Napoleone è appena stato sconfitto e relegato all'Elba, quando sir Joseph Banks e il suo capo giardiniere William Townsend Aiton approfittano della pace ritrovata per inviare a caccia di piante i primi due "raccoglitori dei re" James Bowie e Allan Cunningham. Dopo una breve puntata in Brasile, il primo dovrà andare a raccogliere in Sud Africa, il secondo in Australia. La ripresa della guerra prolunga il soggiorno brasiliano e solo nel 1816 i due si dividono per raggiungere le destinazioni finali. In questo primo post seguiamo le avventure sudafricane di James Bowie, ricchissime di scoperte, finché il malcapitato botanico scopre sulla propria pelle che cosa succede quando, morto un re, se ne fa un altro. Da botanico del re cerca allora di rimettersi sul mercato come cacciatore di piante indipendente, ma l'impresa gli riuscirà solo per breve tempo. A ricordarlo la curiosissima Bowiea volubilis, oggi assai ricercata da appassionati e collezionisti. Australia, Sudafrica via Brasile Il 3 maggio 1814 lo sconfitto Napoleone sbarca all'Elba da una nave da guerra britannica. Per l'Europa è arrivato il momento della pace? Ne è convinto il capo giardiniere di Kew William Townsend Aiton che il 29 maggio ricorda a sir Joseph Banks che prima di ammalarsi re Giorgio III aveva espresso la volontà di inviare dei raccoglitori per incrementare le collezioni dei giardini reali e gli suggerisce di discuterne con il principe reggente. Il 7 giugno Banks risponde che la pace con la Francia ha riaperto la possibilità, e aggiunge che l'imperatore d'Austria ne sta già approfittando per spedire in giro i raccoglitori di Schönbrunn, l'unico vero rivale di Kew. Se il Reggente acconsentirà, ha già individuato tre possibili mete: il Capo, Buenos Aires e il Nuovo Galles del sud. Da parte sua, Aiton ha già in mente le persone adatte: due giovani giardinieri molto preparati che ha istruito lui stesso: James Bowie e Allan Cunningham. Alla fine le mete scelte sono due: il Sudafrica e l'Australia, con tappa intermedia in Brasile. Ci vuole ancora qualche mese per ottenere l'autorizzazione sia del Reggente, sia del governo portoghese. Terminati i preparativi, il 29 ottobre 1814 i "raccoglitori del re per Kew" Bowie e Cunningham si imbarcano sulla HMS Duncan alla volta di Rio de Janeiro, dove sbarcano il 29 dicembre. Dovrebbero fermarsi pochi mesi, ma la ripresa della guerra in Europa in seguito alla fuga di Napoleone dalla Elba cambia tutto: le comunicazioni intercontinentali sono di nuovo difficili e Banks usa tutto il suo prestigio per convincere i portoghesi a concedere ai suoi raccoglitori il permesso di addentrarsi nell' interno del paese, fino ad allora chiuso agli stranieri. Nei dintorni di Rio Bowie e Cunningham hanno trovato una ricca messe di piante e hanno già cominciato a inviare in patria esemplari d'erbario, semi e occasionalmente piante vive, che i francesi lasciano passare benevoli sempre grazie al prestigio internazionale di Banks. Nel aprile 1815 partono per Sao Paulo, che raggiungono dopo un mese di difficile viaggio a dorso di mulo. Si trattengono in questa regione che sono i primi europei ad esplorare per circa quattro mesi, per poi rientrare a Rio ad agosto. Dedicano l'autunno e l'anno successivo di nuovo ai dintorni di Rio, con escursioni a breve raggio nelle località più promettenti, in particolare alla Serra dos Orgãos, famosa per la sua ricchezza di biodiversità vegetale e animale. Se nelle zone più aride hanno raccolto soprattutto cactacee (sono loro a "scoprire" Rhipsalis grandiflora, Hatiora salicornioides e lo splendido Rhodocactus grandifolius), ora è la volta di bromeliacee e orchidee. Quelle che inviano a Kew sono soprattutto "piante da stufa", ovvero da serra calda. I loro apporti più noti sono la glossinia Sinningia speciosa e Jacaranda mimosifolia. Nel giugno 1816 arriva l'ordine di Banks di lasciare il Brasile e di imbarcarsi per le mete finali con la "primissima opportunità", ma, soprattutto per insistenza di Bowie che vuole