La carriera accademica di Pierre Magnol, uno dei più grandi botanici del Seicento, decollò solo quando egli aveva abbondantemente superato la cinquantina. Due gli ostacoli: la sua appartenenza alla perseguitata minoranza protestante e una cricca familiare onnipotente che monopolizzava le cattedre e la direzione dell'orto botanico più antico di Francia. Curioso che a questa vittima del familismo si debba il concetto di famiglia botanica. Ma a ricompensarlo con gli interessi c'è la dedica del magnifico genere Magnolia. ![]() Una carriera a ostacoli Nella Francia dell'Ancien Régime erano migliaia le magistrature e gli incarichi distribuiti secondo il sistema della venalità delle cariche: si compravano, si vendevano, si ereditavano (previo il versamento di una tassa più o meno modica, la Paulette). A questa prassi, che coinvolgeva magistrati e funzionari, non era estranei neppure gli incarichi scientifici. Fu così che per centocinquant'anni alla testa dell'Orto botanico di Montpellier si succedette un'autentica dinastia. In riconoscimento delle sue benemerenze di fondatore dell'orto, il re aveva concesso a Richer de Belleval di nominare il suo successore come insegnante di botanica all'Università e intendente (cioè direttore) dell'orto; Belleval fece venire un nipote, Martin Richer (1599-1664), che dal 1641, con privilegio regio, divenne anche cancelliere dell'Università. A sua volta, Martin Richer chiamò a succedergli un parente, Michel Chicoyneau (1626-1701), che riuscì a accumulare nelle sue mani le cattedre di anatomia e di botanica e gli incarichi di sovrintendente dell'orto e cancelliere dell'Università. Costui inaugurò una dinastia che si trasmise tutte o alcune di queste funzioni per quattro generazioni, per quasi un secolo, dal 1664 al 1759. I contemporanei hanno descritto Michel come un uomo superbo, imperioso e violento, che svolgeva i suoi compiti senza alcun particolare talento (i suoi talenti andavano tutti agli intrighi e alla capacità di ingraziarsi i potenti, primo fra tutti Antoine Vallot, il medico del re). Eppure uomini competenti, che avrebbero saputo tenere alto l'onore della prestigiosa università e del più antico orto botanico del paese, non mancavano. In quegli anni, il più competente di tutti era proprio un uomo di Montpellier, Pierre Magnol. Figlio di un farmacista, Magnol si era appassionato alla botanica fin da ragazzo e aveva acquisito una competenza eccezionale percorrendo in lungo in largo la Linguadoca e le Cevenne. Fu lui, e non certo l'irrilevante Chicoyneau, a destare l'ammirazione di John Ray durante il suo soggiorno a Montpellier, tra il 1665 e il 1666. A lui si rivolse lo stesso Vallot (di cui pure Chicoyneau era un protetto) quando, desiderando rilanciare il trascurato Jardin du Roy di Parigi, inviò a Montpellier per consultarlo e chiederne l'aiuto prima Denis Jonquet, poi Guy-Crescent Fagon. Il primo fu così entusiasta da convincere Vallot a ottenere per Magnol il titolo di medico del re (del resto, del tutto onorifico: non comportava né uno stipendio né una funzione effettiva). Con il secondo strinse una profonda amicizia, "concimata" dalla comune passione per le piante. Ma alla carriera accademica di Magnol si aggiungeva un altro ostacolo, ben più insuperabile dell'ingombrante Chicoyneau: Magnol era protestante e nella Francia di Luigi XIV non gli era consentito rivestire un incarico pubblico. Nel 1664 egli presentò la sua candidatura a dimostratore dell'orto botanico; fu respinta a causa della sua fede religiosa. Lo stesso avvenne nel 1668, quando, essendosi rese vacante due cattedre alla facoltà di medicina, partecipò al concorso, con le prove più brillanti; questa volta il re stesso pose il veto. Così fu piuttosto come privato che Magnol incominciò ad attirare attorno a sé molti giovani allievi, che seguivano le sue dimostrazioni anche sul campo. Tra di loro, il più celebre è senza dubbio Joseph Pitton de Tournefort, che frequentò la facoltà di medicina tra il 1669 e il 1671 e seguì con entusiasmo l'insegnamento informale di Magnol. Fu per questi allievi che Magnol scrisse una flora dell'area di Montpellier, Botanicum Monspeliense (1676). La revoca dell'editto di Nantes costrinse Magnol, come i suoi correligionari, a una scelta drastica: l'emigrazione o l'abiura. Magnol scelse la seconda. L'anno successivo, arrivò il primo incarico ufficiale: fu nominato dimostratore di botanica come supplente di Michel Chicoyneau, trattenuto a Parigi dagli affari della facoltà. Dopo questa breve parentesi, fu solo nel 1694 che Magnol, grazie ai buoni uffici degli amici Fagon e Pitton de Tournefort, ottenne finalmente una cattedra universitaria (di medicina, non di botanica). Le cattedre di anatomia e botanica, infatti, Chicoyneau, ormai anziano, le teneva in caldo per i suoi figli: nel 1689 era riuscito a far nominare il figlio maggiore, Michel-Amatus, che morì dopo appena un anno; stessa sorte toccò al terzogenito Gasparetus, nominato nel 1691 e morto nel 1693. Rimaneva in vita ancora un figlio, François, che al momento non aveva ancora una preparazione sufficiente per assumere effettivamente i suoi compiti. Chicoyneau padre si rivolse di nuovo a Magnol, che venne nominato supplente Intendente del Giardino per tre anni. Allo scadere del mandato, François Chicoyneau divenne l'intendente in carica - sia detto per inciso, fu una figura ben più degna del padre, un medico di fama che si distinse quando a Montpellier scoppiò la peste e divenne primo medico di Luigi XV - ma di fatto il giardino continuò ad essere gestito da Magnol, che ne venne nominato ispettore a vita. Del resto, era ormai un membro a tutti gli effetti dell'establishment scientifico francese, tanto da essere chiamato nel 1709, alla morte di Tournefort, a sostituirlo all'Accademia delle scienze. Qualche approfondimento sulla sua vita nella sezione biografie. ![]() Nasce il concetto di famiglia Durante la sua lunga vita, Magnol pubblicò solo tre opere. La prima fu Botanicum Monspeliense (1676), una flora dei dintorni di Montpellier sul modello del catalogo della flora di Cambridge di John