A proporre una delle prime classificazioni delle piante è alla fine del Cinquecento Mathias de l'Obel, ovvero Lobelius, con l'amico Pierre Pena. Basata sulle foglie, è un po' bizzarra a nostri occhi, senza dubbio un vicolo cieco, ma non priva di meriti. Tanto è vero che il bestseller di l'Obel, Icones stirpium, fu assai consultato da Linneo. Entrambi gli amici sono ricordati da un genere, in fondo azzeccato: il dimenticato Pena dal poco noto Penaea, il celebrato Lobelius dal diffusissimo Lobelia. Un'amicizia e un sodalizio intellettuale Nella tarda primavera del 1565, giungono a Montpellier, a un mese di distanza l'uno dall'altro, due studenti non più giovanissimi. Il primo, ad aprile, è Pierre Pena, un "figlio del paese", un provenzale che ha abbracciato la riforma. Il secondo, a maggio, è Mathias de l'Obel (o de Lobel, o alla latina, Lobelius), un fiammingo di Lilla. Dato che purtroppo conosciamo male la giovinezza di entrambi, non sappiamo se si conoscessero già, e avessero addirittura erborizzato insieme in Germania, in Svizzera e in Italia, o se si incontrassero qui per la prima volta. Certo è che da quel momento diverranno inseparabili. Li ritroviamo in un team di sei studenti, sotto la guida di Assatius, collaboratore e genero di Rondelet, a erborizzare nei dintorni di Montpellier; o insieme a un vasto gruppo di studenti, partecipare a una gita a Marsiglia che è allo stesso tempo una spedizione scientifica e un'allegra scampagnata tra amici. Nonostante la sua rozzezza di modi e le lacune della sua formazione accademica (il suo latino è privo di eleganza e non sempre ineccepibile), Rondelet è così colpito dell'acume di de l'Obel che quando morirà, poco più di un anno dopo, gli lascerà in eredità i suoi scritti botanici. Di nuovo, non sappiamo esattamente cosa successe dopo la morte di Rondelet: forse gli amici si fermarono ancora nel Midi ad esplorare Linguadoca e Provenza, forse conseguirono la laurea (mancano i registri di questi anni), forse partirono dopo pochi mesi. Di nuovo, abbiamo una data certa: nel 1570 erano sicuramente in Inghilterra, e vi si trovavano da qualche anno (almeno dal 1568). Non sappiamo quali motivi li avessero spinti a raggiungere il regno di Elisabetta: forse la situazione politica (l'Obel parlerà esplicitamente dei Paesi Bassi come di una terra "bagnata dal sangue umano": sono gli anni in cui il duca d'Alba cerca di schiacciare nei sangue la rivolta dei Paesi Bassi), forse il desiderio di esplorare una flora ancora largamente sconosciuta ai botanici del continente. La data ci è fornita dalla loro opera comune: alla fine del 1570 o all'inizio del 1571, esce a Londra per i tipi dello stampatore Thomas Purfoet (o Pufoot) Stirpium adversaria nova, il libro che gli amici hanno scritto a quattro mani. Il curioso titolo si rifà agli adversaria, i libri dei conti in cui i negozianti annotavano giorno per giorno entrate e uscite. Vuole essere dunque un registro delle piante (circa 1200) viste e raccolte per esperienza diretta soprattutto in Provenza e in Linguadoca, ma anche nel corso di altri viaggi (tra il 1562 e il 1563 l'Obel da solo o insieme a Pena visitò l'Italia settentrionale e conobbe tutti quelli che contavano nella botanica italiana). Una classificazione basata sulle foglie La novità di Stirpium adversaria nova non sta nel metodo (abbondano ancora i riferimenti eruditi ai botanici dell'antichità, con le solite polemiche feroci sull'identificazione delle specie di Dioscoride e soci), né nell'accuratezza delle descrizioni (Tournefort noterà che è quasi impossibile identificare le piante non accompagnate da disegni). A parte un'insolita attenzione all'habitat (di ogni specie è indicato, in genere, il luogo di raccolta e l'ambiente), è nuovo il modo di organizzare le piante. Gli autori si sono infatti proposti di raggrupparle in modo "naturale", in base a evidenti somiglianze morfologiche, così che il molteplice venga ricomposto nell'uno: "Quest'ordine si sviluppa uno e identico a se stesso, conduce dai semplici più vicini ai sensi e più familiari a quelli più sconosciuti e compositi, seguendo un percorso di somiglianze e familiarità, grazie al quale, per quanto possibile, le piante vengono a corrispondersi sul piano universale e particolare attraverso la varietà e l'immensità". E' lo stesso intento di Cesalpino (l'Obel lo conobbe in Italia, e forse ne fu influenzato), ma attuato in modo assai diverso, quasi opposto. Come Cesalpino, l'Obel si rifà ad Aristotele (citato poco più avanti nello stesso passo), ma mentre l'italiano muoveva dal generale al particolare (partendo da considerazioni generali sulla natura, ovvero l'essenza, dei vegetali, per poi giungere a categorie specifiche, con approccio deduttivo), il fiammingo parte dall'osservazione del molteplice per giungere all'uno (con approccio induttivo, dal particolare al generale). E se i ragionamenti filosofici avevano indotto Cesalpino a scegliere come criterio di classificazione gli organi riproduttivi (in particolare i frutti e i semi), l'osservazione diretta delle piante induce l'Obel a scegliere l'organo più immediatamente percepibile: le foglie. Oggi noi sappiamo che, per convergenza evolutiva, piante diversissime che vivono negli stessi ambienti possono avere aspetto simile; le foglie, da questo punto di vista, sono particolarmente ingannevoli. Ciò non toglie che quello di l'Obel (e Pena) sia stato il primo tentativo di raggruppare le piante per affinità naturali, giungendo a individuare delle sorta di "famiglie". Almeno un risultato è stato raggiunto: anche se solo sulla base della diversa struttura delle foglie, vengono chiaramente distinte le monocotiledoni (con foglie, in genere allungate, caratterizzate da nervature parallele) e le dicotiledoni (con foglie distinte in picciolo e lamina, caratterizzate da nervature reticolate). Non mancano le confusioni, i vicoli ciechi e le incongruenze: ad esempio, le monocotiledoni con lamina fogliare ampia, come Arum, finiscono con le dicotiledoni. Trifogli, Oxalis e Hepatica, che hanno foglie a tre o quattro lobi, sono raggruppate insieme; piante prive di foglie verdi, come Orobanche, finiscono insieme ai funghi. D'altra parte, anche i criteri di classificazione sono incongruenti: così, ninfee, loti, Caltha e Hydrocharis stanno insieme (sono tutte piante che fluttuano sull'acqua). Tuttavia, a sfogliare il testo di l'Obel, abbiamo l'impressione che un ordine inizi a delinearsi. Non più piante in ordine alfabetico (tra l'altro, in base al nome greco come in Fuchs o in Mattioli), raggruppate in base alle virtù terapeutiche o agli usi pratici, oppure disposte dall'alto in basso (dagli alberi, le essenze più nobili, fino alle erbe, le più effimere e insignificanti, come in Teofrasto). L'Obel e Pena procedono esattamente al contrario: si parte dalle forme più semplici, più comuni, cioè dalle graminacee, per giungere via via a forme più articolate e complesse. I gruppi non hanno nome (se non quello di una specie più nota e familiare, molto lontanamente paragonabile al "genere tipo" della tassonomia odierna) e manca anche un'esposizione teorica dei criteri seguiti; tuttavia, ciascun gruppo è corredato di tabelle o schemi ad albero che evidenziano visivamente i rapporti tra le diverse "stirpi". Accanto alle piante medicinali o utili all'uomo, acquistano diritto di cittadinanza anche le "erbacce". Attività editoriali e mediazione culturale E' oggetto di discussione quale sia stata il ruolo rispettivo dei due autori nella raccolta dei materiali e nella redazione di Stirpium adversaria nova: c'è chi giudica il contributo di Pena insignificante, chi al contrario vorrebbe attribuirgliene quasi l'intera paternità. Sta