Quando scoprì la vocazione di naturalista, Ynés Mexía aveva superato la cinquantina, e usciva da un decennio di depressione e instabilità emotiva. Grazie alle piante, ritrovò l'amore per la vita e divenne una raccoglitrice formidabile. Nel breve arco di tredici anni - tanto durò la sua carriera - percorse le America dall'Alaska alla Terra del fuoco, raccolse oltre 145.000 esemplari, scoprì 500 nuove specie e un nuovo genere (che le è stato dedicato con il nome Mexianthus); coraggiosa, tenace, caparbia, preferiva mete non battute, viaggiando per lo più da sola in modo spartano. A chi dubitava che una donna potesse farlo, nell'America latina di quasi un secolo fa, rispondeva semplicemente "Perché no?" Dare senso alla vita raccogliendo piante La vita può ricominciare anche a cinquant'anni, quanti ne aveva Ynés Mexía quando scoprì la sua vera vocazione. Nata negli Stati Uniti da un diplomatico messicano e una statunitense, aveva avuto una vita abbastanza complicata a cavallo tra i due paesi. In crisi per la separazione dal secondo marito, che prima del divorzio l'aveva anche rovinata economicamente, si era trasferita a San Francisco. Per un decennio, fu afflitta da una grave forma di depressione. Quando aveva quasi cinquant'anni, decise di iscriversi al Sierra Club e, partecipando ad escursioni all'aria aperta insieme a persone innamorate della natura, incominciò a recuperare la salute del corpo e dello spirito. La natura californiana l'affascinò tanto che nel 1921, a cinquantun anni, decise di iscriversi al corso di Scienze naturali all'Università di Berkeley. Nel 1922, partecipando a una spedizione paleontologica, scoprì il fascino delle piante e della loro raccolta; si iscrisse a un corso sulle piante da fiore presso la Hopkins Marine Station e prese parte alle escursioni organizzate dal Calipso Club, il club degli studenti di botanica. Sicuramente determinante fu l'incoraggiamento di Alice Eastwood, curatrice dell'erbario dell'Accademia della Scienze californiana e capo del dipartimento di botanica, che le insegnò come raccogliere e preparare gli esemplari. La prima spedizione ufficiale arrivò nel luglio 1925; Mexía, che quell'anno compiva 55 anni, si unì a un viaggio botanico nello stato di Sinaloa in Messico organizzato dall'Università di Stanford e guidato da un'altra botanica, Roxanna Ferris. Come oriunda messicana, conosceva bene la lingua e il paese, ma soprattutto rivelò un vero talento come raccoglitrice: aveva un occhio acuto nel riconoscere le piante ed era molto meticolosa e abile nel preparare gli esemplari. Ne aveva già raccolti più di 500, quando cadde da una scogliera, ferendosi una mano e fratturandosi alcune costole. Dovette forzatamente abbandonare la spedizione, ma al suo ritorno negli Stati Uniti, impressionato dalla qualità delle sue raccolte, il capo dell'erbario dell'Università della California le commissionò un secondo viaggio, di nuovo in Messico. Strinse anche amicizia con un'assistente dell'Erbario dell'Accademia delle Scienze della California, Nina Floy Bracelin, che si offrì di aiutarla a catalogare le future raccolte. A questo punto, Ynés Mexía era ormai una raccoglitrice professionista, con un lavoro che dava senso alla sua vita: "Ho un lavoro che produce qualcosa, e qualcosa di duraturo". Nel settembre 1926 si imbarcò alla volta di Mazatlan sulla costa pacifica del Messico, da dove iniziò una spedizione di sei mesi in zone dell'interno poco conosciute; viaggiava sola, servendosi di guide locali, che erano anche ottimi informatori. Muovendosi ora a piedi ora a cavallo, alla fine del viaggio, nell'aprile 1927, aveva raccolto oltre 3000 esemplari, tra cui 50 specie non ancora descritte, e un genere sconosciuto, che in suo onore sarà denominato Mexianthus. Mexía, che non amava il lavoro di scrivania e definiva se stessa più un'avventuriera che una botanica, affidò la "post produzione" a Nina Floy Bracelin, che riordinava le collezioni, etichettava gli esemplari e li inviava ad esperti per l'identificazione; in tal modo divenne anche la sua agente e mantenne i rapporti con una vasta rete di botanici. Nell'estate del 1928, sempre per l'Università della California, si spostò in Alasaka, nel Mount Mc Kinley Park, dove raccolse oltre 6000 esemplari. Alla fine dello stesso anno, fu in Messico per la terza volta. Nell'autunno del 1929, si imbarcò per il Brasile, dove esplorò le terre alte per circa un anno e mezzo; per qualche tempo, si accompagnò con un'altra botanica autodidatta come lei, Mary Agnes Chase, un'esperta di graminacee; ma tutte e due erano troppo testarde per andare d'accordo, tanto più che Mary Agnes preferiva viaggiare in treno e dormire in un albergo decente, mentre Ynés era a suo agio viaggiando a