Negli anni eroici dell'esplorazione botanica, tra Settecento e Ottocento, le giovani vite spezzate sono quasi la norma. Nelle mie storie mi sono già imbattuta in tanti giovani e giovanissimi scienziati che hanno sacrificato la loro vita sull'altare della conoscenza; anche la perdita del frutto delle proprie ricerche in seguito a terremoti, naufragi, inondazioni, incendi, vicende belliche era tutt'altro che rara. Eppure la storia di William Jack, forse perché possiamo seguirla attraverso i ricordi commossi dell'amico Nathaniel Wallich e l'omaggio sincero di William Jackson Hooker, appare particolarmente commovente, con la doppia sciagura della morte precoce e della perdita delle collezioni. A ricordarlo il genere monotipico Jackiopsis che si riallaccia (in seguito a complicate vicissitudini) a Jackia, voluto da Wallich per celebrare l'amico tanto rimpianto. Precocità, passione e sventure Quella di William Jack, giovane medico scozzese, botanico appassionato e geniale, è una vita tutta di corsa, segnata da una precocità quasi presaga del poco tempo che il destino gli avrebbe riservato. E' un fanciullo prodigio che impara a leggere da solo a tre anni, frequenta la scuola con ragazzi che hanno il doppio della sua età, a sedici anni conclude gli studi superiori, a poco più di diciassette (nonostante una grave malattia che l'ha fermato per quasi un anno) supera l'esame come chirurgo e inizia una carriera di medico militare al servizio della Compagnia delle Indie. Ha scelto questa strada per andare in Oriente, dove conta di studiare le piante esotiche, lui che è appassionato di botanica fin da bambino. Il 29 gennaio 1813 festeggia il diciottesimo compleanno a bordo della nave che lo porterà in India; durante il viaggio due brevi scali a Funchal e Simon's Bay nella colonia del Capo gli offrono un primo assaggio della flora esotica. Alla fine dell'anno è di stanza a Dumdum, in Bengala, e tra il 1815 e il 1816 partecipa alla guerra anglo-nepalese. In Nepal contrae la tubercolosi; riprende anche le ricerche botaniche e sente il bisogno di entrare in contatto con altri studiosi, per confrontarsi sui risultati; sa che Roxburgh sta scrivendo un libro sulla flora indiana (i due volumi di Flora indica usciranno tra il 1820 e il 1824) e vorrebbe sapere se vi ha descritto le specie raccolte in Nepal che gli sembrano nuove per la scienza. Forse non osando prendere contatto direttamente con il patriarca della botanica indiana, nel 1817 scrive al suo assistente, Nathaniel Wallich: è un collega (anche lui è un chirurgo al servizio della Compagnia delle Indie), ha solo nove anni più di lui, ha fatto una spedizione in Nepal. Alla lettera acclude la descrizione di una Lobelia nepalese (non corrisponde ad alcuna descrizione, sarà una specie nuova?) e un pacchetto di semi. Seguirà una seconda missiva, con un pacco di specie nuove di cui verificare l'attribuzione. E' l'inizio di un'amicizia. Wallich presenta alcune delle piante nepalesi di Jack in un articolo per l'Asiatic Society e poi lo invita a raggiungerlo a Calcutta, dove potrà curarsi e iniziare la convalescenza. Jack arriva nel luglio 1818 e Wallich lo ospita addirittura a casa sua, chiedendogli di lavorare con lui all'Orto botanico. Jack accetta e inizia preparare la pubblicazione di alcune delle sue scoperte, realizzando egli stesso le illustrazioni (tra i suoi innumerevoli talenti, c'era anche la capacità di disegnare le piante con estrema precisione). Nel novembre in visita all'orto botanico di Calcutta arriva un ospite importante: il vulcanico Stamford Raffles, che è qui per proporre ai vertici della Compagnia delle Indie la fondazione di Singapore. Vi trascorre un'intera giornata, scortato dai due botanici. La preparazione di Jack lo colpisce e gli propone immediatamente di seguirlo a Sumatra (il botanico che lavorava per lui, James Arnold, è morto pochi mesi prima, subito dopo aver scoperto Rafflesia arnoldii). L'eco di quella scoperta e quella pianta stupefacente sono un richiamo irresistibile per Jack, nonostante la sua salute precaria: Sumatra è un territorio vergine, non ancora esplorato da nessun europeo, e promette meraviglie mai viste (in una lettera ai suoi, la definisce "la meraviglia del mondo vegetale"). E così accetta. Nei quattro anni successivi, come medico e botanico, farà parte dello staff di Raffles e lo seguirà prima a Penang, nella penisola malese, poi a Singapore e Bencoolen, nell'isola di Sumatra. Con un attivismo che