Nel 1626, poco dopo essersi insediata a Batavia, di fronte alle malattie e alle epidemie che decimavano i suoi uomini nelle Indie orientali, la VOC decise di inviare in Indonesia un medico capo che coordinasse tutto il settore saniatario. La scelta cadde su Jacob de Bondt (Jacobus Bontius). Prima di cadere vittima egli stesso delle malattie che affliggevano la colonia olandese, lavorò a Giava per appena quattro anni, molto fruttuosi per le sue ricerche sulle malattie tropicali e sulla storia naturale dell'isola. Lo si ricorda soprattutto per aver descritto per primo malattie come il beriberi e la framboesia e animali come il rinoceronte di Giava e l'orango. Plumier e Linneo gli dedicarono il genere montipico Bontia, che però, dalle Indie orientali, ci porta in quelle occidentali. Un medico olandese nell'insalubre Batavia Nel 1619 la Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC) prende il controllo della regione di Jayakarta, nel settentrione dell'isola di Giava, e sulle rovine dell'antica capitale edifica un insediamento fortificato che da quel momento ospiterà il suo quartier generale. All'inizio del 1621, con una solenne cerimonia, viene battezzato Batavia (in ricordo dei Batavi, l'antica tribù che abitava l'Olanda all'epoca romana, in cui gli olandesi riconoscono i propri antenati). Per la sua posizione, Batavia era perfetta per essere il centro amministrativo, mercantile e militare della VOC, ma pessima dal punto di vista sanitario. È stato calcolato che nel periodo che va dalla fondazione al 1739 ogni anno tra 500 e 700 dipendenti della Compagnia vi soccombessero di tifo, malaria, dissenteria, beriberi e altre malattie; la cifra si accrebbe drammaticamente dopo questa data, con 2000-3000 perdite annue. Inizialmente l'assistenza sanitaria fu affidata ai chirurghi di bordo delle navi della Compagnia e furono anche inviati alcuni medici nelle stazioni commerciali più grandi, ma nel 1626 i "17 signori" (ovvero la direzione della VOC) decisero di inviare a Batavia un medico capo che dirigesse e coordinasse tutto il settore. La scelta cadde su Jacob de Bondt (o alla latina Jacobus Bontius, 1592-1631). Bondt aveva tutte le carte in regola per assolvere pienamente il compito di medico, farmacista e ispettore dei chirurghi delle Indie orientali. Laureato in medicina all'università di Leida nel 1614, apparteneva a una famiglia di medici e docenti universitari. Suo padre Geraert de Bondt (Gerardus Bontius) fu il primo professore di medicina, matematica e astronomia dell'ateneo, e dal 1587 fu il primo titolare della cattedra di anatomia e botanica, cui nel 1598 si aggiunse la direzione dell'orto botanico. Celebre per la sua erudizione, dell'università di Leida fu anche rettore. Tre dei suoi quattro figli maschi, Reiner, Johannes e Jacob, furono medici. Il maggiore Reiner (o Reynerius Bontius) fu a sua volta professore di medicina e rettore dell'Università di Leida, nonché medico personale di Maurizio d'Orange. Il quarto fratello Willem era invece un giurista ed ebbe ruoli pubblici, incluso quello di borgomastro di Leida e si rese celebre, più che per le sue posizioni religiose ostili ai rimostranti, per aver inscenato un solenne funerale del suo cane che causò grave scandalo. Ma ciò avvenne alcuni anni dopo la morte del nostro Jacob. Quest'ultimo era il più giovane degli otto figli (c'erano anche quattro sorelle) del professor Geraert, e accettò con entusiasmo la proposta dei 17 signori, deluso delle sue prospettive di carriera in patria e convinto che un soggiorno di qualche anno nelle Indie gli avrebbe aperto la strada di una cattedra universitaria. Era talmente fiducioso di questo brillante futuro che decise di portare con sè in Indonesia la moglie e i due figli bambini. Nel marzo 1627 la famiglia Bondt si imbarcò per Giava; sulla stessa nave viaggiava in incognito, a sua volta accompagnato dalla moglie, da un figlio neonato e da altri parenti, il governatore generale delle Indie olandesi Jan Pieterszoon Coen. Bondt portava con sè anche la sua biblioteca di oltre 2000 volumi. Durante il viaggio, che si protrasse fino al 13 settembre, la moglie di Bondt morì. Era il primo dei lutti che avrebbero funestato l'avventura del medico nelle Indie olandesi. Risposatosi poco dopo l'arrivo a Batavia, nel giugno 1630 perse anche la seconda moglie, morta di colera; all'inizio del 1631, fu la volta del figlio maggiore, morto di una malattia infantile (forse morbillo). La menzione della morte di amici e conoscenti punteggia le sue opere ed egli stesso, soprattutto durante i due assedi di Batavia del 1628 e del 1629, si ammalò gravemente e per due volte fu in punto di morte. Indebolito nel corpo e nello spirito, si spense infine a soli 39 anni il 30 novembre 1631. I compiti professionali affidati a Bondt erano gravosi: come medico capo, doveva soprasiedere all'ospedale di Batavia, verificare l'equipaggiamento medico delle navi della Compagnia, ispezionare l'attività di medici e chirurghi (è possibile che a tal fine abbia fatto un viaggio di ispezione nelle Molucche e a Timor), praticare autopsie, prestare assistenza medica ai dirigenti della VOC, a cominciare dal governatore Coen (questi morì di colera durante il secondo assedio di Batavia, e Bondt nella sua opera ne descrive la malattia e la morte). Inoltre durante i due assedi fu nominato membro della corte di giustizia, nel 1630 fu advocaat fiscal e dal 1630 alla morte balivo di Batavia. Nonostante tutti questi impegni, la cattiva salute e i lutti, dedicò moltissimo tempo a investigare la medicina e la natura delle Indie olandesi, con fini sia medici sia più generali. Poco dopo il suo arrivo a Batavia, scrisse a uno dei suoi fratelli: "Mi sto applicando per raggiungere non solo la conoscenza delle erbe che crescono qui a Giava, ma soprattutto per acquisire un'idea più perfetta delle spezie di cui la nostra parte del paese è più fruttuosa". Immediatamente dopo la conclusione del secondo assedio di Batavia (maggio-settembre 1629), completò Methodus Medendi qua in Indiis Orientalibus oportet in cui descrisse 19 malattie del ventre, del torace e della pelle comuni nelle Indie ma sconosciute nei Paesi Bassi, tra cui il beriberi e la framboesia. Dimostrò anche grande ammirazione per i guaritori locali, in particolare per la loro abilità nel curare la dissenteria e altre affezioni intestinali. Ne fece i suoi informatori per conoscere le virtù delle erbe medicinali, nelle quali riconosceva il rimedio sovrano: "Dove le malattie sono endemiche, la mano generosa della natura ha piantato a profusione erbe le cui virtù sono adatte a contrastarle". Nella dedicatoria a Methodus Medendi, dedicato ai 17 signori, egli afferma di star componendo un'opera sulla storia naturale della regione e quando sarà finita promette "un commento sugli alberi, arbusti ed erbe che crescono a Giava". Lamenta anche che la malattia, che lo ha bloccato per quattro mesi gli abbia impedito di "viaggiare nel paese per esplorare liberamente le deliziose foreste di Giava e acquisire una conoscenza esatta delle erbe più nobili che vi vivono". Per scrivere quest'opera, da tempo doveva aver cominciato a raccogliere note di campo e disegni. Nel gennaio 1631 Bondt completò una seconda opera, De conservanda valetudine; si tratta di un dialogo sul modo migliore per conservare la salute nel clima difficile delle Indie, ispirato ai Coloquios dos simples e drogas da India di Garcia da Orta, che Bondt