Il medico Willem Piso, che aveva scritto la sezione medica di Historia naturalis Brasiliae, dieci anni dopo pubblicò sotto il proprio nome un'opera sulla storia naturale e medica delle Indie occidentali e orientali, per la quale utilizzò tra l'altro materiali tratti dalla sezione sulla storia naturale scritta da Georg Marcgraf. Il fratello di questi lo accusò di plagio, compromettendo fortemente la sua reputazione scientifica. L'accusa era fondamentalmente infondata ma influenzò anche Linneo che, nel confermare il genere Pisonia creato da Plumier a partire da una pianta spinosissima, scrisse che quella orrida pianta ben si confaceva all'orrida fama di Piso. In realtà, è quasi l'unica specie spinosa del genere, ma, per altre ragioni, su almeno una delle sue consorelle aleggia una fama molto più sinistra. Un medico nel Brasile olandese Nel 1658, dieci anni dopo Historia naturalis Brasiliae, presso l'editore Elzevir di Amsterdam usciva De Indiae utriusque re naturali et medica, che solitamente ne è considerata la seconda edizione. In realtà non è esattamente così, anche se i due volumi hanno in comune diversi materiali e sono strettamente legati, fin dal frontespizio. Quello della seconda è ricavato da quello della prima, sostituendo la figura femminile sulla destra con un uomo che indossa un turbante e la figura allegorica al centro e vari particolari in secondo piano e sullo sfondo con animali dell'Asia e dell'Oceano indiano, per adattarlo al nuovo contenuto: non più la storia naturale del Brasile, ma la storia naturale e medica di entrambe le Indie, quelle occidentali (le Americhe) e quelle orientali (il Sudest asiatico). In entrambi i volumi il titolo è racchiuso in un ricco cartiglio, retto da due scimmie quello sul Brasile, da due uccelli (forse cigni) quello sulle due Indie. Ma la differenza più significativa è un'altra. Nel volume del 1648 leggiamo "Storia naturale del Brasile, per auspicio e beneficio dell'illustrissimo conte Maurizio di Nassau"; dunque non è indicato alcun autore, ma unicamente lo sponsor. Nel volume del 1658 invece leggiamo "Storia naturale e medica di entrambe le Indie, di Willem Piso, medico di Amsterdam". Benché continui a trattarsi di un'opera collettiva, ora c'è un autore che avoca a sè la paternità dell'intero volume. Anche se i concetti di paternità e proprietà letteraria erano all'epoca ancora molto sfumati, il fatti che Piso apparisse come unico autore gli attirò l'accusa di plagio da parte di Christian Marcgraf, che nella sua biografia del fratello Georg denunciò anche il tentativo di Piso di sminuirne la reputazione scientifica, presentandolo come un proprio servitore ("servus meus") e accusandolo di ubriachezza e di irregolarità finanziarie. Linneo sposò questa tesi e rincarò la dose, accusando il medico olandese non solo di essersi impadronito del lavoro scientifico di Marcgraf, ma di averlo rovinato infarcendolo di errori. Se questa è stata a lungo la posizione dominante tra i naturalisti, sono stati piuttosto gli studiosi di storia della medicina a rivalutare Piso, dimostrando che il suo contributo scientifico non è affatto inferiore a quello del collega e rivale. I due erano praticamente coetanei, ma differivano profondamente per background culturale e posizione accademica. Marcgraf aveva avuto una formazione molto ricca e varia, ma a Leida era solamente uno studente straniero, magari molto versato e promettente, ma privo di ogni grado accademico. Al contrario Piso, nativo della città, era un medico laureato e già ben inserito negli ambienti scientifici. Willem o Gulielmus Piso (1611-1678) è lo pseudonimo latinizzato di Willem Pies, nato a Leida da padre tedesco e madre olandese; il padre Härmen Pies, originario del ducato di Cleve, si era trasferito a Leida per studiare medicina, ma, oberato da una famiglia numerosa, aveva abbandonato gli studi per diventare cantore e organista. Willem già a 12 anni risulta iscritto alla facoltà di medicina, un'iscrizione precoce forse finalizzata a ottenere l'esenzione da alcune tasse; fu poi allievo di Otto Heurnius, acquisendo un'eccellente preparazione clinica e anatomica nonché la propensione alla verifica sperimentale. Per evitare le ingenti tasse di dottorato a Leida, concluse gli studi all'università di Caen in Normandia, dove nel 1633, all'età di 22 anni, conseguì il dottorato in medicina. Poco