cavallo e dormendo sotto una tenda. Ancora il Brasile fu la meta della spedizione del 1931, quella più celebre; l'obiettivo era risalire il corso del Rio delle Amazzoni. La prima parte della navigazione si svolse a bordo di un comodo piroscafo, un vero lusso rispetto alle abitudini di questa viaggiatrice spartana. Dopo 24 giorni, Mexía sbarcò a Iquitos in Perù, assunse tre guide e quattro rematori, per risalire il Maranon in canoa: era esattamente il percorso fatto da La Condamine nel Settecento, ma al contrario: non lasciarsi trasportare dalla corrente del grande fiume, ma risalirlo remando controcorrente: una scelta audace perfettamente in linea con il carattere di Ynès. Dopo aver superato il temibile Pongo de Manseriche , all'inizio della stagione delle piogge Mexía stabilì la sua base a Rio Santiago; esplorò il fiume e i suoi affluenti, scalò la Sierra del Pongo, senza farsi spaventare dalle pareti a strapiombo. E ovviamente, raccolse piante su piante. L'ingrossamento delle acque rendeva impossibile affrontare il viaggio di ritorno in canoa; Mexía convinse i rematori a costruire una grande zattera di legno di balsa. A bordo di questa imbarcazione scese il fiume fino a Iquitos, da dove spedì le raccolte in California. Lei prese un'altra strada: prima in aereo, poi a dorso di mulo, quindi in automobile, infine in treno, arrivò a Lima dove si imbarcò per San Francisco; era di ritorno nel marzo 1932. Questa spedizione, probabilmente la più importante tra quelle intraprese dall'indomita raccoglitrice, fruttò 65.000 esemplari. Non rimase a casa a lungo. Nel 1933 si accontentò di una breve spedizione casalinga in Nevada, Utah, Arizona e California con Alice Eastwood e il suo assistente, John Thomas Howell, a bordo di una Ford T. Tuttavia già nel 1934 tornò in Sud America per incarico dell'Ufficio per le piante industriali del Dipartimento di Agricoltura che aveva stabilito una stazione sperimentale in Ecuador; il suo compito era raccogliere le diverse specie di Cinchona e soprattutto cercare una rara palma della cera, Ceroxylum ventricusum, che vive a oltre 3000 metri d'altitudine nelle foreste pluviali d'altura tra Colombia e Ecuador. Con un assistente viaggiò in treno da Quito a Ibarra, poi in automobile fino a Tulcàn, dove assunse una guida locale e affittò dei cavalli per risalire le pendici del Chiles, un vulcano al confine tra i due paesi, dove era stata segnalata la pianta. La pioggia incessante li costrinse ad accamparsi in una torbiera, creando una tenda improvvisata con vestiti e bagagli; nel cuore della notte, furono risvegliati da un terremoto. Come se non bastasse, Ynés rischiò di morire per aver ingerito alcune bacche avvelenate. Per fortuna, uno degli accompagnatori riuscì a fargliele rigettare solleticandole la gola con una piuma di gallina. Tutti ormai volevano tornare indietro, tranne l'ostinata cacciatrice di piante, che convinse gli altri a continuare. E alla fine, trovò la sospirata palma. Il suo viaggio proseguì poi attraverso il Perù, la Bolivia, l'Argentina, il Cile fino allo Stretto di Magellano, con la raccolta di altri 15.000 esemplari. Nel 1938, l'ultima spedizione, di nuovo in Messico, questa volta negli Stati di Guerrero e Oaxaca. Ynés, che probabilmente era malata da tempo senza saperlo, incominciò a soffrire di dolori allo stomaco, che la costrinsero riluttante a rientrare negli Stati Uniti, dove le diagnosticarono un cancro ai polmoni; morì appena un mese dopo. Del resto, lei che nelle sue spedizioni preferiva dormire all'aperto anche quando era disponibile una sistemazione più comoda, non si sarebbe rassegnata a una lunga degenza in un ospedale. Nel suo testamento, lasciò un lascito all'Accademia delle Scienze, in modo che la fedele Nina fosse assunta come assistente di Alice Eastwood. Ynés Mexía fu sicuramente il più importante raccoglitore della flora sudamericana della sua epoca. Un risultato tanto più straordinario se si pensa che la sua carriera durò solo tredici anni, dal 1925 al 1938. Percorrendo il continente dall'Alaska alla Terra del fuoco, raccolse oltre 145,000 esemplari, incluse 500 nuove specie, 50 delle quali portano il suo nome. Anche se non si laureò mai, era spesso invitata a parlare dei suoi viaggi, di cui pubblicò resoconti in varie riviste, e il suo nome divenne molto conosciuto tra i botanici. Occasionalmente partecipò a spedizioni di gruppo, ma, come abbiamo già visto, preferiva viaggiare da sola (cosa inaudita per una donna a quei tempi), come spiegò essa stessa: "Un ben noto raccoglitore e esploratore ha asserito che era impossibile per una donna viaggiare da sola nell'America Latina. Io ho deciso che se volevo conoscere meglio il continente sud-americano il modo migliore era aprirmi la