conosceva grazie all'edizione di Clusius. Gli interlocutori sono lo stesso Bondt (Bontius) e Duraeus, ovvero lo scozzese Andrew Durie, capo chirurgo del Castello e più tardi del secondo ospedale di Batavia. Fu compagno di escursioni di Bondt che lo definisce "chirurgus expertissimus". Subito dopo aver completato questo breve lavoro, in cui in vari punti si discosta da Garcia da Orta, Bondt ne analizzò più compiutamente l'opera in Animadversiones in Garciam da Orta, in cui, secondo Cook, "offre gentili correttivi e supplementi all'opera di da Orta"; al suo predecessore si ispira come metodo, ma aggiunge molte informazoni di prima mano. Così descrive Assa foetida che il portoghese conosce solo di nome e a proposto del rinoceronte che da Orta confessa di non aver mai visto, Bondt scrive: "Non solo l'ho visto un centinaio di volte nascosto nelle sue tane, ma anche mentre vaga nella foresta", per poi raccontare un incontro alquanto pauroso. Era un assaggio della quarta e ultima opera di Bondt, quella sulla storia naturale di Giava, che considerava il suo compito principale ma non riuscì a completare a causa della morte. Più di dieci anni dopo la sua scomparsa, i tre saggi completati, preceduti dalla dedicatoria a mo' di prefazione, andarono a costituire De medicina Indorum (Leida, 1642). pubblicata a cura del fratello Willem. Più tardi. non sappiamo per quali vie, il manoscritto dell'incompleta storia naturale pervenne a Willem Piso, che decise di pubblicarlo nella sua De Indiae Utriusque re naturali et medica (Amsterdam, 1658). L'opera di Bondt ne costituisce la seconda parte, Historia naturalis et medica Indiae orientalis, in sei libri; i primi quattro sono una riedizione di De medicina indorum, il quinto ("De quadrupedibus, avibus et piscibus") e il sesto ("De plantis et aromatibus") sono tratti dal manoscritto inedito. Gli animali presentati sono 33 e le piante 62. Cook, che ha riscoperto ed esaminato il manoscritto originale, conservato tra le carte appartenute al collezionista William Sherard, ha constatato che esso contiene le descrizioni, senza ordine apparente, di 16 animali e 42 piante; molte sono accompagnate da illustrazioni, note e commenti. Presumibilmente c'era un secondo volume, oggi perduto. Confrontando il manoscritto con il testo a stampa, risulta che Piso ha dato un ordine ai materiali, ha ritoccato il latino, aggiunto poemi introduttivi e informazioni occasionali, e anche introdotto qualche argomento nuovo, basandosi su informazioni ricevute da persone che erano state nelle Indie dopo Bondt. Insomma, si comportò da editor relativamente rispettoso, come abbiamo già visto per i materiali sulla flora e la fauna brasiliane ricavati da Marcgraf. Stando alle lettere di Bondt. un certo numero di immagini dovettero essere disegnate da un suo cugino, Adriaen Minten. Altre da lui stesso, ricorrendo al metodo dell'imprinting (cioè ricalcando l'impronta del soggetto). Tra quelle di animali, alcune sono notevoli. Non solo troviamo la prima immagine credibile del rinoceronte di Giava (Rhinoceros sondaicus), diverso da quello indiano, ma anche un babirussa di Sulawesi, una tigre vista presumibilmente a Bali, e persino un dodo, non ancora estinto quando il medico, in viaggio per l'Indonesia, fece scalo a Mauritius. L'immagine più intrigante è però quella dell'organo, che chiaramente Bondt non aveva mai visto di persona, ma di cui aveva sentito parlare dai locali in termini più o meno favolosi come di un "uomo dei boschi" forse persino dotato di parola. E come un uomo selvatico è raffigurato, non sappiamo per iniziativa di chi (forse di Piso o dell'editore Elzevir). Quanto alle piante, quelle descritte sono quasi tutte medicinali, più qualcuna culinaria, per le quali Bondt raccolse informazioni da donne locali. C'è anche un capitolo sul tè e le sue virtù medicinali, ma non un'immagine, perché Bondt lo conosceva solo nella forma essiccata che era commercializzata a Giava e le informazioni che aveva raccolto da più parti, tra cui Jacques Specx, che prima di essere nominato governatore generale aveva vissuto in Giappone, erano contraddittorie. Un olivo... americano Si deve nuovamente a Plumier la dedica a Bondt di uno dei suoi generi americani, Bontia, poi fatto proprio da Linneo. Molto sobriamente, Plumier lo ricorda come "medico ordinario" della città di Batavia a Giava e come autore dei sei libri di Historia naturalis et medica Indiae orientalis, pubblicati da Piso. Egli scrive anche di conoscere una sola specie di questo genere. Ed è così anche oggi. Bontia (Scrophulariaceae) è infatti un genere monospecifico, il cui unico rappresentante è B. daphnoides, un arbusto o piccolo albero che cresce nella maggior parte delle isole dei Caraibi e lungo le coste del Venezuela e della Guyana, soprattutto nei boschi di mangrovie. Ha foglie coriacee, ellittiche, con accentuata nervatura sulla faccia inferiore, che possono ricordare quelle del genere Daphne (da qui l'eponimo), cosparse di ghiandole oleose. Ma forse l'allusiome è all'olivo, come farebbero pensare alcuni nomi volgari, come wild olive (Barbados) olivier bord de mer (Martinica) o aceituna americana (Cuba), che fanno riferimento non alle foglie, ma ai frutti, drupe grossolanamente sferiche dapprima verdi poi nere a maturazione. Curiosi i fiori, che sbocciano solitari all'ascella delle foglie. Retti da un lungo picciolo, hanno cinque sepali verdi appuntiti a forma d'uovo e cinque petali uniti alla base a formare un lungo tubo bruno-giallastro ricoperto da numerose ghiandole che poi si apre in due lobi diseguali diffusi e retroflessi. Essendo piuttosto ramificato e sempreverde, nei Caraibi è spesso utilizzato come frangivento e per siepi difensive; è stato introdotto in Florida e alle Hawaii. Decotti delle foglie sono utilizzati nella medicina tradizionale per curare varie affezione e le ricerche ne hanno confermato le proprietà antivirali,
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Il medico Willem Piso, che aveva scritto la sezione medica di Historia naturalis Brasiliae, dieci anni dopo pubblicò sotto il proprio nome un'opera sulla storia naturale e medica delle Indie occidentali e orientali, per la quale utilizzò tra l'altro materiali tratti dalla sezione sulla storia naturale scritta da Georg Marcgraf. Il fratello di questi lo accusò di plagio, compromettendo fortemente la sua reputazione scientifica. L'accusa era fondamentalmente infondata ma influenzò anche Linneo che, nel confermare il genere Pisonia creato da Plumier a partire da una pianta spinosissima, scrisse che quella orrida pianta ben si confaceva all'orrida fama di Piso. In realtà, è quasi l'unica specie spinosa del genere, ma, per altre ragioni, su almeno una delle sue consorelle aleggia una fama molto più sinistra. Un medico nel Brasile olandese Nel 1658, dieci anni dopo Historia naturalis Brasiliae, presso l'editore Elzevir di Amsterdam usciva De Indiae utriusque re naturali et medica, che solitamente ne è considerata la seconda edizione. In realtà non è esattamente così, anche se i due volumi hanno in comune diversi materiali e sono strettamente legati, fin dal frontespizio. Quello della seconda è ricavato da quello della prima, sostituendo la figura femminile sulla destra con un uomo che indossa un turbante e la figura allegorica al centro e vari particolari in secondo piano e sullo sfondo con animali dell'Asia e dell'Oceano indiano, per adattarlo al nuovo