dopo si trasferì ad Amsterdam, dove incominciò a farsi conoscere per la sua competenza clinica. Forse già in questi anni era interessato alla medicina tropicale e potrebbe essere stato in contatto con il medico della VOC Jacobus Bontius. Nel 1638, essendo morto in Brasile poco dopo il suo arrivo il primo medico personale del governatore Johann Maurits di Nassau Siegen, la Compagnia olandese delle Indie occidentali (WIC) lo chiamò a sostituirlo. Come tale, oltre ad accompagnare il conte in pace e in guerra, doveva presiedere allo sviluppo del sistema sanitario della colonia, fungere da chirurgo dell'esercito e della WIC ed esplorare le risorse mediche e alimentari del Brasile olandese. Erano compiti complessi e gravosi per una persona sola, gli furono perciò affiancati due assistenti, prima Heinrich Cralitz, poi, dopo la morte di questi, Georg Marcgraf. È esattamente questo il significato del "servus" tanto deprecato dal fratello del naturalista. Certo tra i due dovettero sorgere rivalità e incomprensioni; non sappiamo in quale momento, Marcgraf cessò di dipendere dalla WIC come assistente di Piso, e passò direttamente al servizio del conte. Fosse paranoia, o fosse giustificato, scrisse le sue note di campo in cifra, per impedire a Piso di accedervi. Al contrario del versatile Marcgraf, l'interesse di Piso era eminentemente pratico e focalizzato sulla medicina e l'alimentazione. Era stato educato alla scuola ippocratica, secondo la quale i costumi e gli stili di vita sono influenzati dall'ambiente; studiò dunque con particolare attenzione in quale modo le condizioni ambientali influissero sulla salute e capì che la cosa più sbagliata era mantenere ai tropici le abitudini, i comportamenti e l'alimentazione di casa. Anche in Brasile, gli olandesi continuavano a costruire case in mattoni, ad indossare abiti scuri e pesanti, a indulgere al cibo e all'alcool, tutti comportamenti che logairavano la salute. Tra i coloninolandesi, la mortalità infantile era altissima, molto maggiore di quella dei neonati nativi; secondo Piso, ciò era dovuto all'abitudine di fasciare i neonati, pratica utile in Olanda, ma dannosissima ai tropici. Allo stesso modo, notò che una serie di disturbi della vista colpivano solo gli olandesi, in particolare quelli più poveri, e li collegò all'alimentazione, confrontando la loro dieta con quella dei nativi: quest'ultima era basata soprattutto su pesce fresco e vegetali, che invece spesso mancavano sulle tavole olandesi. Consigliò poi vivamente il consumo di arance e limoni per evitare lo scorbuto. Per vivere (e sopravvivere) ai tropici la ricetta giusta era adeguarsi alle abitudini della popolazione locale e fare tesoro della loro conoscenza dell'ambiente naturale, con le sue insidie e i suoi doni, in particolare per quanto riguarda le proprietà delle piante medicinali e alimentari. Anche se nella sua opera non manca una certa spocchia eurocentrica, gli era chiaro che i nativi erano depositari di un sapere la cui conoscenza era imprescindibile: "Sebbene in un ambiente tanto barbaro si possano osservare molte usanze false, rozze e indegne dell'arte di Ippocrate, ce ne sono tuttavia alcune che sono molto efficaci e meritano un posto nella medicina classica [...] Se, come si è detto, i fondamenti di molte arti ci sono pervenuti da popoli primitivi, ai quali la benevola Madre Natura diede l’innato istinto di guarigione, chi può dubitare che questi esseri umani – pur non avendo alcun legame con la dotta scienza dell'arte medica - abbiano trasmesso ai loro discendenti molte medicine e antidoti nobili e segreti, sconosciuti ai medici classici?" Fu dunque osservando le pratiche mediche indigene e sperimentandole egli stesso cure e farmaci con i suoi pazienti che Piso poté riconoscere le proprietà di molti dei medicamenti esposti nelle sue opere. Studiò poi attentamente sia le malattie importate dall'Europa e dall'Africa sia quelle endemiche del Brasile, cercando di capirne le cause e suggerendo possibili rimedi. Da questo punto di vista, il suo contributo maggiore è considerato l'introduzione dell'ipecacuana, che aveva appreso dai guaritori indigeni. Piso rimase in Brasile circa sette anni e tornò in Olanda con il conte di Nassau Siegen nel 1644, Restò al suo servizio ancora per qualche tempo e nel 1645, benché fosse già dottore in medicina, si iscrisse nuovamente