strada da me. Bene, perché no?". Una sintesi della sua vita avventurosa nella sezione biografie. A caccia di piante rare: Mexianthus mexicanus Buona parte delle piante scoperte da Ynés Mexía sono rari endemismi, spesso minacciati. Del resto, come abbiamo visto, preferiva andarle a scovare in territori difficili da raggiungere, ancora inesplorati o almeno poco battuti. Non fa eccezione Mexianthus, il genere che raccolse nella sua prima spedizione solitaria, nel 1925, e che le fu dedicato nel 1928 da Benjamin Lincoln Robinson dell'Erbario di Harvard, con la seguente motivazione: "E' un piacere dedicare questa notevole pianta alla sua scopritrice, la sig.a Ynes Mexia, la cui coraggiosa esplorazione di parti poco note della Sierra Madre ha portato alla luce molte piante sconosciute alla scienza o altrimenti di speciale interesse". Nella flora messicana, che conta ben 30.000 specie, il dieci per cento è costituito da Asteraceae, con circa 3000 specie e ben 1300 endemismi. Tra di essi anche il raro Mexianthus mexicanus, l'unica specie di questo genere endemico dello stato di Jalisco, dove è stato raccolto solo in tre stazioni nei pressi di Puerto Villarta, a circa 500 metri d'altitudine, dove vive su substrato vulcanico nelle foreste subtropicali decidue. Purtroppo in rete sono disponibili solo fotografie di esemplari d'erbario. E' un'alta perenne suffruticosa, con foglie alternate da ovate a ellittiche, con punta acuminata e margini dentati. A renderla speciale sono le infiorescenze, con capolini con un singolo flosculo e corolla bianca, riuniti in sinfiorescenze globose, a loro volta portate in un'infiorescenza secondaria terminale a spiga sparsa. I frutti sono acheni con pappi scagliosi. Una breve presentazione nella scheda.
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Il Rancho Santa Ana Botanical Garden (RSABG) è una delle più importanti e benemerite istituzioni botaniche della California (anzi, degli interi Stati Uniti). Situato a Claremont, a est di Los Angeles, è il più ricco giardino botanico dello stato integralmente dedicato alla flora locale, con 22.000 piante native appartenenti a 2000 tra specie, ibridi e cultivar. Svolge anche una rilevante attività di ricerca e formazione, con un dipartimento di ricerca specializzato in tassonomia e botanica evolutiva; offre corsi di laurea di secondo livello e stage post laurea, in collaborazione con l'università Pomona di Claremont. Pubblica una rivista e altre pubblicazioni scientifiche. Custodisce una biblioteca specializzata, un archivio di 23.000 documenti (incluse fotografie e illustrazioni botaniche originali), un erbario di 1.200.000 esemplari che comprende tutte le specie della area floristica californiana; promuove la conservazione della flora della California meridionale attraverso una banca dei semi, la salvaguardia, la riproduzione e la diffusione delle sue specie; in campo orticolo, è attivamente impegnato nel produrre e testare nuove cultivar. Organizza innumerevoli attività per le scuole e le comunità locali. Tutto questo è nato dal sogno di una donna tenace e volitiva, Susanna Bixby Bryant, circa 90 anni fa quando solo pochi pionieri si rendevano conto di quanto fosse importante la conservazione delle flore locali. Grazie a uno dei ricercatori che lavorano nel RSABG, da qualche anno a ricordarla contribuisce anche il genere Bryantiella (Polemoniaceae). Il sogno di una donna di carattere Con circa 6000 specie, un terzo delle quali endemiche, la California è lo stato con la flora più ricca degli Stati Uniti. Ma già all'inizio del '900, dopo che la Febbre dell'oro vi ebbe riversato migliaia di uomini in cerca di fortuna, quel tesoro naturale incominciava ad apparire in preoccupante e veloce declino per la pressione delle coltivazioni e dell'urbanizzazione e l'invasione di piante aliene. Tra i primi a rendersene conto, Theodore Payne (1872-1963), giardiniere e vivaista inglese trapiantato in California, dove si era innamorato della peculiare e variegata flora della patria d'adozione. Cominciò così a raccogliere bulbi e semi in natura e a moltiplicarli nel suo vivaio di Los Angeles, specializzandosi nella coltivazione di piante locali. Nel 1915 la città di Los Angeles gli affidò la sistemazione di un'area di 20.000 metri quadri nell'Exibition Park, nel quartiere centrale della città; Payne usò esclusivamente piante native, piantandone 262 diverse specie. Fu probabilmente questa realizzazione di Payne ad ispirare a Susanna Bixby Bryant, una dama dell'alta società californiana, il progetto che avrebbe portato alla nascita di Rancho Santa Ana Botanical Garden. La giovane donna era nata in una famiglia di ricchissimi latifondisti, proprietari di immensi ranch gestiti con modalità