di fatto che poco dopo la pubblicazione, le strade dei due si divisero: Pena tornò in Francia, abbandonò del tutto la botanica e la scrittura (non risulta aver pubblicato nient'altro) per dedicarsi a una lucrosa attività di medico specializzato nella cura della sifilide. Il poco che sono riuscita a appurare sulla sua vita, assai mal nota, è esposto nella sezione biografie. All'opposto, Mathias de l'Obel, anch'egli rientrato in patria, divenne un botanico militante e un attivo pubblicista. Per qualche anno visse ad Anversa ed entrò a far parte della scuderia di Christophe Plantin. Scrisse un supplemento degli Adversaria, Stirpium Observationes, che nel 1576 fu pubblicato da Plantin, insieme a una riedizione dell'opera prima, in un'edizione assai curata accompagnata da quasi 1500 xilografie, sotto il titolo Plantarum seu stirpium historia (nel frontespizio compare solo il nome di l'Obel, mentre quello di Pena è conservato nel frontespizio della seconda parte, per la quale Plantin si accontentò di riutilizzare le copie rimaste invendute dell'edizione Purfoot, cambiando appunto solo il frontespizio). Nel 1581 seguì la versione in fiammingo, con il titolo Krydtboeck. Queste vicende mi sembrano confermare il ruolo secondario di Pena nella redazione di Stirpium adversaria nova: se davvero fosse stato un botanico così geniale e innovativo, come mai non si è più occupato di botanica? se avesse scritto gran parte di quell'opera, non avrebbe in qualche modo reagito al tentativo di l'Obel di appropriarsene? Che almeno il sistema tassonomico basato sull'osservazione delle foglie si debba a l'Obel, è confermato a mio parere da un'altra impresa editoriale plantiniana. Poiché le opere di botanica illustrate avevano un grande successo di mercato, sempre nel 1581 l'editore pensò di pubblicare in un solo volume più di 2000 xilografie ricavate dalle opere di Dodoens, Clusius e l'Obel; la redazione venne affidata a quest'ultimo che riorganizzò le illustrazioni disponendo le piante secondo la sua classificazione e corredò ciascuna tavola con un nome descrizione e un rimando alla pagina relativa di Plantarum seu stirpium historia; in una riedizione, fu aggiunto un indice in sette lingue che rese l'opera fruibile agli studenti di botanica dei principali paesi europei. Il volume, pubblicato con il titolo Icones stirpium, fu senza dubbio un grande successo editoriale, oltre che l'opera più nota di l'Obel, e non mancò di influenzare Linneo, che lo cita ripetutamente. Dopo essere stato per qualche anno medico di Guglielmo il taciturno a Delft, de l'Obel (forse alla fine degli anni '80) ritornò in Inghilterra dove entrò al servizio di lord Zouche come curatore del giardino di Hackney, nei pressi di Londra, allora il più importante del paese, che univa alle funzioni di orto botanico quello di giardino di piacere. Nominato più tardi giardiniere del re Giacomo I (un incarico del tutto onorifico), egli esercitò un essenziale ruolo di intermediazione tra la botanica continentale, più avanzata sul piano teorico, e la più empirica botanica inglese. Inizialmente amico del più noto botanico inglese di fine Cinquecento, John Gerard, nel 1596, scrisse la prefazione della sua prima opera, Catalogue of Plants. L'amicizia si ruppe quando, nel 1597, riscontrando il Great Herball dell'inglese, de l'Obel individuò non solo più di mille errori, ma ampi plagi delle sue stesse opere. Altre notizie sulla vita, purtroppo non ben conosciuta, di questo influente botanico nella sezione biografie. La sconosciuta Penaea e l'ubiquitaria Lobelia Se Pena, al contrario di l'Obel, è stato quasi dimenticato, almeno sul versante della nomenclatura botanica i due amici hanno avuto diritto a pari onori: non solo ad entrambi è stato dedicato un genere, ma l'uno e l'altro hanno avuto la ventura di tenere a battesimo un'intera famiglia. Non