Il medico alsaziano Gustav Mülhenbeck per quasi trent'anni esplorò la flora della sua regione, condivise generosamente le sue raccolte, si fece un nome come esperto di crittogame. Tuttavia non scrisse mai nulla di botanica, e la morte gli impedì di scrivere l'opera sui funghi che progettava. Il suo vero lascito è un enorme erbario, perfettamente montato e accuratamente classificato secondo gli standard dell'epoca, oggi parte dell'erbario dell'Università di Strasburgo. A ricordarlo provvede anche il variabile genere Muehlenbeckia, di cui almeno una specie (o forse due) è coltivata anche nei nostri giardini. Un raccoglitore generoso, modesto e instancabile Con oltre mezzo milione di esemplari, l'erbario dell'Università di Strasburgo è uno dei più grandi d'oltralpe. Oltre alla collezione generale ed erbari specifici per la flora alsaziana e le crittogame, conserva separatamente anche una serie di erbari storici. Tra i più importanti l'erbario H. G. Mülhenbeck, risalente alla prima metà dell'Ottocento e qui depositato dalla Société Industrielle de Mulhouse. A crearlo fu l'alsaziano Henri Gustave Mulhenbeck (in tedesco Heinrich Gustav Mülhenbeck, 1798-1845), medico di professione e botanico e micologo per passione. Nato a Sainte-Marie-aux-Mines, una cittadina mineraria a ridosso dei Vosgi e rimasto presto orfano, Mülhenbeck studia medicina e chirurgia a Strasburgo e Parigi, dove si laurea nel 1822. La scoperta della botanica avviene negli anni universitari a Strasburgo, quando è allievo di Christian Gottfried Nestler, che gli trasmette la passione per le erborizzazioni, le crittogame e gli erbari. Da diversi anni, Nesteler affianca Jean-Baptiste Mougeot nella creazione di una grande collezione di exsiccata di crittogame (Stirpes cryptogamae vogeso-rhenanae) i cui fascicoli di cento esemplari o centuriae sono via via pubblicati anche in una versione a stampa a partire dal 1810. Il giovane allievo viene coinvolto nelle ricerche e stringe amicizia con Mougeot che sarà per lui un punto di riferimento e un modello di vita: proprio come più tardi Mülhenbeck, egli si divideva infatti tra la medicina e le scienze naturali, e per più di sessant'anni percorse instancabilmente i Vosgi alla ricerca di fossili e piante. Simile è anche la vita di Mülhenbeck, quando, fresco di laurea, si stabilisce come medico generico a Guebwiller, una cittadina ai piedi del Ballon d'Alsace all'imbocco della Valle del Florival. Nell'agosto 1823 così scrive proprio a Mougeot: "Percorrendo la valle per visitare i malati, si trova la strada meno lunga grazie alla diversità dei prodotti di Flora"; e una volta a casa, nel proprio gabinetto medico "non si può trovare società migliore dell'erbario, che è dunque il mio migliore amico e diventa di giorno in giorno più caro: si tra tranquilli con lui!". Nel tempo libero, le passeggiate si allungano per esplorare la flora delle colline calcaree dei dintorni, dove scopre diverse piante segnalate per la prima volta nella regione. Non che il giovane dottore sia un asociale. Nel 1828 viene iniziato alla loggia massonica La Parfaite armonie di Mulhouse, dove incontra un medico dalle idee progressiste, Pierre Paul Jaenger, che più tardi aderirà alle idee socialiste di Fourier. La loggia è soprattutto l'espressione della borghesia imprenditoriale della città, un importante centro tessile, i cui membri, quasi tutti protestanti calvinisti di idee liberali, negli anni napoleonici avevano avuto un ruolo di primo piano nella vita politica locale e ora, negli anni della restaurazione, promuovono iniziative economiche, educative, assistenziali. Nel 1825 viene fondata la Societé industrielle de Mulhouse (SIM); tra i 22 soci fondatori, 12 sono membri della loggia. L'obiettivo principale della SIM è "fare passere l’industria dallo stato empirico al rango di una vera scienza"; per perseguirlo, nel 1829 la società si doterà di un Comitato di scienze naturali (Comité des sciences de la Nature), che con gli anni diventerà una vera e propria società scientifica, con tre sezioni dedicate alla botanica, all'ornitologia e alla paleontologia. Mülhenbeck ne diventa il segretario e nel 1831 è tra i membri fondatori della Société médicale du Haut-Rhin. Ormai molto riconosciuto nella sua professione, nel 