Con otto edizioni durante la vita dell'autore (l'ultima era un mostro di otto chili di peso) The Gardeners Dictionary di Philip Miller fu la più importante opera di orticultura e giardinaggio del XVIII secolo. Ancora oggi, è un testo di riferimento per chi vuole ricostruire non solo le tecniche orticole del tempo, ma anche la storia dell'introduzione delle piante esotiche in Europa. Miller, grazie ai suoi contatti con raccoglitori, studiosi e collezionisti, ne introdusse in coltivazione a centinaia. Non era però solo un giardiniere (anzi, il "principe dei giardinieri" per dirla con Linneo), ma anche un eccellente botanico educato alla scuola di Ray e Tournefort; per decenni rifiutò ostinatamente sia il sistema sia i nomi di Linneo, con il risultato di "salvare" molte denominazioni prelinneane: i generi che portano il nome assegnato da Miller, spesso recuperato in tal modo, sono dozzine e dozzine. La dedica di Milleria, una curiosissima Asteracea dell'America centrale che fiorì per la prima volta nel giardino di Chelsea dai semi inviati a Miller da uno dei suoi corrispondenti, risale a quest'ultimo, William Houstoun, ma fu fatta propria e validata dall'amico-nemico Linneo. Una nuova stagione per il giardino di Chelsea Per il Chelsea Physic Garden, ovvero il giardino della Società dei farmacisti londinesi, il 1722 segna una duplice svolta. Fondato nel 1673 per provvedere le piante medicinali per i suoi membri, il giardino sorgeva in un terreno cintato lungo il Tamigi, all'interno della proprietà di lord Cheyne a Chelsea, all'epoca un villaggio di poche case a due miglia da Londra. Dopo un inizio brillante, durante il quale era stato anche stabilito un proficuo rapporto di scambio con l'orto botanico dell'Università di Leida, da qualche tempo, la Società aveva difficoltà a sostenere le spese di affitto e gestione. Nel 1712 Hans Sloane, il medico e naturalista che aveva fatto fortuna con le piantagioni di zucchero e da lì a qualche anno sarebbe diventato il presidente della Royal Society, acquistò la proprietà e appunto nel 1722 decise di cederla in perpetuo alla Società dei farmacisti in cambio di un affitto simbolico di 5 sterline annue, ma a una condizione: ogni anno la Società doveva fornire alla Royal Society 50 esemplari d'erbario di specie nuove, fino a raggiungere un totale di 2000 specie. Un compito che richiedeva un cambio di gestione, e un capo giardiniere all'altezza. Su raccomandazione dello stesso Sloane, al quale a sua volta era stato segnalato dal chirurgo e membro della Royal Society Patrick Blair, il comitato direttivo decise di assumere un giovane e preparato vivaista, Philip Miller. Egli avrebbe mantenuto l'incarico per 48 anni, e avrebbe trasformato il Chelsea Physic Garden nell'orto botanico più importante del mondo. Philip Miller era figlio d'arte e aveva imparato il mestiere dal padre, un giardiniere scozzese che intorno al 1660 si era trasferito a Londra e aveva creato un fiorente vivaio a Deptford, grazie ai cui proventi aveva potuto garantire al figlio un'eccellente educazione. Miller parlava fluentemente diverse lingue e da ragazzo aveva viaggiato a lungo sia in Gran Bretagna sia nei Paesi Bassi, che all'epoca erano il paese più all'avanguardia per le tecniche orticole e floricole. Al momento dell'assunzione, gestiva un proprio vivaio a St George's Fields a Southwark, specializzato nella coltivazione di fiori. Per rispettare la condizione posta da Sloane, il giardino doveva essere rinnovato, in modo da poter accogliere il maggior numero possibile di specie esotiche, coltivate secondo le tecniche più aggiornate. Poiché molte piante esotiche erano delicate e sarebbe stato impossibile coltivarle all'aperto, nel 1727 Miller tornò in Olanda per studiare le più innovative serre olandesi. Propose i suoi progetti al Comitato di gestione e nel 1732 Hans Sloane posò la prima pietra dei nuovi edifici del giardino, incluse una serra fredda e due "stufe", ovvero serre riscaldate con aria calda immessa nelle intercapedini dei muri. Miller introdusse anche la pratica dei lettorini caldi, che aveva ugualmente appreso in Olanda. Per procurarsi piante esotiche sempre nuove, Miller creò una vastissima rete di corrispondenti e fornitori: i colleghi vivaisti, altri orti botanici con cui scambiare esemplari (oltre