contenuto: non più la storia naturale del Brasile, ma la storia naturale e medica di entrambe le Indie, quelle occidentali (le Americhe) e quelle orientali (il Sudest asiatico). In entrambi i volumi il titolo è racchiuso in un ricco cartiglio, retto da due scimmie quello sul Brasile, da due uccelli (forse cigni) quello sulle due Indie. Ma la differenza più significativa è un'altra. Nel volume del 1648 leggiamo "Storia naturale del Brasile, per auspicio e beneficio dell'illustrissimo conte Maurizio di Nassau"; dunque non è indicato alcun autore, ma unicamente lo sponsor. Nel volume del 1658 invece leggiamo "Storia naturale e medica di entrambe le Indie, di Willem Piso, medico di Amsterdam". Benché continui a trattarsi di un'opera collettiva, ora c'è un autore che avoca a sè la paternità dell'intero volume. Anche se i concetti di paternità e proprietà letteraria erano all'epoca ancora molto sfumati, il fatti che Piso apparisse come unico autore gli attirò l'accusa di plagio da parte di Christian Marcgraf, che nella sua biografia del fratello Georg denunciò anche il tentativo di Piso di sminuirne la reputazione scientifica, presentandolo come un proprio servitore ("servus meus") e accusandolo di ubriachezza e di irregolarità finanziarie. Linneo sposò questa tesi e rincarò la dose, accusando il medico olandese non solo di essersi impadronito del lavoro scientifico di Marcgraf, ma di averlo rovinato infarcendolo di errori. Se questa è stata a lungo la posizione dominante tra i naturalisti, sono stati piuttosto gli studiosi di storia della medicina a rivalutare Piso, dimostrando che il suo contributo scientifico non è affatto inferiore a quello del collega e rivale. I due erano praticamente coetanei, ma differivano profondamente per background culturale e posizione accademica. Marcgraf aveva avuto una formazione molto ricca e varia, ma a Leida era solamente uno studente straniero, magari molto versato e promettente, ma privo di ogni grado accademico. Al contrario Piso, nativo della città, era un medico laureato e già ben inserito negli ambienti scientifici. Willem o Gulielmus Piso (1611-1678) è lo pseudonimo latinizzato di Willem Pies, nato a Leida da padre tedesco e madre olandese; il padre Härmen Pies, originario del ducato di Cleve, si era trasferito a Leida per studiare medicina, ma, oberato da una famiglia numerosa, aveva abbandonato gli studi per diventare cantore e organista. Willem già a 12 anni risulta iscritto alla facoltà di medicina, un'iscrizione precoce forse finalizzata a ottenere l'esenzione da alcune tasse; fu poi allievo di Otto Heurnius, acquisendo un'eccellente preparazione clinica e anatomica nonché la propensione alla verifica sperimentale. Per evitare le ingenti tasse di dottorato a Leida, concluse gli studi all'università di Caen in Normandia, dove nel 1633, all'età di 22 anni, conseguì il dottorato in medicina. Poco dopo si trasferì ad Amsterdam, dove incominciò a farsi conoscere per la sua competenza clinica. Forse già in questi anni era interessato alla medicina tropicale e potrebbe essere stato in contatto con il medico della VOC Jacobus Bontius. Nel 1638, essendo morto in Brasile poco dopo il suo arrivo il primo medico personale del governatore Johann Maurits di Nassau Siegen, la Compagnia olandese delle Indie occidentali (WIC) lo chiamò a sostituirlo. Come tale, oltre ad accompagnare il conte in pace e in guerra, doveva presiedere allo sviluppo del sistema sanitario della colonia, fungere da chirurgo dell'esercito e della WIC ed esplorare le risorse mediche e alimentari del Brasile olandese. Erano compiti complessi e gravosi per una persona sola, gli furono perciò affiancati due assistenti, prima Heinrich Cralitz, poi, dopo la morte di questi, Georg Marcgraf. È esattamente questo il significato del "servus" tanto deprecato dal fratello del naturalista. Certo tra i due dovettero sorgere rivalità e incomprensioni; non sappiamo in quale momento, Marcgraf cessò di dipendere dalla WIC come assistente di Piso, e passò direttamente al servizio del conte. Fosse paranoia, o fosse giustificato, scrisse le sue note di campo in cifra, per impedire a Piso di accedervi. Al contrario del versatile Marcgraf, l'interesse di Piso era eminentemente pratico e focalizzato sulla medicina e l'alimentazione. Era stato educato alla scuola ippocratica, secondo la quale i costumi e gli stili di vita sono influenzati dall'ambiente; studiò dunque con particolare attenzione in quale modo le condizioni ambientali influissero sulla salute e capì che la cosa più sbagliata era mantenere ai tropici le abitudini, i comportamenti e l'alimentazione di casa. Anche in Brasile, gli olandesi continuavano a costruire case in mattoni, ad indossare abiti scuri e pesanti, a indulgere al cibo e all'alcool, tutti comportamenti che logairavano la salute. Tra i coloninolandesi, la mortalità infantile era altissima, molto maggiore di quella dei neonati nativi; secondo Piso, ciò era dovuto all'abitudine di fasciare i neonati, pratica utile in Olanda, ma dannosissima ai tropici. Allo stesso modo, notò che una serie di disturbi della vista colpivano solo gli olandesi, in particolare quelli più poveri, e li collegò all'alimentazione, confrontando la loro dieta con quella dei nativi: quest'ultima era basata soprattutto su pesce fresco e vegetali, che invece spesso mancavano sulle tavole olandesi. Consigliò poi vivamente il consumo di arance e limoni per evitare lo scorbuto. Per vivere (e sopravvivere) ai tropici la ricetta giusta era adeguarsi alle abitudini della popolazione locale e fare tesoro della loro conoscenza dell'ambiente naturale, con le sue insidie e i suoi doni, in particolare per quanto riguarda le proprietà delle piante medicinali e alimentari. Anche se nella sua opera non manca una certa spocchia eurocentrica, gli era chiaro che i nativi erano depositari di un sapere la cui conoscenza era imprescindibile: "Sebbene in un ambiente tanto barbaro si possano osservare molte usanze false, rozze e indegne dell'arte di Ippocrate, ce ne sono tuttavia alcune che sono molto efficaci e meritano un posto nella medicina classica [...] Se, come si è detto, i fondamenti di molte arti ci sono pervenuti da popoli primitivi, ai quali la benevola Madre Natura diede l’innato istinto di guarigione, chi può dubitare che questi esseri umani – pur non avendo alcun legame con la dotta scienza dell'arte medica - abbiano trasmesso ai loro discendenti molte medicine e antidoti nobili e segreti, sconosciuti ai medici classici?" Fu dunque osservando le pratiche mediche indigene e sperimentandole egli stesso cure e farmaci con i suoi pazienti che Piso poté riconoscere le proprietà di molti dei medicamenti esposti nelle sue opere. Studiò poi attentamente sia le malattie importate dall'Europa e dall'Africa sia quelle endemiche del Brasile, cercando di capirne le cause e suggerendo possibili rimedi. Da questo punto di vista, il suo contributo maggiore è considerato l'introduzione dell'ipecacuana, che aveva appreso dai guaritori indigeni. Piso rimase in Brasile circa sette anni e tornò in Olanda con il conte di Nassau Siegen nel 1644, Restò al suo servizio ancora per qualche tempo e nel 1645, benché fosse già dottore in medicina, si iscrisse nuovamente all'Università di Leida, allo scopo di avere libero accesso alla biblioteca per consultare i libri necessari al completamento della prima parte di Historia naturalis Brasiliae, i quattro libri