Nel settembre 1534, il medico portoghese Garcia de Orta, figlio di una coppia di ebrei espulsi dalla Spagna e costretti alla conversione forzata, sbarca a Goa. A spingerlo a venire in India, da una parte, l'angosciosa situazione dei marrani, gli ebrei convertiti; dall'altra la curiosità per quel mondo esotico, ma in qualche modo familiare, visto che ne sono originarie molte droghe che usa nella sua professione. Si stabilisce a Goa, diventa il medico di fiducia di maggiorenti indiani e portoghesi, commercia in spezie e gioielli, impara dai suoi numerosi corrispondenti i principi delle medicine unani e ayurvedica, fa esperimenti e coltiva un orto botanico di acclimatazione. Frutto di trent'anni di vita e di ricerche nel subcontinente il suo originalissimo Colóquios dos simples e drogas he cousas medicinais da Índia segna il primo vero incontro tra la botanica europea e la flora indiana. Ma, come il suo autore, sarà vittima dell'intolleranza religiosa: dodici anni dopo la sua morte, l'Inquisizione sottopone Garcia de Orta a un processo postumo e ne condanna le spoglie al rogo e i libri all'Indice. Se nonostante tutto, i Colóquios hanno lasciato un segno nella storia della botanica e nella conoscenza delle piante indiane è merito di Corolus Clusius, che li scoprì durante un viaggio in Portogallo e li tradusse in latino. Un medico di origini ebraiche scopre l'India Il 12 marzo 1534, al comando di Martim Afonso de Sousa, ammiraglio dei mari delle Indie, una squadra di cinque navi salpa da Lisbona alla volta di Goa. A bordo, nelle vesti di medico personale dell'ammiraglio e di medico capo della flotta, il dottor Garcia de Orta. Ha poco più di trent'anni, e potremmo considerarlo un uomo arrivato: è molto reputato nella sua professione e da qualche anno tiene lezioni di filosofia naturale all'Università della capitale. Eppure quando don Martim Afonso gli propone di accompagnarlo in India, non esita a lasciare tutto per seguirlo. Dietro quella scelta, almeno due ragioni. Una è il fascino dell'India, ancora quasi inedita per gli Europei, se si pensa che Vasco da Gama è sbarcato sulle sue coste appena nel 1497. Inedita, ma in un certo senso anche familiare, visto che proprio dall'India parte la via delle spezie e proprio da lì arrivano molte delle sostanze che egli usa nel suo lavoro. Anzi, è stupito che i suoi conterranei vedano l'India solo come una fonte di guadagno, senza provare alcuna curiosità per quel mondo tutto da scoprire. La seconda ragione è più drammatica. Garcia de Orta è figlio di una coppia di conversos, ebrei che sono fuggiti dalla Spagna nel 1492 in seguito al decreto di espulsione dei re cattolici e nel 1497, per poter rimanere in Portogallo, si sono dovuti sottomettere alla conversione forzata. Hanno avuto la fortuna di trovare un protettore nel nobile Lobo de Sousa (il padre di dom Martim Afonso), grazie al quale Garcia ha potuto studiare nelle prestigiose università spagnole di Salamanca e Alcalá, e poi avviare una carriera di successo come medico e insegnante universitario. Ma è pur sempre un converso, anzi un marrano (un insulto che forse significa porco) che potrebbe cadere vittima di un pogrom come quello della Pasqua del 1506, quando a Lisbona la folla, istigata dai frati domenicani, massacrò quasi 2000 ebrei convertiti. E si vocifera che l'Inquisizione stia per essere istituita anche in Portogallo. A settembre la flotta getta l'ancora a Goa e Garcia de Orta sbarca per la prima volta nella terra che non lascerà più fino alla morte, trentaquattro anni dopo. Per quattro anni, accompagna il suo protettore in tutte le sue imprese: la cessione di Diu e la costruzione della sua fortezza; la devastazione dei porti del Samorin di Calcutta e dei suoi alleati; la guerra contro i corsari. Ogni volta che ne ha l'occasione, scende a terra, avido di scoperte: osserva ogni cosa, si informa sulle persone, i costumi, le lingue, impara tutto quello che può sulle piante e le tradizioni mediche locali. Un incontro molto importante è quello con il sultano di Ahmadagar, Buhran Nizam Shah, un principe tollerante, che si circonda di uomini di scienza e lettere senza badare alla loro