a quello di Leida e di Parigi, spiccano quelli di Oxford e Edimburgo), studiosi e botanici come lo stesso Linneo, viaggiatori e raccoglitori occasionali o professionisti ai quattro angoli del globo. Tra i corrispondenti più attivi, ad esempio, il chirurgo William Houstoun che gli inviò dal Messico e dai Caraibi (dove prestava servizio sulle navi negriere) numerose specie neotropicali. La sua rete in qualche modo anticipò quello che Linneo fece con i suoi apostoli e quello che Banks (che disponeva di mezzi infinitamente superiori) fece con i cacciatori di piante di Kew. Non c'è bisogno di dire che Miller fu uno dei principali sottoscrittori degli invii di Bartram a Collinson, le famose "Bartram Boxes", cui si deve l'arrivo in Inghilterra di almeno 2000 specie di piante nordamericane. Durante la sua gestione, il numero di specie coltivate a Chelsea passò da 1000 a 4000. Come Kew a fine secolo (all'epoca era ancora soltanto il giardino privato della Principessa di Galles), Chelsea giocò anche un ruolo nell'introduzione di nuove coltivazioni nelle colonie: fu proprio Miller, nel 1732, a inviare a James Oglethorpe, il fondatore della Georgia, i primi semi di cotone da cui sarebbe nata un'intera economia di piantagione. Un capolavoro dell'orticoltura e del giardinaggio L'abilità professionale di Miller era leggendaria. Linneo, che visitò tre volte il giardino di Chelsea durante il suo viaggio in Inghilterra del 1736, lo proclamò "principe dei giardinieri". Ma Miller, vero figlio di quel secolo della divulgazione che fu il Settecento, non tenne per sé le sue conoscenze: fu anche l'autore della più importante opera di orticoltura e giardinaggio dell'epoca, il celebre (e celebrato) The Gardeners Dictionary. L'attività editoriale di Miller iniziò poco dopo l'assunzione a Chelsea, con The Gardeners and Florists Dictionary or a Complete System of Horticulture, due volumi in quarto di quasi 1000 pagine usciti nel 1724. Con la formula del dizionario con voci in ordine alfabetico, è un'opera essenzialmente compilatoria in cui Miller riassunse nozioni riprese da altri testi. Una soluzione che lasciò insoddisfatto per primo lo stesso autore, che invece nelle sue opere successive preferì sempre riscontrare i pareri autorevoli con l'esperienza diretta. L'anno successivo Miller fu tra i fondatori della Society of Gardeners, un club informale che riuniva una ventina di importanti vivaisti dell'area londinese; una volta al mese, gli aderenti si riunivano in un caffè o forse nel vivaio di uno di loro per mostrarsi le piante di nuova introduzione e individuarne il nome preciso. In una fase in cui il mercato inglese era sommerso da incessanti arrivi di piante esotiche, avidamente ricercate dai collezionisti, capitava spesso che la stessa pianta fosse introdotta con nomi diversi; inoltre, il miglioramento delle strade aveva favorito la nascita di un mercato nazionale delle piante e anche in questo caso era frequente che piante autoctone o da tempo introdotte nelle isole britanniche fossero note, e commercializzate, con nomi diversi nelle varie regioni del paese. A più di un vivaista era capitato di dover affrontare un cliente inferocito che, dopo aver pagato a caro prezzo una "novità", aveva scoperta che la possedeva già, sotto un altro nome. I nomi usati dai botanici di professione (siamo in epoca prelinneana) erano lunghissime e inutilizzabili descrizioni in latino, senza contare che variavano da un botanico all'altro. L'unica soluzione era quella di stilare un catalogo collettivo (una specie di antenato di Plant Finder) con la descrizione delle piante e le varie denominazioni. Miller, che era il segretario della società, collaborò attivamente alla stesura del Catalogus plantarum, di cui purtroppo uscì solo il primo volume, nel 1730, dedicato agli alberi e agli arbusti. Subito dopo la società si sciolse. In ogni caso, l'esperienza gli fu poi molto utile per The gardeners dictionary, la cui prima edizione uscì l'anno successivo. L'opera si propone come una vera e propria enciclopedia pratica del giardinaggio, come sottolinea il sottotitolo Containing the Methods of Cultivating and Improving the Kitchen, Fruit and Flower Garden, and the Wilderness, "con i metodi di coltivazione e miglioramento dell'orto, del frutteto, del giardino dei