Quanti personaggi diversi è stato Joseph Pitton de Tournefort, il più importante botanico francese del Seicento! Seminarista scavezzacollo che scala muri per "rubare" piante; viaggiatore intrepido che sfida gli elementi, i briganti, fatiche di ogni genere, percorrendo le strade della Francia, della penisola iberica e le rotte del Levante; a soli 27 anni, professore carismatico di botanica al Jardin des plantes, forse il primo botanico professionista della storia; teorico e creatore del più diffuso sistema tassonomico prelinneano; autore rinomato per la chiarezza delle sue descrizioni, che impose definitivamente il concetto di genere; vittima di un incidente tragico che anticipa la sorte di Pierre Curie. E, ovviamente, dedicatario del linneano genere Tournefortia. ![]() Le trasformazioni del Giamburrasca della botanica Basta osservare i ritratti di Joseph Pitton de Tournefort per capire che ci troviamo di fronte a uno spirito anticonformista. In un'epoca in cui Luigi XIV aveva imposto a cortigiani e funzionari pompose parrucche e abolito barba e baffi, ostenta corti capelli ricciuti, baffi e una barba che, in alcune versioni che lo ritraggono al ritorno del viaggio in Levante, si allunga a ventaglio fino a metà petto. Non aveva paura di sfidare le convenzioni, come non aveva esitato a affrontare la verga paterna, i banditi dei Pirenei o i disagi di un viaggio dal porto di Marsiglia alle pendici dell'Ararat. Come cadetto di una famiglia della nobiltà di toga di scarse fortune, il padre lo destina al sacerdozio. Tuttavia, alle lezioni di latino e teologia impartite nel seminario dei gesuiti di Aix, sua città natale, Joseph preferisce di gran lunga la botanica, cui è stato iniziato dal farmacista Jacques Daumas. Grazie a quest'ultimo, trova un compagno di avventure in un altro allievo del collegio, di poco più giovane, Pierre Garidel. Da solo o con l'amico, sfidando le punizioni paterne marina le lezioni per battere la campagna alla ricerca di nuove piante, senza farsi intimorire da recinzioni, staccionate e muri. Un bel giorno il nostro Giamburrasca della botanica, scambiato per un ladro mentre scavalca il muro di un frutteto, viene preso a sassate dai contadini. Altrettanto proibita è la sua passione per Cartesio, un autore considerato poco ortodosso, che studia di straforo nella biblioteca paterna. Nel 1676, la morte del padre lo libera da una carriera ecclesiastica senza vocazione. Ma prima di iniziare studi seri, per festeggiare la liberazione, parte con Garidel per la prima delle sue lunghe scorribande botaniche. Sul loro cammino incontrano un altro appassionato, il frate minimo Charles Plumier, che diverrà ben presto il loro mentore e li accompagnerà nelle montagne del Delfinato e in Savoia. Nel 1679 Pitton va a studiare medicina, anatomia e botanica a Montpellier, dove rimane due anni e si lega con Pierre Magnol. Ma allo studio libresco preferisce l'esplorazione sul campo: percorre la Linguadoca, poi i Pirenei e la Spagna, che visiterà a più riprese tra il 1681 e il 1689. Nel corso di questi viaggi, compiuti ora da solo, ora con altri studiosi spagnoli e francesi, affronta disagi e pericoli di ogni tipo: rimane sepolto dal crollo del tetto di una baita, prima di essere tratto in salvo dai paesani; più volte, incontra i banditi che infestano la regione. Per non farsi derubare, nasconde il poco denaro che porta con sé in una pagnotta di pane nero, rustico e ben poco appetibile (in seguito dirà che il cibo pessimo era stato una prova peggiore dei briganti di strada). Ma intanto la sua fama di botanico ha raggiunto Parigi, e Guy Fagon, all'epoca medico della regina, lo chiama nella capitale ad assumere la cattedra di botanica al Jardin des Plantes. E' un insegnante carismatico, che