che sembra approdare all'Eden, al paradiso in terra: l'isola di Tahiti, che Bougainville si affretta a ribattezzare "Nuova Citera". Il brillante resoconto di Bougainville, Voyage autour du monde, rafforza il mito del buon selvaggio e ispira a Diderot un'opera altrettanto celebre, Supplemento al viaggio di Bougainville. A bordo delle due navi di Bougainville, per la prima volta nella storia, c'è una piccola équipe scientifica, composta da un cartografo, Charles de Romainville, un astronomo, Pierre-Antoine Véron, e un botanico-naturalista, Philibert de Commerson, con il suo inseparabile servitore Baret. C'è anche un passeggero volontario, il bizzarro principe franco-tedesco Charles-Henri di Nassau-Siegen. Più di uno è ricordato da un genere botanico. Incominciamo dal comandante, che Commerson (che forse aveva qualcosa da farsi perdonare) ha reso ancora più famoso dedicandogli l'ormai ubiqua Bougainvillea. Prologo: una colonia nelle Malvine Nel 1763 la Francia viene rovinosamente sconfitta nella guerra dei Sette anni, perdendo le colonie canadesi e indiane. E' desiderosa di riscattarsi, cercando anche nuovi sbocchi oltremare che possano compensare una perdita tanto dolorosa. A offrirgliene l'occasione è uno degli eroi di quel conflitto disastroso, Louis-Antoine de Bougainville, uno dei pochi che ha saputo tener testa agli inglesi in Canada, anche se alla fine proprio a lui (bilingue, perché è stato diplomatico in Inghilterra) è toccato condurre i negoziati che hanno preceduto la capitolazione. E' un ottimo soldato, ma anche uomo dai talenti multiformi, capace di mille giravolte. Giovanissimo ha scritto un trattato sul calcolo integrale che gli ha addirittura aperto le porte della Royal Society; ma poi è stato avvocato, frivolo frequentatore di salotti parigini, moschettiere del re, diplomatico. E si appresta a nuove piroette. Subito dopo la pace di Parigi, nel 1763, si fa imprenditore e marinaio: va a Saint Malo a convincere gli armatori della città a creare la Compagnie de Saint Malo, in cui coinvolge amici e parenti e investe il proprio patrimonio personale; il proposito è fondare una colonia nell'arcipelago al largo dell'Argentina che gli inglesi hanno scoperto alla fine del secolo precedente e denominato "isole Falkland". Si tratta di precederli, prima che ne rivendichino il possesso, ma soprattutto di creare una base per ulteriori esplorazioni del Pacifico; inoltre la colonia offrirà una nuova sede ai francesi cacciati dal Canada e riportati a forza in Francia. Con l'approvazione del re (ma si tratta di un'impresa privata), Bougainville arma due navi, l'Aigle e la Sphinx, a bordo delle quali il 15 settembre 1763 lascia San Malo con un gruppo di coloni: sei famiglie (due delle quali acadiane) e 20 scapoli, tutti acadiani. Tra di loro, carpentieri, contadini, pescatori e un fabbro. Sbarcano in quella che battezzano baia di San Luigi il 3 febbraio 1764 e, nonostante la delusione di scoprire un paesaggio desolato e privo di alberi, si mettono all'opera, costruendo case, magazzini, un forno. Bougainville ritorna a Saint Malo per imbarcare un secondo gruppo di 80 coloni. Dato che la maggior parte è originaria di quella città, battezza le isole Malouines, che in spagnolo diverrà Malvinas e in italiano Malvine. Nel 1766, porta nelle isole un terzo gruppo di 79 coloni. La colonia prospera, il bestiame portato dalla Francia si moltiplica e la caccia alle foche sembra molto promettente. Ma né l'Inghilterra né la Spagna restano a guardare. Una squadra inglese sbarca nelle Falkland occidentali e ne prende possesso a nome di re Giorgio; da parte sua, la monarchia spagnola rivendica la sovranità sull'arcipelago. Luigi XV decide che non vale la pena di sfidare il proprio principale alleato e spedisce Bougainville a Madrid a trattare la restituzione delle isole, in cambio di un indennizzo. Gli ordina poi di smantellare