di "Medicina brasiliensis". Intorno al 1647, si trasferì ad Amsterdam dove divenne un medico di successo e un membro riconosciuto della comunità scientifica; nel 1655 fu nominato ispettore del Collegium medicum di Amsterdam, di cui più tardi divenne il decano. Era abbastanza ricco da permettersi una casa sul centralissimo Keizergracht e si inserì nell'élite cittadina anche attraverso i legami familiari: sposò la figlia di uno dei direttori della WIC e poco prima della sua morte, sua figlia Maria, l'unica dei suoi figli a raggiungere l'età adulta, a sua volta sposò Cornelis Munter, futuro direttore della VOC e sindaco di Amsterdam. Insomma, una riuscita scalata al successo sociale. Morto nel 1678, fu sepolto nella Westerkerk, dove da qualche anno riposava Rembrandt. Plagiario o editor disinvolto? Veniamo dunque all'opera incriminata, De Indiae utriusque re naturali et medica; chiariamo subito che non è propriamente la seconda edizione di Historia naturalis Brasiliae, ma un'opera in gran parte diversa, anche negli scopi. Non è più un libro sul Brasile, ma una sorta di manuale di medicina tropicale, che unisce alle esperienze di Piso in Brasile quelle del medico della VOC Jacobus Bontius in Indonesia. Come Historia naturalis Brasiliae è dunque anch'essa un'opera collettiva e il nome di Piso sul fontespizio va inteso, più che come unico autore o anche autore principale, come editor o curatore di un progetto editoriale complesso. Senza dimenticare che Marcgraf, oltre a comparire come autore di uno dei contributi, è citato nella prefazione come fonte di molte informazioni sulla flora e la fauna del Brasile. Si tratta nuovamente di un corposo in folio riccamente illustrato (oltre 500 pagine e 522 xilografie di piante e animali), diviso in tre sezioni principali più un'appendice. La prima sezione, che occupa due quinti del volume con quasi 330 pagine, è costituita da "Historia naturalis et medica Indiae occidentalis" dello stesso Piso, in cinque libri; la seconda dal "Tractatus topographicus et metereologicus Brasiliae" di Georg Marcgraf (40 pagine); la terza da "Historia naturalis et medica Indiae orientalis" di Jacobus Bontius in sei libri (160 pagine), seguita da "Mantissa aromatica, sive "De aromatum cardinalibus quatuor", nuovamente di Piso (60 pagine circa). Oltre a scrivere la prima parte e l'appendice, Piso è intervenuto come editor anche sui contributi di Marcgraf e Bontius. Nel primo caso, ha aggiunto alle osservazioni meteorologiche informazioni sulle lingue e i popoli del Brasile e del Cile attinte da Historia naturalis Brasiliae; nel secondo, ha aggiunto ai quattro libri dell'opera di Bontius De medicina Indorum due libri sulla flora e la fauna delle Indie orientali, basandosi su manoscritti lasciati dall'autore integrati con le proprie ricerche. Il plagio, se plagio c'è, potrebbe annidarsi nella prima parte, per la quale Piso ha integrato la propria "De medicina brasiliensi" (prima sezione di Historia naturalis Brasiliae) con informazioni sulla fauna e la flora attinte dalla sezione di Marcgraf. Ma da questa accusa il nostro è già stato assolto da Cuvier, che pure era un grande ammiratore di Marcgraf: "Alcuni autori, che non hanno letto entrambe le edizioni di Piso, lo hanno considerato un plagiario di Marcgraf, ma non è così perché nella prefazione e ovunque nel libro lo loda come proprio ex collega e lo cita in modo tale che è impossibile dire che abbia cercato di presentare come propria la sua opera". In effetti, Piso non ha copiato il testo di Marcgraf, ma ne ha attinto informazioni e le ha sintetizzate e riorganizzante in base al proprio disegno, che non è più una storia naturale del Brasile, ma una storia medica delle Indie occidentali. I quattro libri di "De medicina brasiliensi" (circa 120 pagine) si trasformano nei cinque di "Historia naturalis et medica Indiae occidentalis" (circa 330 pagine), in cui Piso, pur basandosi principalmente sulla propria esperienza diretta, cerca di allargare il campo di indagine dal Brasile all'intera America tropicale, facendo riferimento alla letteratura disponibile. Il primo libro continua ad intitolarsi "Sull'aria, sull'acqua, sui luoghi", ma passa da 14 a 22 pagine; il secondo libro non esamina più le malattie sia endemiche sia introdotte del Brasile, ma "La natura e la cura delle malattie comuni nelle Indie occidentali, e in particolare in Brasile" e, con l'eliminazione dei morbi importati, si riduce da 39 a 18 capitoli; il terzo libro sui veleni e gli antidoti viene spostato alla fine (diventa il quinto libro) e sostituito dall'amplissimo libro in tre sezioni "Sugli animali americani acquatici, aerei e terrestri commestibili"; il quarto libro, da analisi dei semplici e delle loro virtù, si trasforma in "Sugli alberi, gli arbusti e le erbe medicinali e alimentari che nascono in Brasile e nelle terre circostanti delle Indie occidentali". L'unico libro totalmente nuovo è dunque il terzo, quello sugli animali, per il quale Piso ha usato come fonte principale i libri 4-6 di Historia rerum naturalium Brasiliae di Marcgraf. Anche qui, nessun plagio: come fa notare Cuvier, Piso "ha organizzato [i materiali] in modo diverso; tutte le informazioni su piante e animali fornite da Marcgraf non vengono organizzate in base a classi come ha fatto Marcgraf, ma sulla base di considerazioni mediche: in una sezione, i prodotti eduli; in una seconda, quelli velenosi; in una terza le sostanze medicinali". Inoltre, ci sono anche un certo numero di animali non presenti nei libri di Marcgraf, segno che, anche se la zoologia non faceva parte dei suoi interessi principali, non gli era totalmente estranea. Veniamo ora all'accusa di Linneo, quello di aver alterato i materiali di Marcgraf con aggiunte arbitrarie commettendo molti errori. E qui c'è del vero: Marcgraf era un naturalista più completo e accurato di Piso che, non dimentichiamolo, era essenzialmente un medico ed ha dato i suoi maggiori contributi nel campo suo proprio, quello della medicina (e dell'igiene) tropicale. Indubbiamente commise errori e confusioni, ma il peggiore non è imputabile a lui e non riguarda la sezione sulle Indie occidentali, ma quella sulle Indie orientali. In quest'ultima, mentre sono eccellenti le figure dei mammiferi, quelle dei pesci e dei rettili sono riprese dal libro sulla fauna brasiliana; la colpa non è di Piso, ma dell'editore, che voleva risparmiarsi la spesa di un secondo set di xilografie, pensando erroneamente che, in fondo, pesci e rettili sono più o meno uguali dappertutto. Ma il libro di Bontius, e Bontius stesso, meritano un post tutto per loro. L'albero che uccide gli uccelli Nel suo libro Matters of Exchange, H. J. Cook ricorda che per la sua disinvolta abitudine di aggiungere materiali presi da autori diversi senza citarli in modo trasparente, molti contemporanei consideravano Piso uno scrittore poco affidabile, quindi aggiunge: "Ancora decenni dopo, Linneo venne coinvolto, chiamando Pisonia, da Piso, un genere di piante molto spinose e sottolineando quando lo fece che le loro spine erano sgradevoli quanto la reputazione di Piso". Cook si riferisce a Critica botanica (1737) in cui Linneo scrive: "Pisonia è un albero orrendo (= horridus) per le sue spine; e orrenda è certamente anche la memoria dell'uomo [da cui prende nome] se è vera l'accusa mossa a Piso da un parente di Marcgraf di essersi appropriato degli scritti di Marcgraf dopo la sua morte". Poi aggiunge, più cautamente, rivolgendosi al lettore: "Vedi e confronta tu stesso le obiezioni, confronta poi gli scritti di Marcgraf con quelli di Piso". È esattamente quello che hanno fatto Cuvier e dopo di lui altri studiosi, assolvendo pienamente Piso dall'accusa di plagio. È bene tuttavia precisare che il significato primario di horridus è "spinoso", e applicandola alla memoria del povero Piso Linneo fa un gioco di parole, usandolo nel significato traslato "sgradevole, odioso, orribile" Certo non aveva in mente niente di simile il primo creatore del genere Pisonia, il buon padre Plumier che anzi si espresse in termini pacatamente oggettivi nei confronti del medico olandese: "Gulielmus Piso di Leida percorse il Brasile con i suoi assistenti, gli studenti di medicina tedeschi Georg Marcgraf e H. Cralitz; quindi scrisse e completò quattro libri sulla medicina del Brasile, il quarto dei quali tratta delle proprietà dei semplici brasiliani [...]