Mentre Napoleone combatte le battaglie disperate della "Campagna di Francia", i medici parigini affrontano un nemico ancora più devastante dei temuti cosacchi: l'ennesima epidemia di tifo. Al contrario dell'imperatore, vinceranno la loro battaglia. Ma non senza qualche vittima; tra loro il giovane medico e botanico Henri Auguste Duval, che sarebbe del tutto dimenticato senza uno scambio di favori con un collega che gli dedica il genere Duvalia. Da medico e botanico a caso clinico Nella memoria dei Belgi e dei Francesi, quello del 1813-1814 è passato alla storia come "inverno dei cosacchi". In quella stagione freddissima, una delle più inclementi del secolo, si combatté la "Campagna di Francia" che si concluse con la sconfitta di Napoleone, la sua abdicazione e l'ingresso degli eserciti della coalizione (proprio loro, i famosi cosacchi) a Parigi. Dopo la battaglia di Lipsia (16-19 ottobre 1813), gli alleati decisero infatti di non lasciare all'imperatore il tempo di riorganizzarsi e lanciarono una campagnia invernale. Inutilmente Napoleone cercò di impedire agli eserciti nemici di congiungersi e di convergere verso Parigi. Proprio il giorno di Natale, le frontiere francesi furono violate e iniziò l'invasione. La guerra portava con sé fame, furti e violenze di ogni tipo; ingigantito ad arte dalla propaganda napoleonica, si diffondeva il mito dei cosacchi, barbari e bestiali. E mentre dilagava la paura, i medici di Parigi dovevano fronteggiare un altro, immediato, concreto e terribile spettro: l'epidemia. Gli studiosi che si sono occupati delle guerre napoleoniche hanno dimostrato che, più delle battaglie, a mietere vittime tra i soldati dell'Armée furono le pessime condizioni sanitarie, e in particolare le epidemie. Tra i morbi più devastanti, il tifo, un'etichetta generica per diverse malattie infettive; le forme più comuni nella Francia ottocentesca erano il tifo petecchiale o esantematico, provocato da un batterio trasmesso dal morso delle pulci, e la febbre tifoide, causata da un batterio del genere Salmonella. Entrambi imperversavano tra i soldati, favoriti dalle loro condizioni di vita: denutrizione, fatica e prostrazione, scarsissima igiene, promiscuità e concentrazione in ambienti sovraffolati e malsani. Dopo ogni campagna, i reduci portavano con sè i germi e anche tra la popolazione civile si scatenavano ondate epidemiche, contro le quali la medicina del tempo aveva ben pochi strumenti. Allora non si sapeva nulla di batteri e virus. Si era capitò però che la sporcizia e la cattiva igiene avevano molto a che fare con il diffondersi delle malattie contagiose. Così, in quell'inverno terribile, mentre l'imperatore vinceva qualche battaglia e perdeva la guerra e il trono, i medici parigini riuscirono, con la prevenzione e l'attenzione alle misure igieniche, a limitare i danni. Quell'anno, almeno a Parigi, l'epidemia fu fermata; i morti non si contarono a centinaia o a migliaia, ma a poche decine. Uno di essi fu un medico, che, non potendo servire il suo paese in altro modo, aveva voluto combattere in prima linea almeno contro l'epidemia: Henri-Auguste Duval. Della sua vita non sappiamo quasi nulla: era normanno, nato a Alençon, oltre che medico era un botanico stimato e appassionato. Il suo maggior contributo alla botanica è una breve opera, il catalogo di una collezione di succulente appartenente a un giardiniere-collezionista della sua città natale, Plantae succulentae in horto Alenconio (1809); in essa Duval riconobbe per la prima volta i generi Haworthia e Gasteria, separandoli da Aloe. Sappiamo invece quasi tutto della sua morte, perché è stata esposta come caso clinico dal medico che lo curò e non poté far nulla per salvarlo; grazie a B. Pellérin (Considération sur les maladies qui ont regné à l'hospice de la Salpetrière dans 1814) sappiamo ad