C'è stato un tempo in cui la Spagna era la massima potenza europea; in quel momento d'oro della sua storia, il suo potentissimo sovrano, Filippo II, ordina a uno dei suoi medici personali di esplorare la natura dei suoi domini, di studiare le piante esotiche e di indagarne le virtù terapeutiche. Sarà la prima spedizione naturalistica ufficiale dei tempi moderni. Il grande medico e botanico Francisco Hernández assolve il suo compito al di là di ogni aspettativa. Ma proprio come l'oro americano, le sue scoperte non porteranno alcun frutto in patria, e andranno a fecondare la botanica italiana e europea. A ricordarlo il genere Hernandia, e l'intera famiglia delle Hernandiaceae. Il mancato siglo de oro della botanica spagnola Anche in botanica, la Spagna ha avuto - o meglio, avrebbe potuto avere - un siglo de oro. Il dominio del Nuovo mondo metteva nelle mani di Madrid le chiavi d'accesso a quel favoloso continente, un scrigno di nuove specie mai viste che faceva sognare tutti i naturalisti d'Europa. E all'inizio ne fu perfettamente consapevole: come abbiamo visto parlando di Monardes, Siviglia, sede della Casa de Contractacion, era il punto d'arrivo non solo dell'oro e dell'argento americano, ma anche delle piante esotiche, dal tabacco al girasole, dal peperoncino al Tagetes. Anche sul piano culturale e teorico, la Spagna era perfettamente attrezzata: aveva partecipato allo stesso livello degli altri paesi al grande revival di Dioscoride - di cui Andrès Laguna pubblicò una delle più importanti edizioni commentate; aveva strutture all'avanguardia (già nel 1550 Salamanca aveva il suo Teatro anatomico e nello stesso periodo Laguna creava il parco-giardino a Aranjuez); i suoi medici-botanici viaggiavano in Italia, in Francia, nei Paesi bassi, erano in contatto con tutti quelli che contavano ed erano parte propulsiva della grande rete dei naturalisti del Rinascimento. Per essere il primo paese d'Europa nello studio della botanica non mancavano dunque né l'opportunità, né le conoscenze e neppure la consapevolezza dell'enorme importanza anche sul piano economico e politico della posta in gioco; in particolare era chiarissimo l'enorme potenziale delle piante americane per la cura di vecchie e nuove malattie. Eppure qualcosa si inceppò, qualcosa non funzionò e il primato, appena intravisto, si bruciò nell'arco di due generazioni. Proprio come la potenza spagnola, trascinata alla rovina prima dalla megalomania cattolica di Filippo II poi dalla nullità boriosa di Filippo III e Filippo IV. Metafora delle potenzialità bruciate della Spagna tra Cinquecento e Seicento, piccola storia in cui si rispecchia la grande Storia, la vicenda della "Comision de Francisco Hernández a Nueva España" vale la pena di essere raccontata. La "Comision de Francisco Hernández a Nueva España" Francisco Hernández, nato nel 1514, faceva parte della prima generazione degli studiosi spagnoli che avevano partecipato con passione alla riscoperta delle opere botaniche dell'antichità. Si era costruito una solida fama di medico, botanico, naturalista, era un umanista di formazione erasmiana che stava preparando la prima traduzione spagnola dell'opera di Plinio il Vecchio. A metà degli anni '60, entrò nell'ambiente di corte fino a diventare uno dei medici di Filippo II. Non è strano dunque che il re abbia pensato proprio a lui per la missione che avrebbe dovuto, d'un solo colpo, collocare la Spagna all'avanguardia degli studi naturalistici. Nel 1570, dopo averlo nominato "protomedico generale delle nostre Indie", gli affidò il compito di dirigere la spedizione incaricata di esplorare - per una durata di cinque anni - le risorse naturali (essenzialmente a fini medici) di tre territori della corona spagnola: la nuova Spagna (il Messico e l'America centrale), il Perù, le Filippine. E' la prima spedizione scientifica ufficiale dei tempi moderni. Il re la organizzò senza badare a spese (un contemporaneo dichiarò che alla fine era costata 60.000 ducati, un cifra enorme se si calcola che con 100 ducati si poteva acquistare una casa). Un'impresa destinata a dare prestigio al monarca che tanto generosamente la finanziava, ma anche con trasparenti scopi economici: imporre il monopolio della Spagna sul mercato dei farmaci di origine americana. Dopo alcuni mesi di preparativi, nell'agosto 1570 il gruppo si mise in viaggio: oltre a Francisco Hernández, ne facevano parte suo figlio Juan, con compiti di segretario, e il geografo Francisco Dominguez, incaricato delle rilevazioni topografiche; tutti gli altri collaboratori sarebbero stati reclutati sul posto. Dopo una sosta a Gran Canaria e una tappa a Santo Domingo de Cuba, a febbraio 1571 il gruppo sbarcò a Veracruz, al tempo il maggior porto della Nuova Spagna e la principale base della penetrazione spagnola in centro America. Nei successivi tre anni la spedizione - cui si erano aggiunto