Ray. Vi si descrivono, in ordine alfabetico, circa 1300 specie, buona parte delle quali Magnol aveva raccolto personalmente. Nata per esigenze didattiche, di ogni pianta l'opera indica l'habitat e gli eventuali usi officinali. Fu apprezzata da Linneo che la utilizzò come base per Flora Monspeliensis, dissertazione discussa dal suo allievo Theophilus Erdman Nathorst nel 1756. Più importante nella storia della botanica è Prodromus historiæ generalis plantarum, in quo familiæ per tabulas disponuntur (1689) in cui Magnol sostiene un nuovo metodo di classificazione delle piante e introduce il concetto di famiglia. Analogamente a Ray (che era rimasto tra i suoi numerosi corrispondenti), Magnol respinge le classificazioni basate su un unico carattere; per raggruppare correttamente le piante, bisogna basarsi sull'insieme delle loro caratteristiche (dunque radici, fusti, foglie, fiori, frutti, semi, portamento). Osserva poi che tra le piante si possono notare affinità e parentele e su questa base crea il concetto di famiglia, intesa come un raggruppamento di piante con caratteristiche affini. Nelle tavole accluse all'opera, le piante vengono raggruppate in 76 famiglie, anche se i criteri di classificazione non sono esplicitati e risultano spesso vaghi. Nel 1697, come supplente intendente dell'Orto di Montpellier, Magnol ne pubblicò il catalogo, sotto il titolo Hortus regius monspeliensis (1697), un'opera imponente accompagnata da illustrazioni di ottima fattura, in cui descrisse 2000 piante, adottando come criterio di classificazione non il proprio sistema, ma quello di Tournefort (che rifletteva la disposizione fisica del giardino, in cui le piante erano appunto state riorganizzate in tal modo). Un'ultima opera, Novus character plantarum, uscì postuma nel 1720 a cura del figlio Antoine; Magnol vi rivide il proprio sistema di classificazione, tenendo conto delle osservazioni dei suoi numerosi corrispondenti e stabilendo come carattere principale il calice fiorale. Il sistema fu apprezzato da Linneo che nel suo Classes Plantarum (1738) deplora che abbia trovato pochi seguaci. ![]() Magnifiche magnolie Fu un altro botanico del sud della Francia, che con Magnol era in contatto anche attraverso il comune amico Pitton de Tournefort, Charles Plumier, a dedicargli una delle piante da lui scoperte nelle Antille, Magnolia dodecapetala (1703). Il nome fu fatto proprio da William Sheridan, un allievo di Tournefort che lo diffuse in Inghilterra. Linneo lo riprese nella prima edizione di Systema naturae (1735) e lo ufficializzò in Species plantarum (1753). E così, dopo tante vicissitudini e umiliazioni, Magnol ha donato il suo nome a uno degli alberi più belli e amati (un nome straordinariamente eufonico, che non sembra neppure derivato da un cognome). Gloria dei parchi e dei giardini, Magnolia - dopo varie vicende tassonomiche - è oggi un grande genere di oltre 200 specie, uno dei due (l'altro è Liriodendron) della famiglia Magnoliaceae. Dal punto di vista della coltivazione le magnolie si dividono in due grandi gruppi: quelle a foglia caduca, di origine per lo più asiatica, fioriscono all'inizio della primavera; tra le specie più note, M. stellata, M. liliiflora, M. campbellii, e l'ibrido M. x soulangeana. Quelle a foglia persistente, o sempreverdi, sono per lo più americane e fioriscono d'estate; la più nota è M. grandiflora. La storia dell'introduzione di questa specie ora addirittura inflazionata è curiosa e affascinante. Sembra che il primo esemplare a sbarcare in Europa sia arrivato a Nantes nel 1711, per essere piantato nella serra di René Darquistade, sindaco della città, a La Maillardière. Dopo vent'anni, insoddisfatto dello scarso sviluppo della pianta, coltivata rigorosamente in serra, egli decise di disfarsene. La moglie del giardiniere la salvò e convinse il marito a piantarla all'esterno, in un'area riparata. In queste nuove condizioni, la magnolia si sviluppò e regalò una magnifica fioritura. I vivaisti della città la moltiplicarono per margotta e la diffusero nel resto del paese. Quanto alla magnolia di La Maillardière, trascurata e danneggiata durante la rivoluzione, morì intorno al 1848. Naturalmente questa storia è contestata dagli inglesi, che sostengono che le prime magnolie arrivarono invece a Exmouth, in Inghilterra, intorno al 1720, nei giardini di sir John Colliton. La magnolia di Exmouth ebbe vita più breve di quella di Nantes perché, a quanto pare, nel 1794 fu tagliata accidentalmente. Ne è discesa però un'apprezzatissima cultivar a fiori particolarmente grandi, M. grandiflora 'Exmouth'. Questa rivalità e queste storie - a metà tra storia e leggenda - testimoniano la popolarità delle magnolie, come del resto le migliaia di locali,catene di negozi, prodotti di bellezza, case di moda, gruppi musicali, associazioni e ditte di ogni genere che ne portano il nome. Se ne fregiano anche diverse città statunitensi. Magnifiche magnolie. Una bella rivincita per Monsieur Magnol. Come sempre, qualche approfondimento nella scheda.
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In un sodalizio scientifico, può essere difficile distinguere il contributo dei singoli: si lavora insieme, si discute, le idee nascono, si scambiano, maturano dal confronto reciproco. Quanto deve Linneo all'amico Artedi? oppure L'Obel a Pena? Nel caso di John Ray e Francis Willughby, per secoli nessun dubbio: Ray era il cervello, Willughby il portafoglio. Ma in anni recenti, nuovi documenti hanno dimostrato che forse le cose non stanno proprio così. E, per ironia della sorte, il grandissimo John Ray, padre della classificazione naturale, si vede scippato del genere Rajania, mentre a Willughby resta l'onore del genere Willughbeia. ![]() Un maestro carismatico e una passione contagiosa Il nome di John Ray (1627-1705) è uno dei più noti della botanica prelinneana. A lui si deve la prima definizione scientifica di specie, l'introduzione di termini come petalo e pistillo, e soprattutto l'elaborazione di un metodo e di un sistema che ne fanno il fondatore della classificazione naturale degli esseri viventi. Ben