all'Università di Leida, allo scopo di avere libero accesso alla biblioteca per consultare i libri necessari al completamento della prima parte di Historia naturalis Brasiliae, i quattro libri di "Medicina brasiliensis". Intorno al 1647, si trasferì ad Amsterdam dove divenne un medico di successo e un membro riconosciuto della comunità scientifica; nel 1655 fu nominato ispettore del Collegium medicum di Amsterdam, di cui più tardi divenne il decano. Era abbastanza ricco da permettersi una casa sul centralissimo Keizergracht e si inserì nell'élite cittadina anche attraverso i legami familiari: sposò la figlia di uno dei direttori della WIC e poco prima della sua morte, sua figlia Maria, l'unica dei suoi figli a raggiungere l'età adulta, a sua volta sposò Cornelis Munter, futuro direttore della VOC e sindaco di Amsterdam. Insomma, una riuscita scalata al successo sociale. Morto nel 1678, fu sepolto nella Westerkerk, dove da qualche anno riposava Rembrandt. Plagiario o editor disinvolto? Veniamo dunque all'opera incriminata, De Indiae utriusque re naturali et medica; chiariamo subito che non è propriamente la seconda edizione di Historia naturalis Brasiliae, ma un'opera in gran parte diversa, anche negli scopi. Non è più un libro sul Brasile, ma una sorta di manuale di medicina tropicale, che unisce alle esperienze di Piso in Brasile quelle del medico della VOC Jacobus Bontius in Indonesia. Come Historia naturalis Brasiliae è dunque anch'essa un'opera collettiva e il nome di Piso sul fontespizio va inteso, più che come unico autore o anche autore principale, come editor o curatore di un progetto editoriale complesso. Senza dimenticare che Marcgraf, oltre a comparire come autore di uno dei contributi, è citato nella prefazione come fonte di molte informazioni sulla flora e la fauna del Brasile. Si tratta nuovamente di un corposo in folio riccamente illustrato (oltre 500 pagine e 522 xilografie di piante e animali), diviso in tre sezioni principali più un'appendice. La prima sezione, che occupa due quinti del volume con quasi 330 pagine, è costituita da "Historia naturalis et medica Indiae occidentalis" dello stesso Piso, in cinque libri; la seconda dal "Tractatus topographicus et metereologicus Brasiliae" di Georg Marcgraf (40 pagine); la terza da "Historia naturalis et medica Indiae orientalis" di Jacobus Bontius in sei libri (160 pagine), seguita da "Mantissa aromatica, sive "De aromatum cardinalibus quatuor", nuovamente di Piso (60 pagine circa). Oltre a scrivere la prima parte e l'appendice, Piso è intervenuto come editor anche sui contributi di Marcgraf e Bontius. Nel primo caso, ha aggiunto alle osservazioni meteorologiche informazioni sulle lingue e i popoli del Brasile e del Cile attinte da Historia naturalis Brasiliae; nel secondo, ha aggiunto ai quattro libri dell'opera di Bontius De medicina Indorum due libri sulla flora e la fauna delle Indie orientali, basandosi su manoscritti lasciati dall'autore integrati con le proprie ricerche. Il plagio, se plagio c'è, potrebbe annidarsi nella prima parte, per la quale Piso ha integrato la propria "De medicina brasiliensi" (prima sezione di Historia naturalis Brasiliae) con informazioni sulla fauna e la flora attinte dalla sezione di Marcgraf. Ma da questa accusa il nostro è già stato assolto da Cuvier, che pure era un grande ammiratore di Marcgraf: "Alcuni autori, che non hanno letto entrambe le edizioni di Piso, lo hanno considerato un plagiario di Marcgraf, ma non è così perché nella prefazione e ovunque nel libro lo loda come proprio ex collega e lo cita in modo tale che è impossibile dire che abbia cercato di presentare come propria la sua opera". In effetti, Piso non ha copiato il testo di Marcgraf, ma ne ha attinto informazioni e le ha sintetizzate e riorganizzante in base al proprio disegno, che non è più una storia naturale del Brasile, ma una storia medica delle Indie occidentali. I quattro libri di "De medicina brasiliensi" (circa 120 pagine) si trasformano nei cinque di "Historia naturalis et medica Indiae occidentalis" (circa 330 pagine), in cui Piso, pur basandosi principalmente sulla propria esperienza diretta, cerca di allargare il campo di indagine dal Brasile all'intera America tropicale, facendo riferimento alla letteratura disponibile. Il primo libro continua ad intitolarsi "Sull'aria, sull'acqua, sui luoghi", ma passa