L'irruzione in Messico della Real Expedicion Botanica favorisce la diffusione delle idee illuministe e del pensiero scientifico, ma incontra anche l'ostilità accanita degli ambienti più tradizionalisti, primo fra tutti la Real y Pontificia Universidad, con i suoi medici ancora arroccati a difesa della tradizionale teoria degli umori e di una formazione tutta libresca. Contro questa situazione stagnante si batte uno dei più brillanti allievi di Vicente Cervantes, il dottor Luis José Montaña, convinto sostenitore dell'introduzione del metodo scientifico anche in medicina e di un nuovo modello di insegnamento, basato sulla pratica clinica e sull'integrazione tra medicina, chimica, fisica, botanica. Osteggiato per tutta la vita e sepolto in segreto, anche per le sue origini oscure, il suo contributo al rinnovamento della medicina messicana venne riconosciuto solo dopo la sua morte, grazie soprattutto ai numerosi e reverenti allievi. Ma prima, a ricordarlo nella nomenclatura botanica aveva già pensato il suo maestro Vicente Cervantes, che gli dedicò lo stupefacente genere Montanoa, uno dei pochi della famiglia Asteraceae a comprendere veri e propri alberi. Per una medicina scientifica e sperimentale Tra i giovani medici che nel 1788 seguono il primo corso di botanica tenuto da Vicente Cervantes a Città del Messico, il dottor José Luis Montaña non è certo un novellino; si è laureato in medicina presso la Real y Pontificia Universidad, ottenendo la licenza già nel 1777 e ha lavorato dapprima presso l'opedale San Pedro di Puebla, la sua città natale. Nel 1779 è stato uno dei medici incaricati ufficialmente di inoculare il vaccino contro il vaiolo. Ma ha deciso di ritornare sui banchi (e tra le aiuole), convinto com'è dell'anacronismo del modo in cui si insegna medicina nel Viceregno: tutto libresco, basato ancora sulla lettura reverente dei classici come Ippocrate e sulla teoria degli umori da riequilibrare con la triade salassi - purganti - emetici; non è previsto alcun tirocinio clinico. Mentre in Europa da tempo i medici si stanno convincendo dell'importanza dell'apprendimento pratico sui pazienti, l'Università messicana vede ancora il medico come un intellettuale, un teorico, da tenere rigorosamente separato dai "meccanici" come chirurgi e farmacisti, che esercitano una professione manuale e non hanno una formazione accademica, ma artigianale, acquisita nella pratica delle corsie ospedaliere per gli uni, nelle botteghe di farmacia per gli altri. L'incontro con gli scienziati illuministi arrivati da Madrid conferma Montaña nei suoi convincimenti profondi: la medicina deve diventare scientifica e basarsi sullo stesso metodo delle altre scienze sperimentali, a partire da un'osservazione costante, metodica e priva di pregiudizi dei fenomeni. Secondo l'insegnamento di Boerhaave, è poi convinto che nella formazione del medico lo studio della medicina debba essere integrato da quello di altre scienze: la fisica, la chimica, e, ovviamente, la botanica; per Montaña, i medici devono essere anche naturalisti, perché l'uomo è parte della natura. Segue i corsi di Cervantes con tanta passione e con risultati così brillanti che il maestro lo sceglie come assistente e già nel 1792 gli affida ufficialmente un corso di botanica. Nel 1795 sarà lui a pronunciare la prolusione dei corsi (nel suo discorso, farà l'elogio del metodo scientifico). L'incontro con Sessé, Cervantes e il quasi coetaneo Mociño, permette poi a Montaña di praticare quella medicina sperimentale che tanto auspica. Nel 1799, Sessé aveva proposto che nei due ospedali principali di Città del Messico, l'Hospital General de San Andrés e l'Hospital Real de los Naturales (riservato alla cura degli indigeni) venisse istituita una "Sala di osservazione", ovvero un laboratorio che permettesse di mettere alla prova le proprietà delle piante cui la tradizione locale attribuiva virtù officinali. Le osservazioni sarebbero state condotte sui ricoverati dei due ospedali dai medici José Mariano Mociño e Luis José Montaña e dal chirurgo Francisco Valdés, affiancati dal primo praticante Manuel Vasconcelos. Con l'approvazione del viceré, le sale di osservazione furono