richiama allievi non solo dalla Francia, ma dall'intera Europa; tra di essi, i britannici Hans Sloane e William Sherard. Non per questo cessa di viaggiare: nei mesi estivi torna in Spagna, va in Portogallo, poi in Olanda (qui gli viene offerta una cattedra alla prestigiosa università di Leida, che rifiuta) e in Inghilterra. Viaggia per studio, ma anche per incarico del re, che, impressionato dalla sua sapienza botanica, gli chiede di raccogliere esemplari per arricchire il Jardin des plantes. Intanto Tournefort progetta la stesura di una Histoire naturelles des plantes, catalogo monumentale di tutte le specie conosciute. Per incoraggiarlo in questo intento, il cancelliere Pontchartrain e suo nipote, l'abate Bignon, ne favoriscono la nomina all'Accademia delle scienze (1690); è la prima volta che questo onore tocca a un botanico, per altro privo della prescritta laurea in medicina. Per evitare di creare un precedente, Tournefort ritorna sui banchi e in due anni consegue la laurea. ![]() Il sistema di Tournefort Nel 1694 l'Accademia abbandona il costoso progetto dell'Histoire naturelle; Tournefort ripiega su un'opera più breve, destinata ai suoi studenti: Elemens de botanique ou méthode pour connaitre les plantes; proprio come l'ammirato Discours de la méthode di Cartesio, è scritto in francese, con una scelta rivoluzionaria che allarga il pubblico anche ai semplici appassionati. Corredata da 451 ottime tavole disegnate da Claude Aubriet e caratterizzata da uno stile limpido, veramente cartesiano, l'opera ottiene un enorme successo, che spinge Tournefort a tradurlo egli stesso in latino per metterlo disposizione degli studiosi europei; con il titolo Institutiones rei herbariae l'edizione latina esce a partire dal 1700. In queste opere Tournefort espone il suo sistema di classificazione delle piante, il più diffuso prima di quello di Linneo. Proprio come quest'ultimo, si tratta di un sistema artificiale, che non pretende di ricostruire l'ordine naturale del mondo vegetale (cui mirava il contemporaneo John Ray, che del sistema di Tournefort fu uno dei maggiori critici) ma di offrire un metodo "chiaro e distinto" per riconoscere e classificare le piante. Assumendo come criterio di classificazione principalmente la struttura della corolla e del frutto, il botanico provenzale descrive più di 10000 piante, raggruppandole in 22 "classi" e in 698 generi. Proprio la precisa definizione di genere (un concetto non nuovo, ma fino ad allora mai utilizzato in modo così chiaro e sistematico) è il maggiore merito di un sistema che, comunque, per la sua chiarezza e semplicità ottenne grande successo, imponendosi anche in altri paesi. Nello stesso 1694, Tournefort che ormai è il vero direttore scientifico del Jardin des plantes (Fagon, ormai divenuto primo medico del re e intendente, gli lascia mano libera), fa ripiantare le parcelle didattiche dell'orto in base al proprio sistema (che continuerà ad essere usato al Jardin des plantes fino al 1773, ovvero ancora vent'anni dopo l'uscita di Species plantarum di Linneo). Ormai il destino dell'irrequieto botanico viaggiatore sembrerebbe quello di un tranquillo accademico: ma nel 1700, su proposta di Pontchartrain, riceve l'ordine del re di partire per il Levante. Ha 44 anni, una solida posizione accademica, ma come potrebbe rifiutare un ordine del re, tanto più che risponde ai suoi più profondi desideri? E così si rimette in viaggio. Ma questa è una storia così bella che merita un post tutto per sé. Dopo due anni avventurosi, Tournefort è di nuovo a casa, con un immenso bottino. Pubblica un supplemento agli Elements aggiungendo le specie raccolte in Levante (una conferma del suo sistema, perché le nuove specie vanno tutte a inserirsi nei generi già determinati). Nel 1706 ottiene la cattedra di medicina e botanica al Collège royal; intanto attende alla revisione del resoconto del viaggio in Levante (uno dei libri di viaggio più belli e tuttora appassionanti del secolo). Ma dopo tanti viaggi, tante avventure, il destino lo attende a pochi passi dal Jardin des plantes: mentre vi si reca, viene urtato violentemente da un carretto che lo schiaccia contro un muro; perde moltissimo sangue e, dopo qualche mese di sofferenza, si spegne a 52 anni. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. ![]() La sfuggente Tournefortia Nel 1700, in Institutiones rei herbariae, Tournefort aveva reso omaggio all'amico e maestro Plumier dedicandogli il genere Plumeria. Nel 1703, il frate ricambiò il favore, battezzando Pittonia uno dei nuovi generi scoperti nei suoi viaggi nelle Antille. La dedica fu accolta da Linneo in Species plantarum (1753) che tuttavia mutò il nome in Tournefortia, facendo notare che se in Francia il botanico provenzale era noto anche con il cognome, all'estero tutti lo conoscevano con il titolo nobiliare. Tournefortia è un grande genere della famiglia Boraginaceae (o Heliotropiaceae, secondo proposte recenti), affine ad Heliotropium; a quest'ultimo tradizionalmente vengono assegnate le specie erbacee, mentre a Tournefortia le specie arbustive e i rampicanti legnosi. Una distinzione semplice, di evidenza cartesiana, ma purtroppo semplicistica, che negli ultimi anni è stata messa in discussione dalle ricerche basate sul DNA. Allo stato attuale (molto rimane da chiarire) a Tournefortia sono assegnate 100-150 specie di arbusti, alberelli e rampicanti legnosi per lo più neotropicali (dagli Stati Uniti meridionali fino al Perù); a distinguerlo da Heliotropium, più ancora che il portamento, sono l'habitat (le foreste aride per Tournefortia, le zone aride aperte e per lo più sabbiose per Heliotropium), alcune particolarità dei fiori, le infiorescenze sparse e non allargate, e soprattutto i frutti, drupe che non si dividono in mericarpi. Come non di rado avviene, le specie più note sono ora transitate in altri generi: la più diffusa, T. argentea, è ora Helitropium fortherianum. Nonostante qualche incertezza, la maggior parte delle fonti continua ad assegnargli T. gnaphalodes, un arbusto dal portamento espanso delle aree costiere della Florida e delle Antille, noto come lavanda di mare. Tra le specie più comuni T. hirsutissima, una liana ricoperta di una densa peluria che si arrampica sugli alberi delle foreste aride, diffusa in Florida, Messico, America centrale, Venezuela, Perù e Bolivia. Qualche informazione in più nella scheda.
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Nella maggior parte dei casi, i nomi delle piante vengono dedicati da botanici a altri botanici; non sono i rari i casi di dediche a sovrani, mecenati, scienziati celebri in altri campi. Ma qualche volta anche un nome botanico può essere un atto politico. Ce lo dimostra la storia del genere Casimoroa e del suo dedicatario, Casimiro Gomez. Ma in questo post faremo anche un po' di backstage su come nasce questo blog. ![]() Sulle tracce di Casimiro Per una volta parlo di me (i blogger lo fanno, ma qui in genere non succede). Qualche giorno fa, in un gruppo Internet di appassionati, ho visto la fotografia di un frutto esotico che non conoscevo, quello di Casimiroa edulis, o sapote bianco. Il primo impulso per la sottoscritta è scoprire qualcosa di più su questa pianta; ma il secondo (è ormai un riflesso condizionato) è chiedersi: "Ma chi è questo Casimiro?" E così inizia la ricerca. Il primo passo è consultare l'ottimo Verzeichnis eponymischer Pflanzennamen (Index of Eponymic Plantes Names) di Lotte Burkhardt. Leggo che il nome è stato creato nel 1825 