la colonia; a bordo di una nave della marina reale, dovrà recarsi alle Malvine ancora una volta, per la mesta cerimonia della consegna delle isole alle Spagna. Ma c'è un premio di consolazione: proseguirà alla volta del Pacifico, come comandante della prima circumnavigazione francese del globo. Prima di raccontare questa avventura, vale la pena di dedicare qualche riga a uno dei compagni di Bougainville nelle Malvine. Al primo viaggio nelle isole, nel 1763-64, prese parte anche come elemosiniere e naturalista il colto monaco benedettino dom Antoine-Joseph Pernety. Al suo rientro in Francia, scrisse Histoire d'un voyage aux iles Malouines, che contiene la prima descrizione naturalistica dell'arcipelago. Personaggio inquieto e bizzarro, lasciò l'abito e per sfuggire all'Inquisizione fu costretto a rifugiarsi a Berlino come conservatore della biblioteca di Federico II. Qui si appassionò di alchimia e esoterismo e fondò gli Illuminati di Berlino. Tornato in Francia, fondò la loggia degli Illuminati di Avignone e divenne un personaggio piuttosto noto degli ambienti esoterici di fine Settecento. Una delle piante da lui raccolte nelle Malvine gli fu dedicata nel 1825 da Charles Gaudichaud-Baupré come Pernettya empetrifolia (oggi Gaultheria pumila). Anche se il genere Pernettya da qualche anno è confluito in Gaultheria, è spesso commercializzata come Pernettya del Cile o Pernezia Gaultheria mucronata, un tempo denominata P. mucronata. Primo atto: partenza! Nelle intenzioni di Luigi XV e del suo ministro Choiseul il viaggio di Bougainville intorno al mondo dovrà risollevare il prestigio internazionale della Francia, trasformando un maldestro incidente diplomatico in una impresa di grande rinomanza. Sul piano politico, dall'esplorazione del Pacifico, all'epoca ancora un grande spazio ignoto che i viaggi di spagnoli, olandesi, inglesi hanno appena cominciato a svelare, ci si attende l'apertura di nuove vie commerciali per la Cina e, chissà, la scoperta di terre non ancora rivendicate da nessuna potenza europea dove creare un nuovo impero coloniale. Ma bisogna sbrigarsi: anche la Gran Bretagna ha le stesse intenzioni, e nel 1766 ha spedito nel Pacifico due navi, la Dolphin e la Swallow, che devono ancora essere da quelle parti. La spedizione francese, però, si differenzia da quella britannica, quasi coincidente nei tempi e nei luoghi, per il maggior numero di partecipanti (340 uomini) e per la presenza di una piccola équipe di scienziati. E' la prima volta, e l'esempio sarà presto imitato dalla prima spedizione di Cook, 1768. Ne fanno parte l'ingegnere-cartografo Charles Routier de Romainville, altro reduce delle Malvine, l'astronomo Pierre-Antoine Véron e il naturalista e botanico Philibert de Commerson, entrambi raccomandati dall'astronomo Lalande. Stranamente, non c'è neppure un disegnatore, anche se a bordo ci sono due "cronisti" con l'incarico di immortalare l'impresa. Il 15 novembre 1766 Bougainville, entrato a fare parte della Marina militare, salpa da Nantes a bordo della fregata La Boudeuse, un nome poco marziale che significa la "musona" o la "scontrosa"; è appena uscita dai cantieri che lavorano per la Compagnia delle Indie e c'è qualche problema di rodaggio, che la costringe ad attraccare a Brest, da cui ripartirà il 5 dicembre. A bordo ci sono 214 uomini; oltre a ufficiali, marinai e soldati, il comandante ha voluto anche due musicisti, per rallegrare gli animi. Dopo una sosta di un mese a Montevideo, per perfezionare la trattativa diplomatica, a fine marzo è alle Malvine dove il primo aprile è prevista la cerimonia di consegna agli spagnoli. Questa è la parte ufficiale della missione, mentre le vere intenzioni francesi sono mantenute segrete. Per questa ragione, il secondo vascello, il fluyt l'Etoile, una nave da trasporto che Bougainville ha già utilizzato nei suoi andirivieni con le Malvine