aperte nel dicembre 1800. La loro vita fu tuttavia breve, perché cessarono di esistere dopo il 1803, con la partenza di Sessé e Mociño per la Spagna. Una nuova didattica della medicina Non potendo accedere a una cattedra universitaria - la facoltà gli era ostile per i suoi metodi innovatori, ma anche per l'oscurità delle sue origini (Montaña era cresciuto in un orfanatrofio) - il medico pueblano negli anni in cui lavorò prima all'Hospital de los Naturales e poi al San Andrès riunì intorno a sé un gruppo di allievi privati, che lo affiancavano in corsia, conducevano le osservazioni sui pazienti, e poi, nella sua stessa casa, partecipavano a una sorta di accademia in cui i casi erano analizzati, paragonati, discussi. Intanto, in madrepatria le cose stavano cambiando. A partire dal 1795, a chi intendeva diventare medico fu imposto un anno di praticantato a Madrid, e a tal fine venne istituito il corso di Medicina pratica. Immediatamente, il viceré chiese alla Real y Pontificia Universidad di estendere la riforma alla Nuova Spagna, ma senza esito. Intorno al 1804, fu probabilmente proprio l'esperienza di Montaña a spingere l'arcivescovo Lizana y Beaumont a sollecitare l'autorizzazione del re, che venne concessa nel giugno 1805; nell'agosto 1806 anche la facoltà si rassegnò a dare l'imprimatur. Il corso di Medicina pratica poté così iniziare ufficialmente, e dal 1808 fu reso obbligatorio. Fu ovviamente affidato al nostro José Luis Montaña, finalmente uscito dalla dimensione "carbonara" dei corsi privati. Nel 1815 poté anche accedere alla sospirata cattedra universitaria, divenendo titolare di Visperas (ovvero la cattedra vespertina, meno prestigiosa e molto meno remunerata di quella principale, detta prima). Per le lezioni era prescritto come libro di testo gli Aforismi del vecchio Ippocrate. Montaña, preoccupato che i suoi studenti, non capendo il senso di precetti disposti in modo causale, lo studiassero a memoria, approntò per loro una selezione tra gli aforismi, raggruppati in modo logico e in coerenza con il suo metodo basato sull'osservazione diretta. Nacque così un'opera di un centinaio di pagine, Praelectiones et concertationes medicas pro Hippocratis magni aphorismis, pubblicata a partire dal 1817, seguita dalla traduzione spagnola, Las lecciones interpretativas de los aphorismos de Hipocrates. La decisione di basare la sua silloge su un'edizione diversa da quella obbligatoria, che giudicava assai corrotta, lo mise però ulteriormente in urto con la facoltà. Vicino al movimento indipendentista, Montaña era un medico impegnato nel sociale: scrisse memorie e opuscoli che sollecitavano misure igienico-sanitarie, come l'istituzione di bagni pubblici e la bonifica delle paludi. Denunciava la miseria in cui viveva il popolo e lo sfruttamento degli indios. Queste posizioni politiche fecero si che ben presto la facoltà lo privasse della cattedra. Quando morì, nel 1820, usando come pretesto le sue origini oscure, non gli furono resi gli onori che spettavano a un cattedratico, anzi fu sepolto in segreto. A rinnovarne la memoria e a salutarlo come precursore dell'insegnamento della Medicina clinica nel paese furono però i suoi numerosi allievi, che a partire dagli anni '30 furono tra i protagonisti del rinnovamento dell'insegnamento della medicina nel Messico ormai indipendente. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Montanoa, gli alberi delle margherite Immediatamente dopo la sua morte, a ricordare l'allievo, collaboratore e amico aveva però già provveduto Vicente Cervantes, dedicandogli una pianta medicinale, il cihuapatli ("medicina delle donne"), da secoli utilizzata nelle culture indigene per accelerare il parto e in diverse affezioni femminili, che ribattezzò Montanoa tomentosa. Il nuovo genere Montanoa, della famiglia Asteraceae, fu poi ufficializzato dal La Llave e Lexarza nel 1825. In precedenza (1820), la pianta era già stata descritta da Kunth come Eriocoma floribunda (nome non valido perché già utilizzato da Nuttall per una Poacea). Tralasciando i nomi proposti successivamente da altri botanici, vale la pena di ricordare che nel 1836 de Candolle propose di adottare la grafia Montagnaea, più