origine; alla sua corte, Garcia da Orta conosce medici arabi e indiani, da cui apprende i principi delle medicine unani e ayurvedica. Nel 1538, quando l'ammiraglio viene momentaneamente richiamato in patria, il medico preferisce rimanere in India: la ama con tutto il cuore, ha ancora molto da scoprire, inoltre i suoi timori si sono concretizzati con l'istituzione dell'Inquisizione anche in Portogallo nel 1536. Si stabilisce a Goa, dove acquista una casa e esercita la professione medica, integrata con attività redditizie come il commercio di spezie e di pietre preziose. Ha molti clienti, sia tra i portoghesi sia tra gli indiani, ma anche incarichi ufficiali, come medico dell'ospedale cittadino e della prigione. Piante indiane e Inquisizione Da questo momento, troppo impegnato con le sue varie attività, Garcia de Orta non viaggia più, ma vivendo a Goa, il centro del commercio portoghese delle spezie, ha modo di incontrare persone di ogni genere e di accedere a molte fonti di informazione. Nelle botteghe multietniche del bazar (i mercanti sono indiani, arabi, persiani) trova oggetti curiosi, frutti esotici, spezie ed erbe medicinali. La sua rete di agenti commerciali e di corrispondenti gli spedisce piante e semi da altre regioni del subcontinente. Il dottore, che oltre al portoghese, all'ebraico e alle lingue classiche, parla bene anche l'arabo, si intrattiene con tutti, si interessa di tutto, ma soprattutto di medicina, spezie, piante: di ciascuna vuole conoscere il luogo di coltivazione, gli usi, gli effetti terapeutici. Nella sua casa c'è un piccolo museo di curiosità (che anni dopo farà la delizia del poeta Luis de Camões, suo intimo amico) e una fornita biblioteca, dove accanto ai classici che ha portato con sé dal Portogallo e ai testi arabi che ha acquistato in India, ci sono tutte le più importanti novità dei medici e dei naturalisti europei che si fa spedire dalla madre patria. Sul retro ci sono un piccolo orto-giardino dove coltiva le piante medicinali che sperimenta sui suoi pazienti e qualche albero da frutto. Nel 1541 Martim Afonso de Sousa ritorna a Goa come viceré, incarico che manterrà fino al 1546, e di nuovo vuole Garcia de Orta come medico personale. Anche i successori lo stimano e uno di essi nel 1548 gli assegna in enfiteusi l'isola di Mombain (qui più tardi sorgerà la città di Bombay, oggi Mumbai); il dottore ora può fare esperimenti molto più in grande nel curatissimo orto botanico o giardino di acclimatazione, dove coltiva piante di ogni provenienza. E' un personaggio estremamente stimato, con molti amici, tra cui appunto Camões, che arriva a Goa nel 1555, e il dottore Dimas Bosque, che vi giunge nel 1558 al seguito del nuovo governatore Constantino de Bragança. E' probabilmente questa rete di amici e protettori a tenere lontane dalla sua persona le ombre dell'Inquisizione. Dal canto suo, il dottore bada ad allontanare ogni sospetto: va a messa ogni giorno, ha relazioni cordiali con francescani, domenicani e gesuiti e assiste alle loro cerimonie pubbliche. Tuttavia, il pericolo si fa sempre più vicino. Nel 1548, le sorelle Isabel e Catarina, rimaste in Portogallo, vengono arrestate; rilasciate, fortunatamente possono raggiungerlo a Goa, insieme alla vecchia madre e alle rispettive famiglie. Ma proprio a Goa, nel 1557, si tiene un processo contro un gruppo di venti conversos accusati di praticare segretamente il giudaismo; poiché nella colonia non esiste ancora l'Inquisizione, vengono inviati a Lisbona dove una donna è arsa viva. E' la premessa per l'istituzione dell'Inquisizione anche a Goa, nel 1560 (a richiederla a gran voce è Francesco Saverio). Orta riesce probabilmente a ingraziarsi l'inquisitore Aleixo Dias Falcão, appena arrivato nell'isola; rassicurato dalla fama del dottore e dai suoi protettori altolocati, nel 1563 egli concede l'imprimatur alla pubblicazione di Colóquios dos simples. Egli ignora che in quel momento Garcia de Orta è già nella lista dei sospetti: nel 1561 a Lisbona è stato arrestato un suo nipote; rilasciato dopo lunga detenzione, ha fatto il nome dello zio e l'Inquisizione portoghese ha aperta un'inchiesta su di lui. Falcão