Nel 1915 venne nominato Professor Bergianus Robert Elias Fries, esponente della terza generazione della più illustre famiglia di botanici svedesi tra Ottocento e Novecento; fondata da suo nonno, il celebre micologo Elias Fries, fu proseguita dal padre, Theodor Magnus, lichenologo, esploratore della flora artica e influente accademico. Di questa tradizione familiare non fu un epigono, ma un validissimo erede, anche se dai funghi e dai licheni artici il suo interesse si spostò alle fanerogame tropicali. Importante tassonomista, egli resse l'istituzione per trent'anni, dalla vigilia della prima guerra mondiale fin quasi alla fine della seconda, contribendo in modo significativo alla reputazione dell'Hortus Bergianus come centro di ricerca scientifica. Lo onorano i generi Friesodielsia e Klarobelia, entrambi appartenenti alla famiglia della Annonaceae, alla cui tassonomia diede un significativo contributo. ![]() Quattro generazioni di botanici Prendendo il termine dal celebre romanzo di Thomas Mann, gli storici dell'economia definiscono "sindrome di Buddenbrook" il processo che, nell'arco di tre o a volte quattro generazioni, porta alla decadenza e alla fine inevitabile di un'impresa familiare. All'inizio c'è un padre fondatore, un pioniere energico e non di rado geniale, che crea l'azienda quasi dal nulla con tenacia e abilità imprenditoriale; la seconda generazione è quella del pieno successo e del riconoscimento sociale, ma già mostra le prime crepe; la terza è quella della crisi e del crollo. Lo schema trova riscontro nelle vicende di numerose aziende, dai Fiorio ai Lancia ai Mondadori agli stessi Agnelli, Ma forse non vale al di fuori del mondo imprenditoriale, o almeno non nel caso della famiglia Fries, la più illustre dinastia di botanici svedesi. Il padre fondatore è indubbiamente una figura formidabile, per non dire mitica. Elias Magnus Fries (1794-1878), figlio di un modesto pastore di campagna, nato però nello Småland, la regione che aveva dato i natali a Linneo, fu affascinato dalle piante fin dall'infanzia. Ma il suo campo di elezione divenne quello, allora ancora poco studiato, dei funghi, cui diede un contributo senza pari, tanto da guadagnarsi il soprannome di "Linneo dei funghi". Creò un nuovo metodo di classificazione e durante la sua lunga vita, in diversi testi tra cui spiccano Systema Mycologicum, Elenchus Fungorum, Epicrisis Systematis Mycologici, ne descrisse e classificò 3210 nuove specie, divenendo l'autore più prolifico per questo gruppo di organismi; come abbiamo visto in questo post, è uno dei quattro autori botanici la cui sigla è costituita da soli tre caratteri, ovvero Fr. Professore prima a Lund e poi a Uppsala, fu un insegnante carismatico che creò una vera e propria scuola con esponenti non solo in Svezia. Tutti e tre i suoi figli maschi furono botanici. Il secondogenito Elias Petrus (1834-1858) morì purtroppo in giovane età, ma unì allo studio della filosofia quello dei funghi; il terzogenito Oscar Robert (1840-1908) fu un medico molto apprezzato, ma anche botanico e micologo. A portare avanti l'eredità paterna fu però soprattutto il primogenito Theodor Magnus (1832-1913), detto Thore. Studente estremamente brillante, iniziò a pubblicare i primi lavori appena diciassettenne; anche se non trascurò la botanica, si dedicò soprattutto allo studio dei licheni, con opere come Lichenographia Scandinavica, in cui diede un contributo non inferiore a quello dei padre per i funghi. Riconoscito come padre della lichenologia artica, partecipò a diverse spedizione, tra cui quella all'Isola degli orsi e alle Spitsbergen diretta da Nordenskiöld (1868) e quella ini Groenlandia del 1871. Come il padre, fu professore a Uppsala; fece rivivere l'orto botanico e rinnovò i metodi di insegnamento, influenzando generazioni di studenti. Sul piano personale, fu un vero e proprio patriarca, che dalla moglie Cathrina Gustava Anjou ebbe ben nove figli, sei dei quali raggiunsero l'età adulta. Nessuna decadenza neppure nella terza generazione. Diversi dei figli di Thore Fries furono medici e accademici, tutti in un modo o nell'altro si interessarono di botanica, e due ne fecero la loro professione: Robert Elias Fries (1876-1966) e Thore Christian Elias (1886-1930). Il primo fu il quinto Professor Bergianus e un influente tassonomista (è il vero protagonista di questo post); il secondo fu professore di botanica sistematica a Lund e si specializzò in licheni e fitogeografia. Troviamo accademici e professori di botanica anche nella generazione successiva, con Magnus (1917-1987), figlio di Robert Elias, professore presso la sezione di botanica delle fanerogame del Museo di Storia Naturale e presidente della sezione svedese della Linnean Society, e suo cugino Niels (1912-1994), figlio di Thore Christian Elias, professore di fisiologia e anatomia vegetale presso l'Università di Uppsala, studioso della riproduzione dei funghi. L'altro figlio di Robert Elias, Sigurd Fries, fu invece un linguista, ma non abbandonò del tutto la traduzione di famiglia: il suo campo di studi fu infatti la nomenclatura botanica svedese. Ulla Fries, figlia di Niels, è invece una rinomata artista, specializzata in soggetti naturalistici. ![]() La spedizione svedese Chaco-Cordillera Dopo questo excursus sulla famiglia Fries, è ora di conoscere più da vicino (Klas) Robert Elias Fries. Nato a Uppsala, dove il padre insegnava botanica e economia agraria, si formò presso quell'università, laureandosi in filosofia nel 1901. Forse anche grazie alle conoscenze paterne, che come abbiamo visto aveva partecipato alla spedizione artica di Adolf Erik Nordenskiöld. fu scelto come compagno dal figlio di questi, l'archeologo Erland Nordenskiöld, per una spedizone in Sudamerica. In gran parte finanziata dal conte Eric von Rosen con il sostegno dell'Accademia delle scienze e dell'Università di Göteborg, aveva scopi prevalentemente archeologici ed etnografici; si mosse nella zona di confine tra Argentina e Bolivia, all'epoca ancora relativamente inesplorata, ed è nota come "spedizione Chaco-Cordillera". Il 25 marzo 1901 Fries partì da Stoccolma insieme a Nordenskiöld e al preparatore e tassidermista Oscar Landberg; il gruppo raggiunse Buenos Aires alla fine di aprile e all'inizio di maggio si spostò a Salta, dove venne stabilito un primo campo base e alla spedizione si unì Eric Boman, uno svedese che da qualche anno viveva in Argentina. Dopo diverse escursioni nei dintorni, gli svedesi, accompagnati da personale assunto in loco, si spostarono nella provincia di Jujuy, dove stabilirono un secondo campo base nei pressi dello zuccherificio La Esperanza, punto di partenza per l'esplorazione della catena montuosa della Sierra Santa Barbara, dove Fries e Boman raccolsero campioni di flora montana. Vennero anche scavati ed esplorati diversi luoghi di sepoltura. Nel frattempo dalla Svezia era partito un secondo gruppo, formato dal conte von Rosen, dal suo cameriere Sigfrid Pettersson e da Gustaf von Hofsten. Alla fine di settembre si unirono agli altri a Salta, Il gruppo così allargato si diresse verso gli altopiani della Puna de Jujuy, passando per Quebrada del Toro, dove vennero fatti rilievi archeologici. Il campo base venne posto a El Moreno, a 3600 metri di altitudine, ai piedi del Nevado de Chañi. Rosen diresse scavi archeologici a Casabinda e Ojo de Agua e furono intraprese diverse escursioni, tra cui la scalata del Nevado de Chañi, compiuta da Rosen, Fries e von Hofsten. L'8 gennaio 1902 la spedizione raggiunse Tarja, al centro di un'area ricca di fossili, che infatti vennero raccolti in grande quantità. C'erano già stati diversi incidenti con Boman, finché questi, ubriaco, si ferì con il suo stesso revolver e fu costretto ad abbandonare la spedizione, che, verso la fine di febbraio, si spostò in direzione del Chaco, stabilendo l'accampamento a Tatarenda. Importanti per gli etnologhi gli incontri con chiriguanos di lingua guaraí e indios Chorotes. La flora arida del Chaco offriva però un eccezionale campo di ricerca anche a Fries. Ad aprile, accompagnata da otto soldati e un ufficiale, la spedizione si spinse fino al forte di Crevaux sul Rio Pilcomayo, dove incontrarono altri gruppi di indigeni del Chaco, i wichí e i toba. Alla fine di maggio gli svedesi rientrano a Salta, iniziando il viaggio di ritorno, che si concluse il 27 giugno con l'arrivo in Svezia. ![]() Un tassonomista esperto di flora tropicale La spedizione Chaco-Cordillera permise a Fries di raccogliere un gran numero di esemplari di fanerogame, funghi e alghe, il cui studio lo avrebbe impegnato negli anni successivi, gettando le basi della sua carriera professionale ed accademica. Alla flora delle montagne dell'Argentina settentrionale dedicò la tesi di dottorato (Zur Kenntnis der Alpinen Flora im nördlichen Argentinien), conseguita a Uppsala nel 1905. Tra il 1902 e il 1907 fu borsista presso il Museo nazionale e nel 1908 fu assunto all'orto botanico di Uppsala come curatore dell'erbario. Nel 1911, Rosen lo coinvolse in una seconda grande spedizione che lo portò in Rhodesia e in Congo. Ora non era più uno studente alle prime armi, ma un affermato botanico, e la spedizione, sostenuta anche dall'Università di Uppsala, ebbe fin da subito scopi tanto etnografici quanto botanici. Fries e Rosen lasciarono la Svezia il 13 giugno 1911 e un mese dopo arrivarono per mare a Cape Town, dove Fries scalò la Table Mountain e approfittò della sosta per raccogliere esemplari di piante sudafricani. Quindi i due si diressero alle Cascate Vittoria dove sostarono una settimana, poi viaggiarono in treno fino a Broken Hill, nella Rhodesia Settentrionale (Zambia), da dove la spedizione proseguì a piedi. Le ricerche botaniche ed etnografiche si concentrarono sulle grandi paludi a sud del lago Bangweolu, nell'attuale Zambia settentrionale. Mentre Rosen approfondiva lo studio del popolo delle paludi, Twa o Batwa, al quale avrebbe poi dedicato due opere fondamentali, Fries scopriva la flora dell'Africa tropicale, che da quel momento non avrebbe mai cessato di studiare. Dopo aver attraversato l'intero continente, il viaggio di Rosen e Fries si concluse ad Alessandria d'Egitto, per poi proseguire alla volta della Svezia. Nel 1912 Fries fu nominato professore supplente all'Università di Uppsala e titolare nel 1913; nel 1914, giunse la nomina a Professor Bergianus, incarico che avrebbe mantenuto per trent'anni, fino al 1944, quando diede le dimissioni, ormai settantenne. Sotto la sua gestione, l'orto botanico si arricchì di un'aranciera, completata nel 1926, e della sede del dipartimento, che attualmente ospita, oltre all'ufficio del Professor Bergianus, numerose collezioni della fondazione, come l'Erbario Bergius e la Biblioteca delle icone creata da Wittrock. Ma soprattutto, Fries rafforzò il ruolo dell'Hortus Bergianus come centro di ricerca sistematica, orientandolo verso le piante tropicali, coerentemente con le sue esperienze in America e in Africa e promosse fortemente le collezioni, arricchendo l'erbario con gli scambi e le spedizioni. Tra il 1921 e il 1922, partecipò a una seconda spedizione in Africa, nella quale fu affiancato dal fratello Thore Christian Elias Fries; durante questa missione, che ebbe per terreno l'Africa orientale britannica e in particolare il Kenya, i fratelli esplorarono soprattutto la flora alpina dei Monti Aberdare e Elgon, Come professor Bergianus, Fries poté concentarsi nello studio delle sue raccolte africane; il primo risultato fu l'importante Botanische Untersuchungen, in tre volumi, pubblicati in lingua tedesca tra il 1914 e il 1921, allo stesso tempo uno studio sistematico, ecologico e agricolo-applicato della flora dell'Africa tropicale. Seguirono numerose pubblicazioni in cui Fries approfondì la tassonomia di famiglie come le Fabaceae, le Annonaceae, le Sapotaceae, le Malvaceae (incluse le Bombacaceae), le Amaranthaceae, e altre, pubblicando numerose nuove specie su riviste svedesi e internazionali. Sebbene in modo meno centrale rispetto al padre e al nonno, si occupò anche di funghi, li raccolse attivamente durante le spedizioni, ma studiò soprattutto quelli svedesi e i Myxomycetes (funghi mucillaginosi). Ammesso all'Accademia svedese delle scienze nel 1926 (ne sarebbe stato presidente dal 1939 al 1940 e vicepresidente dal 1942 al 1951), appartenne a molte altre società scientifiche: l'Accademia svedese delle foreste e dell'agricoltura dal 1927, la Società fisiografica di Lund dal 1938 e la Società svedese delle scienze di Uppsala dal 1950. Tra il 1924 e il 1947 fu presidente della Società linneana svedese. Dopo il pensionamento nel 1944, mantenne stretti legami con l'Hortus Bergianus e con altre istituzioni botaniche internazionali e continuò a pubblicare le sue ricerche; ad esempio, risale al 1947 un importante studio sulle Malvaceae centro e sudamericane e alla seconda metà degli anni '50 una serie di articoli sulle Annonaceae. Morì a Stoccolma quasi novantenne nel 1966. ![]() Due generi di Annonaceae Curiosamente, Robert Niels Fries è l'unico esponente dell'illustre famiglia ad essere onorato da un genere valido (anzi due, come vedremo tra poco). Ovviamente al grande nonno Elias Magnus Fries non mancarono i riconoscimenti. Un genere Friesia gli fu dedicato tanto da De Candolle quanto da Sprengel, ma nessuno è accettato, come non lo sono i generi di funghi Friesia, Friesites e Friesula. Stupisce poi che, a quanto mi risulta, nessuno abbia pensato di onorare con un genere, se non altro di licheni, l'altrettanto meritevole figlio Theodor Magnus Fries. Benché meno noto, una dedica è invece toccata al fratello minore Oscar Robert Fries: è il genere di funghi Robertomyces, in compartecipazione con il nipote, ovvero il nostro Robert Niels. Neppure esso è però accettato. Lo sono invece i due generi di fanerogame a lui dedicati, entrambi appartenenti alla famiglia Annonaceae. Robert Elias Fries era considerato uno dei massimi esperti mondiali di questa famiglia, cui contribuì con revisioni sistematiche e con la creazione di numerosi generi, diversi dei quali tuttora validi. Nel 1948 van Steenis, il direttore di Flora Malesiana e sua volta un esperto di piante tropicali, decise di onorarlo con il genere Friesodielsia, assieme a un altro illustre botanico, il tedesco Ludwig Diels (1874-1945), scomparso di recente, in riconoscimento del pari contributo di entrambi alla tassonomia dei questa famiglia. Mentre in precedenza comprendeva un numero maggiore di specie, tanto africane quanto asiatiche, Frisodielsia è stato recentemente ristretto a queste ultime e comprende una cinquantina di specie di rampicanti legnosi distrubuti nelle foreste dell'Asia tropicale, dall'India meridionale alla Nuova Guinea. Caratteristici i fiori ermafroditi solitari o raccolti in cime; hanno 3 sepali valvati e sei petali in due giri, tipicamente molto diseguali, quelli del giro esterno grandi e allungati, quelli interni molto più piccoli, da ovato-lanceolati a oblunghi, che si avviciano fino a sovrapporsi sopra gli stami e l'ovario. Hanno molti stami e carpelli. I frutti sono apocarpici, ovvero costituiti da carpelli individuali (monocarpi) da globosi a elissoidali, indipendenti l'uno dall'altro, ciascuno dei quali in genere contiene un solo seme. A differenza dei frutti di molte specie di questa famiglia (inclusa l'africana Monanthotaxis obovata, in precedenza Friesodielsia obovata) solitamente non sono commestibili. Fa eccezione F. sahyadrica, originaria dei Ghati occidentali in India, i cui frutti, oltre ad essere appetiti da uccelli e altri animali selvatici, sono consumati freschi a livello locale. Molto più recente il secondo genere dedicato a Robert Niels Fries, Klarobelia, creato nel 1998 da Chatrou, separandolo da Malmea, uno dei genere di Annonaceae stabiliti da Fries. La denominazione fonde la prima parte dei due primi nomi di Fries, il cui nome intero suonava Klas Robert Niels Fries, anche se si firmava Robert. Klarobelia comprende una dozzina di specie di alberi e arbusti distribuiti da Panama al Sud America tropicale, tipicamente nelle foreste pluviali, con centro di diversità lungo la catena andina. Hanno foglie sempreverdi, alternate, spesso di consistenza coriacea, aromatiche, piccoli fiori e frutti che in almeno alcune specie, come K. subglobosa, sono eduli. Sono per lo più piante rare, con una distribuzione limitata. Ad esempio K. megalocarpa è un endemismo delle foreste di bassa altitudine dell'Ecuador, minacciata dalla restrizione dell'ambiente naturale; K. subglobosa è un endemismo del Venezuela, noto per un'unica popolazione all'interno del Parco nazionale El Avila nei dintorni di Caracas. Il genere inoltre pone non pochi problemi tassonomici, che fanno prevedere future revisioni.
