Acquisita l'indipendenza politica, gli Stati Uniti incominciano ad emanciparsi dal passato coloniale anche sul piano culturale e scientifico. Nel campo delle scienze naturali, figura chiave di questo momento di passaggio tra una scienza ancora eurocentrica e una scienza autenticamente americana è Benjamin Smith Barton, titolare della prima cattedra statunitense di botanica e scienze naturali; autore del primo manuale di botanica, Elements of Botany; istruttore di Lewis in preparazione della grande spedizione nel Nord Ovest; finanziatore dei viaggi botanici di Pursh e Nuttall. Dunque un padre fondatore a tutti gli effetti; ma anche una figura controversa, con una biografia segnata da vicende poco chiare, promesse mancate, opere annunciate e mai finite, senza parlare del pessimo carattere. Ambizioso e desideroso di gloria, nei suoi ultimi giorni provò conforto nel pensare che la sua memoria sarebbe stata preservata dal nome di una delle più belle specie delle praterie americane; la regola della priorità l'ha invece legato per sempre a un'altra Bartonia, una pianta minuscola e insignificante, in una sorta di giustizia poetica. Un padre fondatore delle scienze naturali americane... I primi passi della scoperta della natura dei territori che diverranno gli Stati Uniti d'America si muovono in un'ottica ancora coloniale; europei sono i primi esploratori (come John Tradescant e John Clayton); quando John Bartram inizia i suoi viaggi, lo fa per soddisfare le esigenze di clienti britannici; ancora nei primi anni dell'indipendenza, il massimo protagonista dell'esplorazione botanica dell'America atlantica sarà il francese André Michaux. Europei erano anche i modelli teorici (prima quello di Linneo, poi quello di Jussieu) e i libri di testo, tutti regolarmente importati dal vecchio continente. Ma anche la scienza americana era desiderosa di emanciparsi e di acquistare la sua indipendenza; un processo di cui senza dubbio una delle figure chiave è Benjamin Smith Barton, titolare della prima cattedra universitaria di botanica degli Stati Uniti e autore del primo manuale di botanica, Elements of Botany, consulente di Jefferson che gli chiederà di istruire sulla natura e sui nativi il capitano Lewis, in preparazione della prima autentica spedizione naturalistica americana. Nel 1803, quando incontrò Lewis, Barton aveva appena pubblicato il suo manuale e, a soli trentasette anni, poteva già vantare una brillante carriera accademica. Gli inizi, tuttavia, era stati quanto meno imbarazzanti. Proveniente da una famiglia che vantava altri naturalisti (i più noti sono lo zio materno David Rittenhouse, eminente astronomo, e William P.C. Barton, anch'egli botanico e autore di Flora of North America), dopo aver seguito i corsi di medicina a Filadelfia, nel 1786, quando era appena ventenne, si spostò a Edimburgo con l'intenzione di laurearsi in quella prestigiosa università. Ambizioso e brillante, affascinante parlatore, con le sue conversazioni su popoli e piante native americane fu accolto con entusiasmo in quell'ambiente avido di esotismo; fu presto ammesso alla Royal Medical Society, di cui anzi divenne uno dei presidenti annuali, e ottenne un premio per un articolo sul giusquiamo nero (Hyosciamus niger); tuttavia dopo due anni, senza aver conseguito la laurea, lasciò precipitosamente la città. Secondo la vulgata familiare, era entrato in conflitto con alcuni insegnanti; visto il suo carattere ombroso, è più che possibile, ma a spingerlo alla fuga fu un prestito da parte della Medical Society che non poteva o non voleva onorare. Di lì passò in Germania. Quando nell'autunno del 1789 rientrò in patria senza alcun titolo universitario, si sparse la voce - che Barton non fece nulla per smentire, se non la diffuse egli stesso - che si fosse laureato presso la celebre Università di Gottinga. In ogni caso nei registri della Philosophical Society cui fu ammesso quello stesso anno il suo nome compare seguito dal titolo abusivo di "dottore in medicina". Sempre nel 1789 iniziò a praticare la professione medica e soprattutto gli venne assegnata la cattedra di storia naturale e botanica al Philadelphia College, due materie inedite nel curricolo universitario statunitense; incarico confermato due anni dopo, quando il Philadelphia College si fuse con l'Università di Pennsylvania. Nel 1790 fu ammesso al Collegio medico di Filadelfia; nel 1792 divenne membro dell'American