industriale, ed aveva trascorso la prima infanzia in una delle proprietà dei Bixby, Rancho Los Alamitos, dove grazie al padre, un imprenditore dalle idee innovative, aveva sviluppato un forte legame con la natura di quei luoghi così particolari, tra mare, colline e deserto. Rimasta presto orfana, fu inviata in un ottimo collegio di Boston dove ricette un'educazione formale insolita per le ragazze dell'epoca, quindi viaggiò a lungo con la madre in Europa e altrove. Al suo ritorno in California, nel 1904, si sposò con Ernest Albert Bryant, il medico personale del magnate delle ferrovie Henry Hungtington (che proprio in quegli anni stava facendo costruire un giardino botanico ricco di essenze esotiche a San Marino, oggi una delle maggiori attrazione dell'area di Los Angeles). Nel 1906, quando la madre morì, Susanna si trovò comproprietaria, con il fratello, di due vaste proprietà, Rancho Los Alamitos e Rancho Santa Ana; decise che ne aveva abbastanza di dividere le sue giornate tra tè, ricevimenti e riunioni di comitati di beneficenza, e, prima donna a farlo, incominciò a gestire di persona l'azienda, dove piantò aranci, noci, peri, melograni e sperimentò nuove introduzioni come pompelmi e litchi. Da tempo desiderava fare qualcosa per onorare la memoria del padre, che aveva perso quando aveva solo sette anni ma non aveva mai dimenticato. Il giardino californiano creato da Payne all'Exibition Park le diede l'idea che cercava: avrebbe trasformato una parte del Rancho Santa Ana (di cui nel frattempo aveva acquisito l'intera proprietà) in un orto botanico interamente dedicato alla flora californiana e l'avrebbe intitolato alla memoria del padre John William Bixby. Non si sarebbe trattato di un giardino privato di piacere; Susanna lo concepì fin da subito come un'istituzione pubblica, con compiti di conservazione, ricerca ed educazione. Per definire il progetto, si avvalse della consulenza di vari esperti, in particolare lo stesso Payne e il professor Willis Linn Jepson dell'Università di California, autore di una flora californiana di riferimento. Il progetto incominciò a prendere corpo nel 1926. All'interno del Rancho Santa Ana, la signora Bryant scelse un terreno singolarmente adatto per riprodurre, sebbene in miniatura, i diversi habitat della California: esteso su circa 160 acri sulle colline lungo il fiume Santa Ana tra 130 e 340 m. sul livello del mare, presentava una grande varietà di suoli e esposizioni, dal pieno sole all'ombra profonda; al momento, era uno spazio nudo, quasi privo di alberi. Prima di iniziare i lavori, ella volle comunque ancora sentire il parere del patriarca della botanica americana, Charles Sprague Sargent, il direttore dell'Arnold Arboretum di Boston. La risposta del burbero botanico fu deludente: a suo parere, riprodurre i vari ambienti della regione e piantare ogni tipo di pianta era assolutamente sconsigliabile; sarebbe stato meglio limitare lo spazio destinato all'arboreto e accontentarsi di una selezione di specie capaci di vivere senza irrigazione, che una volta cresciute avrebbero potuto fare da sé. La signora Bryant non si lasciò scoraggiare e replicò con un pizzico di ironia: "In maniera squisitamente femminile, ho deciso di correre il rischio e intendo procedere con il mio progetto iniziale". Accettò tuttavia il secondo consiglio di Sargent: affidare la progettazione a Ernest Braunton, architetto del paesaggio dell'Università della California meridionale. I lavori iniziarono nel 1927; i primi sette anni vanno considerati sperimentali: furono occupati nella costruzione di una serra, della direzione e degli altri edifici necessari, nella messa a dimora delle piante, inizialmente procurate da Payne, ma poi raccolte dal piccolo staff del giardino (di cui fin dall'inizio fece parte un botanico) in spedizioni in natura, e soprattutto nella verifica della fattibilità del progetto. Nel 1934 Susanna e i suoi collaboratori decisero che la prova era superata ed era ora di trasformare il giardino in un'istituzione formale. Con la stesura dello statuto, la creazione di una fondazione, la nomina di un consiglio d'amministrazione (Trustee), il conferimento di un capitale sociale (grazie a una donazione della signora Bryant) nacque così ufficialmente il Rancho Santa Ana Botanical Garden (RSABG). Negli anni successivi l'orto botanico continuò a crescere, con la creazione di alcuni "giardini speciali": quello dei cactus, quello delle succulente (dedicato in particolare ai generi Sedum e Dudleya), la collezione dei Penstemon, il giardino dei bulbi, quello delle piante acquatiche e di palude, il felceto, il prato naturale di fiori selvatici (con piante della prateria come Clarkia, Gilia, Phacelia). Parallelamente si sviluppò