Per tutto il Settecento, nessun botanico europeo aveva potuto mettere piede in Giappone, chiuso agli stranieri dalla politica isolazionista del sakoku. L'impresa di infrangere quella cortina di ferro riuscì a uno dei formidabili apostoli di Linneo, Carl Peter Thunberg. Per riuscirci dovette farsi olandese. E mentre cambiava pelle e lingua, diede un ineguagliabile contributo alla conoscenza della flora e della fauna del Sud Africa. Come si diventa olandesi? Nel 1636, nella baia di Nagasaki venne costruita l'isola artificiale di Dejima (o Deshima). A forma di ventaglio, lunga 120 m e profonda 75, con una circonferenza di poco più di 500 m, questo luogo minuscolo per circa 200 anni sarebbe stata l'unica finestra del Giappone sul mondo; vi aveva infatti sede l'agenzia della Compagnia olandese delle Indie orientali (VOC), l'unica ad essere autorizzata a commerciare con il Giappone durante il lungo periodo dell'isolazionismo, o sakoku. Qui nel 1775 giunse Carl Peter Thunberg, il più grande dei discepoli di Linneo. Per arrivarci, aveva già percorso una lunga strada e si era creato una nuova identità. Studente a Uppsala alla fine degli anni '60, nel 1770 aveva lasciato la Svezia per perfezionarsi in medicina e scienze naturali a Parigi, Leida e Amsterdam. In Olanda il suo talento fu notato da Johannes Burman (che oltre trent'anni prima aveva ospitato Linneo) e dal figlio Nicolaas, i quali progettavano di inviare in Giappone un medico-naturalista che arricchisse di nuove piante gli orti botanici olandesi; in effetti, nell'ultimo quarto del Settecento l'isolazionismo del Giappone si era fatto meno severo e, grazie all'importazione di numerosi libri scientifici in lingua olandese, vi era vivo l'interesse per le scienze occidentali, soprattutto l'erboristeria e la medicina. Un medico con una buona preparazione botanica sarebbe stato il benvenuto e avrebbe potuto ottenere piante in cambio di informazioni scientifiche. Ottimo medico e dotto naturalista della scuola linneana, Thunberg era il candidato ideale; tranne per un particolare: non era olandese. Non un ostacolo tale da impressionare né i Burman né l'avventuroso Thunberg: se non era olandese, avrebbe potuto diventarlo almeno abbastanza da apparire credibile a occhi e orecchie giapponesi. Sostenuti gli esami per essere assunto dalla VOC come chirurgo, avrebbe dovuto trasferirsi in Sud Africa, in modo da imparare la lingua e le abitudini olandesi soggiornando nella colonia del Capo. E ovviamente, mentre era sul posto, esplorare la flora e la fauna di quella ricca regione naturalistica. Linneo, sempre puntigliosamente informato dalle lettere dell'affezionato allievo, diede il suo assenso. Dunque nell'autunno del 1771 Thunberg partì per il Capo di Buona Speranza come medico di bordo della nave Schoonzigt. Il viaggio gli costò quasi la vita, per colpa di un cuoco maldestro che per errore mescolò biacca di piombo alla farina dei pancake della mensa ufficiali; ma fu anche un'occasione per dimostrare il suo acume scientifico, salvando se stesso e le altre vittime e descrivendo il decorso della malattia in una puntigliosa relazione. Il "padre della botanica sudafricana" Dopo la pericolosa avventura, Thunberg arrivò al Capo il 16 aprile 1772, appena una settimana dopo il condiscepolo Sparrman (come si è visto in questo post). In Sud Africa sarebbe rimasto tre anni durante i quali avrebbe esplorato sistematicamente le ricchezze naturali della regione. Il primo contatto con la flora sudafricana avvenne proprio in compagnia di Sparrman con il quale esplorò la baia del Capo, ma ben presto le strade dei due si divisero. Nonostante il nuovo governatore della Compagnia, Joachim van Plettenberg (a differenza del predecessore, Rijh Tulbagh, corrispondente di Linneo) fosse scarsamente interessato alle esplorazioni scientifiche e Thunberg fosse sempre a corto di denaro (si manteneva con il lavoro di medico della VOC e ottenne aiuto e prestiti da alcuni sponsor), egli riuscì a sfruttare al meglio la sua permanenza: ogni anno, dedicò il periodo settembre-dicembre (corrispondente alla primavera australe, la stagione delle piogge e il momento di massimo rigoglio della vegetazione) a una lunga spedizione naturalistica nell'interno; i mesi restanti erano utilizzati per raggranellare quattrini, riordinare le raccolte, scrivere