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Con la loro infinita gamma di colori e le fioriture che proseguono dall'autunno alla primavera inoltrata, le viole del pensiero sono tra i fiori più amati e più noti. Meno familiare è forse il nome botanico Viola × wittrockiana. Quel segno × ci dice che si tratta di un ibrido, anzi di un ibrido complesso, tra i cui genitori c'è certamente l'europea Viola tricolor, ma anche molte altre specie. L'eponimo è invece una dedica allo svedese Veit Brecher Wittrock, il quarto Professor Bergianus. Come studioso, la sua vita si divide nettamente in due fasi: prima di assumere l'incarico, fu assenzialmente un algologo, dopo allargò i suoi interessi soprattutto alle piante coltivate nonché alla storia della botanica. Il suo contributo più significativo è però forse il giardino stesso, di cui curò il trasferimento da Bergielund all'attuale sede di Frescati, trasformandolo in un orto botanico di concezione moderna. A ricordarlo il genere di alghe Wittrockiella e la Bromeliacea Wittrockia. ![]() Dalle alghe alle piante coltivate Dopo la morte di Johan Emanuel Wikström, l'Accademia delle scienze svedese scelse come suo successore sia come Professor Bergianus sia come curatore dell'orto botanico Nils Johan Andersson (1821-1880). Al contrario del suo stanziale predecessore, vantava un passato di viaggiatore. Tra il 1851 e il 1853, come botanico della spedizione, partecipò alla prima circumnavigazione svedese, a bordo della Eugenie, visitando le Hawaii e le isole dei mari del Sud, l'Australia, le Filippine, la California, molti porti del Sudamerica e facendo raccolte in Sudafrica. Al ritorno, fu nominato professore dell'Università di Lund e appunto, dal 1857, Professor Bergianus, nonché direttore del dipartimento di botanica del Museo di scienze naturali. Nei vent'anni in cui resse l'incarico, lavorò soprattutto sugli oltre 50.000 campioni raccolti in 30 paesi diversi durante il suo viaggio, ma pubblicò anche una serie di opere divulgative. E' onorato dal genere Anderssoniopiper, oggi ricondotto a Piper. Nel 1878 si ammalò e dovette lasciare prima l'incarico di curatore del dipartimento di botanica poi anche quello di Professor Bergianus. A sostituirlo nell'uno e nell'altro compito fu Veit Brecher Wittrock (1839-1914), prima come responsabile ad interim e professore associato, poi come titolare dal 1880. Wittrock era nato in una famiglia di origine tedesca immigrata dall'Holstein; si laureò in botanica a Uppsala e per tredici anni, dal 1865 al 1878, per mantenersi insegnò botanica, zoologia e lingua inglese in un ginnasio privato. Contemporaneamente, nel 1866 ottenne la libera docenza di botanica e dal 1873 tenne corsi di botanica a Stoccolma per conto dell'Associazione universitaria. Intanto aveva incominciato a farsi conoscere per i suoi studi sulle alghe, alle quali aveva già dedicato la tesi di dottorato. Nel 1867 pubblicò Algologiska Studier, in due parti, la prima dedicata alle alghe dei laghi e dei corsi d'acqua svedesi, la seconda alle alghe tropicali. Nel 1870 e nel 1874 fu la volta di due studi sulla famiglia Oedogoniaceae, seguiti nel 1877 dalla sua opera forse più importante sulle alghe (On the development and systematic arrangement of the Pithophoraceæ, a new order of algae) in cui stabilì l'ordine delle Pithophoraceæ e ne propose una sistemazione sistematica. Nel 1878 fu nominato professore associato dell'Università di Uppsala e poté lasciare l'insegnamento ginnasiale; poco dopo, in seguito alla malattia di Andersson, l'Accademia delle scienze gli chiese di occuparsi temporanemente delle collezioni di botanica del Museo nazionale; egli accettò e si trasferì a Stoccolma; l'anno successivo, come ho anticipato, succedette ad Andersson anche come Professor Bergianus. Anche se non abbandonò mai lo studio delle alghe (nel 1877 aveva cominciato a collaborare con Otto Nordstedt alla pubblicazione di una grande opera sulle alghe della Scandinavia, Algæ aquæ dulcis exsiccatæ, e avrebbe continuato a presiederla fino al 1903), il nuovo incarico impresse una svolta nei suoi interessi scientifici, che ora allargarono alle gimnosperme, con la monografia Skandinaviens gymnospermer (1887), e alle angiosperme; la sua opera più significativa di questi anni è probabilmente uno studio sulla flora dei ghiacci (1882). Nel 1885, nell'ambito del nuovo piano regolatore della città di Stoccolma, fu deciso di trasferire l'orto botanico dalla sede storica di Bergielund a Frescati, nella periferia nord della capitale. Wittrock condusse con abilità la vendita della vecchia sede e dei terreni annessi e con il capitale ricavato fu possibile creare un nuovo giardino di concezione più moderna, dotato di un dipartimento scientifico e di strutture all'avanguardia: l'Oragerie per le piante tropicali e un edificio per l'erbario, la biblioteca e gli uffici del personale. Nel 1899-1900 venne aggiunta una serra a cupola in vetro e acciaio per le ninfee, la Victoria regia e altre piante acquatiche e nel 1908, su espressa richiesta di Wittrock, una torre che avrebbe ospitato il suo studio e la sua collezione di semi e pigne. Nota come "torre di Wittrock" ancora oggi è una delle attrazioni del giardino. Anche se per qualche anno fu impegnato anche in politica (dal 1888 al 1890 fu deputato per il collegio di Stoccolma), a partire dal 1885 il giardino divenne il centro della vita professionale e privata di Wittrock, che di fatto mise fine ai viaggi e ne diresse da vicino la realizzazione, condotta in gran parte secondo i suoi progetti e vi contribuì generosamente anche con propri fondi privati. Un'altra importante innovazione fu nel 1890 la fondazione della rivista "Acta Horti Bergiani", sulla quale pubblicò una serie di studi descrittivi sulle piante coltivate nel giardino. Il più significativo è probabilmente quello dedicato alle viole del pensiero (1895-97), di cui stabilì la natura ibrida e la complessa genealogia. In riconoscimento del valore fondativo di questo contributo, nel 1925 Helmut Gams avrebbe denominato questa pianta Viola x wittrockiana. Wittrock si interessò anche di storia della botanica: ordinò una serie di ritratti di botanici e dal 1903 ne pubblicò il catalogo (Catalogus illustratus iconothecae botanicae horti Bergiani Stockholmiensis), arricchito da note biografiche e disegni dal vero; scrisse anche una biografia di Linneo, pubblicata nel 1907 in "Acta Horti Bergiani". Era membro di numerose società scientifiche: dal 1877 della Società delle Scienze di Uppsala, dal 1878 dell'Accademia delle Scienze, dal 1884 dell'Accademia di Agricoltura, dal 1901 della Società Fisiografica di Lund, dal 1908 della Società di Scienza e Letteratura di Göteborg. Nel 1909, seguendo l'esempio statunitense dei "fiori di stato", fu deciso di designare una pianta rappresentativa di ciascuna provincia svedese; una lista preliminare venne stilata da una commissione di insegnanti di botanica, ma quando non riuscirono a mettersi d'accordo sulla versione definitiva, l'incarico passò a Wittrock. Anche la sua lista non fu esente da critiche: in particolare a protestare violentemente furono la Scania e l' Hälsingland, che ottenero che le piante-simbolo fossero cambiate. In seguito ci furono ancora altri cambiamenti, ma la maggior parte delle piante delle province svedesi è ancora quella indicata da Wittrock. Attivo fino a tarda età, questi morì nel 1914, a settantacinque anni. ![]() Bromeliaceae dal Brasile Da entrambi i campi di studi nei quali si divise la sua attività di botanico è giunta a Wittrock la dedica di un genere valido. Come studioso di alghe è ricordato da Wittrockiella, un genere di alghe verdi della famiglia Pithophoraceae, di cui fu uno dei primi studiosi; come studioso di angiosperme, lo celebra Wittrockia, creato Carl Axel Magnus Lindman, che fu suo amico e collaboratore sia al Museo di scienze naturali sia all'Hortus Bergianus. Appartenente alla famiglia Bromeliaceae, questo genere comprende cinque specie endemiche del Brasile, in particolare della foresta costiera nota come Mata Atlantica, dove possono essere sia terrestri sia epifite. E proprio in Brasile Lindman raccolse la specie tipo, Wittrockia superba. Piuttosto grandi per gli standard di questa famiglia, hanno lunghe foglie raccolte in rosette anche di un metro di diametro. Spesso hanno i margini muniti di spine e macchiettature di colori contrastanti. L'infiorescenza, a forma di coppa e circondata da brattee, spesso vistosamente colorate, spunta per lo più direttamente al centro della rosetta, dove si raccoglie l'acqua piovana, formando una specie di vaso o nido. I singoli fiori, numerosissimi, e strettamente addensati, sono piuttosto piccoli e possono essere blu, viola o di altri colori, a seconda della specie. Dopo la fioritura, la pianta muore, ma prima, come altre Bromeliaceae, produce alla base ricacci più o meno numerosi. Probabilmente, l'unica specie usualmente coltivata è W. gigantea, introdotta con altri nomi dai vivai belgi fin dalla seconda metà dell'Ottocento; di dimensioni imponenti, ha foglie munite di spine marginali e infiorscenze circondate da brattee da rosa carico a viola, a seconda della varietà; tra queste ultime, si segnala 'Leopardinum' (introdotta come Canistrum leopardinum) con strette foglie lucide lunghe sino a 60 cm con macchiettature irregolari brune o verde scuro. Più recente l'introduzione di W. cyathiformis, caratterizzata da infiorescenze a coppa sorette da un lungo peduncolo e circondate da brattee rosa, Wittrockia è affine a Neoregelia, con la quale forma ibridi detti x Neorockia, caratterizzati da foglie dai colori brillanti come 'Golden Leopard’, verde lime con macchie più scure, o ‘Roasted Pheasant’, rosso magenta. Alcune specie, in precedenza assegnate a Wittrockia, sono state trasferite in altri generi: W. smithii è ora Nidularium amazonicum, W. paulistana è ora Canistrum paulistanum, W. spiralipetala è Neoregelia spiralipetala. Il botanico svedese Johan Emanuel Wikström fu benemerito soprattutto come redattore di una rassegna annuale delle pubblicazioni botaniche, un'impresa titanica che lo impegnò per un trentennio. Ma è a un'opera giovanile, una monografia sulla famiglia Thymelaeaceae, che deve la dedica del genere Wikstroemia, da alcune specie del quale si ricava la più pregiata delle carte giapponesi. Una dedica dunque azzeccata per un botanico "da scrivania" che più che la ricerca sul campo, frequentò erbari e biblioteche. ![]() Un botanico tra erbari e biblioteche Utilizzate nel restauro dei libri e di altri materiali cartacei, nell'arte e nell'artigianato, le carte giapponesi sono celebri per la loro altissima qualità. In Giappone sono dette washi, che significa appunto “carta giapponese”, in contrapposizione a youshi “carta occidentale”; fabbricate a mano secondo tecniche tradizionali, sono caratterizzate da estrema leggerezza e trasparenza, ma allo stesso tempo da notevole resistenza meccanica, grazie alle lunghe fibre; sono infatti costituite non dalla cellulosa ricavata da stracci, come nell'uso occidentale, ma dalle fibre ricavate dalla corteccia di diversi arbusti. La più raffinata, tanto da essere chiamata anche hishi “carta bella”, è la carta gampi, ottenuta dalle piante omonime, ovvero da diverse specie del genere Wikstroemia, la più importante delle quali è W. sikokiana, endemica delle foreste montane del Giappone centrale e meridionale. Il botanico che ha donato il suo nome a questo genere non visitò mai il Giappone, anzi uscì dai confini del suo paese natale solo due volte, per incontrare colleghi ad Amburgo e Copenhagen. Si tratta dello svedese Johan Emanuel Wikström (1789-1856), successore di Olof Swartz come secondo Professor Bergianus. I due, che come vedremo tra poco furono amici e collaboratori, condividevano l'ambiente sociale: entrambi nati nella Svezia meridionale, apparentenevano a famiglie benestanti ed erano figli di imprenditori. Obbedendo alla volontà paterna, nel 1806 il diciassettenne Wikström si iscrisse alla facoltà di legge dell'Università di Uppsala, conseguì la laurea e per qualche anno lavorò presso il tribunale distrettuale di Vänersborg. Non era però la sua vocazione: così tornò ad Uppsala per studiare medicina, conseguendo la laurea di primo livello nel 1815 e il dottorato nel 1817. Il più prestigioso dei suoi professori era Carl Peter Thunberg, che lo contagiò con la sua passione per la botanica e lo coinvolse nella sistemazione del suo erbario. Proprio con Thunberg discusse la tesi di dottorato, dedicata al genere Daphne (Dissertatio de Daphne). Nella prefazione, egli ringrazia tra gli altri Olof Swartz per avergli messo a disposizione le sue collezioni e la biblioteca di Bergielund; aveva infatti preso l'abitudine di trascorrervi le vacanze. Da Swartz forse ancor più che da Thunberg apprese il metodo di lavoro, interessandosi come lui a campi all'epoca poco battuti, come i licheni, cui dedicò Museum naturalium academiæ upsaliensis (1813), una storia della letteratura lichenologica svedese. Dopo la laurea, iniziò a lavorare come medico in un ospedale di Stoccolma; continuava però a frequentare assiduamente Bergielund, divenendo una sorta di assistente volontario di Swartz. Nel 1818 la morte improvvisa di questi cambiò per sempre la sua vita: l'Accademia delle scienze gli propose di assumere la direzione dell'orto botanico Bergius e di succedere al defunto anche come curatore della sezione botanica del Museo svedese di storia naturale. Wikström accettò e per la seconda volta cambiò mestiere, divenendo botanico a tempo pieno. Trasferitosi a Bergielund, gestì con successo il giardino e insegnò nella annessa scuola di orticoltura, tenendo anche dimostrazioni pratiche; dal 1821, a titolo gratuito ("per amore della scienza e della gioventù") divenne anche insegnante di storia naturale al Ginnasio di Stoccolma. Sono di questi anni un'ampia monografica sulla famiglia Thymelaeaceae (1818) e uno studio sul genere Rosa (1821). Nel 1821 fu ammesso all'Accademia svedese delle Scienze, che proprio quell'anno decise di pubblicare resoconti annuali delle ricerche e dei progressi scientifici, affidandoli a diversi accademici. A Wikström fu affidata la rassegna e la recensione delle pubblicazioni botaniche svedesi e straniere. Fu l'inizio di un lavoro gigantesco che lo avrebbe impegnato per più di trent'anni: i 32 volumi di Översikt av botaniska arbete och adverbör för aråden 1820-51, usciti tra il 1822 e il 1855, coprono il periodo che va dal 1820 al 1854, per un totale di 1200 pagine; di grandissimo valore, ottennero risonanza europea e furono in parte pubblicati anche in tedesco. Wikström vi lavorò da solo fino al 1842, poi fu affiancato da J. Müller e in parte da C. T. Beilschmied. Anche se era curatore del giardino da ben cinque anni, fu nominato Professor Bergianus solo nel 1823. Come prima, continuò a vivere in modo modesto a Bergielund, dividendo il suo tempo tra la gestione del'orto botanico, l'insegnamento e la ricerca. Dai contemporanei è stato descritto come un nerd, che trovava piacere solo nel lavoro. Oltre alla rassegna bibliografica, già di per sè estremamente impegnativa, scrisse