da 14 a 22 pagine; il secondo libro non esamina più le malattie sia endemiche sia introdotte del Brasile, ma "La natura e la cura delle malattie comuni nelle Indie occidentali, e in particolare in Brasile" e, con l'eliminazione dei morbi importati, si riduce da 39 a 18 capitoli; il terzo libro sui veleni e gli antidoti viene spostato alla fine (diventa il quinto libro) e sostituito dall'amplissimo libro in tre sezioni "Sugli animali americani acquatici, aerei e terrestri commestibili"; il quarto libro, da analisi dei semplici e delle loro virtù, si trasforma in "Sugli alberi, gli arbusti e le erbe medicinali e alimentari che nascono in Brasile e nelle terre circostanti delle Indie occidentali". L'unico libro totalmente nuovo è dunque il terzo, quello sugli animali, per il quale Piso ha usato come fonte principale i libri 4-6 di Historia rerum naturalium Brasiliae di Marcgraf. Anche qui, nessun plagio: come fa notare Cuvier, Piso "ha organizzato [i materiali] in modo diverso; tutte le informazioni su piante e animali fornite da Marcgraf non vengono organizzate in base a classi come ha fatto Marcgraf, ma sulla base di considerazioni mediche: in una sezione, i prodotti eduli; in una seconda, quelli velenosi; in una terza le sostanze medicinali". Inoltre, ci sono anche un certo numero di animali non presenti nei libri di Marcgraf, segno che, anche se la zoologia non faceva parte dei suoi interessi principali, non gli era totalmente estranea. Veniamo ora all'accusa di Linneo, quello di aver alterato i materiali di Marcgraf con aggiunte arbitrarie commettendo molti errori. E qui c'è del vero: Marcgraf era un naturalista più completo e accurato di Piso che, non dimentichiamolo, era essenzialmente un medico ed ha dato i suoi maggiori contributi nel campo suo proprio, quello della medicina (e dell'igiene) tropicale. Indubbiamente commise errori e confusioni, ma il peggiore non è imputabile a lui e non riguarda la sezione sulle Indie occidentali, ma quella sulle Indie orientali. In quest'ultima, mentre sono eccellenti le figure dei mammiferi, quelle dei pesci e dei rettili sono riprese dal libro sulla fauna brasiliana; la colpa non è di Piso, ma dell'editore, che voleva risparmiarsi la spesa di un secondo set di xilografie, pensando erroneamente che, in fondo, pesci e rettili sono più o meno uguali dappertutto. Ma il libro di Bontius, e Bontius stesso, meritano un post tutto per loro. L'albero che uccide gli uccelli Nel suo libro Matters of Exchange, H. J. Cook ricorda che per la sua disinvolta abitudine di aggiungere materiali presi da autori diversi senza citarli in modo trasparente, molti contemporanei consideravano Piso uno scrittore poco affidabile, quindi aggiunge: "Ancora decenni dopo, Linneo venne coinvolto, chiamando Pisonia, da Piso, un genere di piante molto spinose e sottolineando quando lo fece che le loro spine erano sgradevoli quanto la reputazione di Piso". Cook si riferisce a Critica botanica (1737) in cui Linneo scrive: "Pisonia è un albero orrendo (= horridus) per le sue spine; e orrenda è certamente anche la memoria dell'uomo [da cui prende nome] se è vera l'accusa mossa a Piso da un parente di Marcgraf di essersi appropriato degli scritti di Marcgraf dopo la sua morte". Poi aggiunge, più cautamente, rivolgendosi al lettore: "Vedi e confronta tu stesso le obiezioni, confronta poi gli scritti di Marcgraf con quelli di Piso". È esattamente quello che hanno fatto Cuvier e dopo di lui altri studiosi, assolvendo pienamente Piso dall'accusa di plagio. È bene tuttavia precisare che il significato primario di horridus è "spinoso", e applicandola alla memoria del povero Piso Linneo fa un gioco di parole, usandolo nel significato traslato "sgradevole, odioso, orribile" Certo non aveva in mente niente di simile il primo creatore del genere Pisonia, il buon padre Plumier che anzi si espresse in termini pacatamente oggettivi nei confronti del medico olandese: "Gulielmus Piso di Leida percorse il Brasile con i suoi assistenti, gli studenti di medicina tedeschi Georg Marcgraf e H. Cralitz; quindi scrisse e completò quattro libri sulla medicina del Brasile, il quarto dei quali tratta delle proprietà dei semplici brasiliani [...]