le pubblicazioni scientifiche relative, compiere frequenti escursioni a breve raggio nei dintorni di Città del Capo (ad esempio, scalò la Table Mountain per almeno quindici volte). Nella prima spedizione (7 settembre 1972-2 gennaio 1773) Thunberg fu accompagnato da Johann Andreas Auge, il soprintendente dei giardini della Compagnia al Capo; dal sedicenne Daniel Ferdinand Immelmann, figlio di un ufficiale olandese; dal sergente dell'esercito Christian Hector Leonhard e da due "ottentotti" (ovvero Khoi). Dapprima si mossero verso occidente, fino alla base di Saldanha; quindi, dopo aver raggiunto le montagne, un grande giro verso est lungo l'altopiano li portò a toccare la costa a Mossel Bay. Qui si inoltrarono ancora verso est, toccando il punto più orientale al fiume Gamtoos. La spedizione si muoveva lentamente, pernottando nelle fattorie della compagnia con carri trainati dai buoi, più adatti dei cavalli ad affrontare la scarsità d'acqua. Al suo rientro a Città del Capo, Thunberg accompagnò in una breve escursione il naturalista francese Pierre Sonnerat, di passaggio in Sud Africa; ma soprattutto incontrò Francis Masson, il raccoglitore di piante inviato al Capo da Banks per conto dei Kew Gardens. I due, pur diversissimi per cultura e carattere, divennero amici e decisero di proseguire insieme l'esplorazione; in effetti, la collaborazione conveniva da entrambi: Masson aveva dalla sua una maggiore disponibilità di mezzi, Thunberg l'eccezionale competenza scientifica, oltre a una migliore conoscenza del territorio. Dopo un breve viaggio di prova, in cui insieme al capitano Gordon esplorarono le montagne intorno al Capo (13-16 maggio 1773), nel settembre 1773 i due, accompagnati da quattro khoi, partirono, per una lunga spedizione che si mosse grosso modo sulle tracce di quella precedente; tuttavia, spesso, mentre i khoi proseguivano con i carri per strade più battute e percorribili, i due naturalisti, a cavallo, affrontarono impervie scalate e passi disagevoli per esplorare la flora e la fauna delle montagne dell'altopiano. Impetuoso e talvolta imprudente, mentre guadava un torrente Thunberg rischiò di annegare nella profonda buca scavata da un ippopotamo, ma superò l'avventura con imperturbabile sangue freddo. Il punto estremo della spedizione fu questa volta il Sundays River. L'anno successivo i due amici si unirono per un'ultima spedizione (settembre-dicembre 1774) che si spinse all'interno, in direzione nord-ovest, per esplorare l'altipiano del Roggeveld, fino ad allora mai toccato dai naturalisti. Tra gli obiettivi anche la raccolta di campioni minerari. Anche se una parte delle collezioni andò perduta in seguito al ribaltamento di uno dei carri, anche in questo caso il bottino dei due amici fu ricchissimo. Durante la sua permanenza al Capo, Thunberg, raccoglitore estremamente accurato e coscienzioso, raccolse un'impressionante massa di esemplari botanici (ma anche animali, rocce, minerali, fossili): circa 3000 piante (ovvero il 30% delle specie dell'area), di cui almeno un migliaio ignote alla scienza. Insieme a numerosissime pubblicazioni più brevi dedicate a generi endemici della flora sudafricana, i suoi Prodromus plantarum capensium (1794-1800) e Flora capensis (1807-1823) furono per decenni i testi di riferimento per la conoscenza della flora sudafricana e gli guadagnarono il soprannome di "Padre della botanica sudafricana". Il "Linneo giapponese" Ma era tempo per Thunberg di lasciare il Sud Africa per la sua vera meta. Ora parlava fluentemente l'olandese (se ne servì anche per alcuni scritti scientifici) e degli olandesi aveva assunto anche le abitudini (ma non quella del fumo, che detestava). Nel marzo del 1775 si imbarcò come medico di bordo sulla Loo, diretta a Batavia, dove riuscì a farsi assegnare il posto di medico residente dello stabilimento commerciale di Dejima. Vi arrivò ad agosto a bordo della nave Stavenisse e vi rimase per circa quindici mesi (fino al novembre 1776). Agli europei era vietato lasciare l'isola (collegata alla terraferma da un ponticello strettamente sorvegliato e chiuso da una grata); così, all'inizio l'avventura giapponese di Thunberg fu estremamente frustrante. Le uniche piante che riuscì ad osservare erano quelle utilizzate come foraggio per il bestiame che gli olandesi tenevano