1833 egli si traferisce a Mulhouse, dove vive ed esercita fino alla morte. Si interessa di storia locale e nei primi anni '30 pubblica diversi articoli sulla Revue d'Alsace. Anche se la botanica non è mai dimenticata, per qualche anno passa un po' in secondo piano. Ritorna prepotentemente al centro della sua vita grazie all'amicizia con Wilhelm Philippe Schimper, che nel 1836 pubblica insieme a Philipp Bruch il primo dei sei volumi di Bryologia europea; i due lo coinvolgono nelle loro ricerche; Mülhenbeck erborizza con loro, condivide le sue raccolte e nel 1839 li accompagna in una lunga escursione attraverso le Alpi; nel 1844, sarà di nuovo con loro nei Grigioni. Con Schimper, Bruch e Mougeot, ormai anziano ma sempre attivo, scopre diverse specie di muschi precedentemente mai segnalate in Svizzera, appartenenti alla flora nordica, da considerare relitti della flora preglaciale. Esplora anche l'area di Basilea e comunica diversi ritrovamenti a Carl Meissner e Karl Friedrich Hagenbach, che lo cita ripetutamente nel secondo volume di Tentamen florae basileensis. Come Schimper, oltre che ai muschi, si interessa ai fossili e alla paleontologia, ma non scrive nulla né di questi argomenti né di botanica, accontentandosi di condividere generosamente le sue raccolte con amici e corrispondenti. Progetta invece di scrivere un libro sui funghi e inizia addirittura a farne disegnare e dipingere un gran numero; ma il progetto non si concretizzerà, perché muore prima dei cinquant'anni, nel 1847. Un genere variabile... con qualche confusione Della sorte delle illustrazioni di funghi, che dopo la sua morte secondo Kirschleger furono acquistate dal banchiere Édouard Vaucher, non sappiamo nulla. Rimane invece come maggiore lascito proprio "l'amico erbario". Mülhenbeck non aveva mai cessato di arricchirlo fin da quando, studente universitario, partecipava alle prime escursioni con Nestler e Mougeot; alla sua morte, contava ben 20.000 esemplari, accuratamente montati e classificati secondo il sistema che andava alla maggiore ai suoi tempi, quello di de Candolle. Le sue raccolte personali erano considerevoli, molto l'ottenne con scambi con altri botanici, ma soprattutto non lesinò spese per acquistare esemplari messi in vendita da altri raccoglitori. Così quell'erbario, che nel 1857 Kirschleger, autore di Flore d'Alsace, definì "magnifico", oltre a specie della flora dell'Alsazia e della Svizzera o più un generale europea, comprende anche exsiccata di piante esotiche: tra le altre, piante raccolte in Algeria da Bové; in Medio Oriente da Boissier, Kotschy e Pinard ; nel Caucaso da Hohenacker; in varie parti dell'Asia da Helfer; in Indonesia da Kollman; in Sudafrica da Ecklon, Zehyer e Drège; in Australia da Preiss; nelle Americhe da Hartweg, Hostmann, Blanchet e von Martius. In tal modo costituisce un'importante testimonianza dell'attività di alcuni dei principali raccoglitori della prima metà dell'Ottocento. Alla morte di Mülhenbeck , l'erbario fu messo in vendita dagli eredi; con un notevole sforzo finanziario e ricorrendo a una sottoscrizione, riuscì ad aggiudicarselo per 10.000 franchi la Societé industrielle de Mulhouse; ospitato in un'intera stanza della sede dell'istituzione, il prezioso lascito riuscì a superare indenne le vicissitudini e i bombardamenti di due conflitti mondiali, finché, non avendo né le risorse finanziarie né le strutture per assicurarne l'adeguata conservazione, la società decise di depositarlo presso l'Università di Strasburgo. Nel 2007 ne è iniziata la digitalizzazione, compito non facile vista l'ingentissima mole. Come tappa preliminare, si è provveduto all'inventario delle famiglie e dei generi rappresentati, inizialmente sotto la nomenclatura usata dallo stesso Mühlenbeck. Si passerà poi all'allineamento con la nomenclatura attuale, anche allo scopo di scegliere le famiglie o i generi da digitalizzare in modo prioritario. A ricordare il medico alsaziano, oltre al gigantesco erbario, ha provveduto da tempo la dedica di alcune piante, come il muschio Bryum muehlenbeckii, e il genere Muehlenbeckia. A dedicarglielo nel 1841, dunque quando Mühlenbeck era ancora in vita, fu uno dei suoi corrispondenti, lo svizzero Carl Meissner, professore di botanica dell'Università di