meno celebre è il suo allievo Francis Willughby, che di Ray fu anche compagno di viaggio e sopratutto, per molti anni, il mecenate che ne rese possibile gli studi e lo introdusse negli ambienti scientifici londinesi. Francis era l'unico erede di ampi possedimenti nelle Midlands, tra cui la residenza di Middleton Hall; di intelligenza pronta e di interessi enciclopedici, arrivò a Cambridge nel 1657, a 22 anni. Ufficialmente, le uniche materie insegnate erano le lingue e la cultura classica, la filosofia, la teologia e la matematica; Willughby seguì con scrupolo il curriculum previsto, laureandosi nel 1662, ma il suo tutor John Ray - che a sua volta si era avvicinato allo studio delle scienze naturali da pochi anni, da autodidatta - gli trasmise la sua passione e lo coinvolse nelle sue ricerche. Al momento, Ray stava scrivendo la sua prima opera di botanica, Catalogus plantarum circa Cantabrigiam nascentium (1660), ovvero "Catalogo delle piante che nascono nei dintorni di Cambridge", che fu la prima flora regionale pubblicata in Inghilterra. Willughby collaborò alla raccolta di esemplari per il catalogo e seguì gli esperimenti del maestro nel piccolo orto botanico creato da Ray presso la sua residenza al Trinity College. Era intenzione di Ray continuare su questa strada, scrivendo una flora inglese, ma era anche interessato ad altri argomenti, in particolare alla riproduzione degli uccelli. Per raccogliere esemplari per la flora e approfondire le sue ricerche, prese a dedicare le estati a viaggi scientifici nel paese: nell'estate del 1658, da solo aveva, erborizzato in Galles e nelle Midlands; nel 1660, insieme a Willughby, visitò l'Inghilterra settentrionale e l'isola di Man; nel 1661 si spinse in Scozia con un altro allievo, Philip Skippon. Nel viaggio del 1660, Willughby ebbe probabilmente modo di scoprire la sua vera vocazione: più che alla botanica, i suoi interessi andavano alla zoologia, soprattutto agli uccelli e alla fauna marina. Insieme al maestro, fu tra i primi a intuire il fenomeno della migrazione degli uccelli, postulando che le rondini non andassero in letargo, come supponeva Aristotele, ma partissero per climi più miti. Nel 1662, dopo la restaurazione della monarchia, Ray, vicino alle posizioni dei puritani, rifiutò di aderire all'Act di Uniformity e fu costretto a lasciare la carriera universitaria. Da quel momento, per vivere, dovette "confidare nella Provvidenza e nei buoni amici; ma la libertà è una bella cosa!" La Provvidenza assunse il volto di Francis Willughby, che propose al maestro di accompagnarlo in un vero e proprio Grand Tour attraverso l'Europa. Forse i due ci pensavano da tempo: nonostante figure prestigiose come Bacone e Harvey, la scienza inglese era indietro rispetto alle acquisizioni della nuova scienza europea; nel paese non esisteva neppure un orto botanico e in nessuna università era possibile studiare anatomia, botanica o zoologia. Il viaggio durò tre anni e portò maestro ed allievo a visitare molte istituzioni scientifiche importanti, ma soprattutto permise loro di studiare dal vivo una natura multiforme, mettendo insieme vastissime collezioni di piante essiccate, animali, fossili, rocce, reperti naturali, archeologici, etnografici. ![]() Chi ha scritto questi libri? A partire da Dover il 18 aprile 1663 furono in quattro: Ray, Skippon, Willughby e il suo amico Nathaniel Bacon. Il gruppo visitò i Paesi Bassi, la Germania e la Svizzera, navigando lungo il Reno, quindi lungo il Danubio da Augusta a Vienna. Da qui, in carrozza, raggiunsero Venezia e Padova, dove Ray seguì lezioni di anatomia; quindi si spostarono a Ferrara e a Bologna, dove visitarono il famoso Teatro della natura di Aldrovandi. Da Parma risalirono a Milano, a Torino, poi riscesero a Sud toccando Lucca e Pisa. Via mare raggiunsero Napoli, dove scalarono il Vesuvio. Qui nella primavera del 1664 si divisero: Willughby si spostò in Spagna, per poi rientrare in Inghilterra, mentre Ray continuava verso sud, in Sicilia e a Malta. Mentre Ray proseguiva il viaggio (sarebbe rientrato in Inghilterra solo nel marzo del 1666, dopo aver visitato anche la Francia), probabilmente Willughby era tornato a casa alla fine del 1664, visto che nel gennaio 1665 lesse una comunicazione sul loro viaggio alla Royal Society, alla quale era stato ammesso nel marzo dell'anno precedente. La Royal Society era allora un'istituzione recentissima, fondata appena nel novembre del 1660. La morte del padre nel dicembre del 1665 aumentò i doveri di Willughby come capo della casata; egli si stabilì nella residenza di Middleton Hall dove, al ritorno dalla Francia, lo raggiunse Ray. Le enormi collezioni raccolte durante il viaggio dovevano essere organizzate e catalogate; questo fu il compito ufficiale affidato a Ray, anche se il ruolo di Willughby non fu semplicemente quello di mecenate, ma di studioso in prima persona. Con l'enorme massa di dati scientifici raccolti, i due amici si proponevano infatti di pubblicare una descrizione sistematica delle piante e degli animali conosciuti; si divisero i compiti: Ray si sarebbe occupato delle prime, Willughby dei secondi. Cedendo alle pressioni delle famiglia, all'inizio del 1668, Willughby si sposò; mentre la madre, Cassandra, vedeva di buon occhio le attività scientifiche del figlio e la presenza di Ray, a quanto pare l'atteggiamento della moglie Emma era meno entusiastico, se non ostile. Quando dal matrimonio nacquero tre figli, Ray fu incaricato della loro educazione, Mente poliedrica e geniale (i suoi manoscritti, dove si mescolano gli argomenti più vari e linee di scrittura si intersecano e si sovrappongono, mettono a dura prova chi cerca di decifrarli), Willughby si occupò contemporaneamente di vari argomenti; nel 1669, insieme a Ray presentò alla Royal Society una memoria sulla circolazione della linfa (Experiments concerning the Motion of Sap in Trees; nel 1667 anche Ray era stato ammesso alla Society, stringendo contatti che sarebbero stati preziosi dopo la morte di Willughby); studiò gli uccelli, i pesci, gli insetti, ma anche argomenti più frivoli, come i