E' l'autunno la stagione della fioritura di quasi tutte le specie di Sternbergia, a meno che, come la nivea Sternbergia candida, preferiscano i rigori dell'inverno. E' un'affinità poetica con la vita del loro dedicatario, il conte Caspar Maria von Sternberg che, dopo aver consacrato i primi quarant'anni della sua vita a una carriera ecclesiastica per la quale aveva una dubbia vocazione, nell'autunno dei suoi quarant'anni si scoprì scienziato e nell'inverno dei suoi sessanta fondò una nuova scienza, la paleobotanica. La lenta scoperta di una vocazione scientifica Per Caspar Maria von Sternberg, la vita ricominciò a quarant'anni. Fino ad allora, come membro del capitolo di Regensuburg, aveva tentato la scalata a una promettente carriera ecclesiastica e si era avvicinato alla botanica al più come dilettante. Tutto cambiò nel 1804, quando il suo datore di lavoro, l'arcivescovo di Magonza, Karl Dalberg, volle che lo accompagnasse a Parigi per assistere all'incoronazione di Napoleone. Nella capitale francese Sternberg visitò i principali scienziati del tempo, tra cui Humboldt. Determinante fu l'incontro con il geologo Faujas de Saint Fond, che lo spinse a studiare la geologia e le piante fossili che suo fratello Joachim andava raccogliendo nelle miniere della Boemia centrale. Così fruttuosa sul piano personale, la missione parigina era stata un fallimento su quello politico. Sempre più deluso dalle scelte dell'arcivescovo, che considerava troppo filo napoleonico, Sternberg ci concentrò sulle attività scientifiche: in quel mondo pieno di intrighi, scriverà anni dopo nella sua biografia, lo scienza era un'oasi di serenità. Nel 1806, fondò l'Accademia delle scienze naturali di Regensburg, di cui venne eletto presidente. Già da qualche anno, la passione per la botanica lo aveva spinto a esplorare le Alpi bavaresi, dove aveva incontrato il suo primo amore: le sassifraghe alpine. Non solo le studiò sul posto, annotando scrupolosamente le ubicazioni, l'altitudine, l'esposizione, la natura del terreno, ma per accoglierle nel 1804 creò un orto botanico a Regensburg. Alla ricerca delle sue amate sassifraghe, nel 1803 visitò le Alpi retiche; nel 1804, quando l'arcivescovo lo inviò ufficialmente a Padova, ne approfittò per visitare il monte Baldo e le valli di Ledro e d'Ampola; qui notò due endemismi prima di allora mai descritti, Saxifraga arachnoidea e Aquilegia thalictrifolia, che pubblicò in Reise in die Rhetischen Alpen (1806). Nel 1807 visitò il Tirolo, e nel 1808 Salisburgo, la Carinzia, la Stiria e l'Austria superiore. Eventi personali e politici, intanto, stavano per cambiare il corso della sua vita. Nel 1798 era morto il fratello più vecchio, Jan Nepomuk, seguito l'anno successivo dalla madre; nel 1808, infine, morì anche il secondo fratello, Joachim, a sua volta appassionato naturalista. Nell'aprile 1809, l'esercito francese occupò Ratisbona. Il giardino botanico fu distrutto: bruciati gli edifici e le serre, calpestate le aiuole; di quella delicata collezione di piante alpine non rimase nulla. Spinto sia da una profonda crisi spirituale sia da esigenze pratiche (ora era il capo della famiglia e doveva occuparsi delle sue proprietà boeme), Sternberg decise di abbandonare lo stato ecclesiastico: da quel momento sarebbe stato uno scienziato a tempo pieno. Nel 1810 lasciò per sempre Ratisbona e si trasferì a Březina nella Boemia centrale. Prima di lasciare la città, pubblicò il suo importantissimo studio sulle sassifraghe, Revisio Saxifragarum iconibus illustratae, in cui si era avvalso, oltre che delle ricerche sul campo, degli scambi epistolari con i più importanti botanici del tempo. In questo lavoro di grande valore scientifico, sono esaminate e descritte 80 specie, accompagnate da 25 tavole con le illustrazioni di quelle più notevoli. Nel 1821, ancora a Regensburg, e nel 1831 a Praga, seguiranno due