Basilea, che così scrive: "Ho dedicato questo genere al chiarissimo amico Gustav Mühlenbeck, dottore in medicina, medico a Mulhouse, esploratore e osservatore instancabile della flora alsaziana, specie di quella crittogamica, autore di un'opera micologica che sarà presto pubblicata". Meissner scrisse tra l'altro una monografia sulle Polygonaceae e pubblicò molte piante australiane. E infatti creò il genere a partire da due specie del continente australe, M. australis, originaria della Nuova Zelanda, e M. adpressa, originaria dell'Australia meridionale. Oggi al genere sono assegnate circa 25 specie distribuite tra la Papuasia e l'Australasia e dall'nord America subtropicale al Sud America. La sua caratteristica saliente è la variabilità: raccoglie infatti erbacee perenni, arbusti eretti più o meno legnosi, liane tanto rampicanti quanto tappezzanti. Tutte hanno radici rizomatose, ma differiscono in tutto il resto: nella forma delle foglie, dotate o meno di picciolo, sempreverdi o decidue; nelle dimensioni dei fiori, verdastri e insignificanti in alcune specie, relativamente vistosi in altre; alcune specie sono dioche, altre ginodioche, altre monoiche. Nei nostro giardini la più coltivata è M. complexa, anche se non di rado è commercializzata sotto il nome arbitrario di M. axillaris. Le due specie, in effetti, entrambe originarie della Nuova Zelanda (M. complexa è presente anche in Tasmania e nell'Australia meridionale), si assomigliano, anche se non al punto di confondersi. M. axillaris è una tappezzante bassa che forma densi tappeti anche di un metro di diametro, espandendosi sia tramite rizomi sia radicando ai nodi. In estate produce masse di minuscoli fiori bianco crema, portati in gruppi fino a tre all'ascella fogliare. M. complexa ha fusti volubili molto più sottili, che possono ricedere o arrampicarsi sulle rocce o sulla vegetazione circostante e forma molti rami che tendono a intrecciarsi strettamente. Porta foglie picciolate sempreverdi (possono però cadere negli inverni più rigidi), lucide, più o meno arrotondate, ma variabili nella forma e nelle dimensioni anche sulla stessa pianta. I piccoli fiori a stella, raccolti in spighe lunghe circa 2 cm che emergono all'ascella dei rami, sono profumati e seguiti da bacche traslucide. Ottima come ricadente da muretti, è adatta anche alla coltivazione in vaso. Forse perché limitatamente rustiche, le Muehlenbeckia da noi non hanno finora manifestato le potenzialità invasive delle sorelle Fallopia e Reynoutria. Ma non è ovunque così: in California M. complexa è diventata così problematica da essere sottoposta a programmi di eradicazione. Per un approfondimento sulle specie neozelandesi, in tutto cinque, due delle quali endemiche, nonché su qualche altra specie interessante o curiosa, si rinvia alla scheda.
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Alla storia di James Dickson, il quarto e ultimo dei padri fondatori della RHS ad essere onorato da un nome generico valido, si adatterebbe il titolo "Dalla vanga al milione". Nato in una povera famiglia scozzese, non solo si trasformò nell'agiato proprietario di un vivaio e di un negozio di piante e sementi, ma acquisì reputazione internazionale come pioniere degli studi di un ramo ancora trascurato della botanica, quello delle crittogame. A ricordarlo, grazie a un botanico francese innamorato dei giardini inglesi, le stupefacenti felci arboree del genere Dicksonia. Con un'appendice sul misterioso botanico polacco Zier e la sua Zieria. Un giardiniere con il bernoccolo degli affari Al contrario di quanto accadde a Richard Salisbury e William Forsyth, nessuna polemica polemica sfiorò James Dickson, che seppe guadagnarsi la stima dei contemporanei tanto negli affari quanto nella scienza, tanto che nel suo necrologio James Edward Smith, presidente della Linnean Society, e suo intimo amico, ebbe a definirlo "un uomo di integrità senza macchia". La sua storia sembra quasi uscire da uno di quei racconti edificanti che si facevano leggere ai ragazzi nell'Ottocento per dimostrare che "volere è potere". Nato in una famiglia scozzese povera, cominciò la sua carriera come apprendista nel giardino del signorotto locale, il conte di Torquay. Un giorno sentì un altro garzone chiedere a un