Al servizio della celebre firma Veitch, il cacciatore di piante Richard Pearce fu il protagonista di due fruttuosissime spedizioni in America latina. Tra i suoi tanti contributi, la scoperta in Bolivia e Perù di tre specie di begonie tuberose che, nelle abili mani degli ibridatori dei Veitch, divennero le antenate di quelle che ogni estate arricchiscono i nostri balconi. Lo ricorda il genere Pearcea della famiglia Gesneriaceae. ![]() Un fruttuoso viaggio in Sudamerica Se, come me, avete un balcone ombroso, con le loro lunghissime e coloratissime fioriture non ci sono piante più facili e generose delle begonie tuberose ibride Begonia x tuberhybrida. Alla loro origine ci sono tre specie scoperte in Bolivia e Perù dal cacciatore di piante Richard Pearce (ca. 1835-1868). Intorno al 1858, dopo aver lavorato per qualche tempo come giardiniere per il vivaio Potney di Plymouth, passò al servizio del celebre vivaio Veitch. Questa firma era stata la prima ad impiegare propri raccoglitori, inviando fin dagli anni '40 i fratelli Lobb alla ricerca di piante da lanciare sul mercato. Limitandoci alle Americhe, particolarmente lucrosi erano stati gli invii di William Lobb dal Cile, con la massiccia raccolta di semi di Araucaria araucana, e dalla California, con la scoperta e l'introduzione di Sequoiadendron giganteum. Tuttavia dopo il 1854 Lobb aveva gradualmente interrotto i rapporti con i Veitch fino a interromperli del tutto, ed era urgente trovare un raccoglitore altrettanto abile che lo sostituisse. La scelta cadde appunto su Pearce che all'epoca lavorava in uno dei vivai della famiglia a Mount Radford. Nel febbraio 1859 partì per Valparaiso con un contratto di tre anni alla ricerca di "piante, semi, conchiglie terrestri e altri oggetti di storia naturale". Come era abitudine della casa, aveva precise istruzioni su cosa cercare: in primo luogo, la Cupressacea Libocedrus tetragona, all'epoca ritenuto l'albero da cui si ricavava il pregiato legname di Alerce; poi Lapageria rosea e la sua varietà bianca, Araucaria imbricata e altre piante rustiche. Nel 1860 Pearce fece numerose spedizioni lungo la Cordigliera cilena e nelle montagne dell'interno, trovando tutte le piante desiderate, ma anche molte altre: Prumnopitys elegans, Podocarpus nubigenus, Eucryphia glutinosa, diverse Bomarea, Cavendishia bracteata, Ourisia coccinea, Ourisia pearcei. Ma soprattutto scoprì che il legname di Alerce non si ricava da Libocedrus tetragona, ma da Fitzroya cupressoides, che nella regione patagonica, da lui scrupolosamente visitata, formava vaste foreste. All'inizio del 1862 lasciò il Cile e si imbarcò alla volta del Perù e della Bolivia, alla ricerca di piante da serra e con belle foglie. Si spostò quindi in Ecuador. Frutto di questa tappa del viaggio, un eccellente invio da Cuenca che comprendeva Befaria ledifolia, Lisianthus magnificus, Calceolaria ericoides e diverse specie di Tacsonia. Infine si imbarcò a Guayaquil con sei grandi scatole di Ward che contenevano tra l'altro una bella collezione di Marantaceae, tra cui Calathea veitchiana (sin. di Goeppertia veitchiana). ![]() La seconda spedizione e le begonie Il viaggio era stato estremamente fruttuoso e James Veitch & Sons propose immediatamente a Pearce un secondo contratto triennale. Questa volta avrebbe dovuto recarsi direttamente a Lima e da lì spostarsi verso zone ancora poco battute, secondo le istruzioni scritte che avrebbe via via ricevuto. Egli visitò il Perù, l'Ecuador e la Bolivia, dove raccolse tra l'altro Aphelandra nitens e Sanchezia nobilis. Passò poi in Argentina per battere la provincia di Tucuman, dove trovò diverse interessanti piante da serra, tra cui Nierembergia rivularis e N. veitchii, Palaua flexuosa, Mutisia decurrens e diverse varietà di Peperomia, Ritornò poi a La Paz, da dove spedì ancora alcune specie di Hippeastrum. Riprese poi ad esplorare le Ande boliviane e peruviane, dove fece le scoperte a cui poi il suo nome è rimasto più legato: oltre alla bella Masdevallia veitchiana, detta il "re delle Masdevallie" per