completare l'esplorazione della Serra dos Orgãos, si trattengono ancora qualche mese. Infine, il 28 settembre 1816 entrambi si imbarcano per le rispettive destinazioni: Cunningham sulla Surry alla volta di Port Jackson (ovvero l'attuale Sideney) - dove lo raggiungeremo in un prossimo post -, Bowie sulla Mulgrave Castle per il Capo, dove sbarca il 1 novembre. Quattro grandi spedizioni e un triste declino James Bowie (ca. 1789–1869), londinese, era figlio di un mercante di seta di Oxford Street. Intorno al 1810, a circa vent'anni, era stato assunto come giardiniere ai Kew Gardens, dove dunque prima di imbarcarsi per il Brasile aveva lavorato per quattro anni, venendo formato dalla stesso Aiton non solo in orticoltura, ma nelle migliori tecniche di raccolta e conservazione gli esemplari. Era un naturalista entusiasta e scrupoloso, ma, forse agli occhi di Banks, fino troppo intraprendente (e indipendente). Anche se aveva lasciato il Brasile con qualche rimpianto, il Sud Africa appariva ai suoi occhi ancora più promettente: "Nessun luogo è così produttivo del Capo di Buona Speranza [...]. Le piante di questo paese sono belle all'estremo e adatte alla conservazione". Banks la pensava nello stesso modo e non a caso aveva spedito qui il suo primissimo raccoglitore, Francis Masson, nell'orami lontano 1772; senza contare che le sudafricane, a differenza delle brasiliane, non erano "piante da stufa", ma specie rustiche o semirustiche, quindi più adatte alla coltivazione in giardino. Erano passati vent'anni da quanto Masson aveva lasciato definitivamente il Sudafrica, ed era ora di riallacciare quel filo interrotto dalla guerra, in una situazione politica per altro molto più favorevole, visto che nel 1797 gli inglesi avevano occupato la colonia del Capo e nel 1806 l'avevano annessa formalmente. Per circa un anno, Bowie erborizzò nei dintorni di città del Capo, finché nel marzo 1818 intraprese la prima spedizione nell'interno. Muovendosi a poca distanza della costa lungo quella che oggi è nota come Garden Route, esplorò la provincia del Capo occidentale, caratterizzata da clima mediterraneo con estati calde e asciutte e inverni miti e umidi, toccando successivamente Caledon, Gourits River, Great Brak River, George, Kaaimans River, Swart River, Goukamma e raggiungendo la costa a Knysna. Qui fece la conoscenza con George Rex, un ex funzionario britannico interessato alle scienze naturali che possedeva una fattoria detta Melkhoutkraal, che sarebbe diventata la sua base operativa nelle spedizioni successive. Quindi rientrò a Cape Town il 14 gennaio 1819. Si stabilì così una specie di routine: Bowie trascorreva i mesi estivi (ricordiamo che ci troviamo nell'emisfero sud, con stagioni invertite) caldi e asciutti, il periodo di stasi delle fioriture, a Città del Capo per preparare e spedire a Londra le raccolte di esemplari, semi, bulbi; all'inizio dell'autunno, ripartiva rientrando all'inizio dell'estate successiva. E' la falsariga della seconda spedizione (9 aprile 1819-22 gennaio 1820), durante la quale, dopo una sosta a Melkhoutkraal, si spinse fino a Plettenberg Bay, rientrando poi a Cape Town insieme a George Rex. Per la spedizione del 1820, ritornò a Knysna, dove fu ospite di Rex da marzo a settembre, quindi si mosse verso est fino ad Avontour, quindi a Uniondake nella Lang Kloof che separa la provincia del Capo occidentale da quella del Capo orientale; cambia anche il clima e ovviamente la vegetazione: dalla regione con piogge invernali, si passa a quella con piogge estive e inverni secchi e soleggiati, ma anche freddi di notte. Il viaggio proseguì per Uitenhage, Algoa Bay (l'attuale Port Elizabeth), Kowie, Grahamstown, quindi di nuovo Algoa Bay dalla quale Bowie rientrò a Cape Town il 29 gennaio 1821. La quarta e ultima spedizione fu la più lunga, occupando circa un anno e mezzo. Il suo punto di partenza fu quello di arrivo della spedizione precedente, Algoa Bay. Partitone nel giugno 1821, Bowie si diresse verso nord, toccando Graaff-Reinet e