giochi. Nel 1672, a soli 37 anni, Willughby morì improvvisamente di pleurite. Lasciava numerosi manoscritti, ma nessuna opera compiuta. Ray, che continuava a percepire una pensione come curatore delle collezioni di Middleton Hall e come precettore dei bambini, sentì il dovere morale di assicurare la pubblicazione delle opere del suo protettore e amico. Nel 1676 uscì, sotto il nome di Willughby, Ornithologia libri tres, tre volumi corredati da splendide (e costose) illustrazioni finanziate dalla vedova Emma. Nel 1687 (quando Emma si era ormai risposata e Ray aveva definitivamente lasciato Middleton Hall) seguì Historia piscium, a spese della Royal Society; l'uscita di questo libro esaurì le risorse dell'istituzione, tanto da costringerla a procrastinare la pubblicazione dei Principia Mathematica di Newton. Ancora più tardi, rispettivamente nel 1705 e nel 1710, materiali di Willughby confluiranno in due opere della vecchiaia di Ray, Methodus insectorum e Historia insectorum. Di queste opere, quanto si deve a Willughby e quanto a Ray? Per secoli, la risposta è stata semplice: il vero autore era Ray che, per affetto e riconoscenza verso l'amico precocemente perduto, con finezza d'animo aveva voluto pubblicare sotto il nome di lui l'Ornithologia e l'Historia piscium. L'accesso agli archivi di Middleton e una lettura più attenta della corrispondenza dei protagonisti hanno invece dimostrato che quei libri sono il frutto delle ricerche di Willughby, e Ray ne può essere considerato quello che dichiarò di essere, cioè il curatore. Emerge anche come l'idea, generalmente attribuita a Ray che la classificazione degli esseri viventi dovesse basarsi sull'insieme delle loro caratteristiche fisiche, e non su un singolo tratto, nacque invece dal lavoro comune di entrambi. Prima che Ray lo applicasse alle piante, questo metodo trovò applicazione nei tre libri sugli uccelli, con i quali nasce l'ornitologia scientifica. Una sintesi della breve vita di Willughby nella sezione biografie. ![]() I dolci frutti della Willughbeia Venendo ora ai nostri nomi delle piante, ci troviamo di fronte a un paradosso. Al grande botanico John Ray, la cui gigantesca Historia platantarum (1686-1704) è una delle opere più importanti della botanica prelinneana, non mancò l'omaggio dei successori. A partire da Plumier, gli venne dedicato un genere di Dioscoreaceae, di cui generazioni di botanici si sono divertiti a cambiare la grafia (Janraja, Raya, Rayania, Rajania). Nella forma Rajania, fissata da Linneo nel 1753, questo piccolo genere per oltre 250 anni ha continuato a celebrare il nome di Ray; finché, in anni recentissimi, gli studi filogenetici l'hanno declassato a sinonimo di Dioscorea, di cui costituisce forse una sezione. John Ray, che polemizzava con i botanici del suo tempo che tendevano a moltiplicare le specie senza necessità, e che insisteva che non bisogna operare distinzioni tassonomiche sulla base di caratteristiche secondarie (aristotelicamente, accidentia), ma solo sulla base di caratteristiche sostanziali (substantia), benché scippato del suo genere non avrebbe avuto niente da obiettare. Rajania infatti si distingue dal genere Dioscorea solo per i frutti, che sono silique. Al mecenate, ma oggi sappiamo anche grande zoologo, Willughby spetta invece un genere valido, Willughbeia, creato nel 1820 da Roxburgh in Flora indica, riprendendo una denominazione di Scopoli. Lo ricordano anche i nomi specifici di Megachile willughbiella (un'ape tagliafoglie) e di Salvelinus willughbii (il salmerino del lago Windermere). Willughbeia è un genere della famiglia Apocynaceae che comprende una quindicina di specie native del Sud Est asiatico e del subcontinente indiano; sono per lo più liane, con piccoli fiori con ovario con una sola cella e frutti polposi indeiscenti. Abbastanza sorprendentemente (molte Apocynaceae sono tossiche) i frutti di diverse specie sono eduli. Citiamo W. edulis (sin. W. cochinchinensis), diffusa dall'India settentrionale alla penisola indocinese, che produce frutti tondeggianti, giallo aranciati, con polpa acidula; W. sarawacensis, nativa del Borneo e delle Filippine, con frutti che per colore e forma ricordano un pompelmo, ma con un gusto dolce che viene descritto come una combinazione di mango, guanabana e ananas; nativa della Tailandia, della Malaysia e dell'Indonesia è W. angustifolia (sin. W. elmeri), con grandi frutti dalla polpa bianca molto dolce. Poco noti da noi (poche informazioni sono reperibili in siti dedicati ai frutti tropicali), sono invece assai apprezzati a livello locale. Qualche approfondimento nella scheda. Come i tre moschettieri in realtà erano quattro, così i sette fondatori della Horticultural Society erano otto. Il d'Artagnan della situazione fu Thomas Andrew Knight, escluso per una ripicca dalla fondazione vera e propria, ma ben presto accolto come ottavo socio, quindi presidente della Society per quasi trent'anni. La persona giusta al posto giusto: pioniere degli studi di fisiologia vegetale, ma sempre attento alla loro applicazione pratica in orticoltura,scrisse lo statuto della Horticultural Society e ne determinò il successo. Arriva dagli antipodi il genere che lo ricorda, il neozelandese Knightia. ![]() La fisiologia vegetale e le sue applicazioni pratiche Quando, dopo l'appello di Wedgwood e l'assenso di Banks, Forsyth (se ne è parlato in questo post) incominciò a prendere i contatti che avrebbero portato alla nascita della Horticultural Society of London, futura Royal Horticultural Society, escluse a priori Thomas Andrew Knight (come Knight stesso riferì in una delle sue numerosissime lettere a Banks): lo considerava un nemico personale per aver osato sollevare dubbi sul suo miracoloso mastice. Ma poco dopo la riunione inaugurale del 4 marzo 1804, Forsyth morì; caduto ogni ostacolo, all'inizio del 1805 Knight fu finalmente accolto nella Society, su proposta di Banks che anzi gli chiese di scrivere un Prospectus che ne sintetizzasse gli obettivi. Nel 1811, alla morte del primo presidente, lord Darthmouth, Knight divenne il secondo presidente della Society, incarico