La rarissima, strabiliante, Rafflesia arnoldii vanta il fiore più grande al mondo (oltre un metro di diametro). Non meno curiosa e interessante è la sua scoperta da parte della scienza occidentale (ovviamente, era nota da secoli alla popolazione locale, e usata nella medicina tradizionale) che coinvolse i due personaggi per sempre uniti nel suo nome: il botanico Joseph Arnold e il suo mecenate, Thomas Stamford Raffles, futuro fondatore di Singapore. Antefatti: un botanico sfortunato e un funzionario ambizioso Ufficialmente, la scoperta di quella che sarà battezzata Raffelsia arnoldii avvenne il 19 maggio 1818 a Sumatra. Tuttavia per trovare il primo botanico occidentale che vide una Rafflesia dobbiamo tornare indietro di oltre vent'anni e spostarci nell'isola di Giava, dove il botanico francese Louis Auguste Deschamps, superstite della spedizione Entrecasteaux, su richiesta del governatore olandese aveva condotto estese ricerche scientifiche nell'interno dell'isola. Probabilmente nell'agosto 1797, nell'isola di Nusa Kambangan, di fronte alla costa meridionale di Giava, si imbatté in una pianta ignota alla scienza occidentale, nota agli indigeni come Bunga patma (quasi certamente una Rafflesia, anche se è in discussione di quale specie). La descrisse e la disegnò. Nel 1802, quando Napoleone concesse l'amnistia agli emigrati che non avessero impugnato le armi contro la Repubblica, Deschamps rientrò in patria; ma nel corso del viaggio di ritorno la nave su cui viaggiava fu fermata dagli inglesi, che sequestrarono esemplari, appunti e disegni. Nonostante la scoperta non sia mai stata pubblicata (le carte dello sfortunato botanico, tuttora inedite, si trovano al British Museum), era nota ai botanici che operavano in quell'area e sembra circolassero persino copie del suo disegno. Negli anni successivi, le guerre napoleoniche coinvolsero anche le colonie del sudest asiatico. Per sottrarla al controllo francese, nel 1811 i britannici occuparono Giava e la amministrarono fino alla pace del 1814, quando fu restituita all'Olanda. A governarla fu chiamato un giovane e brillante funzionario della Compagnia delle Indie orientali, Thomas Stamford Raffles. Durante il suo breve mandato, oltre che per le riforme amministrative, egli si segnalò per l'interesse per la storia, la cultura (iniziò il restauro del tempio di Borobudur) e la natura giavanese. Per procurarsi animali e esemplari botanici, organizzò una squadra di raccoglitori indigeni, sotto la guida di un medico e naturalista americano, Thomas Horsfield; creò una specie di zoo, un rudimento di orto botanico e una collezione di oggetti naturali e etnografici. Fu il vero e proprio inizio delle ricerche naturalistiche a Giava, che avrebbe ispirato iniziative come la creazione dell'orto botanico di Bogor, fondato dagli olandesi nel 1817. A far conoscere la natura di Giava contribuì anche l'importante History of Java (pubblicato da Raffles nel 1817), che comprende capitoli sulla flora e la fauna. Quest'opera introdusse Raffles nell'establishment scientifico britannico, guadagnandogli l'ammissione alla Royal Society e l'amicizia di personalità come Joseph Banks. Il re lo nominò baronetto. Apprezzato a Londra, ma molto meno dai vertici della Compagnia, con una vera e propria retrocessione nel 1817 Raffles tornò in Asia come governatore generale di Bencoolen, una base commerciale di scarsa importanza sulla costa occidentale di Sumatra. Anche qui, come a Giava, si segnalò per l'energia delle sue riforme, le capacità diplomatiche e l'interesse per il mondo naturale. Adesso al suo servizio c'era un altro giovane naturalista, il medico inglese Joseph Arnold. Una scoperta sensazionale Ed eccoci ritornati a quel maggio 1818 in cui fu scoperta Rafflesia arnoldii, nel corso di una breve spedizione a metà tra