compagno più esperto il nome di una pianta; rimase affascinato dalla risposta competente e decise di saperne di più, dedicando tutto il suo tempo libero allo studio della botanica. Diventato adulto, proprio come Forsyth e centinaia di altri giardinieri scozzesi, emigrò a Londra dove trovò lavoro come giardiniere presso il vivaio Jeffrey and Co., a Kensington; più tardi lavorò in un vivaio di Hammersmith, probabilmente il celebre "The Vineyard" di Lee & Kennedy. Lavorando anche in diverse grandi proprietà, mise insieme abbastanza risparmi da aprire, nel 1772, un proprio negozio di piante e sementi al Covent Garden; una scelta che dimostra il suo fiuto per gli affari: era un'area frequentatissima, con caffè, teatri e il più importante mercato di Londra. Infatti al nuovo negozio arrise subito il successo, attirando clienti importanti, come lo stesso Forsyth (all'epoca sovrintendente dell'orto botanico di Chelsea) e James Edward Smith. Ma l'incontro più importante fu quello con Joseph Banks, che gli divenne amico e lo coinvolse nel suo circolo di studiosi e appassionati di botanica. Nel 1781, quando l'amministrazione del British Museum era alla ricerca di un nuovo giardiniere, sempre su suggerimento di Banks, Dickson presentò la sua candidatura; poiché la sua offerta risultò la più competitiva, ottenne l'appalto, mantenendo l'incarico fino alla morte. Negli anni '90, la sua posizione economica divenne ancora più solida, con l'acquisto di un grande vivaio a Croydon, che gestì fino al 1799, quando si ritirò dall'attività (ma mantenendo il negozio di Covent Garden, che alla morte lasciò al figlio, con una cospicua eredità a lui e alle figlie). Il fascino discreto delle briofite Quest'uomo d'affari di successo seppe anche diventare un botanico di rinomanza internazionale. Anche in questo caso, c'è lo zampino di Banks, che oltre a metterlo in contatto con il Gotha della botanica britannica, ne incoraggiò gli studi mettendogli a disposizione la sua ricca biblioteca. Fu ancora Banks a coinvolgerlo nel 1788 nella fondazione della Linnean Society (creata e presieduta da un altro amico, James Edward Smith) e nel 1804 della Horticultural Society, di cui Dickson fu eletto vicepresidente. In tal modo, egli è l'unico - oltre a Banks, ça va sans dire - ad essere annoverato tra i padri fondatori di entrambe le istituzioni. Intorno al 1780 Dickson cominciò a interessarsi a quello che sarebbe diventato il suo campo di elezione: le crittogame. In un'epoca in cui l'interesse dei botanici era indirizzato piuttosto verso le fanerogame, i suoi studi ebbero un ruolo pionieristico. Questa passione singolare lo riportava alla sua terra d'origine, la Scozia. Per la sua posizione geografica, la varietà climatica e la diversa natura dei suoli, la Scozia è infatti il paradiso delle briofite: la costa occidentale è ricca di specie di muschi e licheni dell'area oceanica; i banchi assolati del sud-est ospitano specie mediterranee; nelle aree montane - quelle più ricche di specie - a dominare sono quelle nivali e alpine; le montagne delle Higlands nordoccidentali ospitano una comunità unica al mondo, denominata "Northern Hepatic Mat", dominata da una serie di licheni rari, alcuni dei quali vivono solo qui, nell'Himalaya e nelle montagne del British Columbia in Canada (a migliaia di km di distanza). Con le sue 920 specie di briofite, non sorprende che la Scozia abbia dato i natali ai pionieri degli studi di muschi, epatiche e licheni: Archibald Menzies, Robert Brown, William Hooker e, naturalmente, il nostro James Dickson. Per raccogliere e studiare le sue piante predilette, tra il 1785 e il 1791 Dickson ritornò più volte in Scozia, esplorandone i diversi ambienti, comprese le isole Ebridi, talvolta da solo, talvolta con alcuni amici (J. E. Smith, che lo vide in azione, lo soprannominò "Dickson occhio di lince" per l'acume con cui sapeva scovare nuove specie). Nel 1789, fu accompagnato dal giovane cognato diciottenne, lo studente di medicina Mungo Park. Più tardi, lo presentò a Banks, che ne fece uno dei suoi cacciatori di piante. Si deve dunque a Dickson l'inizio della carriera del celebre esploratore scozzese. I risultati della ricerche di Dickson furono presentati nei quattro Fasculi Plantarum Crytogamicarum