numeroso personale indigeno, tra cui tre pittori, medici e erboristi, un interprete e numerosi servitori - percorse sistematicamente tutti i territori della Nuova Spagna fino ad allora esplorati, attraverso una serie di grandi giri che includevano la zona centrale del Messico, la costa del Pacifico, le regioni di Oaxaca e Michoacán, il corso del Pánuco. Per raccogliere gli esemplari, Hernández si avvalse della collaborazione di raccoglitori indigeni; per ottenere descrizione omogenee, non influenzate dalle differenze linguistiche e culturali, elaborò un dettagliato questionario-guida. Creò anche un modello formalizzato per l'erborizzazione e la raccolta, che prevedeva la visita delle stazioni più volte durante l'anno, per esaminare le piante nei diversi stadi dello sviluppo. Piante e animali vennero scrupolosamente disegnati a vivaci colori dai pittori indigeni che accompagnavano la spedizione. Nel marzo del 1574, raccolta un'immensa quantità di materiali (la descrizione di 3000 piante, 400 animali, un centinaio di minerali; semi, piante vive e essiccate, insetti, piume, scheletri e pelli di animali), Hernández rientrò a Veracruz per predisporre riordinare le collezioni, presiedere al completamento delle illustrazioni, testare di persona l'efficacia terapeutica dei semplici locali attraverso la sperimentazione diretta negli ospedali della città. Nel 1575 l'opera era terminata. Era una vera enciclopedia, senza eguali nella scienza del tempo: 24 volumi sulle piante, uno sulla fauna, uno sui minerali, 10 volumi di disegni. Tra le piante documentate l'ananas, il cacao, il mais, il tabacco, la vaniglia, i peperoncini, i pomodori, molti tipi di cactus, diversi tipo di Passiflora, Guaiacum officinale, Strychnos nux-vomica, molte piante con proprietà allucinogene come alcune specie di Datura. Di fronte a quel materiale immenso, raccolto con la determinante partecipazione degli indigeni, la nomenclatura e i criteri di classificazione europei (ancora basati su Dioscoride e Plinio) si rivelavano inutili: senza alcun pregiudizio eurocentrico, Hernández usò i nomi indigeni e spesso raggruppò le piante secondo i criteri della medicina locale (a piante diverse, con effetti terapeutici simili, venivano assegnati nomi formati dalla medesima radice). Nel marzo del 1576, dopo aver predisposto una seconda copia, Hernández affidò alla flotta reale la copia lussuosamente rilegata da donare al re, gli erbari, le piante vive, le casse con le raccolte. Si trattenne ancora un anno in Messico, a sperimentare e a curare le vittime di una epidemia. Partito il 30 marzo 1577, a settembre rientrava a Siviglia. Le strane avventure del Tesoro messicano Ma la Spagna in cui Francisco Hernández sbarcò non era quella da cui era partito. Filippo II accolse con cortesia il medico, ammirò i disegni e ne volle alcuni nei suoi appartamenti privati, ma il suo entusiasmo non andò oltre. L'opera si rivelava enorme e probabilmente aveva troppo ecceduto i suoi desideri: avrebbe voluto un catalogo di piante medicinali utili, da vendere sui mercati europei, invece si trovava nelle mani un'immensa enciclopedia naturalistica, con nomi incomprensibili e troppe concessioni alla sapienza indigena. In una Spagna alle prese con la seconda bancarotta e impegnata nel braccio di ferro con i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la sua pubblicazione a stampa era impensabile (tra testi e disegni, secondi i calcoli dello stesso Hernández non meno di 16 volumi in folio); i soldi non c'erano, ma presumibilmente neppure la volontà. Per non perdere del tutto l'enorme investimento, forse per il declino della salute di Hernández, forse in polemica con l'impostazione troppo "indigenista", il re affidò a un altro dei medici reali, l'italiano Nardo Antonio Recchi, il compito di predisporre un'edizione abbreviata, in lingua latina, selezionando solo le piante di interesse medico. In una poesia latina, dedicata all'amico Arias Montano, Hernández, già molto malato, espresse con estrema dignità il suo dolore per essere stato emarginato dal frutto di tante fatiche. Morì nel 1587. Qualche approfondimento nella biografia. Anche l'impresa di Recchi però incontrò ostacoli. Benché epurata del suo indigenismo (si torna a far riferimento alla teoria galenica dei quattro umori), ridotta a un solo tomo (le piante passano a circa 800), più uno di tavole, e completata nel 1582, non venne mai pubblicata in Spagna. Nel 1589, al suo rientro in Italia per assumere l'incarico di protomedico del reame di Napoli, Recchi portò con sé il manoscritto, che passò al suo erede Marco Antonio Petilio; questi intorno al 1610 lo vendette a Federico Cesi, il fondatore dell'Accademia dei Lincei, che con la collaborazione di diversi membri dell'Accademia - Giovanni Faber (Johannes Schmidt), Giovanni Terrenzio (Johann Schreck), Fabio Colonna, Francesco Stelluti e Cassiano