. È un'opera veramente utile per gli americani e degna dell'interesse dei curiosi". E subito dopo rese omaggio anche a Marcgraf con il genere Marcgravia. Linneo elenca e descrive solo due specie, la spinosissima Pisonia aculeata, che si credeva originaria delle Indie occidentali, e l'inerme Pisonia mitis originaria delle Indie orientali. Oggi sappiamo che la seconda è solo una forma senza spine della prima, una specie pantropicale diffusa in America, in Africa, in Asia e in Oceania. Via via si sono aggiunte altre specie e il genere (famiglia Nyctaginaceae) è giunto ad annoverarne una quarantina, con distribuzione prevalentemente americana, ma con rappresentanti anche in Africa, nel Sud est asiatico e nel Pacifico. Studi recenti hanno però dimostrato che il genere così inteso è polifiletico; di conseguenza ne sono state staccate una ventina di specie indo-pacifiche (genere Ceodes), una specie endemica delle Hawaii (genere Rockia)ù mentre varie specie brasiliane sono state spostate in Guapira. Pisonia in senso stretto comprende ora 27 specie, quasi tutte americane, con centro di diversità nelle Antille; fanno eccezione la pantropicale P. aculeata, P. grandis, distribuita tra Africa, Oceano indiano e Oceano Pacifico, e P. costata, endemica di Mauritius. La maggior parte delle specie ha limitata diffusione ed è strettamente endemica; ad esempio, troviamo tre specie endemiche a Cuba, tre a Portorico, due in Giamaica, una nelle Galapagos, una in Belize, ecc. Sono per lo più arbusti o piccoli alberi; P. aculeata (oltre ad essere quasi l'unica specie spinosa) può essere sia un piccolo albero sia una liana legnosa; P. grandis è un grande albero che può superare i 30 metri. Hanno foglie opposte, alternate o in verticilli terminali, piccoli fiori privi di petali raccolti in cime composte con fiori maschili e femminili su individui diversi. Ma la caratteristica più particolare è data dai frutti o meglio falsi frutti (antocarpi); da oblunghi a clavati, presentano cinque costole arrotondate o angolate con una o più file di ghiandole; estrememente appicicosi, tendono ad aderire alle penne degli uccelli, favorendo la dispersione dei semi. Talvolta però lo fanno in modo troppo efficace: se troppi frutti rimangono appiccicati, gli uccelli malcapitati, soprattutto quelli delle specie più piccole, ne possono essere appesantiti al punto da non riuscire più a volare; così intrappolati, finiscono per essere preda di ratti o altri predatori o per morire di inedia. Questo fenomeno è stato segnalato per P. grandis e per altre specie ora passate al genere Ceodes (in particolare C. umbellifera e C. brunoniana), conosciute in inglese con il nome volgare birdcatcher "uccellatore", che vivono prevalentemente o esclusivamente in isole della regione indo-pacifica che ospitano grandi colonie di uccelli marini. Gli effetti possono essere devastanti: uno studio condotto nella isola di Cousin nelle Seychelles ha dimostrato che Pisonia grandis ha causato la morte di un quarto delle sterne bianche e quasi un decimo delle berte tropicali. Anche se su scala infinitamente minore, l'intrappolamento occasionale di uccelli è stato segnalato anche per P. zapallo, una specie dell'Argentina settentrionale. Il fenomeno rimane enigmatico: per specie che vivono in piccole isole la dispersione dei semi garantita dagli uccelli è certo vantaggiosa, mentre per l'intrappolamento e la morte degli uccelli non è stato dimostrato alcun vantaggio. Esperimenti condotti alle Seychelles hanno dimostrato che è infondata l'ipotesi che la decomposizione degli uccelli morti alla base degli alberi apporti nutrimento aggiuntivo. D'altra parte, sarebbe scorretto demonizzare P. grandis: studi condotti in Australia, dove nella Grande barriera corallina le foreste dense di Pisonia sono sempre più ridotte, hanno dimostrato che la loro perdita incide negativamente sulla sopravvivenza degli uccelli marini che un tempo vi nidificavano in gran numero, Nel 1911 un secondo genere è venuto a onorare, sebbene indirettamente, Willem Piso. È il monotipico Pisoniella, creato da Standley per Pisoniella arborescens, un arbusto con distribuzione disgiunta in Messico e in Bolivia. Precedentemente faceva parte del genere Boerhavia, tuttavia Standley osservò che il suo frutto è simile a quello di Pisonia, ma la pianta ne differisce per l'aspetto generale e l'infiorescenza, un'umbella semplice anziché una cima composta. Per un periodo brevissimo, dal 1630 al 1654, gli olandesi controllarono la costa nord orientale dell'attuale Brasile, ponendo la loro capitale dove oggi si trova Recife. Ad attirarli era la ricchezza promessa dalle piantagioni di canna da zucchero, ma grazie al governatore Johan Maurits di Nassau Siegen, che aveva portato con sè un'équipe di artisti e scienziati, diedero vita a un'avvincente avventura scientifica, con la creazione del primo osservatorio astronomico, del primo orto botanico e del primo zoo del Sudamerica e la prima esplorazione organizzata della fauna e della flora brasiliane. Protagonista ne fu il poliedrico naturalista tedesco Georg Marcgraf, autore insieme al rivale Willem Piso di Historia naturalis Brasiliae, una pietra miliare dell'etnografia, della botanica e della zoologia, rimasta un testo di riferimento per circa duecento anni. Lo ricordano il genere Marcgravia e, indirettamente, Marcgraviastrum. Un po' di storia: il Brasile olandese Fu lo zucchero ad accendere l'interesse olandese per il Brasile. Fin dal Quattrocento, quando i portoghesi avevano introdotto la coltivazione della canna da zucchero a Madera e nelle Azzorre, i fiamminghi aveva giocato un ruolo importante come finanziatori e mediatori con il mercato europeo, che era continuato e si era intensificato quando, a partire dal 1530, la coltivazione era stata estesa al Brasile. Anversa si era sostituita a Venezia come maggiore centro mondiale di raffinazione dello zucchero, primato che avrebbe mantenuto fino all'assedio del 1579. In seguito a quell'evento traumatico, persone e capitali si trasferirono a nord, nella Repubblica delle Province unite, e Amsterdam ereditò da Anversa il ruolo di capitale della raffinazione della zucchero. A fare da sfondo, la "guerra degli Ottant'anni", come nei Paesi Bassi è chiamata la rivolta contro la Spagna. Per piegare la resistenza delle province ribelli, nel 1579 Filippo ll chiuse i porti della Spagna e delle sue colonie ai mercanti dei Paesi Bassi; l'anno successivo il Portogallo passò sotto la corona spagnola e i porti