che sostenne per 27 anni, cioè fino alla morte, avvenuta nel 1838. Dopo aver ereditato nel 1786 la vasta tenuta di Elton Hall, Knight aveva incominciato a interessarsi di orticultura e di fisiologia vegetale da autodidatta (anzi, finché Banks non lo convinse del contrario, preferiva non leggere gli scritti di altri scienziati, affidandosi unicamente allo studio sperimentale). Nei frutteti a lungo trascurati trovò alberi vecchi e malati; scoprì che, anche innestandoli con marze vigorose, i problemi permanevano. L'unica soluzione, pensò, era partire dai semi. Fu così che scoprì che i semi della stessa pianta producevano semenzali con caratteristiche diversissime tra loro. Incominciò così a incrociare volutamente alberi da frutto e piante orticole, allo scopo di creare nuove varietà più vigorose e fruttifere. Spirito indagatore, non si fermò alle applicazioni pratiche, ma volle capire meglio il funzionamento delle piante, indagandone la morfologia, l'anatomia, i processi fisiologici. Studiò il meccanismo della discesa e della salita della linfa; la natura e la funzione del cambio. Si interrogò sull'influsso della gravità: perché le radici vanno verso il basso e i rami verso l'alto? C'entra la gravità? Per capirlo, inventò un disco verticale rotante, mosso costantemente da una corrente d'acqua, su cui dispose dei semi: quando i semi incominciarono a germinare, notò che i germogli si disponevano orizzontalmente verso il centro della ruota, in direzione della forza centripeta, mentre le radici si disponevano verso l'esterno, in direzione della forza centrifuga. Grazie a questo esperimento, Knight scoprì quello che oggi chiamiamo geotropismo, ovvero la capacità degli organi vegetali di crescere orientandosi in base alla forza di gravità (geotropismo positivo, verso il basso, per organi come le radici; negativo, verso l'alto, per organi come i fusti e i rami). La macchina da lui inventata, con molti perfezionamenti, è oggi detta clinostato. Altrettanto importanti furono i suoi esperimenti sull'ibridazione. Proprio come avrebbe fatto mezzo secolo dopo Mendel, incominciò a lavorare sui piselli, incrociando tra loro piselli verdi e gialli, con petali bianchi e porpora. Non avvalendosi di metodi quantitativi, a differenza di Mendel (che lesse i suoi lavori e ne ricevette l'impulso alle proprie ricerche), non giunse alla formulazione di leggi, ma intuì alcuni meccanismi fondamentali: la dominanza, la recessività, il vigore degli ibridi. L'obiettivo fondamentale delle ricerche di Knight era il miglioramento dell'orticoltura e della frutticoltura britanniche, tanto più in un periodo di guerre (nel frattempo era iniziato l'interminabile ciclo di guerre contro la Francia rivoluzionaria, poi contro Napoleone, che impegnò la Gran Bretagna, pur con tregue più o meno lunghe, dal 1793 al 1815). L'attenzione, da una parte, alla conoscenza scientificamente fondata della fisiologia vegetale, dall'altra all'applicazione pratica e alla diffusione delle conoscenze presso giardinieri e orticultori, lo fanno considerare il padre dell'orticoltura britannica. Nel campo della frutticoltura, attraverso la selezione e centinaia di incroci, produsse numerose nuove cultivar migliorate sia di piante da frutto (mele, pere, ciliegie, nettarine, prugne, fragole e ribes) sia di ortaggi (piselli, cavoli, patate). Migliorò le tecniche di coltivazione, l'uso delle serre, studiò le cause delle principali malattie e metodi per accrescere la rusticità, la resistenza alle malattie, la produzione precoce. Promosse l'introduzione di specie esotiche (avocado, mango, ananas, sapote). ![]() Una presidenza incisiva Knight viveva nella sua tenuta nello Hertfordshire (nel 1809 era entrato in possesso di una vastissima proprietà, a Downton Castle, più di 10.000 acri dove poté continuare i suoi esperimenti su vasta scala, creando anche grandi serre), lontano dagli ambienti scientifici. Fu ancora una volta Banks - con il quale intrattenne per molti anni un voluminoso carteggio - a convincerlo a uscire dall'isolamento, presentando i suoi contributi alla Royal Society. Nel 1797 uscì il primo libro di Knight, Treatise on the Culture of the Apple and Pear, and on the Manufacture of Cider and Perry, un testo importante più volte ristampato, con il quale egli incoraggiava i proprietari terrieri, i vivaisti e i semplici appassionati ad applicare le sue scoperte e a coltivare le nuove, più vigorose varietà. Nel 1809, fu seguito da Pomona Herfordensis, arricchito da splendide illustrazioni: un libro bellissimo, oggi raro, perché le tavole sono così belle che spesso sono state tagliate e utilizzate come stampe. I suoi contributi, letti dapprima durante le sedute della Royal Society e della Horticultural Society, quindi pubblicati nelle Transactions di entrambe le istituzioni, sono centinaia. Come si è anticipato, nel 1805 divenne membro della Horticultural Society e su richiesta di Banks stese un succinto Prospectus, in cui divideva l'orticultura - e il campo d'azione della società - in due settori: da una parte, la coltivazione di piante ornamentali (insomma, il giardinaggio); dall'altra quella di piante utili. Fissando come compito principale della Società "l'incoraggiamento e il miglioramento della scienza, dell'arte e della pratica dell'orticultura in tutti i suoi rami", Knight vi sottolineava quel legame tra ricerca scientifica e avanzamento pratico dell'agricoltura che aveva improntato tutta la sua vita. La presidenza di Knight segnò una tappa importante nella vita della neonata società. Sul modello della Royal Society, inizialmente l'attività dell'Horticultural Sociey of London si era incentrata intorno a otto incontri annuali, durante i quali venivano letti i contributi dei soci, che vertevano per lo più sulle piante da frutto e da orto (il giardinaggio era decisamente in secondo piano). Nel 1807 incominciarono a uscire a stampa sul bollettino, Transactions of Horticultural Society, accompagnati da tavole a colori. Knight introdusse molte novità. Nel 1817, propose di creare un giardino sperimentale dove si potessero mettere alla