Arts of Science; nel 1796, alla morte del precedente titolare, fu chiamato a reggere anche la cattedra di materia medica. A questo punto, essere privo di un titolo accademico poteva essere assai rischioso, tanto più che contava non pochi nemici; Barton cominciò così a sollecitare i suoi contatti europei per ottenere una laurea honoris causa; alla fine, pochi mesi prima che assumesse l'incarico, il sospirato titolo arrivò da una delle più oscure università tedesche, quella di Kiel. In ogni caso, Barton riuscì ad agire in modo così discreto che questa storia è stata scoperta solo intorno al 1970; fino ad allora, tutti - compresi gli storici - avevano presa per vera la laurea a Gottinga. Nonostante questo esordio fortunoso, Barton divenne presto una figura eminente del naturalismo americano. Come primo insegnante di storia naturale e botanica del suo paese, teneva affollate lezioni cui partecipavano non solo gli studenti di medicina, ma anche un pubblico di curiosi, comprese molte signore, che il professore sapeva affascinare toccando gli aspetti più diversi della natura americana. Divenne la figura centrale di un circolo di naturalisti che comprendeva anche il celebre raccoglitore William Bartram e il botanico Henry Muhlenberg. Anche grazie allo zio, David Rittenhouse, che era succeduto a Franklin come presidente della società, divenne il membro più giovane della American Philosophical Society, di cui poi fu vicepresidente dal 1802 al 1816; della società fu uno dei membri più attivi, pubblicando numerosi articoli che nel 1804 gli guadagnarono il Premio Magellano. Nel 1803 fondò la Philadelphia Linnean Society, di cui fu il primo presidente; dal 1809 alla morte fu anche presidente della Philadelphia Medical Society. Abile gestore della propria fama, seppe anche ingraziarsi i potenti in patria come all'estero. Era in corrispondenza con molti naturalisti europei, tra cui Banks (cui dedicò Elements of Botany); quanto a Jefferson, tra lui e il presidente esisteva un legame speciale da quanto gli aveva dedicato il genere Jeffersonia (come ho raccontato in questo post). Scrisse moltissimo (oltre che di medicina e botanica, di zoologia, mineralogia, geologia, antichità e lingue indiane, di cui fu un grande cultore), soprattutto articoli brevi che pubblicò dapprima nelle Transactions dell'American Philosophical Society, poi in Medical Physical Journal, la rivista medica che fondò e diresse per molti anni. Come ho anticipato all'inizio, nel 1803 uscì la prima edizione della sua opera più nota, Elements of Botany, il primo manuale di botanica scritto negli Stati Uniti, un testo di successo che raggiunse le sei edizioni, tre delle quali durante la vita dell'autore. Importante anche Collections for an Essay towards Materia Medica of the United States, che nella terza edizione (1810) descrive oltre un centinaio di piante officinali native e le loro proprietà mediche. Tra i suoi contributi più interessanti, vale anche la pena di citare A discourse on some of the principal desiderata in natural history: and on the best means of promoting the study of science in United States, letto da Barton nel giugno 1807 alla Linnean Sopciety, in cui tracciò un lucido programma di ricerca per gli scienziati della nuova nazione; per limitarci alla botanica, poneva tra i principali obiettivi lo studio delle crittogame, l'attenzione alla distribuzione geografica delle piante, gli studi comparativi, le acquisizioni dei nativi sulle piante medicinali e alimentari. E' dunque logico che Jefferson abbia inviato proprio a lui Lewis, perché gli aprisse le porte degli studiosi di Filadelfa (cosa che Barton non fece, o fece con riluttanza) e gli impartisse un corso accelerato di botanica e zoologica. Il professore non solo insegnò al capitano come raccogliere, conservare correttamente e etichettare gli esemplari, ma decise che doveva assolutamente partire anche lui, o almeno accompagnare la spedizione per un tratto. A questo punto va detto che egli, come riferisce a denti stretti il nipote e biografo William, soffriva di quello che oggi chiameremmo disturbo bipolare, sempre oscillante tra esaltazione e depressione; a ogni nuova occasione, a ogni nuovo soggetto di ricerca, si entusiasmava e si lanciava in vasti progetti, salvo poi abbandonarli per noia non appena dall'ideazione bisognava passare alla realizzazione concreta. L'idea di partire con Lewis sarà stato