brasiliani furono automaticamente preclusi alle navi olandesi. Una parziale mitigazione si ebbe nel 1594, quando il commercio con il Brasile fu concesso una volta all'anno a una singola flotta olandese di non più di venti navi. La "Tregua dei dodici anni", firmata da Spagna e Repubblica delle Province unite nel 1609, permise nuovamente il libero accesso delle navi olandesi ai porti del Brasile; in cambio, gli olandesi si impegnarono a non commerciare con le altre colonie spsgnole e a sospendere la creazione di una Compagnia delle Indie occidentali, analoga alla Compagnia delle Indie Orientali. Allo scadere della tregua, i traffici olandesi si erano enormemente accresciuti; ora le navi olandesi controllavano oltre metà degli scambi tra Brasile ed Europa, e le raffinereie di zucchero dei Paesi Bassi erano passate da tre a 29. Nell'estate del 1621, appena spirata la tregua, fu creata la Compagnia olandese delle Indie occidentali (WIC), che ottenne dagli Stati generali il monopolio dei traffici nell'Atlantico. Nel 1623 la WIC varò il Groot Dessein (grande disegno), che prevedeva di impadronirsi da una parte della capitale del Brasile portoghese, San Salvador de Bahia, e dall'altra del principale forte portoghese in Angola, Luanda. In tal modo, la WIC avrebbe controllato sia le piantagioni brasiliane, sia il traffico degli schiavi neri, e tagliato fortemente le risorse economiche della monarchia spagnola. Nel maggio 1624 una spedizione olandese riuscì effettivamente ad impadronirsi di Salvador, ma poco meno di un anno dopo una flotta di soccorso riconquistò la città. Anche l'attacco a Luanda fallì. Tuttavia, nel 1628 il vice ammiraglio della WIC Piet Hein riuscì a catturare nella baia di Matanzas la flotta spagnola del tesoro, portando l'intero carico con sè in Olanda. Ciò diede alla WIC i capitali per un secondo tentativo in Brasile. Tra l'estate del 1629 e il febbraio 1630, gli olandesi riuscirono a conquistare Olinda e Recife (la capitale del Pernambuco); entro il 1634 controllavano la costa del nordest brasiliano dal Rio Grande do Norte al Cabo de Santo Agostinho. Era così nato il Brasile olandese, anche conosciuto come Nuova Olanda (Nieuw Holland). Il dominio olandese ebbe vita breve - poco più di vent'anni, fino al 1654 - ma fu ricco di conseguenze anche per la storia della scienza. Inizialmente la nuova colonia fu amministrata da commissari della WIC, finché nel 1634 venne nominato governatore il conte Johan Maurits di Nassau-Siegen (1604-1679); nipote di un fratello di Guglielmo il Taciturno, era cugino dello stadtholder Federico Enrico di Nassau-Orange e fin da giovanissimo aveva militato nell'esercito della Repubblica delle Province unite, dimostrando notevoli qualità militari. Le confermò nel nuovo incarico, sconfiggendo più volte le forze ispano-portoghesi; nel 1637 inviò in Africa una spedizione che riuscì a impadronirsi dell'importante base commerciale di Elmina (gli olandesi l'avrebbero controllata fino al 1872); fallirono invece due tentativi di prendere Salvador. Oltre che un eccellente uomo d'armi, Johan Maurits era un umanista appassionato di scienze ed arti, un politico lungimirante e un ottimo amministratore; fece costruire infrastrutture come strade e ponti, incoraggiò l'immigrazione di coloni olandesi ma allo stesso tempo cercò la collaborazione dei proprietari portoghesi creando consigli municipali cui portoghesi e olandesi partecipavano fianco a fianco. Nel 1638, sull'isola di Antônio Vaz, posta di fronte a Recife, fondò la città di Mauritsstad, che divenne la capitale del Brasile olandese, affidandone la progettazione all'architetto Pieter Post. La residenza del governatore era la sontuosa Vrijburgh (Huis Vrijburgh), nota anche come palazzo delle torri per le due alte torri che ne ornavano la facciata; una era usata come faro, mentre l'altra ospitava un osservatorio astronomico, il primo dell'emisfero sud. Le sale erano ornate di dipinti, tappezzerie, arredi raffinati e collezioni di oggetti artistici e naturali. Il palazzo era circondato da giardini con parterre formali, un'ampia peschiera, un'arboreto dove furono trapiantate 200 piante di palma da cocco e altri alberi da frutto - tanto portati dall'Europa come melograni, limoni, aranci, quanto tropicali. Per la flora e la fauna brasiliane c'era un orto botanico e uno zoo, anch'essi i primi del genere nelle Americhe. Molti degli animali che ne popolavano le gabbie e le voliere era doni di locali che desideravano in tal modo ingraziarsi il governatore, ma erano anche il frutto delle vere e proprie spedizioni scientifiche da lui promosse. Un'opera a quattro mani - anzi sei Egli infatti aveva portato con sè una piccola équipe di pittori e scienziati che mise al lavoro per esplorare e documentare le ricchezze naturali della nuova colonia. Tra i primi, troviamo Frans Post, che si specializzò in paesaggi e scene esotiche e Albert Eckhout, che dipinse scene del Nuovo mondo, ritratti di indigeni e nature morte e presumibilmente gran parte degli oli di animali e piante poi donati al Grande elettore di Brandeburgo e inclusi in Theatrum rerum naturae Brasiliae; tra i secondi il suo medico personale e chirurgo dell'esercito Willem Piso (1611-1668), il geografo e astronomo Georg Marcgraf (1610-1644) e lo studente di medicina e matematica Heinrich Cralitz che sfortunatamente morì di febbri tropicali entro un anno dal suo arrivo. Piso e Marcgraf parteciparono a diverse spedizioni nell'interno, che avevano allo stesso tempo scopi militari, economici e scientifici. Come medico, Piso era soprattutto interessato alle malattie tropicali e alle piante medicinali, la cui conoscenza era essenziale per mantenere in salute il personale della compagnia e i coloni, mentre il compito principale di Marcgraf, come astronomo e cartografo, era disegnare una mappa della colonia il più completa possibile. Oltre ad essere un eccellente disegnatore, era tuttavia uno scienziato a tutto campo, i cui interessi spaziavano dall'astronomia alla meteorologia, dalla zoologia e alla botanica e all'etnografia. Anche se scindere l'opera dei due che, come vedremo, furono coatori di Historia naturalis Brasiliae, è problematico, in questo primo post vorrei concentrarmi su Marcgraf, per poi ritornare su Piso in un secondo post. Georg Marcgraf (ma il cognome viene scritto anche Markgraff, Marggraf, in olandese Marggrafe, in inglese e francese Marcgrave e in latino Marcgravius) era tedesco, essendo nato a Liebstadt nei pressi di Meissen; iniziò gli studi all'università di Wittenberg, ma in seguito alla Guerra dei Trent'anni dovette spostarsi in vari atenei, tra cui Strasburgo e Basilea. Tornato a Wittenberg, nel 1634 ottenne il grado di "candidato in medicina" con una disputa alchemico-medica; si spostò prima a Rostock, dove seguì le lezioni di botanica di Simon Paulli, poi a Stettino, dove collaborò alla compilazione delle tavole astronomiche di Lorenz Eichstaedt. Nel 1636 decise di iscriversi alla facoltà di medicina di Leida, dove avrebbe avuto la possibilità di dedicarsi contemporaneamente alla botanica e all'astronomia (tra il 1633 e il 1634 vi era stato infatti allestito un osservatorio astronomico all'avanguardia). Allievo di Golius per l'astronomia e di Vortius per botanica, vi trascorreva le sere in osservazioni, mentre le giornate erano dedicate principalmente all'orto botanico e alle raccolte sul campo. Nel novembre 1637, dietro raccomandazione di Jan de