Eerste Poort, le località più settentrionali dei suoi viaggi. Rientrato a Algoa Bay, ne ripartì all'inizio del 1822. A febbraio a Uitenhage incontrò il botanico tedesco G.L.E. Krebs che aiutò a impacchettare bulbi e succulente. Una puntata ad est lo portò fino al Kowie River, l'estremo punto orientale delle sue spedizioni. Nel viaggio di ritorno toccò Avontuur, Van Stadens e Knysna, dove trascorse di nuovo tre mesi a casa di Rex, prima di rientrare a Cape Town il 4 dicembre 1822. Lo attendeva un'amara sorpresa. Nel 1820 erano morti sia Banks sia Giorgio III; per il nuovo sovrano Giorgio IV (il principe reggente che abbiamo incontrato all'inizio di questa storia), pochissimo interessato a piante e giardini, Kew cessava di essere una priorità; i fondi destinati ai Kew Gardens vennero dimezzati e fu deciso di richiamare uno dei due "raccoglitori del re", ovvero il nostro Bowie. Il motivo? "La mancanza di applicazione". Eppure egli era un raccoglitore formidabile, e le sue raccolte erano eccellenti per qualità e imponenti per quantità. I motivi veri erano altri: in primo luogo aveva dimostrato di essere troppo indipendente, di voler fare di testa sua, scegliendo in autonomia mete ed itinerari; in secondo luogo aveva preso due abitudini deprecabili agli occhi dei burocrati britannici: per arrotondare il magro salario vendeva sottobanco ai ricchi borghesi di Cape Town vistosi esemplari di piante molto richieste, come le Cycadaceae, le Strelitziae e i Crinum; per mantenere segreti i luoghi di raccolta, nelle note inviate a Kew li indicava in modo approssimativo o anche errato. Bowie dovette rassegnarsi a lasciare il Sudafrica. Non fu licenziato, ma assegnato all'erbario di Kew. Dopo otto anni di viaggi avventurosi e appassionanti, si sentiva stretto nei panni di botanico da scrivania. Sfogava la sua frustrazione nei bar e nei pub, raccontando ai compagni di bevute le sue mirabolanti avventure in Brasile e Sudafrica, magari stupendoli con un enorme serpente impagliato o altre bestie. Il suo unico sogno era tornare in Sudafrica, ma come raccoglitore indipendente. Ce ne informa nei particolari un breve articolo pubblicato all'inizio del 1827 sull'Edinburgh Journal of Science. L'autore (si tratta di William Jackson Hooker) esprime il suo rammarico per un provvedimento che ha rattristato "chiunque abbia a cuore la botanica", attesta l'eccellente qualità delle raccolte di Bowie, che ha potuto esaminare di persona a Kew; quindi scrive: "È ora suo [di Bowie] proposito tornare al Capo, ed esplorare di nuovo l'interno a proprio rischio, in cambio di un compenso per le sue grandi spese, nell'intento di mettere ciò che potrà raccogliere a disposizione dei naturalisti di questo paese". Segue un dettagliato prezzario: esemplari d'erbario, 2 sterline e 10 scellini il centinaio; semi, 5 sterline per cento dozzine; bulbi, come Ixia e simili, 10 scellini il centinaio; per quelli grandi, da 1 a 2 scellini e 6 centesimi l'uno; piante vive, 2 scellini e 6 centesimi l'una (per le piccole succulente, vale l'offerta tre per uno); Strelitziae, Zamiae e piante di dimensioni simili, 5 scellini l'una. Per le specie nuove si applica una maggiorazione. Grazie a questa inserzione e all'interessamento di amici come lo stesso Hooker, nell'aprile 1827 Bowie riuscì a ripartire per il Sudafrica e per qualche anno riprese le sue raccolte come cacciatore di piante free lance, inizialmente con qualche successo. Era anche un membro attivo della comunità scientifica della Colonia: fu tra i soci fondatori della South African Institution, la primissima società scientifica del Sudafrica, di fronte alla quale nella seduta del 31 agosto 1829 sostenne la necessità di creare un orto botanico a Cape Town dove le piante, in attesa di essere spedite in Europa, potessero essere acclimatate e studiate. Nel corso di tre sedute successive, presentò anche tre interventi intitolati "Sketches of the botany of South Africa", uno dei quali fu pubblicato da W. Bridekirk e rappresenta la prima guida