nuove edizioni accresciute. Il padre della paleobotanica Nei pressi di Radnice, la famiglia Sternberg possedeva delle miniere di carbone. Era qui che il fratello Joachim aveva trovato gli esemplari della sua collezione. Con l'aiuto dell'ispettore minerario e entomologo Jan Daniel Preissler e del geologo e botanico Johann Thaddaeus Lindacker, il conte visitò diverse miniere, osservando piante fossili nella loro collocazione originale. Sempre con il loro aiuto, catalogò e curò l'esposizione nel castello di Březina della collezione di fossili del fratello. Nel parco allestì anche un nuovo orto botanico. Nel 1814 si recò a Graz a visitare il Johanneum, un museo di nuova concezione che riuniva la storia naturale, la storia, la tecnica, il folklore della Stiria. Fu così che concepì il progetto di creare un Museo nazionale boemo. L'idea fu fatta propria dal Burgavio del Regno di Boemia, il conte František Kolovrat Libštejnský, che nel 1818 lanciò un appello "agli amici patriottici della scienza"; nel 1822 fu creata la Società per il museo patriottico della Boemia, di cui Sternberg fu eletto presidente; egli si impegnò a dotare il nuovo museo di tutte le sue collezioni (all'epoca, consistenti in un erbario di 9000 specie, una biblioteca di 4000 volumi, 5000 minerali e 1400 fossili; ancora oggi sono il nucleo fondante e alcune delle collezioni principali del museo). Intanto Sternberg nel 1815 aveva iniziato a scrivere il suo capolavoro Versuch einer geognostisch botanischen Darstellung der Flora der Vorwelt ("Rendiconto geognosico e botanico della flora preistorica"). Per raccogliere il materiale necessario, viaggiò per tutta l'Europa, incontrando ricercatori e collezionisti e esaminando le loro collezioni. Tra i suoi contatti, anche Goethe, grande appassionato di mineralogia, suo compagno in molte escursioni geologiche. I due volumi, in otto parti, usciranno tra il 1820 e il 1838; per i tomi 7-8, ormai quasi cieco, si avvalse della collaborazione dei giovani scienziati Karel Bořivoj Presl e August Corda; l'ultima parte uscì poco dopo la sua morte. Ogni parte è aperta da un'introduzione, in cui Sternberg sintetizza e discute criticamente le pubblicazioni precedenti; segue una parte descrittiva con la descrizione di ciascun fossile trattato: infine la parte sistematica, chiamata modestamente Tentamen ("tentativo"), raccoglie le diagnosi e le classificazione dei generi e delle specie, le località dei tipi e altre informazioni. L'approccio ecologico e sistematico permise a Sternberg di associare le piante fossili a determinati sedimenti e di collegare le specie fossili a quelle attuali che vivono nelle stesse condizioni ambientali; in tal modo, esse cessarono di essere curiosità geologiche, come si credeva prima di lui, per essere finalmente riconosciute come resti di piante che vissero nel passato, da studiare e classificare in generi e specie con gli stessi criteri che si usano per le piante viventi, utilizzando parimenti la nomenclatura binomiale. Quest'approccio è così importante e nuovo che il 1820 (data di pubblicazione della prima parte) è stato scelto come punto di partenza per la nomenclatura paleobotanica (analogamente al 1753, data di pubblicazione di Species Plantarum di Linneo, per le piante viventi). Parte essenziale dell'opera sono le illustrazioni, che furono predisposte da diversi artisti (i più importanti sono I. D. Preyssler, E. A. Auinger e F. Both per il primo volume, e J. Schmedla, J. Rössert e F. X Fieber per il secondo). Le incisioni sono di I. Sturm. Le illustrazioni sono molto precise, fedeli e dettagliate. Se volete saperne di più su questa magnifica opera, navigate nel bellissimo sito che le ha dedicato il Museo nazionale di Praga. Oltre a una dettagliata introduzione e alla biografia di Sternberg, trovate la riproduzione dei testi e delle tavole nonché una Gallery con alcuni esemplari