Quella dell'americano Thomas Horsfield è la storia prima di un innamoramento, poi di un'amicizia: l'innamoramento per l'isola di Giava da cui nasce una vocazione di naturalista, così prorompente da farne il primo studioso della natura di quell'isola, che esplorò quasi palmo palmo per diciotto anni, dapprima senza il sostegno di alcuna istituzione, se non un gruppo di appassionati; l'amicizia con T. S. Raffles, che gli permetterà di continuare le sue ricerche in più grande stile e lo introdurrà negli ambienti scientifici londinesi. Botanico, zoologo, entomologo, vulcanologo, ha lasciato il suo nome a molte specie di animali e al genere Horsfieldia. Un naturalista poliedrico e instancabile Nell'anno 1800, un giovane medico della Pennsylvania, Thomas Horsfield, si imbarcò come chirurgo di bordo sul mercantile "China"; il breve scalo a Batavia (la capitale delle Indie Olandesi, nell'isola di Giava) cambiò per sempre la sua vita: "Fui così deliziato - sono parole sue - dalla bellezza di quello scenario, dalla magnificenza e dall'abbondanza della vegetazione, dalla ricchezza delle sue risorse in tutti i campi delle scienze naturali, che nella mia mente sorse il desiderio di conoscerla meglio". Tornato a casa, si procurò tutti i libri possibili sull'argomento, gli strumenti indispensabili, i materiali necessari per la raccolta e la conservazione degli esemplari e di lì a un anno era di nuovo a Giava. Vi avrebbe trascorso 18 anni, esplorando ogni angolo dell'isola e divenendo il primo occidentale (se si eccettua Louis Auguste Deschamps, che però aveva potuto accedere solo alla regione limitrofa a Batavia) a studiarne estesamente la flora, la fauna, la geologia. La Compagnia olandese delle Indie Orientali era estremamente gelosa delle sue prerogative e sospettosa di ogni straniero, tanto più in quegli anni di guerra. Per rimanere a Giava e iniziare le sue ricerche, proprio come Deschamps qualche anno prima, Horsfield entrò al suo servizio come chirurgo. Gli era vietato esplorare l'interno, ma gli fu permesso di visitare i distretti di Buitenzorg (oggi Bogor) e Tijanjur, a sud di Batavia, per studiare le piante medicinali usate dai nativi. Frutto di circa un anno di lavoro fu una relazione presentata al Comitato della Società di Arti e Scienze di Batavia, che attrasse l'attenzione del Governo e guadagnò a Horsfield il permesso di estendere le sue ricerche, oltre che alle piante medicinali, ad altri campi della botanica, alla zoologia e alla geologia. La Società (un'associazione privata creata da alcuni appassionati) decise anche di finanziare, sia pure non copiosamente, le sue ricerche e di pubblicarne i risultati sul proprio bollettino. Dopo aver visitato i dintorni di Batavia e il Priangan, all'inizio del 1804 fu autorizzato ad esplorare le regioni orientali dell'isola. Poté così visitarne le principali catene vulcaniche, dove raccolse molti esemplari della peculiare vegetazione di alta quota. Visitò la capitale del principato di Yogyakarta e le rovine del tempio di Prambanan. In un'altra escursione, percorse la costa meridionale in tutta la sua lunghezza. La spedizione più impegnativa si estese dal 1805 al 1807, portandolo a Surakata, la capitale dell'altro principato indipendente, di cui esplorò a fondo i dintorni nel corso di diverse escursioni, quindi a Surabaya, da cui si mosse per un giro generale della provincia più orientale, che percorse in lungo e in largo in tutte le direzioni: visitò estese foreste di teak, vide un vulcano eruzione, scalò montagne, osservò la preparazione dell'upas, ovvero un potente veleno il cui ingrediente principale era il succo di Antiaris toxicaria. In quest'area ricca anche di fauna individuò un viverride ancora sconosciuto, che assegnò al genere Prionodon. Visitò anche brevemente l'isola di Bali. Impossibilitato a tornare a Batavia per lo stato delle strade, si stabilì a Surakata, dove gli fu concesso dal governatore di lasciare in deposito le sue collezioni (sempre più ricche di animali, piante, minerali, disegni e mappe) per continuare le sue ricerche nei distretti meridionali e occidentali; iniziò anche a studiare le metamorfosi dei lepidotteri. Mentre era impegnato in queste attività, nel 1811 l'isola di Giava fu occupata dagli inglesi. Dapprima Horsfield guardò con preoccupazione questi rivolgimenti, temendo di perdere il frutto di nove anni di lavoro, come dipendente dal governo olandese. Il maggiore