Quando ero bambina, ho sentito vecchie signore chiamare le dalie "giorgine". Oggi forse non si sente più, tranne che in tedesco dove queste bellissime piante si chiamano indifferentemente Georgina o Dahlie. E' quanto rimane di una vecchia diatriba che nei primi decenni dell'Ottocento divise i botanici, mentre quei fiori stupendi, passati inosservati per qualche secolo, andavano rapidamente alla conquista delle aiuole e le varietà si moltiplicavano vertiginosamente. Partiamo dunque per un viaggio nel mondo del genere Dahlia, dove a farci compagnia saranno coltivatori messicani affamati, conquistadores distratti, lo sfortunato botanico svedese Anders Dahl e il tedesco russizzato Johann Gottlieb Georgi, l'abate Cavanilles e il professor Willdenow l'un contro l'altro armati, con un cameo di Alexander von Humboldt. Prima tappa: Messico-Madrid A differenza delle loro cugine zinnie, che dovettero avere un ruolo marginale nelle culture indigene e passarono inosservate agli occhi degli spagnoli, le dalie hanno alle spalle una storia secolare. La loro coltivazione è documentata almeno dal XIV secolo presso diversi popoli precolombiani; gli aztechi le chiamavano acocotle e cocoxochitl, che dovrebbero significare "cannuccia " e "fiore della cannuccia", in riferimento ai fusti cavi. Anche se la loro bellezza era apprezzata, l'uso fondamentale era quello alimentare (si consumavano i tuberi). Non sfuggirono all'attenzione del primo importante studioso della flora messicana, Francisco Hernández, che ne descrisse due specie, poi riprese e raffigurate nel Tesoro messicano dell'Accademia dei Lincei, senza tuttavia suscitare entusiasmo; mentre già dopo pochi anni i giardini e gli orti di Siviglia si riempiavano di tageti e peperoncini, le dalie erano ignorate tanto come alimento quanto come pianta ornamentale. A sottrarle all'oblio fu ancora una volta la Spedizione botanica di Sessé e Mociño, nel corso della quale furono raccolti esemplari poi coltivati nell'Orto botanico di Città del Messico da Vicente Cervantes. Quest'ultimo nel 1789 inviò dei semi - etichettati erroneamente come Coreopsis - all'abate Antonio José Cavanilles, membro anziano dello staff del Real Jardin Botanico di Madrid (di cui più tardi divenne direttore). A quanto sembra, una pianta fiorì già l'anno successivo e nel 1791 Cavanilles la pubblicò nel primo volume di Icones et Descriptiones Plantarum come Dahlia pinnata; il nome specifico fa riferimento alle foglie pennate, quello generico è un omaggio commemorativo al botanico svedese Anders Dahl (1751-1789). Dahl, allievo di Linneo, era un botanico eccezionalmente dotato e echi della sua fama dovettero giungere in Spagna, forse attraverso Thunberg. Ripercorriamone velocemente la carriera scientifica: figlio, come tanti altri linneani, di un pastore di provincia, fin da bambino aveva sviluppato un forte interesse per le scienze naturali che lo aveva portato, adolescente, a fondare con alcuni amici la Società topografica svedese di Skara, che si proponeva di descrivere l'ambiente naturale e umano del Västergötland; Dahl vi contribuì con diversi saggi, tra cui una flora locale. Nel 1770 approdò all'Università di Uppsala, dove fu allievo di Linneo; la morte del padre, l'anno successivo, rovinò finanziariamente la famiglia e lo costrinse a interrompere gli studi. Grazie alla raccomandazione di Linneo fu assunto da Alströmer, con l'incarico di organizzare il suo giardino botanico a Kristinedal, nei pressi di Göteborg; quando il suo protettore fece fallimento, Dahl lo seguì nella nuova residenza di Gåsevadsholm, dove si occupò della catalogazione del "piccolo erbario" ceduto a Alströmer da Linneo figlio. Dahl fu tra i pionieri degli studi sull'inquinamento ambientale: nel 1784 su un giornale di Stoccolma pubblicò uno studio sugli effetti inquinanti degli scarti di produzione dell'olio di aringa; grazie alla sua denuncia, furono introdotte alcune restrizioni sugli scarichi industriali (forse la prima legge di questo tipo al mondo). Alla morte del figlio