Britanniae, usciti rispettivamente nel 1785, 1790, 1793 e 1801, in cui vengono descritte circa 400 specie di muschi, epatiche, licheni, alghe e funghi delle isole britanniche; se per le prime categorie Dickson attinse soprattutto al materiale raccolto nelle spedizioni scozzesi (con moltissime specie descritte per la prima volta), per le alghe e i funghi si appoggiò sulle raccolte di amici e corrispondenti, soprattutto nell'Inghilterra meridionale. All'epoca, soprattutto se si desiderava diffondere le proprie opere a livello internazionale, la lingua della scienza era ancora il latino, una lingua estranea a Dickson, un self made man privo di preparazione accademica. Perciò, per la stesura dei primi tre fascicoli si avvalse della collaborazione del misterioso botanico polacco Jan Zier e per l'ultimo di quella di Robert Brown, che scrissero le descrizioni tecniche in latino. I volumi erano illustrati dagli acquarelli del grande pittore botanico James Sowerby. L'importanza dei contributi di Zier e Brown (semplici "traduttori" o autori veri e propri) è oggetto di discussione. Il primo fascicolo è aperto dalla dedica a Joseph Banks "baronetto, presidente della Royal Society, curatore del British Museum, principe dei botanici". Seguono le descrizioni delle specie, divise in tre categorie: Musci (che comprende anche altre briofite, come le epatiche), Algae (che curiosamente comprende anche i licheni), Fungi. In un'appendice solo elencate le piante scozzesi segnalate per la prima volta nel corso dei suoi viaggi, con la denominazione linneana. Oltre a diversi contributi pubblicati sulle Transactions della Linnean Society e della Horticultural Society, Dickson fu autore anche di due opere sulla flora britannica che divulgarono il sistema linneano: A Collection of Dried Plants, named on the authority of the Linnaean Herbarium, and other original collections, pubblicato tra il 1787 e il 1799, in 17 fascicoli; Hortus Siccus Britannicus, in 19 fascicoli usciti tra il 1793 e il 1802. Alla sua morte, avvenuta nel 1822, fu commemorato da un necrologio del suo vecchio amico James Edward Smith. Una sintesi della sua lunga e operosa vita nella sezione biografie. L'Heritiér de Brutelle e la Dicksonia di Sant'Elena Come Dickson giunse a donare il suo nome al magnifico genere Dicksonia, che comprende spettacolari felci arboree, la più nota delle quali è la neozelandese D. anctartica, è un'altra bella storia da raccontare. Nel maggio 1771, sulla rotta di casa, l'Endevour, la nave del primo viaggio di Cook, fece scalo a Sant'Elena per rifornimenti; Banks e l'amico Solander ne approfittarono per erborizzare. Li colpirono le magnifiche felci arboree che rivestivano le parti più alte dell'isola e ne raccolsero le spore; arrivate a Londra, germinarono, e alcuni anni dopo alcuni esemplari della felce ancora senza nome erano la gloria dei giardini di Kew. Fu lì che la vide nel 1786 il botanico francese L'Héritier de Brutelle, che si era rifugiato a Londra con l'erbario di Dombey piuttosto di restituirlo alla corona spagnola. I botanici britannici lo accolsero a braccia aperte e L'Héritier volle ripagare la cortesia dedicando ad alcuni di loro diversi nuovi generi nel suo Sertum anglicum (1788), in cui descrisse alcune specie di Dombey insieme a piante rare che aveva visto nei giardini inglesi. A Dickson - forse perché era un esperto di crittogame, anche se non di felci - toccò la felce di Sant'Elena, ribattezzata Dicksonia arborescens. Il genere Dicksonia, appartenente a una famiglia propria (Dicksoniaceae), comprende circa 25 specie di felci con rizomi solitamente eretti, simili a tronchi, ma talvolta striscianti, che culminano con un morbido ciuffo di lunghe fronde. La sua distribuzione geografica è singolare: con centro di irradiazione probabilmente in Nuova Guinea (dove si trovano 5 specie), si spinge a nord in Indocina, poi a est attraverso il Pacifico, raggiungendo le Filippine, l'Australia, la Nuova Zelanda (con le specie più rustiche, quindi più note e coltivate da noi), la Nuova Caledonia, quindi, varcato l'Oceano, in Messico, America centrale, Perù, Brasile. Come si arrivata a Sant'Elena, nessuno lo sa: l'isola dove fu relegato Napoleone dista 1900 km dalla costa africana (in questo continente le Dicksoniae