le enormi dimensioni della sua infiorescenza e il colore acceso, tre specie di begonia, scoperte in Bolivia tra il 1864 e il 1866: Begonia boliviensis, B. pearcei e B. veitchii. Rientrò poi in Inghilterra. Essendo terminato il suo contratto, lasciò i Veitch, tornò a Plymouth e si sposò. Non resistette però a lungo alla vita sedentaria. Nel 1867 fu contattato da un altro vivaista, William Bull, il cui vivaio di Kings Road a Chelsea era specializzato in piante tropicali e in particolare di orchidee; questi gli chiese di tornare in Sudamerica e di raccogliere per lui Masdevallia veitchiana. Pearce accettò e sbarcò a Panama; qui partì alla ricerca di una specie di Cypripedium la cui presenza gli era stata segnalata nei dintorni; non la trovò, ma la vana ricerca gli costò la vita. Fu infatti colpito da febbre gialla e morì il 17 luglio 1867 all'età di 33 anni. Questa la commemorazione di James Herbert Veitch: "come raccoglitore di piante Pearce era uno dei migliori, e la sua morte prematura fu una grande perdita per il mondo dell'orticoltura". Le sue scoperte però stavano già imprimendo una svolta nella storia dell'ibridazione delle begonie. Nel 1868 John Seden, uno degli ibridatori di Veitch, incrociando Begonia boliviensis (inviata da Pearce nel 1864) con un'altra specie sconosciuta, ottenne Begonia × sedenii, la prima begonia tuberosa ibrida nota, con grandi fiori rossol magenta. Continuò poi il suo lavoro incrociando B. boliviensis con le altre specie scoperte da Pearce, producendo la prima B. x tuberhybrida. Il suo successo aprì la strada ad altri ibridatori. Nel 1874 l'incrocio tra B. × sedenii e la sudafricana B. dregei produsse B. 'White Queen', la prima begonia tuberosa bianca. Intorno al 1880, il grande ibridatore francese Victor Lemoine incrociando B x sedenii, B. veitchii e B. pearcei ottenne la prima begonia tuberosa doppia, 'Gloire de Nancy'. Intanto alle begonie introdotte da Pearce se ne aggiungevano altre: B. froebelii, spedita nel 1874 al vivaio Froebel di Zurigo dall'Ecuador; B. davisii, raccolta in Perù e introdotta nel 1877 da un altro cacciatore di piante della scuderia Veitch, Walter Davis; insieme alla già nota B. cinnabarina ed altre specie andine, anch'esse entrarono nel pedigree di B. x tuberhybrida. Nel 1894, quando Voss la ufficializzò, le varietà erano già molte decine . ![]() Un piccolo gioiello dalle Ande L'importanza delle raccolte di Pearce è testimoniata dalle numerose specie del Sud America che portano il suo nome, non meno di una quarantina; oltre a Begonia pearcei, vorrei ricordare almeno la spettacolare orchidea Phragmipedium pearcei. Anche il genere che celebra questo solerte e sfortunato cacciatore di piante viene dal Sudamerica e risale a una delle sue raccolte; la prima specie nota, inizialmente classificata da Hooker come Gloxinia hypocyrtiflora, fu infatti raccolta da Pearce nel 1866 sui monti della regione di Quito. A lungo a questo genere (famiglia Gesneriaceae) è stata assegnato un'unica specie, appunto Pearcea hypocyrtiflora; in seguito ad analisi molecolari ha però assorbito il genere Parakohleria ed alcune specie precedentemente assegnate a Kohleria; inoltre sono state scoperte altre specie, e ora ne comprende tra 17 e 19. E' distribuito sulle pendici andine orientali, dalla Colombia settentrionale alla Bolivia nordoccidentale attraverso il Perù e l'Ecuador, dove vive in una varietà di habitat, dalle foreste pluviali di bassa quota (attorno ai 700 metri) alle foreste nebulose (attorno ai 2500 metri), anche se sono le prime ad essere particolarmente ricche di specie. Piuttosto affine a Kohleria, è caratterizzato da foglie vellutate, e piccoli fiori urceolati (cioè a forma di urna, rigonfi alla base e ristretti alla gola), da gialli a rossi, presumibilmente impollinati da colibrì. La specie più nota e coltivata è Pearcea hypocyrtiflora con belle foglie verde scuro con nervature verde chiaro o rosate e fiori arancio con apice magenta rigonfi come palloncini. Di piccole dimensioni, è adatta alla coltivazione in terrario.
