Nella povera Svezia di metà Settecento, in assenza di finanziamenti statali o di fondi a disposizione dell'Università e dell'Accademia delle scienze, per Linneo fu importantissimo il sostegno del direttore della Compagnia svedese delle Indie Orientali, Magnus Lagerstroem. Grazie a questo collezionista e curioso di cose naturali, tanti dei suoi "apostoli" poterono viaggiare gratuitamente sulle navi della Compagnia e lo stesso Linneo poté giovarsi di una notevole collezione di reperti etnografici e naturalistici di provenienza asiatica. Riconoscente, dedicò all'amico e mecenate il brillante genere Lagerstroemia. Linneo trova un mecenate La Svezia di metà Settecento sembra travolta dalla sinomania: nel 1753 nel parco del castello reale di Drottningholm viene inaugurato il padiglione cinese, al presenza dell'erede al trono (il futuro Gustavo III) vestito in abiti da mandarino; nobili e ricchi borghesi fanno a gara per ornare le loro case con porcellane e mobili cinesi; diventa di moda indossare abiti di seta di fattura cineseggiante. Porcellane, suppellettili e soprattutto il desideratissimo tè arrivano in Svezia grazie alle navi della Compagnia svedese delle Indie Orientali (SOIC), fondata nel 1731, ma che proprio tra il 1746 e il 1766 tocca l'apice del successo. E' una via di contatto con l'Oriente di cui Linneo capisce subito le potenzialità scientifiche. Attraverso il conte Tessin, cancelliere del re e presidente dell'Accademia svedese delle scienze, incomincia a premere sui vertici della Compagnia perché i viaggi commerciali assumano, in qualche modo, anche il carattere di spedizioni scientifiche. Trova immediatamente un interlocutore più che interessato in Magnus Lagerstroem, uno dei direttori della SOIC. Lagerstroem, uno svedese di origine baltica, con una notevole cultura letteraria e studioso dilettante di cose naturali, era allora all'apice della sua carriera. Con un'ottima formazione universitaria, acquisita in diversi atenei tedeschi, era un poliglotta che nella sua gioventù si era mantenuto come letterato e traduttore (fu il primo a tradurre in svedese il Tartufo di Molière e a pubblicare un manuale di lingua inglese); proprio grazie alla conoscenza delle lingue (ne scriveva e parlava almeno sei, e se la cavava con altre tre), nel 1731 era stato assunto dalla neonata SOIC come segretario. Il matrimonio con la figlia di un ricco mercante gli aveva permesso di scalare i vertici della Compagnia, fino a divenirne uno dei quattro direttori nel 1746. Proprio quell'anno si giunse a un accordo (di cui non conosciamo tutti i particolari) tra Linneo, l'Accademia delle Scienze e la SOIC: ai capitani e ai commissari di bordo delle navi che annualmente facevano la spola tra Göteborg e Canton si raccomandava di fare ogni sforzo per procurarsi oggetti di interesse etnografico e esemplari di piante e animali; nel 1747 Lagestroem emanò una circolare che stabiliva che i chirurghi e i cappellani di bordo dovevano avere una formazione scientifica, acquisita preferibilmente a Uppsala, alla scuola di Linneo. Di fatto, secondo un modello che qualche anno più tardi Joseph Banks riuscì ad imporre alla Royal Navy, queste figure assumevano un duplice volto: accanto ai loro compiti istituzionali, erano anche naturalisti a tutti gli effetti, formati secondo le istruzioni di Linneo a raccogliere e conservare reperti scientifici e a documentare le loro ricerche in accurati diari di viaggio. Fu così che iniziò l'avventura cinese degli apostoli di Linneo che abbiamo già incontrato in questo blog: Christopher Tärnström, imbarcato come pastore di bordo nel viaggio del 1746 e sfortunatamente morto prima di raggiungere la meta; Olof Torén che, sempre come pastore, tra il 1748 e il 1752 partecipò a due viaggi, prima a Giava, quindi in India e in Cina; Pehr Osbeck, cappellano della seconda nave del viaggio del 1750-1752; Carl Fredrik Adler, che tra il 1748 e il 1761 partecipò a quattro viaggi come medico di bordo; Anders Sparrman, aiuto chirurgo diciassettenne in Cina nel 1765. Grazie a questi giovani scienziati, che pagarono quasi tutti con la vita il loro amore per la scienza, giunsero in Svezia semi, piante essiccate e vive, animali, osservazioni scientifiche di ogni genere; i capitani contribuirono con rilievi cartografici e osservazioni meteorologiche. I materiali raccolti da cappellani, medici, capitani, commissari di bordo ma anche semplici marinai, andarono ad arricchire le collezioni del re, dell'Accademia delle Scienze, dell'Università di Uppsala, ma anche di facoltosi privati. Il più attivo di tutti fu proprio il nostro Magnus Lagerstroem che, approfittando della sua posizione di direttore della SOIC e investendo un notevole