non sono mai arrivate) e 3250 dalla costa del Brasile, dove vive la specie più vicina, D. sellowiana. Del resto, queste bellissime felci hanno avuto il tempo per viaggiare: sono piante antichissime, la cui origine si fa risalire al Giurassico e al Cretaceo (almeno 150 milioni di anni fa). Qualche approfondimento nella scheda. Il misterioso Zier e l'elusiva Zieria Ma è ora di strappare all'oblio Jan (o John) Zier, collaboratore o gost writer di Dickson. Su di lui c'è arrivato davvero pochissimo: la data di morte, le sibilline motivazioni della dedica del genere Zieria, un manoscritto dimenticato, qualche notizia sparsa che trapela qua e là dalle pubblicazioni del tempo. Le maggiori informazioni su di lui si devono a una nota di G. Jameson, pubblicata nel 1810, che ci informa che era polacco, definendolo "un botanico valente e industrioso". Quando e dove fosse nato, non si sa, né quando e perché sia approdato in Inghilterra. In un manoscritto che inviò non sappiamo quando né perché a Menzies (in sostanza, il manoscritto delle descrizioni scritte per i fascicoli di Dickson) Zier dice di essere amico di J.F. Ehrhart, direttore dell'orto botanico di Hannover. Dato che il re d'Inghilterra era anche Principe elettore di Hannover, e nel 1780 Ehrhart fu nominato Botanico reale e elettorale, potrebbe essere stato lui a fare da tramite al trasferimento di Zier in Inghilterra. E' possibile che vi giungesse nel 1785, anno in cui uscì il primo fascicolo dell'opera di Dickson sulle crittogame. Nell'Hortus kewensis (ovvero il catalogo di Kew) del 1787, risultano come procurate da lui alcune piante provenienti dall'Europa centrale, in particolare dall'Austria e dalla Pannonia. Nel 1788, in occasione della seconda riunione della Linnean Society, vi fu ammesso su proposta del presidente, James Edward Smith, segno che all'epoca era già un botanico rinomato. In una nota scritta diversi anni dopo nella Cyclopedia di Rees, lo stesso Smith sostiene che siano di mano di Zier anche le descrizioni della Flora londinensis di Curtis uscita in sei volumi tra il 1777 e il 1798, un'insinuazione che non trova riscontri in altre fonti. Un altro amico di Zier fu il botanico John Sims, che ne ereditò l'erbario (che comprende anche alcune briofite); secondo il già citato Jameson, nel 1796 (o forse alla fine del 1795) Zier si accingeva a tornare in Polonia, dove gli era stata assegnata una cattedra quando, consunto da una malattia cronica, morì, ancora in età abbastanza giovane. Poco dopo, nel 1798, James Edward Smith volle ricordarlo dedicandogli il genere Zieria in Transactions of the Linnean Society, dicendo esplicitamente che era un modo di sottrarlo all'oblio, visto che le sue fatiche erano diventate celebri sotto il nome di altri (allusione a Dickson e forse anche a Curtis?). Inoltre, lo specifico zieri è stato assegnato ad alcune briofite da lui descritte nei fascicoli di Dickson. Zieria è un piccolo genere della famiglia Rutaceae che comprende una quarantina specie, tutte endemiche dell'Australia orientale, tranne Z. chevalieri, presente in Nuova Caledonia. Sono graziosi arbusti dal portamento prostrato o piccoli alberi, con foglie opposte e composte, trifoliate con la fogliolina centrale lievemente maggiore delle due laterali. I fiori, raccolti in infiorescenze all'ascella fogliare, hanno quattro sepali fusi, quatto petali alternati con i sepali e quattro stami. E' molto simile all'affine Boronia, da cui si distingue per le foglie, il numero di stami (quattro in Zieria, otto in Boronia) e alcune particolarità dei frutti; come quelli di Boronia, anche le foglie e i fiori di alcune specie di Zieria sono ricchi di olio essenziale, con usi medicinali e in profumeria. In continuità con il loro elusivo dedicatario, sono piante decisamente di nicchia: molte sono endemismi di piccole aree a rischio di estinzione; alcune sono state identificate e descritte solo da pochissimi anni; soppiantate dalle più vistose Boroniae, anche nei guardini australiani, con qualche eccezione, non sono molte diffuse; nei giardini di altri continenti non sono mai arrivate. Qualche informazione in più e una selezione di specie nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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