Nel tardo Rinascimento, con tre botanici di risonanza internazionale, le piccole Fiandre sono all'avanguardia negli studi botanici. A inaugurare il gruppo, prima di Clusius e l'Obel, fu Dodoens. Tanto fervore di studi - e di pubblicazioni - non fu casuale: prima che arrivassero le guerre e la violenza religiosa, quella era l'area più ricca e aperta d'Europa. Aperta anche alle piante e alle idee nuove. Un nuovo pubblico per i libri di botanica Nella prima metà del Cinquecento il cuore pulsante dell'economia europea era Anversa. Ancor più che a Lisbona o a Siviglia, era qui che approdavano le merci coloniali che giungevano dall'Asia, dall'Africa e dal Nuovo Mondo, pronte ad essere scambiate con i prodotti che per via di terra giungevano dal Mediterraneo e per mare dalle sponde del Baltico; secondo le parole di l'Obel: "Tutto ciò che c'è di straordinario e desiderabile ovunque nel mondo, viene portato qui in abbondanza per mare e per terra, e tutti i tesori d'Europa, Asia e Africa si raccolgono qui". In pochi anni, la città crebbe tumultuosamente: nel 1496 aveva 40.000 abitanti, nel 1566, all'apice della sua prosperità, ne contava 100.000. Molti di quegli immigrati, oltre a un lavoro e alla ricchezza, cercavano un luogo libero dove poter professare senza impedimenti la loro fede religiosa. Le Fiandre sembravano il posto giusto: appartenevano agli Asburgo, ma erano abituate da secoli ad autogovernarsi e l'imperatore Carlo V (nato a Gand, di lingua madre fiamminga egli stesso) ne era ben consapevole e lasciò ampi margini di autonomia a quella ricchissima provincia che fruttava sei volte tanto le colonie americane. Così Anversa divenne anche uno dei maggiori centri della stampa, dove si pubblicavano le opere dei predicatori riformati vietate in Francia o nell'Impero. Tra i tesori ricordati da l'Obel, affluivano in abbondanza nuove piante. Tra i ricchi fiamminghi, vecchi e nuovi, divenne di moda creare giardini e collezioni di piante esotiche. A dare l'esempio fu la stessa governatrice dei Paesi Bassi, Margherita d'Austria, che fece edificare uno splendido giardino nella residenza di Mechelen (o Malines). Il più bello di tutti, però, era quello del farmacista Peeter van Coudenberghe che proprio ad Anversa creò un orto botanico privato che giunse a comprendere più di 600 specie, dotato di una struttura per il ricovero invernale delle piante esotiche, che possiamo considerare il primo esempio di orangerie. Grazie alla diffusione della stampa, cresceva anche il livello culturale e l'alfabetizzazione era sempre più diffusa; c'era dunque un pubblico potenziale interessato a libri sulle piante e sulla flora esotica, soprattutto se scritti in fiammingo (tra i borghesi appassionati di piante pochi conoscevano il latino) e corredati di belle figure. Almeno, fu questo il ragionamento di uno stampatore-editore, Jan van der Loe, che intorno al 1550 acquistò dall'editore tedesco le matrici dell'erbario di Fuchs e chiese a un amico, il medico Rembert Dodoens, di tradurlo in fiammingo. Dodoens (che, alla latina, si firmava Dodonaeus) era un medico di successo che fino a quel momento non si era particolarmente interessato di botanica, se non per quelle nozioni che facevano parte delle competenze di base di ogni medico in un'epoca in cui quasi tutti i medicamenti erano ricavati dalle erbe. Uomo metodico e coscienzioso, si mise al lavoro con entusiasmo. La sua non fu dunque una traduzione o una riscrittura del testo di Fuchs, ma un'opera del tutto nuova. Certo, Dodoens, riprende da Fuchs la struttura delle trattazione di ogni pianta, ma le sue descrizioni, quasi sempre basate sull'osservazione dal vivo, risultano più precise e dettagliate di quelle del tedesco. L'attenzione alla piante locali (di cui si indicano le epoche di fioritura e fruttificazione) fanno del suo erbario una flora regionale delle Fiandre. Più simile al modello la parte erudita, con le citazioni di prammatica delle proprietà attribuite dagli scrittori antichi e le solite infinite discussioni sulle corrette identificazioni delle specie (tuttavia, ben più contenute rispetto a Fuchs, per non parlare dell'enciclopedico e logorroico Mattioli). La maggiore novità sta nella disposizione delle specie: nella lettera dedicatoria, Dodoens confessa di essere stato a lungo combattuto: non gli sembravano funzionali né l'ordine di Teofrasto (l'analisi delle piante in base ai loro organi costringeva infatti a trattare la stessa specie più volte) né l'ordine alfabetico (adottato da Fuchs), che teneva lontane piante affini e accostava piante senza alcun punto in comune. Decise così