sull'isola. Tuttavia, grazie al suo carattere aperto e allegro, riuscì a stringere amicizia con alcuni degli interpreti giapponesi - alcuni dei quali erano medici o naturalisti - che gli procurarono esemplari in cambio di informazioni mediche e scientifiche. Grazie ai suoi contatti giapponesi nel febbraio 1776 ottenne finalmente dal governatore di Nagasaki l'autorizzazione ad esplorare i dintorni, anche se sempre accompagnato da uno stuolo di interpreti, guardie e domestici, a cui era obbligato ad offrire il tè a proprie spese in ogni punto di sosta. Ogni anno, in occasione del Capodanno giapponese, il capo dell'agenzia olandese si recava ad Edo (l'odierna Tokio) per rendere omaggio allo Shogun. Nel 1776 della delegazione fa parte anche Thunberg; durante il lungo e lento viaggio di circa 1000 km - gli ospiti europei sono trasportati in lussuose portantine - può così osservare gli usi e i costumi del paese e raccogliere numerosi esemplari botanici; unico rammarico: i contadini giapponesi sono coltivatori così solerti che difficilmente nei campi si trovano erbacce. Dopo aver toccato Osaka e Miyako (oggi Kyoto), ad aprile la delegazione arriva a Edo. Qui Thunberg è stato preceduto dalla sua fama di sapiente medico e incontra, tra gli altri, il medico personale dello Shogun, Katsuragawa Hoshu, che, insieme all'amico Nakagawa Jun-an, sta traducendo in giapponese un importante testo di anatomia; sono tre settimane di intensissimo colloqui scientifici su diversi argomenti, nel corso dei quali, tra l'altro, Thunberg avrà modo di introdurre in Giappone il mercurio per curare la sifilide. I due medici giapponesi - con i quali Thunberg rimarrà in contatto anche quando sarà rientrato in Svezia - gli procurano piante e lo informano sui loro nomi giapponesi; a sua volta, lo svedese riferisce i nomi olandesi e latini. Dopo essere stato ricevuto dallo Shogun il 18 maggio, il gruppo riparte per Nagasaki; a Osaka Thunberg trova un piccolo giardino botanico dove acquista diverse piante che poi spedirà a Amsterdam in tinozze piene di terra. Il 29 giugno è di nuovo a Deshima; durante l'estate, Thunberg, oltre a riordinare le collezioni raccolte durante il viaggio, ha modo di compiere diverse escursioni nell'area di Nagasaki. Il risultato del suo soggiorno giapponese sarà Flora japonica (1784), la prima descrizione sistematica della flora e della fauna del Giappone, un testo innovativo e influente, che gli guadagnerà il soprannome di "Linneo giapponese". Curiosamente, molte delle piante battezzate da Thunberg con il nome specifico japonica, non sono autoctone giapponesi, ma piuttosto piante orticole di origine cinese importate da secoli nel paese del Sol Levante. Altri approfondimenti su questa grande figura di naturalista nella biografia. Thunbergia, esuberanza tropicale Onorato in vita con numerosi riconoscimenti, Thunberg ha lasciato una profonda impronta nella nomenclatura botanica. Scopritore di dozzine di nuovi generi, ha tenuto a battesimo piante oggi comuni nei giardini come Deutzia, Weigela, Aucuba, Nandina, Skimmia. Sono almeno 250 le specie vegetali (e alcune animali) che lo onorano con l'epiteto thunbergii, thunbergianus. Si deve a un altro botanico svedese, Anders Johan Retzius, la dedica del genere Thunbergia (1780), la cui specie tipo è T. capensis, una delle numerose piante raccolte da Thunberg nella regione del Capo. Questo genere della famiglia Acanthaceae comprende un centinaio di specie di erbacee, arbusti, ma soprattutto rampicanti, originarie dell'Africa meridionale, del Madagascar e dell'Asia tropicale. Vigorose, di rapida crescita e molto decorative per l'esuberante fioritura, molte sono popolari piante da giardino, soprattutto dove il clima mite ne consente la coltivazione all'aperto. La più diffusa è probabilmente T. alata, nota con il curioso nome "Susanna dagli occhi neri" per i fiori dalle corolle aranciate o gialle con un caratteristico centro dal colore scuro. Di rapida crescita, è spesso coltivata come annuale anche in climi più rigidi. Di frequente coltivazione è anche T. grandiflora, nativa dell'India tropicale, una vigorosa rampicante sempreverde con grandi fiori blu-violetto. Per approfondimenti su altre specie si rimanda alla scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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