quella che è considerata la prima storia della botanica svedese, Conspectus litteraturae botanicae in Suecia, che, partendo dagli inizi, copre il periodo fino al 1831. Inoltre, come curatore della sezione botanica del Museo di scienze naturali, riorganizzò l'erbario, che comprendeva le importantissime raccolte degli allievi di Linneo Thunberg, Sparrman e Osbeck, corredandole di note di notevole valore. A parte la partecipazione i due brevi viaggi a quali ho già accennato (nel 1820 e nel 1847) non si allontanò mai da Stoccolma e dai suoi dintorni, esplorandone a fondo la flora. Frutto di queste ricerche fu Stockholms flora (1840) che copre le prime 13 classi di Linneo. Alla flora esotica dedicò però due articoli pubblicati sui resoconti dell'Accademia delle scienze, uno sulla flora di Saint-Barthélemy (1825), l'altro su quella della Guadalupa (1827), basati rispettivamente sui materiali raccolti dai viaggiatori svedesi B. A. Euphrasen (1756-1796) e J. E. Forsstrom (1775-1824). Scrisse anche articoli su nuove specie di equiseti e felci. Nel 1832 fu tra i fondatori della Società svedese di orticoltura; era inoltre membro di diverse società scientifiche straniere, tra cui l'Accademia leopoldina. La sua salute, malferma fin dall'infanzia, negli ultimi anni andò deteriorandosi al punto da costringerlo quasi sempre a letto. Morì nel 1856. A succederli come Professor Bergianus fu Nils Johan Andersson (1821-1880), che fu anche il suo primo biografo. ![]() Wikstroemia ovvero gampi, pianta della carta A Wikström sono stati dedicati successivamente tre generi Wikstroemia: nel 1821 da Sprengel (non accettato, è sinonimo di Critonia, Asteraceae); lo stesso anno da Schrader (da respingere, è sinonimo di Gordonia, Theaceae); infine nel 1833 da Endlicher (Thymelaeaceae). Benché sia l'ultimo venuto, è questo il genere accettato (nomen conservandum). Nel creare il genere ("intermedio tra Daphne e Lagetta") Endlicher ricorda il nostro come autore della citata monografia sulla famiglia Thymelaeaceae. Egli si basò su una specie raccolta nell'isola di Norfolk da Ferdinand Bauer, W. australis. Altre specie erano già note, ma erano state assegnate ad altri generi, a cominciare da W. indica, pubblicata da Linneo come Daphne indica. Oggi al genere sono assegnate una novantina di specie, con due centri di diversità: da una parte l'Asia orientale con un'ottantina di specie, distribuite dal subcontinente indiano alle isole del Pacifico, con centro di diversità in Cina, con quasi 50 specie, di cui una quarantina endemiche; dall'altra un centro di diversità secondario alle Hawaii, con una dozzina di specie, note con il nome akia o akea. Un'unica specie, W. subspicata, è presente nella provincia del Capo orientale in Sudafrica. Le Wikstroemia sono prevalentemente arbusti o suffrutici, talvolta piccoli alberi e raramente erbacee perenni (W. linoides), in genere molto ramificati, con foglie sempreverdi o decidue opposte o alternate. I fiori sono raccolti in infiorescenze terminali o subterminali (spicate, racemose, umbelliformi o capitate, più raramente in pannocchie composte); hanno calice tubolare o cilindrico, giallo o verde, più raramente viola, rosso o bianco, con 4-5 lobi. Le specie hawaiane sono dioiche. Il frutto è una bacca succulenta, più raramente secca. Le specie di questo genere contengono una grande varietà di composti chimici e alcune sono fortemente tossiche; d'altra parte, hanno anche usi medicinali. W. indica, una specie di ampia diffusione (India, Cina meridionale, Sud est asiatico, Filippine, Australia), è una delle 50 erbe fondamentali della medicina tradizionale cinese; le ricerche hanno confermato proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie e potenzialmente antitumorali. Diverse specie trovano impiego nella fabbricazione della carta anche al di fuori del Giappone; oltre alla già citata W. sikokiana, ricordiamo W. trichotoma, utilizzata in Cina, Corea e Giappone, dove è chiamata ki gampi; W. canescens, utilizzata in Cina, Nepal e Pakistan; W. chamaedaphne, impiegata in Cina. La carta migliore rimane quella ottenuta da W. sikokiana; ma è anche la più costosa. Infatti questa specie si adatta difficilmente alla coltivazione e deve essere raccolta in natura; cresce molto lentamente e sono necessari da 5 a 7 anni perché raggiunga dimensioni sufficienti per la raccolta dei rami, dalla cui corteccia vengono ricavate le fibre; inoltre ha una resa molto bassa: occorre un quintale di corteccia di gampi per produrre da 3 a 5 kg di carta. Essendo insufficiente la produzione nazionale, si ricorre all'importazione della corteccia di altre specie, soprattutto W. retusa dalle Filippine, di qualità buona ma discontinua. Le caratteristiche che rendono unica la vera carta gampi sono la morbidezza setosa, la lucentezza e il naturale colore avorio; inoltre è naturalmente resistente all’acqua anche senza collaggio. È dunque soprattutto la carta degli artisti e dei calligrafi; fu anche la prima carta giapponese conosciuta in Europa, importata fin dal Seicento dalla Compagnia olandese delle Indie Orientali, l’unica autorizzata a commerciare con il Giappone; tra i suoi estimatori lo stesso Rembrandt che ne apprezzava la capacità di mantenere la linea inchiostrata con sorprendente chiarezza e profondità e la usò per le proprie acqueforti. Prima attivissimo esploratore dall'occhio di lince della flora della Giamaica e di altre isole delle Antille, poi autore di testi decisivi sia sulle piante di quell'area, sia di gruppi in precedenza poco studiati (orchidee, felci e licheni), Olof Swartz fu il più importante botanco svedese della generazione post linneana. Il suo apporto alla storia della tassonomia gli ha guadagnato il singolare onore di essere uno dei quattro botanici la cui sigla d'autore è di soli tre caratteri, Sw. A ricordarlo anche il bello e singolare genere neotropicale Swartzia. ![]() Dalla flora delle Antille alle orchidee e alle felci Nelle pubbblicazioni scientifiche (ma talvolta anche divulgative, come le schede di questo blog) i nomi botanici, sempre in corsivo, sono seguiti da un sigla in tondo, che indica l'autore di quell'entità. E' un accorgimento necessario per identificare quest'ultima con precisione, visto che le omonimie sono più frequenti di quanto si pensi: ad esempio, il binomio Potentilla adscendens è stato usato quattro volte da altrettanti autori per piante diverse: P. adscendens Waldst. & Kit. ex Willd, (1809), P. adscendens Lapeyr. (1813), P. adscendens Baumg. (1816), P. adscendens Zimmeter (1884); ovviamente, secondo la regola della priorità, solo il primo nome è legittimo, mentre gli altri sono illegittimi, ma non di meno esistenti. Per indicare il nome dell'autore si usano abbreviazioni standard, che possono essere costituite dal cognome intero (come Zimmeter, ovvero il botanico austriaco Albert Zimmeter), ma più spesso da una sigla: ad esempio Waldst. sta sta per Franz de Paula Adam von Waldstein, Kit. per Pál Kitaibel, Willd. per Carl Ludwig Willdenow. Secondo le regole del codice internazionale, nessuna sigla può avere meno di due caratteri. La più corta, e la sola che ne ha effettivamente due, è L., corrispondente al papà del sistema binomiale, Linneo ovvero Carl von Linné. Quattro soli autori, tutti importantissimi, hanno il privilegio di averne tre: Augustin Pyrame de Candolle (DC.), Elias Magnus Fries (Fr.), James Edward Smith (Sm.) e Olof Peter Swartz (Sw.). Tutti gli altri ne hanno quattro o più. Abbiamo già incontrato in questo blog James Edward Smith, che certamente si è guadagnato la curiosa esclusiva sia per i numerosi nomi pubblicati, oltre 1600, sia come fondatore della Linnean Society, dunque in un certo senso come erede diretto di Linneo; de Candolle, con i suoi oltre 17.000 taxa, è l'autore di gran lunga più prolifico; Fries deve il riconoscimento soprattutto al suo ruolo come padre fondatore della micologia (ha pubblicato "appena" 500 nomi di piante); quanto a Swartz, è anch'egli autore di oltre 1600 nomi, e soprattutto ha lasciato un'impronta indelebile nella classificazione di specifici gruppi di piante, come le orchidee e le felci. Nato a Nordkoping in Svezia, Olof Swartz ( 1760-1818 ) per ragioni anagrafiche non fu allievo diretto di Linneo, ma si formò alla sua scuola. Nel 1778, quando arrivò a Uppsala diciottenne per studiare medicina e scienze naturali, il vecchio Linneo era morto da pochi mesi; così il suo primo professore fu il figlio di Linneo Carl junior. Ma il suo vero maestro fu Carl Peter Thunberg, che nel 1779 ritornò dai suoi viaggi in Sudafrica e Giappone e per qualche anno fu dimostratore di botanica a Uppsala, per poi assumere la cattedra alla morte di Carl junior nel 1784. Da lui, con il quale strinse una duratura amicizia, Swartz apprese i metodi del lavoro sul campo con una serie di spedizioni estive in varie province della Svezia, la più impegnativa delle quali nel 1780, insieme ad altri studenti lo portò in Lapponia, ripercorrendo l'itinerario di Olof Rudbeck e Linneo; l'anno successivo fu nell'isola di Åland e visitò anche Gotland. In queste spedizioni per così dire casalinghe dimostrò il suo occhio di lince con una serie di prime segnalazioni per la Svezia e qualche nuova scoperta. Il suo interesse principale andava ai muschi, un gruppo di piante poco studiate; nei pressi di Uppsala scoprì una nuova specie, Jungermannia sertularoides, che fu pubblicata dal figlio di Linneo con l'annotazione "Scoperta da Ol. Swartz, studioso di botanica di ottime speranze". E proprio ai muschi nel 1781 dedicò la sua dissertazione di primo livello, De Methodo Muscorum, di fatto il primo testo svedese sulle briofite. Nel 1783 superò l'esame come candidato di medicina. Era deciso a partire e a fare nuove esperienze. Poteva farlo a spese proprie (anche se non lautamente), avendo ereditato dal padre, un manifatturiere di successo, un piccolo patrimonio. Poco dopo l'esame, lasciò Uppsala per Goteborg; in attesa di un imbarco fece visita a Alströmer a Christinedal e strinse amicizia con i suoi assistenti Fagraeus e Dahl. , anche loro discepoli di Linneo e attivi nel Gabinetto di storia naturale del possidente. Finalmente ad agosto si imbarcò su una nave mercantile diretta a Boston, dove arrivò ad ottobre. Vi si trattenne circa otto settimane, facendo qualche raccolta e visitando l'accademia di Cambridge (ovvero la futura università di Harvard) che lo deluse. La vera meta era la Giamaica. Lasciata Boston alla fine di novembre, vi arrivò il 5 gennaio 1784. La flora dell'isola era già stata esplorata da importanti botanici, a partire da Sloane per arrivare a von Jacquin; ciò nonstante, nell'anno e mezzo in cui la esplorò in quasi ogni angolo, dalla cosiddetta Cickpit Country ad ovest alle Blue Mountains ad est, scoprì centinaia di specie nuove per la scienza; lavorava metodicamente, raccogliendo un numero impressionante di campioni di erbario (oltre 6000) e prendendo note accurate; artista di talento, disegnò inoltre dal vero numerose piante. Visitò anche Haiti, Cuba e alcune isole minori. Oltre alle piante, raccolse anche insetti e uccelli, ma i campioni andarono in gran parte distrutti nel corso di un uragano. Affrontò anche una grave malattia. Infine nell'autunno del 1786 salpò per Londra, dove aveva già spedito due casse di materiali, portando con sé il grosso del suo erbario. Londra, dove si trovavano gli erbari di Sloane, di Patrick Browne e altri botanici che prima di lui avevano esplorato le Antille, era una tappa obbligata nel suo progetto di scrivere una flora sistematica delle isole. Banks gli mise a disposizione la biblioteca e le sue collezioni e rimase fortemente impressionato dalla sua competenza; scrisse a Smith: "Swartz è il miglior botanico che abbia mai visto dai tempi di Solander" e gli propose un posto come "botanico itinerante" (ovvero cacciatore di piante) della Compagnia delle Indie. Swartz desiderava tornare in Svezia e rifiutò; mise a frutto il soggiorno londinese scrivendo Prodromus descriptionum vegetabilium: maximam partem incognitorum quæ sub itinere in Indiam Occidentalem annis 1783-87, che poi fu pubblicato a Stoccolma subito dopo il suo ritorno in Svezia nell'autunno 1787. L'opera contiene la descrizione di 61 generi e 955 specie, molte delle quali nuove per la scienza. Tra i generi di nuova introduzione, la maggior parte è tuttora valida; sono Alchornea, Ardisia, Brosimum, Chloris, Cranichis, Ernodea, Evolvulus, Gymnanthes, Hoffmannia, Labatia, Lacistema, Leersia, Marattia, Marila, Microtea, Ochroma, Picramnia, Rochefortia, Tanaecium, Tetranthus, Trixis, Wallenia. Le specie tuttora accettate sono centinaia. Priva di immagini e con un testo succinto, limitato a una breve diagnosi e, per le specie note, ai rimandi bibliografici, era concepita da Swartz come un semplice Prodromus, preliminare a una pubblicazione più sostanziosa, cui cominciò a lavorare immediatamente. Completata già nel 1788, non poté essere stampata fino al 1791, da un editore tedesco, con il titolo Observationes Botanicae. Presentata come supplemento all'edizione di Murray (1784) del Systema Vegetabilium di Linneo per le Indie occidentali, era caratterizzata da diagnosi molto più dettagliate e comprendeva anche undici incisioni tratte da disegni dello stesso Swartz. Al momento del suo rientro in Svezia, egli non aveva alcuna posizione accademica, anche se durante la sua assenza, grazie a Thunberg, era stato dichiarato dottore in medicina. Poté però dedicarsi interamente alla botanica vivendo, sia pure assai parcamente, dell'eredità paterna. Inoltre nel 1789 il re lo nominò curatore delle collezioni di storia naturale di Drottningholm. Lo stesso anno fu ammesso all'Accademia svedese delle scienze. A mutare drasticamente la sua vita fu il generoso dono dei fratelli Bergius che istituì l'orto botanico Bergianus e la connessa cattedra; nel suo testamento Peter Jonas Bergius raccomandò che a ricoprire l'incarico fosse appunto Swartz, con il quale corrispondeva da molto tempo. La sua volontà fu rispettata dall'Accademia delle scienze e nel 1791 egli divenne il primo professor Bergianus. Da quel momento divise la sua vita tra la casa di città dove trascorreva l'inverno, e la residenza di Bergielund, dove si trasferiva nei mesi estivi. Prese molto sul serio il compito di curatore del giardino, trasformandolo in un giardino modello, tenendo lezioni e pubblicando articoli di orticoltura e giardinaggio; inizialmente l'Accademia delle scienze gli versava l'affitto del giardino, ma ciò comportava obblighi onerosi, che sottraevano tempo al lavoro scientifico. A partire dal 1796 rinunciò all'affitto e si trasferì permanentemente a Bergielund, mantenendo però lo stipendio come professor Bergianus. Come botanico, era attivissimo. Tra il 1788 e il 1807 fece numerose spedizioni in Svezia, spesso coronate da nuove scoperte. Ma soprattutto scrisse e pubblicò moltissimo. Il primo progetto cui diede mano fu una flora complessiva delle Indie occidentali, che avrebbe dovuto essere illustrata da tavole a colori tratte dai suoi disegni; si rivolse ancora una volta all'editore di Erlangen che aveva pubblicato l'opera precedente, ma la guerra dilatò i tempi. Molti disegni andarono perduti in mare e i 200 che egli spedì nel 1796 non furono mai pubblicati. Alla fine, Flora Indiae Occidentalis venne pubblicata in tre volumi tra il 1797 e il 1806, ma senza illustrazioni; solo 13 furono pubblicate nei due fascicoli di Icones plantarum incognitarum (1794 e 1800). Rispetto alle due opere giovanili, è un ulteriore ampliamento che, oltre a tenere conto delle ricerche di altri botanici, include un gran numero di specie nuove; particolarmente significativa la trattazione delle orchidee, che passano dai sette generi del Prodromus a 13, con 37 specie. Insieme ad esso, è considerato una pietra miliare delle studio delle orchidee tropicali. A partire dal 1802, fu coinvolto nella grande flora svedese illustrata Svensk botanik diretta