vicina alla pronuncia del cognome del dedicatario (che si pronuncia "montagna"); per la regola della priorità, il nome oggi riconosciuto valido è quello di Cervantes, La Llave e Lexarza. Il genere Montanoa, della famiglia Asteraceae, comprende circa 25 specie distribuite in una fascia che va dal Messico centro-settentrionale alla Colombia centrale, lungo le catene montuose; alcune sono state introdotte come ornamentali in altri paesi tropicali, dove in alcuni casi si sono spontaneizzate. Tutte le specie sono legnose e caratterizzate da grandi fiori simili a margherite, con i fiori del raggio candidi e i fiori del disco gialli, verdastri o neri, il che ha loro guadagnato il nome inglese daisy tree, "albero delle margherite". La maggior parte delle specie sono arbusti, anche se spesso di grandi dimensioni (ad esempio, la specie tipo, M. tomentosa, può raggiungere i tre metri di altezza); quattro specie sono liane; cinque veri e propri alberi (tra i pochi in questa famiglia). Tutte e cinque le specie arboree vivono ad altitudini maggiori rispetto a quelle arbustive e condividono lo stesso habitat: la foresta nebulosa d'altura, dove la nebbia e la pioggerellina orizzontale assicurano umidità costante tutto l'anno. In ogni caso, lo spettacolo di una Montanoa in fiore è indimenticabile; mai scorderò il meraviglioso esemplare di M. hibiscifolia in piena fioritura che ho incontrato durante una lontana vacanza natalizia nelle isole Canarie: con i suoi mazzi di fiori candidi, messi ancora più in rilievo dal verde scurissimo della grandi foglie palmate, questo enorme arbusto che supera sei metri di altezza è a dir poco impressionante. Solo in fotografia ho visto i fiori meravigliosi di M. bipinnatifida, simili a dalie pon pon dal profumo di cioccolato. E rimane un sogno contemplare la fioritura di una Montanoa arborea, magari M. quadrangularis, l'arboloco (albero pazzo, forse perché ha fusti cavi che contengono un midollo bianco), una specie dei boschi umidi premontani della Colombia che può raggiungere i venti metri. Lo spettacolo della sua fioritura, a quando si dice, è indescrivibile. Qualche approfondimento e informazioni su una selezione di specie nella scheda.
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Sono arrivate sui banconi dei fiorai da meno di trent'anni e hanno conosciuto un successo travolgente, tanto da incominciare a minacciare la popolarità delle loro cugine maggiori, le petunie. Sono le Calibrachoae, lanciate sul mercato all'inizio degli anni '90 da una ditta giapponese come minipetunie, e oggi vendute in milioni di esemplari in una gamma di colori e forme sempre più ampia, tanto che il National Garden Bureau statunitense le ha proclamate piante dell'anno 2018. Sul finire del Novecento, dopo essere state assegnate per un secolo e mezzo al genere Petunia, hanno anche ritrovato la loro identità e il loro nome, un omaggio al farmacista ispano-messicano Antonio de la Cal y Bracho, uno dei protagonisti del "trapianto" della botanica moderna nel neonato Messico indipendente e fondatore del secondo orto botanico del paese. Una botanica alla ricerca dell'indipendenza L'opera del botanico e farmacista Antonio de la Cal y Bracho a Puebla de los Angeles è in perfetta continuità e comunanza di intenti con l'operato di Vicente Cervantes a Città del Messico. Come il più illustre collega, de la Cal era un farmacista spagnolo che si era formato al Real Jardin botanico di Madrid alla scuola di Casimiro Gomez Ortega; come lui, aveva una formazione scientifica che integrava la farmacia, la botanica, la chimica. E come lui si era trasferito in Messico, dove avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni, divenendo un membro di rilievo della comunità di intellettuali e studiosi che vi rinnovò lo studio della botanica e lo status delle professioni di cura, trasferendo nel viceregno gli insegnamenti di Linneo e Lavoisier e dando impulso alla nascita di una scuola botanica indigena (e spesso orgogliosamente indigenista). Non sappiamo quando fosse giunto in Messico, forse nel 1789, insieme al nuovo viceré, il filo illuminista Revillagigedo, e al suo futuro protettore, il canonico Ignacio