di tornare a Dioscoride, raggruppando le piante prevalentemente in base agli usi e alle proprietà, e, meno spesso, alle forme e alle affinità. E' una classificazione ancora eclettica, che lasciò insoddisfatto per primo le stesso Dodoens, come si vede dall'elenco delle sue sei classi: - piante notevoli per i loro fiori o i loro semi; - piante usate in medicina o venefiche; - cereali, legumi, foraggi; - erbe, radici e frutti di uso alimentare; - alberi e arbusti; - piante che non rientrano in nessun dei gruppi precedenti. Dodoens terminò la redazione nel 1552 e sottopose il testo a un'attenta revisione, prima della pubblicazione, che avvenne nel 1554, con il titolo Cruydeboeck. Fu un successo commerciale, che in dieci anni esaurì la tiratura e rese necessaria una ristampa, nel 1563. L'editore, che aveva ottenuto dall'imperatore un privilegio di dieci anni per l'uso delle matrici dell'erbario di Fuchs, sfruttò pienamente l'investimento; prima ancora dell'uscita del volume, pubblicò le tavole da sole (con i nomi in molte lingue e note sintetiche a margine, sempre a cura di Dodoens). Nel 1557, uscì una traduzione in francese, curata da Carolus Clusius (che di Dodoens diverrà intimo amico), con il titolo Histoire des plantes. Possiamo considerarla una vera e propria nuova edizione, aumentata sia nel testo sia nelle tavole, che a sua volta sarà la base, per una seconda edizione delle tavole (1559) e per le traduzioni in inglese (A new herbal, a cura di Henry Lyte, 1578) e in latino (1583), che fanno dell'erbario di Dodoens il testo più tradotto dei suoi tempi dopo la Bibbia. L'opus magnum di Dodoens Nel 1563, anno in cui scadeva il privilegio decennale, ritenendo probabilmente il mercato ormai saturo, van der Loe vendette le matrici. Poteva essere la fine dell'opera botanica di Dodoens, se non fosse stato per il fortunato incontro con un altro stampatore, il grande Christophe Plantin. Convinto che ci fosse ancora spazio per raffinate opere scientifiche corredate da belle immagini, Plantin mise a disposizione di Dodoens - oltre alla sua tipografia celebre per la nitidezza dei caratteri, l'accuratezza della revisione dei testi, la sobria eleganza - una squadra di pittori e incisori che, secondo le indicazioni del botanico, avrebbero ritratto nuovamente dal vivo le piante necessarie per l'edizione latina delle sue opere. Ma, ancora una volta, Dodoens non si accontentò di ripubblicare in nuova veste il suo vecchio lavoro, ma lo riscrisse completamente, arricchendolo di nuove piante e accentuando il taglio propriamente "botanico". Se quando scrisse il Cruydeboeck, Dodoens era essenzialmente un medico erudito prestato alla botanica, ora, dopo dieci anni di ricerche, era un botanico a tutti gli effetti. E se la prima opera gli aveva richiesto circa tre anni, tra la stesura e la revisione, la seconda richiese un ventennio, per molte ragioni: la necessità di conciliare la ricerca scientifica e l'attività editoriale con un'intensa pratica medica; la situazione politica sempre più tesa che trasformò le Fiandre in un campo di battaglia (Mechelen, la città dove abitava Dodoens, fu presa e saccheggiata due volte: nel 1572 dalle truppe del duca d'Alba e nel 1580 da quelle dell'Unione di Utrecht); i riflessi di tale situazione sulla sua vita personale (dopo aver trascorso tutta la vita tra Malines e Anversa, l'ultimo decennio della sua esistenza lo vide medico imperiale a Vienna quindi, dopo un breve soggiorno a Colonia, professore universitario a Leida). L'opera maggiore di Dodoens, prima di essere pubblicata in edizione definitiva nel 1583, con il titolo Stirpium historiae pemptades sex, uscì, si potrebbe dire, a puntate. Il primo frutto della collaborazione tra Dodoens e Plantin fu nel 1565 Historia frumentorum, leguminum, palustrium et aquatilium herbarum ("Storia dei cereali, dei legumi e delle erbe palustri e acquatiche"); il libro confluirà nella quarta sezione delle Pemptades. Nel 1567 seguì Florum et coronarium, odoratumque herbarum historia ("Storia delle piante da fiore, adatte a far corone e odorifere"), notevole perché è uno dei primi trattati specificamente dedicati alle specie ornamentali; confluirà nella seconda parte delle Pemptades. Più tradizionale l'argomento della terza "puntata" (1574), Purgantium aliarumque eo facentium, tum et radicum, convolvulorum ac deleteriarum herbarum historiae libri III ("Tre libri sulla storia dei purganti e di altre piante con effetti simili, compresi radici e convolvoli e piante nocive"), che entrerà, con molte aggiunte, nella terza sezione delle Pemptades; unico opuscolo non edito