esempio che Duval era da tempo molto angosciato dalla situazione politica; era agitato, aveva perso l'appetito, era dimagrito e dormiva male. Nonostante chi lo sconsigliava, probabilmente per senso civico aveva chiesto di essere trasferito nel reparto infettivi dell'ospedale parigino della Salpêtrière e prima di essere contagiato si era prodigato senza risparmio e con qualche imprudenza. Fu così che dopo circa quindici giorni dalla comparsa dei primi sintomi, si spense il 14 marzo 1814. Aveva 36 anni. Due settimane dopo i cosacchi entravano a Parigi e si accampavano (alimentando altre leggende) nel Bois de Boulogne. Una sintesi delle poche notizie che abbiamo su Duval nella biografia. Io dedico una succulenta a te, tu una a me... Benché per noi sia quasi uno sconosciuto, il promettente botanico ai suoi tempi dovette godere di una certa fama. Infatti, poco prima della sua morte, ben due colleghi gli dedicarono un genere: l'inglese Haworth nel 1812 e il francese Bonpland nel 1813. Per la legge della priorità, ad essere valido è il primo (Duvalia Haw.). I due generi validi creati da Duval, Gasteria e Haworthia, comprendono piante succulente endemiche del Sud Africa che prima di lui erano assegnate al genere Aloe. Oggi sono tra le più popolari e note "piante grasse" dei nostri appartamenti. Un esperto di succulente era anche il dedicatario del secondo genere, Adrian Hardy Haworth, che ricambiò il favore battezzando Duvalia uno dei generi descritti nel suo Synopsis Plantarum Succulentarum. Evidentemente, anche se in quegli anni francesi e inglesi si scambiavano fucilate e cannonate sui campi di battaglia, nel mondo della botanica prevalevano la cortesia e il savoir faire... Duvalia è un genere molto affine a Stapelia (sottotribù Stapeliinae della sottofamiglia Asclepiadoideae, in base alla nuova classficazione che ha fatto confluire le Asclepiadaceae nelle Apocynaceae), di cui condivide parecchie caratteristiche. Comprende piccole succulente tappezzanti, con fusti angolati che radicano alla base formando densi tappeti; anche se tendiamo ad associare le succulente ai deserti, vivono in zone aride ma non amano il sole diretto; crescono infatti preferibilemente in mezzo all'erba o alle macchie di arbusti. Sebbene le più note arrivino dal Sud Africa, un piccolo gruppo di specie è nativo del Corno d'Africa. A essere straordinari sono soprattutto i fiori che a me ricordano decisamente stelle di mare, con i loro cinque lobi a volte molto stretti e appuntiti, strani colori che includono il porpora e il marrone cioccolato e in alcune specie marezzature e macchie degne di un tappeto orientale. Ma guai ad avvicinare il naso per annusarle! Le Stapeliinae si sono evolute in aree desertiche dove non ci sono né api né farfalle, ma solo coleotteri e mosche che non si nutrono di polline, ma di carogne e materiali in decomposizione. Quegli strani colori, quelle marezzature, talvolta quei peli serici e soprattutto quell'odore (di formaggio andato a male, di calzino sporco, di carne putrefatta) sono lì apposta per confonderli e attirarli! Per fortuna sono piccole piante con piccoli fiori, e, al contrario delle mosche carnarie, noi umani ne avvertiamo l'odore solo da vicino. Qualche notizia in più su questo intrigante genere nella scheda. A ricordare lo sfortunato Duval, alla Duvalia si affianca anche un secondo genere, costituito da un'unica specie: la rarissima Duvaliandra dioscoridis, un endemismo di Socotra, un'altra parente delle Stapeliae che deve il nome generico alla somiglianza con la Duvalia. E' una specie fortemente a rischio: in natura se ne conosce una sola popolazione, con una cinquantina di esemplari in tutto. Anche in questo caso, qualche approfondimento nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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