viene a trovarsi in una situazione imbarazzante che forse spiega perché, fino alla morte di Gracia de Orta, avvenuta nei primi mesi del 1568, questi venga lasciato in pace. Ma pochi mesi dopo, sua sorella Catarina è nuovamente arrestata, processata, costretta alla confessione e bruciata viva in un autodafé; sottoposta a tortura, ha denunciato anche il fratello. Se il dottore è ormai irraggiungibile, non lo sono né le sue spoglie né la sua opera. Nel 1572 gli viene intentato un processo postumo, in cui è assolto; ma, processato nuovamente nel 1580, viene condannato: l'Inquisizione ordina di esumare il cadavere e di gettarlo alle fiamme insieme a tutte le copie reperibili dei Colóquios. Il suo nome diventa maledetto e la sua opera proibita. Per una sintesi della vita, si rimanda alla sezione biografie. Dialoghi sui semplici e le droghe dell'India In questo modo rischiò di scomparire l'opera che segna il primo incontro tra la botanica europea e le piante indiane: Colóquios dos simples e drogas e coisas medicinais da Índia, "Dialogo sui semplici, le droghe e la materia medica dell'India", che come ho anticipato Garcia de Orta pubblicò a Goa nel 1563. Era il frutto di un trentennio di studi ed esperienze sulla medicina, le spezie e le piante medicinali dell'India, anche se non sappiamo quando esattamente il medico portoghese abbia iniziato a scriverla. Quando venne data alle stampe, l'arte della tipografia era neonata a Goa, e il tipografo Ioannes de Endem commise tanti errori che per correggerli furono necessarie più di venti pagine di errata corrige, un record nella storia dell'editoria. Il libro è aperto dalla dedica al viceré Martim Afonso de Sousa, dall'introduzione di Dimas Bosque e da due poesie: una di un poeta locale non meglio noto, l'altra di Camões, la prima sua ad essere pubblicata: è una lirica encomiastica in cui il viceré è paragonato ad Achille e Garcia da Orta al centauro Chirone, suo maestro nell'arte medica e nella conoscenza delle erbe. Non mancano giochi di parole tra Orta, il cognome del dottore, e orta, che in portoghese significa giardino. Colóquio dos simples è un'opera originale da ogni punto di vista, a cominciare dalla lingua e dalla forma. Garcia de Orta decise di scriverla in portoghese, anziché in latino, una scelta che ne limitava la diffusione internazionale, ma allargava il pubblico potenziale dei lettori portoghesi ai non specialisti. La forma è quella del dialogo tra due personaggi: lo stesso Garcia de Orta e il dottor Ruano, che si immagina laureato ad Alcalá e appena giunto a Goa con l'intenzione di saperne di più sulle piante medicinali e le spezie indiane. Occasionalmente intervengono anche altri personaggi, tra cui la schiava Antonia, assistente di Orta, Dimas Bosque e un medico indiano. Si ritiene generalmente che entrambi i personaggi principali siano proiezioni dell'autore: Ruano è Orta al momento del suo arrivo in India, un giovane studioso con una preparazione ancora libresca, ma desideroso di apprendere, Orta è sempre lui, ma vecchio e ormai esperto di cose indiane dopo trent'anni di vita e pratica medica in India. Suddiviso in 59 dialoghi, di cui il primo funge da introduzione, Colóquios dos simples tratta in ordine alfabetico una settantina di sostanze medicamentose o semplici, 56 delle quali vegetali; si aggiunge qualche prodotto animale (l'ambra, il benzoino, l'avorio, le perle) o minerale (i diamanti e le pietre preziose). Molte sono allo stesso tempo familiari e esotiche: percorrendo la via delle spezie, raggiungono l'Europa da secoli, sono oggetto del commercio più redditizio (e i portoghesi sono qui proprio per assicurarsene il monopolio), ne parlano gli autori antichi, a cominciare da Dioscoride, Plinio e Galeno, oppure gli scrittori arabi. Tuttavia quelli che arrivano nelle botteghe degli speziali e nelle cucine dei ricchi sono semi, foglie, cortecce, radici essiccate; delle piante in sé, si sa poco o nulla. Orta è perfettamente consapevole di essere praticamente il primo studioso europeo ad averle viste nelle loro condizioni naturali; e, benché conosca bene i classici, proclama che la loro autorità viene meno di fronte