da Plantin, uscì nel 1580 a Cologna, dove Dodoens si trattenne al suo rientro da Vienna, in attesa che la situazione delle Fiandre si facesse meno confusa.Seguì una breve pubblicazione sulla vite, in cui Dodoens inserì anche piante di varia natura non trattate in precedenza, Fu ancora Plantin, invece, a pubblicare nel 1583 l'opus magnum in cui confluiscono il Cruydeboek, i quattro opuscoli e ulteriori contributi: Stirpium historiae pemptades sex sive libri XXX, un grande volume di oltre 900 pagine. Le piante sono distribuite in sei grandi categorie, articolate a loro volta in 26 gruppi (detti pemptades, perché, tranne la prima sezione, tutte le altre sono divise in cinque sottosezioni), alcuni dei quali possono corrispondere almeno in parte alle nostre "famiglie": - Prima sezione: tutte le piante non inserite in altre classi, presentate in ordine alfabetico, raggruppando insieme tuttavia quelle che presentano somiglianze e affinità: troviamo un vasto gruppo di piante vulnerarie, e alcuni raggruppamenti affini a famiglie (ad esempio quelle che oggi chiameremmo Crassulaceae e Saxifragaceae); - Seconda sezione: fiori notevoli come ornamentali e medicinali; erbe profumate (tra cui numerose Umbelliferae, riconosciute come un gruppo naturale anche per la struttura delle infiorescenze); - Terza sezione: piante di uso medicinale non trattate precedentemente (radici con proprietà officinali, piante purgative, radici purgative della famiglia Convolvulaceae, piante velenose; crittogame, sistemate qui perché molte hanno proprietà nocive); - Quarta sezione: piante usate come cibo di uomini e animali (qui si riconoscono due gruppi abbastanza evidenti, i cereali e le leguminose, anche se queste sono divise tra legumi e foraggere); - Quinta sezione: piante orticole e culinarie (l'ultima pemptas raggruppa, in base a affinità formali, diversi "cardoni" che ora assegneremmo a famiglie diverse); - Sesta sezione: arbusti e alberi (divisi rispettivamente in arbusti spinosi e senza spine; alberi coltivati nei giardini e nei frutteti, forestali e sempreverdi). Appena due anni dopo la pubblicazione del grande lavoro, Dodoens morì a Leida dove da pochi anni insegnava medicina. Celebratissimo come medico di eccezionale competenza e grande botanico, ai suoi tempi fu il più noto della triade fiamminga formata con Clusius e l'Obel, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "Teofrasto fiammingo". Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Dodonaea, australiana vagabonda Tra le piante ornamentali, Dodoens ne aveva descritte alcune notevoli per i loro semi. Se l'avesse conosciuto, qui avrebbe collocato il genere Dodonaea, che ha fiori insignificanti ma splendide capsule alate. La prima ad essere descritta fu la sola specie diffusa in ampie aree tropicali, D. viscosa, che nel 1753 Linneo descrisse in Species plantarum come Ptelea viscosa, e l'anno successivo fu rinominata D. viscosa da Philip Miller in onore del nostro Dodoens, la cui opera era ben nota e apprezzata dai botanici britannici. Nelle edizioni successive, Linneo farà propria la denominazione milleriana. Il genere Dodonea, appartenente alla famiglia Sapindaceae, comprende una specie di specie di alberelli e arbusti sempreverdi, il cui centro di diffusione è l'Australia (tranne tre, tutte le specie sono endemismi australiani), nettamente distinte in due gruppi in base alla struttura delle foglie: nella maggior parte delle specie, esse sono semplici e lineari; in un gruppo minoritario, sono invece composte. Piante adattabili che, crescono in una varietà di condizioni, soprattutto nelle formazioni di macchia arida, non si mettono in mostra né per il portamento né per i fiori, maschili e femminili (si tratta di piante per lo più dioiche) privi di petali. A dare spettacolo sono piuttosto le capsule alate dei frutti che spesso assumono colori inconsueti: rosso, rosa carico, rosa antico. L'unica specie reperibile da noi è D. viscosa, polimorfica e adattabile, che - secondo la ricostruzione dei paleobotanici - nell'arco di due milioni di anni dalla nativa Australia ha colonizzato le aree tropicali, subtropicali e calde di Oceania, America meridionale, Africa e Asia. Questa pianta vagabonda sta diventando di moda ed è proposta anche da noi da alcuni garden center; del resto, ben si adatta al clima mediterraneo. La forma più coltivata è D. viscosa 'Purpurea', una forma di origine neozelandese, con foglie sfumate di porpora e capsule rosate. Qualche informazione in più nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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