Robinson, Commissario della Compagnia, gli concesse di continuare le sue ricerche anche se senza alcun sostegno finanziario, in attesa di ordini superiori. Tuttavia nel novembre 1811 il nuovo governatore inglese, Thomas Stamford Raffles, giunse a Surakata in visita ufficiale al sultano; esaminò le collezioni di Horsfield e, comprendendone l'eccezionale valore, gli propose di entrare al servizio della Compagnia delle Indie britannica, che da quel momento avrebbe finanziato le ricerche del naturalista statunitense molto più generosamente degli olandesi. L'anno successivo lo inviò a Bangka (un'isola lungo la costa orientale di Sumatra) come membro della commissione che doveva studiare l'opportunità di un insediamento commerciale britannico; nel corso di due soggiorni, il naturalista statunitense esplorò anche quest'isola (che, a paragone con Giava, gli pareva misera e incivile; corse anche il rischio di rimanere ucciso, in seguito a un banale incidente in cui il suo disegnatore perse la vita e lui buona parte delle sue raccolte). Tornato a Giava, dedicò l'estate del 1814 all'esplorazione delle regioni occidentali appartenenti ai principati indipendenti, visitando tra l'altro le grotte delle rondini salangane (Collocalia esculenta). Per impulso di Raffles, che lo mise anche in contatto con Banks e Robert Brown, gli interessi di Horsfield si stavano sempre più spostando verso la zoologia: mentre gli esemplari botanici di maggiore interesse venivano inviati a Kew, gli animali andavano ad arricchire il Museo della Compagnia delle Indie, fondato nel 1801. La Gran Bretagna restituì ufficialmente Giava agli Olandesi nel 1815; dopo la definitiva partenza di Raffles (trasferito a Bencoolen nell'isola di Sumatra, che Horsfield visitò brevemente), avendo ottime relazioni anche con le vecchie autorità, poté trattenersi a Giava ancora un anno. All'inizio del 1819, costretto anche da ragioni di salute, lasciò definitivamente l'amatissima isola, giungendo a Londra a luglio. Una faticosa impresa editoriale a sei mani I molti anni che gli rimasero ancora da vivere (morì nel 1859, a 86 anni; una sintesi della sua vita nella sezione biografie) furono dedicati non più alla ricerca sul campo, ma alla sistemazione e alla pubblicazione delle raccolte proprie e altrui, con un interesse sempre più preponderante per la zoologia. Sicuramente grazie all'appoggio di Raffles, venne assunto come conservatore del Museo della Compagnia delle Indie, agli ordini del primo curatore, Charles Wilkins, cui più tardi succedette. Tra il 1821 e il 1824, pubblicò la sua opera più nota, Zoological Researches in Java and the neighbouring islands, che presenta una sintesi della fauna della grande isola indonesiana, con note sulla tassonomia, le caratteristiche morfologiche e il comportamento di primati, pipistrelli e uccelli, basandosi anche sulle osservazioni di altri studiosi, incluso Raffles. Quando quest'ultimo creò la Società zoologica di Londra (1826), lo volle accanto a sé come segretario; nel 1828 fu ammesso alla Royal Society. Come conservatore e poi curatore dell'India Museum, dove affluiva una crescente massa di esemplari di animali dal subcontinenti indiano, Horsfield fu impegnato a esaminarli, identificarli e catalogarli; ne risultò la descrizione di sei nuove specie di mammiferi dell'India e delle regioni limitrofe: i pipistrelli Rhinolophus affinis, Hipposideros larvatus, Kerivoula hardwickii, Scotophilus heathii, il gatto dorato Pardofelis temminckii e lo scoiattolo striato dell'Himalaya Tamiops mcclellandii. Culmine di questa attività fu nel 1851 la pubblicazione del Catalogue of the Mammalia in the Museum of the East India Company, in cui descrisse molto dettagliatamente gli animali del subcontinente, aggiungendo altre cinque specie nuove per la scienza. Collaborò anche con N.A. Vigors alla classificazione degli uccelli australiani e fu tra i promotori della Enthomological Society of London. La sua importanza come zoologo è anche testimoniata dai numerosi nomi specifici del regno animale che gli rendono omaggio (almeno una quindicina). Ma torniamo alla botanica. Quando giunse in Inghilterra, Horsfield portava con sé un voluminoso erbario di 2000 esemplari, cui si aggiungevano disegni e calchi in carta di riso (un ingegnoso metodo da lui elaborato per conservare almeno l'impronta delle piante, che nel clima tropicale era spesso molto difficile preservare); per organizzare questa