prova nuove tecniche, specie esotiche di recente introduzione, nuove varietà; a questo scopo nel 1818, venne acquisita una piccola proprietà a Kensington; rivelatosi presto troppo piccola, nel 1822 fu sostituita da un terreno di 33 acri a Chiswick (ancora oggi condotto dalla RHS, il più antico dei suoi sei giardini). I giardini di Chiswick comprendevano un arboretum, che includeva un prato all'inglese e bordure fiorite; un frutteto con un'importante collezione di piante da frutto; serre e cassoni. Nelle stanze della Società si iniziarono a esporre le più interessanti novità. Nacque poi l'idea di premiare con una medaglia chi introducesse miglioramenti nell'agricoltura; si trattava di grandi medaglie, assegnate a poche persone per meriti speciali. Nel 1820, poco dopo la morte di Banks, venne istituito un secondo tipo di medaglie, di piccole dimensioni, per premiare chi si era distinto per le novità presentate nelle mostre annuali della società: la Banksian medal, con sul recto un profilo di Banks, sul verso il nome del premiato, l'anno, il motivo del riconoscimento. Oggi viene assegnata a chi in quell'anno ha ottenuto un maggior numero di punti nelle tre classi (frutti, fiori, ortaggi) delle mostre locali della RHS. Nel 1835, proprio in onore di Knight, venne istituito un terzo tipo di mediaglia, Knightian medal, di dimensioni intermedie. Altri tipi si aggiungeranno nei decenni successivi. La creazione dei giardini di Chiswick aveva comportato grandi spese e il bilancio della società andò in rosso. Nacque così l'idea di organizzare "feste floreali", da tenere nei giardini di Chiswick, aperte al pubblico dietro pagamento di un biglietto d'ingresso che coprisse anche le spese della coniazione delle medaglie. Fino ad allora, le novità venivano esposte al chiuso, nelle stanze della Società, dove erano ammessi solo i soci. La prima festa si inaugurò il 23 luglio 1827; fu un grande successo che aprì la tradizione delle esposizioni della RHS, che ha trovato il suo culmine nel celebrato Chelsea Flower Show. Con questa iniziativa, la società usciva dal ristretto cerchio dei grandi proprietari terrieri, dei ricercatori e dei professionisti, e si allargava al vasto pubblico degli appassionati. Presidente attivo e energico, Knight continuò tuttavia a risiedere nelle sue proprietà nell'Hertfordshire, da dove si spostava a Londra in carrozza per partecipare alle riunioni. Si racconta che durante uno di questi lunghi viaggi, nell'inverno del 1838 - all'epoca aveva 79 anni - contraesse un'infreddatura che lo portò alla morte nel maggio di quell'anno. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. ![]() Knightia, albero degli antipodi Il genere Knightia fu creato nel 1810 da Robert Brown nell'ambito del suo importante studio sulle Proteaceae, con la seguente motivazione: "Questo genere, che fu scoperto da sir Joseph Banks, è stato, con la sua approvazione, battezzato in onore del suo amico Thomas Andrew Knight, autore di tanti importanti saggi sulla fisiologia vegetale, pubblicati nei Philosophical Transactions". Brown vi assegnò una sola specie, la neozelandese K. excelsa. Più tardi, vennero aggiunte due specie della Nuova Caledonia, K. strobilina e K. deplanchei. Nel 1975 entrambe sono state trasferite nel genere Eucarpha. Dunque, come alle origini, Knightia è tornato ad essere un genere monospecifico, ristretto alla sola K. excelsa, un albero sempreverde endemico della Nuova Zelanda, dove è noto con il nome di rewarewa; è un grande albero, alto fino a 30 metri, che vive nelle foreste a bassa altitudine dell'isola del Nord e nel Marborough Sound dell'isola del Sud. Di portamento colonnare, ha foglie oblunghe, coriacee, con margini seghettati, coperte di un tomento rossastro deciduo; i fiori, raccolti in racemi lunghi fino a 10 cm, rossi, tubolari, sono coperti da una peluria vellutata rosso mattone. Ricchissimi di nettare, attraggono, oltre alle api ( i loro impollinatori), anche piccoli uccelli. E' una specie molto decorativa, ma scarsamente rustica. Qualche approfondimento nella scheda. Alla storia di James Dickson, il quarto e ultimo dei padri fondatori della RHS ad essere onorato da un nome generico valido, si adatterebbe il titolo "Dalla vanga al milione". Nato in una povera famiglia scozzese, non solo si trasformò nell'agiato proprietario di un vivaio e di un negozio di piante e sementi, ma acquisì reputazione internazionale come pioniere degli studi di un ramo ancora trascurato della botanica, quello delle crittogame. A ricordarlo, grazie a un botanico francese innamorato dei giardini inglesi, le stupefacenti felci arboree del genere Dicksonia. Con un'appendice sul misterioso botanico polacco Zier e la sua Zieria. ![]() Un giardiniere con il bernoccolo degli affari Al contrario di quanto accadde a Richard Salisbury e William Forsyth, nessuna polemica polemica sfiorò James Dickson, che seppe guadagnarsi la stima dei contemporanei tanto negli affari quanto nella scienza, tanto che nel suo necrologio James Edward Smith, presidente della Linnean Society, e suo intimo amico, ebbe a definirlo "un uomo di integrità senza macchia". La sua storia sembra quasi uscire da uno di quei racconti edificanti che si facevano leggere ai ragazzi nell'Ottocento per dimostrare che "volere è potere". Nato in una famiglia scozzese povera, cominciò la sua carriera come apprendista nel giardino del signorotto locale, il conte di Torquay. Un giorno sentì un altro garzone chiedere a un compagno più esperto il nome di una pianta; rimase affascinato dalla risposta competente e decise di saperne di più, dedicando tutto il suo tempo libero allo studio della botanica. Diventato adulto, proprio come Forsyth e centinaia di altri giardinieri scozzesi, emigrò a Londra dove trovò lavoro come giardiniere presso il vivaio Jeffrey and Co., a Kensington; più tardi lavorò in un vivaio di Hammersmith, probabilmente il celebre "The Vineyard" di Lee & Kennedy. Lavorando anche in diverse grandi proprietà, mise insieme abbastanza risparmi da aprire, nel 1772, un proprio negozio di piante e sementi al Covent Garden; una scelta