Laet, uno dei dirigenti della WIC, fu assunto come assistente di Piso, probabilmente in seguito alla morte di Cralitz, e raggiunse Recife all'inizio del 1638. Forse fu lui a convincere Johann Maurits a trasformare in osservatorio una delle torri del Vrijburgh; qui Marcgraf, con il progetto di mappare il cielo australe, fece osservazioni astronomiche e meteorologiche fino al giugno 1643, quando il governatore, che ora lo aveva assunto al proprio servizio, gli affidò il compito di mappare il Brasile olandese. Marcgraf aveva già disegnato una mappa della città e delle sue fortificazioni, e ora mappò la regione dal Rio Saô Francisco al Cearà e al Maranhão. Durante le sue esplorazioni, raccolse esemplari di piante e animali per l'orto botanico e lo zoo del Vrijburgh, creò un erbario e scrisse osservazioni naturalistiche integrate con schizzi ed acquarelli. La precisione e l'accuratezza delle sue descrizioni botaniche e zoologiche saranno lodate da Cuvier, come l'estremo discernimento da lui mostrato nell'assegnare le specie da lui scoperte (in gran parte ignote alla scienza) al genere corretto. All'epoca, i naturalisti non usavano ancora il microscopio, e non si può attendere il successivo livello di accuratezza per particolari minuti come "gli stami e i pistilli dei fiori [...] ma tutto ciò che ha a che fare con le dimensioni, la forma, il colore e, ancor più particolarmente, agli usi domestici e medicinali, è annotato con grande accuratezza e cura". Marcgraf era dunque un eccellente osservatore, inoltre, come ricorda ancora Cuvier, gli era familiare la letteratura zoologica precedente, come dimostrano i riferimenti alle opere di Belon, Aldrovandi, Salviani, Rondolet e Gessner. Nel 1644 il conte lo inviò a Luanda, che nel 1641 era stata conquistata dagli olandesi. Poco dopo l'arrivo in Africa, il naturalista morì di qualche malattia tropicale. Prima di partire, aveva però affidato due ceste con i materiali raccolti in Brasile a Johann Maurits che nel 1644, quando fu richiamato, portò con sè in Olanda. La situazione politica era infatti profondamente mutata. Nel 1640 il Portogallo aveva recuperato l'indipendenza, mettendo fine alle minacce di intervento spagnolo contro il Brasile olandese. Con la cessazione delle ostilità, ai vertici della WIC le spese militari apparivano eccessive, e le iniziative del conte fin troppo indipendenti; pesò anche il fallimento del tentativo di impadronirsi di Valdivia in Cile (1643). Che la scelta di allontanare Nassau-Siegen, di abbandonare la sua politca di conciliazione e di sguarnire le difese fosse frettolosa lo dimostra il fatto che appena un anno dopo la sua partenza scoppiò una rivolta generale dei piantatori portoghesi, innescando il conflitto con il Portogallo che nell'arco di pochi anni avrebbe portato alla perdita della colonia. Il conte di Nassau-Siegen si stabilì all'Aja dove, mentre ancora si trovava in Brasile, aveva fatto costruire una splendida dimora nota come Mauritshuis, oggi uno dei più importanti musei dei Paesi Bassi; all'epoca, però, dato che a finanziarne la costruzione erano stati i proventi del commercio dello zucchero, era chiamata con disprezzo anche "Casa dello zucchero". Johann Maurits vi espose gli oggetti etnografici, gli animali impagliati, i dipinti che aveva fatto eseguire in Brasile. Ma utilizzò anche le sue preziose collezioni come doni diplomatici per garantirsi un futuro politico in Europa. Così, una serie di pezzi scelti finirono nelle "camere delle meraviglie" del re di Danimarca (che ricevette, oltre a oggetti etnografici, 26 splendidi quadri di Eckhout, e si sdebitò decorando Nassau-Siegen con l'Ordine dell'elefante), del re Sole e del Grande elettore, un amico di lunga data che ricompensò il munifico dono di quello che sarebbe diventato il Theatrum rerum naturae Brasiliae (ne ho parlato qui) con il governatorato di Mark e Cleves e probabilmente intercedette presso l'imperatore per fargli ottenere il titolo di principe dell'impero (concesso nel 1653). Johann Maurits non dimenticava però la scienza; donò molti esemplari tassodermici al teatro anatomico dell'Università di Leida e promosse la pubblicazione degli scritti brasiliani di Piso e Marcgraf. Mentre il primo, che era tornato in Olanda insieme al principe, poteva occuparsi di persona dell'edizione della propria opera, non così il secondo che, come abbiamo visto, era morto in Angola. Il suo lascito era complesso e non immediatemente fruibile. I documenti cartografici furono affidati a Joan Bleau, dal 1638 cartografo ufficiale della VOC, che ne trasse quattro splendide mappe pubblicate per la prima volta nel 1647 in Rerum in Brasilia et alibi gestarum del poligrafo Caspar Barlaeus, un libro sul Brasile olandese e sull'amministrazione del conte di Nassau Siegen commissionatogli dallo stesso. Le osservazioni astronomiche furono consegnate al matematico, astronomo e orientalista dell'Università di Leida Jacobus Golius (come abbiamo visto, maestro di Marcgraf) che tuttavia morì senza pubblicarle. Rimanevano i testi e i disegni di zoologia, botanica e meteorologia; era un materiale ricchissimo, ma disorganizzato, un insieme caotico di note, e soprattutto era scritto in codice. Si ritiene che Marcgraf avesse fatto ricorso a un codice segreto per evitare plagi da parte di Piso, con il quale non correva buon sangue. Ad assumersi il compito di decodificare e preparare per la stampa il manoscritto di Marcgraf fu Johannes de Laet (1581-1649) che, oltre ad essere uno dei soci fondatori della WIC, era anche un bibliofilo, un collezionista, un geografo, un cartografo e un esperto di cose americane, avendo pubblicato nel 1625 Nieuwe Wereldt ofte Beschrijvinghe van West-Indien (Storia del Nuovo mondo o descrizione delle Indie occidentali). De Laet, oltre a decifrare il manoscritto, riorganizzò il testo, lo integrò con le proprie note e un'appendice, curò la scelta e l'inserimento delle immagini, allestendo o facendo allestire quelle mancanti; insomma fu il vero e proprio editor di Historia naturalis Brasiliae, che nel 1648 fu pubblicata in edizione congiunta ad Amsterdam e Leida da Hackius e Elzevir. Si tratta di un robusto in folio, alto ben 40 cm, aperto da un sontuoso frontespizio: sullo sfondo di una foresta lussureggiante e ricca di animali, quasi a presidiarne l'accesso a mo' di guardiani, si stagliano un nativo e una nativa; ai loro piedi un vecchio, sdraiato su una conchiglia, offre un vaso da cui fuoriescono pesci e altri animali marini, presumibilmente un'allegoria del fiume Capibaribe. Seguono una dedica allo statolder Guglielmo II, scritta da Piso, e la prefazione Benevolo lectori, scritta da de Laet. Il testo vero e proprio è suddiviso in 14 libri. I primi quattro, intitolati De medicina brasiliensi, si devono a Piso; occupano circa un quarto del volume (132 fogli) e sono illustrati da 104 xilografie; la maggior parte si concentrano nel Libro IV e ritraggono 92 piante; le altre si trovano nel libro III: tre illustrano la preparazione della manioca e dello zucchero, 9 sono di animali velenosi. Dopo aver illustrato nel primo libro le condizioni generali ("l'aria, l'acqua, i luoghi"), nel secondo Piso passa in rassegna le malattie proprie del Brasile (tra di esse la framboesia - per la prima volta distinta dalla sifilide) o importate; il terzo libro, dedicato ai veleni e agli antidoti, presenta tra l'altro la prima descrizione e la prima raffigurazioni di serpenti come la