Domeneq. Il primo dato certo ci porta al 1793, anno in cui il suo nome - con la qualifica di farmacista - compare tra i medici, farmacisti e chirurghi che assistettero alle dimostrazioni finali del corso di botanica di Cervantes, dove intervenne con alcuni quesiti; all'epoca prestava servizio come farmacista presso l'Hospital General de San Andrés di cui Cervantes era capo farmacista (Boticario Major). A Puebla arrivò nel 1795, per volontà di Domeneq, canonico prebendario della cattedrale di Puebla e commissario dell'Ospedale di San Pedro, che istituì per lui il posto di Boticario Major di quel nosocomio. Dopo i due ospedali della capitale, l'Hospital General de San Andrés e l'Hospital de San José de los Naturales, era il più importante del paese, anche per la sua posizione geografica che attirava i malati da tutto il Centro America. In stretto contatto con gli orti botanici di Madrid (cui inviava semi, tanto da essere riconosciuto nel 1796 come membro corrispondente) e Città del Messico, con cui scambiava piante e conoscenze scientifiche, de la Cal si impegnò attivamente per trasferire a Puebla le linee di rinnovamento scientifico già imposte da Sessé e Cervantes nella capitale. Come capo farmacista, curò la preparazione botanica del personale della farmacia dell'ospedale e assisté i medici nella sperimentazione clinica degli effetti delle risorse naturali autoctone (analogamente a quanto andava facendo Cervantes nei due ospedali della capitale). La posta in gioco era scientifica, economica e più tardi anche politica, tanto che con l'indipendenza del paese sarebbe stato imposto ufficialmente di sostituire i semplici e i preparati tradizionali, per lo più importati dalla Spagna o da oltremare, con medicamenti messicani. A tal fine, del la Cal elaborò una "Lista di piante e dei loro sostituti per l'uso dell'ospedale", che è considerato il primo nucleo del suo Ensayo para la Materia Medica Mexicana ("Saggio per una Materia medica messicana"). A Puebla de la Cal fu anche tra i protagonisti del movimento che mirava a sganciare la professione di farmacista dal controllo dal Tribunale del Protomedicato, l'organismo che in Spagna come nelle colonie vigilava su tutte le professioni sanitarie. Tra il 1803 e il 1810, i farmacisti di Puebla denunciarono la corruzione dell'ispettore delle farmacie designato dal Tribunale, chiedendo che il controllo sulle farmacie e sui loro prodotti fosse affidato a periti debitamente formati; a tal fine avrebbe dovuto essere istituito un fondo, parte destinato al pagamento dei periti, parte all'istituzione di un giardino botanico, affiancato da una cattedra di botanica dove professionisti e giovani praticanti fossero istruiti nella preparazione dei medicamenti. Di fronte alla sordità del Tribunale, nel 1807, de la Cal e alcuni colleghi passarono all'azione, aprendo una pubblica sottoscrizione per l'acquisto di un terreno adatto; il documento presentato ai patrocinatori è quasi un manifesto in cui si esalta l'importanza della botanica per il progresso, si sottolineano i rischi per la salute pubblica di medicamenti preparati da "indii erboristi" e da farmacisti incapaci di distinguere una specie dall'altra, si insiste sui risvolti anche economici dello studio della botanica (consigliando ad esempio l'introduzione nel paese di piante tessili come la canapa, di cui al tempo vi era grande richiesta per la fabbricazione di corde e vele navali), si propugna infine l'urgenza dello studio della chimica, secondo il metodo di Lavoisier. Come primi sottoscrittori de la Cal e un altro farmacista illuminato della città, Rodriguez de Alconedo, nel 1808 versarono 2500 pesos per l'acquisto di un terreno nei pressi del convento di Santa Rosa; i farmacisti poi nominarono patroni del progetto le due massime autorità religiose e civili: Manuel Ignacio del Campillo, vescovo di Angelopolis, e il conte de la Cadena, intendente di Puebla, che contribuì con mille pesos. La realizzazione del giardino fu diretta dallo stesso de la Cal, sulla base di un progetto disegnato da Luis Martin, un tecnico raccomandato da Cervantes. Tuttavia, proprio quando erano da poco iniziati i lavori, giunse la notizia