che dimostra il suo fiuto per gli affari: era un'area frequentatissima, con caffè, teatri e il più importante mercato di Londra. Infatti al nuovo negozio arrise subito il successo, attirando clienti importanti, come lo stesso Forsyth (all'epoca sovrintendente dell'orto botanico di Chelsea) e James Edward Smith. Ma l'incontro più importante fu quello con Joseph Banks, che gli divenne amico e lo coinvolse nel suo circolo di studiosi e appassionati di botanica. Nel 1781, quando l'amministrazione del British Museum era alla ricerca di un nuovo giardiniere, sempre su suggerimento di Banks, Dickson presentò la sua candidatura; poiché la sua offerta risultò la più competitiva, ottenne l'appalto, mantenendo l'incarico fino alla morte. Negli anni '90, la sua posizione economica divenne ancora più solida, con l'acquisto di un grande vivaio a Croydon, che gestì fino al 1799, quando si ritirò dall'attività (ma mantenendo il negozio di Covent Garden, che alla morte lasciò al figlio, con una cospicua eredità a lui e alle figlie). ![]() Il fascino discreto delle briofite Quest'uomo d'affari di successo seppe anche diventare un botanico di rinomanza internazionale. Anche in questo caso, c'è lo zampino di Banks, che oltre a metterlo in contatto con il Gotha della botanica britannica, ne incoraggiò gli studi mettendogli a disposizione la sua ricca biblioteca. Fu ancora Banks a coinvolgerlo nel 1788 nella fondazione della Linnean Society (creata e presieduta da un altro amico, James Edward Smith) e nel 1804 della Horticultural Society, di cui Dickson fu eletto vicepresidente. In tal modo, egli è l'unico - oltre a Banks, ça va sans dire - ad essere annoverato tra i padri fondatori di entrambe le istituzioni. Intorno al 1780 Dickson cominciò a interessarsi a quello che sarebbe diventato il suo campo di elezione: le crittogame. In un'epoca in cui l'interesse dei botanici era indirizzato piuttosto verso le fanerogame, i suoi studi ebbero un ruolo pionieristico. Questa passione singolare lo riportava alla sua terra d'origine, la Scozia. Per la sua posizione geografica, la varietà climatica e la diversa natura dei suoli, la Scozia è infatti il paradiso delle briofite: la costa occidentale è ricca di specie di muschi e licheni dell'area oceanica; i banchi assolati del sud-est ospitano specie mediterranee; nelle aree montane - quelle più ricche di specie - a dominare sono quelle nivali e alpine; le montagne delle Higlands nordoccidentali ospitano una comunità unica al mondo, denominata "Northern Hepatic Mat", dominata da una serie di licheni rari, alcuni dei quali vivono solo qui, nell'Himalaya e nelle montagne del British Columbia in Canada (a migliaia di km di distanza). Con le sue 920 specie di briofite, non sorprende che la Scozia abbia dato i natali ai pionieri degli studi di muschi, epatiche e licheni: Archibald Menzies, Robert Brown, William Hooker e, naturalmente, il nostro James Dickson. Per raccogliere e studiare le sue piante predilette, tra il 1785 e il 1791 Dickson ritornò più volte in Scozia, esplorandone i diversi ambienti, comprese le isole Ebridi, talvolta da solo, talvolta con alcuni amici (J. E. Smith, che lo vide in azione, lo soprannominò "Dickson occhio di lince" per l'acume con cui sapeva scovare nuove specie). Nel 1789, fu accompagnato dal giovane cognato diciottenne, lo studente di medicina Mungo Park. Più tardi, lo presentò a Banks, che ne fece uno dei suoi cacciatori di piante. Si deve dunque a Dickson l'inizio della carriera del celebre esploratore scozzese. I risultati della ricerche di Dickson furono presentati nei quattro Fasculi Plantarum Crytogamicarum Britanniae, usciti rispettivamente nel 1785, 1790, 1793 e 1801, in cui vengono descritte circa 400 specie di muschi, epatiche, licheni, alghe e funghi delle isole britanniche; se per le prime categorie Dickson attinse soprattutto al materiale raccolto nelle spedizioni scozzesi (con moltissime specie descritte per la prima volta), per le alghe e i funghi si appoggiò sulle raccolte di amici e corrispondenti, soprattutto nell'Inghilterra meridionale. All'epoca, soprattutto se si desiderava diffondere le proprie opere a livello internazionale, la lingua della scienza era ancora il latino, una lingua estranea a Dickson, un self made man privo di preparazione accademica. Perciò, per la stesura dei primi tre fascicoli si avvalse della collaborazione del misterioso botanico polacco Jan Zier e per l'ultimo di quella di Robert Brown, che scrissero le descrizioni tecniche in latino. I volumi erano illustrati dagli acquarelli del grande pittore botanico James Sowerby. L'importanza dei contributi di Zier e Brown (semplici "traduttori" o autori veri e propri) è oggetto di discussione. Il primo fascicolo è aperto dalla dedica a Joseph Banks "baronetto, presidente della Royal Society, curatore del British Museum, principe dei botanici". Seguono le descrizioni delle specie, divise in tre categorie: Musci (che comprende anche altre briofite, come le epatiche), Algae (che curiosamente comprende anche i licheni), Fungi. In un'appendice solo elencate le piante scozzesi segnalate per la prima volta nel corso dei suoi viaggi, con la denominazione linneana. Oltre a diversi contributi pubblicati sulle Transactions della Linnean Society e della Horticultural Society, Dickson fu autore anche di due opere sulla flora britannica che divulgarono il sistema linneano: A Collection of Dried Plants, named on the authority of the Linnaean Herbarium, and other original collections, pubblicato tra il 1787 e il 1799, in 17 fascicoli; Hortus Siccus Britannicus, in 19 fascicoli usciti tra il 1793 e il 1802. Alla sua morte, avvenuta nel 1822, fu commemorato da un necrologio del suo vecchio amico James Edward Smith. Una sintesi della sua lunga e operosa vita nella sezione biografie. ![]() L'Heritiér de Brutelle e la Dicksonia di Sant'Elena Come Dickson giunse a donare il suo nome al magnifico genere Dicksonia, che comprende spettacolari felci arboree, la più nota delle quali è la neozelandese D. anctartica, è un'altra bella storia da raccontare. Nel maggio 1771, sulla