dunque un sogno, un fuoco fatuo tipico del suo carattere, che probabilmente egli stesso - un valetudinario cronico che soffriva di tubercolosi e di attacchi invalidanti di gotta - era il primo a non prendere sul serio. Dunque Lewis partì senza Barton, ma portando con sé come sostituito una copia fresca di stampa dei suoi Elements of Botany. Comunque Jefferson contava su di lui per pubblicare i risultati scientifici della spedizione, tanto che egli fu il destinatario del primo invio da Fort Maidan; ma la sospirata Storia naturale della spedizione di Lewis e Clark andò ad allungare la lista delle sue opere "fantasma". ... con un lato oscuro Dopo aver elencato i successi, il lato luminoso del nostro professore, è infatti venuto il momento di parlare del suo lato oscuro. Quella non fu l'unica opera promessa, ma mai scritta. Egli in effetti fu uno scrittore prolifico, ma farraginoso e prolisso, che dava il meglio di sé in testi brevi; la sua bibliografia è costellata di opere di più ampio respiro annunciate, progettate, a volte iniziate, poi abbandonate. Ma c'è di peggio. Ambizioso e avido di successo, non era sempre corretto verso gli altri ricercatori, tanto da essersi attirato l'accusa di plagio. L'ornitologo Charles Willson Peale lo accusò, probabilmente a torto, di essersi impadronito di alcuni esemplari destinati al suo museo e espresse la convinzione che "non si è mai fatto scrupolo di prendere le penne degli altri per arricchire il suo piumaggio". In effetti, gli studiosi hanno rilevato che non di rado fece passare per proprie idee altrui, senza citare la fonte né aver ottenuto l'autorizzazione dell'autore. A suscitare polemiche fu anche la pubblicazione di Jeffersonia diphylla, che non si basava su ricerche proprie, ma su raccolte di André Michaux e William Bartram. Ancora più criticato fu per la riluttanza a scambiare informazioni e materiali, secondo la secolare consuetudine dei naturalisti; ad esempio Henry Muhlenberg, che pure gli fu amico, lamentava che mentre lui gli aveva mostrato il suo erbario, Barton non aveva mai contraccambiato il favore. D'altra parte, bipolare anche in questo, sappiamo che a volte fu assai generoso con la sua preziosissima biblioteca, la più completa degli Stati Uniti per la storia naturale, prestando ad altri studiosi volumi altrimenti introvabili nel paese. Barton era più un teorico, un botanico da scrivania, che un ricercatore sul campo. Il suo erbario, conservato alla Natural Science Academy di Filadelfia, comprende 1674 esemplari, ma solo circa 200 furono raccolti da lui, per lo più nei pressi della città o della tenuta di famiglia. E' nota una sola spedizione di un certo impegno cui partecipò di persona, da New York fino alle Cascate del Niagara, ma anche in questo caso si dedicò più all'osservazione dei costumi dei nativi che alla raccolta di piante. L'erbario fu dunque messo insieme con acquisti e con il contributo di almeno una trentina di raccoglitori, molti dei quali suoi studenti. L'apporto maggiore (circa 1200 esemplari) tuttavia venne da Federick Pursh che egli assunse nel 1805 perché lo aiutasse a completare il suo maggiore progetto: una flora del Nord America, che avrebbe dovuto includere anche le piante raccolte durante la spedizione di Lewis e Clark. Probabilmente Barton aveva iniziato a lavorarci subito dopo la pubblicazione di Elements of Botany e nel 1806 ne pubblicò un'anticipazione dal titolo chilometrico: Prodromus of a Flora of the States of New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland and Virginia. Riccamente illustrata dal pittore francese Turpin, fu stampata in 500 copie, ma non se ne è conservata neppure una. Come mai? Fu l'autore stesso a ritirare tutta l'edizione e a farla distruggere. L'ipotesi più probabile è che, lavorando insieme a Pursh, un eccellente tassonomista formatosi in Germania, che catalogò con ammirevole e teutonica precisione il suo erbario, Barton si sia reso conto di aver commesso molti errori e abbia preferito eliminare un'opera che, più che la sua gloria, avrebbe sancito la sua mediocrità di sistematico e tassonomista. L'opera andava riscritta e ampliata. A tal fine finanziò i viaggi di ricerca di Pursh che al suo servizio nel 1805 esplorò le regioni montane della Carolina e della Georgia e nel 1806 le montagne della Pennsylvania e del Vermont. L'anno successivo, di ritorno da una spedizione che lo aveva portato nello stato