fiori e le piante selvatiche". Voce dopo voce, Miller spiega quali verdure coltivare nel corso dell'anno, come scegliere gli alberi e gli arbusti per parchi e giardini, come coltivare insieme fiori nativi ed esotici; fornisce istruzioni (e illustrazioni) per costruire strutture per il giardino, come lettorini, serre e stufe; elenca e spiega come coltivare nel modo migliore centinaia di piante. Pubblicata in un poderoso in-folio illustrato con 215 carte (ovvero 430 pagine), The gardeners dictionary era un'opera piuttosto costosa; per venire incontro a lettori meno abbienti, nel 1735 Miller ne pubblicò un'edizione ridotta in due volumi in quarto. Da quel momento, fino alla morte, egli non avrebbe cessato di aggiornare e accrescere il suo dizionario, curandone ben otto edizioni successive; l'ultima è del 1768, tre anni prima della morte dell'autore, ed è un mastodonte alto 48 cm, di quasi settecento pagine e otto chili di peso. In un periodo in cui le tecniche orticole erano in costante progresso, e sempre più numerose piante esotiche giungevano in Europa, le edizioni successive del dizionario di Miller sono dunque anche uno strumento straordinario per ricostruire la storia dell'orticultura e datare l'introduzione di nuove specie nel nostro continente. A lungo Miller, che in gioventù aveva conosciuto personalmente Ray, rimase fedele al suo sistema e rifiutò le denominazioni binomiali di Linneo, nonostante la loro evidente praticità. La cocciutaggine di questo giardiniere scozzese scorbutico e di pessimo carattere ha avuto risvolti positivi per la storia della botanica: grazie a lui, molte denominazioni introdotte dai botanici precedenti, e respinte da Linneo, sono state conservate e sono state poi accolte dai botanici successivi. I generi creati da Miller sono decine e decine, e a elencarli ci vorrebbero molte pagine; mi accontento di citare generi "pesanti" come Larix, Castanea, Acacia, Helianthemum, Petasites, Ananas, Cereus, Opuntia, Muscari, Polygonatum, Helichrysum, Foeniculus, Cotinus, Senna. Dopo un'ostinata battaglia durata più di trent'anni, Miller si arrese e, dopo una parziale apertura nella settima edizione, nell'ottava, e ultima edizione del The Gardeners Dictionary adottò finalmente le denominazioni binomie linneane; in fondo, gli affari sono affari, ed era quello che volevano i suoi clienti. Sfogliamola dunque insieme, questa mastodontica ottava edizione. Potete farlo comodamente da casa cliccando qui. Il volume si apre con un dizionario dei termini botanici, seguito da tavole con le varie parti delle piante e le strutture di fiori e frutti. Segue il dizionario vero e proprio, con le voci in ordine alfabetico. Ci sono le tecniche di coltivazione, propagazione, impianto, potatura; le indicazioni per realizzare sentieri, viali, aiuole, siepi, staccionate, grotte, lettorini, serre; i suggerimenti su come prevenire o rimediare ai danni del gelo, del fuoco, della pioggia, della neve e della siccità, di malattie e parassiti. E tante, tantissime piante, nelle intenzioni di Miller tutte le piante coltivate nelle isole britanniche e tutte quelle che vengono "dalle Alpi, i Pirenei, la Boemia, il Levante, l'Egitto, la Siberia, il nord e il sud America, l'est e l'ovest, l'India, la Cina e il Giappone". Ogni voce si apre con il nome generico in latino, seguito da una descrizione in inglese delle caratteristiche comuni al genere; segue poi l'elenco delle specie con il nome binomio e una breve diagnosi in latino, ricavata da Linneo o altri autori; per le specie coltivate, sono fornite dettagliate informazioni sull'origine, la data di introduzione, le varietà, la coltivazione. Dotata di indici in inglese e in latino e di un calendario dell'operazioni orticole, l'opera è anche riccamente illustrata; le piante di nuova introduzione sono accompagnate da tavole disegnate da artisti di grido, tra cui Georg Ehret, che era anche imparentato con Miller, avendo sposato la sorella di sua moglie. Nel 1729 Miller era stato accolto nella Royal Society e contribuì alle Transactions con molti interventi; la sua bibliografia conta non meno di 120 titoli. Il suo lavoro al Chelsea Physical Garden si protrasse fino al 1770, quando, riluttante, dopo uno sgradevole braccio di ferro con il Comitato di gestione, fu costretto al pensionamento. I