missione diplomatica e esplorazione scientifica. Temendo le incursioni delle popolazioni locali nei territori della Compagnia situati lungo la costa meridionale di Sumatra, Raffles decise di muovere verso sud per cercare un accordo. La spedizione, oltre a Raffles e al dottor Arnold, comprendeva la moglie di Raffles, l'intrepida lady Sophia, alcuni soldati e una sessantina di portatori. Partito da Bencoolen intorno al 15 maggio, viaggiando a cavallo dopo due giorni il gruppo raggiunse Manna, dove gli si unirono ufficiali locali, il Pangeran (un alto nobile locale) e il residente della compagnia, Edward Presgrave. Il 19 maggio, nei pressi del villaggio di Pulau Lebar, uno dei servitori malesi richiamò l'attenzione del dottor Arnold, che si era separato dal gruppo per esplorare la foresta: "Signore, venga, venga con me. Un fiore molto grande, bellissimo, meraviglioso!". Arnold non se lo fece dire due volte: ed eccolo di fronte a un oggetto mai visto: una corolla enorme, con un diametro di più di un metro e spessi petali carnosi rossastri, macchiettati di bianco. Il peso era di quasi sette chili e la coppa interna conteneva non meno di sei litri d'acqua. Il tutto emanava esattamente l'odore della carcassa di un bufalo in avanzato stato di decomposizione. Poco dopo allo stupefatto botanico si unirono Raffles, Sophia e Presgrave. Arnold disegnò e raccolse l'esemplare (un fiore maschile che si decompose rapidamente; fu possibile conservare solo una piccola parte dell'apparato riproduttivo) e alcuni boccioli ancora chiusi. Pochi mesi dopo, Arnold morì di una febbre contratta in questa o in una successiva spedizione nell'interno, senza aver potuto completare né la descrizione né il disegno (a completarlo fu Sophia Raffles). Le note di Arnold, il disegno, i boccioli e ciò che si era potuto preservare del fiore furono spediti a Banks, a Londra, che li affidò per il riconoscimento e la descrizione a Robert Brown. A Sumatra, il successore di Arnold come botanico della Compagnia delle Indie, William Jack, continuò le ricerche, raccogliendo anche un esemplare femminile (anche i boccioli raccolti da Arnold risultarono maschili). Nel 1820, scrisse un articolo in cui descrisse diverse specie tropicali ignote alla scienza, tra cui quella che denominò Rafflesia titan. Lo inviò alla madre, con la richiesta di farlo pubblicare se in Inghilterra Rafflesia era ancora inedita; altrimenti di sopprimerlo. Questa strana richiesta si spiega con il desiderio di assicurare la priorità alla scienza britannica: temeva infatti che Deschamps (la cui scoperta era ben nota ai botanici che operavano tra Sumatra e Giava), nonostante la perdita dei materiali, potesse pubblicarla per primo. Pubblicato solo nel 1822 in Malayan Miscellanies, il nome è oggi considerato illegittimo perché preceduto dalla denominazione di Brown. Basandosi sul disegno e i materiali di Arnold, quest'ultimo aveva infatti comunicato la scoperta del gigantesco fiore di Sumatra nella riunione della Linnean Society del 30 giugno 1820; nella seduta del 21 novembre, aggiunse altre informazioni ricevute da Raffles e Jack. La pubblicazione ufficiale avvenne l'anno successivo in Transaction of Linnean Society. Inizialmente Brown aveva pensato di denominare il fiore gigante Arnoldia grandiflora, ma poi, seguendo le abitudini dell'epoca (era usuale privilegiare lo sponsor più che il botanico) decise di riunire il nome di due scopritori in Rafflesia arnoldii, scrivendo che lo stesso dottor Arnold avrebbe voluto così (è probabile, come dimostra l'analoga scelta di Jack). Illustrata da un magnifico disegno di Bauer, la pubblicazione destò scalpore: quel fiore mostruoso corrispondeva perfettamente a ciò che l'immaginario collettivo dell'epoca associava all'Oriente: il mistero, l'eccesso, l'esuberanza di una natura che