l'attività di ricerca e formazione, in collaborazione sempre più stretta con Pomona University di Claremont, grazie all'arrivo a Santa Ana in qualità di botanico di Philip Munz, grande esperto di flora dei deserti, che insegnava botanica in quella Università. Furono creati un erbario e una biblioteca; vennero organizzate mostre, conferenze, visite guidate; nel 1948 incominciò anche la pubblicazione di una rivista semestrale, Aliso (dal nome locale del platano della California o sicomoro, Platanus racemosa), che poi si sarebbe specializzata in tassonomia e botanica evolutiva. In quel momento, già da due anni la signora Bryant non c'era più: era infatti morta all'improvviso nel 1946; una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Una grande istituzione botanica Al momento della scomparsa di Susanna Bixby Bryant, l'istituzione nata dal suo sogno e dalla sua determinazione era ormai in grado di reggersi sulle sue gambe. Da tempo la signora Bryant e i suoi collaboratori pensavano che la collocazione del giardino, pur eccellente sotto molti punti di vista e così colma di significato simbolico e affettivo, fosse però troppo periferica per permettere la frequentazione continuativa degli studenti e dei dottorandi di Claremont. Fu così che, senza tradire la volontà della fondatrice, nel 1950 il giardino venne trasferito nell'attuale sede, ai piedi della collina San Gabriel a Claremont; invariati rimanevano gli obiettivi: in primo luogo, la conservazione della flora della California attraverso lo sviluppo delle collezioni vive del giardino botanico; il suo studio attraverso la ricerca sul campo, i laboratori, la collaborazione con l'Università; la divulgazione della conoscenza delle piante native e la loro diffusione in giardini pubblici e privati. Oggi il RSABG è una grande istituzione scientifica, retta da un nutrito staff professionale ma anche dall'entusiasmo di centinaia di volontari; è aperta alle scuole e al territorio, ospita stages di formazione e i corsi di dottorato in botanica dell'Università di Claremont; ha un dipartimento di ricerca specializzato in sistematica e botanica evolutiva; si è dotato di una banca dei semi e partecipa attivamente ai progetti di reintroduzione con semenzali prodotti e testati nei propri vivai. Per altre informazioni sulle collezioni, i progetti scientifici, i progetti di ricerca, le attività divulgative e didattiche si rimanda al sito del RSABG. Su un'estensione di 86 acri (35 ha), il giardino ospita oltre 20.000 piante native, appartenenti a circa 2000 tra specie, ibridi e cultivar. Si incontrano le prime già a far ombra al parcheggio; tra di loro due esemplari di Juglans californica, il noce della California. Subito dopo l'ingresso, si trova il negozio del vivaio, dove il visitatore può trovare in vendita le piante native e le cultivar sviluppate nel giardino: sono oltre 75, e tra di esse si annoverano numerosi Arctostaphylos, Ceanothus, Fremontodendron, Heuchera. Subito dopo, si passa in mezzo a un prato naturale, Fay's Wildflower Meadows, un tappeto fiorito ricchissimo di specie sempre mutevole nel corso delle stagioni, con il massimo di fulgore tra metà inverno e inizio dell'estate; tra gli altri, ad attirare visitatori, farfalle e colibrì, Eschscholzia californica, Lupinus albifrons e Calochortus clavitus. La visita può proseguire lungo il sentiero facilitato che conduce alla parte bassa o arrampicarsi immediatamente sulla Indian Hill Mesa. Il giardino è infatti diviso in tre settori principali: in basso, l'East Alluvional Garden e le Plant Communities, in alto, con un dislivello di una dozzina di metri, appunto la Indian Hill Mesa, una tipica formazione rocciosa con fianchi scoscesi e cima pianeggiante. L'East Alluvional Garden ospita le piante di vari habitat: le succulente del non lontano deserto di Mojave nel California Desert Garden, le specie costiere nel Costal Dune Garden, la peculiare flora delle isole nel Grafton Channel Island Garden. Di grande impatto la Palm oasis, che riproduce una oasi del Colorado Desert, dominata dall'unica palma nativa, Washingtonia filifera, di cui si possono ammirare esemplari che superano i 20 metri, con le foglie secche lasciate al loro posto, come in natura, a fare da gonnellino e a proteggere dall'arsura. Al limitare di questo settore, si incontra il patriarca del giardino, il Majestic Oak, un esemplare di Quercus agrifolia la cui età stimata è di 250 anni. Su un'area di circa 55 acri si estende il settore più selvaggio del giardino, le Plant Communities, in cui le piante sono lasciate il più possibile allo stato di natura. Qui il momento migliore è l'inverno, dopo che le piogge autunnali hanno risvegliato le piante assopite dai calori estivi. Tra le varie