Nella Londra degli anni '20 e '30 dell'Ottocento, non erano pochi i visitatori stranieri che facevano una capatina a Chelsea, all'epoca ancora un villaggio fuori porta, per visitare il giardino e le collezioni naturalistiche dell'entomologo e botanico Adrian Hardy Haworth. Gentile ed affabile, accoglieva volentieri tutti e non si faceva pregare per dispensare i suoi consigli sulla coltivazione delle succulente. In questo campo era una vera autorità, un grande collezionista ma anche un tassonomista che scrisse pagine importanti per la classificazione di Mesembryanthemum, Aloe, Stapelia e generi affini. Si occupò meno di Cactaceae, ma non mancò di dare un contributo decisivo anche alla loro tassonomia. I suoi studi su Aloe aprirono la strada al francese Duval che ne separò i generi Gasteria e Haworthia. Quest'ultimo da allora è diventato un beniamino dei collezionisti; ma mentre aumentava il numero di specie e varietà, cresceva anche la confusione nomenclatoria. A mettere ordine nel caos ci hanno pensato di recente gli studi molecolari. Siete sicuri che le vostre Haworthia lo siano davvero? Tra farfalle e succulente Negli anni a cavallo tra Settecento e Ottocento, nei giardini e nelle serre europee si moltiplicano gli arrivi di succulente esotiche, dando inizio a quella che uno dei suoi maggiori protagonisti, Adrian Hardy Haworth (1767-1833), ha battezzato "l'età d'oro delle succulente". All'epoca, più che le Cactaceae, di cui si conoscevano ancora relativamente poche specie (la situazione incomincerà a cambiare a partire dagli anni '20 e '30, con le spedizioni botaniche in Messico e in Sud America) si trattava soprattutto di membri delle famiglie Aizoaceae, Crassulariaceae, Euphorbiaceae e Apocynaceae. Per lo più erano di origine sudafricana, e decisive per la loro conoscenza e introduzione in Europa furono le spedizioni di Francis Masson (1772-75, 1785-1795), grazie alle quali i Kew Gardens poterono riunire forse la principale collezione di succulente d'Europa. Fu proprio a Kew che Haworth le conobbe e se ne innamorò. Come molti naturalisti di primo piano del suo tempo, non era un professionista, ma un appassionato. Secondogenito di una facoltosa famiglia di mercanti e proprietari terrieri dello Yorkshire, era stato destinato dal padre alla carriera legale; aveva obbedito disciplinatamente ai suoi voleri, finché, all'età di 21 anni, la morte di lui gli diede l'indipendenza economica e la possibilità di seguire la sua vera vocazione: le scienze naturali. Stabilitosi in una proprietà di famiglia nel villaggio di Cottingham presso Hull, incominciò a raccogliere, collezionare e studiare insetti, uccelli, animali marini. Nel 1792, venticinquenne, si trasferì a Chelsea, all'epoca ancora un villaggio con giardini, vivai e un celebre mercato di fiori, senza dimenticare il Giardino dei farmacisti, che faceva ancora seria concorrenza a Kew per la ricchezza di piante esotiche. Uno dei suoi vicini era il mercante di vini William Jones, un altro appassionato che, dopo aver fatto fortuna, si era ritirato dall'attività per dedicarsi a raccogliere, studiare e dipingere le farfalle: ne nacquero le Jones Icones, una spettacolare raccolta di 1500 acquarelli di farfalle e falene. Jones diventò il mentore di Haworth: lo indirizzò allo studio dei lepidotteri, lo presentò alla Linnean Society, gli fece conoscere altri naturalisti, tra cui Joseph Banks. Quest'ultimo gli mise a disposizione le sue collezioni e la sua biblioteca e gli fece conoscere gli orti botanici di Kew e di Chelsea; Haworth incominciò a frequentarli assiduamente, dividendosi tra due passioni, l'entomologia e la botanica. Grazie all'amicizia con William Townsend Aiton, il sovrintendente di Kew, ottenne i primi esemplari della sua collezione di succulente. Proprio a un genere di succulente sudafricane dedicò anche la sua prima monografia, Observations on the Genus Mesembryanthemum (1794-95). L'entomologia era però il primo amore e occupava ancora il centro dei suoi interessi. In questi anni, da solo o con qualche amico, spesso partiva per una