. È un'opera veramente utile per gli americani e degna dell'interesse dei curiosi". E subito dopo rese omaggio anche a Marcgraf con il genere Marcgravia. Linneo elenca e descrive solo due specie, la spinosissima Pisonia aculeata, che si credeva originaria delle Indie occidentali, e l'inerme Pisonia mitis originaria delle Indie orientali. Oggi sappiamo che la seconda è solo una forma senza spine della prima, una specie pantropicale diffusa in America, in Africa, in Asia e in Oceania. Via via si sono aggiunte altre specie e il genere (famiglia Nyctaginaceae) è giunto ad annoverarne una quarantina, con distribuzione prevalentemente americana, ma con rappresentanti anche in Africa, nel Sud est asiatico e nel Pacifico. Studi recenti hanno però dimostrato che il genere così inteso è polifiletico; di conseguenza ne sono state staccate una ventina di specie indo-pacifiche (genere Ceodes), una specie endemica delle Hawaii (genere Rockia)ù mentre varie specie brasiliane sono state spostate in Guapira. Pisonia in senso stretto comprende ora 27 specie, quasi tutte americane, con centro di diversità nelle Antille; fanno eccezione la pantropicale P. aculeata, P. grandis, distribuita tra Africa, Oceano indiano e Oceano Pacifico, e P. costata, endemica di Mauritius. La maggior parte delle specie ha limitata diffusione ed è strettamente endemica; ad esempio, troviamo tre specie endemiche a Cuba, tre a Portorico, due in Giamaica, una nelle Galapagos, una in Belize, ecc. Sono per lo più arbusti o piccoli alberi; P. aculeata (oltre ad essere quasi l'unica specie spinosa) può essere sia un piccolo albero sia una liana legnosa; P. grandis è un grande albero che può superare i 30 metri. Hanno foglie opposte, alternate o in verticilli terminali, piccoli fiori privi di petali raccolti in cime composte con fiori maschili e femminili su individui diversi. Ma la caratteristica più particolare è data dai frutti o meglio falsi frutti (antocarpi); da oblunghi a clavati, presentano cinque costole arrotondate o angolate con una o più file di ghiandole; estrememente appicicosi, tendono ad aderire alle penne degli uccelli, favorendo la dispersione dei semi. Talvolta però lo fanno in modo troppo efficace: se troppi frutti rimangono appiccicati, gli uccelli malcapitati, soprattutto quelli delle specie più piccole, ne possono essere appesantiti al punto da non riuscire più a volare; così intrappolati, finiscono per essere preda di ratti o altri predatori o per morire di inedia. Questo fenomeno è stato segnalato per P. grandis e per altre specie ora passate al genere Ceodes (in particolare C. umbellifera e C. brunoniana), conosciute in inglese con il nome volgare birdcatcher "uccellatore", che vivono prevalentemente o esclusivamente in isole della regione indo-pacifica che ospitano grandi colonie di uccelli marini. Gli effetti possono essere devastanti: uno studio condotto nella isola di Cousin nelle Seychelles ha dimostrato che Pisonia grandis ha causato la morte di un quarto delle sterne bianche e quasi un decimo delle berte tropicali. Anche se su scala infinitamente minore, l'intrappolamento occasionale di uccelli è stato segnalato anche per P. zapallo, una specie dell'Argentina settentrionale. Il fenomeno rimane enigmatico: per specie che vivono in piccole isole la dispersione dei semi garantita dagli uccelli è certo vantaggiosa, mentre per l'intrappolamento e la morte degli uccelli non è stato dimostrato alcun vantaggio. Esperimenti condotti alle Seychelles hanno dimostrato che è infondata l'ipotesi che la decomposizione degli uccelli morti alla base degli alberi apporti nutrimento aggiuntivo. D'altra parte, sarebbe scorretto demonizzare P. grandis: studi condotti in Australia, dove nella Grande barriera corallina le foreste dense di Pisonia sono sempre più ridotte, hanno dimostrato che la loro perdita incide negativamente sulla sopravvivenza degli uccelli marini che un tempo vi nidificavano in gran numero, Nel 1911 un secondo genere è venuto a onorare, sebbene indirettamente, Willem Piso. È il monotipico Pisoniella, creato da Standley per Pisoniella arborescens, un arbusto con distribuzione disgiunta in Messico e in Bolivia. Precedentemente faceva parte del genere Boerhavia, tuttavia Standley osservò che il suo frutto è simile a quello di Pisonia, ma la pianta ne differisce per l'aspetto generale e l'infiorescenza, un'umbella semplice anziché una cima composta.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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