comunità rappresentate, i chaparral della California meridionale e settentrionale, il bosco pedemontano umido, i boschetti di ginepri della California settentrionale nonché comunità specifiche dominate rispettivamente dai pini di Torrey (Pinus torreyana), dai Joshua Trees (Yucca brevifolia), dai ginepri (Juniperus occidentalis). E' un'area ricca di esemplari notevoli, come un altissimo Boojum tree (Fouquieria columnaris), un enorme Big Berry Manzanita (Arctostaphylos glauca), gli spinosi Crucifixion Thorn (Canotia holacantha), le dorate fioriture di Parkinsonia florida e Fremontodendron californicum, le macchie rosa di Chilopsis linearis. La Indian Hill Mesa è il cuore del giardino, di cui ospita anche la direzione, le strutture didattiche e i vivai; vi si trovano un padiglione delle farfalle, il Giardino delle cultivar, un piccolo stagno ombroso dove nuotano le tartarughe, e naturalmente una distesa di arbusti e alberi, tra cui non possono mancare i giganti della California, Sequoia sempervirens e Sequoiadendron giganteum. Possiamo concludere che il sogno di Susanna Bixby Bryant ha dato buoni frutti. Bryantiella, un fiore per il più arido dei deserti Tra i numerosi botanici che lavorano al RSABG come ricercatori, c'è anche J. Mark Porter, attualmente professore associato di botanica all'Università di Claremont, uno specialista di sistematica e botanica evolutiva. I suoi studi più noti riguardano due famiglie ben rappresentate nella flora californiana, le Cactaceae e le Polemoniaceae. Nel 2000, insieme a L.A. Johnson della Brigham University, ha pubblicato un importante studio su quest'ultima famiglia, in cui ha proposto di staccare cinque piccoli generi da Gilia Ruiz. & Pav., uno dei generi più variegati dei deserti americani. Uno ha voluto dedicarlo alla nostra Susanna, denominandolo Bryantiella. Al momento della sua creazione, gli furono assegnate due specie, con un areale disgiunto: Bryantiella palmeri, un endemismo della Baja California, e B. glutinosa, che vive in diversi ambienti aridi del Cile. Poiché più recentemente (2015) quest'ultima è stata trasferita nel genere Dayia, oggi Bryantiella è un genere monotipico, rappresentata dalla sola B. palmeri. E' un'erbacea che può comportarsi come annuale o perenne, in base al regime delle piogge; ha foglie lineari intere o pennatosette, fusticini sottili, fiori solitari a coppa con cinque lobi bianchi o rosa-violaceo. All'apparenza fragile, si è adattata a uno deserti più aridi del Nord America, il San Felipe Desert in Baja California. Un breve profilo nella scheda. Separata dall'Australia continentale da uno stretto di circa 250 km, la Tasmania è una grande isola con una straordinaria varietà di ambienti e una grande ricchezza di endemismi. Uniche sono le sue foreste pluviali fresche, relitti della flora del Gondwana altrove scomparsa in seguito ai cambiamenti climatici; tra i suoi record, alcuni degli alberi più antichi e longevi del pianeta, il pino della Tasmania, Lagaristrobos franklinii, che può vivere fino a 3000 anni. Quando Winifred Mary Curtis arrivò qui dall'Inghilterra nel 1939, questa flora singolare era stata oggetto di diversi studi, ma mancava un manuale di riferimento didatticamente fruibile. Fu per i suoi studenti che ella iniziò così a scrivere The student's flora of Tasmania, un'impresa che l'avrebbe vista impegnata per circa quarant'anni. Con la sua lunghissima vita (morì centenaria nel 2005) la botanica australiana è stata una straordinaria testimone del Novecento e una protagonista di quel cammino che lo ha fatto definire il "secolo delle donne". Tra i riconoscimenti che l'hanno onorata, anche la dedica dell'endemica Winifredia sola, appartenente alla singolare famiglia Restionaceae. Una giovinezza inglese Nata nella Londra edoardiana nel 1905, la botanica Winifred Mary Curtis ha avuto la ventura di vivere esattamente cent'anni, percorrendo un secolo segnato da due guerre mondiali e da enormi trasformazioni che, tra l'altro, hanno mutato profondamente il ruolo delle donne. Al momento della sua nascita, con la sola eccezione della Nuova Zelanda, in nessun paese al mondo alle donne era riconosciuto il diritto di voto; non era assolutamente automatico che le ragazze avessero le stesse opportunità di accesso allo studio dei loro coetanei maschi. In Gran Bretagna, le donne erano accettate in una sola università, la London University. Dunque, per tutta la vita Winifred fu sempre grata ai genitori che la incoraggiarono a studiare e a sviluppare i suoi talenti e si batté perché a tutte le ragazze fossero garantite pari opportunità. Il primo evento che segnò profondamente la sua vita - e quella della sua generazione - fu la Prima guerra mondiale. Il padre, funzionario statale, fu