dell'imprigionamento del re Ferdinando VII da parte di Napoleone; in questa difficile situazione politica, cessarono le sottoscrizioni e dal 1811 la realizzazione del giardino venne sospesa, tanto più che nel paese era scoppiata la guerra di Indipendenza e lo stesso conte de la Cadena era morto in battaglia, combattendo contro i ribelli. Soltanto nel 1824, a tre anni dalla proclamazione dell'Indipendenza del Messico, i lavori ripresero. Quell'anno venne fondata l'Accademia medico-chirurgica dello stato di Puebla de los Angeles, una nuova corporazione che univa i due gruppi di professionisti; tra i suoi intenti la creazione di una farmacopea indigena e la valorizzazione del contributo delle "scienze ausiliarie" alla medicina (botanica, farmacia, chimica, fisica). Il giardino passò sotto la giurisdizione del nuovo organismo, che nominò tra i responsabili della gestione Antonio de la Cal e suo genero, Manuel Garzòn. L'anno successivo l'Accademia, su suggerimento di de la Cal, finanziò la pubblicazione delle Tablas botanicas, un agile strumento di divulgazione della botanica linneana redatto da Julian Cervantes, figlio del cattedratico di Città del Messico. La stampa, finanziata con una pubblica sottoscrizione, si inquadrava nel progetto, ancora una volta suggerito dall'intraprendente farmacista, di istituire presso l'orto botanico una cattedra di botanica, con lezioni tre volte alla settimana, secondo il modello dei corsi di Cervantes nella capitale. Inoltre, nel giardino de la Cal impiantò coltivazioni sperimentali di piante da reddito, in particolare la canapa, alla quale dedicò un opuscolo. Nel 1828 il giardino passò sotto la giurisdizione del governo messicano, che previde anche forme di finanziamento; nel 1831, sempre per opera di de la Cal, fu dotato di un regolamento; ma nel 1838, nella situazione politica sempre più confusa del paese, cessò di esistere. Era sopravvissuto solo cinque anni a colui che l'aveva voluto con tutte le sue forze e aveva fatto di quel giardino la sua ragione di vita. Antonio de la Cal y Bracho era infatti morto nel 1833; ma l'anno prima era riuscito a dare alle stampe la sua opera più importante, Ensayo para la Materia Medica Mexicana. Con quest'opera, il farmacista pueblano si proponeva di integrare l'Ensayo a la Materia medica vegetal di Cervantes (suo costante punto di riferimento, insieme ai contributi dei suoi allievi José Mariano Mociño e Luis Montaña), approfondendo lo studio delle piante medicinali offerte dal fertile suolo messicano che, ne era convinto, avrebbero potuto sostituire del tutto quelle importate, con detrimento dell'economia nazionale e anche della salute pubblica, poiché "quelle che ci portano gli stranieri spesso ci arrivano prive di efficacia per la cattiva conservazione, e molte anche adulterate; mentre sarebbe facile, raccogliendole nel paese, averle più fresche e a prezzi più convenienti". L'opuscolo, di circa cento pagine, è una lista alfabetica di 116 piante, ordinate in base al nome latino (seguito da quello spagnolo e talvolta indigeno), integrata da una brevissima sezione sui semplici ricavati da animali e minerali. Pubblicato dall'Accademia medica di Puebla, ha come primi destinatari proprio i medici dell'Accademia stessa, che sono invitati a testare l'efficacia dei semplici elencati, integrando e perfezionando la lista. In questo modo, de la Cal congiunge la valorizzazione dei saperi tradizionali indigeni (puntando il suo interesse verso le piante cui da secoli le comunità locali riconoscono efficacia terapeutica) e il metodo della ricerca sperimentale di matrice colta e europea. D'altra parte, l'opera semplice e agile si rivolgeva anche ai non specialisti, con il proposito di offrire alle persone che vivevano in zone prive di assistenza medica un prontuario di preparati basati su piante facilmente reperibili, con l'indicazione delle dosi opportune per le più comuni affezioni. Una breve sintesi della vita di Antonio de la Cal y Bracho (sulla cui vita personale ho però trovato ben poco) come sempre nella sezione biografie. Petunia? No, Calibrachoa! La stima tra Cervantes e de la Cal era reciproca. Se il farmacista pueblano non manca mai di