rotta di casa, l'Endevour, la nave del primo viaggio di Cook, fece scalo a Sant'Elena per rifornimenti; Banks e l'amico Solander ne approfittarono per erborizzare. Li colpirono le magnifiche felci arboree che rivestivano le parti più alte dell'isola e ne raccolsero le spore; arrivate a Londra, germinarono, e alcuni anni dopo alcuni esemplari della felce ancora senza nome erano la gloria dei giardini di Kew. Fu lì che la vide nel 1786 il botanico francese L'Héritier de Brutelle, che si era rifugiato a Londra con l'erbario di Dombey piuttosto di restituirlo alla corona spagnola. I botanici britannici lo accolsero a braccia aperte e L'Héritier volle ripagare la cortesia dedicando ad alcuni di loro diversi nuovi generi nel suo Sertum anglicum (1788), in cui descrisse alcune specie di Dombey insieme a piante rare che aveva visto nei giardini inglesi. A Dickson - forse perché era un esperto di crittogame, anche se non di felci - toccò la felce di Sant'Elena, ribattezzata Dicksonia arborescens. Il genere Dicksonia, appartenente a una famiglia propria (Dicksoniaceae), comprende circa 25 specie di felci con rizomi solitamente eretti, simili a tronchi, ma talvolta striscianti, che culminano con un morbido ciuffo di lunghe fronde. La sua distribuzione geografica è singolare: con centro di irradiazione probabilmente in Nuova Guinea (dove si trovano 5 specie), si spinge a nord in Indocina, poi a est attraverso il Pacifico, raggiungendo le Filippine, l'Australia, la Nuova Zelanda (con le specie più rustiche, quindi più note e coltivate da noi), la Nuova Caledonia, quindi, varcato l'Oceano, in Messico, America centrale, Perù, Brasile. Come si arrivata a Sant'Elena, nessuno lo sa: l'isola dove fu relegato Napoleone dista 1900 km dalla costa africana (in questo continente le Dicksoniae non sono mai arrivate) e 3250 dalla costa del Brasile, dove vive la specie più vicina, D. sellowiana. Del resto, queste bellissime felci hanno avuto il tempo per viaggiare: sono piante antichissime, la cui origine si fa risalire al Giurassico e al Cretaceo (almeno 150 milioni di anni fa). Qualche approfondimento nella scheda. ![]() Il misterioso Zier e l'elusiva Zieria Ma è ora di strappare all'oblio Jan (o John) Zier, collaboratore o gost writer di Dickson. Su di lui c'è arrivato davvero pochissimo: la data di morte, le sibilline motivazioni della dedica del genere Zieria, un manoscritto dimenticato, qualche notizia sparsa che trapela qua e là dalle pubblicazioni del tempo. Le maggiori informazioni su di lui si devono a una nota di G. Jameson, pubblicata nel 1810, che ci informa che era polacco, definendolo "un botanico valente e industrioso". Quando e dove fosse nato, non si sa, né quando e perché sia approdato in Inghilterra. In un manoscritto che inviò non sappiamo quando né perché a Menzies (in sostanza, il manoscritto delle descrizioni scritte per i fascicoli di Dickson) Zier dice di essere amico di J.F. Ehrhart, direttore dell'orto botanico di Hannover. Dato che il re d'Inghilterra era anche Principe elettore di Hannover, e nel 1780 Ehrhart fu nominato Botanico reale e elettorale, potrebbe essere stato lui a fare da tramite al trasferimento di Zier in Inghilterra. E' possibile che vi giungesse nel 1785, anno in cui uscì il primo fascicolo dell'opera di Dickson sulle crittogame. Nell'Hortus kewensis (ovvero il catalogo di Kew) del 1787, risultano come procurate da lui alcune piante provenienti dall'Europa centrale, in particolare dall'Austria e dalla Pannonia. Nel 1788, in occasione della seconda riunione della Linnean Society, vi fu ammesso su proposta del presidente, James Edward Smith, segno che all'epoca era già un botanico rinomato. In una nota scritta diversi anni dopo nella Cyclopedia di Rees, lo stesso Smith sostiene che siano di mano di Zier anche le descrizioni della Flora londinensis di Curtis uscita in sei volumi tra il 1777 e il 1798, un'insinuazione che non trova riscontri in altre fonti. Un altro amico di Zier fu il botanico John Sims, che ne ereditò l'erbario (che comprende anche alcune briofite); secondo il già citato Jameson, nel 1796 (o forse alla fine del 1795) Zier si accingeva a tornare in Polonia, dove gli era stata assegnata una cattedra quando, consunto da una malattia cronica, morì, ancora in età abbastanza giovane. Poco dopo, nel 1798, James Edward Smith volle ricordarlo dedicandogli il genere Zieria in Transactions of the Linnean Society, dicendo esplicitamente che era un modo di sottrarlo all'oblio, visto che le sue fatiche erano diventate celebri sotto il nome di altri (allusione a Dickson e forse anche a Curtis?). Inoltre, lo specifico zieri è stato assegnato ad alcune briofite da lui descritte nei fascicoli di Dickson. Zieria è un piccolo genere della famiglia Rutaceae che comprende una quarantina specie, tutte endemiche dell'Australia orientale, tranne Z. chevalieri, presente in Nuova Caledonia. Sono graziosi arbusti dal portamento prostrato o piccoli alberi, con foglie opposte e composte, trifoliate con la fogliolina centrale lievemente maggiore delle due laterali. I fiori, raccolti in infiorescenze all'ascella fogliare, hanno quattro sepali fusi, quatto petali alternati con i sepali e quattro stami. E' molto simile all'affine Boronia, da cui si distingue per le foglie, il numero di stami (quattro in Zieria, otto in Boronia) e alcune particolarità dei frutti; come quelli di Boronia, anche le foglie e i fiori di alcune specie di Zieria sono ricchi di olio essenziale, con usi medicinali e in profumeria. In continuità con il loro elusivo dedicatario, sono piante decisamente di nicchia: molte sono endemismi di piccole aree a rischio di estinzione; alcune sono state identificate e descritte solo da pochissimi anni; soppiantate dalle più vistose Boroniae, anche nei guardini australiani, con qualche eccezione, non sono molte diffuse; nei giardini di altri continenti non sono mai arrivate. Qualche informazione in più e una selezione di specie nella scheda. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
February 2025
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