della flora del Capo mai pubblicata. Considerato una specie di autorità, la cui conoscenza della flora del Capo era ritenuta senza pari, veniva anche consultato da ricchi proprietari di giardini, come il barone C.F.H. von Ludwig, che, quando la sua impresa fallì verso la metà degli anni '30, lo assunse come sovrintendente del proprio giardino. Sempre inquieto, lavorò alle sue dipendenze fino al 1841, quando riprese a viaggiare nell'interno a caccia di nuove piante; non ne aveva più né l'età né la fibra, anche perché "le sue abitudini erano tali da interferire con i suoi progetti" (dietro questa reticente formula vittoriana del Journal of botany si cela l'alcolismo). Si ridusse in estrema miseria, finché per carità Ralph H. Alderne lo assunse come giardiniere del suo giardino di Clarment. Bowie morì a Wynberg all'età di circa 80 anni. Una pianta più curiosa che bella? Hooker non era il solo ad apprezzare il lavoro di Bowie. Tra coloro che più si erano giovati dei suoi invii di succulente, c'era Adrian Haworth che nel 1824 denominò in suo onore Bowiea africana una delle piante da lui raccolte nell'ultima spedizione. La denominazione non è valida e oggi si chiama Aloe bowiea, conservando l'omaggio nell'epiteto. Un altro estimatore di Bowie era W. H. Harvey che, essendo stato ridotto Bowiea Haw. a sinonimo di Aloe, decise di recuperare il nome con una motivazione assai elogiativa che è anche un omaggio postumo a un uomo tanto bistrattato dalla sorte: "in molti anni di paziente lavoro nell'interno del Sudafrica ha arricchito i giardini europei con una varietà di succulente molto più ampia di qualsiasi altro viaggiatore in precedenza". Sono inoltre circa una ventina le specie, tanto brasiliane quanto sudafricane, che si fregiano degli epiteti bowiei e bowieanus; tra di esse Oxalis bowiei, Eriospermum bowieanum, Aspalathus bowieana. Bowiea Harv. ex Hook.f. (famiglia Asparagaceae) è un genere monotipico, rappresentato unicamente dalla sudafricana B. volubilis. Hooker figlio, che la pubblicò dopo la morte di Harvey, non la apprezzava più di tanto, ma ne era incuriosito; infatti scrive: "Per quanto possegga poca bellezza, è certamente una delle piante più curiose mai introdotte in Europa". E' proprio questa stranezza a farla oggi apprezzare dai collezionisti di bulbose e succulente. Affine a Drimia o Albuca, possiede un grande bulbo di colore verde chiaro che generalmente affiora dal terreno, rimanendo in gran parte scoperto, da cui nella stagione vegetativa emerge un fusto volubile molto ramificato che può raggiungere anche i tre metri. Le foglie che sono prodotte soprattutto vicino al bulbo in genere cadono poco dopo la nascita, mentre la funzione clorofilliana è svolta dal fusto e dai rami. Oltre che in Sudafrica, è presente in altri paesi adiacenti dell'Africa sud-orientale, dove cresce soprattutto in aree semiaride con piogge estive; in dormienza in inverno, con le prime piogge produce un fusto che cresce molto rapidamente. In primavera sbocciano anche i fiori, poco appariscenti e verdastri, seguiti a fine estate da capsule brunastre. Nel tardo autunno la pianta secca totalmente e entra in riposo. Di crescita lentissima (il bulbo può raggiungere il 15 cm di diametro, ma per farlo gli occorrono 25 anni) richiede coltivatori pazienti. In Sudafrica è diventata rara per l'eccessiva raccolta come pianta medicinale utilizzata per curare varie affezioni; le sono attribuite anche proprietà magiche come rendere i guerrieri coraggiosi, proteggere i viandanti, assicurare l'amore. Eppure è una pianta velenosissima tanto per gli uomini quanto per gli animali. Altre informazioni nella scheda.