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Grandi, succose, belle, benché meno saporite e profumate di quelle selvatiche, le fragole coltivate rallegrano le nostre tavole e si trasformano in dolci golosi. Così come le conosciamo, sono un'acquisizione recente, il frutto di un'ibridazione casuale di specie che in natura vivono ai due capi del continente americano. E per farle incontrare sono stati necessari un esploratore, Jacques Cartier, una spia, Amédée-François Frézier, un botanico-coltivatore, Antoine-Nicolas Duchesne. E in questa storia c'è anche una parente povera e indesiderata, la Duchesnea indica (che oggi, più propriamente, dovremmo chiamare Potentilla indica). ![]() Fragole bianche, fragole rosse e fragoloni Alla corte del Re Sole avviene una rivoluzione del gusto: banditi i piatti rinascimentali sovraccarichi di spezie, la parola d'ordine è ora semplicità. Diventano di moda i legumi, non più camuffati in complicati pasticci, ma serviti al dente, restituiti al loro gusto naturale. Il Potager du roi, gestito da un genio dell'orticultura, il direttore degli orti e dei frutteti reali Jean-Baptiste de la Quintinie, rifornisce la tavola di Versailles con le più deliziose primizie. Furoreggiano i piselli (oggetto di una mania su cui ironizza Mme de Sevigné) e le fragole, servite fuori stagione grazie ai metodi rivoluzionari messi a punto dal maestro giardiniere. Il re adorava questi piccoli frutti profumati, con disapprovazione del suo medico Fagon che li riteneva nocivi allo stomaco. Le fragole coltivate nelle aiuole di Versailles erano le nostre fragoline di bosco Fragaria vesca, probabilmente anche Fragaria moschata; forse già un secolo prima era arrivata in Europa anche Fragaria virginiana, che forse fu portata dal navigatore Cartier, specie molto amata per il fine profumo. Nel 1712 l'ingegnere militare Amédée-François Frézier viene inviato in Sud America per una missione di spionaggio; mentre si trova in Cile nota che in quel paese viene venduta e coltivata una fragola bianca, molto più grande di quelle europee, anche se meno gustosa e profumata. Conoscendo la passione del re, prima di partire se ne procura alcune piante e riesce a farne sopravvivere cinque, lesinando a se stesso l'acqua dolce tanto preziosa per le piantine durante il lungo viaggio oceanico. Rientrato in Francia nell'agosto del 1714, fa giusto in tempo a presentare il suo omaggio al re che morirà un anno dopo. Anche se a questo punto le leggende incominciano a moltiplicarsi, sappiamo di certo che "la bianca del Cile" - come viene chiamata, per noi Fragaria chiloensis - oltre che al Potager du Roi approderà al Jardin de Plantes e in Bretagna, a Plougastel. Qui trova condizioni ideali e incomincia fruttificare, mentre le "parigine" si riveleranno sterili. Ma a questo punto entra in scena in nostro eroe, Antoine-Nicolas Duchesne. Figlio del Prevosto agli edifici reali, fin da bambino ha potuto frequentare i giardini del re e ha sviluppato una grande passione per la botanica e l'orticultura. Egli nota che le piantine di Fragaria chiloensis coltivate vicino a F. virginiana fruttificano: infatti si tratta di esemplari femminili privi di stami che hanno bisogno di essere fecondati dal polline di altre piante. L'incrocio tra le due varietà - nota Duchesne - dà vita a un ibrido che battezza Fragaria x ananassa (per il profumo che ricorda vagamente l'ananas): ha il