affascinava e allo stesso tempo respingeva. Come scrive T.P. Barnard in The East India Company and the Natural World, da una parte divenne il simbolo dell'alterità delle regioni tropicali, dall'altra una giustificazione delle spedizioni per conoscerle e prenderne possesso. Quasi immediatamente (1825) ne vennero ordinati tre modelli in cera a grandezza naturale, uno per lo stesso Raffles, uno per la Linnean Society, l'altro per la Royal Horticultural Society. Quest'ultimo è l'unico sopravvissuto e può essere tuttora ammirato ai Kew Gradens. Epilogo: distruzione e creazione di un eroe Come nei romanzi ottocenteschi, prima di salutare i tanti personaggi comparsi in questa storia, due parole sulle vicende successive. Lasciamo da parte Deschamps, Horsfield e Jack che, come dedicatari rispettivamente di Deschampsia, Horsfieldia e Jackiopsis, saranno protagonisti di post tutti per loro. Arnold, l'ho già anticipato, morì pochi mesi dopo la sensazionale scoperta. Dopo la sua morte, gli vennero dedicati ben due generi, ma nessuno dei due è tuttora valido: nel 1824 il botanico francese Henri Cassini gli dedicò Arnoldia (famiglia Asteraceae), oggi sinonimo di Dimorphoteca; nel 1826 una seconda Arnoldia (famiglia Cunoniaceae) gli fu dedicata dal tedesco Blume, denominazione non valida per la priorità di quella di Cassini. Quanto a Raffles, doveva ancora conquistare il suo maggior titolo di gloria: la fondazione di Singapore, di cui comprese l'enorme valenza strategica, suggerendone la creazione alla Compagnia nel 1818 e gettandone le basi l'anno successivo. Lasciando da parte le vicende politiche (qualche cenno si troverà nella biografia), negli anni che avrebbe ancora trascorso nel Sudest asiatico continuò a promuovere l'esplorazione naturalistica di Sumatra avvalendosi della collaborazione di Jack (anch'egli morto di febbri nel 1822) per mettere insieme una collezione di oltre 2000 pezzi, che comprendeva anche disegni commissionati a pittori locali. Nei brevi periodi trascorsi a Singapore (funestati dall'ostilità crescente dei vertici della Compagnia e dalla rivalità con il Residente William Farquahr) promosse istituzioni scientifiche, fondando tra l'altro una scuola dove si potesse studiare sia l'inglese sia le lingue locali, nell'obiettivo di formare i figli tanto degli impiegati della Compagnia quanto dei leader malesi e cinesi. Ospitò Nathaniel Wallich, venuto qui in convalescenza, e insieme crearono un orto botanico e un giardino sperimentale, dedicato soprattutto alle piante di interesse commerciale. Probabilmente Raffles progettava di scrivere un'opera su Sumatra analoga a quella su Giava. Tuttavia tutte le sue carte, le collezioni naturalistiche, i disegni di piante e animali, andarono perduti nell'incendio della nave "Fame" su cui si era imbarcato con la famiglia nel gennaio del 1823 per tornare in patria. Nelle otto settimane seguenti, in attesa di un nuovo imbarco, commissionò ad artisti locali una serie di disegni (44 uccelli, 7 mammiferi e 27 piante), oggi conservati nella British Library. Rientrato in patria in pessime condizioni di salute, in totale rottura con la Compagnia delle Indie, si concentrò sugli interessi naturalistici. Nel 1825 fu tra i fondatori della Società zoologica di Londra (di cui fu il primo presidente) e promosse la creazione dello Zoo di Londra. Morì nel 1826, il giorno prima del suo quarantacinquesimo compleanno. In odio alle sue posizioni antischiaviste, il vicario della sua parrocchia (la cui famiglia si era arricchita con il commercio di schivi) gli rifiutò la sepoltura; la compagnia negò ogni pensione alla vedova e requisì le sue proprietà in risarcimento delle perdite subite durante la sua amministrazione. A riabilitarne la memoria si dedicarono prima la moglie, che gli sopravvisse per un trentennio, poi gli