lunga scarpinata alla ricerca di insetti. Percorse così buona parte della Gran Bretagna. Insoddisfatto dello scarso peso dedicato all'entomologia dalla Linnean Society, alla quale era stato ammesso nel 1798, nel 1801 fondò l'Aurelian Society; il severo statuto da lui dettato, che tra l'altro imponeva agli aderenti di mettere in comune le loro collezioni, limitò le adesioni; la società non riuscì mai a superare i venti membri, finché nel 1806 venne sciolta. Di lì a poco dalle sue ceneri sarebbe sorta l'Entomological Society. Nel 1802, proprio all'Aurelian Society, Haworth presentò Prodromus lepidopterum britannicorum, in cui delineava il progetto di un catalogo completo dei lepidotteri britannici. L'anno dopo diede alle stampe il primo dei quattro volumi di Lepidoptera britannica (1803-1828), una pietra miliare in questo campo di studi, che sarebbe rimasto un'opera di riferimento per un cinquantennio. Per qualche anno, dal 1812 al 1817, Haworth tornò a vivere a Cottingham; scrisse un poema in versi in cui celebrava la natura e diede una mano a creare l'orto botanico di Hull. Nel 1817 ritornò definitivamente a Chelsea. Come aveva fatto Banks con lui, aprì volentieri le porte della sua casa agli amici entomologi e naturalisti: ne fece un punto di ritrovo dove, sorseggiando una tazza di tè, si discuteva, si presentavano le proprie ricerche, si esaminavano gli ultimi acquisti delle collezioni. Padrone di casa amabile e affabile, Haworth accoglieva volentieri i visitatori che giungevano anche dall'estero o i vivaisti che ricorrevano a lui per un consiglio su come classificare o coltivare le amate "grassottelle". Il giardino si trasformò in un orto botanico e la collezione di succulente, grazie agli esemplari ottenuti da Kew, vivai privati, corrispondenti e raccoglitori, raggiunse un migliaio di esemplari. La casa era un vero e proprio museo di storia naturale: al momento della morte di Haworth le sue collezioni comprendevano 40.000 esemplari di insetti, con 1100 specie e 300 varietà per i soli lepidotteri; un gabinetto di conchiglie; dodici teche di pesci e crostacei; un erbario di 20.000 esemplari; una biblioteca di 1600 volumi. Il 23 agosto del 1833 Haworth era in giardino ad annaffiare le sue piante quando incominciò a sentirsi male. Ventiquattro ore dopo era morto, una delle oltre 1400 vittime della recrudescenza del colera che nei due anni precedenti aveva già causato oltre 20.000 morti in Gran Bretagna. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Classificare le succulente La collezione di succulente per Haworth era una passione, ma soprattutto uno strumento di lavoro. A causa dei loro tessuti carnosi, queste piante sono notoriamente difficili da essiccare e da conservare in un erbario; egli dunque privilegiava l'osservazione dal vivo, sia a Kew sia nel proprio giardino. Anche se continuava ad occuparsi anche di altri argomenti (oltre a completare la grande opera sui lepidotteri, scrisse moltissimo, pubblicando decine di contributi sugli insetti, sui crostacei, su altri gruppi di piante), per le succulente divenne un'autorità riconosciuta in tutta Europa. Purtroppo non dedicò loro un'opera complessiva, ma una serie di lavori di diversa ampiezza, che vanno dalla breve comunicazione alla corposa monografia; solo nel 1965 furono riuniti e resi più facilmente disponibili in A. H. Haworth, Complete Works on Succulent Plants. Risalgono al 1794 i primi due contributi, dedicati rispettivamente ai generi Mesembryanthemum (Aizoaceae) e Aloe (Asphodelaceae). Da quando Linneo li aveva ufficialmente creati nel 1753 in Species plantarum, il numero di specie note di entrambi i generi era cresciuto in modo esponenziale, rendendo urgente una risistemazione. Linneo aveva descritto 34 specie di Mesembryanthemum; nelle due serie di Observations on the genus Mesembryanthemum Haworth ne descrisse 130. Tornò poi sul genere ancora in Miscellanea naturalia (1803), Supplementum plantarum succulentarum (1819) e Revisiones plantarum succulentarum (1821), descrivendone in totale circa 160. Oltre a stabilire