e ora ha ceduto alla Marina militare, parte solo in un secondo tempo e da un porto diverso. Affidata al comando di un vecchio amico, François Bernard Chenard de la Giraudais, che in precedenza ha combattuto in Canada ed è stato il comandante della Sphinx, la sua partenza da Rochefort, dove è stata raddobbata, è fissata all'inizio di gennaio. Per una serie di contrattempi, salpa con un mese di ritardo. A bordo ci sono 116 uomini, compresa l'équipe scientifica e un eccentrico "volontario", il principe Charles-Henri di Nassau-Siegen, che gli amici hanno convinto ad imbarcarsi per sottrarsi ai creditori. Tra gli ultimi a salire a bordo, c'è il giovane servitore di Commerson, che si fa chiamare Jean Baret o Baré. Dato che il naturalista ha bisogno di spazio per i libri, gli strumenti e le future raccolte, ha chiesto di avere una cabina da dividere con il servitore, la cui assistenza gli è necessaria a causa di un'ulcera a una gamba che continua a tormentarlo. De la Giraudais, accomodante, gli cede la sua. Secondo atto: Sud America L'Etoile arriva alle Malvine solo il primo giugno e le due navi lasciano l'arcipelago per Rio de Janeiro, dove arrivano a una settimana di distanza e si trattengono fino al 15 luglio. Non sono chiare le ragioni di questa sosta: forse Bougainville è stato incaricato dal re di trattare le condizioni di un eventuale inserimento dei francesi nei commerci con la Cina, che il Portogallo domina con il suo porto di Macao. In ogni caso, l'accoglienza delle autorità è fredda, la popolazione è piuttosto ostile ai francesi e uno degli elemosinieri rimane ucciso. Secondo la testimonianza del chirurgo dell'Etoile, l'ulcera di Commerson, che durante il viaggio ha sofferto atrocemente il mal di mare, si è aggravata. Il fedele Baret scende a terra a cercare piante per preparare un impiastro; è così che si imbatte in una liana che produce fiori circondati da brattee dai colori sgargianti. Almeno, questa è la ricostruzione dei fatti della biografa di Baret, G. Ridley, talvolta incline a farsi guidare più dalla fantasia che della fonti. E' invece certo che Commerson la battezza Bougainvillea, giudicandola un perfetto ritratto vegetale del brillante comandante: che gradisce l'omaggio, tuttavia poco dopo fa mettere il botanico agli arresti e gli impedisce di scendere a terra fino alla partenza. Ufficialmente, lo fa per salvargli la vita, preoccupato com'è per la sua salute. Ma le motivazioni potrebbero essere altre. Ne riparleremo nel prossimo post, di cui Commerson (e Baret) saranno i protagonisti. Il 31 luglio le due navi attraccano a Montevideo, dove si tratterranno più di tre mesi in attesa del tempo propizio per la difficile traversata dello stretto di Magellano. Bisogna anche riparare l'Etoile, che è stata urtata violentemente da un vascello spagnolo mentre entrava in porto. Forse ci sono di mezzo anche trattative diplomatiche con gli spagnoli. In ogni, caso la lunga sosta condizionerà il successo della spedizione, visto che la corona (per i soliti pressanti problemi di soldi) ha stabilito per il viaggio una durata massima di due anni. Baret e Commerson, che ora sta meglio, ne approfittano per fare cospicue raccolte. Il 15 novembre 1767, a un anno esatto dalla partenza della Boudeuse da Nantes, si fa finalmente vela per il Pacifico. Il passaggio dello stretto di Magellano non è semplice, ma il secondo di Bougainville, Duclos-Gouyot, lo conosce perfettamente, avendolo già percorso ai tempi delle Malvine. Tuttavia la falla dell'Etoile si riapre, la Boudeuse ha difficoltà di manovra e la navigazione procede lenta, consentendo a Commerson un'indagine quasi completa della flora e della fauna dello stretto. Un risultato possibile soprattutto grazie all'energia di Baret, che instancabile trasporta viveri e pacchi, raccoglie, essicca, tanto da suscitare l'ammirazione di Bougainville; cinicamente, Commerson