all'esperienza diretta: "Inutile cercare di intimorirmi con Dioscoride o Galeno, io dico solo la verità e ciò che so". Altrettanta indipendenza di pensiero dimostra verso i botanici contemporanei, che in Europa discettano da lontano di ciò che non hanno mai visto. Dunque, anche se in Europa di molte piante si conosce il nome o i prodotti, Colóquios dos simples è un'opera di novità assoluta. Ovviamente ci sono le spezie e le sostanze aromatiche note fin dall'antichità e citate dagli autori classici: cannella, cardamomo, chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, pepe, aloe, canfora, calamo aromatico, incenso, mirra; quelle che avevano raggiunto l'Europa solo nel Medioevo, di cui parlavano le fonti arabe: curcuma, galanga, sandalo, tamarindo; ma in molti casi, soprattutto per i frutti, quella di Garcia de Orta è la prima trattazione: carambola, giuggiola, mangostano, jackfruit, litchi, cocco delle Maldive, mango, neem. E anche quelle apparentemente note finalmente escono dalla leggenda e dal sentito dire. Ogni dialogo tratta una singola sostanza, o al più un gruppo di sostanze affini, e segue uno schema ricorrente, che possiamo esemplificare con la prima ad essere discussa, Aloe socotrina (Dialogo 2), forse da identificarsi con Aloe perryi Baker. Si inizia con il nome in varie lingue: prima latino e greco, quindi arabo, diverse lingue indiane, spagnolo, portoghese, turco, persiano. Si prosegue con la provenienza: è coltivata in vari luoghi, ma la migliore viene da Socotra. Seguono informazioni sul suo commercio, correggendo la falsa credenza che cresca ad Alessandria, dovuta al fatto che, prima che i portoghesi aprissero la via diretta con le Indie, la via delle spezie faceva capo a quel porto. A questo punto Orta ne discute l'uso medico, riportando sia quanto ne dicono le fonti arabe sia quanto ha appreso da altri medici sia ancora ciò che egli stesso ha sperimentato sui suoi pazienti. La pianta non viene descritta (e questa è l'eccezione, non la regola), ma se ne analizza il sapore e l'odore. Infine si discutono gli effetti collaterali, sui quali, in base alla sua esperienza, Orta si trova in accordo con Avicenna, e in disaccordo con Mesuè (ovvero Yuhanna ibn Masawayh). Nei dialoghi si inseriscono ogni sorta di digressioni, con informazioni sulla geografia, i popoli, i commerci, e aneddoti curiosi. Per la storia della medicina, è di particolare interesse il dialogo 17, in cui, a proposito del Costus, Gracia de Orta dà la prima descrizione clinica del colera. Era una malattia nuova per i medici portoghesi, che non sapevano come curarla; Orta raccolse informazioni sulle cure e le erbe usate dai medici locali, rivolgendosi anche ai loro pazienti portoghesi, visto che i medici indiani era poco inclini a svelare i segreti professionali, e le provò sui suoi pazienti, ottenendo risultati molto migliori di quelli dei colleghi. Eseguì anche un'autopsia su una delle vittime, la prima praticata in Asia da un medico europeo. Traduzioni, rifacimenti, plagi e giardini Pubblicati nella remota Goa in un'edizione infarcita di errori tipografici, in una lingua periferica e condannati all'oblio dall'Inquisizione, nonostante la loro importanza i Colóquios dos simples hanno rischiato di sparire dalla storia della scienza. Libro rarissimo, è stato preservato in meno di venti copie, nessuna delle quali si trova a Goa. Ma prima della condanna, qualcuna aveva fatto in tempo ad arrivare nelle biblioteche portoghesi. Appena un anno dopo la pubblicazione, una capitò nelle mani di Carolus Clusius, che stava visitando la penisola iberica come accompagnatore di un giovane Fugger. Capì immediatamente la sua importanza e decise di tradurlo in latino, la lingua internazionale della scienza. Tornato nelle Fiandre, lo pubblicò ad Anversa per i tipi di Plantin con il titolo Aromatum, et simplicium aliquot medicamentorum apud Indios nascentium (1567). Come spiega lo stesso Clusius nell'introduzione, non si tratta di una traduzione integrale, ma di un compendio e in un certo senso di un rifacimento: "Ho tradotto i Colloqui in latino, quindi li ho ridotti in epitome, scrivendo ogni capitolo in modo