citare e rendere omaggio a quello che considera il suo maestro, il direttore dell'Orto botanico della capitale ricambiò sia aiutando concretamente l'amico (tra l'altro nel 1805 finananziò l'apertura della sua farmacia privata) sia dedicandogli uno dei tanti generi scoperti dai ricercatori della Real Expedicion Botanica. Come spesso accade per le denominazioni di Cervantes, utilizzate nei suoi corsi di botanica e preservate dagli appunti dei suoi allievi, ma non pubblicate in testi a stampa, il genere Calibrachoa fu ufficializzato dai due campioni della botanica indigenista, Pablo de la Llave e Juan José Lexarza, che vedevano in Cal y Bracho un precursore della lotta per l'indipendenza (per la sua battaglia contro il Tribunal de Protomedicado) e un padre fondatore della botanica messicana. La denominazione, pubblicata nel 1825 nella seconda parte di Novorum Vegetabilium Descriptiones, non ebbe però fortuna. I maggiori botanici del tempo (a partire da Don) ne assegnarono le specie al genere Petunia, e tale rimase la situazione fin quasi alla fine del Novecento. Tutto iniziò a cambiare negli anni '80 del secolo scorso. Mentre fino ad allora queste Solanaceae dai fiori piuttosto minuti erano passate pressoché inosservate, le loro potenzialità come piante ideali per i nostri balconi furono intuite dalla ditta giapponese Suntory, che in quegli stessi anni stava lavorando agli ibridi di Petunia che di lì a poco avrebbero invaso i mercati con il nome Surfinia. Le Calibrachoae sono originarie delle regioni tropicali del Sud America, in particolare del Brasile, dove vivono soprattutto sulle rocce o sui pendii aridi. Questa capacità di crescere in situazioni in cui il suolo è scarso e asciuga rapidamente, le rendono particolarmente adatte alla coltivazione in vaso, soprattutto in cestini appesi. Inoltre, le specie numerose (circa 28) e la vasta gamma di colori delle corolle le rendono particolarmente interessanti per un programma di ibridazione. Fu così nel 1992 (tre anni dopo il lancio di Surfinia), Suntory lanciò una prima gamma di ibridi di Calibrachoa, per il momento ancora chiamati Millon bells Petunias. Più o meno nello stesso periodo, anche i botanici stavano riconsiderando la posizione della bella addormentata del regno vegetale. Da tempo erano emerse evidenti linee di separazione rispetto al genere Petunia; dava da pensare, in primo luogo, il fatto che questo gruppo di specie non si ibridasse con le altre del genere (che invece tendono a incrociarsi con facilità). La ragione, si scoprì, è molto semplice: il genere Petunia ha 14 cromosomi, il genere Calibrachoa ne ha 18. Si osservarono poi differenze nella corolla (in Petunia durante l'estivazione i lobi sono sovrapposti, imbricati, su entrambi i margini, in Calibrachoa il lobo anteriore copre gli altri quattro), nella struttura cellulare delle foglie, nelle stesse caratteristiche generali (le Calibracoae sono piccole piante arbustive, le Petuniae sono grandi piante erbacee). Insomma, nel 1990, proprio mentre Suntory si preparava a lanciarle sul mercato, il botanico olandese H.J.W. Wijsman ristabilì ufficialmente il genere Calibrachoa, rimasto in soffitta per oltre 160 anni. Oggi, con milioni di piante vendute, e molte gamme che si sono aggiunte alla prima serie Million bells, Calibrachoa è ormai una superstar dei nostri balconi. Nel frattempo si è fatta più grande (le corolle di alcune serie non hanno niente da invidiare quanto a dimensioni a quelle della cara cugina), ha assunto una infinita gamma di sfumature (che copre l'intero arcobaleno, dal bianco al quasi nero passando per il giallo, l'aranciato, il rosso, il rosa, il viola, il blu), si è fatta bicolore, policroma, doppia, arricciata... E per non farci mancare niente, un'altra firma giapponese, la Sakata, ha creato x Petchoa, un ibrido intergenerico (ovviamente sterile) prodotto dell'ingegneria genetica che è riuscita a superare le barriere riproduttive tra i due generi. Prepariamoci all'invasione di SuperCal e Calitunia! Qualche approfondimento, come sempre, nella scheda. |
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November 2024
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