patrimonio, mise insieme una rilevante collezione di "cose cinesi" (ma molti reperti arrivavano da altre tappe del viaggio, dal Madagascar piuttosto che da Giava o dall'India). Quello che Lagerstroem chiamava "il mio raccolto delle Indie Orientali" comprendeva piante e animali cinesi, animali e altri reperti marini, oggetti di interesse etnografico (disegni e modellini di case e macchinari, manufatti, abiti, mappe, libri, curiosità come un corno di rinoceronte intagliato), un'intera collezione di 1000 medicinali cinesi acquistati nelle farmacie di Canton, una copia del Bencao Gangmu (o Pen-tsao Kang-mu), un grande compendio di farmacopea cinese, in 36 volumi, due dei quali di figure. Qualche anno prima della morte (avvenuta nel 1759), Lagerstroem donò le sue collezioni alla famiglia reale e a Linneo, al quale aveva anche procurato diverse piante vive per l'orto botanico dell'Università di Uppsala: tra gli altri, Arum chinense (oggi Colocasia esculenta), Artemisia chinensis (probabilmente una varietà cinese di Artemisia vulgaris, importante nella medicina cinese con il nome di moxa), Artemisia minima (oggi Centipeda minima), e, presumibilmente, quella che da lì a poco Linneo avrebbe battezzato in suo onore Lagerstroemia indica. Grazie a lui, arrivò anche una sospiratissima pianta di tè che, tuttavia, con grande delusione di Linneo, alla fioritura si rivelò una semplice camelia ornamentale. Ci è pervenuta una descrizione dei reperti naturalistici donati a Uppsala (qualche alga, qualche mammifero, ma soprattutto una cinquantina tra animali marini e uccelli) grazie alla tesi intitolata Chinensia Lagerstroemiana, scritta da Linneo nel 1754 e discussa, secondo l'abitudine del tempo, dal suo allievo Johan Lorens Odhelius. Molti di essi (tra gli altri, il famoso corno di rinoceronte) pervennero a Londra dopo l'acquisto delle collezioni linneane da parte di James Edward Smith, entrando a far parte del patrimonio della Linnean Society. Una sintesi della vita di Lagerstroem nella sezione biografie. Lagerstroemia, dalle foreste asiatiche ai viali cittadini Poco dopo la morte del generoso mecenate, che era anche un amico personale (ci rimangono diverse sue lettere nell'epistolario linneano) Linneo volle celebrarne la memoria creando il genere Lagerstroemia. Manifestò la sua riconoscenza scegliendo una specie particolarmente bella e pregevole per le vistose fioriture, giunta a quanto pare in Svezia nel 1746 proprio attraverso Lagerstroem e i suoi fornitori di naturalia, Lagestroemia indica. Una specie indiana (oggi L. speciosa) era già stata descritta dai botanici olandesi in Hortus Malabaricus con il nome indiano di Adambea; fu forse questo a trarre in inganno Linneo - che in ogni caso dimostrò spesso una certa disinvoltura nelle sue denominazioni geografiche - inducendolo a battezzare con lo specifico indica una specie di origine cinese. Il genere Lagerstroemia appartiene alla famiglia Lythraceae, di cui costituisce il genere più cospicuo e anche il solo a comprendere veri e propri alberi. Di distribuzione essenzialmente asiatica - dall'India alla Cina e al Giappone, all'Indocina, spingendosi fino all'Australia attraverso la Malaysia - comprende una cinquantina di specie di alberi e arbusti a foglie persistenti o decidue. La più nota da noi è proprio la quasi onnipresente L. indica, che soprattutto potata a alberetto e per lo più nella varietà a fiori rosa carico, imperversa in parchi e viali cittadini, spesso usata con scarsa fantasia. Eppure ne esistono innumerevoli varietà (intorno al 2000 ne sono state recensite ben 250) e anche il mercato italiano è ben rifornito, con la presenza di vivai specializzati e di cultivar tutte italiane, come quelle selezionate dal pistoiese Antonio Grassi. Ampissima la selezione disponibile sul mercato americano, anche grazie agli ibridi tra L. indica e L. fauriei, notevoli per la rusticità e per la resistenza al mal bianco. E la scelta non si limita al solito, un po' stucchevole, rosa shocking: la gamma dei colori, oltre a tutte le sfumature del rosa e del viola, comprende anche il bianco e il rosso. Almeno un cenno al gigante del genere, l'indiana L. speciosa, un grande albero tropicale dalle vistose fioriture dal bianco al porpora che può raggiungere i 20 metri, importante per le sue implicazioni culturali; in alcune correnti del Buddismo, è considerato l'albero sotto il quale era seduto Buddah quando raggiunse l'illuminazione. Le sue foglie vengono seccate e utilizzate per un infuso simile al tè. Altri particolari su questo genere tanto diffuso quanto superficialmente noto nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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