massa di materiale secondo precisi criteri tassonomici, egli si rivolse a Robert Brown, che era allora il segretario di Banks (che sarebbe morto l'anno dopo, lasciandolo erede delle sua biblioteca e delle sue collezioni). L'esame degli esemplari e dei numerosi duplicati, l'identificazione delle specie e dei generi, il raggruppamento per famiglie richiesero un tempo molto lungo, rendendo impensabile una pubblicazione integrale; d'accordo con Horsfield, Brown selezionò le specie più interessanti o di per sé o per la loro novità. Ciascuna sarebbe stata corredata della descrizione in latino, delle osservazioni in inglese e illustrata da una tavola (le illustrazioni, giudicando Brown inadatte quelle eseguite a Giava da artisti locali, furono rifatte sulla base degli esemplari essiccati). Nonostante questa scelta drastica, a causa dei suoi mille impegni Brown non poté scrivere egli stesso le descrizioni, che alla fine dovette affidare a uno dei suoi collaboratori, John Joseph Bennett, assistente del dipartimento di botanica del British Museum. Dopo una lunghissima gestazione, con il titolo Plantae Javanicae Rariores, l'opera uscì infine tra il 1838 e il 1852 in quattro parti (ciascuna delle quali comprende 25 specie con altrettante tavole). Opera importante per la conoscenza della flora giavanese e magnifica per il corredo iconografico (i disegni sono di C. e J. Curtis, le incisioni di J. Curtis e E. Weddell), è tuttavia molto tardiva e certo non rende totalmente giustizia all'indefesso lavoro di Horsfield, che nel frontespizio risulta solo come raccoglitore, anche se il suo nome precede quelli di Bennett e Brown, scritti in corpo lievemente più piccolo. D'altra parte, corrispondeva a una scelta dello stesso Horsfield, che durante il soggiorno londinese aveva di fatto abbandonato la botanica per la zoologia. Horsfieldia, dalle foreste del sudest asiatico Gli omaggi non sono mancati anche nella nomenclatura botanica. Oltre ad essere ricordato da alcuni nomi specifici (tra gli altri, Sauromatum horsfieldii, Miliusa horsfieldii, Edychium horsfieldii), tre diversi botanici in tempi successivi gli dedicarono un genere Horsfieldia: Willdenow già nel 1806, Blume nel 1830 e Chifflot nel 1909. Per la regola della priorità, l'unico valido è Horsfieldia Willd. (famiglia Myristicaceae). Questa dedica precoce dimostra che anche in tempi di guerra e nonostante le lunghe distanze, nell'ambiente dei naturalisti le notizie continuavano a circolare, magari con qualche imprecisione. Creando il nuovo genere sulla base di una specie segnalata da Horsfield a Giava (H. odorata, oggi H. iryaghedhi), nella quarta edizione di Species plantarum Willdenow infatti scrive: "Ho denominato questa pianta in memoria del dottore statunitense Thomas Horsfield che per amore delle piante esplorò le Indie orientali". Il termine "memoria" e il tempo verbale danno l'impressione che il botanico tedesco avesse ricevuto la falsa notizia della morte di Horsfield in Oriente. Molto appropriatamente per questo appassionato del Sudest asiatico, Horsfieldia è un genere di circa cento specie di alberi sempreverdi delle foreste umide tropicali di bassa quota, diffuso in un'area che va dall'India e alle isole Salomone, passando per la Cina meridionale, l'Indocina e l'Indonesia. Il maggiore centro di diversità è la Nuova Guinea (con una trentina di specie), seguita dal Borneo; a parte poche eccezioni, quasi tutte le specie sono diffuse in una piccola parte di questa vasta zona e molte sono endemiche o subendemiche. Proprio per questo, parecchie sono minacciate, soprattutto per la restrizione del loro habitat naturale. Appartenenti alla stessa famiglia della noce moscata (Myristica fragrans), sono in genere piccoli alberi molto decorativi sia per il bel fogliame sempreverde, sia per le grandi infiorescenze molto ramificate, seguite da piccole bacche tondeggianti; dioiche, portano i fiori femminili e quelli maschili su piante separate. Alcune specie, già note alla medicina tradizionale, contengono l'alcaloide horsfilina con effetti analgesici. Altre sono invece coltivate per i frutti, da cui si ricava una cera. Tra di esse proprio H. iryaghedhi, originaria di Sri Lanka (e si teme ormai estinta in natura), ma introdotta forse dagli olandesi in Malesia e a Giava, dove veniva coltivata appunto per la cera. Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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