da Johan Wilhelm Palmstruch, per la quale scrisse alcuni testi; dopo la morte Conrad Quensel, ne divenne il principale redattore; collaborò inoltre all'opera gemella Svensk Zoologi. Scrisse infatti anche di zoologia, sebbene il suo interesse principale sia rimasto sempre la botanica. Oltre alla flora delle Antille, i suoi contributi più incisivi riguardano le orchidee e le felci. Tra il 1799 e il 1800 sulla rivista dell'Accademia delle scienze pubblicò una serie di articoli sulla classificazione delle orchidee, probabilmente i primi esclusivamente dedicati a questa famiglia, con un'analisi dettagliata della struttura dei fiori e la distinzione in due gruppi, orchidee con due antere (24 generi) e con due antere (un genere, Cypripedium). Fu anche l'atto di fondazione di generi come Cymbidum, Dendrobium, Disperis, Oncidium, Stelis. Scritti in svedese e poi tradotti in inglese e latino, guadagnarono a Swartz il titolo di "padre dell'orchidologia". Nel 1805 gli articoli furono ripubblicati in latino con il titolo Genera et species Orchidearum systematice coordinatarum. Nel 1806 pubblicò Synopsis filicum, un manuale sulle felci, in cui, basandosi sui criteri di classificazione elaborati da James Edward Smith, ovvero la forma e la caratteristiche dei sori e dell'indusio, trattò 33 generi e circa 700 specie; anche se diversi generi erano molto ampi e innaturali, la sua trattazione fu quella più seguita per almeno una trentina di anni, fino alla profonda revisione operata dal boemo Presl. Un altro campo in precedenza poco battuto cui Swartz diede un notevole contributo fu lo studio dei licheni. Nel 1811 pubblicò Lichenes americani, con la descrizione sia dei licheni raccolti durante la spedizione nelle Antille, sia provenienti da altre aree dell'America; le pregevoli illustrazioni sono di sua mano. L'opera ispirò le ricerche di Erik Acharius; Swartz gli mise a disposizione le sue collezioni e lo sostenne nello sviluppo di un nuovo sistema di classificazione. Un altro giovane scienziato profondamente influenzato da lui fu Elias Fries, che incoraggiò nello studio delle crittogame e dei funghi. Nel 1811 divenne segretario permanente dell'accademia delle scienze, incarico che andava a sommarsi a quelli di curatore delle collezioni reali e di Professor bergianus. Il carico di lavoro divenne molto pesante, ma egli lo svolse con la consueta dedizione e serietà, da una parte rafforzando la reputazione della scienza svedese all'estero (egli stesso era membro di 22 società scientifiche), dall'altro sostenendo giovani ricercatori come il già citato Fries, Wahlenberg e Hartman. Già Cavaliere dell'Ordine di Vasa dal 1808, nel 1814 fu nominato Commendatore dell'Ordine della Stella Polare. Morì nel 1818, ad appena 58 anni, in seguito ad un'infreddatura contratta durante un'escursione. Oltre che per la sua incredibile capacità di lavoro, era riconosciuto per il carattere aperto e la generosità con cui cedeva i doppioni delle sue raccolte e metteva a disposizione di altri studiosi le sue collezioni, in base alla profonda convizione che il progresso scientifico nasca dalla collaborazione e non dal genio del singolo. ![]() Alberi tropicali per un esploratore della flora americana Come esploratore della flora delle Antille e studioso di orchidee, Swartz è ricordato dall'eponimo di numerose specie, come Dendropanax swartzii o Dendrobium swartzii. Nel 1791, due botanici tedeschi, Johann Christian Daniel von Schreber e Johann Friedrich Gmelin, gli dedicarono due generi Swartzia, Quello è accettato è quello di Schreber, il quale non aggiunse alcuna motivazione, ma vi inserì alcune specie descritte da Swartz nel Prodromus. Swartzia Schreb., famiglia Fabaceae, comprende poco meno di 200 specie esclusive dell'America tropicale, diffuse principalmente nelle foreste pluviali di bassa quota, ma presenti anche in altri ambienti, come le savane, le foreste premontane e le foreste stagionalmente aride. E' distribuito dal Messico e dai Caraibi alla Bolivia e al Brasile meridionale, con il centro di diversità è l'Amazzonia dove nella stessa area possono convivere anche una decina di specie. Per la presenza in ambienti così vari e la differenziazione in così tante specie spesso di limitata diffusione è considerato un esempio di "evoluzione esplosiva". Sono principalmente alberi, da quelli di piccole dimensioni che vivono nel sottobosco ai giganti le cui chiome emergono nello strato superiore o canopia. Le specie della savana sono invece per lo più arbustive. A caratterizzare questo genere è soprattutto la peculiare morfologia dei fiori; nella maggior parte delle specie presentano un singolo petalo di grandi dimensioni, eretto in funzione vessillifera, bianco o giallo; nelle specie della sezione Terminales, i petali mancano. Gli stami sono numerosissimi e si presentano in due forme: la maggior parte sono brevi e si appressano nel centro del fiore; pochi altri, in numero variabile secondo la specie, sono molto più lunghi, ricurvi e protrusi all'esterno. I fori sono riuniti in infiorescenze che possono nascere direttamente dal tronco. I frutti sono follicoli o legumi, per lo più deiscenti che contengono da uno a più semi avvolti in un arillo. Tra le specie più notevoli, S. panacoco, nota con il nome comune di ebano brasiliano, un albero della Guiana il cui legame duro e durevole, di un colore dal bruno oliva scuro al nero, è usato in ebanisteria; purtoppo, come spesso accade in questi casi, è a rischio per l'eccessivo sfruttamento. S. simplex è invece una specie di ampia diffusione (dal Messico al Brasile) delle foreste pluviali, di altezza media (da 5 a 15 metri), con una chioma di forma irregolare quando cresce nel sottobosco, di forma regolare e più ricca di foglie quando cresce in aree dove riceve più luce; oltre che per il legname è utilizzata localmente per i frutti che contengono semi circondati da una polpa edule. La specie più bella è considerata S. macrosema (sin. S. auresosericea), endemica delle foreste montane amazzoniche tra Ecuador, Perù e Colombia; i suoi fiori sono caratterizzati da un grande vessillo giallo-oro, che ricorda quasi un ventaglio plissettato, da numerisissimi piccoli stami raggruppati al centro e da quattro stami protrusi, uno dei quali lunghissimo. I fiori di Swartzia sono impollinati da imenotteri, in particolare appartenenti ai generi Xylocopa e Trigona. Ad aprire a Linneo e ai suoi allievi il ricco terreno di raccolta della Colonia del Capo, fino ad allora gelosamente riservato ai botanici olandesi, furono l'intraprendenza e l'abilità diplomatica del capitano Carl Gustav Ekeberg, che riuscì a instaurare eccellenti contatti con il governatore Tulbagh. Grazie a lui le navi della Compagnia svedese delle Indie orientali poterono fare scalo a Table Bay e all'apostolo di Linneo Anders Sparrmann fu concesso di stabilirsi per qualche tempo al Capo. Proprio Sparmann volle ringraziarlo con la dedica del genere Ekebergia. ![]() Un capitano scienziato e artista La triangolazione Svezia - Cina - Capo di Buona Speranza, che abbiamo incontrato a proposito della raccolta di piante sudafricane donata da Grubb a Bergius fu resa possibile dall'intraprendenza di un capitano della Compagnia svedese delle Indie orientali (SOIC). In precedenza, poiché la Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) non ne vedeva di buon occhio la concorrenza, le navi della SOIC in rotta per e dalla Cina, non facevano scalo al Capo, preferendo piuttosto Sant'Elena o il Madagascar. A mutare la situazione, fu in primo luogo nel 1751 la nomina a governatore della colonia del Capo di Rijk Tulbagh (1699-1771), che mise fine all'"autarchia naturalistica", accogliendo volentieri scienziati europei in visita in Sudafrica. Di questa nuova disponibilità poté approfittare appunto il capitano Carl Gustav Ekeberg (1716–1784), accreditandosi agli occhi di Tulbagh come scienziato e cartografo. Ma andiamo con ordine. Ekeberg è celebre come capitano e cartografo, ma ebbe una formazione insolitamente ampia e varia. Tra il 1726 e il 1729 studiò chimica all'università di Uppsala; in questo periodo potrebbe aver conosciuto Linneo, che vi arrivò a come studente nel 1728, ma la loro amicizia probabilmente iniziò qualche anno dopo. Infatti già nel 1730 Ekeberg si trasferì a Västerås per iniziare l'apprendistato di sei anni come farmacista presso G. Wessel; completò poi l'apprendistato a Turku, dove poi fu farmacista per due anni. Contemporaneamente studiò anche medicina all'università di Turku, tanto che nel 1738 lo troviamo nelle vesti di medico di bordo in due viaggi su navi mercantili dirette in Spagna. Avido di assorbire nuove conoscenze, ebbe così modo di imparare le tecniche di navigazione. Nel 1742 passò al servizio della SOIC per la quale avrebbe lavorato per oltre trent'anni, partecipando a non meno di dieci viaggi sulla rotta cinese e divenendone il capitano più celebre. Il suo primo ingaggio fu come quarto ufficiale della Drottningen af Swerige; fu un viaggio difficile che ebbe il sapore di una vera e propria iniziazione. Lasciata Göteborg il 10 gennaio 1742, dopo appena due settimane di navigazione la nave urtò uno scoglio sulla costa norvegese. La falla fu riparata, ma rallentò la navigazione. A Cadice, dove abitualmente le navi svedesi facevano scalo per scambiare il ferro e altre merci con l'oro necessario per gli acquisti in Cina, il secondo ufficiale disertò mentre il primo ufficiale fu arrestato. Tutti questi contrattempi rallentarono il viaggio; solo a novembre, la Drottningen af Swerige raggiunse l'isola di Hainan nel mar cinese meridionale, dove fu costretta a sostare per sei mesi; a marzo ripartì, ma mancò la rotta, finendo nelle isole Marianne. Solo ad aprile raggiunse Macao e da qui Canton. Le disavventure non erano finite: in un incendio, scoppiato nei magazzini della compagnia parte delle merci già scaricate andò perduta; ad agosto il capitano Peter von Utfall morì e il nostro Ekeberg venne promosso sul campo secondo ufficiale, ricoprendo questo ruolo nel viaggio di ritorno, finalmente senza contrattempi. Il 25 luglio 1744 la nave toccava le coste svedesi; nonostante tanti guai, il carico di tè e altre merci cinesi diede agli azionisti un dividendo del 105% sul capitale investito. Fu invece come terzo ufficiale che nel 1745 Ekeberg si imbarcò sulla Stockholm; fu un viaggio brevissimo e sfortunato: partita il 9 gennaio, tre giorni dopo la nave, insieme alla Drottningen af Swerige, naufragò al largo delle isole Shetland. Ekeberg riuscì a raggiungere la riva aggrappandosi a parti del relitto, ma al mattino i suoi capelli erano diventati bianchi; quindi rimase nelle isole per tre mesi e ne approfittò per fare osservazioni naturalistiche e etnologiche. La terribile avventura non era tale da scoraggiare il nostro, che il 27 dicembre 1746 era di partenza per il suo terzo viaggio, nelle vesti di secondo ufficiale della Götha Leijon; la SOIC, per incrementare le entrate, aveva deciso di saggiare le potenzialità del mercato indiano; così, prima di raggiungere Canton, la nave fece un lungo scalo a Surat; anche se non ci furono incidenti, il viaggio si protrasse dunque per quasi tre anni, concludendosi nel giugno 1749. Nel 1750 Ekeberg ebbe finalmente il suo primo comando sulla Freden; il suo compito era però un po' triste: dopo due viaggi in Cina, la nave non teneva più bene il mare e si trattava di portarla a Cadice per essere venduta. Così fu; quindi, conclusa la vendita Ekeberg e l'equipaggio tornarono a casa a bordo di un'altra nave. Nel dicembre 1751, Ekeberg riparti per il suo terzo viaggio cinese, come primo ufficiale della Hoppet. Nel 1755 fu promosso tenente dell'Ammiragliato. Lo stesso anno lo ritroviamo sulla rotta cinese come primo ufficiale della Princessan Sophia Albertina (gennaio 1755-agosto 1756) e finalmente come comandante della Prins Friedric Adolph (febbraio 1759- agosto 1760). Nel frattempo aveva cominciato a farsi conoscere negli ambienti scientifici; a partire dal 1749, presentò all'Accademia delle scienze il diario del viaggio a Canton del 1746-49, quindi i diari dei viaggi a Cadice del 1750-51 e a Canton del 1751-54 e del 1755-56. Le sue osservazioni furono giudicate utili dall'Accademia delle scienze che nel 1757 lo premiò con una medaglia d'oro. Per cinque volte ancora avrebbe percorso la rotta per la Cina, ormai sempre come comandante, anzi come il più reputato e mitico dei comandanti della SOIC: della Finland dal febbraio 1762 all'agosto 1763 (durante questo viaggio, la nave rimase incagliata in un banco di sabbia nello Stretto di Bangka, ma Ekeberg riuscì a risolvere l'incidente con abilità); della Stockholms Slott dal dicembre 1765 all'agosto 1767; ancora della Finland dal dicembre 1769 al giugno 1771; infine della Drottning Sophia Magdalena dal gennaio 1774 al giugno 1775 e dal gennaio 1777 al giugno 1778. Oltre ad essere un abilissimo marinaio, era reputato per il buon umore, le battute pronte e la capacità di trattare i suoi uomini in modo severo ma umano, evitando le punizioni corporali. Intorno al 1760, Ekeberg investì i proventi dei viaggi in Cina nell'acquisto di una proprietà terriera nell'Uppland; si trovava in questo modo ad essere vicino di Linneo, con cui condivideva anche l'appartenenza all'Accademia delle scienze, alla quale fu ammesso nel 1761. Gli si rese utile da una parte portandogli piante e altri oggetti naturali dalla Cina (tra cui le prime desideratissime piante di tè, che purtroppo non superarono i rigori del primo inverno svedese); dall'altra favorendo l'imbarco di allievi di Linneo come pastori o medici di bordo sulle navi della SOIC. Così, a bordo della Stockholms Slott troviamo il giovanissimo Anders Sparmann, come aiuto medico o assistente dello stesso Ekeberg. Ma forse ancora più importante fu aver aperto a Linneo e ai suoi apostoli le porte della Colonia del Capo. Forse fin dal viaggio della Prins Friedric Adolph Ekeberg cominciò a fare regolarmente scalo a Table Bay, contrariamente alle abitudini degli altri comandanti della SOIC. A renderglielo possibile fu la sua abilità di cartografo, altamente apprezzata da Tulbagh; egli disegnò per lui diverse mappe, inclusa una di False Bay. Inoltre il governatore era un ammiratore di Linneo e Ekeberg si trasformò in una sorta di corriere tra lui e il luminare svedese, suo ottimo amico; in almeno due occasioni, nel 1761 e nel 1763, Tulbagh gli affidò lettere, insetti, piante, bulbi e semi per Linneo, in totale circa 200 specie. Fu sempre grazie alla mediazione di Ekeberg che nel 1772 le autorità olandesi concessero a Anders Sparrman di fermarsi in Sudafrica. Ekeberg era un uomo di vasti interessi scientifici, Probabilmente il suo contributo maggiore è dato dalle misurazioni dell'inclinazione magnetica in mare, effettuate durante il viaggio da e per Canton nel 1766-67 con un inclinatorium per uso marittimo, costruito da J. C. Wilcke. Il risultato fu pubblicato negli Atti dell'Accademia nel 1768; inoltre, grazie alle sue osservazioni, Wilcke poté pubblicare la prima mappa dell'inclinazione magnetica. E' possibile che questi studi siano stati ispirati a Ekeberg dai contatti con Tulbagh; a interessarsi del problema, e a fare analoghe misurazioni durante il suo viaggio per e da Città del Capo era stato prima di lui l'abate Lacaille, che tra il 1750 e il 1754 visse al Capo dove il governatore fece costruire per lui un osservatorio astronomico. Tra un viaggio l'altro, e poi definitivamente dopo il ritiro nel 1778, Ekeberg divise il suo tempo tra la conduzione di una fattoria e la scrittura. Come proprietario terriero era aperto alla sperimentazione ed era in corrispondenza, tra l'altro, con i fratelli Bergius sulla coltivazione di cereali e foraggio. A partire dal 1760, acquistò tre fattorie che riunì in un'unica grande fattoria detta Altomta. L'edificio principale, con quattro ali, esiste ancora; al piano terra, la "Sala Ekeberg" ha conservato l'aspetto che aveva al tempo