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Aver partecipato a un viaggio intorno al mondo non bastava a spegnere la sete di conoscenza di Georg Heinrich von Langsdorff, uno dei naturalisti della spedizione Krusenstern. Così, invece di completare la circumnavigazione con i suoi compagni, al ritorno dal Giappone preferì andarsene in Alaska, e da lì in California, da dove rientrò in Russia due anni dopo gli altri, non senza aver attraversato a piedi la Siberia. Ce n'era abbastanza per gettare le basi di una brillante carriera accademica, ma quando gli si presentò l'occasione di andare in Brasile come rappresentante diplomatico dell'Impero russo, sentì irresistibile il richiamo di quel paradiso dei naturalisti che durante la spedizione Krusenstern aveva appena potuto intravvedere. In Brasile, dove sarebbe rimasto 17 anni, fondò una fazenda e la trasformò in un centro d'attrazione per i numerosi naturalisti che visitavano il paese; sostenne e sponsorizzò alcune spedizioni, ad altre partecipò di persona, come quella che lo vide esplorare lo stato di Minas Gerais insieme a Augustin de St. Hilaire. Ma soprattutto organizzò e diresse un'epica spedizione da Sao Paulo a Parà, sul Rio delle Amazzoni (1822-28), che purtroppo gli costò la salute fisica e mentale. Riportato dai suoi in Germania, visse ancora a lungo, ma, privo di senno, non ricordava neppure di essere stato in Brasile. Purtroppo per la scienza, ciò significò che le sue enormi collezioni giacquero dimenticate e inedite nei magazzini di varie istituzioni russe per oltre un secolo. Non era stato dimenticato però nella tassonomia botanica, dove lo ricorda il singolare genere parassita Langsdorffia. Fame in Alaska e una deludente visita a San Francisco La nostra storia inizia in un albergo di Copenhagen, in una giornata di fine agosto 1803. L'albergatore informa un cliente appena arrivato che proprio lì alloggiano alcuni ufficiali delle navi Nadežda e Neva. Quel viaggiatore è il medico tedesco Georg Heinrich von Langsdorff; qualche mese prima, quando ha saputo della spedizione, ha presentato la sua candidatura come naturalista, ma, nonostante le raccomandazioni, essa è stata respinta. Gli è stato detto che un naturalista c'è già (lo conosciamo, è Wilhelm Gottlieb Tilesius). Ma Langsdorff non è tipo da rassegnarsi; si è precipitato a Copenhagen per perorare la sua causa e ora il caso l'ha condotto nel posto giusto. Gli sembra un auspicio fortunato che lo incoraggia a presentarsi all'ambasciatore Rezanov il quale lo ascolta benevolo e lo accompagna dal comandante Krusenstern. Anche il capitano si convince, e Langsdorff diventa il secondo naturalista della prima circumnavigazione russa del globo. Al momento, aveva sono 29 anni, ma non era un novellino; era stato in Portogallo come medico militare, aveva visitato Londra e Parigi. Come il suo contemporaneo Humboldt, era posseduto dal sacro fuoco della ricerca e quel viaggio intorno al mondo sembrava fatto per lui. La realtà però si dimostrò inferiore alle aspettative: pochi soggiorni a terra, nessun aiuto nelle ricerche, difficoltà a preparare e conservare adeguatamente gli esemplari in quei climi estremi, la rivalità latente con il più anziano Tilesius. Così, quando si presentò l'occasione di abbandonare la spedizione per nuovi orizzonti, non ebbe molte esitazioni. Come ho già raccontato in questo post, dopo sei mesi di semi prigionia in Giappone (Langsdorff li aveva passati a studiare e descrivere pesci), nel giugno 1805 la Nadežda giunse in Kamčatka dove l'ambasciatore Rezanov trovò l'ordine di recarsi ad ispezionare gli avamposti russi in Alaska. Chiese dunque a Langsdorff di accompagnarlo come medico personale; il tedesco, nonostante temesse di offendere l'ottimo comandante Krusenstern, non poté resistere alla prospettiva di visitare quelle regioni remote, selvagge e quasi ignote alla scienza. Si imbarcò così con Rezanov e i suoi accompagnatori sulla Maria, alla volta prima delle Aleutine, poi di Sitka (o Novoarchangelsk). Nell'America russa trovarono una situazione allarmante, peggiorata dal loro stesso arrivo; le provviste incominciavano a scarseggiare e sempre più persone si ammalavano di scorbuto. Nel porto di Sitka giunse però, in cerca di acqua e del legname necessario per riparazioni, il mercantile americano Juno. Rezanov e il governatore Baranov lo acquistarono