di Linneo, con altri si impegnò per creare una cordata che acquistasse le collezioni linneane, ma senza successo (ad aggiudicarsele su l'inglese James Edward Smith). Nel 1786 si recò brevemente in Danimarca, dove l'università di Kiel gli assegnò la laurea honoris causa in medicina; l'anno successivo divenne professore associato di medicina e dimostratore di botanica all'Università di Turku; tuttavia poco dopo morì precocemente di polmonite. Poco prima, aveva pubblicato la sua opera più importante, Observationes botanicae circa systema vegetabilium divi a Linne Gottingae 1784 editum. Molte delle sue carte e delle sue collezioni andarono perdute nell'incendio che distrusse il centro della città nel 1827. Qualche notizia in più sulla sua vita nella sezione biografie. Non esiste alcun rapporto diretto tra Cavanilles e Dahl, ma probabilmente lo spagnolo ne conosceva l'operato attraverso Thunberg (che di Dahl fu amico), suo corrispondente; inoltre poté essere impressionato dalla sua morte precoce, preceduta di pochissimo dalla pubblicazione di un'opera di qualche valore. In ogni caso, accompagnò la dedica con la laconica indicazione "In honorem D. Andreae Dahl, sueci botanici”. Che Dahl fosse l'assistente di Cavanilles e che insieme avessero seminato le prime dalie è una delle tante leggende metropolitane che fioriscono anche nel mondo della botanica. Seconda tappa: alla conquista dell'Europa Intanto le dalie continuavano la loro marcia di conquista. Altre due specie nate dai semi messicani erano giunte a fioritura e Cavanilles, in base al colore dei fiori, le battezzò rispettivamente D. rosea e D. coccinea. Dall'orto botanico di Madrid, i semi arrivarono a Kew (la prima a portarveli fu la marchesa di Bute, la stessa che introdusse la zinnia in Inghilterra), Parma, Berlino, Dresda, Torino, Thiene. Tuberi di tutte e tre le specie raggiunsero il Jardin des Plantes di Parigi, dove per impulso di André Thouin - sotto gli auspici dell'imperatrice Giuseppina - iniziarono anche i primi esperimenti di ibridazione. Anche Redouté non mancò di immortalare la nuova favorita dei giardini. A complicare le cose si inserì Alexander von Humboldt che dal Messico, ultima tappa del suo memorabile viaggio sudamericano, nel 1803 spedì semi a Willdenow a Berlino, a Thouin a Parigi, a Aiton a Kew. Incominciarono ad essere disponibili altri colori e gli sforzi degli ibridatori vennero premiati dalle prime forme semidoppie. Carl Ludwig Willdenow, direttore dell'orto botanico di Berlino, decise che era ora di fare ordine, e come spesso capita ottenne l'effetto opposto. In quella che è la prima revisione del genere, sostituì il nome Dahlia con Georgina, in onore di un altro botanico tedesco, Johann Gottlieb Georgi, anch'egli morto di recente (nel 1802). In effetti, Willdenow considerò invalido il nome Dahlia sulla base del fatto che Thunberg nel 1792 aveva chiamato Dahlia crinita un'Amamelidacea sudafricana (a quanto pare, lo specifico era uno spiritoso riferimento all'aspetto lanoso dei fiori di questa specie, che gli ricordavano i capelli crespi di Dahl). All'epoca la regola della priorità (nella tassonomia botanica, in caso di conflitto, il nome valido è il più antico) non era ancora stata stabilita definitivamente; Willdenow ritenne che la denominazione di Thunberg, in quanto più diffusa, fosse quella da mantenere. Grazie alla sua autorità, il nome si impose nelle pubblicazioni scientifiche e negli orti botanici. Inoltre, nel 1809, riesaminando vari esemplari, giunse alla conclusione che due delle tre specie di Cavanilles fossero sostanzialmente simili, e le ribattezzò Georgina variabilis; mantenne separata solo G. coccinea, cui aggiunse le nuove introduzioni di Humboldt, G. lilacina e G. pallida. Anche de Candolle ci mise del suo: nel 1810 nella sua Note sur les Georginas sostenne la validità delle conclusioni di Willdenow, mentre i curatori (l'articolo fu pubblicato negli Annali del Museo di Storia naturale di Parigi) prendevano le distanze pubblicando contestualmente una