del capitano, con i colori, i serramenti di legno e la stufa di maiolica originali; incastonati in pannelli murali, ci sono sette dipinti a olio che raffigurano eventi e luoghi dei suoi viaggi. Dato che era un abile pittore, potrebbero essere di mano dello stesso Ekeberg. Non ci sono più le collezioni di carte, oggetti naturali e cineserie che davano un carattere orientale a questa casa dell'Uppland. Come scrittore, la sua opera più importante è il diario di viaggio Ostindisk resa 1770-71 (pubblicato nel 1773), illustrato con incisioni calcografiche di Olof Årre, ricavate da suoi disegni. Il suo dipinto più drammatico raffigura la Finland alle prese con una tempesta. Intorno al 1820 Jacob Hägg ne trasse ispirazione per il suo quadro "La Finland durante la tempesta". L'episodio è stato raccontato in toni altamente emozionanti dal mercante Jacob Wallenberg che era a bordo e riferì il viaggio in Min son på galejan ("Mio figlio in galera"), divenuto un classico dei libri di viaggio svedesi, rendendo popolare la figura del vecchio capitano che, con i suoi capelli d'argento, camminava avanti e indietro sul ponte sfidando gli elementi. ![]() Alti alberi africani Fu Sparmann, per riconoscenza verso colui che aveva reso possibile la sua avventura africana, a dedicare al capitano Ekeberg il genere Ekebergia, ricordandone i viaggi dalla Cina e il contributo alla botanica, in particolare come introduttore in Svezia delle prime piante di tè. Appartenente alla famiglia Meliacee, questo genere comprende quattro specie di alberi o arbusti distribuiti nell'Africa tropicale e meridionale. Dioiche, hanno foglie composte imparipennate e piccoli fiori dal dolce profumo raccolti in cime panicolate. La specie di più ampia diffusione è E. capensis (dal Sudan e dall'Etiopia al Capo occidentale in Sudafrica). E' un alto albero che può raggiungere i 30 metri di altezza e un metro di diametro, con corteccia quasi nera, fortemente fessurata, e forti radici a contrafforte; vive in ambienti stagionalmente aridi, per lo più ai margini delle foreste montane, tra 600 e 2600 metri. Trova uso anche come ornamentale in parchi e giardini. Fiorisce in estate, producendo cime pendule di piccoli fiori bianchi o lievemente rosati dolcemente proumati. Le bacche che fanno seguito ai fiori sono apprezzate da uccelli, scimmie e altri mammiferi. Le foglie di diverse specie hanno usi officinali. L'orto botanico di Stoccolma ha una storia molto particolare. E' amministrato congiuntamente dall'Università e dalla Reale Accademia delle Scienze, alla quale nel 1790 fu donato con lascito testamentario dal medico Peter Jonas Bergius, che era stato allievo di Linneo, e l'aveva creato presso la sua casa di campagna insieme al fratello, il bibliofilo e storico Bengt Bergius. Lasciò anche un cospicuo capitale e la raccomandazione che a dirigere il giardino fosse un professore nominato dall'accademia che sarebbe stato allo stesso tempo un ricercatore. Dal 1791 al 2014 l'orto botanico è stato dunque diretto dal Professor Bergianus, a cominciare dal grande tassonomista Olof Swartz. Dato che non viaggiò al di fuori della Svezia, Bergius non è considerato un apostolo di Linneo, ma era molto stimato dal maestro che gli dedicò il genere Bergia. ![]() Un medico di successo appassionato di botanica I fratelli Bengt (1723-1784) e Peter Jonas Bergius (1730-1790) erano figli del governatore distrettuale Bengt Bergius e di sua moglie Sara Maria Dryselia. Quando il primo aveva sette anni e il secondo era un neonato, il padre morì, ma l'energica madre riuscì a tenere a galla la numerosa famiglia (c'erano altri cinque figli), fino a quando non morì anch'essa. I ragazzi vennero dispersi e affidati a diversi parenti, ma, grazie ad alcuni di essi, Bengt però poté studiare e laurearsi in filosofia all'università di Lund, dove insegnò per qualche tempo. Fin da studente, incominciò a raccogliere documenti sulla storia svedese, che divenne il suo campo di studi; celebre per la sua erudizione, fu autore di cronache su Carlo IX e su Gustavo Adolfo e di una imponente raccolta di documenti originali. Membro dell'Accademia delle scienze, ne fu per due volte presidente. Affidati a parenti diversi, per qualche tempo Bengt e Peter Jonas furono separati, finché si ritrovarono a Lund, dove il primo all'epoca era professore associato di storia e il secondo si iscrisse all'università sedicenne, ancora incerto sul proprio futuro. Avrebbe potuto diventare prete o avvocato, ma la balbuzie sconsigliava queste carriere basate sulla parola. Fu così che, su consiglio di Bengt, decise di trasferirsi a Uppsala per studiare medicina. Vi arrivò diciannovenne e scoprì la sua vera vocazione, grazie a un professore carismatico, ovvero il grande Linneo. Seguiva le sue lezioni private e pubbliche e partecipava alle celebri escursioni naturalistiche settimanali. Si appassionò di botanica e nel 1750 discusse la tesi preliminare De seminibus muscorum sulle spore dei muschi, eccezionalmente scritta almeno in parte da lui. Forse Linneo, che ne stimava grandemente l'intelligenza e la dedizione allo studio, pensava di farne uno dei suoi apostoli. Organizzò per lui due brevi spedizioni, la prima nel Dalarna, la seconda nel Gotland, con l'incarico di raccogliere coralli e fossili per il conte Tessin (era anche un modo per assicurare qualche guadagno all'allievo, promettente ma senza mezzi). Nelle sue intenzioni, erano forse il preludio a una spedizione nelle Indie Orientali, finanziata dalla regina Lovisa Ulrika, Il progetto però non si concretizzò. Anche se era interessato alle scienze naturali, Bergius desiderava essere soprattutto un medico e fu profondamente influenzato anche dall'altro professore di Uppsala, Rosén von Rosenstein, che indirizzò il suo interesse verso le malattie infettive. Proprio con lui nel 1755 concluse gli studi di medicina con una tesi sul vaiolo. Si trasferì quindi a Stoccolma dove iniziò una carriera medica di straordinario successo. Entrò a far parte del Collegium medicum e nel 1758 fu ammesso all'accademia delle scienze, di cui fu presidente tre volte. Nel 1761, quando il Collegium medicum istituì una cattedra di storia naturale e farmacologia, fu chiamato a ricoprirla. Come medico, era stimato e richiestissimo, e ciò gli permise di accumulare una discreta fortuna. La investì nell'acquisto di una residenza estiva, detta Bergielund, con un parco che nel 1777 fu ampliato a sette ettari. C'era ampio spazio per la biblioteca e la collezione di documenti di Bengt e per l'erbario di Peter Jonas che trasformò il parco in un vero e proprio orto botanico e in un giardino modello, soprattutto per gli alberi da frutto. Nei loro rispettivi campi, i due fratelli erano eruditi e scrittori prolifici. Si influenzarono anche a vicenda; grazie al fratello minore, Bengt incominciò ad interessarsi di agricoltura (scrisse, tra l'altro una memoria sulla gestione dei prati e delle erbe foraggere), mentre Peter Jonas non rifuggiva dal dare una dimensione storica ai suoi scritti di medicina, come la sua prolusione all'Accademia delle scienze in cui mise a confronto la Stoccolma dei suoi giorni con quella di duecent'anni prima. Peter Jonas Bergius scrisse molto sia di medicina sia di botanica. Come medico fu tra gli iniziatori in Svezia dell'inoculazione del vaiolo, suggerendo anche misure legislative per estenderne la pratica; scrisse anche diverse memorie sull'argomento. Tra le sue opere mediche più importanti, uno studio commissionatogli dal Collegium medicum sulle cause dei decessi tra il 1754 e il 1756, che è considerato l'esordio dell'epidemiologia descrittiva in Svezia. A cavallo tra medicina e botanica si situa Materia medica (1778) in cui descrisse 571 erbe medicinali usate nella farmacologia svedese dell'epoca. Tra le opere di agronomia, la più importante è un "Discorso sui frutteti e la loro promozione nel nostro Regno", che può essere considerato un vero e proprio manuale pratico di frutticoltura, basato anche sulle sue esperienze a Bergielund. Non aveva mai cessato di corrispondere con Linneo (di cui era corrispondente anche il fratello) e, su sua influenza, a interessarsi di piante esotiche. Pubblicò una trentina di lavori di botanica, per lo più dedicati ad esse. Il più importante è Descriptiones plantarum ex Capite Bonæ Spei (1767), basata su una collezione di piante sudafricane ricevuta da Michael Grubb, futuro direttore della Compagnia svedese delle Indie Orientali. Bergius vi istituì 14 nuovi generi (9 dei quali tuttora validi) e descrisse 130 specie inedite, tra le quali potremmo citare almeno Erica verticillata, Dilatris corymbosa, Disa uniflora, Pelargonium crispum. Si tratta di un notevole contributo alla conoscenza delle piante sudafricane, ma soprattutto della prima opera su questa flora pubblicata posteriormente a Species plantarum, che come è noto segna il punto di partenza delle denominazioni botaniche. Nello stesso torno di tempo, Linneo stava scrivendo Mantissa plantarum [prima], che contiene un certo numero di piante sudafricane, alcune delle quali coincidono con quelle pubblicate da Bergius; ma poiché la sua opera uscì un mese dopo quella dell'allievo, in caso di conflitto ad essere valide sono le denominazioni di quest'ultimo. La collezione di Grubb costituì il primo nucleo dell'erbario di Bergius che, costantemente arricchito con acquisti e donazioni, giunse a comprendere 9000 specie. E' di notevole importanza storica perché contiene molti tipi di piante descritte dallo stesso Bergius e dai botanici che si succedettero nella fondazione da lui istituita. Provengono soprattutto dal Sudafrica, dall'America tropicale, dall'Oriente, dalla Cina e dalla Siberia. L'altra grande opera botanica di Bergius è il suo stesso giardino. Su stimolo di Linneo, nel 1753 il Collegium Medicum aveva istituito un giardino presso l'Ospedale Seraphim, dove venivano coltivate soprattutto le piante medicinali destinate all'ospedale stesso; nel 1761, dopo la sua nomina a professore, la direzione venne affidata a Bergius che lo ampliò trasformandolo in un vero orto botanico sul modello di quello di Uppsala. Per motivi finanziari, il giardino fu chiuso nel 1774, ma l'esperienza fu utile a Bergius per l'orto botanico che creò Bergielund. Negli ultimi anni della loro vita, i fratelli, scapoli e senza eredi, incominciarono a preoccuparsi della sorte del giardino e delle collezioni. Stabilirono di comune accordo di lasciarle all'Accademia della scienze, insieme a un cospicuo lascito. Il primo a mancare nel 1784 fu Bengt, lasciando in custodia al fratello superstite la biblioteca e la raccolta di manoscritti, che comprendeva un gran numero di lettere e documenti pubblici e privati. Peter Jonas lo seguì nel 1790. Il suo testamento legava all'Accademia quasi l'intero patrimonio suo e del fratello (che, oltre a un capitale liquido, comprendeva anche una ricca miniera), la biblioteca con i documenti - con la condizione, voluta da Bengt, non fossero resa disponibili per la ricerca prima di cinquant'anni -, l'erbario, la proprietà di Bergielund. Inoltre espresse la volontà che nel giardino venisse istituita una scuola di orticoltura e che a presiedere l'orto botanico fosse uno studioso a cui l'erbario e la biblioteca avrebbero offerto opportunità di ricerca. Indicò anche il nome della persona ideale in Olof Swartz. Nel 1791 le ultime volontà di Peter Jonas Bergius si tradussero nella creazione di una Fondazione e nella nascita ufficiale dell'Hortus Bergianus (Bergianska trädgården), amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. A dirigerlo il Professor Bergianus. Con la sua singolare commistione tra fattoria modello, orto botanico e istituto di ricerca, da allora avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella storia della botanica svedese. ![]() Piante anfibie Nel 1771, in Mantissa plantarum altera, Linneo dedicò al suo vecchio allievo il genere Bergia; purtroppo all'epoca non aveva più l'abitudine di indicare le ragioni delle sue dediche, ma è molto probabile che pensasse all'opera di Bergius sulla flora del Capo di Buona Speranza, visto che come unica specie indicò B. capensis, scrivendo "habitat in Capite Bonae Spei". In realtà, l'informazione è errata: questa specie, di ampia diffusione in altre zone dell'Africa, in Sudamerica, nell'Asia occidentale e centrale, in India, in Indocina, proprio in Sudafrica non c'è, al punto che è stato anche suggerito di sostituirla come specie tipo (cosa non possibile secondo le regole vigenti). Bergia è uno dei due soli generi della famiglia Elatinaceae (l'altro è Elatine); comprende circa trenta specie distribuite nel nord America, nelle Antille, in gran parte dell'Africa, l'Asia tropicale e subtropicale e l'Australia, con due centri di diversità, in Africa e in Australia. Sono erbacee annuali o perenni o suffrutici; possono essere sia terrestri sia acquatiche, e alcune si adattano ad entrambi gli ambienti: ad esempio, B. capensis quando cresce in acqua sviluppa radici verdi e fluttuanti che producono fotosintesi; quando cresce in terra, ha radici bianche, forti e ramificate. Sono dunque definite erbe anfibie. L'ambiente tipico sono aree stagionalmente allagate. Sono piante solitamente di piccole dimensioni. I fusti possono essere eretti o prostrati, molto ramificati; hanno foglie opposte, con margini serrulati, e numerosi fiori, raccolti in cime ascellari o raggruppati alle ascelle fogliari, per lo più minuscoli. I frutti sono piccole capsule che contengono semi oblunghi, lievemente ricurvi. Sempre più frequentemente troviamo donne alla testa di istituzioni come orti botanici e erbari centrali. Per fare solo qualche esempio, nel 2018 Carrie Rebora Barratt è diventata la prima presidente dell'orto botanico di New York e nel 2023 Gillian Brown la prima direttrice dell'erbario del Queensland. I casi sono moltissimi anche in Italia, da Consolata Siniscalco, direttrice dell'orto botanico di Torino dal 2012 a Barbara Baldan, prefetto dell'orto botanico di Padova dal 2015, e a Lucia Amadei, curatrice del Museo botanico dell'orto botanico di Pisa. In Svezia, ci sono voluti 223 anni perché una donna ricevesse il prestigioso titolo di Professor Bergianus, che all'epoca comportava anche la direzione dell'Hortus Bergianus. E' Birgitta Bremer, tassonomista specializzata nella famiglia Rubiacae, a cui appartiene anche il genere che la celebra, Bremeria. ![]() Una ricercatrice all'avanguardia Nel 1790, con il suo testamento il medico Peter Jonas Bergius donò all'Accademia delle scienze svedese l'orto botanico che aveva creato insieme al fratello Bengt, all'epoca concepito come parte di una scuola orticola; stabilì anche che le attività di formazione e ricerca fossero dirette da un professore che avrebbe "lavorato nella storia naturale, in particolare nella botanica, per la crescita e il progresso della scienza". L'anno successivo nacque così la Fondazione Bergius e venne creata la prestigiosa cattedra di botanica presso l'Università di Stoccolma nota come Professor Bergianus. Il titolare avrebbe dovuto congiungere la ricerca con la direzione del Bergianska trädgården o Hortus Bergianus, amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. Così è stato per 223 anni, fino al 2014, quando è stato deciso di separare i due incarichi. L'ultima persona a ricoprire entrambi i ruoli è stata la botanica Birgitta Bremer (nata nel 1950), nominata Professor Bergianus nel 2002, nona titolare e prima donna, dopo otto illustri colleghi. La nomina ha segnato il culmine di una brillante carriera accademica. Bremer è una tassonomista; si è formata presso l'Università di Stoccolma, dove nel 1980 ha conseguito il dottorato in botanica con una tesi sulla tassonomia di un genere di muschi. Ha quindi immediatamente iniziato a insegnare presso la sua alma mater, prima come assistente poi come lettrice di botanica sistematica. Nell'anno accademico 1985-1986 è stata ricercatrice associata presso il Missouri