completo di tutte le attrezzature e lo inviarono a Kodiak per provvedere alle esigenze più immediate. Ma non bastò. Ormai la situazione era drammatica e peggiorava di giorno in giorno. Rezanov decise così di andare a cercare provviste a San Francisco, in California, che all'epoca consisteva di una missione francescana e di un presidio militare spagnolo. Ovviamente, Langsdorff lo accompagnò. Partita da Sitka alla fine di febbraio 1806, un mese dopo la Juno faceva il suo ingresso nel Golden Gate e, grazie al fascino e all'abilità diplomatica di Rezanov, a maggio ne ripartiva con le stive piene di provviste. La colonia era salva, ma Langsdorff ne aveva avuto abbastanza dell'America russa. Durante la sosta in California, aveva dovuto limitarsi a visitare i dintorni della missione; l'unica volta che era riuscito ad allontanarsi per un'escursione di tre giorni, al suo ritorno aveva trovato gli animali da lui catturati morti e tutte le piante spazzate via dalle onde. Obbligato a trascorre quasi tutto il suo tempo a bordo, senza alcun aiuto nelle ricerche naturalistiche, venne boicottato in tutti i modi (alcune pelli che aveva posto a seccare sul ponte furono gettate vie e la carta usata per essiccare le piante finì inavvertitamente nel fuoco). Alle sue proteste, gli era stato obiettato che era lì per fare il medico e l'interprete (grazie al portoghese e al latino, che gli permetteva di comunicare con i frati). Decise così che, appena rientrato a Sitka, avrebbe chiesto di andarsene sulla prima nave. Cosa che fece imbarcandosi il 18 giugno sulla Rostislav insieme al capitano Wolfe, l'ex comandante della Juno, con cui aveva stretto amicizia. L'imbarcazione era molto piccola e lenta ed arrivò in Kamčatka solo a settembre. Langsdorff dovette rassegnarsi a trascorrervi l'inverno. Nel frattempo, anche Rezanov aveva lasciato Sitka a bordo della Juno, molto più veloce, ed era arrivato a Okhotsk a settembre, proseguendo immediatamente per San Pietroburgo; gli premeva di arrivare al più presto perché a San Francisco si era innamorato, ricambiato, della figlia del comandante del presidio spagnolo, e per sposarla era necessario il permesso dello zar. Ma durante il viaggio si era ripetutamente ammalato e a marzo dell'anno successivo era morto a Krasnojarsk. Non appena sbarcato a sua volta a Okhotsk a giugno, Langsdorff ne fu informato e probabilmente si pentì di aver abbandonato il suo protettore quando aveva più che mai bisogno di lui, tanto che volle andare a rendere omaggio alla sua tomba. Dopo aver attraversato la Siberia a piedi, nel marzo 1808 era finalmente a San Pietroburgo, dove avrebbe potuto intraprendere una tranquilla vita di accademico. Brasile: una fazenda modello Il destino e la sua sete di avventure e conoscenza decisero altrimenti. Nel 1808, quando il suo paese fu invaso dai francesi, il re del Portogallo Giovanni VI aveva trovato rifugio con la sua corte in Brasile, stabilendosi a Rio. Nel 1812 lo zar decise di inviare un console a Rio de Janeiro e la sua scelta cadde su Langsdorff, che parlava perfettamente il portoghese e oltre che medico e naturalista era anche barone, e ormai suddito russo, con il nome russificato Grigorij Ivanovič Langsdorf. Era un'opportunità favolosa. Le frontiere del Brasile fino ad allora erano rimaste chiuse agli stranieri e i suoi immensi tesori naturalistici erano quasi totalmente sconosciuti alla scienza. Langsdorff, che ne aveva avuto un misero assaggio durante lo scalo della spedizione Krusenstern a Santa Catalina, era al settimo cielo. Deciso ad unire ai doveri diplomatici l'esplorazione scientifica, fece venire a San Pietroburgo come suo assistente il giovane zoologo Georg Wilhelm Freyreiss e partì con lui per il Brasile; obbligati a passare l'inverno in Svezia, giunsero a Rio solo nel 1813. Nel 1816 Langsdorff acquistò una proprietà a nord della capitale, nei pressi di Porto Estrella, con l'intenzione di trasformarla in una piantagione modello; chiamata Mandioca, era basata sulla policoltura di