da La Llave, che l'ha dedicato a un combattente per la libertà del Messico, Casimiro Gomez, fucilato nel 1815. Navigo un po' in Internet, e trovo informazioni contraddittorie: la maggior parte dei siti indica come dedicatario Casimiro Gomez de Ortega (importantissimo botanico spagnolo a cavallo tra Sette e Ottocento); una minoranza conferma il messicano Casimiro Gomez; qualche fantasioso tira fuori un fantomatico cardinale Casimiro Gomez Ortega. Aggiungo che l'attribuzione a Gomez de Ortega è data anche da un repertorio autorevolissimo ( di cui non faccio il nome per carità di patria). Come si scopre chi ha ragione? Semplice: si cerca di risalire alla fonte primaria. Nel caso dei nomi botanici, la fonte primaria è la pubblicazione scientifica (rivista, libro, atti di un società scientifica) in cui è comparsa l'attribuzione; spesso, anche se non sempre, gli autori spiegano le motivazioni dei nomi che creano. Nel nostro caso la fonte primaria è il secondo fascicolo di Novorum vegetabilium descriptiones, pubblicato da Pablo La Llave e Juan Martinez de Lexarza a Città del Messico nel 1825. Si tratta di un'opera importantissima, in cui vennero pubblicati generi oggi molto noti come Mina, Calibrachoa o Montanoa. C'è quindi una buona probabilità che sia disponibile in rete. Mi metto alla ricerca, ma prima di trovarlo, mi imbatto in una fonte secondaria, ovvero in uno studio scientificamente fondato che, incidentalmente, analizza alcuni aspetti del libro di La Llave e Lexarza; si tratta di un'articolo M.C. Cuevas Cardona e C. López Ramírez, Cambios de gobierno en la vida de un botanico mexicano: Maximino Martinez. Leggo con grande interesse (ne parlo sotto) in che modo i due botanici messicani giunsero a dedicare un certo numero di nuovi generi a diverse personalità, tra cui il nostro Casimiro (indubbiamente messicano, indio e martire della guerra d'indipendenza). C'è anche la traduzione in spagnolo della nota dedicatoria. Poco dopo trovo anche il fascicolo di La Lave e Lexarza (è lì, scaricabile gratuitamente, a disposizione di tutti, come Google Books). E' l'ultima conferma: ora so su quale Casimiro concentrare la ricerca. E cercando notizie su di lui, scopro anche perché per qualche sprovveduto si sia potuto trasformare in un cardinale: il povero Casimiro (povero vedrete tra poco perché) era nato in un paesino dello stato messicano di Hidalgo, El Cardonal. Basta cambiare una lettera e "Casimiro Gomez di El Cardonal" si trasforma in "El Cardenal Casimiro Gomez". Tutti i dubbi sono fugati, tranne uno: perché la gente che ha a disposizione la più grande biblioteca che mai l'umanità abbia avuto (sto parlando della rete, con migliaia e migliaia di testi, incluse le fonti primarie) la usa così male, facendo solo del copia incolla? ![]() Un martirologio botanico Il 28 settembre 1821, dopo una lotta decennale, il Messico ottiene l'indipendenza. Nel 1824 si dota di una costituzione e nasce la repubblica. Quello stesso anno Pablo La Llave e Juan Martinez de Lexarza pubblicano il primo fascicolo di Novorum vegetabilium desciptiones, cui l'anno successivo fa seguito il secondo. I due botanici vi descrivono per la prima volta diverse piante della flora messicana, tra cui anche una trentina di nuovi generi. Ferventi patrioti, intendono il loro lavoro come un atto politico: fino ad allora, la flora del nuovo mondo è stata per lo più studiata e descritta da botanici europei; una flora messicana scritta da messicani è un segnale di emancipazione, di "indipendenza" anche a livello scientifico (tanto che i due botanici non esitarono a polemizzare con un mostro sacro come Alexander von Humboldt). Ma l'intento politico e patriottico è anche più esplicito: il primo fascicolo è aperto dalla dedica