infatti inviato in India e fu separato dalla famiglia per tutta la durata del conflitto. Winifred e sua madre dovettero trasferirsi in campagna (una buona opportunità per una futura botanica), mentre il destino delle donne subiva una profonda svolta. Con gli uomini al fronte, si aprivano al lavoro femminile campi prima impensati; nel 1918 arrivava finalmente anche in Gran Bretagna il sospirato diritto di voto. Ma un'intera generazione di giovani uomini aveva perso la vita, tanto che molti anni dopo, a chi le chiedeva perché non si fosse mai sposata, Winifred ebbe a rispondere, con una certa ironia: "Uomini non ce n'erano. Erano stati tutti uccisi in guerra". Finita la guerra, Winifred e sua madre si trasferirono in India, dove la ragazza frequentò un collegio americano, un ambiente molto aperto e cosmopolita. Nel 1921 tornò a Londra e nel 1924 si iscrisse all'University College, dove avrebbe studiato botanica, chimica, matematica e fisica. Studentessa brillante, ottenne varie borse di studio; nel 1929 conseguì il titolo di Bachelor of Science, con una ricerca su Spartina x townsendii, una Poacea invasiva che, originatasi nell'Inghilterra meridionale intorno al 1870 da un'ibridazione spontanea tra la nativa S. maritima e l'americana S. alternifolia, nell'arco di cinquant'anni aveva incominciato a diffondersi in modo sempre più incontrollato. Winifred avrebbe voluto rimanere a lavorare all'Università, ma incominciavano a farsi sentire gli effetti della crisi economica e molte donne venivano espulse dal mondo del lavoro. Per mantenersi cominciò così a insegnare scienze in varie scuole femminili; contemporaneamente, continuava il suo lavoro all'università come volontaria e, più tardi, anche come ricercatrice "onoraria" (leggasi non pagata) a Kew. Fu anche membro attivo della British Ecological Society, in quegli anni al suo esordio. Nel 1939 ottenne la laurea magistrale (Master of Science). Nel 1938 suo padre Herbert John Curtis andò in pensione; da tempo aveva deciso di cercare un paese del Commonwelt dal clima più mite dove trascorrere la vecchiaia. Le sue preferenze andavano a Nuova Zelanda, Tasmania e Vancouver; Winifred scrisse alle locali università, nella speranza di un impiego come botanica. L'offerta più promettente venne dall'Università della Tasmania con un posto part-time come Dimostratore. La decisione era presa e la famiglia Curtis si mise in viaggio per Hobart, la capitale della Tasmania, dove arrivò nel settembre 1939, dopo un viaggio di sei settimane, quasi in contemporanea con l'inizio della Seconda guerra mondiale. Decana della botanica australiana Cominciava una nuova vita di intensa attività. All'incarico part-time all'università (era la seconda donna di sempre ad essere ammessa ai ranghi accademici, l'unica al momento in servizio) per mantenersi dovette affiancare l'insegnamento di scienze in una scuola superiore femminile. Winifred trovava assurdo insegnare biologia alle sue studentesse usando come libro di testo manuali basati sulla flora e la fauna britanniche; decise così di scrivere Biology for Australian Students, che sarà pubblicato nel 1948. Intanto, gli effetti della guerra si facevano sentire anche in quella remota isola; la travolgente avanzata giapponese faceva temere che la flotta nipponica tentasse di invadere la Tasmania per trasformarla in una base navale avanzata; nel 1942 le autorità decisero di evacuare la scuola dove insegnava Winifred, trasferendola a Interlaken nell'altopiano centrale. La nostra botanica fu così costretta a fare la spola tra la scuola e l'università, senza mancare di visitare periodicamente i genitori che abitavano nel Parco nazionale, muovendosi con una piccola auto poco adatta alle strade sterrate che doveva percorrere. Fortunatamente proprio quell'anno le fu offerto un incarico a tempo pieno come assistente di biologia. Iniziò le sue ricerche sulla flora della Tasmania studiando il numero di cromosomi di alcune piante; pubblicato nel 1944 fu il primo studio sulla poliploidia dedicato a piante native australiane. Nel 1945, quando le cattedre di zoologia e botanica vennero separate, divenne titolare della cattedra di botanica (Lecturer of Botany). Più tardi sarebbe diventata Senior Lecturer (1951) e Reader (1956), la prima donna australiana a raggiungere questo titolo. Ebbe spesso a ricoprire il ruolo di direttore del dipartimento, oltre a farsi la fama di insegnante formidabile e temibile, ma amata e rispettata dai suoi studenti. Ma intanto era iniziata anche un'altra avventura. Nel 1943 il Gouvernment Printer (l'equivalente del nostro poligrafico di Stato) le chiese di aggiornare Tasmanian Flora di Rodway, un testo ormai fuori stampa e assai datato, essendo uscito per la prima volta