dozzine di nuove specie, fu anche il primo a tentare una classificazione del genere. In Miscellanea Naturalia lo suddivise in tredici sezioni, di cui fornì sinteticamente i caratteri diagnostici; di fronte all'arrivo di nuove specie, in Revisiones plantarum succulentarum rivide il proprio sistema, stabilendo otto sezioni e ben 69 sottosezioni e sottolineò che diversi di questi gruppi "possono essere considerati dei veri e propri generi naturali". Aprì così la strada ai botanici successivi che avrebbero elevato a genere alcuni di questi gruppi. Le specie linneane di Aloe sono nove; in A new arrangement of the genus Aloe Haworth ne descrisse 59 e ne discusse un'altra decina come dubbie o di difficile identificazione. Nel 1804, in una comunicazione pubblicata nelle Transactions della Linnean Society, le suddivise in tre sezioni: Parviflorae, Curviflorae e Grandiflorae. Qualche anno dopo (1809) il francese Duval in Plantae succulentae in Horto Alencionio mantenne in Aloe solo l'ultima e eresse le prime due sezioni a generi autonomi: la sezione Parviflorae divenne Haworthia, in onore del nostro, e la sezione Curviflorae Gasteria. In Synopsis plantarum succulentarum, un'opera che si presenta modestamente come un catalogo delle succulente coltivate nei dintorni di Londra (principalmente a Kew o da lui stesso), ma è in realtà una pietra miliare della storia della classificazione delle succulente, Haworth accettò i due nuovi generi di Duval, mantenne 31 specie di Aloe e ne propose una nuova sottodivisione in cinque gruppi (non tutti dotati di nome), sulla base non più dei fiori ma del caule. Synopsis plantarum succulentarum è importante anche per la trattazione delle Stapelieae. Nel 1810 Robert Brown sulla base delle caratteristiche della corolla aveva staccato dal genere linneano Stapelia i generi Huernia, Piaranthus e Caralluma. Haworth lo seguì sulla stessa strada, fissando altri nove generi. Alcuni più tardi furono ricondotti a sinonimi, ma ben cinque dedi generi di Haworth sono tuttora validi: Tridentea, Tromotriche, Orbea, Duvalia (con la quale Haworth rese il favore a Duval), Pectinaria. Non meno decisiva è la trattazione delle Cactaceae (fino ad allora egli si era occupato poco delle "succulente spinose"): Haworth dichiarò inutilizzabile il genere linneano Cactus e lo smembrò in sette generi (ne ho parlato qui). Supplementum plantarum succulentarum (1819), oltre a aggiunte su varie succulente, contiene un'importante revisione del genere Narcissus. Revisiones plantarum succulentarum (1821), oltre che per la nuova classificazione di Mesembryanthemum, si segnala per la creazione dei generi Cephalophyllum e Hymenogyne (due Aizoaceae della Provincia del Capo) e Monanthes, una Crassulacea endemica della Macaronesia. Quando piccolo è bello La dedica a Haworth del genere Haworthia da parte di Duval è una delle più azzeccate della storia della botanica. Non solo perché il botanico inglese era stato il primo a descriverne molte specie e a studiare in modo sistematico questo gruppo di piante, ma perché con la sua grande varietà di forme e di colori è ricercatissimo dai collezionisti e dagli appassionati come lui stesso era. E' in questo che consiste la loro bellezza, molto più che nei fiori, come sottolineava lo stesso Haworth: "Le strutture curiose e perlacee che si trovano così di frequente in questa divisione compensano abbondantemente i loro fiori insignificanti. La loro bellezza equivale a quelle delle altre che sono sempre in fiore". Haworthia (Asphodelaceae) come è stato inteso per circa duecento anni, è un grande genere endemico del Sud Africa; alcune specie si estendono a Namibia, Lesotho, eSwatini (Swaziland) e Mozambico. Sono succulente nane a rosetta che vivono in una varietà di habitat e di comunità vegetali, dalle praterie aperte alle scogliere e alle montagne, in zone con precipitazioni sia estive sia invernali sia distribuite nell'arco dell'anno. A differenza di altre succulente, non amano il sole diretto: tipicamente, vivono ai piedi di arbusti, all'ombra di massi oppure nelle fessure