individuale e in un ordine più adatto di quello originale, espungendo diversi argomenti che non giudico importanti". In particolare, Clusius elimina la forma dialogica e trasforma il libro in un trattato; scarta le digressioni non rilevanti per la botanica e la medicina; aggiunge un indice dei nomi e le referenze bibliografiche degli autori citati; inoltre, per quanto riguarda l'origine geografica e le virtù medicinali delle piante, integra quanto più possibile il testo con notizie ricevute da altri informatori. Insomma, un libro tutto diverso, e decisamente più rispondente agli standard accademici; senza parlare dell'edizione: non c'è raffronto possibile tra la terremotata edizione dell'apprendista tipografo Joannes de Endem e la curatissima edizione plantiniana, corredata anche da una quindicina di xilografie. Non stupisce dunque che a circolare non sia stata l'edizione originale, ma l'epitome di Clusius; il botanico fiammingo continuò a lavorarci per tutta la vita, pubblicandone cinque edizioni successive, costantemente riviste e ampliate, e incluse quella finale nella sua ultima opera, Exoticorum libri decem (1605). Risalgono anche al testo di Clusius le traduzioni in lingue moderne, come quella italiana precoce di Briganti (1589). E' invece almeno in parte un rifacimento del testo originale di Orta il Tractado de las drogas y medicinas de las Indias Orientales del medico portoghese Cristóvão da Costa, più noto con il nome spagnolo Cristobal Acosta, pubblicato in lingua spagnola nel 1567. Acosta era vissuto a lungo in India e aveva conosciuto di persona Garcia de Orta. Anch'egli riorganizzò la struttura dei Colóquios, ne corresse gli errori, corredò il testo di illustrazioni e aggiunse la trattazione di semplici non contemplati nell'originale; ma il Tractado, in modo meno trasparente del lavoro di Clusius, non si presenta come un'epitome dei Colóquios, ma come un'opera a sé che "verifica" quanto scritto da Orta, come enuncia il sottotitolo: "Trattato delle droghe e delle medicine delle Indie Orientali [...] di Cristobal Acosta, medico e chirurgo che le vide con i suoi occhi: nel quale si verifica molto di ciò che è stato scritto dal dottor Garcia de Orta". Ecco perché molti commentatori parlano esplicitamente di plagio. In ogni caso, grazie a Clusius (che tradusse in latino ed incluse in Exoticorum libri decem anche il testo di Acosta) l'opera e il nome di Garcia de Orta furono conosciuti dai botanici europei, andando a costituire una fonte imprescindibile per gli studiosi successivi. Per leggere il testo originale, tuttavia, bisognò attendere il 1872 quando ne fu stampata la prima edizione moderna, che lo riproduce pagina per pagina ma corregge silenziosamente gli errori tipografici, e quindi non è un facsimile. Seguì tra il 1891 e il 1895 la prima edizione critica commentata. Ormai i tempi erano cambiati e il marrano Garcia de Orta poteva essere riconosciuto come una gloria nazionale. Nel 1998, in occasione dell'Expo di Lisbona, nel Parque das Nações è stato creato il Jardim Garcia d'Orta che ospita cinque giardini tematici con ecosistemi delle zone toccate dai navigatori portoghesi nell'età delle scoperte: la foresta temperata di Macao e dell'isola di Coloane; la vegetazione di Goa, dominata dai palmizi; la foresta tropicale umida di São Tomé e Príncipe; la flora della Macaronesia (Madera, Azzorre e Canarie); la flora semidesertica e le savane della costa orientale dell'Africa. Un piccolo giardino con lo stesso nome si trova anche a Panjim, la capitale del distretto nord di Goa. A rendere omaggio a Orta i botanici avevano pensato da un pezzo, dedicandogli successivamente tre generi: Garcinia, stabilito da Linneo nel 1753; Garciana, creato dal conterraneo Loureiro nel 1770 (oggi sinonimo di Phylidrum); Horta, stabilito dal brasiliano Vellozo e pubblicato nel 1829 (oggi sinonimo di Clavija). L'unico valido è dunque quello linneano; ma poiché Garcia da Orta deve condividerlo con un altro dedicatario, per saperne di più dovete aspettare il prossimo post.
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November 2024
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