testi dell'epoca parlano impietosi di "imbecillità e irascibilità dovuta alla tarda età". Malleabile non lo era stato mai. Ma, soprattutto, era cambiato il clima, e l'ostinata resistenza al sistema linneano era diventata imperdonabile; e se Miller si era rassegnato ad accettare la nomenclatura binomiale nel dizionario, non era disposto a fare altrettanto con il sistema di Linneo nelle sue aiuole, ancora rigorosamente ordinate secondo il sistema di Ray. Infatti, uno dei primi compiti del suo successore, William Forsyth, fu riorganizzare le piante secondo il nuovo sistema. Miller non assistette a tanto scempio; morì infatti un anno dopo il ritiro, a ottant'anni d'età (una sintesi della sua vita nella sezione biografie). Ma non finì la vita del suo capolavoro, un testo di riferimento tradotto nella principali lingue europee. A tenerlo aggiornato e a pubblicarne ulteriori edizioni pensarono altri botanici: la più importante è quella curata da George Don, pubblicata tra il 1832 e il 1838 con il titolo A general system of Gardening and Botany, founded upon Miller's Garden Dictionary. La curiosa Milleria I rapporti tra Miller e Linneo furono quanto meno contraddittori. In occasione delle sue visite a Chelsea nel 1736, lo svedese dovette fare appello a tutta la sua diplomazia per non contrariare lo scorbutico scozzese e farsi donare qualche esemplare per il suo datore di lavoro George Clifford; ovviamente tutti i suoi tentativi di fargli accettare il suo sistema fallirono, anzi Miller sentenziò che "sarebbe stato di corta durata". Nondimeno, tra i due si instaurò una corrispondenza che durò tutta la vita, con scambi di piante e pareri. E Linneo fu prodigo di lodi per The Gardeners Dictionary, anche se era evidente che si poneva in aperta concorrenza con Species plantarum. Di buon grado, accettò anche di far proprio il genere che rendeva omaggio all'amico-nemico, Milleria. Nel 1731, William Houstoun raccolse in Campeche una pianticella piuttosto curiosa di cui inviò i semi a Miller, proponendo di battezzarla in suo onore Milleria. Miller la pubblicò nell'edizione del 1735 del Dictionary, e Linneo accolse la denominazione prima in Hortus cliffortianus, poi nel secondo volume di Species plantarum. Com'è noto, Linneo amava che ci fosse qualche relazione tra la pianta e il dedicatario. In questo caso, i sepali piuttosto corti che si chiudono a coppa potevano suggerire la figura atticciata di Miller, mentre il calice che racchiude totalmente i semi richiamava "l'impegno di Miller per procurarsi rari semi americani e per preservarli", o magari più malignamente la sua riluttanza a dividerli con altri. D'altra parte, Milleria quinqueflora (l'unica specie nota a quel momento e l'unica oggi accettata) è una pianta interessante e curiosa, ma non particolarmente bella, anzi potrebbe rientrare tranquillamente nella categoria delle erbacce. Cioè in quella dove Linneo andava a scegliere le piante da dedicare ai colleghi che ostacolavano il cammino trionfale del suo sistema. Sia come sia, il genere Milleria Houst. ex L. si distingue all'interno della sua famiglia, le Asteraceae, per le caratteristiche singolari del fiori. Monotipico, è rappresento unicamente appunto da M. quinqueflora, abbastanza comune nei terreni disturbati in un'area che va dal Messico al sud America settentrionale. E' un'erbacea annuale piuttosto alta (anche due metri) con esili fusti molto ramificati e foglie cordate in basso e ovate nella parte alta, con nervature evidenti; in estate porta molti minuscoli capolini gialli sottesi da brattee, che da lontano possono richiamare il fiore di una labiata, con il labbro inferiore giallo trilobato; in realtà sono infiorescenze formate da quattro fiori del disco (maschili) che emergono dal ricettacolo a calice e da un unico fiore del raggio (femminile) giallo sgargiante che funziona da richiamo e da pista d'atterraggio per gli impollinatori. Singolare anche il frutto, ovviamente uno solo per capolino, un achenio racchiuso in una specie di borsetta legnosa raggrinzita. Le foglie e gli steli sono usati nella medicina tradizionale per curare le infezioni della pelle. Le radici essiccate sono talvolta vendute come dimagranti. Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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