delle rocce. Talvolta sono esemplari isolati, ma più frequentemente formano densi gruppi con decine o anche centinaia di rosette. A tanta varietà di habitat, corrisponde un'estrema varietà di forme: la rosetta può essere aperta o chiusa, le foglie possono essere più o meno carnose, arrotondate o acuminate, rigide o morbide, sottili o larghe, con spine o senza, pelose o glabre, con bande chiare, venature, verruche, escrescenze perlacee. Alcune specie presentano all'apice delle foglie delle specie di finestre traslucide e trasparenti: in natura vivono semi sommerse nel terreno e questa è l'unica parte che emerge, permettendo alla luce di diffondersi all'interno. Molto variabili anche i colori, dal verde lime al verde scuro, al grigiastro, al glauco, al marrone. A causa della forte varietà individuale anche all'interno della stessa specie, della facilità con cui si ibridano, dei confini labili tra una specie e l'altro, la tassonomia di questo gruppo è piuttosto complessa. Senza contare che se ne sono occupati soprattutto i collezionisti, che hanno moltiplicato i nomi e la confusione, con un accavallarsi di sinonimi. Si è arrivati a riconoscergli fino a 160 specie e più di 200 varietà. Nel 1947 ne fu separato il genere Astroloba. Sulla base di evidenti differenze morfologiche, nel 1971 Bayer divise Haworthia nei tre sottogeneri Haworthia, Hexangulares e Robustipedunculares. Ma la vera rivoluzione è iniziata intorno agli anni '10 del 2000, con le analisi molecolari che hanno dimostrato artificialità del genere. Nel 2013 Rowley e altri lo hanno diviso in tre generi, corrispondenti grosso modo ai tre precedenti sottogeneri: Haworthia (= Haworthia subgenus Haworthia), con 50-60 specie; Haworthiopsis (= Haworthia subgenus Hexangulares), con 18 specie; Tulista (= Haworthia subgenus Robustipedunculares), con 4 specie. Continuano ad essere Haworthia in senso stretto le piccole specie prive di stelo, con foglie carnose spesso dotate di finestre traslucide agli apici o bordate di spine; i fiori hanno sezione triangolare; diffuse in varie parti del Sud Africa, hanno centro di diversità nella Provincia del Capo occidentale. Tra quelle più note ai collezionisti Haworthia aracnoidea, H. cooperi, H. magnifica, H. retusa, H. truncata. Il genere Haworthiopsis ha centro di diversità più a est, nella Provincia orientale del capo. Comprende le specie con fiori con sezione esagonale, rosette a stella o disposte a spirale attorno allo stelo, con foglie più dure, talvolta fibrose, spesso caratterizzate dalla presenza di tubercoli e striature. E' indubbiamente il gruppo più noto ai collezionisti e ne fanno parte le specie di note (per lo più ancora commercializzate come Haworthia): Hawortiopsis attenuata (= Haworthia attenuata), H. fasciata (= Haworthia fasciata), H. limifolia (= Hawortia limifolia), Haworthiopsis reinwardtii (= Haworthia reinwardtii), Haworthiopsis venosa (= Hawortia venosa). Il piccolo genereTulista si distingue soprattutto per i fiori raccolti in infiorescenze ramificate e sorretti da un robusto peduncolo, per le dimensioni relativamente più grandi, per le foglie non fibrose con un essudato giallo. Almeno due delle sue specie sono abbastanza coltivate: Tulista pumila (= Haworthia pumila o anche Hawortia margaritifera), Tulista minima (= Haworthia minima). Tulista pumila è anche la prima specie del gruppo di Haworthia in senso lato ad essere stata raccolta e descritta; raccolta già negli anni sessanta del Seicento, nel 1682 fu pubblicata nel catalogo dell'orto botanico di Amsterdam come Aloe africana humilis spinis inermibus & verrucosis obsita, "Aloe africana di piccole dimensioni con spine inermi e cosparsa di verruche". Linneo la denominò Aloe pumila. Il che spiega anche il nome apparentemente incongruente: è la specie con rosette più grandi di tutto il gruppo, ma come Aloe, in effetti, era piccolina. Qualche informazione in più e una selezione di siti nelle schede di Haworthia e Haworthiopsis.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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