manioca, caffè (fu tra i primi a coltivarlo), miglio, batate, indaco e noce moscata e sull'impiego di tecniche agricole d'avanguardia. All'inizio era lavorata da schiavi, ma Langsdorff, deciso a sostituirli con salariati europei, tra il 1820 e il 1821 fece un viaggio in Europa per promuovere l'emigrazione di coloni in Brasile. A Mandioca portò poi con sé un gruppo di tedeschi, che ebbero difficoltà ad adattarsi e finirono per rivoltarsi e furono sostituiti da coloni svizzeri. Dopo la partenza di Langdsdorff per la sua grande spedizione, nel 1826, la piantagione fu espropriata, ma nei suoi dieci anni di vita fu un centro d'attrazione per i numerosi naturalisti europei che visitarono il paese, spesso proprio su invito o stimolo di Langsdorff, che l'aveva dotata di una eccellente biblioteca naturalistica, di un museo della flora e della fauna locale e di un curatissimo giardino botanico. A visitarla furono tantissimi: oltre alla coppia reale costituita dall'imperatore Pedro I e da sua moglie Leopoldina d'Asburgo, protettrice delle scienze, tra loro troviamo Friedrich Sellow, von Martius e von Spix, il Principe Maximilian Alexander Philipp zu Wied-Neuwied, William Swainson, Augustin Saint-Hilaire. Inoltre, alternava all'attività diplomatica e alla gestione della piantagione brevi spedizioni nei dintorni di Rio. Finanziò la spedizione di Freyreiss e Sellow nel Nordeste e tra il dicembre 1816 e il marzo 1817 esplorò insieme a Saint Hilaire la provincia di Minas Gerais. Il suo sogno era però una grande spedizione nelle inesplorate regioni dell'interno. Nel giugno 1821, al termine del viaggio europeo, andò a San Pietroburgo a presentare il suo progetto al vice cancelliere Nasselrode e allo zar Alessandro I, che garantì il suo appoggio e larghi mezzi finanziari. Una grandiosa e sfortunata spedizione A Langsdorff venne lasciata carta bianca nella scelta dell'itinerario e nell'organizzazione; rimase in Europa fino alla fine dell'anno, per acquistare l'equipaggiamento necessario e ingaggiare un'équipe di eccellenti specialisti. Ne facevano parte il botanico prussiano Ludwig Riedel, l'ufficiale cartografo russo Nester Gavrilovič Rubcov, lo zoologo francese Edouard Ménétries e il pittore bavarese Johann Moritz Rugendas. Tra i partecipanti, anche Karl von Drais, l'inventore della bicicletta, in qualità di agrimensore. Preceduto da Riedel, che si trovava già in Brasile, e da Rubcov, giunto a Rio in avanscoperta nel febbraio 1822, Langsdorf partì da Brema alla fine del 1821, insieme a Ménétries, Rugendas e 85 coloni tedeschi e giunse a Rio a marzo dell'anno successivo. Trattenuto nella capitale per i suoi doveri diplomatici in un momento delicato della vita politica brasiliana, poté dedicarsi all'organizzazione della spedizione solo all'inizio del 1824. Ottenuta l'autorizzazione imperiale a febbraio, la spedizione si mise in cammino all'inizio di maggio. Il progetto iniziale di Langsdorff era viaggiare in direzione nord seguendo il fiume Paraiba nella regione mineraria di Minas Gerais, per poi proseguire verso le province di Goais e Mato Grosso. Ma la strada diretta tra Minas Gerais e Mato Grosso risultò impraticabile per una spedizione di quelle proporzioni; inoltre Rugendas e Ménétries rifiutarono di continuare, per dissensi personali con Langsdorff. Fu gioco forza ritornare a Rio; qui i defezionisti furono sostituiti dal giovane zoologo prussiano Christian Friedrich Hasse e da due artisti francesi, Aimé-Adrien Taunay e Antoine-Hércule Florence. La spedizione poté ripartire solo nella seconda metà del 1825; mentre Riedel e Hasse si dirigevano a Sao Paulo via terra, gli altri si imbarcarono per il Porto di Santos, da dove avrebbero raggiunto Sao Paulo. Dopo diversi mesi trascorsi a esplorare quella provincia, nel giugno 1826 gli esploratori si imbarcarono a Porto Feliz per risalire il fiume Tietê fino a Cuiabá, la capitale del Mato Grosso, dove giunsero a gennaio 1827 e stabilirono il quartier generale fino a novembre. A questo punto si divisero in