stupisce che l'omaggio sia partito in primo luogo da Plumier, egli stesso provenzale (è anche una delle nostre poche fonti sulla vita di Pena), che nel suo Nova plantarum americanarum genera ne battezzò due generiPenaea e Lobelia; nessuno dei due corrisponde però ai generi attuali (la Penaea di Plumier è una Polygala e la sua Lobelia venne rinominata Scaevola da Linneo). Infatti lo scienziato svedese in Species plantarum, 1753 riutilizzò le due denominazioni, attribuendole ad altre piante. Penaea dà il nome alla piccolissima famiglia delle Peneaceae, che comprende solo sette generi e una ventina di specie, limitate alle aree meridionali e sudorientali della provincia del Capo in Sud Africa. Sono arbustini caratteristici della tipica formazione vegetale del fynbos, affine alla nostra macchia mediterranea, con piante adattate a condizioni semiaride con piogge invernali. Il genere Penaea comprende quattro specie: P. mucronata, P. cneroum, P. acutifolia, P. dahlgreenii; sono piccoli arbusti con fusti quadrangolari e foglie coriacee, alternate o opposte, e infiorescenze terminali di piccoli fiori poco vistosi, con tubo fuso e quattro lobi più o meno appuntiti, gialli, rossastri o bianchi. Non avendo particolare pregio estetico, non sono stati finora introdotti in coltivazione. Tutto il contrario della notissima e diffusissima Lobelia erinus, la più coltivata delle Lobeliae, fin troppo sfruttata in giardini e fioriere. Il genere Lobelia, assegnato ora alla famiglia Campanulaceae, ora a una famiglia propria (Lobeliaceae) è presente in tutti i continenti, tranne l'Antartide; comprende più di 400 specie, che stupiscono per la grande varietà di forme e dimensioni (si va dalle erbacee annuali, alle perenni, incluse alcune palustri, agli arbusti). Al di là delle enormi differenze di aspetto generale, di portamento, di rusticità, tutte sono accomunate dalle foglie lanceolate e dai fiori tubolari bilabiati, spesso con fioriture spettacolari e prolungate dai colori vibranti, che le hanno rese popolari nei giardini. Le più note sono senza dubbio l'erbacea L. erinus, una perenne di origine sudafricana che noi coltiviamo come annuale nelle aiuole e sui balconi, oggi disponibile in tutte le gamme dell'azzurro e del viola, cui di recente si è aggiunto il rosso; le grandi perenni rustiche nordamericane, la rossa L. cardinalis e l'azzurra L. siphilitica, entrambe in passato utilizzate nella cura della sifilide. Ma accanto ad esse ci sono le sorprendenti Lobeliae arbustive del Sud America e dell'Asia orientale, come L. tupa; e le ancor più stupefacenti Lobeliae giganti dell'Africa e dell'arcipelago delle Hawaii. Qui, dove sono arrivate circa 13 milioni di anni fa forse dall'Asia, forse dall'America meridionale, grazie al clima favorevole e al fertile suolo, si sono rese protagoniste di un'eccezionale differenziazione genetica, grazie alla quale le Lobelioideae sono divenute il gruppo di angiosperme dominanti nelle isole, con sei generi (Lobelia e cinque generi endemici) e 125 specie endemiche. Uno di essi, Trematolobelia, rende a sua volta indirettamente omaggio al nostro Lobelius. E' un piccolo genere di otto specie dalle fioriture spettacolari, con grandi racemi di fiori tubolari dai lobi ricurvi, arricciati, posti come i bracci di un candelabro. Qualche informazione in più su Penaea, Lobelia e Trematolobelia nelle rispettive schede.
1 Comment
ALESSANDRO ALESSANDRINI
31/3/2020 05:55:09 pm
Articolo che mi ha chiarito diverse cose e che quindi è risultato utile per districare la questione di chi sia l'autore delle Adeversaria, che nei repertori ciene indicata come opera del l'Obel isiene al Pena oppure dell'uno o dell'altro. Qui invece è chiaro che i due furono a tutti gli effetti coautori.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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