di New York e ancora nel Vermont, Pursh preferì non rientrare a Filadelfia e accettare l'incarico di curatore dell'orto botanico di New York. In tal modo, recuperava la sua indipendenza scientifica, e si liberava di un "patrono" mai troppo generoso, collerico e probabilmente geloso della sua competenza. Barton, privato del suo principale collaboratore, si trovò impossibilitato a proseguire, finché la dea bendata fece arrivare alla sua porta un giovanotto entusiasta con una pianta da riconoscere. Era il ventiduenne Thomas Nuttall, un apprendista stampatore britannico con la passione per le scienze naturali. Barton, che, colpito dal suo entusiasmo e dalle sue buone maniere, ne fece il suo pupillo, gli insegnò il sistema di Linneo e lo spronò a studiare ed esplorare la natura americana, sull'esempio di William Bartram. Dopo averlo messo alla prova con alcuni brevi viaggi, nel 1810 finanziò la prima grande spedizione di Nuttall fino ai Grandi laghi, con una paga di 8 dollari al mese più le spese; le osservazioni e i quaderni di campo sarebbero stati di esclusiva proprietà di Barton, ma il raccoglitore poteva tenere per sé la propria copia degli esemplari; esattamente il contrario di ciò che avveniva di solito: il finanziatore/collezionista esigeva per sé una o più copia dei materiali, ma il ricercatore manteneva la proprietà intellettuale delle proprie scoperte. Tuttavia anche questa collaborazione finì bruscamente, quando l'imminente scoppio della guerra del 1812 con l'Inghilterra spinse Nuttall a tornare in patria. Del resto, anche le forze di Barton andavano declinando. Morì nel 1815, al rientro da un viaggio in Europa grazie al quale aveva sperato di recuperare la salute. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Termino con una curiosità: la prestigiosa rivista Bartonia, organo del Philadelphia Botanical Club, non è dedicata a lui, ma a suo nipote William Paul Crillon Barton, autore di Compedium Florae Philadelphicae (1818) e A Flora of North America (1821), che dello zio fu allievo, biografo e successore per la cattedra di materia medica. Bartonia, ovvero botanica e giustizia poetica Tre giorni prima di morire, Barton aveva terminato il suo ultimo articolo, su un argomento che gli era molto caro: una pianta che nel 1812 Sims aveva denominato Bartonia decapetala, sulla base di materiali raccolti da Pursh e da Nuttall. Concordi sulla dedica al loro patrono, il primo, a quanto pare, avrebbe voluto chiamarla B. ornata, il secondo addirittura B. superba. In ogni caso, una pianta magnifica, con spettacolari fiori bianchi che si aprono di notte, che riempiva d'orgoglio il vecchio professore. Ma anche nella botanica c'è una giustizia poetica, che assume le petulanti vesti della legge della priorità. Molti anni prima, Henry Muhlenberg aveva già creato un genere Bartonia, pubblicato nel 1801 con tutti i crismi da Willdenow. Niente di cui andare orgogliosi, ahimè: si tratta di uno dei più insignificanti generi della famiglia Gentinaceae, minuscole annuali erbacee che passano quasi inosservate. Vivono nelle paludi, alcune specie in mezzo allo sfagno, da cui quasi non si distinguono se non durante la fioritura, e, come adattamento a un ambiente così povero di nutrienti, sono emiparassite che si nutrono a spese delle piante vicine, con foglie ridotte a scaglie insufficienti ad assicurare una sufficiente fotosintesi. Muhlenberg ovviamente di questo non poteva sapere nulla (dedicò a Barton B. verna, una specie che avevano raccolto insieme) ma non spiace che a ricordare il troppo vanaglorioso professore, accusato dai detrattori di adornarsi delle penne altrui, sia Bartonia Muhl. ex Willd. e non la più appariscente Bartonia Pursh ex Sims. Il piccolissimo genere comprende tre specie, endemiche degli Stati Uniti orientali. Legate ad ambienti fragili e sempre più ridotti, sono piuttosto rare: B. virginica è inclusa nella lista rossa delle specie a rischio mentre B. paniculata subsp. paniculata in Canada è oggetto di programmi di conservazione. Ancora non del tutto spiegati i meccanismi della sua nutrizione: secondo alcuni studiosi, sono saprofite mentre alcuni studi recenti mostrano evidenze di micorrize che permetterebbero di assorbire i nutrienti dall'apparato radicale delle piante circostanti. Un breve profilo delle tre specie nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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