due gruppi: il primo, che comprendeva Langsdorff, Rubcov e Florence, si mosse verso nord per raggiungere Santarém sul Fiume delle Amazzoni, dove in effetti giunsero il 1 giugno 1828. Ma lungo la strada tutti si ammalarono di febbri tropicali, compreso il barone, che incominciò a dare segni crescenti di follia e nel maggio 1828, mentre si trovavano sul fiume Juruena, perse la memoria. L'altro gruppo, con Riedel e Tauney, risalì il fiume Guaporé, dove Tyaney annegò nel gennaio 1828; quindi continuarono lungo i fiumi Mamoré e Madeira fino a Manaus, dove li raggiunse l'ordine di andare al porto di Belem, sull'Atlantico, dove i due gruppi si ricongiunsero e si imbarcarono per Rio. Vi arrivarono nel marzo 1829, dopo aver percorso oltre 6000 km. Il barone Langsdorff versava in uno stato di estrema prostrazione fisica e di disordine mentale; mentre Pieter Kielchen, il viceconsole russo, provvedeva a spedire a San Pietroburgo i materiali raccolti (i più interessanti sono le testimonianze etnografiche sui numerosi popoli indigeni incontrati), insieme alle collezioni e ai manoscritti di Langsdorff, egli fu ricondotto in Germania da un amico. Visse ancora vent'anni, senza mai recuperare il senno e la memoria. Non ricordava neppure un giorno di quelli passati in Brasile. Per una sintesi della vita, si rimanda come al solito alla sezione biografie. Il frutto delle sue ricerche subì lo stesso destino. La sua spedizione e il suo contributo alla conoscenza della natura brasiliana furono dimenticati. Le raccolte finirono a Pietroburgo, disperse tra i magazzini del Museo Etnografico, del Museo Navale, del Museo Zoologico e dell'Accademia delle Scienze, i manoscritti non furono pubblicati fino al 1948, quando ne uscì una parziale edizione russa. Solo il bicentenario della nascita, nel 1974, celebrato con un convegno internazionale, ha portato alla riscoperta di questa eccezionale figura. Da quel momento l'interesse per l'opera di Langsdorff non ha fatto che crescere, come dimostra anche una splendida mostra tenutasi a Brasilia nel 2010, che ha permesso per la prima volta di vedere molti degli spettacolari acquarelli realizzati dai tre pittori della spedizione. E' una pianta o un fungo? Certamente non lo avevano dimenticato i tanti botanici di cui fu mentore e generoso ospite a Mandioca. Due di loro vollero ricordarlo con la dedica di un genere Langsdorffia (o Langsdorfia): nel 1814 von Martius, che visitò la tenuta insieme a von Spix prima di partire per l'Amazzonia; nel 1820 l'italiano Raddi, che lo incontrò alla fine del 1817 e forse esplorò con lui i dintorni di Rio. Si aggiunsero nel 1821 il frate Leandro do Sacramento, futuro direttore dell'orto botanico di Rio; nel 1832 Willdenow, nel 1836 Rafinesque, nel 1863 Regel. Ovviamente ad essere valido è solo il primo, Langsdorffia Mart., un genere davvero singolare della curiosa famiglia di piante parassite Balanophoraceae. A prima vista, le infiorescenze della specie tipo, Langsdorffia hypogea, ricordano singolarmente la cappella di un fungo color rosso vino sorretto da un gambo terroso; come la Rafflesia, che appartiene a una famiglia diversa ma vive nel medesimo habitat, il sottobosco delle foreste umide, è visibile solo in fioritura, quando dal tubero sotterraneo emergono i fiori unisessuali; le infiorescenze maschili e femminili hanno una struttura simile, un corpo semisferico circondato da brattee, ma le prime sono più grandi. Incapaci di sintetizzare la clorofilla, traggono i nutrienti dalle radici di altre piante, installandosi anche piuttosto in profondità; infatti, nello stato di Manais Gerais, oltre che nelle foreste, sono reperibili anche in caverne e miniere abbandonate. Un'altra curiosità di questo genere singolare è la distribuzione disgiunta: due specie sono americane, una vive in Madagascar, una in Papua-Nuova Guinea (dove convive appunto con Rafflesia). Qualche approfondimento nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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