gusto e il profumo da F. virginiana e la grandezza da F. chiloensis. Insomma, è nato il fragolone coltivato, da cui deriveranno in seguito tutte le attuali cultivar orticole. Duchesne - egli stesso si definirà botanico-coltivatore - differentemente dai suoi contemporanei univa una solida preparazione teorica (era allievo di Bernard de Jussieu, uno degli esponenti di questa importante famiglia di botanici del Jardin des Plantes) alla propensione alla sperimentazione; tenta dunque diversi esperimenti di ibridazione e di semina; tra l'altro nota che nelle fragolaie del Jardin des Plantes c'è una fragola strana: anziché tre foglioline, ne ha una sola. Prova a seminarla, e nota che la caratteristica è mantenuta dalla discendenza. Invia un esemplare a Linneo che la battezza F. monyphylla e la considera una nuova specie. Duchesne invece è il primo a capire che la pianta è il frutto di una mutazione e rompe quello che era ancora un tabù della scienza: che le specie fossero immutabili. E' anche il primo a distinguere (pur con qualche imprecisione) tra specie e varietà. A soli 19 anni, il geniale giovanotto scrive Histoire naturelle des fraisiers, in cui descrive con accuratezza le diverse specie e varietà di fragole e arriva a disegnarne l'albero genealogico. Si capisce così perché il libro di Duchesne abbia intercettato l'attenzione di Darwin. Per altre informazioni su Duchesne e sul suo contributo alla botanica e all'orticoltura, leggetene la biografia. ![]() Da Duchesne alla Duchesnea All'inizio dell'Ottocento, in Asia vengono individuate delle Rosacaee affini alle fragole, che alcuni botanici assegnano al genere Fragaria, altri al genere Potentilla. James Edward Smith, presidente della Linnean Society di Londra nel 1810 le attribuisce a un nuovo genere, che denomina Duchesnea in onore di Antoine Nicolas, con la seguente motivazione: “Dando il nome a questo nuovo genere voglio commemorare i meriti di Mr. Duchesne autore della Histoire naturelle des Fraisiers in cui le varietà di fragole sono così accuratamente descritte e i sinonimi così ben illustrati che non riesco a immaginare perché non abbia suscitato maggiore attenzione in Linneo”. Così, con una certa ironia, quel grandissimo esperto di fragole è onorato dal nome di una pianta che, a causa dei frutti belli e invitanti ma totalmente insapori, è chiamata volgarmente con nomi come "fragola dei cani" "fragola matta" "finta fragola". E, colmo dei colmi, ultimamente ha perso anche questo piccolo omaggio, visto che le ricerche più recenti, basate sul DNA, declassano la Duchesnea a sottogenere di Potentilla. Originaria dell'Asia, Duchesnea indica (che dovremo rassegnarci a chiamare Potentilla indica) è stata introdotta come pianta ornamentale in Europa e America, ma se n'è ben presto fuggita dai giardini per diventare un'infestante di cui - in alcuni paesi, come il Belgio - è addirittura vietata la coltivazione. Per quanto riguarda l'Italia - la notizia è riportata da Wikipedia ma non ho potuto riscontrarla - sarebbe stata introdotta come curiosità nell'Orto botanico di Torino e da lì avrebbe colonizzato la penisola. Nel mio giardino cresce rigogliosa, abbiamo un patto di non belligeranza e - vi assicuro - con qualche accorgimento la si può far stare al suo posto. Qualche approfondimento nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
May 2025
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