all' "eterna memoria" di Miguel Hidalgo e di altri tredici patrioti morti per dare la libertà alla patria; e sono proprio loro i dedicatari della maggior parte dei nuovi generi (altri si aggiungeranno nel secondo fascicolo, tra cui proprio il nostro Casimiro Gomez). Certo ci sono anche, più tradizionalmente, un esploratore e botanico come José Mariano Mociño (dedicatario dell'oggi non più valido Mocinia), un botanico e farmacista come Antonio de la Cal y Bracho (dedicatario di Calibrachoa) oppure qualche personalità del Messico indipendente come lo storico José de Mier, autore dell'Historia de la revolución de Nueva España. Ma la parte del leone la fanno i martiri, gli eroi della patria, famosi come Hidalgo o oscuri come Casimiro Gomez. E veniamo finalmente a Casimiro. Era un indio otomì, nato a El Cardonal nello stato di Hidalgo; di famiglia poverissima, da bambino accompagnava i mulattieri che trasportavano vari tipi di materiali a Città del Messico. Adattato da uno spagnolo, visse nella capitale fino al 1810, quando, scoppiata la guerra di indipendenza, ritornò nel villaggio natale e organizzò la lotta degli indigeni contro gli spagnoli. Rivelò notevoli doti militari nelle azioni di guerriglia, tanto da vedersi riconosciuto il grado di colonnello. Tuttavia nel 1813, come luogotenente di Villagrán, quando questi venne sconfitto preferì arrendersi in cambio dell'indulto per sé e i suoi uomini. Appena liberato, ritornò sulle montagne e riprese la lotta, ma fu catturato e sconfitto dagli spagnoli nel 1815; questa volta, i realisti non ebbero pietà: Casimiro Gomez fu fucilato, quindi decapitato; il suo capo, come macabro monito e trofeo, fu esposto a un albero del burrone di Santa Monica, teatro di alcune delle sue imprese. Ma lasciamo la parola a La Llave e Lexarza e leggiamo la dedica: "A Casimiro Gómez, nato a El Cardonal, della tribù otomì. uomo sobrio e temperato, sagace e coraggiosissimo in guerra, che disprezzando le comodità e vestendosi umilmente come i suoi soldati, unicamente con un pugno di guerriglieri otomì condusse innumerevoli e gloriosissime azioni per il bene della patria". Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. ![]() La dolce (e soporifera) Casimiroa Certo non conciliava il sonno delle truppe realiste spagnole il glorioso guerrigliero indio Casimiro Gomez, come fanno i frutti di una delle piante che ne portano il nome. Il genere Casimiroa appartiene alla famiglia delle Rutaceae come gli aranci e i limoni, tuttavia i suoi frutti non sono esperidi (come nel genere Citrus), ma drupe. Comprende una decina di specie arboree native dell'America centrale e dell'altopiano messicano. La più nota è C. edulis, nota come sapote bianco (sapote blanco) o matasano; quest'ultimo nome ("uccide le persone sane") fa riferimento ad alcune tossine presenti nei semi, che contengono alcaloidi dall'effetto sedativo. Il frutto, più o meno della dimensione di un'arancia, ha una polpa estremamente zuccherina, con un sapore che viene descritto come simile a quello del mango o della pesca, con sentori di mandorla. Oltre che in Messico e in America centrale, è coltivato commercialmente in Florida e in California (dove fu introdotto da monaci francescani), nei Caraibi, alle Hawaii, in Sud Africa, in Nuova Zelanda e in Australia. Relativamente rustico, di crescita veloce e decorativo per il bel fogliame sempreverde, con una buona resa di frutti, è occasionalmente coltivato anche da noi. Qualche approfondimento nella scheda. |
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Dal 1 dicembre, si può sfogliare il Calendario dell'Avvento 2024 "Spezie di Natale"
https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
February 2025
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