nota in cui si affermava la validità di Dahlia; d'altra parte, nel 1836, nella sua revisione del genere, de Candolle ritornò sui suoi passi, riaffermando Dahlia. Insomma, un affaire internazionale: mentre in Spagna e in Francia prevaleva Dahlia, per quasi un secolo nell'Europa centrale e orientale continuò ad essere usato Georgina. Che arrivò anche in Italia: Georgina è il nome adottato tanto dalle Istituzioni botaniche di Torgioni Tozzetti (1813) quando dal Dizionario delle scienze naturali (1842), che lo italianizza anche in giorgina, nome che fino a qualche decennio fa capitava ancora di sentire e forse sopravvive ancora come denominazione locale. In tedesco è rimasto come nome volgare, e viene usato soprattutto per designare i vecchi ibridi. A chi poi fosse interessato a saperne di più su Georgi, ricordo che è una vecchia conoscenza di questo blog: lo abbiamo già incontrato come membro della spedizione dei Pallas e testimone delle tragiche vicende di Peter Falck. Rimasto in Russia, divenne un eminente studioso, autore di importanti opere etnografiche nonché di una flora della regione di San Pietroburgo. Mentre infuriava questa battaglia nominalistico-diplomatica, le nostre dalie-giorgine diventavano un fiore di culto e invadevano le aiuole in centinaia e centinaia di varietà. Dopo le prime forme semidoppie del primo decennio dell'Ottocento, nel 1829 fu la volta di quelle a fiore d'anemone, nel 1850 delle pompon, nel 1872 delle cactus, nel 1880 di quelle a collaretto. E la storia continua. Dahlia la multiforme Dahlia è un genere della famiglia Asteraceae originario degli altopiani e delle montagne del Messico (tra 1500 e 3700 metri), con qualche presenza sporadica nelle aree adiacenti, come il Guatemala e altri paesi del Cento America e Sud America settentrionale. Sono piante di montagna, con radici perenni (tuberose) e una densa vegetazione in genere decidua, una strategia per superare la stagione fredda. La loro caratteristica più evidente è la grande varietà, che ha anche dato parecchi grattacapi ai tassonomisti; delle più di cento denominazioni specifiche che le sono state attribuite, oggi si riconosce la validità di circa 42 specie. Quanto alle varietà coltivate, superano le 20.000, differenti tra loro per colori, forma dei fiori, dimensioni. Eppure la maggior parte di esse derivano da due sole specie, D. x pinnata e D. coccinea (le due specie di Cavanilles, dato che i posteri almeno su questo hanno dato ragione a Willdenow, considerando D. rosea sinonimo di D. pinnata). Come si spiega tanta prodigiosa varietà? La ragione sta nel fatto che le dalie sono ottoploidi, ovvero hanno otto serie di cromosomi (la maggior parte delle piante è diploide, con due serie di cromosomi); ciò significa che le possibili combinazioni si moltiplicano esponenzialmente, rendendo possibile una diversità forse senza pari nel mondo vegetale. Una varietà che emerse evidente fin dalle piante nate dai semi coltivati a Madrid da Cavanilles e dai loro discendenti, che aveva così generosamente distribuito agli orti botanici europei, tanto da spingere un disorientato Willdenow a proporre per le sue giorgine lo specifico variabilis. Studiandone accuratamente la storia e le caratteristiche, nel 1996 Hansen e Hierting dimostrarono che D. pinnata, coltivata già da secoli quando Cervantes ne spedì i semi a Madrid, è a sua volta un ibrido, e sarebbe meglio correggerne il nome in D. x pinnata. Essi ipotizzano che si trattasse di un variante di D. soerensenii che già aveva acquisito caratteri di ibrido prima di essere introdotta in Europa, probabilmente incrociandosi con D. coccinea. Oggi è solo una pianta orticola e non esiste più in natura. Qualche informazioni in più sulla classificazione delle dalie, e soprattutto link selezionati a risorse on-line nella scheda.
1 Comment
paolo fabbro
10/10/2023 11:28:34 am
in friulano il nome giorgina, per le dalie, è tuttora usato
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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