è anche un modo per esorcizzare la malattia (scriverà alla madre che si sente malato solo quando non ha niente da fare) in questo brevissimo lasso di tempo realizza un lavoro eccezionale per quantità e qualità. A Penang, in un soggiorno di soli tre mesi, raccoglie 130 piante, 80 delle quali probabilmente nuove. A Singapore, dove l'insediamento cresce a velocità prodigiosa, raccoglie esemplari rari (tra cui due specie ignote di Nepenthes) prima che le asce dei boscaioli e dei carpentieri li distruggano per far posto alle costruzioni. A Sumatra, si occupa di botanica, ma non solo; impara il malese, aiuta Raffles nella stesura di articoli sulla fauna, svolge ricerche etnografiche, fa parte di una Commissione di studio sullo stato della società di Sumatra e sugli effetti del monopolio della Compagnia. Le esplorazioni e le raccolte botaniche toccano non solo l'area limitrofa a Bencoolen, ma anche il nord dell'isola (Tapanuli) e l'isola di Pulau. Nel 1821, con due amici, scala il Gunung Bungkuk; a un certo punto, le guide indigene rifiutano di proseguire, temendo la vendetta degli spiriti della montagna se degli stranieri violassero quella cima sacra. I tre non si fanno spaventare: completano da soli l'ascensione (che in effetti si rivela piuttosto impegnativa) e si godono il panorama. Chi crede alla maledizione di Tuthankamon, potrebbe evocare la maledizione degli spiriti della montagna: dei tre audaci, un anno dopo due erano morti (uno di loro era Jack). Lo sfortunato botanico contrasse la malattia fatale (la malaria) che aggiungendosi alla tisi l'avrebbe portato alla tomba in un'occasione apparentemente priva di pericoli: nel marzo del 1822, Raffles lo inviò in sua rappresentanza ad assistere all'incoronazione del nuovo sultano a Moco-Moco. Tornato a Bencoolen, la sua salute cominciò a deteriorasi rapidamente; a nulla servì neppure un soggiorno a Giava, dove era stato inviato nella speranza che gli giovasse cambiare aria. Quando ritornò a Sumatra a settembre, era ormai così grave che Raffles decise di rimandarlo in Inghilterra. Ma il maltempo impedì alla nave su cui era imbarcato di salpare; riportato a terra, spirò poco dopo nella casa del governatore. Aveva solo 27 anni. Una sintesi della sua vita breve ma intensa nella sezione biografie. Due anni dopo, una seconda tragedia: l'erbario di Jack, le sue note, i disegni fatti da lui stesso o da artisti locali, le copie non distribuite della rivista con la sua unica pubblicazione a stampa, andarono perduti nell'incendio della nave Fame. Una pietra miliare della botanica del sudest asiatico In tanta tragedia, una sola fortuna: tra il 1820 e il 1822, Jack aveva pubblicato una selezione delle piante da lui raccolte a Penang, Singapore e Sumatra in una rivista voluta dallo stesso Raffles, Malayan Miscellanies, sotto il modesto titolo Descriptions of Malayan Plants. E' un documento di grande importanza storica (si tratta della prima rassegna della flora dell'arcipelago malese e vi compiano per la prima volta decine di piante nuove per la scienza), ma anche di notevole valore; secondo il parere unanime dei botanici contemporanei e degli studiosi successivi, le descrizioni dello sfortunato botanico scozzese si segnalano per accuratezza, completezza e grande capacità di mettere a confronto e discriminare specie affini. L'importanza di questa pietra miliare della botanica dell'arcipelago malese è testimoniata dal fatto che nel corso dell'Ottocento è stata ripubblicata tre volte: tra il 1830 e il 1836, da W. J. Hooker successivamente in tre diverse riviste (Botanical Miscellany, Journal of Botany, Companion of the Botancal Magazine); nel 1843 da W. Griffith in Calcutta Journal of Natural History; tra il 1886 e il 1887 in Trübner's Oriental Series. Jack vi descrive circa 200 nuove specie; crea 31 nuovi generi (18 dei quali sono attualmente riconosciuti) e la famiglia Cyrtandraceae (oggi considerata una sottodivisione di Gesneriaceae). Tra i generi da lui stabiliti, forse il più noto agli appassionati è Aeschynanthus, che comprende alcune ricadenti dai fiori rossi oggi relativamente diffuse in coltivazione; ricordiamo poi Eurichoma, Euthemis, Lasianthus, Ixonanthes, Rhodamnia, Sphenodesme (ottimo linguista, cui il greco era familiare fin da bambino, Jack privilegiava nomi botanici formati da basi greche, non sempre eufonici). A questa pubblicazione principale, bisogna poi aggiungere tre comunicazioni inviate a Robert Brown e da questi pubblicate