dal Pozzo - su di esso si basò per predisporre un'edizione a stampa, arricchita con commenti e nuove figure. Finalmente nel 1628, per i tipi del tipografo Mascardi a Roma, usciva la prima parte dell'opera sotto il titolo Rerum Medicarum Novae Hispaniae Thesaurus (più conosciuta come "Tesoro messicano") che riproduceva, in dieci libri, il compendio di Nardo Recchi. Tra il 1631 e il 1648, usciranno la II, III e IV parte, con aggiunte, annotazioni e indici elaborati dai membri dell'Accademia. Sarà questa la via principale che farà conoscere Hernández alla scienza europea e ne consoliderà la fama come massimo conoscitore della natura del nuovo mondo. L'opera fantasma di Hernández, intanto, conosceva una vita carsica. Già nel 1607, in Messico, Juan de Barros, in appendice al suo Verdadera medicina, cirurgia y astrologia en tres libros, aveva pubblicato un ricettario - attribuito a Hernández - in cui le piante indigene, con nomi in lingua nahuatl, sono raggruppate in base alla parte del corpo che dovrebbero curare (disposte dalla testa ai piedi). Barrios si basò, presumibilmente, su un altro manoscritto di Hernández, rimasto in Messico: forse una prima versione del suo magnus opus, forse un estratto ad uso dei medici messicani, spagnoli e indigeni. Qualche anno dopo, sempre in Messico, questa volta sulla base della silloge di Recchi, Francisco Ximénez, frate e infermiere del convento di San Domingo di Città del Messico, nel 1615 pubblicò Cuatro libros de la naturaleza y virtudes de las plantas y animales de uso medicinal en la Nueva España, in cui il testo di Hernández-Recchi, senza figure, è integrato con osservazioni dovute all'esperienza medica dell'autore. Il manoscritto originale era conservato all'Escorial e sicuramente fu visto e consultato dagli studiosi che visitarono la Spagna, fu spesso citato e sicuramente se ne trassero copie parziali e estratti. Nel 1590 Filippo II donò a un altro medico di corte, Jaime Honorato Pomar - il titolare della più antica cattedra di botanica in Spagna - un prezioso manoscritto miniato, oggi noto come Codex Pomar, che contiene circa 200 acquarelli con animali e piante del vecchio e del nuovo mondo. Le figure di 7 animali e 25 piante, come ha dimostrato il confronto con le tavole dell'edizione romana del Tesoro del Messico, derivano dal manoscritto di Hernández. Quest'ultimo nel 1671 andò perduto nell'incendio della Biblioteca dell'Escorial. L'opera originale di Hernández, tuttavia, non scomparve del tutto: alla fine del Settecento, nella Biblioteca dei gesuiti di Madrid Juan Bauptista Munoz ne scoprì una copia parziale (tre volumi di botanica, uno di zoologia, uno di opuscoli vari); ne informò il re Carlo III che, nel pieno del rinnovamento della scienza spagnola, affidò l'incarico di pubblicarla al grande botanico Casimiro Gomez Ortega. Ma la maledizione hernandina continuava: neppure Gomez Ortega vide completata la sua fatica (riuscì a pubblicare solo la parte di botanica, nel 1790). Tuttavia, proprio questo ritrovamento stimolò la stagione delle grandi spedizioni naturalistiche finanziate dalla monarchia spagnola. Hernandia, frutti senza polpa Nonostante tanta sfortuna editoriale, Francisco Hernández, forse il più grande botanico spagnolo del Rinascimento, e la sua opera mai pubblicata, perduta, sconciata, rimasero un mito per le generazioni successive. Padre Plumier, sempre molto attento ai contributi spagnoli alla conoscenza delle piante americane, non poteva certo dimenticarlo e gli dedicò uno dei suoi nuovi generi (Nova plantarum americanarum genera, 1703). Nel 1753 Linneo convalidò il genere Hernandia, considerandolo appropriato non solo perché la specie-tipo, H. sonora, fa parte della flora messicana, ma perché nel curioso frutto della pianta scorgeva una corrispondenza ironica con le vicende della spedizione nella Nuova Spagna; come in quella un enorme investimento di denaro alla fine aveva prodotto ben pochi frutti, così i frutti delle Hernandiae sono piccole e modeste drupe racchiuse in una cupola carnosa vuota. Hernandia - che dà il nome alla famiglia delle Hernandiaceae - è un genere di alberi o arbusti pantropicali che comprende circa 25 specie. La sua particolare distribuzione - Antille, coste americane e africane, isole dell'Oceano Indiano, Australia e Polinesia - si spiega con la dispersione dei frutti da parte delle onde marine. Oltre al curioso frutto "vuoto", un'altra particolarità di questo genere è la spiccata eterofillia: le foglie giovanili, in genere a tre o cinque lobi, sono estremamente diverse da quelle adulte, semplici, spesso peltate. Il legname leggero e di facile lavorazione ha fatto sì che presso diverse popolazioni sia stato usato per costruire canoe. Qualche approfondimento nella scheda.
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November 2024
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