esegeti del colonialismo vittoriano, che ne fecero un eroe. Piante rare a rischio d'estinzione Il genere Rafflesia comprende circa 28 specie di piante parassite endemiche delle foreste pluviali del Sudest asiatico (Thailandia, Indonesia, Malaysia, Filippine). Sono endoparassiti, che vivono totalmente all'interno dei tessuti della pianta ospite (diverse specie di Tetrastigma, una liana della famiglia Vitaceae); il corpo della pianta è costituito da filamenti presenti nelle radici dell'ospite; è priva di foglie, fusti, radici; l'unica manifestazione esterna sono i fiori. I boccioli tondeggianti, simili a un cavolo, emergono dalla corteccia dell'ospite e dopo circa 9 mesi si apre un fiore massiccio, con cinque petali e una profonda coppa centrale, che contiene numerosi organi appuntiti, la cui funzione è sconosciuta, e molti litri di nettare. In quasi tutte le specie, i fiori maschili (dotati di stami) e quelli femminili (dotati di pistillo) sono portati da piante diverse, spesso molto distanti tra loro; inoltre, quelli femminili sono particolarmente rari. L'impollinazione viene effettuata da insetti sarcofagi, attratti dall'intenso odore di carne putrefatta. Il fiore appassisce dopo pochissimi giorni (da 5 a 7); questo, insieme alla distanza tra gli esemplari femminili e maschili e ai lunghi tempi di sviluppo del bocciolo, che rendono rara la fioritura contemporanea in aree sufficientemente prossime di esemplari dei due sessi, rende piuttosto difficile l'impollinazione. Se invece le cose vanno lisce, alla fioritura seguirà un frutto tondeggiante, di circa 15 cm di diametro, che contiene migliaia di piccoli semi. La dispersione di questi ultimi avviene grazie a piccoli roditori che si cibano dei frutti. Tutte queste caratteristiche hanno due conseguenze: le Rafflesiae sono poco conosciute e rischiano di estinguersi. Per studiarne i tessuti, bisogna necessariamente uccidere sia la pianta sia l'ospite. Inoltre, mancando (fiore a parte) tutti gli altri organi tipici delle piante superiori, la classificazione di questo genere (e dei generi affini Rhizanthes e Sapria, che insieme formano la famiglia delle Rafflesiaceae) è un vero rebus, che è stato risolto solo di recente grazie allo studio del DNA, dimostrando con prove convincenti che la famiglia più vicina è costituita dalle Euphorbiaceae (il che desta stupore, pensando che a questa famiglia appartengono piante con fiori molto piccoli). Le particolarissime esigenze e le specificità della riproduzione delle Rafflesiae, unite alla costante diminuzione del loro habitat, ne mettono inoltre a rischio la sopravvivenza; nessun orto botanico, compreso quello di Singapore, è finora riuscito a coltivare con successo R. arnoldii; R. patma è invece coltivata nell'orto botanico di Bangor, a Giava, dove sono stati sperimentati con successo metodi di riproduzione agamica (mentre è fallita la riproduzione per semi). L'unica strada per conservare questa meraviglia della natura è dunque preservarne l'ambiente naturale, una sfida senza dubbio difficile. A Sabah, nel Borneo settentrionale, sono stati creati giardini di conservazione (la specie presente qui è R. keiti) e si incoraggiano i proprietari dei terreni dove ne è stata segnalata la presenza a mantenerli intatti, a proteggere i boccioli nei lunghi mesi che precederanno la fioritura, a segnalare l'apertura dei fiori e ad accogliere i turisti, in cambio di un contributo statale; in altri paesi sono in atto iniziative analoghe di turismo ecosostenibile. Con la sua rarità e il suo fascino esotico, Rafflesia è infatti anche un'attrazione turistica, che alimenta un'industria i cui proventi si spera possano contribuire a salvarla. Qualche approfondimento nella scheda.
0 Comments
Leave a Reply. |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
Categorie
All
|