boicininga (presumibilmente Crotalus durissimus) o l'ibiboboca (Macrurus ibiboboca). Propriamente botanico è il quarto libro, in cui Piso esamina 104 semplici e le loro proprietà; accanto alle piante medicinali, come l'ipecucuana Carapichea ipecacuanha, le cui proprietà emetiche sono illustrate per la prima volta, ci sono anche piante alimentari come l'anacardio Anacardium occidentale, il falso pepe Schinus terebinthifolia, la noce del paradiso Lecythis zabucajo. La seconda sezione del volume è costituita dagli otto libri di Marcgraf (Historiae rerum naturalium Brasiliae libri octo), occupa 303 pagine ed è illustrata da 429 xilografie; i primi tre libri trattano le piante, divise in erbe, piante da frutto e arbusti, alberi, per un totale di 301 piante descritte e 200 raffigurate; il quarto i pesci; il quinto gli uccelli; il sesto i quadrupedi e i serpenti; il settimo gli insetti (gli animali trattati sono i totale 367, di cui 222 illustrati); l'ottavo e ultimo libro, di argomento etnografico, è una descrizione delle diverse regioni geografiche e dei loro abitanti. La quasi totalità delle specie descritte erano nuove per la scienza. Grazie soprattutto alla profondità e all'accuratezza del lavoro di Marcgraf, Historia naturalis Brasiliae divenne una pietra miliare, insuperata fino alle opere sulla fauna e la flora brasiliane di Spix e von Martius. Molto del fascino dei capitoli sugli animali si deve alle bellissime xilografie, quasi certamente di mano dello stesso Marcgraf; un certo numero di disegni botanici fu invece presumibilmente disegnato in Olanda. Preparando il volume, de Laet si rese infatti conto che diverse piante non erano illustrate; le disegnò o le fece disegnare sulla base di campioni d'erbario raccolti dallo stesso Marcgraf o inviati da altre persone residenti in Brasile. Aggiunse poi un certo numero di note, tratte per lo più dai Quatro libros de la naturaleza del monaco Francisco Ximenez che egli stesso aveva già citato nella sua Nieuwe Wereldt ofte Beschrijvinghe van West-Indien, e un'appendice sui nativi del Cile, basata sulle relazioni della spedizione olandese a Valdivia. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1649, l'erbario di Marcgraf, che si trovava evidentemente a casa sua, fu acquistato dal danese Willum Worm, e inviato a suo padre Ole, professore di medicina dell'Università di Copenhagen e proprietario di una celebre wunderkammer (Museum Wormianum). Alla morte di Ole Wurm, le sue collezioni, incluso l'erbario di Marcgraf, furono vendute dalla famiglia al re Federico III e più tardi passarono al Museo botanico, dove esso è attualmente conservato. Consta di 173 fogli con 177 campioni; è di enorme importanza storica perché, oltre ad essere la fonte evidente di alcune delle tavole botaniche di Historia naturalis Brasiliae, è probabilmente il più antico erbario dell'America tropicale. Come farsi notare dai pipistrelli Primo studio scientifico sull'etnografia, la medicina, la flora e la fauna di una regione del Sudamerica, Historia naturalis Brasiliae ebbe un'ampia circolazione ed esercitò una profonda influenza. A suscitare ammirazione, senza nulla togliere ai libri di Piso, che ebbero comunque un ruolo pionieristico nel campo della medicina tropicale, furono soprattutto i libri di Marcgraf sulla flora e sulla fauna. Tra i loro estimatori, Linneo, che li utilizzò come testo di riferimento e ne trasse molte denominazioni, e Aublet, che se ne servì per le sue ricerche in Guiana. È di Linneo (che però, come spesso capita, si rifà al precedente di Plumier) la dedica all'astronomo e naturalista tedesco del genere Marcgravia, che è anche il genere tipo e più numeroso della famiglia Marcgraviaceae; esclusiva dell'America tropicale, quest'ultima comprende sette generi e circa 130 specie, per la maggior parte liane o rampicanti. Marcgravia comprende una sessantina di specie, distribuite dal Messico meridionale al Brasile attraverso le Antille e l'America centrale; sono liane e rampicanti terrestri delle foreste tropicali umide, caretterizzate da diverse interessanti particolarità. La prima è l'accentuata eterofillia: le Margravia si arrampicano mediante radici avventizie che si abbarbicano alla corteccia dell'albero ospite, presenti solo nella fase giovanile, durante la quale la pianta ha steli piatti o quadrangolari e piccole foglie sessili alternate distiche; nella fase adulta troviamo lunghi rami eretti, privi di radici avventizie, e foglie completamente sviluppate, molto più grandi, picciolate e disposte a spirale. Alcune specie, dopo aver perso il contatto con il suolo, possono diventare epifite, ma tendono comunque a sviluppare lunghi rami ascendenti, all'apice delle quali si sviluppano le infiorescenze, spesso a decine di metri dal suolo, emergendo dalla canopia della foresta. Un'altra particolarità riguarda appunto le infiorescenze. Come tutte le Margraviaceae, quelle del genere Marcgravia posseggono bratteole modificate in nettari; pendule, sono poste all'apice dei rami e sono rette da un lunghissimo stelo; i fiori, che irradiano da un unico punto, sono disposti in un singolo giro a umbella piatta; quelli centrali sono sterili e dotati di bratteole modificate in nettari - dalla forma simile a quella dei fiori di Nepenthes - che pendono al di sotto dei fiori periferici fertili. In tal modo, gli impollinatori, attirati dal nettare, mentre si cibano si imbrattano il dorso di polline; si tratta di colibrì, opossum e per diverse specie di piccoli chirotteri. Tra le specie impollinate da pipistrelli troviamo la stupefacente M. evenia, una rara liana delle foreste cubane; oltre alle bratteole modificate in nettari, poste al di sotto, al sopra dell'infiorescenza si trovano diverse brattee simili a una foglia concava; i ricercatori hanno dimostrato che riflettono e rimandano gli ultrasuoni emessi dai pipistrelli del genere Monophyllus aiutandoli a dirigersi velocemente verso i fiori che così vengono impollinati con maggiore frequenza. Varie specie di Marcgravia (tra le altre, M. umbellata, M. sintenisii, M. rectiflora) sono ricercate dai collezionisti come piante da terrario o da serra calda. Vengono coltivate soprattutto per il fogliame, sia in cestini appesi, sia come rampicanti su supporti in legno o sfagno, soprattutto in terrario, dato che richiedono umidità elevata e una temperatura calda e costante. Proprio per le particolarità delle foglie e delle infiorescenze differisce da Marcgravia il genere Marcgraviastrum, che ne è stato separato nel 1997. Distribuito dall'America centrale (Nicaragua e Honduras) al Brasile nelle foreste pluviali o nebulose, comprende una quindicina di specie di arbusti e liane epifite, semiepifite o terrestri; hanno foglie sessili o picciolate disposte a spirale e non differenziate in una fase giovanile e in una fase adulta e fiori raccolti in un'infiorescenza umbelliforme eretta anziché pendula; in alcune specie diventano invece pendule quando maturano i frutti. Inoltre, mentre i fiori di Marcgravia sono tetrameri, quelli di Marcgraviastrum sono pentameri e tutti sviluppano un nettario, non solo quelli centrali sterili. Tra le sue specie, vorrei segnalare almeno M. sodiroi, endemica della Colombia e dell'Ecuador, il cui epiteto ricorda il sacerdote italiano Luigi Sodiro (1836-1909), pioniere dello studio della flora dell'Ecuador. |
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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