lo definisce "la mia bestia da soma". Ottimi risultati anche per Véron e Romainville, che rettificano le carte e stabiliscono l'esatta latitudine dello stretto. Il due gennaio, con un pizzico di delusione, i marinai su un albero scoprono un'iscrizione in inglese: la Dolphin e la Swallow sono passate di lì! Dopo 52 giorni di navigazione, lo stretto è superato e le navi francesi, senza altre soste, il 26 gennaio si lanciano nel Pacifico. Terzo atto: approdo nell'Eden Basandosi su carte molto imprecise, i due vascelli vanno alla ricerca delle isole segnalate dai navigatori spagnoli, inglesi e olandesi, tenendosi a un grado di latitudine di distanza l'una dall'altra per esplorare un maggiore tratto di mare. Ma non trovano nulla; alla fine di marzo, da lontano scorgono palme da cocco che sembrano affiorare direttamente dal mare e piroghe che fanno segni amichevoli (sono atolli delle Tuamotu); ma Bougainville diffida e ordina di proseguire. Finalmente, il primo aprile, mentre a bordo le provviste iniziano a scarseggiare e si manifesta lo scorbuto, appare l'alto profilo di un'isola coronata di verdi montagne, mentre nell'aria si effonde il profumo di terra, di polline, di miele: i francesi sono pronti a sbarcare nell'Eden. Subito sono circondati da un nugolo di piroghe, che agitano fronde di cocco in segno di pace. Una piroga accosta e... Ma lasciamo la parola a Bougainville: "A bordo della Boudeuse salì una ragazza, che lasciò negligentemente cadere un telo che la ricopriva e si mostrò agli occhi di tutti come Venere quando si lasciò vedere dal pastore frigio". Quella dove sono giunti, se non è il Paradiso terreste, è per lo meno Citera, l'isola sacra a Venere. Dopo qualche difficoltà a trovare un passaggio navigabile nella barriera corallina, il 6 aprile le navi gettano l'ancora di fronte al villaggio di Hitiaa. Il loro arrivo coincide con il momento della massima abbondanza di frutti e animali; gli indigeni sono amichevoli (e le ragazze compiacenti), e i francesi, nutriti dalla lettura dei philosophes, si convincono di essere sbarcati nella terra in cui l'uomo è ancora vicino alla natura che offre generosamente i suoi frutti; liberi dalle schiavitù del lavoro, i tahitiani (perché è Tahiti l'isola dove siamo approdati) hanno edificato una società egualitaria e pacifica, dove il piacere non è peccato. Eppure, il capo del villaggio si mostra abile e fermo nelle trattative: quando Bougainville gli mostra 18 sassi, per indicare che intende fermarsi altrettanti giorni, ne ritira solo nove. Stabilisce tariffe precise per i viveri e il legname; confina gli ammalati di scorbuto in uno spazio delimitato; indica quali alberi non potranno essere abbattuti e i frutti che non devono essere raccolti. Bougainville, che in Canada è stato accolto come "fratello" in una tribù di Irochesi, conosce il concetto di tabù e non si stupisce. E' convinto di avere scoperto l'isola; ne prende possesso a nome di Luigi XV e la ribattezza Nuova Citera. Non sa che, ancora una volta, è stato preceduto da Wallis, il comandante della Dolphin, che è sbarcato a Tahiti dieci mesi prima. E se gli indigeni si mostrano tanto amichevoli, è anche dovuto al ricordo dei cannoni inglesi. E quelle fanciulle tanto disponibili sono ben altro che sacerdotesse di Venere... Dopo nove giorni, rispettando i patti, si riparte; a bordo c'è anche Ahutoru, figlio di un capo delle isole sottovento, che ha voluto essere imbarcato nella speranza che i francesi lo riportino a casa. Andrà invece in Francia, dove morirà di tubercolosi, e durante il viaggio si incaricherà di aprire gli occhi a Bougainville, mostrandogli come Tahiti è tutto meno che egualitaria e pacifica. A Tahiti si è anche prodotto un incidente che riguarda Commerson e Baret e che per ora non racconterò. Registro soltanto un fatto: le raccolte tahitiane di Commerson sono scarsissime. Epilogo: ritorno Ormai il tempo fissato dall'avaro ammiragliato francese sta per scadere e Bougainville, con la stiva piena di viveri freschi, abbandonati progetti più ambiziosi, pensa solo a trovare la rotta più breve per rientrare nei tempi prescritti. Così non si lascia convincere da Ahutoru a raggiungere le Sottovento e dopo venti giorni di navigazione si accontenta di gettare l'ancora per qualche ora al largo di una delle Samoa. Il 10 maggio la Boudeuse e l'Etoile passano al largo di Futuna, mentre lo scorbuto ricomincia a manifestarsi anche se, per combatterlo, il comandante ordina di catturare e mangiare i ratti di bordo (sembra che il loro sangue fresco sia un toccasana). Il 22 maggio le due navi penetrano nello stretto tra due isole (Bougainville, fedele alle sue memorie mitologiche, le chiama Grandi Cicladi, oggi fanno parte delle Nuove Ebridi o Vanuatu). Il 27 maggio invia alcuni uomini in cerca di viveri e acqua su una terza isola (è Espiritu Santo, la maggiore delle Vanuatu), quindi sbarca egli stesso. Appare una grande folla di uomini armati di lance e archi; in lontananza, rulli di tamburi. Bougainville ordina di lasciare l'isola. Parte un nugolo di frecce, i marinai rispondono a fucilate. No, qui non siamo più nell'Eden. Bougainville battezza quel luogo infausto "isola dei Lebbrosi". Più tardi, mentre le navi sono ancorate al largo, il comandante si reca sull'Etoile dove ha un colloquio con Baret, che subito dopo si trasferisce sulla Boudeuse. Se volete sapere che cosa si sono detti, dovete aspettare il prossimo post. La navigazione riprende, con i viveri sempre più scarsi e i casi di scorbuto sempre più numerosi. Un secondo tentativo di sbarco in un'altra isola è accolto da un nugolo di frecce. Dopo aver sfiorato la barriera corallina, la navigazione prosegue verso nord-est senza sbarchi tra le isole che contornano la Nuova Guinea: le Lousiades, così battezzate in onore di Luigi XV, e le Salomone, dove il 30 giugno Bougainville scopre un'isola che più tardi riceverà il suo nome; modestamente egli stesso si era accontentato di chiamarla Buka, il nome della noce di cocco. Ma non sbarca nemmeno qui; dopo un breve scalo nella futura Nuova Irlanda, le navi si dirigono verso le Molucche, possesso olandese, e l'equipaggio devastato dallo scorbuto può trovare viveri e soccorso nell'isola di Boro. D'ora in avanti siamo in mari conosciuti, e il viaggio è ordinaria amministrazione: un altro scalo più lungo a Batavia per dare una sistemata alle navi, e poi la traversata dell'Oceano indiano fino a Mauritius, all'epoca possesso francese con il nome Ile de France. Quindi si completa il giro del mondo toccando il Capo di Buona Speranza, Sant'Elena, Ascension e le Azzorre. Il 16 marzo 1769 la Boudeuse attracca a Saint Malo, mentre il 24 aprile l'Etoile rientra a Rochefort. A bordo delle due navi, però, non c'è più l'équipe degli scienziati; sono sbarcati tutti a Mauritius, insieme a un nutrito gruppo di soldati. Come già immaginate, ci danno appuntamento alla prossima puntata. Sfolgorante Bougainvillea Dal punto di vista politico e commerciale, la missione è un successo a metà. Non è stata aperta alcuna via per la Cina e la manciata di isole scoperte da Bougainville, almeno al momento, non sembra avere alcun interesse strategico; anche se i risultati cartografici e oceanografici sono di grande rilievo, sono inferiori alle velleità della corona francese. A farne tesoro, più di essa, sarà James Cook. In ogni caso, Bougainville è accolto trionfalmente, ottiene un seggio all'Accademia di marina e viene promosso capitano di vascello. Del resto, egli si è rivelato un ottimo uomo di mare: nonostante tutte le vicissitudini ha perso solo 7 uomini (nel suo viaggio parallelo, Wallis ebbe moltissime perdite dovute allo scorbuto e alla dissenteria). Il successo, questo sì travolgente, sarà su un altro piano. Tra il 1771 e il 