Botanical Garden. Ha poi proseguito la carriera presso l'università di Uppsala, prima come lettrice di biologia, poi come capo del dipartimento di botanica sistematica, infine come titolare della cattedra di sistematica molecolare delle piante. E' stata professor Bergianus, capo della Bergius Foundation, prefetto dell'Hortus Bergianus e capo del dipartimento di sistematica vegetale dal 2002 al 2014. Le ricerche di Bremer riguardano soprattutto le piante tropicali e subtropicali; ha partecipato a spedizioni in Sri Lanka, Malesia, Indonesia, Ecuador, Sudafrica, Africa orientale e Madagascar. Anche se ha studiato anche altri gruppi di angiosperme, approfondendo i sistemi di impollinazione, i modi di dispersione, le forme e i tassi di diversificazione, il suo campo di specializzazione è la grande famiglia delle Rubiaceae, di cui ha studiato le relazioni filogenetiche, i meccanismi di speciazione, le relazioni ecologiche con i diversi ambienti. Nei suoi studi ha combinato le analisi morfologiche e i dati molecolari; è stata una delle prime in Svezia a introdurre i metodi di biologia molecolare nella botanica sistematica. Ha pubblicato, da sola o in collaborazione, oltre 175 articoli. Dal 2009, è membro dell'Accademia svedese delle scienze. Durante la sua carriera, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, il più prestigioso dei quali è indubbiamente la medaglia d'oro Linneo, assegnatale nel 2014 dall'Università di Uppsala per essere riuscita a conciliare la ricerca, la responsabilità accademica e la direzione di un grande orto botanico. Un compito difficile, tanto è vero che, come ho anticipato, dopo il suo pensionamento nel 2014, l'Accademia delle scienze ha deciso di svincolare il Professor Bergianus dalla direzione dell'orto botanico, considerando orami impossibile conciliare la ricerca con le responsabilità amministrative e didattiche. Come professore aggiunto dell'Università di Stoccolma, il Professor Bergianus può ora dedicarsi interamente alla ricerca, senza altri compiti; che la decisione non sia stato semplice lo dice il fatto che la posizione è rimasta vacante per ben otto anni. Solo nel 2022 la micologa Hanna Johannesson è divenuta la decima titolare. Curatrice dell'orto botanico è stata nominata Gunvor Larsson, che in precedenza era stata la botanica responsabile della serra della Victoria amazonica per un ventennio. Il pensionamento di Birgitta Bremer (che è comunque rimasta attiva come ricercatrice e membro di vari comitati) ha dunque segnato la fine di un'era, con la definitiva separazione della ricerca e della gestione dell'orto botanico. ![]() Il genere Bremeria Tra i suoi numerosi lavori dedicati alla sistematica delle Rubiaceae, nel 1998 Bremer pubblicò, insieme a Mats Thulin, un importante studio in cui veniva ristabilita la tribù Mussaendeae come gruppo monofiletico; le loro conclusioni sono state confermate nel 2005 da un équipe internazionale formata da Alejandro, Razafimandimbison e Liede-Schumann, che ha ulteriormente delimitato Mussaenda, restringendolo alle specie africane e asiatiche, e ha creato il nuovo genere Bremeria per accogliere le specie dell'Oceano Indiano, ovvero malgasce e delle isole mascarene. Come caratteri distintivi vengono indicati la disposizione degli elementi florali nella gemma e gli stili densamente pubescenti. Bremeria Razafim. & Alejandro comprende 18 specie, 17 malgasce, una (B. landia) endemica di Mauritius e Réunion. Vivono nelle foreste sempreverdi umide e subumide. Sono arbusti o alberi di medie dimensioni, con foglie opposte, solitamente pubescenti e talvolta scabre. I fiori sono solitamente uniti in infiorescenze panicolate terminali, talvolta ridotte a un singolo fiore. Questi ultimi in genere sono grandi, con un tubo calicino variamente peloso, corolla imbutiforme con lungo tubo e cinque (talvolta sei) lobi, da bianca a rosata, o, in B. landia, verde alla base e all'apice e rossastra in mezzo. I frutti sono grandi drupe o bacche carnose, coronate dai lobi persistenti del calice; contengono molti semi. La specie delle Mascarene è nota fin dal Settecento, quando fu descritta da Poiret come Mussaenda landia; il nome locale è Quinquina Pays, ovvero albero della china del paese. Appartiene infatti alla stessa famiglia della Cinchona ed è raccolta dagli erboristi per le sue proprietà astringenti, toniche e febbrifughe. Cresce dal livello del mare fino a circa 1000 metri; ha un tronco diritto e poco ramificato, tranne in alto. E' oggi rara; viene talvolta piantata in parchi e giardini per la bellezza dei suoi fiori, piacevolmente profumati. Nel 2009 è stata immortalata in un francobollo di Mauritius. Esponente di spicco della scienza, della teologia e della politica svedese e finlandese della prima metà del Settecento, Johannes Browallius è poco noto al di fuori della Svezia e della Finlandia, tranne forse per l'abile difesa del sistema linneano contro gli attacchi di Siegesbeck. Più che per i suoi contributi originali (che scopriamo tutt'altro che secondari) all'estero è soprattutto un amico di Linneo o, magari, un ex-amico. Se sia vero o falso, scopriamolo insieme, anche seguendo le vicende delle denominazioni linneane delle specie del genere Browallia (Solanaceae) che si vuole riflettano gli alti e bassi di quella amicizia. ![]() Linneo innamorato Nel dicembre del 1733, Linneo (all'epoca ventiseienne) fu invitato da uno dei suoi allievi ed amici, Claes Sohlberg, a trascorrere le vacanze di Natale con la sua famiglia, a Falun, in Dalarna, dove il padre era ispettore minerario. Era una buona occasione per visitare la miniera di rame, per approfondire gli studi di mineralogia cui si era già accostato durante il viaggio in Lapponia, e magari per fare qualche conoscenza utile alla sua carriera scientifica. Non si sbagliava: strinse amicizia con il giovane teologo Johannes Browallius (1707-1755) con il quale aveva molto in comune: erano coetanei, avevano studiato ad Uppsala e soprattutto erano entrambi assetati di conoscenza. Il nuovo amico lo introdusse presso il governatore del Dalarna Niels Reuterholm, per il quale lavorava come cappellano, informatore scientifico e precettore dei figli. Entusiasta del racconto del viaggio in Lapponia, il governatore commissionò a Linneo una spedizione analoga nella regione, che in effetti avrebbe avuto luogo nell'estate successiva (3 luglio-17 agosto 1734). Fu un’ancora di salvezza per Linneo, che nel frattempo era stato allontanato dall’università di Uppsala in seguito al brutto affare con Niels Rosén. Al rientro dal viaggio, al quale avevano partecipato tra l’altro Sohlberg e i due figli di Reuterholm, si stabilì a Falun, dove il governatore gli concesse di utilizzare il laboratorio della miniera e di aprire una piccola accademia privata, dove insegnava mineralogia; era una soluzione di ripiego e senza grandi prospettive. Secondo Browallius, la vera soluzione era un’altra: doveva andare all’estero, laurearsi in medicina (le università svedesi non erano abilitate a farlo) e, una volta laureato, tornare in Svezia ad esercitare la professione. Non aveva i soldi per il viaggio? Allora era il caso di trovare una fidanzata ricca. Sembra che gli abbia anche proposto vari partiti, ma senza successo. La freccia di Cupido, infatti, aveva già trafitto il cuore di Linneo. Tra coloro che seguivano le sue conferenze, che in quella piccola località di montagna di meno di 7000 abitanti destarono una certa sensazione, c’era anche il medico cittadino Johan Moraeus; Linneo cominciò a frequentarne la casa e si innamorò di una delle sue figlie, la diciassettenne Sara Elizabeth detta Sara Lisa. Squattrinato com’era, è strano che pensasse a sposarsi (anche se il dottor Moraeus era agiato, aveva sette figli, e Sara Lisa non era certo l’ereditiera favoleggiata da Browallius), ma sembra che a deciderlo a quel passo sia stata la morte della madre, deceduta ad appena 44 anni. In ogni caso, intraprese un serrato corteggiamento che conosciamo a grandi linee grazie al suo diario privato (laconico ma esplicito). Il giorno di Natale 1734 Linneo fu invitato a pranzo a casa Moreus. Il 2 gennaio 1735, per fare colpo, vi andò in visita vestito con il famoso costume lappone. Il giorno dopo, ripeté la visita approfittando dell'assenza dei genitori. Seguirono altre visite e incontri in casa di amici comuni, finché il 16 gennaio ("un giorno di immortale commemorazione", scrisse nel suo diario) Linneo fece la sua proposta a Sara Lisa e fu accettato. Il 20 gennaio chiese la mano al padre, che era molto perplesso: lui stesso medico, sperava per la figlia un matrimonio finanziariamente più promettente; ancora più contraria era la madre. Alla fine il dottore cedette, ma pose due condizioni: il matrimonio sarebbe avvenuto entro tre anni e nel frattempo Linneo doveva andare all'estero a laurearsi in medicina, in modo da poter mantenere la futura famiglia (i pareri di Perpetua… ovvero di Browallius). Il 22 gennaio i fidanzati si scambiarono gli anelli e i voti di fedeltà. Fu deciso che Linneo sarebbe andato a laurearsi a Hardwijk, la più economica delle università olandesi; insieme a lui sarebbe partito Claes Sohlberg, il cui padre avrebbe pagato il viaggio del figlio e di Linneo; Sara Lisa gli passò sotto banco i suoi risparmi, un centinaio di corone, e, dopo baci e abbracci il 20 febbraio il neofidanzato lasciò Falun per la Svezia meridionale dove avrebbe salutato la famiglia, per poi partire per l’Olanda. ![]() Una leggenda botanica L'amicizia con Linneo fu determinante anche per Browallius, che da quel momento intensificò i suoi interessi scientifici. Ispirato dalla spedizione lappone dell'amico, nel 1735 e nel 1736 intraprese due viaggi scientifici che dalla Dalarna lo portarono in Norvegia. Si mantenne in corrispondenza con Linneo (che, ad esempio, informò anche lui che si sarebbe trattenuto in Olanda essendo stato assunto come medico personale e curatore del giardino di Clifford) e nel 1737 gli spedì uno suo testo in svedese sulla necessità di introdurre l'insegnamento scientifico nelle scuole superiori, che Linneo tradusse in latino e pubblicò in appendice a Critica botanica, l'opera in cui dettò le regole per la formulazione dei nomi delle piante. Ma a un certo punto, secondo la vulgata, sarebbe successo un fattaccio che avrebbe messo fine alla loro amicizia. La versione più nota è quella del Curtis's Botanical Magazine (1838) che riprende e amplia una notizia del Codex botanicus linnaeanus di Hermann Richter (1837). Ecco dunque i fatti: mentre si trovava all’estero, qualcuno informò Linneo che Browaliius aveva approfittato della sua assenza per corteggiare Sara Lisa ed era quasi riuscito a convincerla a lasciare il fidanzato che, a quando le diceva, non aveva alcuna intenzione di tornare in Svezia. Fu una delusione cocente per Linneo che troverebbe riflesso nelle denominazioni delle tre specie del genere Browallia che egli aveva incautamente dedicato all’ex-amico: B. elata ("alto, elevato, nobile") rappresenterebbe il momento più alto della loro amicizia; B. demissa ("basso, debole, pendente" ma in questo caso "scoraggiato") la rottura, mentre B. alienata, oltre all'incerta natura di questa specie, la successiva separazione tra i due. Un’altra versione meno popolare (la troviamo ad esempio nella Revue scientifique, 1865) sostiene che Linneo chiamò la prima specie di Browalllia a lui nota B. demissa; aveva bei fiori, ma il suo portamento ricadente ben rifletteva l’atteggiamento umile, dimesso, di Browallius nei suoi confronti; egli si mantenne umile e rispettoso anche quando divenne vescovo, così Linneo chiamò B. elata una seconda specie più alta; con il tempo, però, il vecchio amico insuperbì e incominciò a trattare Linneo in modo ingiusto; così, quando venne scoperta una terza specie piena di spine fu la volta di B. alienata, a suggellare la fine di un’amicizia. Quanto c’è di vero in queste storie? Nulla, secondo la biografia di Linneo di Theodor Magnus Fries e Banjamin Daydin Jackson, che ritengono che alla base di questa vera e propria leggenda metropolitana ci sia un equivoco. Effettivamente tra Browallius e Linneo ci fu se non uno scontro, una differenza di vedute, ma non riguardava la mano di Sara Lisa, bensì il livello del mare. In un importante articolo supplicato dall’Accademia svedese delle scienze nel 1743, l’amico di Linneo Anders Celsius (colui che inventò la scala centimetrica delle temperature) spiegò l'innalzamento delle terre emerse con la lenta diminuzione del volume delle acque oceaniche; Linneo appoggiò questa tesi; vi si opposero invece altri studiosi, tra cui appunto Browallius in saggio pubblicato postumo nel 1756 in cui vi contrappose una grande massa di misurazioni che dimostravano il contrario. Ma torniamo a Browallia e proviamo a verificare se il piccolo affaire de coeur regge alla prova dei fatti. Nel 1735 Philip Miller ricevette da Panama i semi di una pianta che coltivò a Chelsea e chiamò Dalea; presumibilmente in occasione del suo viaggio in Inghilterra dell’estate del 1736, ne fece parte a Linneo che decise di dedicare la pianta, appartenente a un nuovo genere, all’amico Browallius; il genere Browallia compare per la prima volta proprio in Critica botanica (maggio 1737) tra le denominazioni dedicate a “celebri botanici” senza altre indicazioni che “a Browallius svedese, 1737”; nessuna indicazione neppure nella prima edizione di Genera plantarum, uscita a Leida lo stesso anno. Contemporaneamente Linneo stava scrivendo Hortus cliffortianus (sul frontespizio compare la data di stampa 1737, ma in realtà uscì nel 1738) dove invece troviamo una lunga e sperticata dedica in cui il “chiarissimo teologo e maestro Johannes Browallius” viene dipinto come un erudito universale, versato in ogni ramo delle scienze naturali dalla litografia alla botanica alla zoologia. Al genere è attribuita una sola specie, di cui viene dato il nome descrizione; il binomiale compare per la prima volta quasi vent’anni dopo, nella prima edizione di Species plantarum (1753) e non è nessuno di quelli citati, ma banalmente Browallia americana. I famosi nomi Browallia demissa, B. elata, B. alienata compaiono in quest’ordine (dunque demissa precede elata) solo nella decima edizione di Systema naturae (1758-59); Linneo si è convinto che ci siano almeno due specie di Browallia, una che reca un solo fiore per peduncolo, che chiama B. demissa; un’altra con fiori riuniti in mazzi, che chiama B. elata; ce n’è poi una terza alquanto differente, B. alienata, che in precedenza aveva classificato come Ruellia paniculata. Non c’è bisogno di evocare né love story né la superbia di Browallius per spiegare questi nomi: B. americana (è tornata a chiamarsi così per la regola della priorità) è una specie molto variabile che può avere portamento ricadente (demissus) o eretto (elatus); quanto a B. alienata, aveva ragione il Linneo del 1753: il nome corretto è Ruellia paniculata (ed appartiene a tutt'altra famiglia). Aggiungiamo ancora un dato: il 12 febbraio 1737 Browallius sposò Elisabet Ehrenholm. Come abbiamo visto, dopo la partenza di Linneo, anche lui si mise in viaggio e ritornò a Falum solo nell'autunno o nella tarda estate del 1736. Quando sarebbe avvento il fattaccio? Possiamo ipotizzare che nell’arco di pochi mesi Browallius abbia corteggiato Sara Lisa, sia stato respinto, per poi fidanzarsi e sposarsi con un’altra, e Linneo sia venuto a saperlo solo nella seconda metà del 1737 o addirittura nel 1738? La biografia di Browallius pubblicata dall'archivio di stato svedese ammette una breve rottura, subito ricomposta, ma le lodi sperticate di Linneo all'amico rendono poco credibile anche questa ipotesi. Tanto meno è credibile che abbia covato il suo astio per vent’anni, dandogli libero sfogo quando ormai Browallius era morto e sepolto. Tanto più che, come vedremo tra poco, aveva un debito di riconoscenza non da poco nei suoi confronti; testimonianze dirette e corrispondenza