nel 1823 in Transaction of Linnean Society: sulle specie malesi del genere Melastoma; sulla famiglia Cyrtandraceae; sul genere Lansium e altre piante malesi. Dell'erbario si sono salvati pochi esemplari sparsi inviati ad altri botanici (soprattutto a Wallich e allo stesso Brown). Secondo la testimonianza di Hooker, sarebbe stata intenzione di Raffles scrivere una memoria sull'amico scomparso; ma prima la perdita dei materiali, poi la sua stessa morte, sopraggiunta dopo appena due anni dal rientro in Inghilterra, gli impedirono di realizzare il progetto. Su istanza di Wallich, a provvedere fu lo stesso Hooker che pubblicò un'informata biografia di Jack, in appendice a uno dei fascicoli della sua edizione di Description of Malayan Plants, avvalendosi dei ricordi di amici e familiari e di estratti di lettere dello stesso Jack. Un groviglio gordiano: perché Jackia è diventata Jackiopsis L'infelice destino di Jack, la sua reputazione e la stima universale che riscuoteva (come botanico e come persona: "la più bella mente e il più bel cuore io abbia mai incontrato", disse di lui Raffles) fecero sì che dopo la sua morte i colleghi facessero a gara a dedicargli un genere, creando non poca confusione. Non poteva mancare l'amico Wallich, che nel secondo volume di Flora indica di Roxburgh (1824) gli dedicò Jackia Wall. (famiglia Rubiaceae) con parole commoventi: "Ho dedicato questo nuovo genere alla memoria del mio amico dipartito, il fu Mr. Jack, della cui perdita prematura ho già parlato e le cui infaticabili e ben note attività nella storia naturale gli hanno da tempo guadagnato la più alta stima. E' stato per l'amabile modestia del suo carattere, e non per negligenza da parte mia, se ho rinunciato al mio progetto di dedicare una pianta a questo eccellente botanico finché era in vita". Un omaggio venne pure da un altro grande botanico attivo nel sud est asiatico, il tedesco Carl Ludwig Blume, che nel catalogo dell'orto botanico di Bogor (1823) creò Jakkia, famiglia Polygalaceae, commettendo un errore ortografico che corresse due anni dopo in Bijdragen tot de flora van Nederlandsch Indië. Rinominando il genere Jackia scrisse così: "Ho attribuito questo nome già nel 1823 in Enumeratio Plantarum Horti botanici Buitenzorgiani in memoria del Dr. Jack, botanico e esploratore del'isola di Sumatra di grandissimo merito". Infine, nel 1826 Kurt Sprengel in Systema Vegetabilium creò una terza Jackia (Malvaceae). Dato che non è ammesso che due o più generi abbiamo lo stesso nome, in questi casi vale la legge della priorità. Per parecchi decenni, la situazione è stata la seguente: Jackia Wall (pubblicato nel 1824) nome valido; Jackia Blume (1825) nome invalido perché la forma corretta è Jakkia (un'altra regola prevede che le trascrizioni latine errate non si correggano), che d'altra parte è sinonimo di un genere precedentemente creato da Roxburgh, Xanthopyllum; Jackia Spreng. (1826) nome illegittimo (è sinonimo di Eriolaena DC). Così per 150 anni la pianta dedicata da Wallich all'amico Jack (si tratta di un genere monotipico) ha portato il nome Jackia ornata. Finché negli anni '70 del Novecento alcuni studiosi fecero notare che Jackia non può essere considerato un errore per Jakkia, ma una sua variante grafica; dunque Jackia Wall. perde la priorità e non è più legittimo (vi gira un po' la testa? anche a me). E così nel 1979, C.E. Ridsdale propose di tagliare il nodo gordiano, creando il nuovo nome Jackiopsis. Con il sospetto che i tassonomisti a volte discutano del sesso degli angeli o che la maledizione degli spiriti della montagna colpisca ancora, mi adeguo. Dunque, eccola qui Jackiopsis ornata (Wall.) Ridsdale; è un imponente albero, alto anche più di 40 metri, scelto da Wallich per commemorare l'amico per la sua bellezza, ma anche per due caratteristiche che ne sintetizzano il destino: i fiori a quattro petali, raccolti in grandi grappoli penduli, bianchi come la neve oppure rosati, simboleggiano il lutto, il frutti caduchi la morte precoce. Anche la distribuzione geografica (Borneo, Malesia, Sumatra) corrisponde alla regione esplorata da Jack. In Malesia, dove cresce nelle foreste pluviali primarie intorno ai 400 metri, è considerata una pianta medicinale, di cui si usano le radici essiccate, dal piacevole gusto di ginseng, come antidolorifico, energetico, epatoprotettore, afrodisiaco. Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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