1772 Bougainville pubblica Le voyage autour du monde par la frégate du roi La Boudeuse et la flûte L'Étoile en 1766, 1767, 1768 et 1769, seguito nel 1772 da Voyage autour du monde, dove, nonostante la parziale smentita delle rivelazioni di Ahutoru, edifica il mito di Tahiti, descritta come un Eden dove l'uomo, libero dalla schiavitù del lavoro, può vivere secondo una morale "naturale" votata al piacere. L'eco in tutta Europa è enorme. Voltaire scrive che, se fosse più giovane, partirebbe volentieri per la Nuova Citera; Diderot risponde con uno dei suoi capolavori, Supplément au voyage de Bougainville, in cui smaschera i propositi imperialisti nascosti dietro il velo della "missione scientifica". Bougainville ebbe ancora una vita lunga e ricca di eventi (ne trovate una sintesi nella sezione biografie) anche se non poté realizzare nessuno dei viaggi che sognava. Uomo colto e raffinato, amava anche le piante e i giardini e in vecchiaia fece costruire uno notevole nel parco del suo castello di Suisnes; più tardi aiutò il suo capo giardiniere, Christophe Cochet, a creare un vivaio tutto dedicato alle rose. E' l'inizio di una delle più celebri dinastie della storia delle rose, un altro merito del nostro ammiraglio che ebbe a dichiarare che affidava volentieri la sua sopravvivenza presso i posteri a una pianta, ovvero a Bougainvillea. Tocca a lei, finalmente. Bougainvillea, della famiglia Nyctaginaceae, comprende circa 16-18 specie di arbusti, liane e alberi originari del Sud America; importata in Europa fin dall'Ottocento, oggi è una delle piante più diffuse ed amate e si è naturalizzata in molti paesi dal clima mite. Ad avere tanto successo sono state le specie sarmentose, grandi liane con fioriture rese spettacolari dalle coloratissime brattee che circondano i fiori, di per sé insignificanti. Le specie più importanti per la coltivazione sono tre, che sono anche le prime ad aver raggiunto le serre e i vivai europei. La prima fu proprio la specie raccolta da Commerson (o da Baret), Bougainvillea spectabilis, originaria del Brasile sud-orientale, una robusta e vigorosa liana che può raggiungere vari metri d'altezza; anche se fu descritta per la prima volta sulla base degli esemplari inviati da Commerson al Jardin des plantes, il suo arrivo in Europa si deve alla spedizione nuziale di Leopoldina d'Asburgo, dopo il 1817. Una seconda specie più settentrionale, diffusa in Ecuador, Perù e Bolivia, fu raccolta e descritta da Humboldt come B. peruviana. Intorno al 1850 Choisy descrisse un'altra brasiliana, B. glabra, una specie di portamento più arbustivo e contenuto rispetto a B. spectabilis; coltivata dapprima in Francia, arrivò in Inghilterra nel 1856 e divenne presto la specie più importante di tutte. Dalle serre europee o forse dai giardini sudamericani queste tre specie, che si ibridano tra di loro spesso e volentieri e talvolta danno origini a cloni interessanti, sono andate alle conquista del resto del mondo. Nel XIX secolo, un ruolo particolarmente importante in questo senso fu giocato dai Royal Botanical Gardens di Kew, che favorirono la loro diffusione nelle colonie inglesi, dalle Antille, all'India, all'Australia. Nel 1910 una certa signora Butt acquistò a Cartagena in Colombia alcune talee di un esemplare con fiori rosso brillante e le portò con sé a Trinidad; più tardi si scoprì che si trattava di un ibrido tra B. glabra e B. peruviana; battezzata in onore della fortunata scopritrice B. x buttiana, costituisce il più importante gruppo di ibridi, che oggi si contano a centinaia. Dall'incrocio con B. spectabilis sono invece originati gli ibridi B. x specto-glabra e B. x specto-peruviana. Oggi la scelta di colori, portamento, rusticità, resistenza è davvero vastissima. Qualche approfondimento nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2024
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