stanno lì a dimostrare che l'amicizia, magari affievolita dalla distanza e dagli impegni di entrambi, non venne mai meno. ![]() Uno scienziato, insegnante, pastore e politico molto impegnato Dissipata la nebbia delle leggende, veniamo al vero Browallius, una personalità di primo piano dell’Illuminismo svedese. Il 1737 per lui fu un anno di svolta; oltre a sposarsi, scrisse due importanti testi teorici che gli aprirono le porte dell'insegnamento universitario: il trattato De scientia naturali eiusque metodo, dedicato allo statuto e ai metodi delle scienze naturali, e un saggio in svedese di politica educativa in cui sosteneva l’utilità dell’introduzione dell’insegnamento della scienza nelle scuole, in particolare nei ginnasi (quello tradotto in latino da Linneo). Grazie ad essi, il cancelliere dell'Università di Abo/ Turku Ernst Johan Creutz ne caldeggiò la nomina a professore di fisica (un’etichetta che copriva un po’ tutte le scienze naturali): Browallius, versato in molte scienze, con un solido impianto teorico e aperto alla ricerca sperimentale, gli pareva la persona giusta per modernizzare l’insegnamento universitario aprendolo alle scienze esatte e naturali. La nomina di Browallius segnò per la Finlandia l'inizio di quella che è stata chiamata "età dell'utile", ovvero di un illuminismo che vedeva nella scienza lo strumento centrale per rinnovare l'economia e la società. Nominato professore nel novembre 1739, egli inaugurò il suo corso nel 1738 e mantenne la cattedra fino al 1746; le sue lezioni toccarono tutti i rami delle scienze naturali, nonché il loro intreccio con la teologia; seguì (o meglio scrisse, secondo l'uso del tempo) 49 tesi che toccano argomenti che spaziano dalla fisica sperimentale alla mineralogia, dalla chimica alla zoologia e alla botanica. Nelle sue lezioni insistette sull'utilità delle scienze applicate alla tecnica e all'economia; rifacendosi a Bacone, Newton e Linneo, il suo insegnamento aveva un carattere spiccatamente sperimentale. Lo sperimentalismo è particolarmente evidente nel campo della chimica, in cui il suo maggiore contributo furono le ricerche sull'arsenico, il suo ossido e il solfuro, che ne fanno il precursore del nipote Johann Gadolin (figlio di sua figlia Elisabet), considerato il fondatore della chimica finlandese. Riservò molta attenzione anche alla botanica. Come Linneo, accompagnava gli studenti in escursioni botaniche e lasciò manoscritta una flora finlandese; scrisse non meno di dodici trattati di argomento botanico, molti dei quali dedicati alla botanica economica. Ottenne che l'Università finanziasse ogni anno una borsa di studio per esperimenti botanici e coltivazioni sperimentali. Tra i suoi allievi il più noto è Pehr Kalm, che fu in un certo senso anche l'erede di questa impostazione scientifica fortemente ancorata all'economia. Sostenitore della prima ora del sistema linneano, di cui si può dire abbia visto la nascita discutendone con il creatore negli anni di Falun, Browallius esordì come scrittore scientifico nel 1739 con un trattato in sua difesa che gli diede anche una certa rinomanza all'estero, oltre a rendere all'amico un servizio incommensurabile. Linneo era tornato in Svezia alla fine del giugno 1738; andò subito a Falun, ma anziché rimanervi come assistente del suocero, come questi aveva progettato, decise di esercitare la professione a Stoccolma, dove avrebbe avuto più possibilità di lanciare la sua carriera scientifica, forte dei tanti scritti epocali pubblicati in Olanda e della crescente fama europea. Scoprì amaramente che i due pamphlet di Siegesbeck che presentavano il suo sistema come "pornografia botanica" gli avevano fatto intorno terra bruciata; come scrisse a Albrecht von Haller, forse con un po' di esagerazione, era diventato la favola della città, tanto che gli era difficile persino trovare un servitore disposto a lavorare per lui e nessuno gli avrebbe fatto curare neppure un cane. A suo tempo aveva promesso a Boerhaave di non farsi trascinare in una nessun disputa scientifica e non intendeva rispondere di persona; a farlo per lui fu dunque Browallius. In Examen epicriseos in Systema plantarum sexuale Cl. Linnaei, Anno 1737 Petropoli evulgatae, auctore Jo. Georgio Siegesbeck, pubblicato nel 1739, egli smontò punto per punto le critiche di Siegesbeck, dimostrandone l'infondatezza tanto scientifica quanto morale e teologica; un solo rilievo poteva essere mosso al sistema linneano: una medesima classe poteva riunire piante molto diverse; era però un difetto comune a tutti i sistemi artificiali, che sarebbe stato superato solo quando fosse stato possibile stabilire un sistema naturale, verso il quale il sistema di Linneo era un passo avanti, visto che conteneva più gruppi naturali di ogni sistema precedente. La serrata e lucida argomentazione (che certo fu discussa e preparata con lo stesso Linneo) ristabilì l'onore scientifico e personale del "principe dei botanici", tanto più che l'aveva scritta un teologo e un rispettato ecclesiastico. Browallius, infatti, affiancava all'attività scientifica e didattica un forte impegno pastorale: fin dal 1738 fu nominato vicario della parrocchia di Pikis, che forniva le prebende da cui dipendeva la sopravvivenza dell'Università; come predicatore, dovette imparare il finlandese e lo fece così bene e in fretta che presto fu coinvolto nella revisione della nuova Bibbia della chiesa finlandese. Nel 1740 presentò la tesi De coercitione hereticorum e fu dichiarato dottore in teologia; lo stesso anno fu promosso diacono e vicario della parrocchia di Turku. Nel 1746 lascò la facoltà di filosofia per assumere la cattedra di teologia; nel 1749 divenne vescovo della diocesi di Abo/ Turku. L'ascesa nella gerarchia ecclesiastica promosse la sua carriera politica. Benché il suo primo sponsor fosse stato Ernst Johan Creutz, noto esponente del partito dei berretti, Browallius si schierò con i "cappelli", la cui politica culturale includeva la promozione delle scienze ritenute utili e l'estensione dell'uso dello svedese a discapito del latino. Scelto come esponente del clero nel parlamento del 1746-47, sostenne vigorosamente le posizioni del partito dei cappelli, entrando a far parte di varie commissioni. Ancora più rilevante fu il suo ruolo nel parlamento del 1751-52 come membro del comitato segreto; nell'ambito della discussione sui principi dello stato nel memoriale Sui concetti fondamentali della forma del governo sostenne la sovranità popolare espressa in forma repubblicana, rifacendosi ai costituzionalisti inglesi e al pensiero di Locke. Nello stesso spirito, chiese che l'educazione del principe ereditario includesse fin dall'inizio l'avversione per l'autocrazia, "contraria alla legge di natura e all'economicità". Ovviamente, anche se ottenere qualche ascolto, queste posizioni non furono divulgate all'esterno del Consiglio segreto. In ogni caso, Browallius era probabilmente sulla strada di diventare arcivescovo, quando morì improvvisamente nel 1755, a soli 48 anni. ![]() Fiori di zaffiro Browallia L. è un piccolo genere di erbacee annuali o perenni della famiglia Solanaceae, diffuse dall'Arizona alle Ande tropicali, passando per il Messico, l'America centrale e le Antille. Assai discusso il numero di specie attribuite, che a seconda degli autori varia da 6-7 a 19; è affine al genere monotipico Streptosolen, la cui unica specie S. jamesonii era un tempo classificata come B. jamesonii. Il diverso numero delle specie riconosciute è legato alla variabilità morfologica delle specie stesse (che, come abbiamo visto, trasse in inganno già Linneo) ma soprattutto a scoperte recenti in particolare nell'area peruviana, dove a partire dal 1995 alla lista della specie note è venuta ad aggiungersi una dozzina di specie scoperte dal team coordinato da S. Leiva Gonzales, il quale è il primo a riconoscere che "il genere richiede maggiori osservazioni sul campo, studi cito-genetici e molecolari per poter delimitare le specie". Le nuove arrivate non sono solo peruviane, tanto più che qualche specie sembra fatta apposta per eludere le ricerche dei botanici, come è il caso di B. eludens: fu descritta per la prima volta nel 1993 ed oggi ne sono conosciute popolazioni disgiunte in una singola località dell'Arizona sud-orientale e in poche località negli stati messicani di Chihahua e Sonora, dove sembra confinata ad habitat con estati temperate e umide lungo i confini delle boscaglie sempreverdi della Sierra madre occidentale. E' un'annuale strettamente legata al regime delle piogge, con un breve ciclo vitale; il che significa che negli anni di scarsa pioggia può scomparire ed essere più abbondante dove trova l'habitat giusto. Si distingue dalle altre specie per i fusti non ramificati e per i fiori bianchi. Per variabilità la campionessa sembra essere la specie tipo B. americana, che infatti ha collezionato una ventina di sinonimi: variano il portamento, eretto oppure decombente, le dimensioni, la presenza o l'assenza di peli ghiandolari, la forma e la dimensione delle foglie, il colore dei fiori (bianchi, azzurri, azzurri con una macchia bianca, malva, viola) solitari o riuniti in piccoli gruppi. Anche se non sono molto grandi, sono molto numerosi, rendendo questa specie decisamente decorativa; è dunque una pianta da giardino molto apprezzata, soprattutto in una delle sue varietà con fiori più grandi, spesso commercializzata sotto il sinonimo B. grandiflora. Come annuale da giardino, è coltivata anche B. viscosa, caratterizzata da fiori blu con centro bianco La specie più diffusa in case e giardini è però B. speciosa, originaria di Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador e Perù; è perenne, ma da noi è spesso trattata come annuale. Di portamento piuttosto cespuglioso e ramificato, adatta anche alla coltivazione in vaso e in cestini appesi, sta conoscendo una crescente popolarità per il colore insolito dei fiori blu-viola, cui deve il nome comune fior di zaffiro, l'abbondanza dei fiori, che può essere favorita da opportune cimature, e il lungo periodo di fioritura, che si protrae da giugno a settembre. Tra le varietà più note 'Blue Troll', di portamento compatto con fiori blu e centro bianco, e 'White Troll' con fiori bianchi. Viene anche commercializzata come pianta d'appartamento, spesso trattata con nanizzanti per mantenere il portamento compatto. L'ultima novità sono gli ibridi, caratterizzati da fioriture prolungate e da fiori particolarmente grandi e numerosi, come 'Illumination' (blu scuro) e 'Flirtation' (bianca) della serie Endless, indicati anche per aree in mezz'ombra. Quando ero bambina, ho sentito vecchie signore chiamare le dalie "giorgine". Oggi forse non si sente più, tranne che in tedesco dove queste bellissime piante si chiamano indifferentemente Georgina o Dahlie. E' quanto rimane di una vecchia diatriba che nei primi decenni dell'Ottocento divise i botanici, mentre quei fiori stupendi, passati inosservati per qualche secolo, andavano rapidamente alla conquista delle aiuole e le varietà si moltiplicavano vertiginosamente. Partiamo dunque per un viaggio nel mondo del genere Dahlia, dove a farci compagnia saranno coltivatori messicani affamati, conquistadores distratti, lo sfortunato botanico svedese Anders Dahl e il tedesco russizzato Johann Gottlieb Georgi, l'abate Cavanilles e il professor Willdenow l'un contro l'altro armati, con un cameo di Alexander von Humboldt. ![]() Prima tappa: Messico-Madrid A differenza delle loro cugine zinnie, che dovettero avere un ruolo marginale nelle culture indigene e passarono inosservate agli occhi degli spagnoli, le dalie hanno alle spalle una storia secolare. La loro coltivazione è documentata almeno dal XIV secolo presso diversi popoli precolombiani; gli aztechi le chiamavano acocotle e cocoxochitl, che dovrebbero significare "cannuccia " e "fiore della cannuccia", in riferimento ai fusti cavi. Anche se la loro bellezza era apprezzata, l'uso fondamentale era quello alimentare (si consumavano i tuberi). Non sfuggirono all'attenzione del primo importante studioso della flora messicana, Francisco Hernández, che ne descrisse due specie, poi riprese e raffigurate nel Tesoro messicano dell'Accademia dei Lincei, senza tuttavia suscitare entusiasmo; mentre già dopo pochi anni i giardini e gli orti di Siviglia si riempiavano di tageti e peperoncini, le dalie erano ignorate tanto come alimento quanto come pianta ornamentale. A sottrarle all'oblio fu ancora una volta la Spedizione botanica di Sessé e Mociño, nel corso della quale furono raccolti esemplari poi coltivati nell'Orto botanico di Città del Messico da Vicente Cervantes. Quest'ultimo nel 1789 inviò dei semi - etichettati erroneamente come Coreopsis - all'abate Antonio José Cavanilles, membro anziano dello staff del Real Jardin Botanico di Madrid (di cui più tardi divenne direttore). A quanto sembra, una pianta fiorì già l'anno successivo e nel 1791 Cavanilles la pubblicò nel primo volume di Icones et Descriptiones Plantarum come Dahlia pinnata; il nome specifico fa riferimento alle foglie pennate, quello generico è un omaggio commemorativo al botanico svedese Anders Dahl (1751-1789). Dahl, allievo di Linneo, era un botanico eccezionalmente dotato e echi della sua fama dovettero giungere in Spagna, forse attraverso Thunberg. Ripercorriamone velocemente la carriera scientifica: figlio, come tanti altri linneani, di un pastore di provincia, fin da bambino aveva sviluppato un forte interesse per le scienze naturali che lo aveva portato, adolescente, a fondare con alcuni amici la Società topografica svedese di Skara, che si proponeva di descrivere l'ambiente naturale e umano del Västergötland; Dahl vi contribuì con diversi saggi, tra cui una flora locale. Nel 1770 approdò all'Università di Uppsala, dove fu allievo di Linneo; la morte del padre, l'anno successivo, rovinò finanziariamente la famiglia e lo costrinse a interrompere gli studi. Grazie alla raccomandazione di Linneo fu assunto da Alströmer, con l'incarico di organizzare il suo giardino botanico a Kristinedal, nei pressi di Göteborg; quando il suo protettore fece fallimento, Dahl lo seguì nella nuova residenza di Gåsevadsholm, dove si occupò della catalogazione del "piccolo erbario" ceduto a Alströmer da Linneo figlio. Dahl fu tra i pionieri degli studi sull'inquinamento ambientale: nel 1784 su un giornale di Stoccolma pubblicò uno studio sugli effetti inquinanti degli scarti di produzione dell'olio di aringa; grazie alla sua denuncia, furono introdotte alcune restrizioni sugli scarichi industriali (forse la prima legge di questo tipo al mondo). Alla morte del figlio di Linneo, con altri si impegnò per creare una cordata che acquistasse le collezioni linneane, ma senza successo (ad aggiudicarsele su l'inglese James Edward Smith). Nel 1786 si recò brevemente in Danimarca, dove l'università di Kiel gli assegnò la laurea honoris causa in medicina; l'anno successivo divenne professore associato di medicina e dimostratore di botanica all'Università di Turku; tuttavia poco dopo morì precocemente di polmonite. Poco prima, aveva pubblicato la sua opera più importante, Observationes botanicae circa systema vegetabilium divi a Linne Gottingae 1784 editum. Molte delle sue carte e delle sue collezioni andarono perdute nell'incendio che distrusse il centro della città nel 1827. Qualche notizia in più sulla sua vita nella sezione biografie. Non esiste alcun rapporto diretto tra Cavanilles e Dahl, ma probabilmente lo spagnolo ne conosceva l'operato attraverso Thunberg (che di Dahl fu amico), suo corrispondente; inoltre poté essere impressionato dalla sua morte precoce, preceduta di pochissimo dalla pubblicazione di un'opera di qualche valore. In ogni caso, accompagnò la dedica con la laconica indicazione "In honorem D. Andreae Dahl, sueci botanici”. Che Dahl fosse l'assistente di Cavanilles e che insieme avessero seminato le prime dalie è una delle tante leggende metropolitane