notevoli commentati. Congediamoci dal grande studioso boemo ricordando ancora qualcuno dei suoi meriti: nel 1827, insieme a František Palacký, fondò la prima rivista scientifica boema, Časopis společnosti vlasteneckého museum v Čechách ("Giornale della Società del Museo Nazionale di Boemia"). Promosse la formazione dei giovani scienziati del suo paese. Fu membro di società per la realizzazione delle strade ferrate e per la costruzione di un ponte sospeso sulla Vltava. Nel 1831, quando aveva già 74, incominciò a studiare la storia delle miniere e la legislazione mineraria, scrivendo anche in questo campo un'opera pionieristica. Morì nel 1838, a 77 anni. Anche se la sua carriera scientifica era iniziata quando aveva superato i quaranta, riuscì a pubblicare oltre 70 opere, dedicate soprattutto alla botanica, alla geodesia (oggi la chiameremmo geologia), alla paleobotanica. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Dorate fioriture autunnali Quando nel 1803, Waldstein e Kitaibel crearono il genere Sternbergia per una pianta raccolta nelle pianure ungheresi, S. colchiciflora, Sternberg era appena agli inizi della sua carriera botanica (forse l'omaggio deriva dal fatto che Waldstein e Sternberg provenivano dallo stesso ambiente sociale, quello dell'alta nobiltà boema), mentre diverse specie da tempo avevano fatto il loro ingresso nei giardini e nelle pubblicazioni botaniche. La prima attestazione si deve a C. Clusius che nel 1601, in Rariorum plantarum historia, pubblicò tre specie: Narcissus autumnalis parvus ("piccolo narciso autunnale"), ovvero l'attuale Sternbergia lutea; Narcissus autumnalis minor, ovvero S. colchiciflora; Narcissus persicus, ovvero S. clusiana. L'assimilazione con i narcisi probabilmente si deve ai bulbi tunicati, che effettivamente sono piuttosto simili a quelli di questi ultimi. Linneo in Species plantarum 1753 descrisse solo la prima specie, assegnandola al genere Amaryllis, come A. lutea. La definitiva consacrazione del genere si deve a Ker Gawler che nel 1825 separò Sternbergia da Amaryllis, riprendendo al denominazione usata da Waldstein e Kitaibel per S. colchiciflora. Il genere, appartenente alla famiglia Amaryllidaceae, comprende sei-nove specie la cui area di distribuzione va dall'Europa mediterranea all'Asia centrale. Hanno fiori giallo brillante - ad eccezione della bianca S. candida - che sbocciano in autunno oppure alla fine dell'inverno. Sono caratterizzate da strette foglie lineari, che di solito spuntano insieme o dopo i fiori, e da fiori a forma di calice che superficialmente ricordano quelli dei crochi, ma hanno ovario infero e sei stami (i crochi ne hanno tre). La specie più nota è S. lutea, diffusa nel bacino del Mediterraneo (ma in molte aree è probabilmente naturalizzata, dopo una coltivazione di almeno quattro secoli), in Vicino Oriente e in Asia centrale; è una specie a fioritura autunnale a riposo estivo, che fiorisce all'inizio dell'autunno emettendo le foglie, che poi permangono durante l'inverno. Per l'inconsueto periodo di fioritura e per l'alto valore decorativo, è un'apprezzata pianta da giardino. E' presente anche nella flora italiana, che annovera una seconda specie a fioritura autunnale, S. colchiciflora, di dimensioni minori con tepali più stretti e diseguali, quelli esterni più lunghi di quelli interni. Sempre autunnale è il "gigante" del genere (gigante relativo: i fiori arrivano a 7-8 cm), S. clusiana, con fiori più grandi e vistosi, che alcuni identificano con i "gigli dei campi" del Vangelo di Matteo. Sono invece a fioritura invernale S. vernalis, nativa dell'Asia sud-occidentale e centrale, e S. candida, un raro endemismo turco con fiori bianchi. Qualche approfondimento e cenni alle altre specie nella scheda.
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November 2024
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