nel 1903. Winifred accettò, senza sapere che il lavoro le avrebbe richiesto quarant'anni. Con le giornate già occupate dall'insegnamento (e il sabato pomeriggio trascorso all'Erbario dell'Università), poteva dedicarsi alla scrittura solo di sera. Le vacanze erano destinate alla raccolta: infatti, a parte poche eccezioni, le descrizioni erano sempre condotte a partire da materiale fresco, raccolto durante escursioni in cui Winifred, accompagnata da alcune allieve, si spostava prima in autobus, poi a piedi, spesso lungo sentieri non segnati, pernottando in tenda o in capanne nei parchi nazionali. I cinque volumi di The Student's Flora of Tasmania con le piante classificate sulla base di sistema di Bentham e Hooker che Curtis aveva studiato negli anni londinesi, uscirono tra il 1956 e il 1994, a partire dal secondo volume con la collaborazione di Dennis Morris del Dipartimento di Stato di Agricoltura. Intanto nel 1962 era morta la madre e Winifred decise di andare in prepensionamento per assistere il padre e dedicarsi a tempo pieno alla stesura della Flora; così nel 1966 si ritirò dall'insegnamento (anche se la sua presenza all'Università continuò ad essere assidua). Tuttavia l'anno successivo non seppe dire di no quando le fu chiesto di scrivere i testi per una pubblicazione dedicata alla flora endemica della Tasmania. La proposta veniva da lord Talbot de Malahide, grande collezionista che coltivava molte piante originarie dell'isola nella sua tenuta in Irlanda. Inizialmente, egli aveva chiesto all'illustratrice botanica australiana Margaret Stones, un'artista affermata che lavorava per il Curtis Magazine e per i Kew Gardens, di disegnare 35 piante tasmane. Decise poi di ampliare il progetto, prevedendo una serie di volumi, per i quali chiese a Winifred Curtis di scrivere le descrizioni; il risultato fu The Endemic Flora of Tasmania (1967-1978), una splendida opera di sei volumi in folio per un totale di 254 illustrazioni. Poiché i disegni di Margaret si basavano su piante vive, molte furono procurate dallo stesso lord Talbolt traendone dai suoi giardini; ma altre, non reperibili in Europa, venivano raccolte da Winifred Curtis e spedite per per via aerea in Irlanda; i disegni di Margaret facevano poi il cammino inverso per essere verificati, eventualmente corretti e approvati da Winifred, Intanto l'instancabile botanica continuava ad occuparsi della sua opera maggiore, frequentando assiduamente l'erbario dell'Università che, anche grazie a lei, nel 1977 si trasformò nel Tasmanian Herbarium. Attiva e lucida fino a tardissima età, divenne uno vero "monumento vivente" della botanica australiana. Continuò a partecipare a congressi all'estero almeno fino agli anni '80, mantenne un'attiva corrispondenza con colleghi, dilettanti e studenti, che tendevano a considerarla un oracolo. Sui suoi libri si formarono generazioni di studenti (si dice che la sua The Student's Flora of Tasmania sia l'unica grande flora di riferimento leggibile da parte di uno studente, grazie alla lunga pratica didattica dell'autrice). E' stata onorata da innumerevoli riconoscimenti, tra cui la dedica di una riserva naturale, Winifred Curtis Scamander Reserve. Le sono state dedicate diverse piante endemiche della Tasmania: Epilobium curtisiae Raven, Richea curtisiae A. M. Gray, Viola hederacea spp. curtisiae L. Adams, Epacris curtisiae Jarman, nonché il genere Winifredia. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Una Winifredia... sola Il genere Winifredia, appartenente alla famiglia Restionaceae, fu creato nel 1986 da L.A.S. Johnson e B.G. Briggs. Comprende un'unica specie, W. sola. Fu proprio Winifred Curtis a raccoglierla per prima e a segnalarla ai due colleghi. E' un'erbacea dioica poco comune che si trova nei cariceti della Tasmania sudoccidentale. Similmente agli altri membri della famiglia, ha steli cilindrici con foglie più o meno secche ridotte a guaina e infiorescenze terminali di spighette. Una caratteristica distintiva sono gli steli eretti dal diametro di 2-3 mm ampiamente spaziati lungo il rizoma. L'epiteto sola indica sia il fatto che questa specie è l'unica del genere, sia i luoghi remoti e poco abitati in cui vive. Altre informazioni nella scheda. Le Restionaceae sono un gruppo di piante erbacee che a prima vista possono ricordare gli equiseti, mentre si tratta di monocotiledoni affini ai carici e ai giunchi. Sono tipiche dell'emisfero sud e con il loro aspetto preistorico stanno attirando anche da noi l'attenzione di giardinieri e vivaisti. Chi desiderasse saperne di più, troverà qualche informazioni e link di approfondimento in questa pagina. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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