che fioriscono anche nel mondo della botanica. ![]() Seconda tappa: alla conquista dell'Europa Intanto le dalie continuavano la loro marcia di conquista. Altre due specie nate dai semi messicani erano giunte a fioritura e Cavanilles, in base al colore dei fiori, le battezzò rispettivamente D. rosea e D. coccinea. Dall'orto botanico di Madrid, i semi arrivarono a Kew (la prima a portarveli fu la marchesa di Bute, la stessa che introdusse la zinnia in Inghilterra), Parma, Berlino, Dresda, Torino, Thiene. Tuberi di tutte e tre le specie raggiunsero il Jardin des Plantes di Parigi, dove per impulso di André Thouin - sotto gli auspici dell'imperatrice Giuseppina - iniziarono anche i primi esperimenti di ibridazione. Anche Redouté non mancò di immortalare la nuova favorita dei giardini. A complicare le cose si inserì Alexander von Humboldt che dal Messico, ultima tappa del suo memorabile viaggio sudamericano, nel 1803 spedì semi a Willdenow a Berlino, a Thouin a Parigi, a Aiton a Kew. Incominciarono ad essere disponibili altri colori e gli sforzi degli ibridatori vennero premiati dalle prime forme semidoppie. Carl Ludwig Willdenow, direttore dell'orto botanico di Berlino, decise che era ora di fare ordine, e come spesso capita ottenne l'effetto opposto. In quella che è la prima revisione del genere, sostituì il nome Dahlia con Georgina, in onore di un altro botanico tedesco, Johann Gottlieb Georgi, anch'egli morto di recente (nel 1802). In effetti, Willdenow considerò invalido il nome Dahlia sulla base del fatto che Thunberg nel 1792 aveva chiamato Dahlia crinita un'Amamelidacea sudafricana (a quanto pare, lo specifico era uno spiritoso riferimento all'aspetto lanoso dei fiori di questa specie, che gli ricordavano i capelli crespi di Dahl). All'epoca la regola della priorità (nella tassonomia botanica, in caso di conflitto, il nome valido è il più antico) non era ancora stata stabilita definitivamente; Willdenow ritenne che la denominazione di Thunberg, in quanto più diffusa, fosse quella da mantenere. Grazie alla sua autorità, il nome si impose nelle pubblicazioni scientifiche e negli orti botanici. Inoltre, nel 1809, riesaminando vari esemplari, giunse alla conclusione che due delle tre specie di Cavanilles fossero sostanzialmente simili, e le ribattezzò Georgina variabilis; mantenne separata solo G. coccinea, cui aggiunse le nuove introduzioni di Humboldt, G. lilacina e G. pallida. Anche de Candolle ci mise del suo: nel 1810 nella sua Note sur les Georginas sostenne la validità delle conclusioni di Willdenow, mentre i curatori (l'articolo fu pubblicato negli Annali del Museo di Storia naturale di Parigi) prendevano le distanze pubblicando contestualmente una nota in cui si affermava la validità di Dahlia; d'altra parte, nel 1836, nella sua revisione del genere, de Candolle ritornò sui suoi passi, riaffermando Dahlia. Insomma, un affaire internazionale: mentre in Spagna e in Francia prevaleva Dahlia, per quasi un secolo nell'Europa centrale e orientale continuò ad essere usato Georgina. Che arrivò anche in Italia: Georgina è il nome adottato tanto dalle Istituzioni botaniche di Torgioni Tozzetti (1813) quando dal Dizionario delle scienze naturali (1842), che lo italianizza anche in giorgina, nome che fino a qualche decennio fa capitava ancora di sentire e forse sopravvive ancora come denominazione locale. In tedesco è rimasto come nome volgare, e viene usato soprattutto per designare i vecchi ibridi. A chi poi fosse interessato a saperne di più su Georgi, ricordo che è una vecchia conoscenza di questo blog: lo abbiamo già incontrato come membro della spedizione dei Pallas e testimone delle tragiche vicende di Peter Falck. Rimasto in Russia, divenne un eminente studioso, autore di importanti opere etnografiche nonché di una flora della regione di San Pietroburgo. Mentre infuriava questa battaglia nominalistico-diplomatica, le nostre dalie-giorgine diventavano un fiore di culto e invadevano le aiuole in centinaia e centinaia di varietà. Dopo le prime forme semidoppie del primo decennio dell'Ottocento, nel 1829 fu la volta di quelle a fiore d'anemone, nel 1850 delle pompon, nel 1872 delle cactus, nel 1880 di quelle a collaretto. E la storia continua. ![]() Dahlia la multiforme Dahlia è un genere della famiglia Asteraceae originario degli altopiani e delle montagne del Messico (tra 1500 e 3700 metri), con qualche presenza sporadica nelle aree adiacenti, come il Guatemala e altri paesi del Cento America e Sud America settentrionale. Sono piante di montagna, con radici perenni (tuberose) e una densa vegetazione in genere decidua, una strategia per superare la stagione fredda. La loro caratteristica più evidente è la grande varietà, che ha anche dato parecchi grattacapi ai tassonomisti; delle più di cento denominazioni specifiche che le sono state attribuite, oggi si riconosce la validità di circa 42 specie. Quanto alle varietà coltivate, superano le 20.000, differenti tra loro per colori, forma dei fiori, dimensioni. Eppure la maggior parte di esse derivano da due sole specie, D. x pinnata e D. coccinea (le due specie di Cavanilles, dato che i posteri almeno su questo hanno dato ragione a Willdenow, considerando D. rosea sinonimo di D. pinnata). Come si spiega tanta prodigiosa varietà? La ragione sta nel fatto che le dalie sono ottoploidi, ovvero hanno otto serie di cromosomi (la maggior parte delle piante è diploide, con due serie di cromosomi); ciò significa che le possibili combinazioni si moltiplicano esponenzialmente, rendendo possibile una diversità forse senza pari nel mondo vegetale. Una varietà che emerse evidente fin dalle piante nate dai semi coltivati a Madrid da Cavanilles e dai loro discendenti, che aveva così generosamente distribuito agli orti botanici europei, tanto da spingere un disorientato Willdenow a proporre per le sue giorgine lo specifico variabilis. Studiandone accuratamente la storia e le caratteristiche, nel 1996 Hansen e Hierting dimostrarono che D. pinnata, coltivata già da secoli quando Cervantes ne spedì i semi a Madrid, è a sua volta un ibrido, e sarebbe meglio correggerne il nome in D. x pinnata. Essi ipotizzano che si trattasse di un variante di D. soerensenii che già aveva acquisito caratteri di ibrido prima di essere introdotta in Europa, probabilmente incrociandosi con D. coccinea. Oggi è solo una pianta orticola e non esiste più in natura. Qualche informazioni in più sulla classificazione delle dalie, e soprattutto link selezionati a risorse on-line nella scheda. Nella povera Svezia di metà Settecento, in assenza di finanziamenti statali o di fondi a disposizione dell'Università e dell'Accademia delle scienze, per Linneo fu importantissimo il sostegno del direttore della Compagnia svedese delle Indie Orientali, Magnus Lagerstroem. Grazie a questo collezionista e curioso di cose naturali, tanti dei suoi "apostoli" poterono viaggiare gratuitamente sulle navi della Compagnia e lo stesso Linneo poté giovarsi di una notevole collezione di reperti etnografici e naturalistici di provenienza asiatica. Riconoscente, dedicò all'amico e mecenate il brillante genere Lagerstroemia. ![]() Linneo trova un mecenate La Svezia di metà Settecento sembra travolta dalla sinomania: nel 1753 nel parco del castello reale di Drottningholm viene inaugurato il padiglione cinese, al presenza dell'erede al trono (il futuro Gustavo III) vestito in abiti da mandarino; nobili e ricchi borghesi fanno a gara per ornare le loro case con porcellane e mobili cinesi; diventa di moda indossare abiti di seta di fattura cineseggiante. Porcellane, suppellettili e soprattutto il desideratissimo tè arrivano in Svezia grazie alle navi della Compagnia svedese delle Indie Orientali (SOIC), fondata nel 1731, ma che proprio tra il 1746 e il 1766 tocca l'apice del successo. E' una via di contatto con l'Oriente di cui Linneo capisce subito le potenzialità scientifiche. Attraverso il conte Tessin, cancelliere del re e presidente dell'Accademia svedese delle scienze, incomincia a premere sui vertici della Compagnia perché i viaggi commerciali assumano, in qualche modo, anche il carattere di spedizioni scientifiche. Trova immediatamente un interlocutore più che interessato in Magnus Lagerstroem, uno dei direttori della SOIC. Lagerstroem, uno svedese di origine baltica, con una notevole cultura letteraria e studioso dilettante di cose naturali, era allora all'apice della sua carriera. Con un'ottima formazione universitaria, acquisita in diversi atenei tedeschi, era un poliglotta che nella sua gioventù si era mantenuto come letterato e traduttore (fu il primo a tradurre in svedese il Tartufo di Molière e a pubblicare un manuale di lingua inglese); proprio grazie alla conoscenza delle lingue (ne scriveva e parlava almeno sei, e se la cavava con altre tre), nel 1731 era stato assunto dalla neonata SOIC come segretario. Il matrimonio con la figlia di un ricco mercante gli aveva permesso di scalare i vertici della Compagnia, fino a divenirne uno dei quattro direttori nel 1746. Proprio quell'anno si giunse a un accordo (di cui non conosciamo tutti i particolari) tra Linneo, l'Accademia delle Scienze e la SOIC: ai capitani e ai commissari di bordo delle navi che annualmente facevano la spola tra Göteborg e Canton si raccomandava di fare ogni sforzo per procurarsi oggetti di interesse etnografico e esemplari di piante e animali; nel 1747 Lagestroem emanò una circolare che stabiliva che i chirurghi e i cappellani di bordo dovevano avere una formazione scientifica, acquisita preferibilmente a Uppsala, alla scuola di Linneo. Di fatto, secondo un modello che qualche anno più tardi Joseph Banks riuscì ad imporre alla Royal Navy, queste figure assumevano un duplice volto: accanto ai loro compiti istituzionali, erano anche naturalisti a tutti gli effetti, formati secondo le istruzioni di Linneo a raccogliere e conservare reperti scientifici e a documentare le loro ricerche in accurati diari di viaggio. Fu così che iniziò l'avventura cinese degli apostoli di Linneo che abbiamo già incontrato in questo blog: Christopher Tärnström, imbarcato come pastore di bordo nel viaggio del 1746 e sfortunatamente morto prima di raggiungere la meta; Olof Torén che, sempre come pastore, tra il 1748 e il 1752 partecipò a due viaggi, prima a Giava, quindi in India e in Cina; Pehr Osbeck, cappellano della seconda nave del viaggio del 1750-1752; Carl Fredrik Adler, che tra il 1748 e il 1761 partecipò a quattro viaggi come medico di bordo; Anders Sparrman, aiuto chirurgo diciassettenne in Cina nel 1765. Grazie a questi giovani scienziati, che pagarono quasi tutti con la vita il loro amore per la scienza, giunsero in Svezia semi, piante essiccate e vive, animali, osservazioni scientifiche di ogni genere; i capitani contribuirono con rilievi cartografici e osservazioni meteorologiche. I materiali raccolti da cappellani, medici, capitani, commissari di bordo ma anche semplici marinai, andarono ad arricchire le collezioni del re, dell'Accademia delle Scienze, dell'Università di Uppsala, ma anche di facoltosi privati. Il più attivo di tutti fu proprio il nostro Magnus Lagerstroem che, approfittando della sua posizione di direttore della SOIC e investendo un notevole patrimonio, mise insieme una rilevante collezione di "cose cinesi" (ma molti reperti arrivavano da altre tappe del viaggio, dal Madagascar piuttosto che da Giava o dall'India). Quello che Lagerstroem chiamava "il mio raccolto delle Indie Orientali" comprendeva piante e animali cinesi, animali e altri reperti marini, oggetti di interesse etnografico (disegni e modellini di case e macchinari, manufatti, abiti, mappe, libri, curiosità come un corno di rinoceronte intagliato), un'intera collezione di 1000 medicinali cinesi acquistati nelle farmacie di Canton, una copia del Bencao Gangmu (o Pen-tsao Kang-mu), un grande compendio di farmacopea cinese, in 36 volumi, due dei quali di figure. Qualche anno prima della morte (avvenuta nel 1759), Lagerstroem donò le sue collezioni alla famiglia reale e a Linneo, al quale aveva anche procurato diverse piante vive per l'orto botanico dell'Università di Uppsala: tra gli altri, Arum chinense (oggi Colocasia esculenta), Artemisia chinensis (probabilmente una varietà cinese di Artemisia vulgaris, importante nella medicina cinese con il nome di moxa), Artemisia minima (oggi Centipeda minima), e, presumibilmente, quella che da lì a poco Linneo avrebbe battezzato in suo onore Lagerstroemia indica. Grazie a lui, arrivò anche una sospiratissima pianta di tè che, tuttavia, con grande delusione di Linneo, alla fioritura si rivelò una semplice camelia ornamentale. Ci è pervenuta una descrizione dei reperti naturalistici donati a Uppsala (qualche alga, qualche mammifero, ma soprattutto una cinquantina tra animali marini e uccelli) grazie alla tesi intitolata Chinensia Lagerstroemiana, scritta da Linneo nel 1754 e discussa, secondo l'abitudine del tempo, dal suo allievo Johan Lorens Odhelius. Molti di essi (tra gli altri, il famoso corno di rinoceronte) pervennero a Londra dopo l'acquisto delle collezioni linneane da parte di James Edward Smith, entrando a far parte del patrimonio della Linnean Society. Una sintesi della vita di Lagerstroem nella sezione biografie. ![]() Lagerstroemia, dalle foreste asiatiche ai viali cittadini Poco dopo la morte del generoso mecenate, che era anche un amico personale (ci rimangono diverse sue lettere nell'epistolario linneano) Linneo volle celebrarne la memoria creando il genere Lagerstroemia. Manifestò la sua riconoscenza scegliendo una specie particolarmente bella e pregevole per le vistose fioriture, giunta a quanto pare in Svezia nel 1746 proprio attraverso Lagerstroem e i suoi fornitori di naturalia, Lagestroemia indica. Una specie indiana (oggi L. speciosa) era già stata descritta dai botanici olandesi in Hortus Malabaricus con il nome indiano di Adambea; fu forse questo a trarre in inganno Linneo - che in ogni caso dimostrò spesso una certa disinvoltura nelle sue denominazioni geografiche - inducendolo a battezzare con lo specifico indica una specie di origine cinese. Il genere Lagerstroemia appartiene alla famiglia Lythraceae, di cui costituisce il genere più cospicuo e anche il solo a comprendere veri e propri alberi. Di distribuzione essenzialmente asiatica - dall'India alla Cina e al Giappone, all'Indocina, spingendosi fino all'Australia attraverso la Malaysia - comprende una cinquantina di specie di alberi e arbusti a foglie persistenti o decidue. La più nota da noi è proprio la quasi onnipresente L. indica, che soprattutto potata a alberetto e per lo più nella varietà a fiori rosa carico, imperversa in parchi e viali cittadini, spesso usata con scarsa fantasia. Eppure ne esistono innumerevoli varietà (intorno al 2000 ne sono state recensite ben 250) e anche il mercato italiano è ben rifornito, con la presenza di vivai specializzati e di cultivar tutte italiane, come quelle selezionate dal pistoiese Antonio Grassi. Ampissima la selezione disponibile sul mercato americano, anche grazie agli ibridi tra L. indica e L. fauriei, notevoli per la rusticità e per la resistenza al mal bianco. E la scelta non si limita al solito, un po' stucchevole, rosa shocking: la gamma dei colori, oltre a tutte le sfumature del rosa e del viola, comprende anche il bianco e il rosso. Almeno un cenno al gigante del genere, l'indiana L. speciosa, un grande albero tropicale dalle vistose fioriture dal bianco al porpora che può raggiungere i 20 metri, importante per le sue implicazioni culturali; in alcune correnti del Buddismo, è considerato l'albero sotto il quale era seduto Budda quando raggiunse l'illuminazione. Le sue foglie vengono seccate e utilizzate per un infuso simile al tè. Altri particolari su questo genere tanto diffuso quanto superficialmente noto nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
May 2025
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